Eclisse della Politica o sua trasformazione?

massoneria parlamentoIl politico è finito, nel senso che non c’è classe, né frazione di una classe politica che possa attualmente contare sulla volontà popolare; per cui, non rappresentando di fatto nessuno, costoro si trovano in una situazione completamente falsa.
Jean Baudrillard [Lo showman politico nello spazio pubblicitario]
 
Parto da questa affermazione dello scomparso filosofo e sociologo francese Baudrillard, che risale agli anni ottanta ed è calata in quella realtà sociopolitica, di passaggio dal capitalismo del secondo millennio al neocapitalismo a vocazione finanziaria di oggi. Già allora cominciava a essere evidente la crisi della politica e della rappresentanza, in Europa e in occidente.
Attraversando i “futili”, ma problematici anni ottanta della morte delle ideologie e del riflusso nel privato – in verità trasformativi sopra e, soprattutto, sotto la superficie – ci si imbatteva nella questione della “morte della Politica”, quella con la p maiuscola, o quantomeno quella che aveva caratterizzato l’epoca precedente. In particolare, eravamo già consapevolmente distanti dalla celebre definizione di Politica, che si deve ad Aristotele, intesa come amministrazione della πόλις, non solo perché il sistema e il mondo culturale della polis erano defunti da lunghissima pezza, ma anche perché la crematistica tendeva a prevalere, in modo sempre più deciso, sulla buona amministrazione .
 
Per non dire di quella definizione (meno nota al grande pubblico) offerta dal celebrato politologo italiano Giovanni Sartori, che concepiva la politica come una sfera in cui avvengono le decisioni collettive. Ciò non toglie, però, che negli anni ottanta c’era ancora un contatto (destinato progressivamente a scomparire) fra l’agire politico e l’amministrazione della cosa pubblica, da un lato, e una quantomeno supposta volontà popolare, dall’altro lato, sia pur frammentata e rispondente a specifici interessi di classe.
Inoltre, non si poneva in modo così drammatico, come si pone oggi in un habitat compiutamente neocapitalistico, la questione dirimente, rispetto al problema dell’eclisse o della trasformazione della Politica, che riguarda la ”devoluzione” di sovranità dello stato nazionale, a partire dalla moneta.
Se dovessimo guardare a quello che sta accadendo oggi in Italia, in particolare all’interno dell’entità di governo chiamata Partito democratico, calandoci in una realtà sociopolitica completamente nuova rispetto agli ottanta, non potremmo che stigmatizzare l’errore di fondo di Jean Baudrillard, quando affermava che il politico non rappresenta più nessuno, avendo smarrito persino la sua specificità. Non abbiamo assistito, negli ultimi tre decenni, a un’abdicazione della Politica, con lo spazio pubblicitario che ha semplicemente sostituito quello pubblico, lasciando il campo sgombro al Libero Mercato. La sostanza della trasformazione è nell’appropriazione della decisione politica da parte di una nuova classe dominante globale, sopranazionale, che ha eclissato gli interessi vitali delle classi dominate, espellendoli dalla Politica stessa.
Questa classe, in sostituzione della vecchia borghesia proprietaria, ha costituito una rete di organismi sopranazionali che ha “svuotato” di competenze lo stato nazionale e ha occupato, per conto delle élite, lo spazio politico un tempo conteso, avocando a sé le decisioni strategiche, per evitare il fastidio di dover confrontarsi con la “volontà popolare”.
Nello specifico caso italiano, il Partito democratico – informe e variegata entità collaborazionista delle Aristocrazie del denaro e della finanza – qualcosa di certo rappresenta, anche se non è in relazione con la volontà popolare, come la intendeva, a suo tempo, Baudrillard. Non assistiamo a complessi fenomeni “transpolitici”, all’impossibilità assoluta di governare (sempre Baudrillard negli anni ottanta). Assistiamo impotenti, noi che viviamo questi anni “terminali”, a una completa ridefinizione della “sfera politica” di Sartori, in cui dovrebbero manifestarsi le decisioni collettive. Come ci è ormai evidente, l’unico nesso fra l’agire politico del Pd e la sua amministrazione della cosa pubblica è con gli interessi, imperiosamente imposti ai popoli e al fondo della piramide sociale, della classe dominante globale postborghese, a vocazione finanziaria.
Con il senno di poi, a giochi fatti, comprendiamo che gli interessi di classe elitisti e la sottrazione di sovranità allo stato nazionale sono i due aspetti predominanti della trasformazione della Politica, che diventa, per noi dominati, una politica con l’iniziale minuscola, completamente subordinata (come il Partito democratico) alla decisione strategica elitista – quella sì veramente Politica!
 
Ne consegue che lo psicodramma dell’entità Pd, in corso in questi giorni in Italia, avviene in una “sferetta” secondaria, o meglio terziaria, nella dimensione locale di uno stato nazionale sottomesso, in cui si attuano i programmi decisi da altri. Programmi che corrispondono ai desiderata e ai diktat della Global Class, internazionalizzata quanto i capitali finanziari che gestisce per assicurare la riproduzione sistemica.
Tornando al Sartori studioso di scienza della politica e alla sua “sfera” delle decisioni collettive, oggi le sfere politiche sono tre.
La più alta e importante corrisponderebbe alla Politica con l’iniziale maiuscola e, per la precisione, all’Empireo molto mondano in cui vivono le élite globali che confondono i loro interessi privati, di arricchimento e dominio, con gli interessi collettivi.
La seconda sfera è un riflesso importante del sistema di potere elitista, nello spazio sopranazionale riservato agli organi della mondializzazione neoliberista, in cui si elaborano le linee di politica strategica da applicare, successivamente, negli stati nazionali tributari e svuotati di potere decisionale (come L’Italia governata dall’entità Pd).
 
La terza sfera, la meno importante fra le tre dal punto di vista della Politica, è la dimensione nazionale, in cui collaborazionisti sub-politici delle élite, soggetti all’autorità degli organi della mondializzazione attraverso i vincoli dei trattati, traducono in norme e decreti specifici (legge Fornero, jobs-act, tentata riforma costituzionale, milleproroghe liberalizzanti, eccetera) le predette linee programmatiche, aderenti agli interessi privati elitisti.
La catena di trasmissione delle decisioni di politica strategica è perciò la seguente: Global class strategica che decide in base ai propri interessi, organismi sopranazionali che elaborano i programmi a livello alto, semi-stato neoliberista, retto da collaborazionisti, che applica pedissequo.
 
Oggi non vi è un’eclisse della Politica, quella di più alto livello che decide, ma una sua trasformazione che penalizza i popoli e le classi dominate, con un impianto di potere effettivo che li esclude dalla partecipazione alle decisioni che contano. Anche se sono rimaste in piedi le vecchie istituzioni dello stato liberale, mantenendo gli stessi nomi del passato – governo, parlamento, presidenza della repubblica, eccetera – la loro funzione risulta diminuita e anche la loro “rappresentatività” è cambiata.
La stessa “antipolitica” che si starebbe diffondendo a macchia d’olio nella società, secondo la narrazione mass-mediatica, non è che un riflesso di questo cambiamento, che non va nel senso ipotizzato da Baudrillard negli anni ottanta. Non vi è totale indifferenza politica dei cittadini verso le questioni pubbliche e una sorta di impossibilità dei rappresentanti politici di “veicolare veramente i problemi”, nonché la scomparsa della specificità della Politica. C’è semplicemente la percezione, più o meno vaga, ma sempre fondata, di non essere rappresentati nei propri interessi vitali.
Si hanno di fronte rappresentanti che rappresentano i soli interessi della classe dominante, agendo sempre più scopertamente contro il popolo. In verità, l’”antipolitica” di oggi nasce dall’esclusione completa dei dominati dalla decisione Politica, che neppure l’apparato mass-mediatico, ideologico e accademico asservito alle élite riesce più a nascondere, con le sue menzogne.
 
Non eclisse della Politica, quindi, ma trasformazione della stessa e soprattutto completo spostamento verso il culmine della (nuova) piramide sociale di ogni decisione strategica che ci riguarda. La Politica esisteva ai tempi di Aristotele, in quelli di Machiavelli, di Locke e continua ad esistere ai giorni nostri, perché è improbabile che un “animale sociale” come l’uomo possa farne a meno. Può, al contrario, sentirne la mancanza, come le masse che sarebbero attratte dall’”antipolitica”, proprio perché private di rappresentanza all’interno del sistema.
 
