SIRIAQ, GRANDE E’ IL DISORDINE SOTTO IL CIELO. QUALCHE DOMANDA A PUTIN.

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MONDOCANE

VENERDÌ 17 MARZO 2017

 

Siriani, russi, statunitensi

I più gravi mali che l’uomo ha inflitto all’uomo sono dovuti al fatto che la gente si è sentita certa di qualcosa che, invece, era falsa”. (Bertrand Russell)

Siamo sprofondati a una tale bassezza che riaffermare l’ovvio  è diventato il primo dovere di uomini intelligenti”. (George Orwell)

Ultim’ora: Venerdì 17, Missili siriani terra-aria S-200 hanno abbattuto un caccia israeliano, parte di uno stormo che, per l’ennesima volta, attaccava obiettivi militari siriani. I jet israeliani avevano cercato di colpire concentrazioni di truppe siriane all’inseguimento di forze jihadiste dell’Isis a est di Palmira. Ulteriore prova del sostegno fornito ai terroristi da Israele, oltreché da Usa, Turchia, Arabia Saudita e Qatar. Stavolta i siriani hanno reagito. Complimenti.

Pisapia, Bersani, Fratoianni, Tsiprasiani, vendoliani… E la guerra?

Mi accingo a scrivere due cose sugli ultimi contradditori e confondenti sviluppi in Siria e Iraq.Trattasi di guerra e di una guerra che sul Medioriente imperversa da 26 anni, da quando Bush Primo ha lanciato il suo paese e relativi clienti, vassalli e sguatteri all’assalto del resto dell’umanità, a partire dagli arabi (non dai musulmani!). La premessa è: quale delle molteplici monadi sinistre che ballonzolano nel vuoto italico, Pisapia, Bersani, Fratoianni, Tsipras e chi più ne ha più ne metta, quelle che come orizzonte politico supremo hanno l’applicazione di cerotti  alle necrosi del sistema vigente, si occupa, sfiora soltanto, gli passa per la mente, la guerra? La Nato? Le basi Nato e Usa che butterano il belpaese? Le 70-90 atomiche in corso di ammodernamento qui installate? Insomma quanto gliene frega a questi scissi dell’atomo che i nostri governi ci rendono da decenni partecipi e complici di eccidi di massa,  con conseguenti spopolamenti e alluvioni migratorie? La risposta la sapete. Kermesse, convegni, conferenze di fondazione, nuovo soggetto di sinistra… e avete mai sentito un solo borborigmo di riferimento a tutto questo? E noi dovremmo votare per questi brutti e infingardi nanerottoli da giardino che non ambiscono ad altro che ad accucciarsi ai piedi dell’inciucio golpista, ossequioso alla Nato, “ForzaPD”?

Russia e Siria: d’amore e d’accordo?

Alcuni tra i più validi, preparati e informati interlocutori sul mio blog insistono a rappresentarmi le potenzialità e positività della presenza russa in Medioriente. Capisco, concordo sulle grandi linee dipanatesi finora, ma non riesco a sottrarmi al fastidioso sospetto che la realpolitik del Cremlino, che indubbiamente è stato il fattore decisivo nel frenare l’aggressività atlantica e salvaguardare una Siria azzannata da tutte le parti, possa farsi i suoi calcoli anche se non  a completa soddisfazione della Siria e del diritto internazionale.

Negli ultimi giorni si sono verificati importanti sviluppi a notevole alterazione del quadro siriano. All’avanzata dell’Esercito Arabo Siriano in direzione di Idlib, a nord-ovest e, a est, da Palmira liberata verso Der Ezzor e Raqqa, roccaforte Isis, su cui convergono anche i curdi sostenuti da centinaia di militari Usa dotati di artiglieria pesante, si è accompagnato l’accordo tra curdi e truppe siriane per la difesa di Manbij, in quel momento sotto attacco dei turchi che si erano impadroniti di Al Bab. Immediata è stata la risposta Usa: provenendo dall’alleata Turchia, una colonna di truppe e blindati Usa si è avventata su Manbij (vedi video https://youtu.be/C2jUic1vMAU).  La mossa serve a bloccare un accordo curdi-Damasco che, almeno in quell’area, impediva l’ulteriore estensione della penetrazione turca in territorio siriano e sottraeva una componente curda al controllo che gli Usa esercitano sull’intero YPG.

