Torino, i No Tav propongono epigrafi funerarie per i vertici europei dell’alta velocità

6 sett 16 Repubblica :

La provocazione in occasione dell’incontro di giovedì tra la sindaca Appendino e Louis Besson, presidente della commissione intergovernativa Torino-Lione e il coordinatore europeo Laurens Jan Brinkhorst

di Mariachiara Giacosa

http://torino.repubblica.it/cronaca/2016/09/06/news/torino_i_no_tav_propongono_epigrafi_funerarie_per_i_vertici_europei_dell_alta_velocita_-147279316/

Torino, i No Tav propongono epigrafi funerarie per i vertici europei dell'alta velocità

Louis Besson (1937-21xx), francese, instancabile padrino del progresso e della terza linea ferroviaria del Moncenisio, nel 2003 riuscì a convincere il presidente della Repubblica francese Jacques Chirac ad approvare il progetto Torino-Lione nonostante il parere di abbandonarlo emesso nello stesso anno dalle istituzioni francesi Consiglio Generale dei Ponti e delle Strade e Ispezione Generale delle Finanze”. “Laurens Jan Brinkhorst (1937-21xx), olandese, difensore delle libertà e del progresso, è stato all’onore nel processo del Tribunale Permanente dei Popoli – TPP che nella sua sentenza del novembre 2015 ha scritto: “Si sottolinea la particolare gravità e insensibilità del comportamento del coordinatore europeo del corridoio TEN-T Mediterraneo Laurens Jan Brinkhorst che ha contribuito alla diffusione di informazioni non controllate e alla squalificazione della protesta delle comunità di val di Susa ignorandone i contenuti reali, e stigmatizzandole come poco rappresentative e violente”.
Sono i testi delle epigrafi che il Comitato No Tav suggerisce per i futuri monumenti alla gloria del presidente della commissione intergovernativa Besson e del coordinatore europeo Brinkhorst in occasione della loro visita giovedì a Torino per incontrare la sindaca Chiara Appendino e parlare della Torino Lione nei confronti della quale la prima cittadina ha da subito espresso posizioni contrarie. Certo un messaggio di benvenuto originale, quello dei No Tav, che oltre alle epigrafi per un futuro monumento alla gloria, suggeriscono ai due visitatori alcuni doni da consegnare all’inquilina di Palazzo Civico. Lo annuncia in una nota diffusa questa mattina il comitato No Tav ironizzando sulla fatica improba che i due dovranno fare per tentare di convincere Appendino della bontà del progetta ipotizza che i due ” ottuagenari, da anni instancabili padrini della Torino-Lione e legionari francesi d’onore” svolgano il compito per “gloria personale e per conto di quella di altri”. Per parte loro i No Tav annunciano il proprio dono alla sindaca: “Una Grande Opera del passato, l’Eneide, nella quale Publio Virgilio Marone ha scritto Temo i greci anche quando portano donifrase detta da Lacoonte ai troiani per convincerli a non fare entrare il cavallo di Troia” invitandola a non lasciarsi convincere dal pressing dei due. 

la repubblica 07-09-16 la stampa 07-09-16

SOTTO A CHI TOCCA

 http://fulviogrimaldi.blogspot.it/

MONDOCANE

Nuova immagine

Riproduco qui sotto un commento che ritengo esemplare a un mio recente post su www.fulviogrimaldicontroblog.info. E’ la risposta che io non saprei dare meglio a tutti coloro che si sono avventati in FB e nel blog sulle mie osservazioni circa gli avvenimenti in corso intorno al Campidoglio e nelle quali asserivo che, alla resa dei conti, Raggi e il M5S sono infinitamente migliori di TUTTI gli altri, per quanti errori e difetti possano esibire. MI ricrederò una volta che si saranno dimostrati all’altezza dei Renzi, Giacchetti, Meloni, Orfini, Mafiacapitale e tutti coloro che provano a sotterrarli.

Tra chi è intervenuto c’è di tutto. Persone perbene, perplesse, parzialmente informate, creduloni, che rispetto: non tutti hanno modo di cercarsi nel pagliaio delle menzogne l’ago della verità. Poi ci sono gli eterni utili idioti per i quali – e la cosa comunque li mantiene comodamente al calduccio – tutto quello che cola dai giornali e dagli schermi è aporia a prescindere, da credere, obbedire, ripetere. Infine ci sono gli amici del giaguaro, stavolta particolarmente indemoniati, come lo sono ogni volta che gli si martella il nervo scoperto. E’ gente in malafede che campa di provocazioni e perlopiù si nasconde sotto logore etichette di sinistra dalle quali emana un forte odore di carogna. La tecnica è quella di buttarla in rissa e, ahinoi, a volte ci riescono col risultato, voluto, di confondere tutti e alienare il resto.

