LA PROTESTA NO TAV È UN FESTIVAL: NASCE LA “WOODSTOCK DELLA VALSUSA”

http://www.lastampa.it/2016/07/21/cronaca/nasce-la-woodstock-della-valsusa-la-protesta-no-tav-un-festival-fOI0n33xDsOwtGa4jU38PM/pagina.html

Subsonica, Finardi, 99 Posse, Statuto, Ensi e anche Nino Frassica ospiti a Venaus
 Nei prossimi giorni la Valsusa sarà invasa da migliaia di giovani provenienti dall’Italia e da mezza Europa
 
21/07/2016
PAOLA ITALIANO
TORINO

Sarebbe «solo» un festival di musica, se tutti gli artisti – tanti – non venissero a costo zero perché hanno sposato una causa; se a organizzarlo non ci fossero almeno 250 volontari; e se moltissimi di questi volontari non fossero abitanti della valle che ospita l’evento, commercianti, casalinghe, artigiani, contadini. Sarebbe «solo» l’ennesimo festival estivo se il palco da cui risuonerà la musica non si trovasse a Venaus, tra i monti dove il Piemonte è quasi Francia, sotto i piloni dell’autostrada su cui campeggia la scritta No Tav e nel luogo esatto del vecchio cantiere per la costruzione della Torino-Lione, poi abbandonato per quello di Chiomonte, santuario di quella che per il movimento è una delle vittorie più importanti di 25 anni di lotta.  

«ALTA FELICITA’»  

Sono tre giorni di musica, performance, dibattiti, reading, passeggiate nella natura, mercatini a chilometro zero, da domani a domenica. Partecipano gruppi e cantanti da sempre vicini al movimento, ma anche nuove adesioni. Subsonica, Eugenio Finardi, 99 Posse, Statuto, Ensi. Nomi di giovani artisti come i rapper Rocco Hunt e Clementino. Anche nomi che non ti aspetti, insoliti nel contesto, come quello di Nino Frassica. E special guest come gli attori Elio Germano e Franco Neri, Luca Mercalli, gli scrittori Wu Ming 1 e 2. E poi ci sono i prati nella spianata di Venaus attorno ai quali, nel dicembre 2005, in pieno inverno, si registrarono i primi scontri con le forze dell’ordine e che in questo fine settimana, sotto il sole di luglio di una verde estate, si riempiranno delle tende dei campeggiatori, e sono già più di un migliaio quelli che hanno fatto la prenotazione informale. È la Woodstock della Valsusa, che contrappone al «treno supersonico», come lo chiama il cantautore Antonio Pascuzzo, che ne ha ispirato il titolo, l’alta felicità: spirito comunitario contro concorrenza spietata, condivisione invece di profitto, lentezza da opporre alla fretta. Cercare il futuro nel passato, sentire parlare i contadini dei loro prodotti e non domandare genuinità a un’etichetta. 

SOGNO, UTOPIA?  

Gli organizzatori credono che nell’esperienza dei 25 anni di lotta e di presidi del popolo No Tav ci sia la prova che quello che sognano e propongono sia un mondo possibile. Venaus sarà chiusa al traffico (ma la statale sarà percorribile per proseguire oltre il paese, con i volontari impegnati anche a rallentare il traffico nella zona del Festival), le macchine resteranno lontane, a Susa, ci saranno delle navette a portare a Venaus i partecipanti, dove per navetta si parla di furgoncini, ma anche di qualunque altro mezzo messo a disposizione dai volontari. E al treno che sfreccia saranno contrapposte le camminate a bassa velocità, come hanno detto Elio e le Storie Tese nel video promozionale con cui hanno voluto contribuire al Festival: anche guide e guardaparco si sono messi a disposizione per portare i visitatori sui sentieri, come il Sentiero dei Gufi, passeggiata notturna tra faggi e betulle. E come «le visite guidate al mostro», 5 chilometri fino al cantiere di Chiomonte, per raccontare e spiegare le ragioni del movimento.  