Si dovrebbe comprendere, come avvertiva il filosofo politico “nazista” Carl Schmitt nel definire il concetto e le categorie di ciò che è politico (Der Begriff des Politischen), che la distinzione fra amico e nemico è qui fondamentale. Riappropriarsi la “sfera” Politica, con l’iniziale maiuscola, implica la volontà di combattere il nemico che l’ha espropriata, dopo averlo chiaramente individuato.
di Eugenio Orso – 26/02/2017 Fonte: Pauperclass

Francia: la Massoneria attacca il Front National

grand-orient-franc_interna-nuovala massoneria preferisce candidati fedeli alla linea politica ammazzapopolo. Sono dell’elites, disprezzano il popolo. Fa ridere pensare che la loro cosiddetta filosofia umanistica sia dedita al benessere di tutti gli uomini, ste balle propagandistiche sono ormai lampanti a tutti.Ah quanto amavano Hollande, esempio di “opera” in favore del benessere di tutti i francesi no? Tali valori sono compatibili con il loro arricchimento, il famoso 1% contro il 99%. E’un onore essere nemici di questi oligarchi sanguisughe

Francia: la Massoneria attacca il Front National
 
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la Massoneria francese si traformò in un saldo  referente ideologico  dei politici francesi. Gli anni ottanta, con Francois Mitterand come presidente, furono l’epoca dorata di questa associazione “discreta”.
“I valori del Front National sono contrari all’umanesimo che si trova nel cuore della filosfia massonica.  Sono queste la parole di Pierre Mollier, il conservatore del Museo della Massoneria di Parigi e membro di rilievo del Gran Oriente di Francia, la principale loggia massonica del paese. Questa loggia è talmente importante che lo stesso presidente francese Francois Mitterand (noto massone) si è recato lo scorso Lunedì a rendere omaggio ai suoi “fratelli di compasso”  ed ha pronunciato un discorso di quasi una ora in cui ha esaltato la massoneria ed ha detto che “la mia presenza costituisce un riconoscimento di quello che avete sempre fatto per la Repubblica. La Repubblica sa quanto vi deve e come sempre sarete pronti a difenderla”.
Appena dopo aver pronunciato queste parole, quando la candidata del Front National alla Presidenza inizia ad essere la sicura candidata a vincere le elezioni della prossima primavera, i portavoce della massoneria (influentissima in Francia)  hanno attaccato la formazione identitaria francese. Loro, i massoni,  la considerano la principale nemica della filosofia massonica.
Oltre ha questo si è comunicato dalla Loggia massonica che tutti i candidati, meno quelli del Front National, sono invitati a partecipare alle sessioni e conferenze organizzate.  Per quanto la massoneria non voglia identificarsi con alcuno dei candidati,  hanno dichiarato: “Nessuno degli aspiranti a vincere le elezioni del 23 Aprile è un massone attivo”, -ha detto Mollier – ma loro sanno ben chiaro chi è il loro nemico: il Front National ed i gruppi Provida (nazionalisti cattolici).
 
Si sapeva che alla massoneria appartengono una buona parte dei politici della sinistra socialista e mondialista come anche molti degli eminenti banchieri e manager di Stato in Francia e che molti di loro furono inclusi nelle liste elettorali alll’epoca di Mitterandi e dello stesso Jacques Chirac (figlio di un massone). Erano gli anni della legalizzazione ed estensione dell’aborto, degli attacchi alla famiglia, dell’eutanasia, ecc..
Dopo quell’epoca la massoneria si è globalizzata e gli attacchi adesso sono diretti contro i concetti di difesa dell’identità e della sovranità delle Nazioni e di una Europa contraria a consegnare la sovranità alle istituzioni della UE.
Questo è il principale confronto che che impostano nelle loro interviste i principali esponenti massoni francesi come Mollier o lo stesso Chistophe Habas, gran maestro del Grande Oriente di Francia.
Tuttavia gli attacchi della Massoneria non soltanto si concentrano contro il Front National e la sua candidata alla Presidenza, Marine Le Pen. La mobilitazione fatta in Francia in difesa del diritto alla vita, da parte di “Manif Pour Tous”, anche questa è stata oggetto di critiche da parte dei massoni ed ha segnalato che gli attacchi contro il “matrimonio gay” e l’aborto sono contrari al laicismo che è l’essenza del regime e dell’ideologia massonica.
Traduzione: L.Lago
Mar 03, 2017

Indagato anche Salini per il Terzo Valico. Sotto a chi tocca

notavterzovalico.info/2017/03/indagato-anche-salini-per-il-terzo-valico-sotto-a-chi-tocca/

No Tav – Terzo Valico

22/3/2017

Il giornalista Matteo Indice colpisce ancora e oggi informa dalle pagine nazionali de La Stampa che anche Pietro Salini, il grande boss della Salini – Impregilo sarebbe indagato nell’inchiesta della magistratura di Roma e Genova inerente al Terzo Valico. E’ bene ricordare che parliamo dell’amministratore delegato dell’azienda che detiene il 64% delle quote del Cociv. Cosa gli viene contestato? La turbativa d’asta per aver dato disposizioni di truccare alcune gare d’appalto per i lavori del Terzo Valico. Indice scrive che si tratterebbe dei lotti Cravasco, Libarna, Vallemme e Pozzolo. Così dopo gli arresti del presidente e del vice presidente del Cociv e del direttore dei lavori del Terzo Valico, siamo arrivati al coinvolgimento supposto dell’amministratore delegato di Salini – Impregilo. Situazione che oggettivamente non può che far sorridere ripensando a quanto Cociv ha dichiarato recentemente a seguito della presunta disinformazione a seguito degli arresti dei suoi vertici. Parlavano di poche mele marce, mentre il movimento ha sempre sostenuto che ad essere marce fossero le fondamento del sistema grandi opere. Se ha ragione la magistratura ad essere marcio è pure il vertice.

Oggettivamente in questi anni è successo di tutto fra infiltrazioni della criminalità organizzata, amianto e arresti di dirigenti. Cosa manca per capire la totale assurdità del Terzo Valico? Cosa manca per ammettere che come abbiamo sempre scritto il Terzo Valico serve solo ad arricchire le tasche già gonfie di chi lo costruisce?

Una cosina manca ancora ed è il coinvolgimento della classe politica locale che ha sempre sostenuto il Terzo Valico. Qualcosa era uscito sui rapporti fra la destra novese e la ‘ndrangheta ma forse il meglio deve ancora venire. Adesso che tutti sembra stiano svuotando il sacco per pararsi il culo, le sorprese potrebbero non essere finite…

Per approfondire sulle ditte coinvolte nei lavori del Terzo Valico e sulle infiltrazioni della criminalità organizzata:

Così la corruzione uccide: parla il primo pentito delle grandi opere 17/03/2017

Il direttore lavori del Terzo Valico svuota il sacco coi magistrati. E sull’amianto… 16/03/2017

I porci del Cociv fanno affari sulla pelle dei cittadini 18/01/2017

E’ ufficiale: a casa le ditte indagate e cantieri fermi 21/12/2016

Saltano i subappalti e i sindacati si confermano i migliori amici del malaffare 14/12/2016

Tav: l’Anac vuole commissariare Cociv estremo tentativo di “salvare” il Terzo Valico 17/11/2016

Difendere l’indifendibile 14/11/2016

Incredibile: il Vice Prefetto informava il Cociv sull’inchiesta in corso 11/11/2016

Tutto il marcio del Terzo Valico ad Arquata (ordinanza allegata) 7/11/2016

Dal Cociv 1,7 milioni € di appalti alla ‘ndrangheta 4/11/2016

“Non vai a rubare a casa di un ladro” (ordinanza allegata) 31/10/2016

Alla farsa non vi é fine: l’indagato Gentile tranquillizza i Sindaci sugli appalti 31/10/2016

Cociv decapitato da scandali. E botte ai No Tav 30/10/2016

Grandi Opere, le intercettazioni: “Cemento come colla” e “calcestruzzo che defluisce a cazzo”. Gip: “Sicurezza violata” 28/10/2016

Nonostante gli arresti i lavori del Terzo Valico non si fermano 27/10/2016

Senza Vergogna! 27/10/2016

Cociv é parte lesa come la mafia con Toto’ Riina 27/10/2016

Il Cociv é una montagna di merda 26/10/2016

Corruzione e concussione nei cantieri di grandi opere: nuove operazioni di polizia in tutt’Italia26/10/2016

