Da “La Stampa” del 16-SET-2016

Ratificato l’ultimo trattato con la Francia
Tav, sì del governo all’avvio dei cantieri
Entro gennaio il Parlamento dovrà dare il via libera definitivo

la stampa 16-09-16

ps: da notare come si continui a dire che “sono in corso gli scavi del tunnel di base”

Il Ponte Galleggiante-Sommerso che unirà i Fiordi Norvegesi è progettato da un Ingegnere Italiano

mafia international
 
Di Matteo Rubboli – Lug 28, 2016
 
ponte galleggiante 1
Attraversare gli oltre 1.000 chilometri che separano il porto meridionale di Kristiansand sino a Trondheim, nella parte centro-settentrionale della Norvegia, significa sobbarcarsi un viaggio di non meno di 21 ore di automobile, fra traghetti e autostrade spezzettate. Il percorso è quello dell’autostrada E39, ed attraversa i fiordi norvegesi, meraviglie naturali splendide quanto scomode nell’essere oltrepassate.
 
Sotto, il Geirangerfjord:
 
ponte galleggiante 2
Un gigantesco progetto da 25 miliardi di dollari promette di dimezzare il tempo necessario all’attraversamento dei fiordi sino a circa 10 ore e mezza, un vantaggio incalcolabile per i cittadini che abitano le zone o i turisti che le vogliano visitare. Il piccolo stato nordico sta infatti prendendo in considerazione la possibilità di realizzare una serie di ponti galleggianti/sommersi, ovvero che si trovano ad una profondità di circa 30 metri sott’acqua, non appoggiando sul fondo del bacino idrico.
 
ponte galleggiante 3
Per la natura stessa dei fiordi, che sono degli invasi d’acqua salata che si spingono sino a chilometri all’interno della costa, le strade sono tortuose e scomode, e i traghetti rappresentano un mezzo di attraversamento poco veloce. Il tunnel andrebbe a far parte di un ammodernamento ultra-decennale della E39, con un tempo di realizzazione che potrebbe raggiungere l’anno 2035, fra quasi vent’anni. Il percorso avrebbe una lunghezza di circa 1000 chilometri e taglierebbe sette fiordi norvegesi compreso il Sognefjord, il più grande e famoso fiordo del paese oltre che il secondo più lungo al mondo.
 
ponte galleggiante 4
Il progetto appare avveniristico, ma è portatore di una serie di vantaggi. In primis ad una profondità di 30 metri il ponte non sarebbe soggetto alle sollecitazioni dovute al maltempo, che in quelle zone rappresenta una circostanza tutt’altro che trascurabile, mentre la stessa profondità consentirebbe alle numerose navi da crociera di continuare il proprio lavoro senza alcun tipo di limitazione. I norvegesi sono inoltre abituati a passare attraverso numerosi tunnel, ne sono presenti ben 1035 nel paese, e le gallerie subacquee attive sono già 35.
 
La struttura ha una genesi che viene da una bella storia di emigrazione italiana. L’ingegnere a capo del progetto è infatti Arianna Minoretti, originaria di Como, assunta nel 2013 da parte del governo Norvegese per studiare la fattibilità del progetto. Sotto, uno dei primi video che mostrano il progetto ricostruito con la tecnologia 3D:

GABON : L’ENQUETE DU MIDI LIBRE QUI PROUVE QUE PEAN A MENTI ! / NOTRE 2e ARTICLE SUR LE SUJET

LA BOMBE MEDIATIQUE DU ‘MIDI LIBRE’ :
VOICI LES PREUVES QUI DEMONTRENT QUE LE PRESIDENT BONGO A DIT LA VERITE SUR SON ENFANCE !
 
