Siria, Assad dice sì all’accordo tra Russia e USA

 
Siria, Assad dice sì all'accordo tra Russia e USA
 
 10.09.2016
Il governo siriano ha approvato l’accordo USA-Russia per il cessate il fuoco nel Paese, riporta la Reuters.
 
“Il governo siriano ha approvato l’accordo, ad Aleppo entrerà in vigore una tregua per ragioni umanitarie,” — i media locali riportano le parole di una fonte vicina alle autorità siriane.
 
In base all’accordo russo-americano, le operazioni militari devono cessare dal 12 settembre.
 
Secondo Kerry l’accordo siglato “deve porre fine all’uso di bombe a grappolo e fermare il bombardamento indiscriminato delle zone popolate dai civili”.
 
Lavrov ha sottolineato che uno dei punti chiave dell’accordo è la dissociazione dei gruppi d’opposizione dai movimenti radicali e terroristi e la separazione fisica sul campo tra i guerriglieri anti-Assad e gli islamisti.
 
Secondo il ministro russo, il primo passo della validità dell’accordo sarà la riaffermazione dell’armistizio.
 
Dopo che il cessate il fuoco durerà 7 giorni, verrà istituito un centro direzionale congiunto che distinguerà i terroristi e l’opposizione moderata.
 
Dopo la dissociazione dei gruppi d’opposizione moderati dai movimenti terroristici e radicali, le forze aeree di Russia e USA effettueranno i raid contro i terroristi. Lavrov ha sottolineato che durante i colloqui sono state concordate le zone di competenza esclusiva delle forze aeree di Russia e Stati Uniti. Le forze governative siriane agiranno in altre zone al di fuori di quelle assegnate per la cooperazione russo-americana

OPERAZIONE IPPOCR…ITA – FREGOLE NATO DI GUERRA: TREGUA FINTA IN SIRIA, GUERRA VERA ALLA LIBIA

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2016/09/operazione-ippocrita-fregole-nato-di.html

MONDOCANE

MERCOLEDÌ 14 SETTEMBRE 2016

 
Dalla diga che crolla a Tripoli bel suol d’amore
La signora Pinotti rincorre famelica e trafelata il suo modello ideale, Hillary Clinton. Anche a dispetto della progressiva caducità del modello, minato da un concorso di demenza sanguinaria ossessiva e conseguente disfacimento neurofisico. Stesse attenta, la Pinotti. Intanto, all’ombra di tanto vertice di potenza criminale, la muselide de noantri gira vorticosamente nella sua ruota impazzita, sparando alla rinfusa contro chi sa di risultare sgradevole ai suoi domatori oltremare, anche a scapito dei disastri socioeconomici e dei rischi geopolitici che in parallelo infligge al proprio paese. 500 armigeri spediti a far finta di proteggere una diga che si va sbriciolando a Mosul, ma che il direttore del circo USraeliano le ha intimato di tener pronti per sostenere, contro l’avanzata dell’esercito nazionale iracheno e relative milizie popolari, la presa della seconda città araba irachena da parte dei pretoriani peshmerga del narcoboss curdo Barzani.
Forze speciali – con garanzia di anonimato e oblio in caso ci rimettano la ghirba, in cambio di stipendio da magistrato di seconda classe – che si aggirano sottobraccio a quelle Usa, britanniche, francesi, nelle zone contese della Siria, per assicurarsi che non troppo male sia fatto agli ascari curdi di Rojava (assistiti, anzi, nella pulizia etnica di terre arabe da incorporare) e neppure ai terroristi ingentiliti dal cognome  “moderati” e, quando capita, anche per dare istruzioni e una mano a chi, con autobombe o kamikaze, rimedia alle batoste subite sul campo facendo saltare per aria aggregati di donne, uomini e bambini a Damasco.
E, ora, alle analoghe unità di teste di cuoio tipo Col. Moschin (volendo: “squadroni della morte”, come ci insegna l’inventore, John Negroponte, maestro e principale di Giulio Regeni), la mini-Gorgone italiota aggiunge in Libia 300 guerrieri di formazioni come la Folgore, specializzate nella riduzione in briciole di selvaggi e inopportuni, corredati di supporto aereo e navale, sanitati dai camici  candidi di qualche medico e qualche infermiere. Dove vanno? A Misurata. A cosa fare?  Dice: a medicare le centinaia di mercenari Nato che se ne tornano da Sirte con qualcosa di rotto, per rimetterli in sesto e rispedirli contro l’altra fanteria Nato, l’Isis, installata dai turchi Nato a Sirte e che da 4 mesi non se la danno per intesa che devono sloggiare. Paradosso? Tanto tutti Fratelli Musulmani sono. Come pure i nostri più cari e fidati amici, i Fratelli Musulmani di Tripoli, quelli che stanno lì dopo aver rovesciato il legittimo governo laico, ora riparato in Cirenaica, con un colpo di Stato attuato dai tagliagole allora al loro servizio, ma che adesso Tripoli e la Tripolitania se la curano da soli insieme al regimetto di Al Serraj, denominato pomposamente GNA, Governo dell’Accordo Nazionale. GNA inventato dall’ONU su commissione Usa, ma dalla nascita costretto a restarsene chiuso in hotel, visitato per il tè delle cinque e un pat-pat sulle spalle da qualche ambasciatore occidentale e dal mediatore ONU, si fa per dire, Martin Kobler.
Tregua in Siria. Rifacciamoci in Libia.
 