Su quanto è scritto qui da questo mio amico dissento solo su una cosa: non ritengo utile spegnere giornali e tv. Sentire e leggere quello che cola da schermi e pagine, dai vari Molinari, Calabresi, Maggiorni, Bignardi, Mazzà, Orfei, Semprini, Gruber e via spurgando canali e rotative, ci fa capire cosa vogliono Bilderberg, massoneria, mafia, guerrafondai. E possono suggerire antidoti. Sennò si finisce nel vuoto e si ruota intorno al proprio asse.

Anonimo ha lasciato un nuovo commento sul tuo post “LA STREGA SANTA, IL PAPA, I NAZISIONISTI DI PARIGI…”:

Per Alex1 , lo disse e lo ripetette fino alla nausea, cinquant’anni fa, il grande ed immenso Pasolini: la televisione vanta un potere dittatoriale inattaccabile, se lanci un messaggio attraverso il media televisivo esso è già, intrinsecamente, e di per sé, un assioma incontrovertibile. Non vi è possibilità di replica. L’assolutismo dispotico del media Tv è naturalmente e indissolubilmente connaturato al media stesso. In altre parole… “puoi dire le cazzate più pazzesche che ti passano per la testa durante la diretta di un qualsiasi “talk show” spazzatura e stai certo che non meno dell’ottanta per cento dei telespettatori abboccherà. Puoi raffazzonare un servizio per un TG con immagini che non c’entrano alcunché con l’evento accaduto e raccontare i fatti in modo impreciso e fuorviante ed anche in questo caso avrai la medesima percentuale di ingannati. La carta stampata vanta pure essa la medesima aura di assoluta credibilità e fondatezza. Anche qui, puoi scrivere delle corbellerie assolute e venir giudicato dai lettori attendibile, serio e professionale al di là di qualsiasi dubbio. Mi vengono in mente i quotidiani fotocopia, le agenzie di stampa etc. . Tutto un sistema mediatico posseduto e gestito dai soliti quattro o cinque padroni che dirigono le masse a loro piacere. I giornalisti, come dei bravi soldatini dicono “sissignore”, al padrone, al soldo, ed al potere personale, alla carriera e all’autocelebrazione di sé stessi.

Poi esiste anche, come sottolinei tu giustamente, la “poltroneria intellettuale”.

“Tanto perché perder tempo a documentarsi?”. No, l’informazione (corretta e trasparente) non è solo un diritto, ma è anche un DOVERE. Sì, lo affermo con gran forza, il DOVERE di ogni cittadino. E se il cittadino, NON LO SA, bisogna insegnarglielo. Il cittadino ha il DOVERE, civico e morale, di informarsi e di andare alla ricerca della verità. Monica Maggioni …. ciao ciao… bello il Bilderberg? Allora, non accendiamo più quella “scatola marcia”… per dirla come si diceva anni fa, adesso invece le tivvù sono ultrapiatte e ti spiano pure.

Meno male che esistono ancora giornalisti VERI come Fulvio.

LA PRESSE FLAMANDE A HELAS RAISON : CHARLEROI NE SE RELEVERA JAMAIS AVEC LA PARTICRATIE RAPACE ET INCAPABLE QUI L’A RUINEE …

Luc MICHEL pour LA REPUBLIQUE D’EUROPE/

2016 09 06/ 3e édition mise à jour/

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 REP - LM charleroi sans avenir (2016 09 06) FR

“La Belgique ne fabriquera-t-elle bientôt plus rien ?”

– Het Laatste Nieuws.

“Charleroi est toujours la ville la plus peuplée de Wallonie, mais elle a seulement un passé, pas – ou peu – d’avenir”

– Guido Fonteyn (De Morgen).

“Caterpillar était un des derniers gros employeurs pour les personnes peu qualifiées, proportionnellement nombreuses à Charleroi. Où ces gens vont-ils trouver encore un emploi ?”

– Pascal Verbeken (De Standaard).

La fermeture de Caterpilar n’est pas un accident industriel, c’est l’aboutissement d’un long processus, qui a fait de la première ville industrielle de Wallonie le “tiers-monde de la Belgique”, où l’activité principale c’est le chômage et l’intérim précaire. Responsables et coupables : les arrogants politiciens wallons, si suffisants, encore plus insuffisants !

CATERPILAR : PAS UN ACCIDENT MAIS LA FIN D’UN PROCESSUS

Et dans ce processus Caterpillar n’avait été qu’un remède provisoire, face à une désindustrialisation du Bassin Rhin-Meuse voulue au niveau mondial. “L’arrivée de Caterpillar fut considérée comme une opportunité unique pour sortir la Wallonie de la crise dans laquelle la plongeait la fermeture des charbonnages. Une page noire qui se termina dans les années 1980 avec la fermeture du Roton. L’époque se caractérisa par le déclin de l’industrie lourde et du secteur textile. Le monde politique se tourna vers les investisseurs étrangers. Avec un joli coup de pouce des banques, comme le rappelait l’économiste Alexandre Lamfalussy dans le livre relatant sa vie paru chez Racine”, commentait LA LIBRE samedi.