YPG apripista del neocolonialismo Usa

Curdi, democratici, partecipatori, femministi, socialisti, o strumento imperialista?

Dall’area detta Royava, con al centro Ain Al Arab (chiamata Kobane dai curdi), i miliziani dell’YPG, sostenuti dagli Usa, ai quali hanno permesso di installare due grandi basi, si sono allargati occupando vaste zone arabo-siriane e compiendo vere e proprie pulizie etniche, fatte di espulsioni, vessazioni, arresti arbitrari, esclusione dai rifornimenti alimentari e idrici, dalle scuole e dai presidi sanitari, distruzione delle amministrazioni locali. Comportamenti in atto da mesi e che smentiscono drasticamente il quadro elegiaco che l’inciucio destre-sinistre occidentale dipinge di una comunità curda progressista, partecipativa, femminista, multietnica. Come testimoniano numerosi arabi, anche cristiani, fuggiti da Hasakah e da altri centri invasi dai curdi, quella che occupa i loro territori è una forza brutale, razzista, sanguinaria, non dissimile dai tagliagole Isis che l’avevano preceduta. Non stupisce: i padrini morali e istruttori militari dell’YPG , come dei terroristi Isis-Al Qaida, sono pur sempre gli stessi americani, turchi e sauditi.

Come rimediare alla liberazione di Mosul? Bombardando i civili e dando la colpa a Baghdad

Rientra nello stesso quadro strategico l’offensiva vittoriosa dell’esercito e delle milizie popolari irachene su Mosul, ormai quasi interamente in mano ai governativi. Fallita la manovra mediatica “alla Aleppo”, in cui i liberatori venivano dipinti come massacratori dell’inerme popolazione chiusa nel centro storico, fandonia smentita sotto l’occhio di mille telecamere dal flusso dei fuggitivi che abbracciano e festeggiano i liberatori, rimane l’accanimento bombarolo degli Usa e della coalizione dagli Usa comandata. E’ già stato abbondantemente documentato da mille episodi che i bersagli sono raramente concentramenti Isis (a quelli pensano i russi), anzi, semmai li si agevola nelle avanzate. Picchiano su civili, infrastrutture, acquedotti, installazioni petrolifere, depositi di viveri, strade e ponti.

Conferma delle vere intenzioni di Washington, ribadite oggi dall’attacco Usa contro l’avanzata siriana verso Idlib. 70 civili uccisi nel bombardamento della moschea di Al-Jinah, a est di Aleppo. E in Iraq, da anni, si accumulano le prove video, fotografiche, testimoniali, esibite del governo di Baghdad, dei rifornimenti aerei degli Usa all’Isis.Oggi si susseguono le denunce dei bombardamenti indiscriminati della coalizione, quasi esclusivamente sui civili e quasi mai sulle cruciali linee di rifornimento del califfato.

Intanto, al tragico destino del Museo Nazionale e della Biblioteca Nazionale di Baghdad, di Niniveh, di Hatra, di Palmira, si è ora aggiunto quello del preziosissimo museo e della biblioteca di Mosul, devastati, demoliti e svuotati dai mercenari Nato di Al Baghdadi. Un patrimonio dell’umanità perso irrimediabilmente, i grandiosi tori alati, le tavolette cuneiformi, i tesori artistici e letterari di assiri, babilonesi, Abbasidi, polverizzati. L’aggressore sa che, per cancellare nazioni, bisogna estirparne memoria e identità e umiliarne voci, visioni e testimonianze nella mercificazione dei mercati d’arte.

I successi militari di siriani e iracheni e dei loro alleati (pare che i russi svolgano a Bagdad un importante ruolo nel coordinamento militare e delle comunicazioni) hanno suscitato enormi preoccupazioni nei mallevadori della frantumazione di questi paesi. I successi diplomatici  russi sono meno ingombranti, visto che poi tutto si decide a Ginevra, dove i convenuti alle tre conferenze di pace di Astana, Kazakistan – russi, iraniani, turchi e “opposizioni” – si dovranno confrontare con lo schieramento occidentale e del Golfo. Trump, non si sa se per spontaneo rovesciamento di posizioni assunte durante la campagna elettorale, o perché le pressioni del partito della guerra, ora alleato alle “sinistre e ai liberal-progressisti”, gli hanno reso difficile, o forse a rischio, la vita, sta percuotendo i tamburi di guerra come un ossesso. Altre migliaia di soldati americani in Kuwait, Iraq, Siria, dotati di armamenti adatti allo scontro con eserciti moderni e forti.