Quei magnifici settantenni No Tav che non mollano mai

http://ilmanifesto.info/quei-magnifici-settantenni-no-tav-che-non-mollano-mai/

manifesto

Le storie. Marisa, Nicoletta e Paolo sono diventati il simbolo del popolo valsusino in lotta: li racconta il regista Daniele Gaglianone. Perquisizioni, misure cautelari, l’obbligo di recarsi ogni giorno in caserma. «Momenti difficili, che ci hanno cambiato: ma in meglio»

 

Marisa Meyer durante un momento di protesta in Val di Susa

 © Luca Perino

 VAL SUSA

21.07.2016

20.7.2016, 23:58

«Qui in val di Susa l’abbiamo capito da tempo: la politica dei partiti non ci interessa più. Noi con questa lotta moralmente abbiamo già vinto perché abbiamo costruito qualcosa che nessuno ci potrà mai togliere». Così parlava Marisa nell’estate del 2012 di fronte alla mia telecamera, con la serena determinazione di chi ha capito da che parte stare. Il volto di Marisa si illumina con un sorriso: «Certo che se perdiamo – il sorriso diventa una risata – ci saccagnano di brutto!». La risata è accompagnata dall’eloquente gesto della mano che preannuncia le (ulteriori) mazzate per i riottosi no tav. Marisa chiude il discorso scrollando le spalle come a dire: non c’è problema, io sono e resto qui. Ho sempre pensato che quella risata sia una di quelle epifanie in cui tonnellate di parole, di azioni, di desideri si condensano in un gesto. Il vecchio adagio contro chi detiene il potere de una risata vi seppellirà espressa in forma pura da una anziana signora valsusina. Ci saccagnano di brutto.

Una risata li seppellirà
Ne vale la pena se alla fine si riesce a ridere immaginandosi le botte che lo Stato darà per farla finita con questo movimento: perché da qui, da dove si è arrivati con questa risata, non si torna più indietro. Ho ripensato a tutto questo quando ho visto la foto di Marisa sorridente con il suo bastone mentre esce dalla caserma dove si doveva recare per l’obbligo di firma, in seguito alle misure cautelari previste dalla procura di Torino. Ho riconosciuto ancora l’irriverente serenità di quel sorriso, ma ho provato amarezza perché quella foto trasmette una consuetudine a cui non ci si deve abituare. Non è affatto normale che una signora di 71 anni debba andare a firmare in una caserma. A meno che il ci-saccagnano-di-brutto non sia arrivato a una nuova fase che non riguarda solo la vicenda di Marisa. Dopo aver dichiarato che si perseguivano solo le illegalità commesse e non il diritto al dissenso, dopo aver agitato lo spettro degli anni di piombo per far scattare nella testa della gente la superficiale ma efficace associazione no tav=terrorismo, ecco la nuova frontiera: i vecchi.

Marisa racconta della perquisizione compiuta a casa sua. «Li ho caricati di miserie! Ma non vi vergognate? A 71 anni ancora questo mi doveva capitare!». Alla domanda se è in possesso di droga e/o armi la risposta è ancora una risata. Sequestrano una bandiera no tav come prova (!) dell’appartenenza al movimento. Sequestrano una felpa del famigerato NPA, Nuclei Pintoni Attivi, una formazione che mangia e beve di fronte alle recinzioni del cantiere e che ironicamente riprende una sigla bellicosa imputata ai no tav qualche anno fa.

A Marisa si contesta di aver garantito copertura e supporto a coloro che parteciparono agli scontri del 28 giugno 2015, quando un gruppo di manifestanti attaccò i jerseys posti per bloccare il percorso verso il cantiere. Marisa era su un furgone dove son stati trovati materiali che sarebbero stati utilizzati negli scontri. «Non riesco a camminare e ho chiesto un passaggio, che cosa c’era o non c’era dentro il furgone non lo sapevo». Un anno dopo arriva la misura cautelare che dovrebbe aver senso se viene predisposta in un arco temporale vicino ai fatti contestati quando ci si può rendere irreperibili e far sparire prove (la bandiera no tav): «Ma a 12 mesi di distanza che senso ha?», si chiede Marisa. «Da anni ci vogliono esasperare sperando che qualcuno perda la testa».

La linea politico/giudiziaria messa in atto dal coagulo di interessi dentro la Torino Lione ricorda una sorta di accanimento terapeutico con finalità però alterate. Qui l’accanimento si manifesta con la volontà di voler ammazzare un malato (da guarire come facevano gli inquisitori con le streghe e gli eretici) che non ha nessuna intenzione né di spegnersi né di abiurare. «Ma dove credono che lei possa andare, in Australia?!?». Marisa racconta che in caserma le han rivolto questa domanda. «Magari!», è stata la risposta. Anche se credo che Marisa non desideri andare né in Australia né altrove.