Grandi Opere, decine di arresti per corruzione lavori A3, Tav Milano-Genova e People Mover Pisa 26/10/2016

Ancora arresti per i costruttori del Terzo Valico 26/10/2016

Ecco perché la ‘ndrangheta sponsorizzava i Sì Tav 15/09/2016

Chessa e la destra novese a braccetto con la ‘ndrangheta 25/07/2016

Terzo Valico e ‘ndrangheta: quei politici locali amici di Sofio (ordiananza allegata) 21/07/2016

‘Ndrangheta ad alta velocità. Il servizio di Agorà Rai 20/07/2016

Terzo Valico: oltre 40 arresti per gli appalti del Tav 20/07/2016

La ‘ndrangheta si preoccupa del Movimento No Tav – Terzo Valico (intercettazioni) 19/07/2016

Terzo valico, 42 arresti per operazione Alchemia: “La ‘ndrangheta dietro i movimenti Si Tav” 19/07/2016

‘Ndrangheta, il “ruolo rilevante” della Liguria. Terzo Valico, gli affiliati sostenevano il “Si Tav” 19/07/2016

Interdittiva antimafia alla Lande dal Prefetto di Napoli. Cosa aspetta la Tafuri? 08/06/2016

Dopo la Lande, al Terzo Valico arriva la Fincosit, fresca di tangenti del MOSE 03/05/2016

No Terzo Valico: arrestato Cascella, imprenditore coinvolto nei lavori della linea alta velocità 29/04/2016

Arrestato per camorra il capo della Lande, al lavoro nei cantieri del Terzo Valico 28/04/2016

Le mani (sporche) dei soliti noti sul lago di Alessandria. Cosa dice Rita Rossa? 25/11/2015

Una prefettura sbadata fa dissequestrare l’impianto delle inchieste 05/11/2015

Ecco le prove della Allara al “lavoro” nei cantieri del Terzo Valico 28/10/2015

Quali veleni ha scaricato la Allara a Serravalle e ad Arquata? 22/10/2015

Unicredit, il vicepresidente Fabrizio Palenzona indagato per reati finanziari in inchiesta su Matteo Messina Denaro 09/10/2015

Htr, Pd, discarica di Torrazza: il business dell’amianto sulla pelle della gente 17/09/2015

La Lande nei guai per camorra. Quando l’interdittiva del Prefetto Tafuri? 28/07/2015

La Sicilsaldo a Novi. “Completamente soggiogata da Cosa Nostra” per i Ros 01/07/2015

Arresti per traffico di rifiuti: dietro il dito c’è il Terzo Valico 09/06/2015

Cociv preso con le mani in pasta nel passante di Ancona 19/05/2015

Da Bolzano con furore: Oberosler, condannati per corruzione 30/04/2015

Il Terzo Valico spuzza 22/04/2015

Incalza e il Presidio NoTav di Radimero 14/04/2015

Arrivati a Novi quelli che interravano rifiuti tossici nei cortili delle scuole 08/04/2015

La solita puzza di marcio nella vicenda dei rifiuti a Novi 24/03/2015

Quello strano giro di rifiuti dalla Valverde a Novi passando per Libarna 23/03/2015

I soldi del Terzo Valico agli alluvionati di Genova? E Lupi rassicurò Incalza 20/03/2015

Lupi, Incalza e il Terzo Valico: oltre le apparenze 19/03/2015

Arrestato Incalza: gestione illecita grandi opere fra cui il Terzo Valico 16/03/2015

Al peggio non vi è fine: arriva a Novi anche il gruppo Marazzato 10/03/2015

Le cave del Cociv, tra mafie e silenzio delle istituzioni 04/03/2015

Cade la testa di Marcheselli, direttore del Terzo Valico: mancano requisiti antimafia02/03/2015

Cociv rescinde il contratto con le ditte impegnate a Radimero 26/02/2015

La magistratura sequestra cava del Terzo Valico a Tortona 24/02/2015

Il cantiere del Terzo Valico di Arquata da ieri è ufficialmente chiuso 20/02/2015

Arquata, dove sono finite le belle parole sui controlli? 09/02/2015

I sindaci tutti d’accordo: SLALA in mano ai tangentisti 03/02/2015

‘Ndrangheta, perquisita la casa del senatore Luigi Grillo 30/01/2015

Cenare con Renzi porta bene: il Tar dà ragione alla Lauro s.p.a. 30/12/2014

Lauro s.p.a., gli amici degli amici vanno a cena con Renzi 10/11/2014

La ‘Ndrangheta nella 35-Ter, chi l’avrebbe mai detto 06/11/2014

La cava Montemerla del Terzo Valico invasa da tre metri d’acqua 16/10/2014

Arquata fra ditte impresentabili, ponte di Vocemola e Terzo Valico 27/08/2014

Franzosi, il condannato che vende ghiaia al Cociv 06/08/2014

Loro col camion al sabato circolano e gli altri no 03/08/2014

Alta velocità:politica e interessi nell’affare Terzo Valico, come al solito 26/07/2014

Abbiamo scherzato, la Lauro rientra a Voltaggio 17/07/2014

Gavi, al lavoro due ditte sotto inchiesta. Una finanzia il PD 14/07/2014

Sono arrivati a lavorare altri amici della ‘ndrangheta 02/07/2014

Sul cantiere di Voltaggio e sui nostri politici 30/06/2014

Tav, fermo cantiere Genova-Milano: mancano requisiti antimafia a ditta 29/06/2014

Stop al cantiere del Terzo Valico “Non è in regola con l’antimafia” 29/06/2014

Bloccato il cantiere di Voltaggio. Per infiltrazioni mafiose? 27/06/2014

Bloccati cantieri Lauro. Fuori dalla nostra terra 24/06/2014

A Novi appalti del Terzo Valico agli amici del PD di Muliere 15/05/2014

Ecco il lavoro che porta il Terzo Valico (Speciale della redazione di notavterzovalico.info) 07/05/2014

Appalti Terzo Valico, ancora ditte da brividi 02/04/2014

Condannati gli uomini del Cociv per i reati ambientali nel Mugello 24/03/2014

Scoperto chi lavora nel cantiere di Radimero ad Arquata 25/02/2014

Nuovi intrecci con il malaffare per le ditte del Terzo Valico 18/02/2014

Abbiamo offeso l’onorabilità del Cociv 07/02/2014

Ci mancavano solo le mani della camorra sul Terzo Valico 24/01/2014

Le mani della ‘ndrangheta sul Terzo Valico 22/01/2014

Da Arquata a Tortona: siamo con voi! 02/10/2013

Contro le mafie, contro il Terzo Valico 30/09/2013

Lauro Spa: criminali che si aggirano per Voltaggio 26/09/2013

Arquata Scrivia: un bel posto dove seppellire rifiuti tossici? 09/08/2013

L’impresa delle mega-frodi fornirà il cemento del Terzo Valico 08/08/2013

Ruspe bruciate a Serravalle, puzza di ‘ndrangheta 31/07/2013

Ecco un’altra ditta dei soliti noti 03/06/2013

Un boss a Castelnuovo 23/04/2013

Terzo Valico, ancora ditte impresentabili 19/03/2013

Cosa loro – Sulla firma del “protocollo per la legalità” 21/12/2012

NdrangheTav 14/10/2012

La mafia non esiste! 11/10/2012

C’è da mangiare anche per Lunardi…quello per cui con la mafia bisogna convivere 12/09/2012

Nelle mani dei banditi 10/09/2012

Comune di Novi, ansia da prestazione 20/08/2012

Bpm, arrestato Massimo Ponzellini per i finanziamenti a Corallo 29/05/2012

1991 /2012 – con Ponzellini si aggiunge un ulteriore tassello 30/05/2012

Alessandria – Gli affari della ‘ndrangheta. Non ci siamo capiti! 19/09/2011

Alessandria – Gli affari della ‘ndrangheta 05/09/2011

«In questo mondo veloce come il vento, dovremmo correre anche noi»: la lezione politica dei No Tav

http://www.orticalab.it/In-questo-mondo-veloce-come-il

Antonio Iannaccone è un giovane avellinese ricercatore in sociologia. “Come il vento: il capitale sociale online dei No Tav” è un libro che nasce dai suoi studi sul movimento che, per oltre un quarto di secolo, si è opposto allo sviluppo dell’alta velocità. Un percorso che, lungo i binari dell’antagonismo, conduce al più ampio orizzonte dei temi connessi alla trasformazione dello spazio democratico. «La chiave è il dialogo, soprattutto tra le generazioni: gli adulti diano ai giovani lo spazio promesso e i giovani scelgano di sporcarsi le mani. Solo così il cambiamento sarà possibile»

«Prendere contatto e guadagnare la fiducia dei membri del Movimento NoTav non è cosa semplice, ma non certo perché siano persone cattive, no. Nella lettura di fenomeni quali sono i movimenti di protesta e contestazione dal basso, in questi anni cresciuti in termini di consistenza e diffusione, è sempre necessario ed opportuno rifuggire le semplificazioni. In realtà, la loro grande cautela nell’entrare in relazione con persone sconosciute nasce da passate esperienze di tentate infiltrazioni da parte di persone magari favorevoli alla TAV oppure uomini delle forze dell’ordine che cercavano di carpire informazioni sull’organizzazione interna al gruppo o sulle azioni in programma».