 
Parte la tregua in Siria, negoziata dal gatto e dalla volpe, con Pinocchio a Damasco che si aspetta che sull’albero compaiano gli zecchini d’oro di un paese che, come promette Bashar el Asad, senza dubbio il migliore della compagnia, dovrà essere liberato e riconquistato alla sua integrità, sovranità e libertà, pezzo per pezzo. Il negoziatore Lavrov, esponente di un paese che finora ha aiutato la Siria a scamparla dal destino della Libia, vanta tutte le credenziali per essere riconosciuto come honest broker. Non così la sua controparte, Kerry, ambasciatore di troppe pene per coloro di cui si è occupato per risultare credibile.
Per me siamo alle solite: tregua dopo tregua, l’esito vittorioso della Siria, prospettiva concreta  e attendibile sul piano militare e politico interno (la stragrande maggioranza del popolo resta con Assad), viene costantemente rimandato dall’opportunità che il mercenariato Nato-Golfo-Israele, nelle sue varie denominazioni, dal moderato finto all’orco vero, si riprenda da mazzate e conseguente dissesto, venga riarmato, rifornito, rimpinzato (i turchi spediscono colonne di “aiuti”, che giustamente il governo sovrano stoppa) e, a tregua rotta da Al Nusra e soci, rilanciato. I russi accoppiano al sacrosanto impeto di mostrarsi ragionevoli e disponibili e a favore di una soluzione politica, l’astuto intento di costringere gli Usa a mostrare le carte che dimostrino la loro dissociazione e ostilità all’Isis e terroristi associati, anche l’illusione che questo possa davvero avvenire. Che cioè Obama possa tagliare uno dei rami (dopo quello curdo, per il momento) ai quali sta appesa lacontinuità  di una guerra necessariamente infinita, da far combattere a surrogati e alleati, per sé conservando solo droni e comando supremo.
 
Espresso questa mia sfiducia sugli eventi in Siria, potrò anche ricredermi fra una settimana, ma i sinistri bagliori che già lampeggiano dalle parti di Aleppo Est sotto forma di alcune decine di rotture della tregua, del resto mai accettata da una ventina di bande, mi rendono scettico. Anche Assad che, approvando la scelta russo americana, forse obtorto collo, l’ha però accompagnata con l’impegno a ricuperare tutta intera la Siria, appare scettico. Ma anche determinato  E di lui mi fido.
Regimi di polistirolo e regimi di popolo
L’equivalente di Assad in Libia è al momento  la coppia Al Thani (o al Thinni)-Haftar, primo ministro e ministro della Difesa  del parlamento di Tobruk, regolarmente eletto e fatto sloggiare da Tripoli dai golpisti Fratelli Musulmani, oggi sotto il “premier” Khalifa Ghwell.  Al Sarraj, islamista quanto quello, spunta dalla consapevolezza occidentale dell’impresentabilità di un regime come quello tripolino, che non controllava neppure il quartiere della sua sede, epperò aveva spuri collegamenti con bande jihadiste in varie aree della Tripolitania (comprese quelle che rapirono a Sabratha i nostri 4 connazionali e ne uccisero due ) e con gli organizzatori delle migrazioni attraverso il Mediterraneo. Uniche sue armi, alimentare il flusso dei migranti e occasionali  rappresaglie su nostri cittadini, adoperate in funzione di ricatto, sull’esempio del grande referente in Turchia, Erdogan.
 
Tobruk, alba della nuova Libia
Così, burattino dell’ONU, Martin Kobler ha tirato fuori dallo shanghai islamista, in ogni caso e ovunque più conforme agli interessi imperialisti dei laici e nazionalisti, la bacchetta Fayez Al Sarraj, un insignificante bottegaio, buono solo a sbattere le ciabatte davanti ai qatarioti, turchi e occidentali uniti nella lotta. Si trattava di porre fine al pericoloso errore del riconoscimento di Tobruk, entità per niente malleabile, il cui consenso nella variegata società libica continuava a crescere, specie dopo che aveva posto fine alla scellerata discriminazione-persecuzione islamista nei confronti dei cittadini che in qualche modo avevano lavorato nelle strutture pubbliche della Jamahiriya: amministrazione, scuola, sanità, comunicazioni, enti statali, banche, organismi di massa. Se gli integralisti di Tripoli avevano imposto l’epurazione e spesso la carcerazione di questi cittadini e avevano condannato a morte il figlio e naturale erede di Gheddafi, Saif al Islam, Tobruk aveva annullato entrambi  questi provvedimenti e aveva aperto alla partecipazione degli ex-gheddafiani, compresi gli ex-militari nell’esercito di Haftar.

 
Sostenuto dall’Egitto, magari pro domo sua, è fisiologico con un vicino arabo, ma anche a contrasto con le mire neocolonialiste di cui Tripoli si fa proconsole, il governo di Tobruk e il generale Khalifa Belkasim Haftar sono riusciti ad organizzare un vero esercito nazionale che ha dimostrato la sua efficienza liberando dai jihadisti gran parte della provincia di Bengasi e, ultimamente, riuscendo a conquistare i principali terminali petroliferi e porti, Ras Lanuf, Sidra, Brega e Zueitina, dove confluisce e da dove parte la gran parte del petrolio libico (oggi 200mila barili al giorno, contro l,7 milioni di prima dell’aggressione. Al cospetto, le bande di Misurata, unica forza combattente di una qualche consistenza a disposizione di Tripoli e suoi sponsor esteri, che da quattro mesi affermano di essere lì lì per prendere Sirte occupata dall’Isis, fa la stessa figura di quando fu mandata in fuga da Gheddafi per essere poi salvata dalle bombe e forze speciali Nato e dal mercenariato spedito da Qatar e Turchia.
Orchi di Misurata, eroi della nostra civiltà
 