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Nicoletta Dosio

C’è un’altra signora di 71 anni, che sta benissimo dove sta. Per Nicoletta la notizia dell’obbligo di firma è caduta in un momento in cui lei si sentiva fisicamente debilitata. Le misure cautelari, previste per lo stesso episodio, le han fatto passare ogni malessere e le è tornata tutta l’energia necessaria per decidere di rifiutare l’obbligo di firma. «Mi devono portare in galera». Nicoletta lo ha scritto in una dichiarazione che è un manifesto di dignità: «Non accetto di far atto di sudditanza con la firma quotidiana, non accetterò di trasformare i luoghi della mia vita in obbligo di residenza né la mia casa in prigione; non sarò la carceriera di me stessa».

«Io mi rifiuto: non firmo»
Nella dichiarazione si ribadiscono le ragioni di una radicale opposizione a un progetto che è il paradigma del sistema che regola il paese e le nostre vite. «Sete di giustizia sociale che ci fa schierare contro lo spreco di denaro pubblico e ci impegna al fianco delle lotte per la casa, contro le privatizzazioni, per una sanità e una scuola pubblica e gratuita. Indignazione verso un sistema che garantisce libera circolazione alle merci e ai capitali, ma alza barriere invalicabili contro chi fugge dalle guerre e dalla fame».

Qui è maturato qualcosa che trascende le locali e legittime rivendicazioni bollate come nimby. Anche perché questo progetto si realizza su un territorio specifico ma ha una ricaduta enorme su tutto il paese in termini di spesa e perché oggi più che mai ad apparire interessati a difendere il proprio cortiletto non sono i valsusini; un cortiletto angusto, colmo di una retorica che sopravvive a se stessa sempre più a stento, dove una Grande Opera ricorda più la cantierizzazione eterna di quel bancomat statale che è la Salerno/Reggio Calabria e sempre meno l’utopia delle grandi comunicazioni europee di Jacques Delors citate dai fautori del Grande Buco, buco che rischia di tramutarsi in farsa con il rottamante premier che in val di Susa non si reca mai, per il timore forse che qualcuno gli passi la pagina dove scrisse che la Torino Lione era un’opera fuori dal tempo.

Nicoletta sottolinea un salto in quest’ultima tornata di provvedimenti giudiziari: nonostante tutto ciò che si è vissuto in valle, «è la prima volta che si colpisce in modo irrispettoso, come a volersi vendicare di qualcosa. Secondo gli schemi mentali che appartengono a chi fa questi provvedimenti, i vecchi sono i garanti dell’ordine costituito. Ma qui noi vecchi siamo diventati cattivi maestri e se è per cercare un’umanità diversa, io lo rivendico. Quelli che ci accusano mi fan pensare all’ispettore Javert de I Miserabili di Victor Hugo. Un personaggio triste, prigioniero di un senso del dovere privo di umanità che quando si sente schiacciato dalla statura morale del galeotto Jean Valjean decide di gettarsi nella Senna perché il vuoto della propria vita gli risulta insopportabile».

In preghiera alle recinzioni
Di fronte alla vicenda di Paolo, l’immagine dell’ispettore Javert è ancora più inquietante. Paolo ha 74 anni e fa parte di un gruppo di cattolici molto conosciuto da chi sta dentro il cantiere, perché dal 2011, alcuni di loro si recano in preghiera ogni giorno di fronte alle recinzioni. Paolo è accusato di aver ferito 4 poliziotti e aver spaccato due scudi in dotazione quando alcuni europarlamentari erano stati autorizzati a entrare nel cantiere e dei militanti volevano accompagnarli. La polizia ha negato loro l’accesso. Paolo mi mostra il video che documenta il momento di tensione dove i poliziotti dovrebbero essere stati feriti e gli scudi spaccati.

«Europarlamentari e No Tav al cantiere di Chiomonte sul ponte di Clarea 3 ottobre 2015» è disponibile su Youtube. Paolo è quel signore visibile sulla destra con gli occhiali, con il cappello grigio e lo zaino sulla schiena. Ma non voglio descrivere il video. Dico solo che al termine della visione ho chiesto di vederne una seconda parte che mostrasse finalmente il fatto alla base di queste accuse: ci doveva essere per forza qualcos’altro da vedere. Paolo ha scosso la testa. Quello che si vede è ciò che è accaduto.

