M.O. = LAVIAMOCI LE MANI DAL FANGO CURDO E PROVIAMO A CAPIRCI QUALCOSA, PRIMA CHE SCOPPI TUTTO (E PRIMA CHE “IL MANIFESTO” CI IMBROGLI ANCORA)

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MONDOCANE

MARTEDÌ 20 GIUGNO 2017

Parto e sarò lontano dal blog e da FB (non dai vostri interventi) per circa tre settimane. Il pezzo qui sotto è lungo. Avete il tempo per spezzettarne la lettura. O di saltarlo. Un saluto a tutti.

https://www.pandoratv.it/?p=16566

Il Presidente egiziano, Abd al-Fattah al-Sisi, in casa del lupo, a Riyadh, alla presenza del Presidente USA, Donald Trump, glielo dice chiaro: “Il terrorismo è occidentale”.

Il tema Al Sisi-Terrorismo riguarda la parte finale di questo post, quella sul “manifesto” e i suoi servigi all’imperialsionismo di guerra.

Londra, cristiani contro musulmani, come sunniti contro sciti: guerra civile=stato d’assedio, élite trionfante

Il mammasantissima della criminalità organizzata mondialista (qui in effigie) si frega le mani. Con l’ennesima punizione terroristica inflitta al Regno Unito per la sua uscita dall’UE, il solito veicolo stragista a economica e facile disposizione di qualsiasi sicario, cosciente o incosciente, stavolta antimusulmano, fornisce all’universo mondo occidentale, lanciato allo scontro di civiltà, il bonus supplementare del pretesto per una repressione ormai ultra-orwelliana. Se ne accorgeranno eventuali disperati, esasperati, sediziosi. Altro bonus dell’assalto alla moschea, il grattacielo, inceneritosi in 6 minuti insieme a cento inquilini per risparmiare le quattro sterline della verniciatura ignifuga, anzichè in gol è finito in tribuna, come il pallone del giocatore venduto. Non se ne parli più. Ora è tempo di prodromi di guerra civile: angli e sassoni contro tutti gli intrusi. Non ha funzionato forse molto bene con sciti e sunniti? E, prima, con cattolici e protestanti?

Tiriamo le somme. Trump celebrava la Brexit, ne vedeva motivazioni e sbocchi affini ai suoi e degli altri cosiddetti “populismi” sovranisti. Prometteva anche meno Nato e più Russia. Poi l’hanno messo in mezzo, il famigerato Stato Profondo, Cia, sinistri collateralisti, armieri e petrolieri e Trump non è più lui. E’ un pupazzetto di quelli e, per tenere a galla almeno la bananona aranciona, spara missili e minchiate a 360 gradi. Destino non difforme per la May, sua controfigura britannica che, tra coltellate e caroselli di camion, torri abitate che bruciano più rapide di uno zolfanello, dissolvenze elettorali, si ritrova alla prova del negoziato Brexit più esposta e inerme di Lady Godiva. Secondo voi, chi è che di tutto questo gioisce?

Saif al Islam Gheddafi libero. Con Haftar e i patrioti libici alla liberazione del paese

Poi, invece, ci sono due buone notizie. E, se non vi indignate, o anche se lo fate, ne aggiungerei una terza: il torero incornato dal toro in Francia, emblema di un aggiustamento morale e politico che qualcosa come 7 miliardi persone vorrebbero imporre a chi li incorna da secoli. E che quella testa di whisky di Hemingway, che sbavava in lettere e saliva su ogni corrida, riposi in pace. Una buona novella è la liberazione di Saif al Islam Gheddafi, figlio maggiore e successore designato del Grande Martire, da parte dei berberi di Zintan, alleati del generale Haftar, che a lui hanno consegnato Saif. Grottesca la reazione della Corte Penale Internazionale, nota per aver finora incriminato soltanto soggetti di pelle nera invisi all’Occidente: ne ha chiesto alle “autorità libiche” l’arresto e la consegna immediati.