Vittorie, contraddizioni e caos

In Iraq si tratta di evitare che i successi sul califfato, che la stampa sinistro-destra deve sempre più riconoscere al preminente ruolo del già tanto disprezzato esercito iracheno e delle sue Unità di Mobilitazione Popolare, volute far passare per bande di tagliateste sciti, ricompongano un Iraq unito. Mentre sono scomparsi dalla scena i peshmerga, accozzaglia di pretoriani dei narco- e petro-trafficanti curdi, Barzani e Talibani, che da noi si volevano eroici combattenti, meritevoli di essere armati e addestrati da americani, israeliani, britannici, francesi, italiani. Non sono serviti neanche da mercenari  e quinta colonna infiltrata tra i liberatori dell’Iraq.

In Siria la fibrillazione di turchi, statunitensi e wahabiti del Golfo, tutti sponsor dei terrorismi islamisti ieri, oggi e domani, davanti alla graduale riconquista siriana, quanto meno dei territori più densamente abitati, socialmente, economicamente e militarmente significativi, ha creato condizioni inedite e ambigue. Il Trump della guerra totale all’Isis, da condurre di stretta intesa con Mosca, s’è mutato nel Trump dirazzato che si precipita con grande spiegamento di mezzi a invadere uno Stato sovrano. Il nemico comune Isis non risulta più affrontato d’intesa con i russi. E pare che gli Usa, alleati dei turchi e non dei siriani, abbiano dato il loro benestare all’iniziativa dei turchi di chiudere la diga sull’Eufrate tagliando l’acqua alla Siria. Cosa sulla quale non risulta alcuna presa di posizione dei russi, a loro volta alleati di turchi e siriani. Crimine di guerra e contro l’umanitàdi cui non pare che nessun pacifista e nessuna Onu dei diritti umani si siano adombrati.

Looking through a glass darkly

La citazione da una lettera di Paolo ai corinti, ripresa in un film di Bergman, indica che, guardando attraverso un vetro scuro, si vede tutto confuso. Bene, il vetro scuro è quello  che ci presentano oggi i vari attori sulla scena siriana.Tocca concentrarsi. Quei siriani, cui gli invasori di Trump, alleati ai turchi nemici dei curdi, vogliono impedire di difendere Manbij e i curdi da turchi e Isis; quei siriani cui deve essere impedito che possano liberare Raqqa prima che se la prendano gli invasori di Trump e i loro ascari curdi; quei siriani cui deve essere impedito di riconquistare l’area di Idlib, occupata da Al Qaida, ma anche dai turchi, i quali sono alleati degli invasori di Trump, però anche dei russi, a loro volta difensori della Siria aggredita da turchi, curdi e Usa-Israele-Nato-Golfo… Ebbene tutti quei siriani sono alleati storici e attuali dei russi, che sono però anche alleati recenti dei turchi e, un po’ sì e un po’ no, pure ci provano con Trump e con i curdi. La sintassi diventa oscura, ma oscuro assai è il quadro.

Io ai russi e a Putin ci tengo, qui come in Donbass e nel mondo intero. Guai se non ci fossero, ve lo immaginate?  Con gli americani guidati da una psicopatica sanguinaria, da un masskiller di sette guerre, innumerevoli attentati False Flag e non ricordo quanti regime change e colpi di Stato e da un bislacco col ciuffo di granturco che cento ne dice e cento ne contraddice? Quel Trump che ora si capovolge e cerca addirittura di superare la frenesia bellica del predecessore che lo vorrebbe morto e quindi andrebbe rabbonito. Ha aumentato del 432% i raid dei droni, sport assassino preferito da Obama, con 36 incursioni letali in soli 45 giorni e ha bisbocciato a Washington col secondo in successione del Re saudita Salman, dopo che il suo capo Cia, Pompeo, lo aveva già fatto col principe ereditario a Riad. Tanto per chiarire che il divieto d’ingresso ai 6 paesi musulmani riguarda i disperati che scappano da casa perché vittime dei genocidi Usa, non certo i soci grassatori miliardari dell’Arabia Saudita, compagni d’armi nello sterminio dello Yemen.

