Israel: Prison for Marriage with Non-Jews

June 12, 2016 by TNO Staff—
 
Israeli marriage law makes it a two-year prison offence for any Jew marrying outside of the rabbinical authorities in that country, it has emerged after a failed attempt to overturn the rabbinate’s authority in the Israeli parliament.
 
While it has long been known that the Jews forbid marriage between non-Jews and Jews in Israel, the existence of the prison term as punishment for breaking this law has effectively been kept under wraps until now.
 
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The Israeli parliament, the Knesset, which passed a law making prison mandatory for the crime of a non-Jew marrying a Jew in Israel.
 
The existence of the prison term punishment was revealed after the Israeli parliament voted down an amendment to Israel’s marriage laws this past week, according to an article in the Times of Israel.
 
According to that paper, the proposed law amendment sought to decriminalize marriages performed outside the auspices of the Israeli chief rabbinate, was defeated in a 32–25 vote in the Knesset.
 
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All marriages in Israel are, in terms of the Jewish state’s constitution, under the control of the rabbinate, which only performs unions under Jewish law.
 
This has the practical effect of making it impossible for anyone but a Jew to marry another Jew in Israel.
 
However, the defeat of the amendment pushed the Jewish lawmakers who proposed it, into making the prison sentence punishment aspect of the law public.
 
Critically, the Jewish lawmakers who tried to amend the existing law were not seeking to repudiate the ban on Jews marrying non-Jews. Instead, all they were seeking to do was to amend the rules under which rabbis carried out marriages.
 
 
In other words, the amendment was not aimed at allowing Jews to marry non-Jews. One Knesset member, Yesh Atid MK Aliza Lavie, who proposed the amendment, explained it this way to the Times of Israel: “[The amendment] opens a door so that tomorrow the state can jail anyone who won’t go to the mikveh [ritual bath], or who won’t have their sons undergo a brit milah [circumcision].”
 
Lavie’s proposed law would maintain the criminal aspect of weddings performed without registering the marriage. However, instead of a jail term, the couples—and those who perform their weddings—would face a fine, the Times of Israel added.
 
In conversation with that newspaper, Lavie said that ahead of her new attempt to pass the proposal Wednesday she asked former Religious Affairs deputy minister Eli Ben-Dahan for an appropriate amount for a fine. According to Lavie, he named NIS 500,000 (about $130,000).
 
The Times of Israel went on to reveal that the prohibition on marriages performed outside of the rabbinate stems from Ottoman law, but that the criminalization of the act was only introduced two years ago as a last-minute addition to the Tzohar Law.
 
This “Tzohar Law,” which came into effect in January 2014, allows Jews to choose in which town’s rabbinate to register for marriage, mainly as a means of avoiding potential waiting times in their home towns.
 
In a 2013 global freedom of marriage project, Hiddush ranked Israel on a par with Iran, Pakistan, Afghanistan, Saudi Arabia, and the rest of the fundamentalist Islamic states, in terms of its marriage laws, which have always forbidden marriages between Jews and non-Jews.
 
 
The hypocrisy is clear: Jews and Jewish pressure groups are the first to scream “anti-Semitism” at any suggestion that any other group might have the right to protect its identity, but they all fanatically support Israel, which has laws making it a criminal and prison offence for a Gentile to even marry a Jew.
 

Con 320 euro al mese si può vivere dignitosamente” – Lo ha detto il Ministro Poletti, quello che guadagna 10.000 Euro al mese per sparare cazzate come questa !

ma no, è un kompagno, sta sicuramente lottando per i poveri i deboli i lavoratori i pensionati, e gli ultimi in genere come le sinistre..
 
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Con 320 euro al mese si può vivere dignitosamente” – Lo ha detto il Ministro Poletti, quello che guadagna 10.000 Euro al mese per sparare cazzate come questa !    Un sostegno al reddito pari a circa 320 euro al mese per un milione di poveri, accompagnato da un piano per la loro inclusione sociale. E’ la soluzione proposta dal ministro del Lavoro,
 
Giuliano Poletti, illustrata ieri in una intervista a Repubblica. La scorsa settimana, infatti, il governo ha approvato il disegno di legge delega ed entro sei mesi dal via libera del Parlamento arriveranno anche i decreti attuativi.
 