Le “autorità libiche” (il magliaro Al Serraj ancorato al largo di Tripoli e la sua milizia di tagliagole e scuoiatori di neri a Misurata) vorrebbero bene assolvere all’ordine dello sponsor, tanto più che, già di loro, avevano condannato Saif all’impiccagione. Ma non possono, visto che il governo di Tobruk e Haftar, comandante delle Forze Armate Nazionali, gli stanno mettendo il sale sulla coda. Ben visti da Mosca e dal Cairo, i patrioti di Tobruk hanno riabilitato i gheddafiani e, forti di un consenso perciò crescente, hanno  conquistato i terminali petroliferi e si stanno riprendendo la Libia pezzo dopo pezzo. Nei giorni scorsi, con la conquista di Jufra, hanno liberato la regione centrale che dà accesso a Tripoli e a Sirte. E questa era la seconda notizia buona.

Meno elettori, più stato d’emergenza: si arriva alla perfezione

Una chiavica, invece, la notizia che dovrebbe far esultare il baffino bombardiere che di questi tempi si riciccia come antagonista di sinistra ovunque reperti museali autoqualificantisi di sinistra si assemblano per guardarsi in cagnesco, ma dichiararsi vicendevolmente ancora vivi. Ultimamente con Montanari e Falcone. Esprimendo una nausea che sorprende in una società come quella kosovara,  formatasi nelle provette tossiche dello scienziato pazzo Nato e non riconosciuta come Stato che da quattro scagnozzi della Nato, alle elezioni del 12 scorso ha votato appena il 41%. Quasi tanto miserrimi quanto quelli che si sono manifestati in Francia, dove si trattava di portare in parlamento un’armata di pitbull rothschildiani a guardia di colui che è stato messo lì a invertire la scelta degli affidati alla ghigliottina rispetto al 1792-1794. Ma statene certi, che a votare non ci vadano più se non corifei, chierichetti, sottopancia e parenti dei candidati, non turba minimamente  gli autoreggenti delle nostre sorti. Quello che conta è che tutti credano che lo stato d’emergenza, ormai perenne, serva a dargli sicurezza. Anzi, siccome non votano coloro, che alla fola secondo cui ogni 5 anni possono decidere liberamente chi li governerà non ci credono più e piuttosto hanno capito che ogni 5 anni sono chiamati a condividere, con persuasori occulti e manifesti, la scelta di chi li deruberà e schiaccerà, molto meglio che gli astenuti siano tanti. Di questo passo ci si disabituerà del tutto e quello che Napolitano, Monti, Letta, Renzi e Gentiloni ci hanno fatto passare sulla testa dal 2013, senza chiederci né miao né bau nelle urne, sarà finalmente il perfezionamento della democrazia.

Presidente killer e trafficante di organi

Dimenticavo la notizia chiavica: il candidato premier eletto in Kosovo è Ramush Haradinaj, criminale di guerra, ricercato dalla giustizia di Belgrado e da tutti gli uomini perbene per aver trucidato, deportato, torturato migliaia di civili serbi, per aver dato fuoco a centinaia di monasteri ortodossi antichi, per aver trafficato in organi estratti ai prigionieri serbi. Conclamato narcogangster e serialkiller, è stato assolto dal Tribunale dell’Aja, una di quelle espressioni della civiltà giuridica occidentale che uccide in carcere chi non riesce a condannare e manda a reggere il destino degli umani chi ne ha fatti fuori di più. Da D’Alema, le cui bombe ho visto a Belgrado stroncare neonati nelle incubatrici e che batte le mani al Brancaccio per l’ennesima e, certo, decisiva “nuova sinistra”, a Macron, a Haradinaj, il cerchio si chiude.

Trump, Saud, Al Thani: tu, brutto terrorista!