Domande rispettose a Vladimir Putin

Un interrogativo serio si pone sul ruolo dei russi nello shanghai incasinato di cui sopra. Quale è la parte in commedia di Putin? Non era il caso di piantare un casino della madonna contro l’invasione in Siria dei lanzichenecchi Usa, e prima ancora di quelli turchi, tuttora legati anima e corpo ai jihadisti e operativi di conserva con loro, che violano in maniera tanto proterva la sovranità di un paese riconosciuto  dall’ONU, oltreché da tutto il mondo, e già martirizzato da sei anni di orrori del mercenariato terrorista? Forse si pensa, che, a fare i pazienti, tornerà il giorno in cui Trump e i suoi si rivelano per quello che sembravano (e forse non erano) prima di entrare nella Casa Bianca? O che con la politica del silenzioso beneplacito si riesce a sottrarre The Donald alla canea dei licantropi Cia-Pentagono-Stato Profondo-sinistra liberal-progressista e a farlo tornare il ragionevole partner che diceva che con Assad si può convivere e con Mosca si possono fare affari?

Lassair faire, sui fronti come sui mercati?

Si crede, forse, che subendo e risubendo  tsunami di attacchi russofobici, per cui ormai non c’è malasorte occidentale che non sia determinata dai complottardi russi, isteria che da sorosiana e obamiana sta diventando collettiva, se ne possa attenuare la virulenza e riportare questi diffamatori a una ragionevolezza di cui non c’è più traccia da almeno trent’anni? Cosa si aspetta a rispondere con una controinformazione di  katiuscia, howitzer, missili intercontinentali, che illustri al colto e all’inclita le ingerenze di cui si sono resi colpevoli gli Usa dalle elezioni italiane del 1948 ad oggi, i loro crimini terroristici, i loro complotti  di destabilizzazione di Stati, le loro crisi da bulimia scaricate sugli altri, le loro 35 guerre dal 1945, eccetera, eccetera, eccetera?

E se il fratello, in soccorso del quale tanto si è fatto per evitare che gli facessero a pezzi il paese, giustamente esige che tutto il territorio nazionale venga restituito ai legittimi governo e titolati cittadini, cosa significa tirar fuori un progetto di costituzione federale, antipasto di una spartizione cara a Israele, wahabiti , imperialismo e arlecchini curdi?

E’ di queste ore la notizia che le nazitruppen di Kiev sono riuscite a ottenere dal regime il blocco totale (ferrovie, strade, rifornimenti, comunicazioni) alle repubbliche popolari del Donbass, preludio a qualcosa di molto grosso, già preannunciato dagli attentati terroristici che hanno decapitato buona parte del potenziale militare dei novorussi. Domanda maligna: per salvare capra e cavoli, si cerca di proporre un do ut des tra Novorussija e Siria? O, tornando allo scacchiere sud, è possibile che la certamente strategica importanza per Mosca del gasdotto Turkish Stream, dopo la chiusura di quello balcanico, possa far permettere ai turchi di giocarsi insieme l’alleanza con Nato e Usa, l’amicizia con i russi, il sostegno al terrorismo jihadista e la distruzione della Siria?

Capisco che si possa ricorrere alla temperanza, al far finta di niente, in virtù di un grande senso di responsabilità verso il proprio e tutti i popoli. Atteggiamento che Mosca, a fronte di infinite provocazioni, ha saputo dimostrare al mondo. Capisco che non si voglia dar corda a questi soggetti imprevedibili, scampati al manicomio criminale, che se solo ti azzardi ad alzare la paletta di transito vietato davanti alle loro colonne blindate a Raqqa e Manbij, ti scatenano l’olocausto nucleare?

Sono domande legittime, da amico ad amici. E da chi con siriani e iracheni ha condiviso casa, pasto, strette di mano, sguardi , sorrisi. E pianti.

Pubblicato da Fulvio Grimaldi alle ore 19:04

SIRIAQ, GRANDE E’ IL DISORDINE SOTTO IL CIELO. QUALCHE DOMANDA A PUTIN.ultima modifica: 2017-03-18T13:25:28+01:00da davi-luciano
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