PANAFRICOM/ 2016 09 16/
BONGO MIDI LIBRE 2
Il est bien né avant la Guerre du Biafra, n’est pas “un orphelin adopté”. Et Péan a menti (sur ordres de qu ?) !
Le Midi Libre a retrouvé les témoins, professeurs et condisciples, de l’enfance de Bongo en France /
“Notre enquête prouve qu’entre 1965 et 1967, un enfant s’appelant Alain Bongo (il est devenu Ali en 1973 quand sa famille s’est convertie à l’islam) était bien écolier dans le Gard” …
 
Extrait : “Ses détracteurs disent qu’il ment. Pourtant, le président du Gabon a bien vécu dans le Gard. Enquête sur son passage à Alès.
“C’était le seul noir de la classe et moi j’étais le seul arabe, on nous avait assis à côté !” C’est peu dire qu’Omar Krim se souvient très bien d'”Alain, Alain Bongo”, son copain de l’école publique du Plan d’Alès (Gard). Cinquante ans après avoir porté ensemble la blouse dans cette école de garçons, il reconnaît toujours dans l’actuel président du Gabon, le petit garçon avec qui il “parlait de billes. Il aimait s’amuser, bien sûr !” Omar n’a su qu’après “qui il était. Tout le monde ne le savait pas dans la classe.”
 
* Lire sur le Midi Libre :
[EXCLUSIF] Ali Bongo, le secret de son enfance gardoise à Alès
PANAFRICOM
 

DESTABILISATION DU GABON : PEAN A MENTI SUR LA FILIATION DE BONGO !

# PANAFRICOM/

PEAN A MENTI DEMONTRE LE QUOTIDIEN FRANCAIS ‘LE MIDI LIBRE’ !

KH pour PANAFRICOM/ 2016 09 16/

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BONGO MIDI LIBRE

C’est une bombe qu’a publié le Midi Libre ce jeudi !

Tout le dossier de Péan est basé sur le mensonge. Le Midi Libre apporte les preuves de la filiation de Ali Bongo qui ne pouvait pas être “un orphelin biafrais adopté” :

Extrait : “Une polémique sur la filiation d’Ali Bongo a empoisonné la campagne de l’élection présidentielle du Gabon du 27 août. Ses opposants, reprenant des révélations du journaliste Pierre Péan, affirment notamment qu’il mentirait sur sa scolarité dans le Gard. Midi Libre apporte la preuve du contraire.

Ali Bongo, président du Gabon depuis 2009, est-il celui qu’il prétend être ? C’est-à-dire le fils d’Omar Bongo, figure de la françafrique et président du Gabon de 1967 jusqu’à son décès en 2009 ? Un fils envoyé faire sa scolarité en France et notamment à Alès, dans le Gard ? Ou bien est-il un enfant adopté à la fin des années 1960, lors de la guerre du Biafra ?

La polémique, lancinante, fait rage depuis plusieurs années dans ce petit pays d’Afrique centrale. Elle a encore empoisonné la campagne de la dernière élection présidentielle, le candidat Bongo étant mis en demeure de prouver ses origines. Il faut en effet être Gabonais de naissance pour se présenter.

Pour le journaliste Pierre Péan, c’est un petit Biafrais adopté

Dans son ouvrage Nouvelles affaires africaines, paru en 2014 chez Fayard, le journaliste Pierre Péan soutient la thèse de l’adoption d’un enfant, anglophone, au Biafra. Il taille aussi en pièce la défense d’Ali Bongo, qui affirme lui avoir été écolier dans le Gard, bien avant la guerre du Biafra (1967-1970). Les arguments de Pierre Péan ont largement été repris par l’opposition, à la tête de laquelle se trouve Jean Ping.

Notre enquête prouve aujourd’hui qu’Ali Bongo a dit vrai. Dès 1965, celui qui s’appelait encore Alain Bongo (son prénom a changé en 1973 lors de la conversion de sa famille à l’islam) étudiait bien sur les bancs d’une école publique alésienne. Nous avons retrouvé ses camarades de classe et son instituteur. Ils témoignent …”

QUI A FORGE CE MENSONGE ?

Les commanditaires de Péan sont évidemment les marionnettistes de Ping.

Et ceux qui les ont cru n’ont pas d’excuses !

Celà Luc MICHEL l’analysait en effet déjà dans son émission de géopolitique LE GRAND JEU en décembre 2014.