Sette chiodi nella caviglia
A casa sua Paolo mi mostra una radiografia di qualche anno fa: si tratta della sua caviglia sinistra dove si possono vedere 7 chiodi ed un perno, in seguito a un incidente. È veramente difficile immaginare che il vecchio che ho davanti, zoppicante e con qualche chiletto di troppo sia il pericoloso soggetto descritto dall’accusa. Attenzione: a scanso di equivoci non voglio dire che Paolo sia buono, secondo l’accezione ipocrita che di questo termine si tenta di far passare, come non occorre essere cattivi per avere forza e determinazione nel compiere dei reati. Paolo questo lo sa molto bene ed è pronto a correre dei rischi. Ma per ciò che fa, non per ciò che non fa. Il magistrato a capo dell’indagine ha proposto l’arresto, il gip lo ha negato. Nel marasma di ciò che accade giornalmente, che ci sia stato qualcuno che ricoprendo un ruolo istituzionale abbia usato il proprio tempo e le proprie energie per discutere seriamente dell’arresto di Paolo, 74 anni e sette chiodi nella caviglia, come un atto di routine giudiziaria sulla base anche del filmato che ho visto, significa che millimetro dopo millimetro in un lento bradisismo, e non durante una scossa di terremoto, è accaduto qualcosa che fino ad un attimo prima si trovava nella sfera dell’impensabile.

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Paolo Perotto

«Quando ho ricevuto la busta con le accuse ho provato scoramento. Ora provo misericordia: se son ridotti a fare queste cose a uno come me deve essere gente molto infelice. Invece io nonostante tutto sono felice. Questa lotta mi ha cambiato tanto. Sono un persona più aperta, accogliente, entusiasta. E penso che la vittoria non sia qualcosa di definitivo ma uno stato d’animo, un cammino di umanizzazione». Paolo sorride ma c’è una parte di lui che prova tristezza, perché è una famiglia intera a sentirsi colpita e trattata come delinquenti in un paese dove la presunzione di innocenza vale solo per certe categorie. Se sei un no tav poi, la presunzione è sempre e solo quella di colpevolezza secondo la prassi del colpirne uno per educarne cento.

In questi anni voci e penne autorevoli, piene di senso di responsabilità, hanno affermato delle cose grottesche come la surreale necessità di fare la Torino Lione per difendere la democrazia da una feroce minoranza che la minaccia. Parole incredibili persino da pensare, in nome dell’ordine costituito. Ma con questo ordine costituito in val di Susa si è consumato uno strappo, devastante soprattutto per coloro che nello Stato ci credevano sul serio. La risposta è la rivolta, intesa come un necessario riposizionamento nei confronti di una realtà che si smette di riconoscere come propria. L’unica risposta possibile di fronte al metro di valutazione utilizzato da parte di chi amministra la giustizia, di chi gestisce l’ordine pubblico, del ceto politico, del mondo della cultura che, tranne rare eccezioni, ha snobbato questa vicenda. Temo che molti di coloro che tentano di gestire questo esistente non avrebbero nessun problema ad adeguarsi a scenari in cui lo stato di diritto retrocedesse, magari a causa dell’acuirsi della crisi economica e sociale.

Nella storia del ’900 molti si sono adeguati senza patemi d’animo ai sistemi totalitari. Sto esagerando? Non lo so. Alla fine, mi conforta la giovinezza in barba all’anagrafe di Marisa, di Nicoletta. Mi conforta l’immagine di un vecchio che da solo guarda in silenzio le forze dell’ordine schierate davanti a lui, appoggiandosi al bastone. Mi conforta la sua fede nell’umanità che non retrocede nemmeno quando gli uomini in divisa gli mollano un colpo, uno dietro l’altro, sulla gamba malferma. Paolo cerca di stare in piedi e di parare i colpi proteggendosi la gamba con il bastone: era un po’ meno anziano una decina d’anni fa. Quando mi racconta questo fatto le lacrime ballano nei suoi occhi. Ma è un attimo di sconforto che passa e deve passare perché la sensazione e la voglia di essere vivi e restare umani deve essere più forte di ogni altra cosa. Anche se l’ispettore Javert ti vuole arrestare, e hai 74 anni e 7 chiodi nella caviglia.