In Medioriente le cose si ingarbugliano vieppiù. Non avevamo finito di chiederci cosa diavolo fosse piovuto in zucca a russi e iraniani ad Astana (dei turchi si capiva facile) quando crearono le famigerate zone di “riduzione del conflitto”, affidandole a turchi, curdi e mercenariato jihadista vario, alla faccia dell’integrità e sovranità siriane, che sul palcoscenico hanno preso a succedersi tanti di quei dei ex machina da far ammutolire qualsiasi analista.

Il colpo di scena più grosso è quello di Lucky Luciano che denuncia Al Capone per mafia a don Corleone. Donald Trump, successore di una combriccola di presidenti Usa che del terrorismo hanno fatto lo strumento principe per prendersi il mondo e disfarsi di mezza umanità, piomba a Riad e promette alla più sanguinaria monarchia del mondo 110 miliardi di strumenti per insistere nella loro pratica (specie in Yemen, dove opportunamente il colera, come negli Usa dei 18 milioni di pellerossa da eliminare, arrivato a 150mila casi, facilita il genocidio all’arma Nato, italiana compresa). In cambio i decapitatori principi dell’universo mondo, massimi fornitori, addestratori e finanziatori del terrorismo in tutti gli emisferi, devono unirsi al loro mandante nella lotta, quella vera, al terrorismo. Come? Strangolando il Qatar. Una specie di prepuzio della protrusione arabica, fino a ieri sotto le ali dello stesso mandante e padrino (don Corleone), azionista di buona caratura del terrorismo Isis, Al Qaida, califfati dei vari emisferi e relative affiliazioni.

Questione di gas

Cosa c’era di meglio, per i supermonarchi sauditi, che prendersela con il minuto prepuzio aggettante nel Golfo Persico, che da rana voleva gonfiarsi a bue e che, con quel “parvenu beduino” di Al Thani, la sua emittente Al Jazieera e i suoi scherani jihadisti, pretendeva di riportare tutto l’Islam sotto la ferula dei Fratelli Musulmani, sottraendolo all’egemonia wahabita della Casa di Saud? Senza contare – anzi, contando soprattutto – che quell’escrescenza peninsulare sta immersa nel più vasto giacimento di gas del mondo, che quel giacimento lo condivide in armonia con gli “orridi” iraniani, che da lì ambisce a farsi fornitore dell’Europa, a dispetto dei sauditi e degli israeliani e del loro nuovo gasdotto Israele-Cipro-Italia, con un altro gestito d’amore e d’accordo con i satanacci persiani, in combutta con i quali diverrebbe il primo fornitore di gas del mondo.

In questo atto della commedia c’è chi fa sul serio e chi meno. Sul serio fanno i sauditi, che si vedono spuntare sotto casa un potenziale agglomerato del Golfo, Iran-Qatar, che, in tempi di petrolio calante e gas montante, è quanto di più letale quella monarchia possa temere, per quante tonnellate di armi Usa, Italiane, tedesche, Nato possa infilare in un esercito di coscritti immigrati, tanto demotivati che, per mettere sotto i più sfigati arabi del mondo, gli yemeniti, non gli sono bastati gli F16 e l’artiglieria manovrati da centrali Usa. Tanto più sul serio fanno questi pervertiti trogloditi dalle caverne d’oro per aver sentito sotto i piedi i fremiti sismici di metà paese a confessione scita. Già il Qatar se la fa con Iran e Turchia. L’Iran ha espresso il suo dissenso verso le misure prese da Usa, Saudia e Golfo. Truppe turche si sono piazzate in Qatar contro eventuali ideuzze saudite che intendessero accentuare l’embargo diplomatico ed economico con misure militari. E l’idea che possa spuntare nel deserto il fiore di un’intesa tra Fratelli Musulmani e sciti sparsi un po’ ovunque tra Afghanistan e Bab el Mandeb farebbe saltare parecchi tavoli.