Da Avellino alla Val di Susa passando per Verona: Antonio Iannaccone è un giovane avellinese, dottore in Sociologia e Ricerca Sociale. Ha conseguito il suo dottorato di ricerca all’Università degli Studi di Verona: è stata quella esperienza ad averlo messo sulle tracce del movimento che, da oltre 25 anni, opponendosi alla realizzazione dell’Alta Velocità Torino-Lione esprime, in un certo qual modo, il proprio antagonismo ad un determinato modo di vedere il mondo ed il suo avvenire. È stato da questo incontro, accademico e umano, che è nata la pubblicazione “Come il vento: il capitale sociale online dei No Tav”. Un lavoro che, lungo i binari del treno ad alta velocità e dei suoi oppositori, conduce all’assai più ampio orizzonte della complessità di questo tempo, della delicatezza delle sfide che le sue trasformazioni pongono al nostro vivere, non solo sul fronte dell’organizzazione politica.

«Per il movimento No Tav la rete è uno strumento fondamentale: non solo per la comunicazione interna ma anche per poter accrescere la propria base e, cosa non meno importate, per entrare in connessione con altri movimenti di protesta che partono, analogamente dal basso, come quello No Triv. Il filo conduttore che tiene unite tutte queste esperienze, del resto, è la rivendicazione di una maggiore apertura dei processi decisionali: l’idea è che le istituzioni non possano decidere autonomamente, prescindendo dalle volontà dei cittadini, che chiedono, invece, di essere coinvolti in nome dei valori della democrazia partecipata o deliberativa».

Insomma, quella dei No Tav è stata per oltre un quarto di secolo una sfida al sistema passata attraverso forme di pressione e deviazione dei processi decisionali, con l’effetto ultimo, più o meno consapevole e dichiarato, di agire sullo spazio stesso della democrazia e le dinamiche di partecipazione e rappresentanza. «Al movimento che per quasi trent’anni s’è opposto all’alta velocità, e che ha avuto il suo nucleo originario per ovvi motivi in Val di Susa, vanno riconosciuti dei risultati, nel senso che è stato in grado di, in qualche modo, rallentare, deviare, influenzare l’incedere del processo. Ma si è trattato di risultati parziali per l’assenza di un elemento di fondo e secondo me fondamentale: il dialogo. Un limite che, però, non è solo del movimento. In questo senso responsabilità si rintracciano anche sul versante istituzionale. Il dialogo, in generale, ritengo che in questo tempo in cui le forme di contestazioni si fanno, appunto, sempre più numerose sia un elemento imprescindibile e necessario alla costruzione di un orizzonte diverso».

Ecco cosa insegna lo studio dell’antagonismo No Tav diffuso attraverso il web, quest’ultimo inteso come strumento di comunicazione e di diffusione libera di informazioni, per mezzo del quale diviene altresì possibile restituire un quadro rovesciato della rappresentazione dominante della realtà: il non più rinviabile bisogno di ridefinire lo spazio politico-istituzionale “tradizionale”. In un mondo sempre più veloce, stare al passo coi cambiamenti vuol dire rifuggire dalle semplificazioni, senza mai temere le contaminazioni.

«Lo studio del movimento No Tav dimostra quanto in realtà questo mondo sia variegato e talora distante dalle rappresentazioni che ne sono restituite dai media tradizionali, coi quali essi hanno un rapporto non proprio lineare. I No Tav non sono tutti delinquenti o facinorosi, per quanto sia innegabile l’esistenza di frange di violenti che abbiano cercato di strumentalizzarne la causa e l’esistenza. E poi c’è l’elemento sociale e generazionale nel senso che nel recinto del movimento, in maniera più o meno continuativa, sono racchiuse persone della più varia estrazione socio-culturale oltre a generazioni tra loro anche molto distanti anagraficamente». Una vera e propria comunità nella comunità che, tra le altre cose, insegna il valore aggiunto del confronto tra generazioni, elemento invece mancante nella politica, appunto, “tradizionale”.

«Nel discorso pubblico dominante i giovani sono una delle categorie più spesso chiamate in causa: a loro viene demandata la costruzione di un futuro che, in realtà, finisce più spesso per trasformarsi in un tempo indefinito, destinato a non arrivare mai. Il protagonismo di chi è giovane viene sempre rinviato ad un domani che non si comprende bene quando dovrebbe arrivare, negando di fatto quella centralità che, a parole e un po’ in tutti gli ambiti, viene loro attribuita. In realtà, il tempo dei giovani è qui ed ora. In alternativa, continuando a marginalizzarne le potenzialità, il valore e a mortificarne le aspettative, questo futuro non arriverà mai come non arriverà mai l’assunzione di responsabilità richiesta dal mondo adulto».

E questo vale per tutti gli ambiti dello spazio pubblico in Italia e, ancora di più, in un’Irpinia che continua, inesorabilmente, ad invecchiare. «Dovremmo smetterla con questo luogo comune che dipinge i nostri ragazzi come tutti disinteressati e disimpegnati: c’è una schiera, silenziosa e sconosciuta, di giovani e giovanissimi che s’impegna in tanti settori, senza che nessuno neanche se ne renda conto. È però normale che, in un contesto bloccato, senza possibilità di veder realizzate le proprie aspettative e soddisfatti i propri sacrifici di studio e formazione, i ragazzi sono portati a scartare a priori l’idea di restare in un territorio che sembra non aver niente da dire o da offrire alle loro esistenze».

Uno sforzo da compiere in un’ottica di dialogo corresponsabile questo cambiamento dovrebbe essere bidirezionale. «Se, da un lato, gli adulti sono chiamati ad essere più coerenti e consequenziali rispetto alle proprie dichiarazioni di principio, dall’altro i giovani dovrebbero essere più determinati nel prendersi lo spazio che viene loro attribuito solo sul piano teorico. Anche su questo fronte ci sono tanti luoghi comuni da abbattere e superare: basta dire che la politica fa schifo, che tutto è inquinato e dunque per salvaguardare la propria integrità è preferibile tenersi da parte. Senza mettersi direttamente in gioco non è possibile pretendere alcun cambiamento: c’è bisogno del contributo di tutti per invertire la tendenza di declino che abbiamo intrapreso. In questo senso ritengo emblematica la storia della mia famiglia associativa: l’Azione Cattolica. Questa decise, negli anni Settanta, di non essere più collaterale ad alcun partito. Bene: una scelta condivisibile in quanto garanzia di equidistanza e laicità nella partecipazione alla vita politica. Il vero problema è che quella scelta, negli anni, si è tradotta in una forma di pigrizia politica che oggi ci ha resi tutti spettatori inermi. Ma questo è solo uno dei tanti possibili esempi che potrebbero essere, in tal senso, addotti».

Ecco dunque una possibile chiave di lettura del futuro che trae lucidamente linfa nel presente e, perché no, dall’osservazione ravvicinata di una modalità di occupazione dello spazio pubblico antagonista dei processi di partecipazione tradizionali. «Questo mondo ha scelto la velocità: continuare a negarlo o continuare ad interrogarsi su questa dimensione è inutilmente retorico. Bisognerebbe piuttosto attrezzarsi per poter in qualche modo agguantare i cambiamenti in atto ed elaborare gli strumenti utili ad interpretarli: sarebbe un altro modo per ridurre le distanze tra le generazioni e innescare un meccanismo virtuoso di reale corresponsabilità. Perché il futuro è qui e ora: noi, anche qui in Irpinia, dovremmo avere la forza ed il coraggio di agguantare il treno veloce sul quale esso viaggia»

UN AN APRES LES DJIHADISTES N’ONT PAS DESARMES ! ATTAQUE CONTRE LE PARLEMENT BRITANNIQUE … ET AU CENTRE DE DAMAS !!!