Meritano una menzione speciale questi di Misurata, oggi dai media rifilatici come gli eroi della guerra al terrorismo islamista. Se quelli di Al Nusra, da me visti sgozzare e far saltare per aria gente in Siria, e quelli dell’Isis, che ne hanno potenziato le pratiche di “controllo sociale” (sharìa, crocefissioni, roghi, scuoiamenti, stupri, matrimoni a ore, annegamenti, esecuzioni di massa, torture di ogni genere), ci hanno potuto impressionare perché ce le hanno fatte conoscere in modo che, inorriditi, accettassimo le invasioni e i bombardamenti dei nostri alleati, quelli di Misurata ne sono stati i predecessori e maestri. Ho avuto modo di raccogliere a Tripoli le confessioni di pentiti di Misurata e vi giuro che il fatto meno agghiacciante era il sequestro di ragazze “gheddafiane”, il loro stupro di massa e, subito dopo, la decapitazione, lo smembramento dei corpi e loro chiusura in celle frigorifere.
Caduto e linciato dagli specialisti di Hillary Clinton Muammar Gheddafi, i subumani di Misurata (avevano addirittura fatto scappare davanti a tanto orrore i Medici Senza Frontiere. Ora quelli di Pinotti sembrano avere stomaci più forti) si erano confermati validi prosecutori dei marescialli Graziani e Badoglio che, in Libia, avevano eliminato un terzo della popolazione affamandola, bruciandola, avvelenandola, impiccandola. Ne sanno qualcosa quelli di Tawergha, città vicina a Misurata, popolata da libici neri, svuotata dai misuratini con il metodo dello sterminio collettivo.
Haftar fa saltare il banco
Torniamo a respirare parlando di Tobruk. La presa dei terminali e porti da parte di Haftar, il personaggio su cui, in questi mesi, con più livorosa virulenza s’è scagliato “il manifesto”, l’eliminazione dal gioco di Ibrahim Jadhran, un brigante che con la sua banda s’era impadronito degli impianti e poi s’era venduto a Tripoli, ha fatto scattare gli istinti belluini di chi ha ordinato alla Pinotti di fare dell’Italia un bersaglio per malintenzionati, lupi solitari perlopiù, dato che non mi aspetto nulla dall’Isis: quelli fanno capo alla stessa centrale cui fa capo Renzi e se ci faranno qualche scherzo sarà solo perché Renzi avrà dirazzato, improbabile, o sarà divenuto sostituibile. Alla Turchia e al Qatar era stato detto che l’Isis andava messo lì per distinguere islamisti buoni (Fratelli Musulmani) da islamisti cattivi e permettere ai primi di fare una bella figura facendo finta di impegnarsi contro gli altri a Sirte. Se dopo quattro mesi non hanno combinato una mazza, è perché qualcuno, dall’alto, a quelli là non ha ancora ordinato “a cuccia!” (come ha fatto a Manbij (“liberata” dai curdi).
Con Haftar, Libia verde. Con Regeni Libia morta
Ma anche perché le tribù libiche, come i berberi di Zintan che hanno liberato Saif al Islam, nella loro maggioranza stanno con Tobruk: quella di Haftar, i Ferjani, seconda per numero in Libia dopo i  Warfalla, di cui personalmente a Bani Walid ho constato la lealtà a Gheddafi, gli Orishvanh, Tarhuerna, Almgarh, Gheddafa, Toubou Tuareg, Amazigh. Si sta formando, in Libia, un’alternativa nazionale unitaria con, si voifera, per ora nell’ombra, Saif Al Islam: bandiere verdi hano sventolato in questi giorni  a Bengasi, Tripoli, Kufra, Al Jufrah, Gath, Bani Walid e in molti altri centri.
 