“E’ un cambiamento radicale – ha detto Poletti – perché nel nostro Paese non c’è mai stato un istituto unico nazionale a carattere universale per sostenere le persone in condizione di povertà. Vogliamo dare a tutti la possibilità di vivere dignitosamente. E’ una riforma che vale almeno quanto il Jobs act. Chi riceverà l’assegno avrà alcuni obblighi, come mandare i figli a scuola o accettare un’occupazione”.  La riforma dovrebbe partire dal 2017, ma già da quest’anno potranno essere utilizzati i 600 milioni stanziati nella legge di Stabilità. L’obiettivo del governo è di fare crescere nel tempo sia l’indennità sia la platea di beneficiari, fino a coinvolgere tutti i quattro milioni di italiani in condizioni di povertà assoluta. Insomma, per un problema sociale urgente si procede per step e non con misure straordinarie. Ma aldilà di questo, c’è una domanda che vorremmo porre al sig. Ministro Poletti: lei riuscirebbe a viverci con 320 euro al mese?  Insomma ci sta prendendo per il culo?
 

Boati in Romania

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5 giugno 2016: sono stati uditi assordanti boati in Romania. Per quanto ci consta, queste deflagrazioni non erano mai state segnalate nel paese dell’est europeo: lo conferma anche il fatto che le autorità rumene non si sono ancora inventata la solita frottola per “spiegare” l’evento e tranquillizzare la popolazione, ossia il fragore dovuto ad un aviogetto che ha superato la barriera del suono. Ribadiamo che l’ipotesi più accreditata circa l’origine dei “tuoni” chiama in causa l’impiego di sistemi laser che reagiscono con il carbonato di calcio diffuso in atmosfera in concomitanza con operazioni igroscopiche.
 
Di seguito la cronaca.
 
Molti cittadini hanno avvertito uno strano boato che ha fatto tremare le finestre, alcune delle quali sono andate in frantumi. Il fenomeno si è ripetuto nell’arco di quindici minuti. I clangori, che sembravano venire dal cielo, hanno spaventato molte persone.
 
Un giovane residente di Nicolina ha riferito: “Ero intento a studiare, quando ho sentito il suono rintronante. E’ stato come se fosse caduto un gigantesco foglio di metallo”. I testimoni dicono che i rombi sono stati uditi in un raggio di 50 – 75 km (da 31 a 46 miglia) intorno a Iasi. […] Un nostro lettore di Iasi ha testimoniato: “Sono state come due gigantesche ondate sonore. Nell’appartamento alcuni vetri si sono infranti ed il mobilio ha tremato, quasi fosse stato un terremoto. Il secondo schianto è durato più del primo, anche è stato meno forte. Dopo il botto, le luci di casa ed il televisore si sono spenti per tornare a funzionare pochi secondi dopo”. […]
 
Secondo Marius Bodea, direttore dell’aeroporto di Iasi, è stata in effetti rilevata una detonazione, ma nella zona non si trovavano aerei in grado di produrre questo rumore. L’unico velivolo militare che ha sorvolato l’aeroporto non era supersonico. I responsabili della Quindicesima Brigata Meccanizzata della Romania hanno comunicato che non era in corso alcuna esercitazione militare.
 
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ROMA HA 12 MILIARDI DI DEBITI, TORINO 3 MILIARDI: ECCO L’EREDITA’ DEL PASSATO.

quelli che “sanno governare” che pontificano contro le nuove arrivate pentastellate.
 
20 giugno
Sono le casse del Campidoglio e il debito ‘monstre’ di 12 miliardi di euro da onorare con 500 milioni l’anno il problema più grande sulla programmazione del lavoro di Virginia Raggi. Il neo sindaco di Roma si troverà ora a progettare il futuro immediato della capitale con un bilancio di previsione approvato dal Commissario Tronca e con una manovra di assestamento da cominciare a studiare. L’unica consolazione è che anche se i margini di manovra sono finanziariamente stretti, i tempi (scadranno il 30 novembre) sono discretamente lunghi. A Torino il debito sfiora di 3 miliardi di euro mentre a Napoli c’è un problema di riscossione. C’è poi la partita relativa alla gestione delle spese di giustizia. Mancano ai Comuni circa 600 milioni di euro.

CORTE COSTITUZIONALE AUSTRIACA INIZIA INCHIESTA SUI BROGLI ALLE PRESIDENZIALI

CI SARANNO ALTRE “STRANE” MORTI, sicuro. O dimissioni improvvise di giudici o inquirenti nel migliore dei casi.
20 giugno – VIENNA – E’ iniziato davanti alla Corte costituzionale di Vienna il dibattimento sulla validita’ delle elezioni presidenziali austriache. L’Fpoe, il cui candidato Norbert Hofer era stato battuto dal verde Alexander van der Bellen per 31.000 preferenze, ha impugnato l’esito, denunciando irregolarità nello spoglio dei voti postali. Fino a giovedì verranno ascoltati come testimoni circa 90 direttori di collegi elettorali. La Corte costituzionale ha tempo fino al 7 luglio per la decisione. Il Fpoe ha presentato un corposo dossier di denuncia di voti falsi, cancellati, addirittura calcolati più volte nel medesimo collegio, con abnormità del tipo: 400% di votanti.