Luc MICHEL/ En Bref/ 2017 03 22/
Les coupables sont les djihadistes.
Mais les responsables sont ces gouvernements et ces services de l’OTAN (les turcs au premier rang) qui ont joués le « scénario du diable » avec ces djihadistes contre les gouvernements de Kadhafi (février 2011 à octobre 2011 … et avant) et de Bachar al-Assad (depuis 2011). 
58d291b2cd70a15c9a4df3a6
LES METASTASES D’AL-QAIDA ALLIEES A L’OTAN
QUI FRAPPENT CES JOURS-CI EN PLEIN DAMAS !
En ce moment, juste en ces jours-ci, Al-Qaida en Syrie – cet al-Qaida dont on nous répètait depuis 2001 qu’il était le mal absolu – le Jabaat al-Nusra rebaptisé « armée de la reconquête », allié à la soi-disant « Armée syrienne libre » et protégée des turcs et de l’OTAN, sans oublier les saoudiens, qataris et autres jordaniens (vous savez ce pays qui préside la commission des droits de l’homme de l’ONU avec le prince Zeif et donne des leçons à Damas, Bujumbura ou Kinshasa), mène une attaque terroriste en plein Damas ! Le cœur historique de Damas, la place des Omeyades et sa grande mosquée, étant sous la frappe des mortiers des katibas terroristes !!!
* Lire sur LLB/AFP
Attaque terroriste à Londres: une femme décédée, plusieurs blessés graves (DIRECT)
ARRETONS LA GRANDE COMEDIE ATLANTISTE DE LA SOI-DISANT ‘GUERRE AU TERRORISME’ !
Arrêtons la grande comédie de la « guerre au terrorisme », style des commémorations du métro de Bruxelles ce matin ou des paras dans le centre de la capitale belge ! On peut pas condamner à Londres, Bruxelles ou Paris ce que l’on accepte à Damas (voir les commentaires jubilatoires de Libé par exemple sur l’attaque au cœur de la capitale syrienne).
Il n’y a qu’une seule guerre contre le terrorisme djihadiste : celle des présidents russe Poutine, syrien al-Assad et tchadien Idriss Deby Itno. Ces présidents qui défendent en première lignre nos libertés …
Luc MICHEL
# Voir aussi sur ce dossier sur PCN-TV/ 
DAMAS. 1er DEC. 2014 : 
LUC MICHEL ANNONCE UN 11 SEPTEMBRE EN EUROPE !
# SUIVEZ AUSSI LUC MICHEL SUR TWITTER !
* Luc MICHEL PCN
@LucMichelPCN
Mes Réseaux :
PCN-NCP / MEDD-RCM / NNK / ELAC / 
SYRIA COMMITTEES / PANAFRICOM /
EODE / AFRIQUE MEDIA
* Allez vous abonner !

Martin McGuinness video

Il funerale di Martin McGuinness, comandante dell’IRA, eroe della resistenza nordirlandese fino  all’accordo di pace del 1998 che avrebbe portato un’apparente pace, ma nessuna soluzione ai problemi sociali e civili della comunità repubblicana e tanto meno alla questione storica della riunificazione nazionale.
Martin McGuinness, nonostante i dissensi di coloro che non hanno accettato gli accordi, resta profondamente nel cuore della comunità repubblicana. Il suo contributo alla resistenza, al risveglio delle coscienze, è incancellabile.
Era un mio amico e ha salvato me e la mia documentazione della Domenica di Sangue dal  tentativo degli stragisti britannici di liquidarci.
Ricordo anche il mio articolo: “A Martin s’è spezzato il cuore, all’Irlanda la speranza”, in www.fulviogrimaldicontroblog.info e in Facebook.

VOICI LE VRAI VISAGE DES SOLDATS FRANÇAIS EN AFRIQUE QUE MARINE LE PEN EST VENUE SOUTENIR

 

CE 22 MARS A NDJAMENA : PREVOTE ET JUSTICE AUX ORDRES POUR LES VIOLEURS DE CENTRAFRIQUE !

PANAFRICOM/ 2017 03 22/

 sangaris-450x270

La date de la venue de la candidate néofasciste au Tchad pour soutenir les soldats français en Afrique n’a pas été choisie au hasard. Elle fait partie de la promotion de ces soldats de la Françafrique ! Le Pen va rencontrer ces soldats le jour même où dans l’affaire des Viols en Centrafrique, le parquet requiert un non-lieu pour les soldats français de la Sangaris ! Impunité, enquête de la prévôté militaire sous influence, justice aux ordres et campagne de presse bien organisée !

Le parquet de Paris demande en effet un non-lieu dans l’enquête visant des soldats français de l’opération Sangaris en Centrafrique accusés de viols par des enfants en 2013 et 2014. L’enquête en question a été clôturée en décembre, sans mise en examen. Pour le parquet, « il ne peut être affirmé à l’issue de l’information qu’aucun abus sexuel n’a été commis sur ces mineurs » (sic). Pour autant, les éléments recueillis et « la variation des témoignages ne permettent pas d’établir des faits circonstanciés et étayés à l’encontre des militaires qui ont pu être entendus comme mis en cause dans ce dossier » (sic), a indiqué mardi 21 mars à l’AFP une source proche du dossier. Résultat : des violeurs impunis, qui resteront dans l’armée, et des enfants dont la souffrance est niée. Parlons franchement parce qu’ils sont noirs ! Car en France comme dans toute l’UE, au contraire, la parole des enfants dans les affaires de viols pédophiles est privilégiée …

Pour les soldats violeurs, l’impunité est la règle en France : « Depuis cette affaire, d’autres accusations ont été portées contre des militaires étrangers intervenant en Centrafrique, dont des Français. Une enquête du parquet de Paris est en cours après un signalement de l’ONU sur des soupçons d’agressions sexuelles sur trois mineures, entre 2013 et 2015 à Dékoa, toujours en Centrafrique. Une autre enquête à Paris a été classée sans suite ».

LM / PANAFRICOM

* Lire sur JA :

http://jeuneafrique.us2.list-manage.com/track/click?u=6f73d53fb63e8c665c4e3800d&id=3e96ad64c5&e=7110708503

# PANAFRICOM/

PANAFRIcan action and support COMmittees :

Le Parti d’action du Néopanafricanisme !

* Suivre Panafricom-Tv/

https://vimeo.com/panafricomtv

* Découvrir notre WebTv/

http://www.panafricom-tv.com/

* Voir notre Page Officielle Panafricom/

@panafricom https://www.facebook.com/panafricom/

* Aborder notre Idéologie panafricaniste/

Panafricom II – Néopanafricanisme

@Panafricom2 https://www.facebook.com/Panafricom2/

* Panafricom sur Twitter/

@Panafricom https://twitter.com/Panafricom

DAVID ROCKEFELLER EST DECEDE AUJOURD’HUI A L’AGE DE 101 ANS/ ДЭВИД РОКФЕЛЛЕР СЕГОДНЯ В ВОЗРАСТЕ 101 ГОДА …

LUC MICHEL/ ЛЮК МИШЕЛЬ/ 
2017 03 21/
tyuru
“Nous sommes sur le point d’une transformation globale, tout ce dont nous avons besoin c’est d’ue mégacrise bien organisée, et toutes les nations accepteront le Nouvel Ordre Mondial”!  — – David Rockefeller.
Il est décédé aujourd’hui à l’âge de 101 ans.
#LucMichel #LucMichelPCN
LM
ДЭВИД РОКФЕЛЛЕР СЕГОДНЯ В ВОЗРАСТЕ 101 ГОДА …
“Мы находимся на краю глобального преобразования, всё, в чём мы нуждаемся, это правильно организованный мегакризис, и все нации примут новый мировой порядок”! — Дэвид Рокфеллер.
Умер сегодня в возрасте 101 года.
Богатство не приводит к утолению жадности. 
#Рокфеллер #Богатство #жадность
* Dessin de Vitaly Podvitski.
LUC MICHEL / ЛЮК МИШЕЛЬ

A MARTIN S’È ROTTO IL CUORE, ALL’IRLANDA LA SPERANZA. IN MORTE DI MARTIN MCGUINNESS, GIÀ COMANDANTE DELL’IRA

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/03/a-martin-se-rotto-il-cuore-allirlanda.html

MONDOCANE

MARTEDÌ 21 MARZO 2017

A Martin si è rotto il cuore, all’Irlanda la speranza.