Non possiamo non tornare all’affaire Regeni. I 300 giovani e forti (sono ovviamente l’avanguardia di molti altri) del duo della loro bella morte, Pinotti-Gentiloni, marciano sulla stessa strada sulla quale è stato avviato Regeni, per andare a rompere le scatole all’Egitto liberatosi dai Fratelli Musulmani (tragicamente non ancora dal loro terrorismo), nel momento stesso in cui l’Italia andava stringendo proficui rapporti con il titolare del più vasto oceano di gas mai scoperto nell’intera regione. L’Italia, agli occhi di attori più forzuti e cinici,  non aveva titoli per godere di quella bonanza. Né ha avuto l’intelligenza e la dignità per reagire alla cospirazione di francesi e britannici che, con i loro servizi (Oxford Analytica), avevano formato e manovrato Regeni, facendone una mina sulla quale far inciampare e saltare l’eventuale asse Egitto-Italia-Eni. E anche per tagliare le gambe a un Egitto insidiosamente impegnato accanto alla Libia anticoloniale.
L’avanzata dei nazionalisti libici  ha portato alla conquista della vena giugulare dell’economia libica, ma anche al controllo sulla Cirenaica e buona parte del Fezzan a sud e di aree anche in Tripolitania, a partire da Zintan. L’operazione Ippocrate, da pronunciarsi Ippocr…ita, in difesa del buon nome del mitico padre della medicina, è stata accompagnata dalla virulenta esplosione d’ira di Spagna, Stati Uniti, Francia, Germania, Regno Unito e, ovviamente, Italia, che hanno intimato ad Haftar di immediatamente ritirarsi dai centri conquistati, nell’interesse, sentite sentite, del popolo libico a cui non deve essere negato l’accesso alle proprie risorse vitali. Per interposta persona parlavano Total, BP, Shell, Eni, Exxon, Chevron…. All’intimazione si è aggregata anche la Francia, con il suo piede nelle due staffe: Egitto-Tobruk e Nato-Tripoli. Quello che a Parigi interessa è che non le sia sottratto un ruolo in Cirenaica, non solo per la Total, ma anche perché da lì ci si connette con il sud della sua area d’interesse: Mali, Niger, Ciad, RCA. E dunque sta a vedere chi prevale.
Così con la spedizione della topina che, sostituito come riferimento Mussolini dalla mascella volitiva con Hollande da quella moscia e con Obama ansioso di coronare le sue sette guerre con un altro bagno di sangue, piscina preparata per Hillary, pensa di porsi alla pari dei grandi ratti Badoglio e Graziani. Sta nel DNA della classe dirigente italiana porsi all’ombra di grandi monumenti patrii, Garibaldi, Cavour, appunto il Duce per chi travisa, San Francesco per chi simula, e da lì accorrere al primo fischio del pecoraro straniero. Non solo Pinotti o Gentiloni, fondamentalmente patetici lustrascarpe appecoronati sotto la poltrona di chi calza Ferragamo. Il megacialtrone Philips, formalmente ambasciatore, ma effettivo capocosca per l’Italia del Pentagono e garzone di bottega dei banchieri delinquenti Usa (autori  delle Grande Crisi), tipo JP Morgan che impone a Renzi di smantellare la troppo democratica Costituzione Italiana, s’è permesso di dire agli italiani che o votano Si al referendum, o niente zuccherino (investimenti). E  tutti, ciclisti PD in testa (piegarsi verso l’alto, pestare verso il basso), hanno scodinzolato piegati a 90 gradi. Compreso il caporale di giornata Nato, Mattarella, il quale, più che ciurlare, ha vorticato nel manico, apprezzando l’interessamento al nostro destino tra “paesi membri della stessa rete”, e constatando, un po’ stupito, che gli italiani a volte decidono anche da soli. Uno che per camminare s’è infilato le scarpe di Napolitano, non poteva che strisciare così.
Unici a scalpitare in direzione ostinata e contraria, i 5 Stelle. Inferocito per l’offesa del gaglioffo a sovranità e dignità popolari, più Di Battista che Di Maio. Al solito. E ora, fucilatori dei 5 Stelle, gettatemi addosso l’olio bollente.
Pubblicato da alle ore 19:44

Lyon-Turin : le “non” des maires de Turin et de Grenoble

http://c.ledauphine.com/politique/2016/09/09/le-non-des-maires-de-turin-et-de-grenoble

10/09/2016 par Ève MOULINIER

Le hasard des calendriers, parfois…

Au lendemain de la visite de Louis Besson, père du grand projet ferroviaire Lyon/Turin, en mairie de… Turin, et le jour même où se tenait à Lyon le Comité de pilotage État/Région sur l’avancement de ce dossier, la capitale du Piémont recevait hier un nouveau visiteur. Le maire écologiste de Grenoble, Éric Piolle, accompagné par son conseiller municipal délégué, Pierre Mériaux, a en effet été reçu par la nouvelle et jeune maire de la ville, Chiara Appendino. Si les deux maires ont en commun le fait d’avoir su, avec leur élection respective, créer la surprise en ravissant la tête des deux villes à des partis bien installés, ils partagent aussi une même opposition au Lyon/Turin. On se souvient qu’il y a quelques mois, la municipalité grenobloise avait pris l’inédite décision de rompre le protocole liant la Ville au projet et aussi la promesse de l’ancienne majorité socialiste de l’abonder à hauteur de 60 millions d’euros. Et on connaît les prises de position du « Mouvement 5 étoiles » de Beppe Grillo, auquel appartient Chiara Appendino.

Nul doute donc, que la rencontre franco-italienne d’hier allait bien se passer. Et cela a été le cas. 

         « Les données montrent que cet ouvrage n’est pas utile »

« Même si la commune de Turin n’est pas impliquée dans le financement de ce projet puisqu’il repose sur l’État italien, expliquait hier Éric Piolle, nous partageons la même vision sur ce projet aberrant et inutile. Il est donc temps de créer du lien entre les élus des deux versants qui s’y opposent. Chiara Appendino nous a d’ailleurs dit qu’elle était heureuse d’accueillir pour la première fois un maire opposé au projet. »

Puis, la maire italienne a tenu à préciser que son opposition « n’est pas idéologique mais pragmatique », en ajoutant : « On a analysé des données et celles-ci montrent que cet ouvrage n’est pas utile. Si le projet se fait, il s’agira d’un usage des ressources publiques non rationnel. Si j’avais le pouvoir de décider dans ce dossier, j’utiliserais cet argent pour d’autres mesures plus essentielles, plus urgentes. »

Chiara Appendino est-elle donc une No-Tav ? « J’ai personnellement pris part à plusieurs rencontres et manifestations contre ce projet. Mais j’essaie toujours d’encourager des discussions, et je souhaiterais qu’on puisse parler de ce sujet sans tomber dans les pièges idéologiques. En tant que maire, j’ai déclaré que je n’avais pas le pouvoir de bloquer la LGV, mais en même temps, je pense qu’il est important que les citoyens s’emparent du sujet, qu’on débatte enfin de cela en Italie. » Des idées projets de colloques communs ont d’ailleurs germé hier en mairie de Turin.