L’Histoire sait se montrer cruelle : voilà la dernière grande usine qui ferme le jour où ces mêmes politiciens entendaient “fêter” les 350 ans de la Ville ! Pas de champagne et de feux d’artifice pour les 6.000 chômeurs de plus. Bon anniversaire les carolos ! Et souvenez-vous que les citoyens ont les élus qu’il méritent. Ceux-là, de Van Cauwenberghe à Magnette le parachuté, les deux bourgmestres PS du déclin carolorégien (introduit par le premier, clôturé par le second), c’est vous qui les élisez depuis 35 ans …

UNE PRESSE FLAMANDE CRITIQUE

« La Flandre ne ferme pas les yeux sur le désarroi des travailleurs de Caterpillar. Les médias néerlandophones ont largement couvert le drame social qui s’est abattu sur Gosselies. Au Nord du pays, experts universitaires, responsables politiques et éditorialistes jettent cependant sur l’événement un regard plus froid, plus sombre. Le discours général contraste avec les réactions francophones, qui oscillent entre compassion, volontarisme obligatoire (“il faut faire plier Caterpillar”) et tentatives de positiver malgré tout (“Charleroi, pôle d’excellence dans les biotechnologies”). Au-delà des reportages, des portraits d’ouvriers licenciés, un constat semble s’imposer dans la presse flamande. L’horizon s’annonce extrêmement noir pour toute la province du Hainaut », commente LA LIBRE. « Avec fatalisme, le quotidien HET LAATSTE NIEUWS, replace Caterpillar dans la litanie des fermetures témoignant de l’inexorable déclin de l’industrie lourde : Duferco-La Louvière, Carsid-Charleroi, Arcelor-Liège, Ford-Genk, Opel-Anvers… D’où cette question posée par le journal : “La Belgique ne fabriquera-t-elle bientôt plus rien ?” Les réponses des experts sont nuancées, et pessimistes. L’industrie manufacturière ne disparaîtra pas, mais deviendra de plus en plus spécialisée, avec un personnel appelé à se réduire comme peau de chagrin. »

« CHARLEROI N’A PAS D’AVENIR »

Dans une tribune publiée par DE MORGEN, l’essayiste Guido Fonteyn pose un constat clinique. “Il y a deux sortes de villes en Wallonie : les villes avec une histoire centenaire et une université – Liège, Namur et Mons – et des villes relativement jeunes, comme Charleroi et La Louvière, sans université, et sans histoire centenaire.” La première catégorie peut envisager l’avenir avec un certain optimisme, même si le contexte économique wallon reste compliqué. Pour la seconde, en revanche, il n’y a guère d’espoir, à moins d’hypothétiques solutions à long terme. Guido Fonteyn suggère de fonder une université à Charleroi. L’auteur évoque le passé industriel glorieux de Charleroi et La Louvière, au temps du verre, de l’acier et du charbon. “Ces endroits peuvent sembler moches aujourd’hui, mais pendant plusieurs générations, les ouvriers s’y sont sentis heureux.” Les usines ont fermé, les gens sont restés. “Charleroi est toujours la ville la plus peuplée de Wallonie, mais elle a seulement un passé, pas – ou peu – d’avenir.” Guido Fonteyn demande à Paul Magnette, ministre-Président wallon, d’oser dire la vérité. “L’avenir de Charleroi ne s’annonce pas bon, pour longtemps.”

Dans DE STANDAARD, l’écrivain Pascal Verbeken, auteur d’un livre sur les traces des immigrés flamands en Wallonie, se montre aussi catégorique. “Le XIXe siècle n’est pas encore totalement terminé à Charleroi”, juge-t-il. Sa réflexion comporte une part de tragique. “Caterpillar était un des derniers gros employeurs pour les personnes peu qualifiées, proportionnellement nombreuses à Charleroi. Où ces gens vont-ils trouver encore un emploi ?” Samedi, “De Standaard” titrait : “13 % de chômeurs, et puis ça.” “La province sinistrée du Hainaut doit à présent digérer la perte de plus de 5 000 emplois”, observait le quotidien.

Professeur d’économie à la KUL, Herman Daems a participé à la reconversion du Limbourg après la fin de Ford-Genk. Très sollicité par les médias flamands, il recommande “un certain réalisme” aux pouvoirs publics carolos. Ses conseils : ne pas espérer un repreneur, négocier de bonnes conditions de fermeture.

Lorsque l’homme fort du régime belgo-flamand, le nationaliste flamand Bart De Waever, explique qu’il y a « deux démocraties en Belgique ». il y a aussi deux presses. Et la Flamande, visiblement, diverge totalement de la Francophone. Les citoyens flamands, comme les français de Belgique, n’ont plus rien à attendre des deux …

LUC MICHEL / LA REPUBLIQUE D’EUROPE

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Diluvia sui terremotati, passerelle di legno tra le tende

lunedì, 5, settembre, 2016
ACQUASANTA TERME (ASCOLI PICENO), 5 SET – Assi in legno come passerelle tra le tende nel campo di Acquasanta Terme, dove sta piovendo intensamente. “Per ora ce la facciamo – dice il sindaco Sante Stangoni -, speriamo che la pioggia non aumenti, altrimenti…”.
 