* Voir sur  EODE-TV :

LE GRAND JEU. AU CŒUR DE LA GEOPOLITIQUE MONDIALE:

Gabon. Une révolution de couleur africaine ?

Coproduction Luc MICHEL – EODE-TV – Afrique Media

sur https://vimeo.com/114560655

* Lire l’article complet du Midi Libre :

sur http://www.midilibre.fr/2016/09/13/exclusif-la-verite-sur-l-enfance-alesienne-d-ali-bongo-le-president-du-gabon,1393060.php

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ITALIANI IN RIVOLTA: IL 50% NON HA PAGATO L’OBOLO RAI! RENZI PER IL MANCATO PAGAMENTO RAI VOLEVA FARNE UN REATO PENALE, SE FOSSE COSI, DOVRA’ METTERE IN GALERA MEZZA ITALIA!

maledetti italiani che sono ricchi ed evasori nell’animo, come non si fa a pagare il canone che il servizio rai si guadagna così bene facendo disinformazione di regime come si deve? E le povere star che per due giorni di san remo si prendono cifre che gli italiani non vedranno mai in una vita di lavoro?
 
 
OBOLO RAI
Obolo RAI:Quasi il 50 per cento degli utenti non ha versato il canone in bolletta. È il flop del restyling voluto da Renzi
Renzi voleva fare del mancato pagamento dell’obolo Rai un reato penale: Se fosse così, dovrà mettere in galera mezza Italia.
 
La metà dei contribuenti non ha deciso di non pagare il canone Rai furbescamente infilato da Matteo Renzi nella bolletta elettrica.
 
Da una indagine condotta da ItaliaOggi, comunicati dalle società elettriche all’Agenzia delle Entrate, emerge con nettezza come gli italiani si siano rifiutati di versare l’obolo alla tivù pubblica limitandosi a saldare soltanto l’importo relativo alla fattura energetica. “Un fenomeno che in certe zone del Paese, quasi tutto il Centrosud, ha toccato quote del 60 per cento di evasione – scrive Giorgia Pacione Di Bello – mentre la situazione è leggermente migliore al Centronord, dove il dato provvisorio sembra assestarsi intorno al 50%”.
 
Il canone Rai in bolletta rischia di essere l’ennesimo flop targato Matteo Renzi. Pensato per far arrivare più soldi a viale Mazzini, la trovata del premier è stata pubblicizzata in lungo e in largo come un’operazione di contrasto all’evasione fiscale. Peccato che gli italiani, quando si tratta di dare denari a mamma Rai, non vogliono proprio sentire ragioni. Non a caso il canone è in assoluto la tassa più odiata. E questo riflette i dati pubblicati questa mattina da ItaliaOggi che, sebbene non tengano dentro la percentuale relativa al mese di agosto, la dicono lungo sulla levata di scudi contro il decreto interministeriale numero 94 del 13 maggio 2016.
 
Insomma, con buona pace di Renzi, possiamo dire con certezza che l’operazione canone in bolletta non si avvicinerà mai (nemmeno lontanamente) al 100% auspicato dal governo in occasione del restyling del pagamento del canone. “Una delle motivazioni più probanti del flop del canone in bolletta – spiegano gli esperti sentiti da ItaliaOggi – potrebbe risiedere nella disinformazione che ha circondato l’operazione, soprattutto sulle conseguenze connesse al mancato pagamento del canone”.
 
di Sergio Rame
 

Migranti, “nei campi in Libia botte, stupri e furti. Ci sparavano contro. E l’ultimo giorno ci fecero mangiare sabbia”

 Il racconto di Arnold e Traorè, ivoriani, 30 anni, cristiano il primo e musulmano il secondo. “La cosa peggiore non è stata il viaggio” dicono ricordando gli abusi subiti dai “giovani e cattivi” miliziani del campo di Zawia
 
“La cosa peggiore non è stata il viaggio, anche se avevamo paura in 125 stipati su uno gommone Zodiac che era stato montato sotto i nostri occhi e affidato alla guida di due piloti improvvisati, due di noi migranti. No, la cosa peggiore sono stati i giorni passati nelle grinfie dei soldati della marina – o almeno così si definivano – che controllano Zawia, da dove siamo partiti. E pensare che ormai ci avevano già tolto tutto, già rubato tutto quel poco che ci restava. Perché erano cosi violenti?”.
 