In morte di Martin McGuinness, già comandante dell’IRA.

Con Martin McGuinness sul luogo di Bloody Sunday

Il modo più efficace per distruggere i popoli è negare loro e cancellarne la comprensione della propria storia”. (George Orwell)

Erano le cinque della sera e anche in Irlanda a quell’ora si finiva di morire. E iniziava l’inganno dei vivi, di quelli che lo subirono, di quelli che lo inflissero. Erano le cinque della sera tra il 30 e il 31 gennaio 1972 e si era compiuta la mattanza di Derry, quella che poi avremmo chiamato la Domenica di Sangue. Gli U2 ci avrebbero fatto una canzone, Paul Greengrass ci avrebbe fatto un film che avrebbe perpetuato l’inganno scaricando la mattanza ordinata dal governo di Sua Maestà su qualche militare fuori di testa, Ci feci un film anch’io. Anzi, era il momento culminante di un film che avevo iniziato a girare due anni prima e che dei “troubles”, dei guai, come chiamavano la guerra di liberazione nordirlandese,.raccontava ciò che non è mai più stato raccontato. Me lo aveva montato Marco Ferreri, nientemeno. Non c’è più, disperso nei caveau delle polizie nordirlandese, irlandese e di Scotland Yard. che lo confiscarono. La mia copia andò dispersa con il resto dell’archivio di Lotta Continua, quando l’organizzazione fu uccisa dai suoi fondatori.

Alle cinque della sera gli spari del 1° Reggimento Paracadutisti erano finiti. Camminando per i vicoli di Bogside, il cuore del ghetto repubblicano, nazionalista, cattolico, irridentista, come lo volete chiamare, si udivano lamenti e imprecazioni terribili. Ogni casa trasudava il dolore per la perdita di un figlio, un padre, un marito, un fratello, un amico. Da ogni casa usciva l’urlo della verità: 14 esseri umani, inermi e innocenti, massacrati a freddo dai sicari in divisa di chi a Londra aveva ordinato che alle manifestazioni, alle proteste, agli scontri con sassi e molotov, andava posto fine. O questi “bastardi fenians” (antica definizione ingiuriosa della minoranza autoctona) si sarebbero lasciati intimidire, terrorizzare e l’avrebbero smessa di rivendicare parità con i coloni protestanti, unionisti con la Corona, classe dirigente, classe ricca. Ma anche un proletariato e sottoproletariato altrettanto escluso, ma fanatizzato dall’illusione di essere della stessa “razza” dei padroni, nel giro nobile, comunque non quello degli ultimi. Destino tragicomico dei sudditi operai dei signori colonialisti.  Avrebbero, i cattolici, rinunciato a chiedere lavoro, case che non fossero “match boxes”, accesso alla pubblica amministrazione, alla sanità, a scuole decenti e non britannizzate, la fine delle sevizie degli “Special B”, il corpo di picchiatori della polizia, e quella degli incursori e piromani unionisti dai quartieri dove sventolava l’Union Jack.

O, se non l’avessero capita, testa dura quella degli irlandesi, in  lotta contro il colonizzatore da oltre due secoli, che lo scontro da civili contro le forze d’occupazione si militarizzasse pure. Che tirassero fuori dalle vecchie pagine di storia – ultima insurrezione dell’IIRA negli anni ’50 – la fanfaluca dell’Irlanda unita e da sottoterra le vecchie spingarde. Per l’esercito di Sua Maestà sarebbe stata un passeggiata e la simpatia del mondo verso chi brandiva miseria, discriminazione, apartheid, repressione, volontà di riscatto, si sarebbe tramutata in revulsione verso i “terroristi” dell’IRA. Vecchio trucco. Che non funzionò, neanche dopo vent’anni, dato che era la lotta di un popolo. Funzionò solo quando una delle due parti accettò di disarmare. La parte di Martin McGuinness.

Alle cinque della sera  stavo davanti a una tazza di tè, accanto a un camino, in una “casa sicura”, nelle parti di Free Derry dove l’esercito di occupazione non osava penetrare. Sullo schermo un Tg esibiva un tronfio e arrogante generale, tronfio e arrogante come solo i generali sanno essere, quelli anglosassoni poi… Generale Ford, comandante in capo delle forze britanniche in Nordirlanda, cosa cazzo stai dicendo? Che a ignari e pacifici parà i cecchini dell’IRA avevano sparato dai tetti (neanche un ferito tra i militari) e che i parà a malincuore avevano dovuto difendersi, rispondere ai terroristi? Che pare ci siano alcuni feriti…..

Dopo la mia esperienza di inviato di guerra in Palestina, Guerra dei Sei Giorni del 1967, dove si raccontava di un popolo, qui insediato dalla Bibbia, a rischio di essere gettato in mare da sbrindellate armate arabe, mentre invece il suo esercito, il quarto al mondo, radeva al suolo villaggi con i vivi dentro, pensavo di essermi corazzato rispetto alle verità dei padroni. Ma qui la faccia tosta arrivava al sublime e ti insegnava che di quelle “verità” non devi fidarti mai, che il padrone, il dominatore, il capitalista mente sempre e sempre per la gola. La sua gola di antropofago.

McGuinness nei giorni in cui mi salvò dai parà.

A quel punto era necessario salvare le mie foto e registrazioni audio. Documentavano tutto, il corteo pacifico dei 20mila, l’irruzione del battaglione parà sulla coda della marcia, dai primi agli ultimi spari, il panico, la folla disperata o furibonda in fuga, le urla delle donne, le bestemmie e gli insulti degli uomini. Le teste fracassate, le pance bucate, i colori del viso che diventavano gialli e poi bianchi, il pilastro scheggiato dalla pallottola sopra la mia testa, i buchi nella finestra mentre scattavo foto e che erano la reazione della carabina Sterling di uno degli assassini.

C’era il parà che, ginocchio a terra, prende la mira, il ragazzo di 16 anni, Jack Duddy, che fermo, a braccia aperte, come inciso nell’aria, non ci credeva e la pallottola la becca nel cuore, crolla, sbianca. Piovono raffiche, ma siamo tutti lì attorno a lui che scolora, a occhi spalancati come attoniti, il prete eroico, l’infermiere eroico, un vecchietto eroico, per soccorrere, indifferenti alla morte che stava loro addosso. Lo sollevano, lo portano via a braccia, braccia penzoloni, curvi per schivare gli spari che continuano. Io sparo scatti su scatti contro gli spari su spari. Su Jack e poi su Barney, su Jim, su Patrick…..Oggi una di quelle foto ci saluta da una facciata, quando entriamo a Derry, ancora “free”.

La radio militare, intercettata dai ragazzi di un’IRA allora nascente a Derry, aveva ordinato di “arrestare quel fotografo straniero, utilizzando qualsiasi mezzo necessario”.  Mettere le mani sul materiale che avrebbe potuto incriminare, non solo soldataglia abbrutita, ma un governo, un’eccellenza dell’Occidente civile. La stampa internazionale, accorsa per la manifestazione dei diritti civili più grande dall’inizio della rivolta, era stata confinata nella cittadella protestante, dietro le barriere tirate su dall’esercito. Non doveva vedere, raccontare. Ma noi giornalisti poveri abitavamo tra le famiglie del ghetto, eravamo già al di qua della barriera, avevamo visto, potevamo raccontare. Qualcosa di diverso di quanto blaterato dal generale Ford. Dovevamo essere fermati, i materiali sequestrati.

Conoscevo Martin McGuinness, neanche vent’anni, già capo della brigata di Derry dell’IRA Provisional. La serietà e l’allegria di un combattente antico e giovane. Un carisma sconfinato. Era una notte buia e tempestosa, consentitemi la citazione banale, ma appropriata. Per la nebbia non si vedeva a tre metri dalla macchina. Una fortuna. Per vie secondarie, carrarecce, tratturi, fendendo una nebbia che ci occultava ai britannici, Martin mi portò alla vicina frontiera con la Repubblica, contea di Donegal. Scambio di vetture e accompagnatori, efficienza che avrebbe mantenuto in piedi la resistenza fino al 1998, Venerdì Santo, accordo del disarmo e della “pacificazione”. E oltre. E così che, dai giornali e dalla tv di Dublino, una verità altra, rispetto a quella del generale serial- e masskiller, potè raggiungere il mondo e far capire, a chi a capire era disposto, “di che lacrime grondi e di che sangue” il monopolio della forza dei padroni che si proclamano Stato. Il loro.