http://www.notav.eu/wp/2016/09/11/torino-lione-il-no-dei-sindaci-di-torino-e-grenoble/

Gli azzardi dei calendari, a volte …
Dopo la visita di Louis Besson, padre del grande progetto ferroviario Lione/Torino, al municipio di Torino, e lo stesso giorno in cui si teneva a Lione il comitato Stato/ Regione sullo stato di avanzamento di questo dossier, la capitale del Piemonte ha ricevuto ieri un nuovo visitatore.
Il sindaco ambientalista di Grenoble, Eric Piolle, accompagnato dal suo vice consigliere, Pierre Mériaux è stato ricevuto dal nuovo giovane sindaco, Chiara Appendino. Se i due sindaci hanno in comune il fatto di aver sorpreso, con la loro rispettiva elezione a sindaco nelle due città vincendo contro partiti ben consolidati, condividono anche l’opposizione alla Torino/Lione. Ricordiamo che pochi mesi il Comune di Grenoble ha preso la decisione senza precedenti per rompere il Protocollo che legava il progetto alla città e anche la promessa della ex maggioranza socialista per 60 milioni di euro. E conosciamo le posizioni del “Movimento 5 stelle” di Beppe Grillo cui appartiene Chiara Appendino.

Non c’è dubbio, quindi, che l’incontro franco-italiano di ieri fosse scontato. E questo era il caso.

I dati mostrano che quest’opera non è utile

“Anche se la città di Torino non è coinvolta nel finanziamento a questo progetto in quanto si basa sullo Stato italiano, ha spiegato ieri Éric Piolle, condividiamo la stessa visione su questo progetto  aberrante e inutile. E’ il momento di creare collegamenti tra gli  eletti delle parti che si oppongono. Chiara Appendino ha anche detto che era felice di accogliere per la prima volta un sindaco
che si oppone al progetto. ”

Poi, il sindaco italiano ha insistito sul fatto che la sua opposizione “non è non ideologica, ma pragmatica “, aggiungendo:”Abbiamo analizzato i dati e mostrano che quest’opera  non è utile. Se il progetto si realizzerà, ci sarà un utilizzo di risorse pubbliche non razionale. Se avessi il potere di decidere su  questa materia, utilizzarei questo denaro per altre misure più essenziali, più urgenti.”

Chiara Appendino dunque lei è una NoTav? “Ho personalmente preso parte a diversi incontri e manifestazioni contro il progetto ma cerco sempre di incoraggiare la discussione, e vorrei che se ne potesse parlare senza cadere in trappole ideologiche. Come sindaco, ho dichiarato che non ho avuto il potere di bloccare il Tav, ma allo stesso tempo, penso che sia importante per i cittadini che si discuta di questo in Italia.” Idee, progetti di colloqui congiunti hanno germogliato ieri nel comune di Torino.

liberamente tradotto da http://c.ledauphine.com/politique/2016/09/09/le-non-des-maires-de-turin-et-de-grenoble

Torino-Lione: il Sindaco di Torino e l’Unione Europea

Pro Natura Piemonte

Torino, 12 settembre 2016

 

                                                                                Agli Organi di Informazione
                                                                      e p.c. Alla Sindaca di Torino
                                                                                Ai Gruppi Consiliari
                                                                                di Regione Piemonte e Comune di Torino