Arnold Ali è un trentenne della Costa d’Avorio, sbarcato da pochi giorni dalla Libia, ora ospite di una comunità a Cerea (Verona).È quasi euforico per gli scampati pericoli, ha voglia di sfogarsi nel racconto, soffre nei dettagli più dolorosi. “Avevamo passato la notte a entrare in Libia, camminando in una sorta di deserto, accompagnati dal passeur. Poi siamo stati consegnati a dei soldati che ci hanno chiusi in un edificio e preteso 600 euro a testa, che più o meno avevamo previsto, dopo i soldi dati al passeur. Non ci aspettavamo però che arrivassero degli altri soldati che ci hanno portati in un altro posto dove ci hanno letteralmente spogliato per prenderci quei pochi soldi che ancora avevamo nascosto addosso. Ci hanno caricato in un grosso camion e nascosto dentro e dopo un po’ di viaggio ci hanno fatti uscire vicino al mare, dove c’era una grande casa sporca e molta gente che aspettava di partire”.
 
Arnold, come tutti gli altri, non aveva più un cellulare non poteva fotografare. Pensava di essere a Sabratha. “Eravamo vicini a tre battelli della Marina (lui dice Marina ma è la milizia che controlla Zawia, ndr); accanto a questo lurido edificio dove eravamo ammassati senza docce né toilette ricordo un muro romano antico, o così mi pareva, e una pila di carcasse di auto vecchie. Accanto anche una pompa di benzina. Per farla breve, sono stato lì una settimana quasi senza che ci dessero da mangiare, senza avere la possibilità di lavarsi e di andare al cesso, ogni giorno ci picchiavano, soprattutto i cristiani come me, la sera violentavano le donne, sparavano spesso per spaventarci ma due giovani li hanno feriti davvero con le pallottole. La situazione era talmente spaventosa che sei giovani sono scappati via da questa specie di campo. Erano arrivati fino lì e pagato per arrivarci e partire per l’Italia e invece sono scappati!”
 
Arnold ha poi raccontato che “ordinavano ai partenti musulmani di picchiare i cristiani”. Come confermato da Traorè Lacinè, trentenne ivoriano come lui, ma di fede musulmana. Prima di incontrarsi in questo cosiddetto “campo” Traorè era stato in prigione in Libia. Il giovane era a Zawia già da giorni e aveva partecipato a un primo viaggio fallito, il grande canotto era tornato indietro. Anche Traorè è stato pestato perché considerato responsabile del fallimento del tentativo di traversata. “Ci trattavano malissimo, in pratica non riuscivo neanche a fare le preghiere. I musulmani di cui parla Arnold a cui ordinavano di picchiare i cristiani erano solo alcuni, ricordo gambiani e sudanesi, ma alcuni che parlavano arabo come i nostri guardiani. Alcuni con cui si intendevano di più, e che ci sembra che lo facevano quasi volentieri, di picchiare i cristiani. Sono come dei nazisti, questi soldati che ci tenevano in questo modo a Zawia”.
 
Alla sera, concordano i due testimoni, i “marinai” prendevano le donne e le facevano passare nei loro veicoli militari, dove le stupravano. Donne che poi sono state lasciate partire come gli altri. I momenti peggiori? “Innanzitutto le notti, perché all’improvviso, senza un motivo si mettevano a sparare per aria o ai soffitti. E dato che un paio di volte, di giorno, hanno sparato invece ferendo qualcuno, la paura era tanta e non solo lo spavento per il rumore. Poi l’ultimo giorno a un gruppo di migranti, tra i quali c’ero anche io, ci hanno costretto a mangiare la sabbia. E intanto ci colpivano, a calci e pugni. Fa molto schifo mangiare la sabbia. Ridevano. Sono molto giovani e sembrano così, cattivi per natura”.
 