Nel corso della mia lunga frequentazione di quel popolo indomito, la più lunga lotta anticoloniale della storia umana, Martin McGuinness l’ho incontrato tante volte. Mi informava, mi faceva conoscere cose, aspetti, compagni partigiani, il capo di Stato Maggiore a Dublino, allora McStiofain, la sua bellissima mamma che mi cucinava l’arrosto di agnello. Mi ha onorato della sua fiducia. Gli ho voluto bene anche dopo che le scelte, più del gran capo Gerry Adams che sue, avevano contrapposto la sua visione su ciò che sarebbe stato bene, per la sua comunità e per l’Irlanda tutta, alla mia e a quella di coloro che ritennero  di mantenere fede al giuramento di liberazione, al poeta combattente Bobby Sands e ai suoi dieci compagni, morti, avvolti in coperte luride, dopo due mesi di sciopero della fame, per non essersi fatti travestire e degradare da criminali comuni. Come alle migliaia di martiri dell’unità, dell’identità, della libertà.

Bobby Sands e Nelson Mandela

Un quarto di secolo di lotte, dopo due secoli di lotte, dopo la carestia – “disastro naturale” come i tanti manovrati dai potenti – a metà dell’800, che aveva dimezzato, tra morti ed emigranti, la popolazione d’Irlanda perché abbandonata al morbo delle patate, mentre i latifondisti inglesi si arricchivano con l’esportazione di ogni bene irlandese. Dopo la mutilazione della nazione, con la negazione dell’indipendenza alle sei contee del Nord. Dopo Bobby Sands e i suoi compagni assassinati da Margaret Thatcher. Dopo una storia infinita di sogni e sangue, di sopportazione al limite del sovrumano, non poteva finire così. Con un governo provinciale fantoccio a Belfast, comandato a distanza da Londra e in cui gli schiavisti d’antan e di sempre dividono un potere vernacolare con gli schiavizzati di ieri e di sempre. Perché nelle condizioni di vita, nelle privazioni sociali, nella subalternità politica, nello spadroneggiare degli unionisti (a cui non si è chiesto di disarmare!) nulla è cambiato. 

Qualche serie di casette a schiera in più. Un posto da subalterno in polizia, o nell’amministrazione. Le strade rattoppate. I pub riverniciati. Le scuole alla pari. Ma sempre, come ribadiscono episodi che ricorrono oggi come ieri, a rischio di teppisti unionisti armati.

Martin McGuiness ne era diventato il co-premier accanto ai proconsoli di Londra, gli unionisti orangisti, dichiaratamente fascisti, di Ian Paisley. Se il cuore di un combattente temprato come lui non ha retto, a soli 66 anni, penso di poter immaginare che sia stato anche per quella resa, per quell’Irlanda verde e unita sparita dall’orizzonte, per quell’inchino alla regina, per la rabbia di tanti, per i sogni di gioventù, per dover affrontare nella sua Derry gli sguardi di dolore e di sgomento dei suoi, di coloro di cui a vent’anni aveva impersonato la dignità e la certezza della vittoria. Per dover collaborare, con padroni e nemici di una vita, alla persecuzione e repressione di quanti, nel Nord, soffrono esattamene come prima e di coloro, suoi compagni d’un tempo, che insistono a non arrendersi e continuano a chiamarsi IRA, Real IRA, Continuity IRA, come nei secoli.

Gerry Adams se ne è andato al Sud, nella Repubblica. Sinn Fein, il partito che si diceva braccio politico dell’IRA, è diventato braccio politico di una tenue socialdemocrazia sud- irlandese che, irritata dalla Brexit, sogna di proseguire un boom, che è tutto del capitale e delle multinazionali, restando nell’UE, nelle fauci di chi macina nazioni e classi subalterne..

Il 24 gennaio 2013 moriva Dolours Price. Militante repubblicana, non era ancora una volontaria dell’IRA Provisional quando la portai in Italia, per un giro di conferenze nelle università. Lei e la sorella Marian, nel 1973, misero bombe al palazzo di giustizia di Londra, l’Old Bailey. Un atto simbolico, non ci rimase nessuno. Ma furono condannate all’ergastolo, poi ridotto a vent’anni. Accusò Adams di tradimento, di aver addirittura negato di essere stato capo di stato maggiore dell’IRA. Per questo, denunciò, fu minacciata da elementi del Sinn Fein. Morì per un eccesso di barbiturici, senza aver mai dato segni di volontà di morte, combattiva più che mai. Non ci furono indagini.

Se oggi giri per i quartieri delle opposte comunità, trovi che non è cambiato niente. A Falls Road di Belfast come a Derry, repubblicani, a Shankill Road come a Coleraine, unionisti, gli stessi murales, gli stessi vessilli, le stesse invocazioni di giustizia, le stesse accuse di repubblicanesimo, gli stessi simboli e ricordi di guerra. Hai voglia a parlare dell’accordo del Venerdì Santo 1998, Good Friday, qui in sostanza non è cambiato niente. Ci sono ricapitato l’anno scorso, per deporre all’ennesima inchiesta su Bloody Sunday, stavolta condotta dalla polizia nordirlandese, figurarsi. Già i militari della strage si sono rifiutati di deporre e nessuno li condannerà mai. Tanto meno i mandanti. Il mio avvocato e grande amico, Ciaran, che è anche il legale di molti prigionieri repubblicani e di coloro che dai filo- britannici sono stati offesi,  mi ha portato in giro per tutta Belfast. Pareva il 1970, o 80, o 90.

A Derry ci sono tornato per il 45° anniversario della Domenica di Sangue. C’ero stato, invitato dal Comitato delle Famiglie delle vittime, nel 1992, al ventesimo anniversario. Al 30° no. Niente invito, c’era stata la “pacificazione” e uno come me, che agli inglesi, nuovi partner, le palle le aveva rotto parecchio, avrebbe stonato nell’atmosfera della pacificazione. Stavolta sono  stato invitato dai “dissidenti”, gli “Artisti di Bogside”, Tom Kelly, suo fratello William (morto da poco) e Kevin Hasson. Sono gli autori dei più bei murales di Derry, compreso quello tratto dalla mia foto di Jack Duddy. Vanno in giro per il mondo a far raccontare ai muri dolori e onori degli oppressi, infamie e ottusità degli oppressori. 

Anche a Derry non è cambiato niente. La povertà è la stessa di allora, la gente più malmessa, il corteo della ricorrenza ancora combattivo, ma senza sorrisi. La brutta, la tragica novità è la spaccatura all’interno di una comunità che era rimasta compatta a dispetto di tutto. I cambiamenti, le svolte, le “innovazioni” di Gerry Adams non sono passati. Non nella maggioranza. Così Adams la sua cerimonia l’ha fatta quasi da solo, davanti all’ingresso di “Free Derry”, attorniato da pochi. Nel corteo per il solito percorso, dal verde della collina di Creggan alla valle delle casette “match box” di Bogside, c’erano tutti gli altri, con le bandiere dell’Irlanda unita.

Solo la mattina, davanti al cippo con i nomi delle vittime, s’è vista un po’ di unità. Gli stanchi, gli irriducibili. E qui c’era anche Martin McGuinness. Si era dimesso dal governo di Stormont (così si chiama il palazzo a Belfast), un po’ perché gravemente sofferente di cuore, ma anche perché la collega, co-premier della destra-ultrà unionista, era rimasta coinvolta in uno scandalo immobiliare e non si voleva dimettere. E forse, ancora, per cose più profonde. Che quella mattina segnavano il suo viso pallido.

Ci siamo visti e, mentre venivano pronunciati dal cippo i nomi dei 14 caduti, ci siamo abbracciati. Ho abbracciato il ragazzo che difendeva Derry. Anche quella volta in cui salvò me e la documentazione della strage di Stato. Un ragazzo che oggi non ce la faceva più, sotto il peso di tante cose. Gli ho detto, sapendo di come il tempo passa sopra le fisionomie: “Sono Fulvio”. E lui: “Ma so bene chi sei, lo saprei anche fra cent’anni”. “Come stai?” “Mica tanto bene, vieni a casa più tardi?” Non ci fu il tempo. Ero con dei ragazzi di Roma che giravano un documentario sui murales, su Derry, su me testimone.

Sono contento di averlo rivisto, Martin, e mi prende una stretta mentre lo scrivo. Ha tenuto duro per tanti anni. Per tanti anni è stato una bandiera. Non ha mai né rinnegato, né occultato il suo ruolo di combattente. Questo, più che altro, resterà di lui a Derry, in Irlanda, accanto a James Connelly, a Bobby Sands. Chi sono io per non condividere un frammento del dolore che ha portato a spezzarsi il suo cuore?