“Vorrei rateizzare la sanzione”. E l’addetto lo prende a schiaffi

esattori sempre più simili a sgagnozzi delle cosche che chiedono il pizzo…
 
Mattinata agitata negli uffici comunali, un uomo finisce all’ospedale
 
Ultimo aggiornamento: 19 luglio 2016
 
rateizzare
L’uomo aggredito è finito al pronto soccorso
Prato, 20 luglio 2016 – Una serie di schiaffi, qualche spintone, cinque giorni di prognosi e 1.000 euro che restano da pagare. Mattinata agitata ieri mattina nell’ufficio servizio governo del territorio in piazza Mercatale 31. Stefano, 38 anni, era salito insieme alla moglie dall’addetto incaricato per cercare di farsi rateizzare la sanzione elevatagli per un mancato controllo sulla caldaia di casa. «Ho ricevuto questa multa alcune settimane fa – ha spiegato –, e già nei giorni scorsi ero andato in ufficio per cercare di farmi rateizzare l’importo visto che ad oggi 1.000 euro tutte in una soluzione rappresentano una bella cifra. Ho dovuto produrre documentazione e portare vari incartamenti».
 
Ieri mattina, per cercare di venire a capo della questione, è salito negli uffici di piazza Mercatale per capire a che punto fosse la sua richiesta. «Niente da fare – ha proseguito Stefano –, mi hanno detto che la rateizzazione non era possibile, e che la sanzione nonostante la mia richiesta di riduzione sarebbe comunque rimasta di 1.000 euro. Ho fatto presente all’addetto che così è difficile andare avanti, che bisogna fare qualcosa per provare a venirci incontro». Uscito dalla stanza è accaduto il finimondo. «Imprecando contro i politici in generale, e dispiaciuto per l’esito della richiesta mi sono avvicinato all’ascensore. A quel punto l’addetto con il quale fino a poco prima c’era stato un dialogo basato su toni normalissimi, mi ha rincorso, spinto dentro l’ascensore e preso a schiaffi.
 
Fortunatamente dopo pochi istanti i colleghi sono intervenuti e l’hanno allontanato. Abbiamo attivato l’ascensore e siamo scesi. Ora vorrei parlare con il sindaco Biffoni. Mi chiedo: “dobbiamo pagare, non fare richieste e venire pure presi a schiaffi?”. Stefano uscito dagli uffici del Comune si è fatto visitare al pronto soccorso dove gli sono stati dati cinque giorni di prognosi per escoriazioni. Subito dopo ha sporto denuncia ai carabinieri.
 

REFERENDUM COSTITUZIONALE, PER CONFINDUSTRIA SE VINCE IL NO, DOPO ATTENTA LETTURA DEI FONDI DI CAFFÈ PREVEDE SCIAGURE E DISASTRI!

referendum confindustria
Confindustria non dovrebbe pensare al dissolvimento delle aziende italiane? Come mai i gioverni esaudiscono ogni sua richiesta PER GARANTIRE LA RIPRESA ma sempre più persone SI RITROVANO SENZA LAVORO E SPESSO CON IL LAVORO MA SENZA STIPENDIO O una elemosina?
 
Confindustria prevede le 10 piaghe d’Egitto se saremo così stolti da votare no al Referendum Costituzionale
 
Come reagire all’umore nero che assale quando prove concrete dimostrano che il disastro in cui è affogato il nostro Paese è strettamente legato, con un nesso di causa ed effetto, al trinomio stupidità-ignoranza-servilismo delle nostre classi dirigenti? Non resta che abbandonarsi al dileggio.
 
Qualcosa più di un sospetto ci era venuto quando come reazione dell’Italia civile alla ventennale presa del potere di un manipolo di pregiudicati ci fu la chiamata alle armi dei più squisiti frutti delle Università di eccellenza. Scesero in campo, assieme a Monti, i tecnici bocconiani e la crema degli studi professionali. Si scoprì che erano dei furbetti incompetenti. Ancora ne stiamo pagando carissime le conseguenze.
 
Allora si cominciò a capire che forse la crisi italiana non era solo fatta da una classe politica indecente, ma che tutto il paese, sotto quest’ultima, era marcito assimilando etica pubblica, usi e costumi e bêtise dai nuovi barbari aggrappati alla difesa della propria azienda, alle poltrone del Parlamento giù giù fino all’ultimo Comune italiano.
 
Non viene in mente una categoria che si stia salvando.
 