BELGIQUE-CONGO : LA BELGIQUE HERITIERE DU CRIMINEL LEOPOLD II EN PLEINE NOSTALGIE COLONIALE !

Luc MICHEL pour PANAFRICOM/ 2016 09 15/

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PANAF - LM TABORA NOSTALGIE (2016 09 15) FR

« Tant que les lapins n’auront pas d’historiens,

l’histoire sera racontée par les chasseurs »

– Howard Zinn

(historien américain anticolonialiste)

Le régime belgicain, héritier même pas honteux du roi Léopold II, le boucher du Congo (et dont la famille règne toujours, que dirait-on si un petit-neveu de Hitler était aujourd’hui chancelier en Allemagne ?), est en pleine nostalgie coloniale.

Elle ose célébrer la “victoire” de Tabora et la boucherie entre africains, ceux des colonies du IIe Reich et ceux du Congo belge, pendant la grande guerre civile européenne de 1914-18. Une cause qui n’était pas la leur, pour des maîtres qui les exploitaient et avaient volé leurs terres …

Car il ne s’agit pas de célébrer la mémoire des morts, mais bien une victoire de la Belgique et de son armée coloniale, au moment où le non-état belgicain se délite irrésistiblement et où les européens sont censés unis !

Nostalgie sur fond de censure contre ceux qui n’approuvent pas cette histoire manipulée par les colons, des africains et des anti-colonialistes ont été interdits de participer aux colloques organisés : “Des rumeurs ont circulé que des opposants à la mémoire coloniale qui s’étaient déjà distingués en maculant de peinture rouge la statue équestre de Léopold II à la place du Trône pourraient venir troubler les travaux à l’université militaire de l’avenue de la Renaissance”.

* Lire sur LLB :

http://www.lalibre.be/actu/belgique/centenaire-de-la-bataille-de-tabora-malentendu-facheux-a-l-ecole-royale-militaire-57daba213570b0f26a1512c8

L’HISTOIRE COLONIALE OU LA MEMOIRE CONFISQUEE

La flambée de nostalgie coloniale en Belgique illustre la façon dont l’histoire coloniale, écrite par les colons, confisque la mémoire africaine.

La bataille de Tabora est célébrée par ce colloque, une exposition itinérante (qui traversera la Belgique pour faire escale près de lieux rappelant les grandes campagnes d’Afrique de la Première Guerre mondiale) et par la translation de la dépouille du général Tombeur (qui y commandait)  au cimetière de l’avenue du Silence à Uccle.

L’exposition itinérante (co-organisée par l’Institut des Vétérans et le Musée royal d’Afrique centrale) est centrée sur la manipulation de l’histoire coloniale, basée sur le vol de la mémoire des africains : « les chercheurs des deux institutions (…) ont rappelé le sacrifice de milliers de soldats congolais qui ont combattu dans la Force publique sous commandement belge mais aussi de tous les civils africains qui ont suivi les officiers et sous-officiers européens dans des conditions de vie très difficiles comme porteurs de charge de 25 kilos. Les jeunes l’ignorent mais les soldats africains du Congo belge ont joué un rôle essentiel entre avril et septembre 1916 dans l’avancée vers l’Afrique orientale allemande ». Armée coloniale, sang africain versé dans la guerre des blancs, exploitation du travail noir, voilà le vrai visage de cette « victoire belge » !