Torino-Lione: il Sindaco di Torino e l’Unione Europea

Le affermazioni del Coordinatore dell’Unione europea per il corridoio Mediterraneo, Jan Brinkorst, in occasione dell’incontro, avuto unitamente al presidente di parte francese per la Conferenza Intergovernativa sulla Torino-Lione, Louis Besson, con la sindaca di Torino, Chiara Appendino, richiedono alcune indispensabili precisazioni.
Pro Natura Piemonte non giunge a dire che da parte dei due esponenti europei ci sia stata
colpevole malafede, ma ritiene che esista un’incredibile confusione di dati e circostanze, tali da originare affermazioni assurde, che costituirebbero un danno per lo Stato se fossero credute vere.
Non esiste la possibilità che l’Unione Europea finanzi il nodo di Torino: questa richiesta, presentata nel luglio 2007 dal Ministero delle Infrastrutture italiano e sostenuta a Bruxelles dai sindaci No TAV (in alternativa al tunnel di base) è già stata irrevocabilmente respinta. Prima del nodo l’Unione Europea dovrebbe contribuire a finanziare le altre parti sostanziali della Torino-Lione: Pro Natura Piemonte ricorda che sino ad oggi l’Unione Europea ha dato finanziamenti solo per il tunnel di base. Il trattato del 30 gennaio 2012 ha tentato di inserire, per la parte francese degli accessi, i 33 km e i 3 tunnel relativi sino a Montmelian e per la parte italiana i 19,5 e 33 km di tunnel per collegare Susa a Settimo. Ma l’Unione Europea è stata fermissima nel rifiutare un allargamento dell’impegno che non potrebbe sostenere. Sinora, per il 2007-2015, l’Unione Europea ha erogato 520 milioni di euro fra Italia e Francia, ma l’impegno finanziario complessivo è enormemente maggiore, certo superiore ai 20 miliardi di euro per la sola quota italiana.
Pro Natura Piemonte ricorda che è totalmente falsa l’affermazione che sia già stato realizzato il 10% dell’opera e che le opere in programma riguardino il 20%. A parte il fatto che il tunnel di base rappresenta solo il 40% della Torino-Lione, se effettivamente fossero iniziati dei lavori definitivi scatterebbe automaticamente una denuncia per frode all’Unione Europea e qualcosa di analogo alla Corte dei Conti italiana e a quella francese, perchè il trattato del 30 gennaio 2012, all’art. 1, dice esplicitamente che i lavori non possono iniziare prima della ratifica di un protocollo addizionale che garantisca il contributo totale e definitivo dell’Unione Europea al progetto. Ma questo documento è impossibile da produrre.
Il vulcanico Brinkorst, che 10 mesi fa all’Expo di Milano giurava che l’Unione Europea avrebbe dato in quell’anno 3,2 miliardi di euro a fondo perduto per la Torino-Lione, si rende conto cosa significhi dire che vi è stato un uso non autorizzato dei finanziamenti? Comunque quanto ha dichiarato non è vero. La galleria geognostica de La Maddalena di Chiomonte è un modesto buco grezzo nella roccia, che non coincide con il progetto finale della linea. La galleria geognostica di St. Martin La Porte è pure essa un buco grezzo, per ora di 200 (duecento) metri e ancora non si sa quando inizierà il lavoro della “talpa” TBM che, per il momento, è già stata inaugurata due volte senza aver scavato un metro.
In merito al risparmio energetico la confusione di Brinkorst è totale. In primo luogo la differenza tra la quota massima del tunnel attuale e quello della Torino-Lione in progetto è solo di 500 metri, perchè molti forse non sanno che la quota massima del nuovo progetto non è all’imbocco di Susa, ma al centro dell’opera. Per questi 500 metri di dislivello oggi un
convoglio ferroviario ha bisogno di una locomotiva di spinta in aggiunta a quella normale (ma potrebbe ricuperare molta della energia spesa invertendo i suoi motori nella fase di discesa).
Questa locomotiva, aggiunta per superare i 500 metri di dislivello, costituisce un consumo
irrisorio rispetto ai consumi energetici necessari per la costruzione del solo tunnel di base e anche al consumo energetico per raffreddarlo (52 Megawatt) e ventilarlo in continuazione.
Inoltre il rapporto COWI dell’Unione Europea conferma che la “autostrada ferroviaria dimezza il tonnellaggio utile” (a parità di peso lordo trasposta soltanto 75.000 tonnellate nette all’anno invece che 175.000).
Infine è pura fantasia e frutto di documenti letti male, e capiti ancora meno, l’affermazione che nel tunnel di base basti una locomotiva per trainare 4.000 tonnellate: i moduli di 750 metri (cioè 4.000 tonnellate) che sono alla base del progetto della Torino-Lione prevedono una locomotiva in testa e una alla fine.

Il Presidente
(dott. Mario Cavargna)

L’Italia al guinzaglio della NATO

Da Fulvio Grimaldi:
Invio il link a una mia intervista all’agenzia “Sputnik” sul ruolo della Nato e dell’Italia nella Nato, nel quadro dell’accerchiamento Nato della Russia, delle sanzioni alla Russia e della minaccia, reiterata da Hillary Clinton, di un’aggressione alla Russia con conseguente certezza di una conflagrazione mondiale.   
Colgo l’occasione per  riferirmi a un’intervista segnalatami, senza coordinate, in cui Giulietto Chiesa affermerebbe ora che non ci sarebbero stati i 19 dirottatori sauditi l’11 settembre, ma che l’attentato sarebbe stato compiuto dai servizi segreti sauditi in combutta con quelli Usa. La toppa è peggio del buco che, come ricorderete, era un articolo di GC su ilfattoquotidiano.it, da me ripubblicato per intero in “Giulietto Chjiesa, l’iroso debunker” (www.fulviogrimaldicontroblog.info) in cui l’autore scriveva testualmente che erano stati i “sauditi a tirare le fila dell’11 settembre“, attraverso l’uso di 19 piloti dirottatori sauditi che avrebbero così fatto crollare le torri. Ricorderete anche che tutta la precedente pubblicistica di GC affermava, in accordo con vastissimi e inconfutabili studi, che la distruzione era avvenuta per demolizione controllata per iniziativa interna all’establishment Usa.
La nuova versione cerca di attenuare l’assurdità della prima inversione a U, ma tiene il punto della fondamentale responsabilità saudita, con gli Usa in secondo piano e Israele, dimostrata partecipe dell’evento, del tutto esonerata. Ora, i servizi sauditi stanno a quelli Usa, collaudati in decenni di operazioni sporche e False Flag, come una vipera sta a un cobra, per cui anche il nuovo assunto è grottesco. Gravissima , poi, è la dimenticanza di Israele, di cui ricorderete l’arresto di agenti del Mossad che filmavano festanti l’attentato alle torri mentre accadeva (quindi ne erano informati) e sono stati trovati in possesso di un pullmino zeppo di tecnologia spionistica. Furono quasi subito rilasciati e fatti rientrare in Israele.
Se qualcuno ha il link per l’intervista che mi è stata indicata, gli sarei grato per farmelo avere.
Come vedete la questione Giulietto Chiesa non è personale.

Un drone della NATO

© Sputnik. Alexey Vitvitsky

16:47 12.09.2016

Tatiana Santi

La NATO cerca in tutti i modi di dividere l’Europa dalla Russia e tiene l’Italia al guinzaglio, coinvolgendola suo malgrado in una guerra fredda sempre più calda. Costellata di basi americane, l’Italia si ritrova così alla mercé degli Stati Uniti.