Facciamo un esempio. Finora non sono mancate prove dell’ignoranza e del servilismo degli imprenditori italiani. Basterebbe elencare i disastri gestionali di alcune aziende apicali della nostra industria, le svendite a prezzo di saldo, i trasformismi repentini di editori dediti alla finanza, e perfino le buonuscite multimilionarie di amministratori inetti, cacciati a furor di popolo dopo le catastrofi combinate. Ma finalmente è arrivato il riscatto. E viene proprio dalla Confindustria. L’organizzazione degli imprenditori italiani era prima nota solo per la sua abilità a privatizzare i profitti e socializzare le perdite.
 
Altri tempi. Gli industriali si sono acculturati. Uno studio accuratissimo del Centro studi di viale dell’Astronomia ha voluto dare un essenziale contributo alla storia politica del nostro paese e ha analizzato le conseguenze economiche della più che probabile vittoria del “NO” al referendum sulla renziana riforma costituzionale. Tremate genti. Nei prossimi tre anni il Pil precipiterà dell’1,7% invece di crescere del 2,3. Ci saranno 600 mila posti di lavoro in meno (e perché non 599 mila?), e 430 mila persone scenderanno sotto la soglia di povertà. Se invece per caso, voi italiani votate “SI’”, il giorno dopo ben 319 mila italiani troveranno finalmente lavoro e vi saranno grati per l’eternità.
 
La Confindustria non lo scrive ma fa capire che per 90 giorni di seguito grandinerà su tutto il paese e 1563 fulmini annichiliranno altrettanti passanti imprudenti. Per non citare poi l’aumento vertiginoso degli aborti spontanei. Insomma una moltitudine di catastrofi. Prossimamente alcuni storici proveranno inoltre che le dieci piaghe in Egitto furono provocate dall’incoscienza degli egiziani che osarono votare “SI’” a un referendum indetto dal faraone.
 
Quindi, prima di vergare il vostro “NO” sulla scheda pensate bene agli effetti nefasti che causerete con un semplice tratto della vostra matita. C’è chi ha osato esprimere qualche dubbio sulla qualità di questa ricerca. I soliti calunniatori antiscientisti. Il Centro studi della Confindustria fa riferimento alla migliore scuola econometrica di Yale, una vera eccellenza mondiale, e ha acquisito particolari meriti per aver arricchito gli insegnamenti sull’econometria dei premi Nobel Thomas J. Sargent e Christopher Sims con metodi di ricerca innovativi e raffinatissimi.
 
Il calcolo dei nuovi posti di lavoro può essere così preciso perché è frutto di uno studio accurato delle feci e dei fegati di animali sacrificati. Altri dati sono stati rintracciati con l’ailuromanzia, ovvero con l’osservazione del comportamento dei gatti. Anche i fondi di caffè e il volo degli uccelli sono stati utilissimi per il calcolo così esatto del crollo prossimo venturo del Pil. Ma come tutti gli studiosi meticolosi, anche i ricercatori del Centro studi della Confindustria hanno voluto mettere alla prova la scientificità delle proprie previsioni ricorrendo alle più raffinate tesi del metodo falsificazionista popperiano e lo hanno corredato con le varianti proposte da Thomas Kuhn e da Imre Lakatos. E così l’ultima verifica l’hanno compiuta telefonando a Palazzo Chigi. Non ci crederete, ma Luca Lotti e Filippo Sensi, gli uomini della comunicazione di Renzi, in effetti hanno confermato che alla vittoria del “NO” si realizzerà proprio tutto quel cumulo di sciagure. Come volevasi dimostrare.
 
di Critica liberale
 

RICORDI I CARTELLI ANTI ISLAM DI PONTOGLIO? IL COMUNE È STATO MULTATO DI BEN 5MILA EURO

c’è scritto percaso che saranno convertiti coercitivamente tutti i non cristiani? Chiedere rispetto della religione significa chiedere di denigrare le altre? Evidentemente si.
In pratica è garantito il diritto di poter sputare sul crocefisso piuttosto che pisciare sui presepi esposti in pubblico?
 
pontoglio
Dallo scorso 30 novembre chi entrava a Pontoglio, comune di quasi settemila persone in provincia di Brescia, veniva accolto da cartelli singolari. “Paese a cultura Occidentale e di profonda tradizione Cristiana”, si leggeva. In calce l’invito di andare altrove indirizzato a chi non rispettava la cultura locale: “Chi non intende rispettare la cultura e le tradizioni locali è invitato ad andarsene”. Quella trovata è costata 5 mila euro di multa al comune, che li aveva già rimossi sperando di evitare la condanna.
Discriminazione collettiva” nei confronti di immigrati e di chiunque professi una religione diversa da quella cristiana, si legge nell’ordinanza della Terza sezione civile del Tribunale di Brescia. Secondo il giudice la tradizione cristiana non può “essere strumentalizzata da un ente pubblico per ostacolare o condizionare il libero esercizio dei diritti costituzionali da parte di coloro che non si riconoscono nel substrato culturale”.
 