Tecnici del Comune e addetti della Protezione civile hanno lavorato, in preparazione dell’ondata di maltempo che si è abbattuta sulle zone terremotate, pulendo tombini e rinforzando i canali di scolo. Nella tendopoli ci sono 22-23 tende, un’altra ventina sono dislocate nelle varie frazioni e sono quelle la cui situazione è più difficile da controllare. “Abbiamo 400-500 persone che dormono fuori casa – aggiunge Stangoni -, nelle tende o in macchina”. Tra le note positive, indicate dal sindaco, “non fa freddo”. ANSA

L’elezione in Nicaragua sarà un test

curiosa la strategia della Cia che coordina i migranti per destabilizzare il paese…..sembra un film già visto
agosto 23, 2016
 
Nil Nikandrov Strategic Culture Foundation 19/08/2016
 
honduras
Dopo che tre statunitensi dell’ambasciata degli Stati Uniti furono accusati di spionaggio e cacciati dal Nicaragua, una protesta fu presentata a Managua contro questa decisione “ingiustificata”, e il governo nicaraguense venne avvertito che il rapporto tra i due Paesi subirà un danno inevitabile nel turismo, commercio ed investimenti cogli Stati Uniti. Il dipartimento di Stato avvertiva che gli statunitensi subirebbero minacce in Nicaragua. La guerra di propaganda contro il regime di Daniel Ortega è diventata così feroce che i commentatori politici concludono sui piani di Washington per “porre fine alla dittatura” in Nicaragua una volta per tutte. L’Iniziativa democratica di Spagna e Americhe (IDEA), forum internazionale creato nell’aprile 2015 per attaccare Ortega e altri leader “populisti” dell’America Latina e dove Washington ne sceglie i membri: tra i favoriti vi sono Álvaro Uribe della Colombia, Alejandro Toledo del Perù, Lucio Gutiérrez dell’Ecuador, Felipe Calderón del Messico, Óscar Arias del Costa Rica, José María Aznar della Spagna, e altri. Tali politici collaborano con gli Stati Uniti continuando a riferirsi a Washington anche dopo il pensionamento. 
 
IDEA dichiarava ad agosto di esser molto critica verso il Nicaragua, leggendovi un’espressione da guerra fredda: “La comunità internazionale trova la violazione del sistema democratico in Nicaragua tanto preoccupante che gli ex-capi di Stato e governo ibero-americani hanno deciso di chiedere a OSA e UE di supervisionare criticamente tali gravi violazioni dell’ordine democratico e costituzionale”, continuando a dire che le dichiarazioni dei membri dell’IDEA “possono essere precedute da azioni politiche e diplomatiche, come previsto dal diritto internazionale… per difendere la democrazia e ristabilirla laddove è stata compromessa, come l’attuale esempio del Nicaragua”. Negli attacchi al governo del Nicaragua, la National Security Agency degli Stati Uniti usa materiali ottenuti in anni di sorveglianza elettronica del Presidente Ortega, della famiglia e della cerchia ristretta. L’abile uso di tali materiali rende possibile far circolare ogni sorta di sciocchezze volte a diffamare i politici da colpire con ritorsioni pubbliche. Quasi ogni leader del blocco “populista” in America Latina è attualmente oggetto di tali bassezze: Inácio Lula da Silva, Dilma Rousseff, Cristina Fernández de Kirchner, Rafael Correa, Nicolás Maduro, Evo Morales e altri.
 
Daniel Ortega ha guidato il suo Paese per 13 anni. Fu eletto per tre volte: nel 1985, 2006 e 2012, e non si prevede che avrà avversari nelle prossime elezioni del 6 novembre. I rivali di Ortega lottano tra di loro. Nonostante gli sforzi da dietro le quinte dell’ambasciata degli Stati Uniti, non è stato possibile consolidare l’opposizione nelle elezioni. Perciò gli Stati Uniti hanno lanciato una guerra lampo di propaganda contro Daniel Ortega, sua moglie Rosario Murillo e i figli. Il filo conduttore di tali “rivelazioni” è noto, qualche fesseria su abusi di potere, corruzione, conti di svariati milioni di dollari in banche estere, proprietà di beni immobili all’estero. 
 
Gli Stati Uniti continuano a ciarlare di presunti paralleli con la famiglia del dittatore Anastasio Somoza, “Somoza García accumulò una fortuna enorme, lui e la famiglia divennero tra le persone più ricche delll’America Latina. Al momento della morte, nel 1956, lasciò ai figli 200 milioni di dollari, che triplicarono in pochi anni. Suo figlio Anastasio Somoza Debayle aveva 130 proprietà immobiliari, così come residence e appezzamenti di terreno. Era proprietario di una compagnia aerea (Líneas Aéreas de Nicaragua), di una stazione televisiva (Televisora de Nicaragua), delle miniere d’oro di San Uribe e San Albino, e altro ancora”. 
 