Che gli Usa non vogliono vedere saltare. Tanto che, appena svaniti dalle specchiere di palazzo reale a Riad i riflessi della sua lampeggiante chioma e dissoltesi nell’etere i suoi anatemi contro il terrorismo del Qatar, a Trump il Pentagono ha fatto vendere allo stesso Qatar armi per 12 miliardi di dollari e Tillerson, segretario di Stato, ha detto “non facciamola troppo lunga con questa storia del Qatar sentina di ogni infamia”. Si erano ricordati di colpo che lì, nel prepuzio, ci sta la più grossa base militare Usa del Medioriente, con tutti i suoi 110mila marines. Finchè si scherza….

Usa, Saudia, Israele: per i curdi Padre, figlio e spirito santo.

Parrebbe, dunque, che ci sia molto fumo e poco arrosto. O, quanto meno, che un sacco di fumo non faccia ben vedere che cosa stia cuocendo. Più riconoscibili appaiono le vicende sul campo di battaglia. Decimando a tutto spiano le popolazioni irachene e siriane, oltre a spingerle a svuotare i loro paesi e, insieme ad altre, resettare l’Europa, gli Usa non recedono dall’intento di annientare queste nazioni frantumandole in “espressioni geografiche”. Con i mercenari curdi sostituiti a quelli Isis, curdi rivelatisi vera feccia etica e politica nel loro servizio agli straziatori della Siria, nell’amicizia dichiarata per Israele e, ora, nell’apprezzamento per il ruolo “antiterrorista” dei sauditi (incredibile ma vero), gli Usa stanno prendendo Raqqa e consolidando un loro protettorato nel nord-est della Siria.

Quella dei curdi amerikkkani, filosauditi e filoisraeliani, fatti passare dai collateralisti della “sinistra” e del “manifesto” per il fior fiore della democrazia partecipativa, socialista, femminista, è una delle vergogne supreme della storia, al pari del tradimento di certi capi del comunismo occidentale e di tutti i farlocconi finti-sinistri da sempre vezzeggiati da quel giornale e utilizzati per diseducare il pupo. Autentici prostituti, al pari di quelli iracheni, miserabile strumento di un nuovo colonialismo, stavolta genocida oltreché predatore; stupide zoccole di lenoni che se ne disfaranno al primo volgere dei venti; schiuma della storia, materiale da discarica che stinge anche sul tanto rispettato PKK turco, che da questa feccia non ha mai preso le distanze e si fa dichiarare madrepatria.

Grande è il disordine sotto il cielo. Di chi fidarsi?

Dando prova di incredibile resilienza, a sette anni dall’inizio dell’aggressione l’esercito arabo siriano,  a dispetto dei ricorrenti bombardamenti della coalizione Usa, qui come in Iraq addirittura con il criminale fosforo bianco, ha riconquistato larghe fasce di territorio nel deserto che unisce Siria e Iraq e pare possa riprendersi anche Deir Ezzor, centro strategico assediato dall’Isis dal 2013. Che si possa congetturare uno scambio Raqqa-Deir Ezzor concordato tra Usa e russi? E la svolta anti-Qatar, con turchi e iraniani uniti nel sostegno dello spuntone gassifero, modificherà il ruolo, fin qui scellerato, del Qatar in Siria? I jihadisti, sostituiti dai curdi e sotto tiro, quanto meno verbale, di sauditi e Usa, metteranno la coda tra le gambe e svaporeranno, o saranno adibiti ad altri compiti, tipo terrorismo stragista dove occorre? I britannici, da sempre affettuosi padrini dei Fratelli Musulmani, li molleranno per affinità anglosassone con gli Usa e rapporti di mercato e istituzioni con i Saud?