La denuncia era arrivata dalla Fondazione Guido Piccini e dall’Associazione studi giuridici sull’immigrazione. “I cartelli sono contrari alle disposizioni del codice della strada e sono discriminatori” avevano accusato la Fondazione Piccini e l’Asgi, che chiedevano anche la rimozione dei cartelli e la loro sostituzione.
Quelli nuovi avrebbero dovuto contenere, secondo la richiesta, la scritta: “Siate i benvenuti qualunque sia la vostra religione, la vostra cultura, la vostra origine etnica, la vostra condizione sociale”. Ma il giudice ha deciso di condannare il comune al pagamento della multa da 5 mila euro. E adesso chi andrà nel comune del bresciano verrà accolto da un solo cartellone marrone, con su scritto semplicemente: Pontoglio.

A casa del funzionario di Renzi trovate buste con 230mila euro

Pubblicato su 19 luglio 2016 da infosannio
 
Nell’ambito dell’inchiesta di Roma sui processi “pilotati” dalla cricca, la Finanza ha trovato buste con 230 mila euro in contanti
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(Claudio Cartaldo – ilgiornale.it) – In casa di Renato Mazzocchi, funzionario della Presidenza del Consiglio, i finanzieri hanno trovato quello che stavano cercando: 230 mila euro in contanti preparati in bustarelle.
 
I militari sono andati a perquisire la casa di Mazzocchi nell’ambito dell’inchiesta della procura di Roma su Raffaele Pizza, il faccendiere finito nelle cronache per le intercettazioni in cui affermava di aver fatto assumere il fratello di Angelino Alfano alle poste.
Le perquisizioni a casa di Renato Marzocchi
 
Secondo quanto scrive il Corriere, soldi trovati a casa di Mazzocchi sarebbero serviti a pilotare i processi. Una ipotesi che sarebbe supportata anche da intercettazioni ambientali. A Mazzocchi i procuratori arrivano indagando sulla “cricca” di Pizza, quella che ha coinvolto anche il deputato Ncd Antonio Marotta.
 
I soldi trovati in casa dell’ex capo della segreteria dell’allora ministro all’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio sono stati considerati “provento di reato” e sequestrati dal Gip. L’accusa è quella di riciclaggio, ma è ancora chiaro il coinvolgimento di Mazzocchi nella cosiddetta “cricca”.
 
Per quanto riguarda i processi di cui la “cricca” voleva conoscere in anticipo le indagini, ai pm Alberto Orsini (commercialista che i pm considerano la mente del gruppo) ammette di aver ricevuto informazioni sulle indagini che lo riguardavano. Quello che i magistrati dovranno capire è se i soldi trovati nei cassetti di Marzocchi sono quelli pagati da Orsini per pilotare i processi a suo carico.

Anguillara Veneta: Muratore si suicida sparandosi, alla base del gesto problemi di lavoro

era senz’altro un evasore….
Published On: mar, Lug 19th, 2016
 
Una persona si è tolta la vita sparandosi un colpo di fucile alla testa, martedì mattina, davanti al cimitero di Borgoforte ad Anguillara Veneta.
IL DRAMMA. La tragedia si è consumata intorno alle 8. La moglie della vittima avrebbe visto il marito uscire di casa portando con sé l’arma da fuoco. Inutili, purtroppo, i tentativi di richiamare il consorte e le richieste di aiuto ai vicini: l’uomo si è ucciso nella sua auto, parcheggiata all’esterno del camposanto.
IL LAVORO. Da quanto si apprende, negli ultimi tempi la sua attività di muratore avrebbe vissuto un periodo non facile. La situazione di difficoltà lavorativa.(…)
 