« L’Institut des Vétérans et le Musée royal d’Afrique centrale font un utile devoir de mémoire », ose écrire La Libre Belgique, qui utilise le vocabulaire du génocide juif pour justifier une guerre coloniale, oublieuse qu’avant Hitler, il y eut Léopold II et le génocide de 10 millions de congolais ! « Jusqu’à l’apparition de HITLER, Léopold II était un des hommes les plus cruels d’Europe » écrit l’historien Adam HOCHSCHILD dans LES FANTOMES DU ROI LEOPOLD – UN HOLOCAUSTE OUBLIE. « A l’époque, les actes commis au nom de Léopold II ont défini la norme absolue de cruauté, comme cela allait être le cas avec HITLER, un demi-siècle plus tard », ajoute le cinéaste Peter BATE, auteur du retentissant ROI BLANC, CAOUTCHOUX ROUGE, SANG NOIR …

LUC MICHEL / PANAFRICOM

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Lavoro, l’incentivo del governo è svanito. Non si assume (-30%) e si licenzia (+7%)

chi se ne importa, tanto anche agli italiani viene garantito vitto e alloggio e niente bollette no?
lavoro incentivo
Il ministero del Lavoro pubblica le comunicazioni obbligatorie con tutto il quadro dei rapporti di lavoro dipendente compresi domestici, agricoli e p.a e anche contratti di collaborazione. Risultato: nel secondo trimestre 2016 i licenziamenti sono stati 221mila, in aumento del 7,4%
 
 
Arriva la fotografia “completa” del mercato del lavoro e non porta buone notizie. Nel secondo trimestre del 2016 le attivazioni di contratti a tempo indeterminato sono state 392.043, il 29,4% in meno rispetto all’anno scorso (-163.099). Lo rileva il ministero del Lavoro con le comunicazioni obbligatorie appena pubblicato dal ministero del Lavoro. I rapporti di lavoro a tempo indeterminato cessati sono stati 470.561, -10% rispetto allo stesso periodo del 2015. Il dato, a differenza di quello dell’Inps, tiene conto di tutto il lavoro dipendente compresi domestici, agricoli e p.a e anche dei contratti di collaborazione. I numeri risentono della riduzione dell’incentivo all’assunzione a tempo indeterminato. Ecco il dettaglio della ricognizione.
Nel secondo trimestre del 2016 sono state registrate 2,45 milioni di attivazioni di contratti nel complesso a fronte di 2,19 milioni di cessazioni. La maggioranza delle cessazioni sono dovute al termine del contratto a tempo determinato (1,43 milioni). Tra le altre cessazioni sono aumentate quelle promosse dal datore di lavoro (+8,1%) mentre si sono ridotte quelle chieste dal lavoratore (-24,9%). In particolare sono aumentati i licenziamenti (+7,4% sul secondo trimestre 2016). Nel periodo i licenziamenti sono stati infatti 221.186, 15.264 in più rispetto al secondo trimestre 2015. Sono invece diminuite le chiusure di contratto dovute alla cessazione dell’attività del datore di lavoro (-10,3%).
Tra le cessazioni richieste dal lavoratore sono in calo considerevole sia le dimissioni (293.814, -23,9%) sia i pensionamenti (13.924 (-41,4%). Per le donne le uscite per pensionamento sono crollate (-47%), probabilmente anche a causa della stretta sui requisiti per la pensione di vecchiaia scattati quest’anno. Un calo ancora più consistente si era registrato nel primo trimestre, con le cessazioni per dimissioni per pensionamento delle donne ferme a 3.169 (-64,9%). I dati sono destinati certamente a far discutere. Sia nel merito che rispetto a quelli sventolati dal governo. Ha iniziato Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia che twitta “Jobs act dei miei stivali” , taggando il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti.
 
di F. Q. | 9 settembre 2016

Mose, miliardi e tangenti ma non si sa ancora quanto costerà gestirlo: “Lo scopriremo solo con la sperimentazione”

mose tangenti
Luigi Magistro, nominato commissario dopo gli arresti dei vertici del Consorzio Venezia Nuova, ammette che se l’impegno è quello di completare l’opera, la parte operativa, soprattutto da un punto di vista economico, rimane un grande punto interrogativo. “Non sappiamo neppure noi quanto verrà a costare – dice al fattoquotidiano.it – Soltanto con la messa in acqua delle paratoie lo potremo accertare al cento per cento”
 
“Non sappiamo neppure noi quanto verrà a costare la gestione del Mose. Soltanto con la messa in acqua delle paratoie e con la sperimentazione lo potremo accertare al cento per cento”. Papale papale, uno dei commissari straordinari subentrati – dopo gli scandali – nella gestione del Consorzio Venezia Nuova, ammette che se l’impegno è quello di completare l’opera, la parte operativa, soprattutto da un punto di vista economico, rimane un grande punto interrogativo. Non sono bastati decenni di discussioni e progetti, più di 5 miliardi di euro impegnati dallo Stato per salvare Venezia e la laguna dalle acque alte, per rispondere a un interrogativo che è cruciale in un’epoca di crisi e di vacche magre.
 