E i russi? Che assistono abbastanza passivi alle ricorrenti incursioni di israeliani e Usa contro civili ed esercito siriani, limitandosi a una deplorazione e a un’invocazione che non si faccia più. E che hanno sancito le aree di de-escalation sottratte al  governo di Damasco. Eppure sono impegnati nella guerra all’Isis. Eppure figurano da difensori della Siria e del diritto internazionale…Ora, finalmente, dopo lo scandaloso abbattimento di un jet siriano che stava operando contro l’avanzata della marmaglia curdo-statunitense su Deir Ezzor, la reazione russa pare diventare più dignitosa: qualsiasi intervento aereo della coalizione Usa al di qua dell’Eufrate (perché non al di là???) sarà legittimo bersaglio delle forze patriottiche. Se son rose fioriranno

Le variabili sono parecchie. E così le domande in attesa di risposta. Però le spine ci sono e pungenti. Azzardo, io, una variabile. La risposta che i russi hanno annunciato nel caso che gli invasori Usa e i pulitori etnici curdi continuassero a colpire le truppe siriane – risposta difensiva che per il “manifesto”  si deve definire “minaccia” – potrebbe essere uno zuccherino offerto a Damasco per l’ormai evidente abbandono dell’impegno all’integrità territoriale del paese. Con il progetto di costituzione “decentralizzata” (leggi spartizione) fatto circolare a inizio anno e l’istituzione delle quattro aree di de-escalation lasciate in mano a turchi, jihadisti e curdi, ci sarebbero buoni motivi per sospettare che tra russi e Usa si sia arrivati a un tacito accordo sul male minore per entrambi: la divisione del paese in sfere d’influenza. Fine della Siria libera, indipendente, laica, sovrana, democratica. La domanda è se gli altri ci stanno.

Spartizione sottobanco? Chi ci sta e chi no.

Gli altri sono Damasco, che ha già manifestato una sua autonomia in merito attaccando la coalizione Usa-curdi-Isis in avvicinamento dalle parti di Raqqa; l’Iran, che, per la prima volta, ha tirato missili sull’Isis a Deir Ezzor; gli Hezbollah che hanno liberato aree sul confine siro-iracheno e i turchi che stanno con chiunque stia contro i curdi. Sullo sfondo anche il Qatar, in odio ai concorrenti del Golfo, con però la libertà di manovra che (non) gli concede quella grande base Usa. Usa, Sauditi con satrapi minori e Israele, la triade fine-del mondo arabo (e non solo), questi sviluppi non li avevano calcolati e ora gli tocca vedere se, pur di far fuori il renitente Iran, gli conviene giocarsi il più forte contraente militare alleato, la Turchia, gia contrappostasi vigorosamente con l’invio di truppe in Qatar. In Iran, poi, va visto chi tiene il mattarello, se il filoccidentale neoliberista Rouhani, o la Guida Khamenei con le Guardie della Rivoluzione impegnate in Siria sul terreno.

L’Egitto di Al Sisi e “il manifesto” degli utili compatibili

Poi c’è l’Egitto. Tanto detestato dai sinistri quanto questi, in logico sequitur, se ne stanno ammansiti, e perfino compiaciuti, agli ordini del giorno dei feldmarescialli imperiali. Nell’organo della sinistra imperialista, “il manifesto”, riescono a convivere, senza attriti e peli sullo stomaco (che nel caso dovrebbero essere setole), da un lato gente che in geopolitica fornisce viveri politici e supporto morale alle armate di quei feldmarescialli e, dall’altro, un crocchietto di comunisti,antimperialisti, terzomondisti e filo palestinesi. Schierarsi con i palestinesi è giusto, ma, nella loro attuale inoffensività, assolutamente tollerabile. Sostenere i progressisti dell’America Latina non importuna né l’ENI, né il nostro turismo. Fare il bignamino, in fondo alla penultima, dell’armamentario terrestre, aereo, navale, spaziale, nucleare di Usa e Nato, non disturberebbe neanche la rivista della Pinotti, “Analisi Difesa”.