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Verzegnis: Perde il lavoro, 43enne si suicida lanciandosi dalla diga dell’Ambiesta

dovrebbe far notizia? GUAI,in Italia siamo tutti choosy scansafatiche
 
Published On: mer, Lug 20th, 2016
 
Tragedia questa mattina di martedì 19 luglio a Verzegnis, piccolo paese carnico vicino a Tolmezzo dove è a stato ricavato un invaso artificiale, quello dell’Ambiesta. Per cause in corso di accertamento, un uomo di 43 anni di Villa Santina, si è recato verso le 10 sul coronamento della diga e si è lasciato cadere nel vuoto. L’uomo è precipitato per circa 60 metri e si è schiantato su una superficie di sasso e cemendo, senza finire in acqua. Inutili, purtroppo, i soccorsi del personale medico del 118 giunto subito sul posto per cercare di salvarlo. Il 43enne è morto sul colpo per le gravissime ferite riportate. L’uomo stava attraversando un periodo difficile dopo la separazione e la perdita del posto di lavoro.(…)
 
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La crisi morde l’Umbria, strage di imprese artigiane. Una al giorno dal 2012 ad oggi

tutti choosy questi italiani, per fortuna che i migranti pagano loro le pensioni
 
Published On: ven, Lug 15th, 2016
 
Continuano a pagare il dazio della recessione le imprese artigiane. E anche i numeri del primo trimestre 2016 parlano di un comparto in grave sofferenza. «Al 31 marzo le imprese artigiane attive in provincia erano 16.738: un numero mai così basso da cinque anni a questa parte. In quattro anni, dal primo trimestre 2012 al primo 2016, il comparto perugino ha perduto 1.586 imprese, passando da 18.324 unità alle attuali 16.738. Come dire, che dal 31 marzo 2012 non è passato giorno senza che chiudesse almeno una azienda artigiana». A commentare i dati è Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di Commercio di Perugia che aggiunge: «Le imprese artigiane sono quelle che più di tutte hanno risentito degli effetti della crisi. E ancora oggi, con la crisi che sembra definitivamente avviata verso la fine, l’artigianato è la sola categoria economica che continua a registrare cali significativi delle imprese attive». Lo prova l’andamento delle iscrizioni nei primi 90 giorni del 2016 ferme a quota 316, il valore più basso registrato nello stesso periodo degli ultimi cinque anni, con una diminuzione dell’1,3% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente. Quanto all’identikit degli imprenditori, il nuovo artigianato perugino è donna (femminile il 15% del totale). Contrastato il dato sui giovani entranti, gli under 35: creano il 20% delle nuove imprese nel I trimestre del 2016, ma in termini tendenziali, calano del 10%. Le imprese straniere, invece, registrano un notevole incremento (+ 21,3%), muovendosi in senso opposto rispetto al dato nazionale, che segna una flessione del 3,2%. Come mai il settore non riesce ancora ad alzare la testa, nonostante soffi il vento della ripresa? «Le difficoltà delle imprese artigiane.(…)
 
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Reggio Emilia: Aumentano i fallimenti, manifatturiero e costruzioni in testa

tanto se perdono il lavoro gli italiani hanno vitto alloggio gratis vero? Niente bollette e niente equitalia no?
 
Published On: lun, Lug 18th, 2016
 
In provincia di Reggio Emilia la crisi economica non è ancora da archiviare. Dopo la flessione del numero di imprese registrato all’inizio del 2016, andamento influenzato da una crescita delle cessazioni, anche i fallimenti riprendono a salire. Secondo l’analisi dell’Ufficio Studi della Camera di Commercio di Reggio Emilia, nei primi sei mesi del 2016 le istanze di fallimento aperte dal Tribunale di Reggio Emilia sono state 73, il 22% in più rispetto allo stesso periodo del 2015, quando i fallimenti coinvolsero 60 imprese. Sempre nel periodo gennaio-giugno le altre procedure concorsuali (concordarti, accordi di ristrutturazione debiti, liquidazioni coatte amministrative) sono invece diminuite, passando dalle 10 del 2015 alle 8 del 2016.
Osservando il settore di appartenenza delle imprese entrate in fallimento si trovano conferme circa le difficoltà registrate in modo particolare da alcuni comparti, primi fra tutti quello delle costruzioni (26 fallimenti) e il manifatturiero (25). Nell’industria è stato particolarmente colpito il settore metalmeccanico per il quale, nel primo quadrimestre del 2016, sono state aperte 11 istanze di fallimento, quasi la metà dei fallimenti del comparto.(…)
 
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