Ci si potrebbe chiedere cosa la ricchezza di Somoza abbia a che fare con Ortega e la sua famiglia? Tuttavia, l’autore dell’articolo scrive: “Com’era usuale nei regimi totalitari del passato, non ci sono informazioni affidabili sulle finanze del Presidente del Nicaragua e di sua moglie. Tale questione nodosa è top secret”. Anche se non ci sono “informazioni attendibili” continua a sostenere che la famiglia possiede la catena di stazioni di rifornimento Distribuidora Nicaragüense de Petróleos, oltre a media tra cui quattro canali televisivi, stazioni radio, giornali, siti web, ecc. Inoltre, Ortega ha il controllo del progetto del canale transoceanico che collegherà gli oceani Pacifico e Atlantico, il cui costo è stimato in 50 miliardi di dollari. Questo mega-progetto ha l’appoggio dell’imprenditore cinese Wang Jing.
 
Naturalmente, il mega-progetto cinese del Canale del Nicaragua è accolto con ostilità da Washington. Non vuole alcuna competizione con il Canale di Panama. E la società Distribuidora Nicaragüense de Petróleo è un modello di cooperazione energetica tra Venezuela e Nicaragua con qualche presenza privata presumibilmente utilizzata dagli amici di Ortega per un loro arricchimento personale. Negli anni in cui i sandinisti erano all’opposizione, Ortega era costantemente di fronte al problema di accedere ai media. I tentativi di comunicare le sue idee al pubblico invariabilmente subivano il boicottaggio. 
Ma ora la situazione è cambiata drasticamente. Ortega ha cambiato la situazione a proprio vantaggio. Il governo controlla centinaia di siti Internet, nonché i notiziari Nicaragua Triunfa e Nicaragua Comovamos. Decine di stazioni radio provinciali lavorano per il governo, così come stazioni nazionali influenti come Radio Sandino, La Nueva Radio Ya, Radio Nicaragua e Radio Primerísima. Il lavoro del governo e del presidente ha una copertura favorevole sui canali televisivi gestiti da membri della famiglia Ortega. Canal 13, Multinoticias Canal 4, Canale 8 e Telenica Canal 10, e i canali filogovernativi includono anche Canal 23, Canal Extra In Plus, 100% Noticias ed altri. Nessuno dei presidenti “di sinistra” latino-americani gode di una copertura così efficace nell’informazione e propaganda come Ortega. Eppure, nonostante le accuse di esseere una dittatura, il Paese non ha la censura. L’opposizione e, di conseguenza, l’ambasciata degli Stati Uniti, ha la piena possibilità di fare proselitismo
Giornali popolari come La Prensa e El Nuevo Diario e il settimanale Confidencial sono impiegati con particolare vigore verso tale obiettivo. Ortega risponde immediatamente, usando una terminologia ferocemente antimperialista e anti-statunitense. Né tace quando Washington attacca gli alleati del Nicaragua. I discorsi di Ortega a sostegno di Russia, Cuba e governi amici in Ecuador, Bolivia e altrove risuonano in lungo e in largo.
Le basi ideologiche della politica internazionale di Ortega sono immutate negli ultimi anni: basandosi sul rifiuto totale dell’egemonia statunitense, accoppiato a patriottismo, nazionalismo e “socialismo dal volto del Nicaragua”, oltre al supporto alla via latinoamericana all’autentica democrazia popolare. Questo politico 70enne non ha mai cambiato convinzioni rivoluzionarie. 
 
Detto ciò, però, è uno stratega flessibile che sa che una superpotenza può colpire in qualsiasi momento e che gli Stati Uniti sono ancora imprevedibili e pericolosi. Da leader di un piccolo Paese che non ha altra scelta se non manovrare, riesce a farlo senza compromettere i propri principi. Nel dicembre 2015 la CIA lanciò l’ennesima provocazione contro il Nicaragua. Influenzati da notizie sulla possibile sospensione dell’amministrazione Obama del trattamento preferenziale che i migranti cubani ricevono entrando negli Stati Uniti, in centinaia si precipitarono ad emigrare dall’Isola. Il percorso suggerito dai “ben intenzionati” di Miami fu: prima in aereo da L’Avana all’Ecuador (alcun visto necessario), poi in bus fino al Messico, e da lì negli Stati Uniti. 
 
Niente di cui preoccuparsi, o almeno così sembrava. Tuttavia, la contro-intelligence del Nicaragua ebbe alcune informazioni sui piani della CIA per usare tali migranti per agitare le acque. Dopo l’arrivo in Nicaragua dal Costa Rica, il loro viaggio verso Honduras, Guatemala e Messico doveva fermarsi e gli immigrati cubani si sarebbero trovati bloccati in Nicaragua per molto tempo. Come previsto dalla CIA, avrebbero dovuto essere la miccia della bomba a orologeria per destabilizzare il Paese. Pertanto, la decisione di Daniel Ortega fu netta: non ci sarebbero state porte aperte e chi aveva tracciato il piano dei migranti, doveva subirne il caos! 
 
