C’eravamo tanto amati, il TAV al capolinea

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Toxic Garden – Giancarlo Sturloni

20 lug 2017

Ho bisogno di una pausa di riflessione. Si dice così quando un amore finisce ma non si ha il coraggio di confessarlo al partner. La verità è che la Torino-Lione sembra arrivata al capolinea. Dopo un quarto di secolo di varianti e manganellate, Élisabeth Borne, ministro francese ai trasporti, ha confessato al giornale ecologistaReporterre” che sul TAV il presidente Macron vuole prendersi, appunto, una pausa di riflessione. Per riesaminare le strategie sulla mobilità. E perché oggi nessuno sa più spiegare a cosa diavolo serva costruire quel tunnel nelle montagne della Val di Susa.

Il progetto di una linea ferroviaria ad alta velocità che attraversasse l’Europa da est a ovest, il cosiddetto Corridoio 5 da Kiev a Lisbona, risale al 1989. A quell’epoca Macron aveva 12 anni e probabilmente aveva appena smesso di giocare coi trenini. In Italia s’insediava il sesto governo Andreotti. Le proteste di  Piazza Tienanmen venivano soffocate nel sangue. Cadeva il Muro di Berlino. E un’Europa molto diversa da quella che conosciamo guardava alla crescita economica e all’apertura dei suoi confini interni. Ma al 39° Festival di Sanremo vinceva “Ti lascerò” di Fausto Leali e Anna Oxa.

Il mondo cambia e gli amanti, talvolta, si lasciano. A ovest, il Portogallo e la Spagna hanno da tempo fatto sapere di non essere interessati ai soldi di Bruxelles per l’alta velocità. A est, Kiev ha dovuto affrontare ben altri problemi e le nazioni dell’Europa orientale sembrano preferire il trasporto su gomma: gli ungheresi hanno speso i finanziamenti europei destinati al Corridoio 5 per costruire tangenziali e autostrade, perché non era specificato che si dovesse costruire binari. Cosicché oggi l’alta velocità si ferma a Venezia. Per Trieste si viaggia ancora come negli anni Cinquanta, e dopo il nulla: l’ultimo treno per Lubiana è partito nel 2011. Oggi in Slovenia si va in corriera e il primo convoglio ad alta velocità che si incontra verso oriente è in Cina.

Di quel sogno europeo – in Italia sempre difeso dai governi di ogni colore: fossero di destra, di sinistra o tecnici – non resta che un tunnel immaginario e costosissimo (8,6 miliardi di euro, il 35% a carico dell’Italia), con un impatto ambientale e sociale devastante (una montagna di polveri tossiche da sbancare in una valle chiusa, l’area degli scavi militarizzata, processi per terrorismo ai contestatori), ormai del tutto inutile e quasi certamente antieconomico.

Secondo l’Osservatorio Torino-Lione, se mai i lavori davvero partissero, non terminerebbero prima del 2035 e non si vedrebbero benefici economici prima del 2073. Roba da scrittori di fantascienza più che da economisti. Si capisce perché adesso i francesi dicano di voler «riesaminare le spese e le risorse per non fare più promesse non finanziate».

Certo, Borne si è affrettata ad aggiungere che Parigi terrà in considerazione la specificità di una tratta internazionale che coinvolge anche l’Italia e l’Europa. E che per il momento è solo una pausa di riflessione. Ma se la Francia ci molla, noi come lo giustifichiamo il grande buco?

Con la litania del progresso che non si può arrestare? Perché ce lo chiede l’Europa? Per non restare tagliati fuori? (e da cosa?) Per non darla vinta ai No TAV? O magari perché gli appalti sono sempre appalti, anche quando l’opera non serve più?

«Farei di tutto per poterti trattenere», cantavano a squarciagola Oxa e Leali sulle note di “Ti lascerò”.

 
C’eravamo tanto amati, il TAV al capolineaultima modifica: 2017-07-21T11:31:32+02:00da davi-luciano
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