La NATO fa veramente gli interessi dell’Europa? Le continue esercitazioni militari ai confini con la Russia, le costose missioni di guerra in giro per il mondo non daranno poi evidentemente tanta stabilità e sicurezza ai Paesi europei.

Dal canto suo l’Italia, sotto il controllo militare a stelle e strisce del suo territorio, si ritrova, mani legate, ad agire anche contro i propri interessi, continuando a sottoscrivere le sanzioni alla Russia.

“Siamo vittime di un’autocastrazione nei confronti dei nostri stessi interessi. L’Europa si sta pestando i piedi, si sta mutilando”,

ha sottolineato in un’intervista a Sputnik Italia il giornalista e documentarista Fulvio Grimaldi.

— Fulvio, secondo lei che cosa vuol ottenere la NATO con la sua espansione nell’Europa orientale ai confini con la Russia?

La base militare di Sigonella

© AP PHOTO/ ANDREW MEDICHINI Italia, laboratorio di guerra NATO&USA

— È un fenomeno estremamente preoccupante anche perché sta per arrivare probabilmente alla presidenza degli Stati Uniti Hillary Clinton, una persona che si è sempre dimostrata radicale nei rapporti con gli altri Paesi e in particolare con la Russia. C’è da avere molta paura su quello che succederà, sulla base di quanto è stato preparato dal presidente Obama. Si tratta di un progressivo assedio nei confronti della Russia, che si vede praticamente circondata da tutte le parti possibili e immaginabili da strutture militari sempre più robuste degli Stati Uniti e della NATO. È un fenomeno preoccupante che non trova alcuna giustificazione, perché nessuno nell’opinione pubblica e in generale percepisce una minaccia da quella parte, percepisce semmai il pericolo di un’accentuazione della tensione a livello mondiale che non può portare a nulla di buono. Lo ribadisco alla luce del fatto che probabilmente verrà alla presidenza degli Stati Uniti una persona che si è dimostrata molto incline alla violenza, all’aggressività e alla guerra.

— Con una possibile vittoria della Clinton secondo lei la NATO diventerà ancora più aggressiva e muscolare?

— Non è un rischio, ma una certezza. Hillary Clinton è sostenuta dal settore politico Neocon, quello che da 15 anni ha impostato una politica, prima con Bush poi con Obama, che preme verso un conflitto sempre più acuto e intenso nei confronti di chiunque si opponga al dominino e alla globalizzazione militare, politica, economica neoliberista degli Stati Uniti. Figuriamoci se questo personaggio non rappresenterà un’accentuazione di tensione.

Hillary si oppone ad un altro candidato, Trump, il quale ha dato segni di avere qualche perplessità su questo tipo di politica aggressiva e ha preso le distanze dal potenziamento della NATO e dalla necessità di pretendere una difesa dei Paesi del Baltico. La Clinton rappresenta l’ascesa del complesso militare industriale securitario americano.

— La Polonia, dove si sono svolte recentemente la maxi esercitazioni NATO “Anaconda”, ha acquistato dall’americana Raytheon batterie di “Patriot”, una spesa militare importante. Nei Paesi Baltici a rotazione sono stanziati 4 battaglioni dell’Alleanza Atlantica. Per non parlare degli scudi missilistici in Romania. Questa tensione giova all’Europa stessa?

Il partenariato NATO per le manovre della pace

© AP PHOTO/ MKHITAR KHACHATRYAN, PHOTOLURE

Lettonia, il primo battaglione della NATO potrebbe arrivare in primavera

— All’Europa nulla di tutto questo giova. L’Europa segue questo carro di violenza e guerra fredda degli Stati Uniti, ma che diventa sempre più calda, una guerra che interessa certi settori della produzione di armi impostati sul mondialismo e il dominio della potenza unica. Questo non conviene certamente all’Europa che ha per situazione geografica, geopolitica, culturale un partner naturale che è l’Est europeo e l’Asia. Il concetto dell’Eurasia è profondamente radicato nella storia e nelle necessità economiche.

Per seguire gli interessi esclusivi degli Stati Uniti siamo costretti ad imporre delle sanzioni che danneggiano probabilmente meno la Russia di quanto non danneggino i produttori e gli agricoltori europei. Siamo vittime di un’autocastrazione nei confronti dei nostri stessi interessi. L’Europa si sta pestando i piedi, si sta mutilando. L’aveva già fatto al tempo della guerra contro la Jugoslavia, quando si distruggeva un pezzo d’Europa per gli interessi degli Stati Uniti.

Ora l’Europa continua su questa strada in virtù del fatto che ha una classe dirigente totalmente asservita agli interessi statunitensi e che non bada agli interessi delle proprie popolazioni. In Italia la situazione è gravissima da questo punto di vista.

— Cioè?

— Abbiamo un Paese che è militarizzato a forza di circa 90 basi americane, inoltre ci sono tutte la basi italiane che sono anche basi NATO a disposizione degli Stati Uniti. Siamo un Paese costellato di basi militari, il che non soltanto è un peso economico finanziario pesantissimo, ci costa l’ira di Dio a scapito di ospedali, scuole, modifiche del territorio. È un fenomeno inoltre che ci mette a rischio facendo di noi un possibile bersaglio di qualcuno che vuole effettuare rappresaglie contro l’aggressività della NATO, di cui noi siamo membri. In Sicilia abbiamo la situazione del M.u.o.s che è la nuova base satellitare statunitense da dove l’America comanderà le varie guerre in Africa e in Medio Oriente. Per la Sicilia è un gravame da un punto di vista aziendale e civile.