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 23:22

DOPO I SACRIFICI PER ENTRARE NELL’EURO E I SACRIFICI PER RESTARE NELL’EURO, I SACRIFICI PER USCIRE DALL’EURO

k1426303La cronaca “europea” della scorsa settimana è stata segnata dalle dichiarazioni, poi parzialmente rimangiate, del cancelliere tedesco Angela Merkel su una “Europa a due velocità” da formalizzare già al prossimo vertice di Roma. I media hanno sbrigativamente tradotto le posizioni della Merkel con l’ossimoro di una “doppia moneta unica”, una per i Paesi del nord ed un’altra per i Paesi del sud. Non sono mancati i consueti commenti circa l’influenza della campagna elettorale in Germania su questa presa di distanze della Merkel dalla consueta dogmatica dell’Unione Europea.
In realtà i Tedeschi sono scontenti dell’UE perché gli è stato fatto credere che il crollo dei loro redditi sia causato dalla necessità di sacrificarsi per soccorrere i cosiddetti PIIGS. Dato che così non è, alla Merkel basterebbe consentire un aumento dei salari in Germania per fare tutti contenti, all’interno come all’esterno. Un aumento della domanda in Germania stimolerebbe l’economia dei Paesi UE più in difficoltà ed il contestuale aumento del costo del lavoro nella stessa Germania renderebbe le merci tedesche un po’ meno competitive, diminuendo così il destabilizzante surplus commerciale tedesco.
Ma ciò non accadrà, poiché l’UE non era affatto nata per favorire l’integrazione economica dell’Europa. Gli interessi erano soltanto finanziari e militari. La deflazione causata dall’euro rende più forti i creditori nei confronti dei debitori, e quindi va a favore delle multinazionali finanziarie. Gli USA sono stati determinanti nella nascita dell’euro e nella sua conservazione, poiché l’euro consente di compattare in funzione anti-russa Paesi che, come l’Italia, rischiavano di farsi risucchiare economicamente nell’orbita della Russia. Sino a qualche anno fa gli USA erano disposti a pagare il prezzo salato che l’euro comportava in termini di depressione dell’economia mondiale. Pare che non siano più disposti oggi, dato che le merci tedesche hanno invaso il mercato statunitense a causa della sottovalutazione dell’euro rispetto all’effettivo potenziale dell’economia della Germania. D’altro canto il presunto “disimpegno” americano in Europa potrebbe davvero cambiare qualcosa? E’ vero che gli USA non sono riusciti a mettere Putin all’angolo, che i costi dei loro impegni militari sono mostruosi, ma sembra esserci la necessità di una riorganizzazione della gerarchia internazionale senza la quale il “protezionismo coloniale” avrebbe qualche difficoltà. Senza una ostentazione di forza militare da parte degli USA, altri paesi potrebbero rispondere a loro volta col protezionismo. Certo è che l’UE e l’euro sarebbero travolti non tanto dai dazi ma da una svalutazione del dollaro che, per ora, non è arrivata.
Non sarebbe comunque la prima volta che gli USA distruggono ciò che essi stessi hanno creato perché non gli fa più comodo. Nel 1919 il presidente USA, Woodrow Wilson, impose la nascita della Jugoslavia per impedire all’Italia il controllo del Mare Adriatico. Per sostenere la sua posizione Wilson non esitò ad accusare l’Italia di imperialismo (per la serie del bue che dice cornuto all’asino). La stessa Jugoslavia negli anni ‘90 è stata poi distrutta dagli USA in concerto con la Germania e, grazie ad una notevole manipolazione mediatica, anche le “sinistre radicali” furono indotte a plaudire al “risveglio etnico” che dissolveva Stati che erano apparsi prima inamovibili.
Pur collocata dagli USA sul maggiore scranno della UE, la Germania non ha mai mostrato di credere realmente in questa costruzione. Nel 2003 tramontava l’illusione del governo francese di poter usare l’euro per acquistare direttamente materie prime sui mercati internazionali, poiché l’invasione USA dell’Iraq servì appunto a punire Saddam Hussein per il fatto che vendeva petrolio in cambio di euro invece che di dollari. Nello stesso 2003 il governo tedesco lanciò il piano Hartz per ridurre i salari in Germania. Il governo tedesco non si accontentava quindi del vantaggio che l’euro consentiva alle merci tedesche, ma apriva addirittura una corsa a comprimere il costo del lavoro in modo da accumulare il maggior surplus commerciale possibile.
Ciò indica che i governi tedeschi non hanno mai creduto alla sopravvivenza dell’UE e dell’euro; e che l’UE e l’euro, nati come armi da guerra contro la Russia, venivano usati dalla Germania anche per deindustrializzare il suo principale concorrente commerciale, cioè l’Italia, non a caso bersaglio preferito della Commissione Europea. La Germania non deve neanche affannarsi più di tanto per raggiungere il suo scopo, poiché ci pensa la lobby dello spread. La moneta “unica” è infatti un inganno. La moneta è composta di banconote e di debito pubblico, cioè di titoli del Tesoro: nel caso dell’euro le banconote sono controllate dalla Banca Centrale Europea, mentre i titoli del Tesoro sono ancora emessi dagli Stati, che però pagano interessi diversi. In questa tenaglia è stata stritolata la Grecia e si può stritolare l’Italia.
Risulta quindi fuori luogo la sorpresa suscitata dalla minaccia della Commissione Europea di mettere l’Italia in procedura d’infrazione per il famoso “zero virgola due”. La Brexit e CialTrump non hanno per niente indotto Juncker e colleghi a maggiore prudenza e buonsenso poiché la Commissione Europea, e l’apparato che la supporta, non si pongono affatto problemi di sopravvivenza dell’UE, ma ragionano esclusivamente in base agli interessi della lobby dello spread, cioè la lobby di finanzieri internazionali che esige alti interessi sul debito pubblico da Paesi che sono ancora in grado di pagarli, come l’Italia.
L’Unione Europea è un allevamento di lobbisti e costituisce il paradiso delle porte girevoli tra cariche pubbliche e carriere nel privato, ed il tutto è rigorosamente documentato da tempo, con dovizia di dettagli. La porta girevole che ha portato l’ex presidente della Commissione Europea, Manuel Barroso, alla dirigenza di Goldman Sachs dovrebbe costituire una preoccupazione urgente per tutti gli “europeisti”, i quali insistono invece a distrarci con voli pindarici. Ma gli europeisti non esistono, i lobbisti invece esistono, eccome. La delegittimazione delle istituzioni europee è tale che oggi la vera domanda che tutti si pongono è in quali multinazionali finanziarie concluderanno felicemente la loro carriera gli autori della lettera dello “zero virgola due”, Juncker e Moscovici.
 
A proposito di lobbisti mascherati, ci si è chiesti da più parti come si collochi l’ultima sortita del Super-Buffone di Francoforte in questo contesto di sfaldamento dell’UE. Mario Draghi farnetica di trecentoquaranta miliardi di euro di tangente da versare per permettere all’Italia di uscire dall’euro, quando ormai sarebbe evidente che è l’euro che sta uscendo dall’Europa.
 
La farneticazione del presidente della BCE contiene comunque un messaggio recondito, e cioè che la vita dell’euro dovrà perpetuarsi oltre la sua morte, con una scia di ulteriori sacrifici da imporre a lavoratori e risparmiatori.
La risposta immediata a Draghi dovrebbe essere quella di sottrarre il debito pubblico ai cosiddetti “mercati” (cioè la lobby dello spread) per usare i titoli del Tesoro solo all’interno, per effettuare i pagamenti della Pubblica Amministrazione e per mettere al sicuro il risparmio delle famiglie. Si tratta di una vecchia proposta, ripresa qualche giorno fa – non si sa quanto seriamente – anche dalla Lega. A rendere improbabile una tale misura di autonomia finanziaria non sono soltanto gli enormi rischi personali di chi dovrebbe adottarla, ma anche il fatto che lo spread e l’austerità si avvalgono di una lobby interna, tutta italiana, che lucra sugli alti interessi del debito pubblico, sul credito al consumo (e sul relativo recupero crediti), sul caporalato istituzionalizzato, sulle privatizzazioni e sull’intermediazione per la svendita all’estero dei patrimoni immobiliari. 09/02/2017