La pretesa che i migranti fossero ammessi fu urlata al “regime disumano” da tutte le organizzazioni per i diritti umani finanziate da fondazioni statunitensi. I membri del Sistema d’integrazione centroamericana (SICA) criticarono pubblicamente la decisione di Ortega. I migranti stessi, come a un segnale, cercarono di sfondare il confine con il Nicaragua, con bambini e donne gravide messi avanti. Il governo del Nicaragua ebbe bisogno di tempo per respingere i fuggitivi in Costa Rica. Le tensioni scesero dal febbraio-marzo 2016. Ortega rifiutò di farsi ricattare e Washington dovette finanziare di nascosto l’alleata Costa Rica per mantenere i migranti ed evacuarli via aerea…
Con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali in Nicaragua, nuove provocazioni sono da attendersi dalle agenzie d’intelligence e dall’ambasciata degli Stati Uniti. L’ambasciatrice Laura Dogu lavora assiduamente con la comunità imprenditoriale del Nicaragua, per persuaderla che l’amministrazione sandinista e la sua politica del “socialismo dal volto del Nicaragua” potrebbe colpire soltanto i loro interessi commerciali. L’ambasciata degli Stati Uniti ha evidentemente intensificato il lavoro con media e attivisti di organizzazioni non governative ed organizzazioni indigene, così come coi giovani. Le agenzie d’intelligence degli Stati Uniti, diplomatici, membri dello staff di USAID (un ramo della CIA) e volontari dei Peace Corps puntano le loro speranze sui giovani del Nicaragua, vedendo la demografia come promettente nella lotta al regime del Nicaragua. La Costituzione non ostacola la rielezione del Presidente Ortega. È stato accusato di avere il controllo del potere esecutivo, legislativo e giudiziario, ma il fattore principale per garantirne la rielezione è l’ampio sostegno popolare, di cui Ortega gode grazie ai programmi sociali creati durante il suo mandato. 
 
Nonostante le idee socialiste ed antimperialiste, il presidente ha molti sostenitori nel mondo degli affari del Paese. Le previsioni elettorali di novembre non appaiono di buon auspicio per i cospiratori dell’ambasciata degli Stati Uniti: Daniel Ortega ancora una volta sarà eletto presidente.
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La ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.
 
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

L’ONU chiede agli elettori del mondo di respingere i “populisti bigotti”

in nome della democrazia, in democrazia SI DEVE VOTARE CHI CI IMPONGONO LORO, un tantino contraddittorio no eh? Dai su fate una legge per mettere al confino o in galera questi pericolosi “terroristi” che attentato alla democrazia
martedì, 6, settembre, 2016
 
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L’ONU tradisce se stessa e i suoi principi per proseguire il progetto mondialista e l’affermazione dell’islam in Europa.. Queste dichiarazioni sono di una gravità inaudita. Questo sarebbe il “il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali” che è uno degli scopi dell’ONU?
 
L’AJA, 6 SET – “Fantasisti” della politica, potenzialmente in grado di scatenare “colossale violenza” con i loro toni demagogici, fatti di “mezze verità, manipolazione e paura”: questo il giudizio di condanna nei confronti di politici populisti come Donald Trump e l’olandese Geerd Wilders espresso dall’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Zeid Ra’ad al-Hussein, citato da vari media. Parlando all’Aja, Zeid ha ricordato di essere musulmano e di avere il ruolo di “difendere e promuovere i diritti umani di ogni individuo, ovunque”.
 
Chiedendo agli elettori del mondo di respingere i “populisti bigotti”, ha detto di essere “arrabbiato” per il leader anti-Islam e anti-immigrati Wilders, per le sue “bugie, mezze verità, manipolazioni” e perché “fa leva sulla paura”.
 
A Wilders Zeid ha accomunato il candidato repubblicano alla casa Bianca Trump, il primo ministro ungherese Viktor Orban, la leader del Front National francese, Marine Le Pen, e il leader dell’Ukip britannico, Nigel Farage. (ANSA)
 
Votare è inutile. Ormai sono le organizzazioni sovranazionali che decidono chi ci deve governare e in che direzione. La democrazia è morta da tempo

“A 79 anni sopravvivo con 300 euro al mese, mangio una volta al giorno”

siamo certi che la società civile italiota tanto solidale SI PRODIGHERA’ IMNNEDIATAMENTE
 
lunedì, 5, settembre, 2016
 
Mentre Renzi preleva in Libia clandestini che (NON) fuggono dalla fame (basta guardarli), i nostri anziani soffrono la fame vera
 
anziani
Molti italiani a Parma e provincia si trovano in una condizione di grave ristrettezza economica che li porta a mettersi in fila alla mensa della Caritas, ad andare in stazione a ricevere il pacco con i generi alimentari di Pane e Vita e a cercare un posto dove dormire, all’aperto. Ma c’è anche chi, pur avendo un tetto sopra la testa, fa fatica a mettere insieme il pranzo con la cena. Anzi, sceglie per necessità di effettuare un solo pranzo durante la giornata. Tra i mendicanti in giro per la città avevamo trovato alcuni italiani, tra cui anche anziani.
 