Luigi Magistro è stato catapultato a Venezia, insieme all’avvocato Giuseppe Fiengo e al professor Francesco Ossola, dopo gli arresti dei vertici del Consorzio Venezia Nuova e di decine tra politici e funzionari veneti, a causa di uno scandalo senza precedenti. E nel giorno in cui illustra l’arrivo delle prime 4 paratoie prodotte in Croazia (sulle ultime 57 commissionate), spiega a ilfattoquotidiano.it che dopo le inchieste, le segnalazioni da parte dei commissari alla magistratura e all’Autorità nazionale anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone, è venuto il momento di “voltare pagina”.
 
Rispetterete il cronoprogramma?
“L’impegno è di ultimare le barriere per il giugno 2018. La logica del commissariamento prevedeva, al di là delle situazioni illecite venute alla luce, di raggiungere questo obiettivo”.
 
Chi si occuperà della gestione?
“A partire dal 2018 è previsto un periodo sperimentale di tre anni che vedrà impegnato il Consorzio Venezia Nuova nella messa a punto. Poi la gestione spetterà a un soggetto terzo”.
 
Verrà individuato con una gara europea?
“Certamente, ci sarà un bando per la gestione di un’opera straordinaria e di portata innovativa. Ma sarà la fase sperimentale a dare indicazioni sulle esigenze di manutenzione e gestione. E quindi anche dei costi”.
 
Un anno fa il ministro Del Rio aveva dichiarato che si stavano “mettendo in piedi” le prime stime. Quanto ci costerà il Mose?
“Come ho detto, sono previsti tre anni di gestione sperimentale. Prima di quella data, ovvero entro il 2017, sarà il Cvn a effettuare una stima dei costi. E durante il triennio i rimborsi della gestione avverranno a piè di lista. Non vi sarà produzione di utili”.
 
Ma avrete qualche parametro indicativo.
“Si sentono tante cifre, ma alcune mi sembrano davvero eccessive…”.
 
Si riferisce agli 80 milioni annui finiti sui giornali negli ultimi mesi?
“Non abbiamo ancora individuato gli ordini di grandezza perché una stima precisa non è possibile finché non si inizierà a gestire operativamente il Mose. Di sicuro non saranno centinaia di milioni, non saranno cifre stratosferiche”.
 
Ma il punto interrogativo rimane.
“Certo. Basti pensare alla reazione dei materiali alla permanenza in acqua. Soltanto la realtà ci potrà dare una risposta al 100 per cento”.
 
I primi problemi sono già emersi a maggio, con due paratoie.
“Si è trattato di una prova di sollevamento, dopo un periodo lungo di inattività. Un’altra prova è prevista la prossima settimana. A Treponti si è registrata una presenza di sedimenti superiore a quella attesa che ha causato i problemi anche nella fase di rientro in sede delle paratoie. E’ un tema che abbiamo approfondito subito. In quella zona sarà richiesta una maggiore pulizia”.
 
E nelle altre bocche di porto?
“Sono notizia di oggi i risultati delle verifiche a Malamocco e Chioggia. Lì il fenomeno dei sedimenti non si è presentato e questo fa ben sperare per il futuro”.
 
Proprio le paratoie dovranno essere tirate fuori ciclicamente, nell’arco di cinque anni, per essere ripulite. Sarà un costo notevole.
“Verranno portate all’Arsenale dove subiranno una lavorazione di ripulitura e riverniciatura, ovvero una manutenzione ordinaria. Quella straordinaria è prevista in periodi molto più lunghi”.
 