Ma questa è davvero l'Italia?
Ma questa è davvero l’Italia?

Abbiamo la Sardegna che è costellata di basi NATO utilizzate dagli Stati Uniti, dove tutte le industrie militari del mondo collegate all’Alleanza Atlantica fanno le proprie esercitazioni e i propri esperimenti su nuove armi. Tutto ciò avvelenando il territorio e nuocendo alla salute della popolazione. Stiamo soffrendo molto per questa schiavitù essendo membri della NATO.

— Questa schiavitù di cui parla si riflette sull’economia, ma anche sulla politica dell’Italia?

— Il peso economico è enorme. Le missioni militari che la NATO ci impone in giro per il mondo, costano circa 55 milioni al giorno. Con il contributo di altri ministeri si sale a 80 milioni al giorno per l’impegno militare di un Paese che non ha nessun interesse a fare operazioni militari nei confronti di nessuno, perché non è minacciato da nessuno.

Questo controllo militare capillare sul nostro territorio, che si combina al controllo politico che è storico e nasce dalla fine della II Guerra Mondiale, quando siamo entrati in un rapporto di subalternità con gli Stati Uniti, ci pone alla mercé. Questo ci priva di qualsiasi possibilità di autodeterminazione.

— Un esempio di questi condizionamenti politici è anche l’allontanamento dell’Europa dalla Russia, per via delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti?

Matteo Renzi

© AFP 2016/ FILIPPO MONTEFORTE

Anche l’Italia al fianco della NATO sul fronte orientale

— È un’assoluta certezza. Si cerca in tutte le maniere, attraverso la militarizzazione dei confini e il controllo politico economico, di impedire che ci sia uno sviluppo naturale, fisiologico, storico e culturale di un rapporto benefico fra l’Europa e l’Est, quindi con la Russia. Si cerca di allontanare l’Europa e la Russia anche attraverso una propaganda russofoba intollerabile che sta assumendo dei toni incredibili contro una Russia, che dopotutto si pone in difesa del diritto internazionale e in difesa dei popoli aggrediti.

— Che scenari futuri si immagina personalmente in questo complesso scenario geopolitico?

— Purtroppo non vedo elementi che giustifichino ottimismo. Vedo qualche speranza nel fatto che ci sono sempre più evidenti manifestazioni di volontà popolare che si oppongono a questa strategia di scontro e delle sanzioni. Anche attraverso nuove organizzazioni politiche in vari Paesi europei credo ci sia una presa di coscienza che questo tipo di strategia aggressiva ci porta alla rovina. Spero questo sviluppo possa fermare la mano ai politici e impostare un altro tipo di politica. Si deve sperare in questo.

Leggi tutto: http://it.sputniknews.com/opinioni/20160912/3360690/italia-usa-nato-basi-militari-economia.html

QUAND UN POLITICIEN CAMEROUNAIS COMPRADORE INSULTE AFRIQUE MEDIA, SES PANELISTES ET LE PANAFRICANISME !

PANAFRICOM/ 2016 09 13/

http://www.panafricom-tv.com/

https://www.facebook.com/panafricom/

https://www.facebook.com/Panafricom2/

 LOBE

Elimbi Lobe, paneliste arrivé sur le plateau d’Afrique Media TV pour défendre la marionnette Jean Ping, tricheur pris la main dans le sac (voir les écoutes téléphoniques de la Sûreté gabonaise), et inciter les gabonais à l’émeute et à la destruction !

Lobe est un de ces nombreux faux opposants camerounais, qui dans la réalité ne servent que de faire-valoir consentants, avec son parti le SDF.

Liberté d’expression me direz-vous ?

Mais le voilà qui sur les réseaux sociaux insulte les panélistes, les vrais, ceux qui ne sont pas vendus à Bruxelles, Washington ou au Quai d’Orsay : ce sont des « bouffons » dit ce clown authentique. Ils apprécieront. En attendant, un vrai panéliste, Banda Kani, a quitté les plateaux outré (avec raison) suite au « Bongo Bashing » de Lobe et de ses comparses …

Le voilà qui insulte aussi le combat panafricaniste :

Il ne faudrait pas demander la suppression du Franc CFA, la fermeture des bases militaires, etc … Son argument : les hommes au pouvoir ne le demandent pas. Normal, comme leur porteur de valises Lobe, ce sont des bourgeois compradores au service du néocolon.

SANCTIONNER LOBE ET SON PARTI !

Toute cette vomissure a débouché sur une crise entre AMTV et son public. Qui clame sa colère.

Tout ce sabotage doit se payer :

Aux prochaines élections, nous devons appeler les camerounais à sanctionner ces politiciens qui clament leur haine du Panafricanisme : PAS UN VOTE POUR LE SDF !

PANAFRICOM

http://www.panafricom-tv.com/

https://www.facebook.com/panafricom/

https://www.facebook.com/Panafricom2/

FILLON, ANCIEN PREMIER MINISTRE FRANCAIS : “ON HUMILIE LES RUSSES” …

EODE/ 2016 09 13/
INTERVIEW de l’ancien Premier ministre François Fillon
par La Libre Belgique (ce 12 septembre) :
 
Extrait/ “La Russie est un partenaire incontournable de l’Europe. C’est aussi un pays instable qui peut être dangereux s’il se sent menacé et s’il n’est pas correctement traité. J’ai donc toujours pensé qu’il y avait une erreur de stratégie des Européens à considérer la Russie à la fois comme un adversaire et comme un pays sous-développé. On humilie les Russes (…)”
 
EODE