La storia di Carla (nome di fantasia) è come quella di tante altre: 79 anni, una vita da casalinga alle spalle: “E’ stato un lavoro dignitoso e utile che ho svolto con rispetto per tutta la vita” ci racconta. Poi, le prime difficoltà economiche, la morte del marito “che ha lavorato per quarant’anni prima come agricoltore e poi all’Anas”, la morte dell’unico figlio e la solitudine.
 
Carla, la tua pensione di permette di sopravvivere? “Con una pensione di 350 euro non mi permette di mangiare due volte al giorno. A parte alcuni debiti che mi ritrovo a dover pagare e che incidono su una parte del mio stipendio, per il resto ci sono le spese della casa, del riscaldamento e delle bollette. In questo devo farci rientrare anche il cibo ed è sempre più difficile. Alcune amiche mi vengono a trovare e ceniamo insieme, così il cibo lo portano loro. E’ un accordo tacito: non ce lo siamo mai detto ma loro conoscono la mia situazione”.
 
Nelle scorse settimane abbiamo trattato il tema di chi, per necessità, ruba cibo nei supermercati. Tu cosa ne pensi? “Devo ammettere che io qualche cosa l’ho pure rubata, perchè non sapevo come fare. Il prosciutto non me lo posso permettere ed è capitato che lo prendessi senza pagarlo. Non penso che possa incidere sugli affari del supermercato e sul futuro dei dipendenti. Io, in alternativa, non avrei potuto mangiare, nemmeno una volta al giorno”.
 
Riesci, durante la giornata, a fare i pasti regolarmente? “Solitamente mangio una volta al giorno, ogni tanto riesco a fare sia il pranzo che la cena. Ormai mi sono abituata, quando era ancora vivo andavo spesso da mio figlio, che mi ospitava volentieri. Era un tesoro ma poi se n’è andato a causa di un incidente stradale e mi è caduto il mondo addosso. E’ successo dieci anni fa: mi ricordo ancora la disperazione che provai. Lui lavorava come ambulante nei mercati: il suo camion si è scontrato frontalmente con un’auto e lui è morto dopo una settimana di coma in ospedale”.
 

L’ONU vuole un «rimpiazzo» in Italia: 26 milioni di immigrati entro il 2050

fenomeno spontaneo eh?
 
venerdì, 24, ottobre, 2014
al sicuro
 
24 ottobre – Nel 2050 un terzo della popolazione italiana sarà composta da immigrati. Stranieri sbarcati nel Belpaese per lavorare e figli e nipoti dei migranti che in questi giorni il Mediterraneo sta rovesciando sulle nostre coste.
 
Nello studio «Replacement Migration: is it a solution to declining and ageing populations?», redatto dal Dipartimento degli Affari sociali ed economici dell’Onu vengono analizzati i movimenti migratori a partire dal 1995 e, attraverso modelli matematici, vengono prospettati diversi scenari che disegnano per l’Italia la “necessità” di far entrare tra i 35.088.000 e i 119.684.000 di immigrati per “rimpiazzare” i lavoratori italiani. Visto che tra 36 anni gli over 65 saranno il 35% della popolazione e presupposto che il tasso di natalità per donna resti fermo a 1,2 bambini (negli Anni Cinquanta la media era 2,3).
 
Se c’è chi chiede se per far fronte ad un declino economico e sociale inevitabile non sarebbe meglio promuovere politiche a favore delle famiglie per supportare chi vuole far figli, dall’altra le Nazioni Unite stanno studiando come “sostituire” ai lavoratori italiani, francesi, inglesi, tedeschi, spagnoli quelli provenienti dal Terzo Mondo per non far crollare l’economia e il sistema pensionistico.
 
 
 
Nel 2050, secondo il dossier, saremo in 41.197.000, solo 194mila in più di quanti eravano 64 anni fa. Il livello demografico più alto dal dopoguerra l’Italia l’ha toccato nel 1995, con 57.338.000 residenti registrati. Da allora una lenta e progressiva discesa, accompagnata dal calo della natalità e dal costante invecchiamento della popolazione. Fenomeno che condividiamo con quasi tutti i paesi europei. Ad esempio la Francia, che nel 1901 vedeva nascere per ogni matrimonio 7,8 figli. Mezzo secolo dopo era già scesa a 2,7 per poi attestarsi a 1.7. In Germania per ogni coppia ci sono 1,30 bambini e in Gran Bretagna 1,78. Nell’Unione Europea la media è di 1,5 nascite per ogni donna. Troppo poco per mantenere gli attuali livelli di sviluppo. Meno nascite, alla lunga, significano meno lavoratori attivi che, quindi, non ce la faranno a sostenere con i contributi il peso delle pensioni. Come evitare che la «macchina» s’inceppi? Che milioni di anziani si ritrovino senza indennità? Come mantenere stabili le entrate per i tributi da tradurre in welfare, soldi da spendere per sanità, trasporti e servizi pubblici? Le soluzioni potrebbero essere molte.
 
