Ventimiglia, stop ai pasti della Caritas: seicento migranti restano senza cibo

per quanti individui SENZA REDDITO e con la cittadinanza autoctona E’ QUESTA LA caritas pranziREALTA’ QUOTIDIANA? Eppure non indigna nessuno la loro condizione. Eppure ci sono tanti filantropi e tanti solidali che però i quattrini dalle loro tasche non li tirano fuori, solo fiato dalla bocca, giusto per parlare di eguaglianza. Ma il fiato dalla bocca non esce per chiedere aiuto per i pensionati che frugano nei cassonetti a fine mercato, per dare reddito e pensioni dignitose che non costringano a commettere furto di generi alimentari e finire denunciati per una scatoletta di tonno o un pacco di mortadella, che non sfrattino di casa ultra ottantenni.

Ventimiglia, stop ai pasti della Caritas: seicento migranti restano senza cibo
La Diocesi si arrende: costi troppo alti, spazi angusti e pochi volontari
 
I due biglietti attaccati all’ingresso della Caritas di Ventimiglia: da oggi solo colazioni, sospeso il servizio di distribuzione pasti
 
«Only breakfast», «Seulement tè et biscuits»: ovvero, soltanto colazione, tè e biscotti. Sono due fogli scritti con pennarello rosso e nero che segnalano, all’ingresso della Caritas di Ventimiglia, la resa della Diocesi. Stop alla distribuzione del pranzo, quindi: restano soltanto le colazioni. Un bicchiere di tè, qualche biscotto, un pezzo di pane. È una decisione inaspettata e drastica quella adottata dalla Caritas. Seicento persone al giorno restano senza pranzo. I volontari sono troppo pochi, i costi troppo alti, gli spazi decisamente esigui. «E poi, con il centro d’accoglienza al Parco Roja che è appena stato ampliato – spiega il coordinatore ventimigliese Cristian Papini – è anche un gesto di responsabilità», nei confronti di una città che ha dato tanto e che oggi fa fatica a convivere con un numero di profughi in continua crescita.
Nella città di confine, è ancora emergenza. Il greto del fiume Roja è stato sgomberato soltanto una decina di giorni fa, lunedì 26 giugno. Ma il «villaggio» dei migranti è ricomparso. Qualche straccio per terra al posto dei materassi, i panni stesi dopo il bucato nel fiume, i sacchetti con le cianfrusaglie appoggiati accanto ai giacigli. Gli «ospiti» del «villaggio» sono tutti ragazzi, non parlano né francese né inglese, sono spaventati e hanno paura di inserirsi nella struttura della Prefettura, gestita dalla Croce rossa, al Parco Roja. Timore infondato, come tanti volontari delle associazioni cercano di far sapere a quanti più stranieri possibile: quasi tutti sono stati identificati all’arrivo in Italia e, entrando al centro d’accoglienza, non subiranno limitazioni alla loro libertà di movimento.
 
Il «villaggio» nel greto del fiume Roja era stato lasciato una decina di giorni fa dai profughi nel cuore della notte, con una «marcia» cominciata poche ore prima dell’arrivo delle ruspe inviate dal Comune a ripulire un’area ormai in condizioni di igiene precarie. Gli stranieri si erano dispersi nei boschi tra Italia e Francia, ma quasi tutti erano stati poi «intercettati» dalla polizia d’Oltralpe, «riammessi» all’interno dei confini italiani e infine trasferiti a Taranto con i pullman. Uno scenario che, a osservare il greto del Roja in queste ore, «ripopolato» di stranieri, non è escluso che possa ripetersi.
Ventimiglia, in questi giorni di inizio luglio, con la Francia di Macron che ha appena ribadito la proroga della sospensione di Schengen, si conferma un «imbuto». Le frontiere restano chiuse, i controlli sono a tappeto, gli stranieri che arrivano in Riviera pensando di poter continuare il loro viaggio della speranza verso altri Paesi del Nord Europa fanno fatica a entrare in Francia. Ci provano camminando lungo l’autostrada (dove ormai da mesi c’è l’avviso luminoso «pietons», cioè pedoni, che invita gli automobilisti a procedere con attenzione), nascondendosi sui treni, o ancora camminando nelle buie gallerie ferroviarie. Percorsi alternativi rispetto alle strade, pattugliate soprattutto sul versante francese. Ma anche percorsi molto pericolosi, dove in tanti hanno già trovato la morte.
 
Lunedì la Caritas di Ventimiglia ha distribuito gli ultimi pasti, da martedì il servizio è bloccato. «A giugno abbiamo dato da mangiare a 6.200 persone, a maggio a 5.100», snocciola i dati degli ultimi mesi il direttore della Caritas Diocesana, Maurizio Marmo. Il sodalizio ha letteralmente sfamato migliaia di profughi, dando un significato concreto e positivo al termine accoglienza, grazie all’impegno dei suoi vertici e alla generosità di tanti volontari che mai si sono risparmiati per aiutare gli stranieri. Il servizio «ristorante» per il pranzo è partito a febbraio di quest’anno, in seguito alla chiusura a nuovi ingressi del vicino centro d’accoglienza (per la manutenzione dei moduli abitativi). «Ora che il centro al Parco Roja è stato ampliato – ancora Papini – speriamo che i profughi si spostino lì. Qui, la situazione non era più gestibile». Restano attivi gli altri aiuti dedicati agli stranieri: oltre alle colazioni per i migranti (ieri ne sono state distribuite 637), i profughi trovano alla Caritas cambi d’abito e scarpe, donati dai ventimigliesi e non solo.
 
E sta per chiudere anche un altro «servizio» per i migranti: il centro dedicato a donne e bambini allestito nella vicina parrocchia di Sant’Antonio, alle Gianchette. Entro la prossima settimana sempre al campo Roja sarà pronta una zona dedicata proprio a mamme e bimbi. L’obiettivo, caldeggiato dal Comune e portato avanti dalla Prefettura, è concentrare gli stranieri, evitando «accampamenti» e tentando di limitare in qualche modo i disagi per la città. Tentando di dare un’accoglienza più dignitosa ai profughi, che continuano però ad affollare il greto del fiume Roja.
Ventimiglia, stop ai pasti della Caritas: seicento migranti restano senza ciboultima modifica: 2017-07-14T00:29:20+02:00da davi-luciano
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