Quanto pesa il Consorzio Venezia Nuova ora che la gestione è in mano ai commissari?
“Nulla, perché noi siamo subentrati al Consorzio anche da un punto di vista amministrativo. E le decisioni spettano a noi. Ma è evidente che esiste una forma di interlocuzione con i consorziati, che sono numerosi e vengono messi al corrente delle decisioni. Anche perché i soci rispondono economicamente delle scelte”.
 
I commissari si occupano anche di sottoporre a verifica la gestione nell’era di Giovanni Mazzacurati, durante la quale sono proliferate le tangenti.
“Di quello che abbiamo scoperto e scopriamo anche oggi informiamo puntualmente il prefetto di Roma, l’Autorità anticorruzione, se necessario la magistratura e la Guardia di Finanza. Teniamo relazioni trimestrali molto dettagliate”.
 
Quali anomalie avete scoperto?
 “Quelle penali hanno dato corso alle inchieste e le conoscono tutti. Al nostro arrivo di anomalie ce n’erano non poche. Sono state tutte segnalate”.
 
Di che natura sono?
“Sia tecnica, che gestionale. Ma mi lasci dire una cosa…”.
 
Dica.
“Io spero che le scoperte di questo genere siano finite, anche se non posso escluderlo. D’altra parte è dal 2010 che la Finanza è qui e molti fatti cominciano a essere coperti dalla prescrizione. Sul passato si è scavato in modo approfondito. Credo che sia arrivato il momento di voltare pagina, ovvero di realizzare quest’opera. Miliardi e miliardi stanno sott’acqua, è venuto il momento di dare a Venezia e a tutta la collettività un’opera straordinaria. Adesso, dopo un periodo un po’ buio si inizia finalmente a vedere la luce”.
 
di Giuseppe Pietrobelli | 8 settembre 2016

Ilva, a Taranto la vita dei cittadini è ancora in pericolo

ilva
Dall’epidemiologia arriva una conferma aggiornata della situazione molto critica a Taranto. E’ tutto in inglese. Sono studi presentati a Roma nell’ambito del congresso internazionale di epidemiologia Isee 2016Abbiamo individuato, parzialmente tradotto e pubblicato su PeaceLink i dati aggiornati su Taranto negli aspetti salienti. Emergono adesso elementi molto gravi su Taranto che tendono a confermare quelli presentati dagli esperti al Gip Todisco nel marzo 2012
 
E’ brutto scrivere: lo avevamo previsto, lo avevamo detto. Ma riavvolgiamo questo film dell’orrore e facciamo un rewind. Torniamo a quel 2012, l’anno in cui sembrava che la magistratura avesse il potere di fermare l’area a caldo dell’Ilva per tutelare la salute della popolazione. Furono sequestrati gli impianti “senza facoltà d’uso”. Poi arrivò la “facoltà d’uso” con la legge salva-Ilva (dicembre 2012) e il pronunciamento della Corte Costituzionale nel 2013: l’Ilva poteva produrre a condizione che applicasse l’Aia.
 
Da allora il governo disse che con la produzione ridotta l’Ilva non inquinava più come prima. Un parlamentare disse:L’Ilva non inquina piùOggi abbiamo finalmente i dati aggiornati che indicano che a Taranto continua ad esserci un eccesso di mortalità dovuto anche agli effetti a breve termine delle emissioni industriali. Tanto capirci, ad esempio: infarti istantanei, che avvengono in giornata (o nei giorni immediatamente successivi).
 
Non so quanti abbiano capito l’aggiornamento di questi dati e l’importanza che esso riveste ai fini non solo scientifici. Chi ha responsabilità politiche, chi è decisore politico ha ora dati su cui far riflettere la ragione e la coscienza. Un giorno ho scritto questo sms a un parlamentare molto importante del Pd: “Ilva. Ma se fossero morte delle persone per i 10 decreti e le conversioni in legge, cosa penseresti?” Risposta: “Sarebbe terribile“.
 
di Alessandro Marescotti | 7 settembre 2016