Le Nazioni Unite intravedono come via principale quello di «rimpiazzare» (come riportato nel titolo del dossier) l’Europa e l’Occidente che invecchia con una massiccia iniezione di immigrati da Asia, Africa e Oceania. Lo studio prende in considerazione quelli in età lavorativa, tra i 15 e i 64 anni, che dopo lo sbarco molto probabilmente si stabiliranno dalle Alpi alla Sicilia. Vivranno con noi, si sposeranno, faranno figli e nipoti. Così che, anno dopo anno, l’Italia degli italiani si trasformerà in un «melting pot», un’insieme di razze, culture, religioni dove tra quarant’anni a stento saremo ancora maggioranza.
 
Ventiseimilioni di immigrati e i loro discendenti risiederanno a Roma, Milano, Napoli e nei mille Comuni della Penisola nel 2050. Ora sono 4,4 milioni contro i 7,8 presenti in Germania. Il primo ministro inglese David Cameron ha annunciato misure restrittive per gli stranieri in materia di accesso ai sussidi di disoccupazione e alle liste d’attesa per le case popolari.
 
Londra nello scenario più «spinto» dovrà farsi carico di altri 59 milioni di migranti nei prossimi 36 anni, per sostituire i lavoratori che andranno in pensione e quelli che moriranno. Dovranno sostituire pure i connazionali che verranno seppelliti all’ombra dell’Union Jack, che di fatto sono nati nel Regno Unito e lì resteranno. Così accadrà in Italia e nei 27 Stati dell’Ue.
 
«In Francia, Germania e Gran Bretagna – scrive il Dipartimento degli Affari sociali ed economici dell’Onu – il numero di immigrati necessari per mantenere costante sia la popolazione totale che la popolazione in età lavorativa varia irregolarmente nel tempo a causa di strutture di età specifiche . Questi numeri sono paragonabili al numero di immigrati ricevuto nel corso degli ultimi dieci anni. In Germania e in Italia, invece, lo scenario porterebbe tra il 30 e il 40 per cento la popolazione popolazione immigrata nel 2050, che è molto più alta di quella attuale».
 
L’immigrazione, come testimoniano i dati della Guardia Costiera e della Marina Militare che hanno soccorso 150mila stranieri con l’Operazione Mare Nostrum, non segue modelli stabili di crescita ma esponenziali. Di tutti gli sbarchi segnalati negli ultimi vent’anni nel Mediterraneo il 45% è avvenuto nel 2014. E il 48% di chi non ce l’ha fatta, è morto tra le onde quest’anno. Chi è riuscito ad entrare in Italia, dopo mesi, anni di clandestinità pare riesca a trovare lavoro più facilmente degli italiani. Il 60,1% degli stranieri presenti nel Belpaese risulta occupato contro il 59,5% di lombardi, veneti, romagnoli, pugliesi e piemontesi. L’arrivo di nuovi migranti da Tunisia, Egitto, Siria, Cina, Afghanistan, Pakistan, Nigeria, Somalia, Marocco propugnato dalle Nazioni Unite potrebbe essere interpretato da più di qualcuno come uno schiaffo a quel 40,5% di italiani, nella stragrande maggioranza giovani, che non ha lavoro. Milioni di «invisibili» di cui non viene fatta menzione nel dossier. Come se la disoccupazione non esistesse.
 
L’obiettivo che sembra preoccupare gli statisti che nel Palazzo di Vetro a New York disegnano scenari appare esclusivamente quello di far raggiungere all’Europa, sempre nel 2050, il rapporto di due lavoratori per ogni pensionato. Come modello vengono indicati gli Usa dove il rapporto è 2,8 occupati per ogni cittadino «a riposo». Nell’Ue la media è di 1,45.
 
«L’immigrazione di rimpiazzo è tra le possibili politiche di risposta da considerare», insiste l’Onu, «per mantenere adeguati livelli di crescita». Schede zeppe di dati, analisi, grafici, tabelle. C’è di tutto nel dossier. Nemmeno una parola però, neppure un cenno, agli italiani e agli europei che ora sono senza lavoro e ci resteranno con l’arrivo di milioni di stranieri. Come se la crisi non esistesse. L’immigrazione di massa è destinata a rivoluzionare la realtà sociale, a (s)travolgere l’Europa che conosciamo, ma anche di questo non c’è traccia. Solo numeri e aride statistiche. Basta che i conti tornino.
 
Alessandra Zavatta  – il tempo