Decisivo per questa gazzetta dei “valori occidentali” e per il nulla osta che conta, è condividere tutto quello che pensa, dice e fa Soros, far passare l’emergenzialista post-nazista Macron teneramente per “centrista”, spendersi appassionatamente per Hillary, far l’occhiolino a Fassina&Fratoianni e l’occhiolone a Pisapia-Bersani, esaltare come martire la spia Regeni, lanciare brigate internazionali rossandiane contro la Libia, deformare ogni governo ostico alla civiltà euroatlantica in feroce dittatura, lubrificare con l’ipocrisia della solidarietà lo spopolamento del Sud del mondo per mano di Soros, Ong e F16 Usa-Nato  e puntellare qualsiasi truffa, menzogna, false flag, che l’Impero s’inventi per sodomizzare qualcuno. Ogni nefandezza è salva se piangi sugli esodati, o brandisci la CGIL, o dai dello xenofobo, dell’omofobo, del populista a chi non si accompagna a Vladimir Luxuria o non picchia in testa agli euroscettici. Ma l’appartamento in cui si fanno riunioni contro l’ascensore che manca, o le barriere architettoniche, o perché il cortile accolga 32 senegalesi, o per protestare contro il chiasso che  fanno le parate Nato, è perfettamente integrabile in un edificio dal cui terrazzo si spara sulla folla.

Dicevo dell’Egitto e chiudo. In apertura vi ho invitato a visitare questo link

https://www.pandoratv.it/?p=16566

E’ uno straordinario intervento del presidente egiziano, Al Sisi, quello che sostiene Haftar e i gheddafiani in Libia, al vertice Usa-arabo di Riad. E’ una denuncia articolata, veemente e completa del terrorismo e di chi lo ha inventato, se ne serve, lo recluta, lo finanzia, lo addestra ne promuove i genocidi e la distruzione di popoli e nazioni. Sono le cose che noialtri “complottisti”, populisti, sovranisti, eversori anti-establishment e, parlando seriamente, onesti comunicatori e autentici antimperialisti, denunciamo da anni. Venendo dal capo del più influente e importante paese arabo e africano, piagato dal terrorismo dei Fratelli musulmani-Isis da quando il popolo egiziano si era liberato del despota islamista Morsi, l’accusa di Al Sisi e un atto di coraggio fenomenale e di verità incontestabile. Notare nel video le reazioni di Trump e di Re Salman, a cui Al Sisi quelle accuse le ha lanciate in faccia.

Non stupisce per niente che “il manifesto”, capogita delle spedizioni mediatiche contro l’Egitto laico e indipendente, Egitto oggi amico di Mosca e della Libia liberata, ne abbia tratto lo spunto, con la stridula voce dei suoi cantori sorosiani, per rovesciare sul paese e sul suo presidente l’ennesima caterva di calunnie e menzogne. Pretesto, come giorni prima con la Russia, la messa sotto sorveglianza delle Ong. Niente che possa essere confrontato con la repressione delle Ong israeliane che sostengono i diritti dei palestinesi, tipo Betselem. Alle Ong in Egitto, come a quelle i n Russia, Venezuela, Ungheria, che sappiamo essere ciò che i missionari erano per i colonialisti, si registrino e denuncino i fondi che ricevono dall’estero. Ed evitino di utilizzarli per operare in favore di potenze nemiche, alla maniera del Regeni, l’operativo di una multinazionale dello spionaggio e degli squadroni della morte.  Chissà se Soros ne sarà contento. Dopotutto risparmia.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 18:58

M.O. = LAVIAMOCI LE MANI DAL FANGO CURDO E PROVIAMO A CAPIRCI QUALCOSA, PRIMA CHE SCOPPI TUTTO (E PRIMA CHE “IL MANIFESTO” CI IMBROGLI ANCORA)ultima modifica: 2017-06-20T22:34:12+02:00da davi-luciano
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