Francia, si fa strada petizione per fermare società senza contanti

20 giugno 2016, di Daniele Chicca
 
NEW YORK (WSI) – Nelle società scandinave un mondo senza contanti è diventato quasi una realtà e in paesi come gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia, dove le transazioni finanziarie elettroniche rappresentano una fetta dominante delle operazioni di denaro, non sembra una distopia così lontana come può sembrare in Svizzera, Germania o Italia, dove le operazioni in contanti sono ancora molto comuni.
 
Dev’essere per questo che la società civile francese si sta muovendo per cercare di impedire lo scenario futuristico di una società senza più contanti in circolazione, in cui il denaro è presumibilmente al sicuro nelle casseforti delle banche ma anche tracciato in toto. Con una misura del genere, l’abolizione del cash, i cittadini perderebbero la libertà di scegliere come disporre del proprio denaro e dei propri risparmi.
 
Verrebbe a mancare anche un diritto fondamentale: quello della proprietà di quello che è stato legittimamente comprato e che viene materializzato con la moneta sotto forma di banconota. La guerra contro i contanti è una lotta contro l’indipendenza finanziaria degli individui.
 
Una petizione online rivolta al primo ministro Manuel Valls, in cui viene lanciato un appello al governo dell’Eliseo contro l’istituzione di una società senza contanti auspicata dai banchieri, sta gradualmente prendendo il largo in Francia. Per ora 17.620 firme sono state raccolte. Nel documento si avvisa contro una pericolosa tendenza: “misure legislative e regolamentari minacciano di escludere per sempre le monete e le banconote dalle nostre vite”.
 
Tra queste misure vengono citati i limiti ai contanti imposti di recente dal governo con la scusa di combattere contro le attività mafiose e di riciclaggio di denaro sporco, i limiti imposti ai prelievi e ai depositi di cash, le restrizioni sui sistemi di pagamento accettati dai commercianti e le norme che tendono a rendere obbligatorio il pagamento con carta di credito o bancomat.
 
Chi ha viaggiato in Francia si sarà reso conto che con una carta di credito è possibile ordinare un caffè al bar o pagare un pacchetto di sigarette dal tabaccaio. In Danimarca le autorità hanno già detto di voler eliminare i contanti e anche in Svezia la liquidità potrebbe diventare presto un ricordo sbiadito. Nel Regno Unito e in Francia le operazioni digitali rappresentano ormai più della metà delle transazioni finanziarie.
 
Negli ultimi mesi diverse banche, come Credit Suisse, si sono esposte, facendo capire di voler arrivare un giorno non molto lontano a una società senza contanti. Non passa un giorno senza che un think tank o un economista non citi i vantaggi di un simile scenario. Sarebbe una situazione ideale per i banchieri centrali, che potrebbero imporre tassi negativi a loro piacimento senza doversi preoccupare dei risparmi dei cittadini e per le banche stesse che non rischierebbero di incorrere in corse agli sportelli della loro clientela.
 
Una delle ragioni dietro al successo dei pagamenti con carte di credito o monete digitali è la facilità di pagamento e la possibilità di mettersi al riparo da eventuali furti. Secondo il “World Payments Report 2014″ di Cap Gemini, citato dalla banca svizzera, “la crescita annuale delle operazioni globali senza ricorso ai contanti è aumentata del 7,7%. Le nuove tecnologie di pagamento, come i portafogli digitali, le criptovalute e i pagamenti peer-to-peer hanno raggiunto il punto critico e presto cresceranno rapidamente”.
 
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Verso una società senza contanti? Le transazioni finanziarie elettroniche nel mondo
 

LA UE CREDE D’ESSERSI SALVATA DAL BREXIT GRAZIE ALL’OMICIDIO COX, MA ORA BRUXELLES S’AFFACCIA SU UN CIMITERO.

venerdì 17 giugno 2016
 
Fino a ieri mattina, i mercati finanziari erano nel panico, la Ue credeva d’avere i giorni contati, ma oggi gli uni e l’altra esteggiano, come si conviene agli sciacalli. Dopo una raffica di sedute in calo, condizionate dai sondaggi che davano i ‘Leave’ in vantaggio in vista dell’imminente referendum sulla permanenza del Regno Unito nella Ue, i mercati finanziari oggi tornano rosei e pieni di speranza in seguito all’assassinio della deputata laburista anti-Brexit Jo Cox per mano di uno squilibrato.
Per quanto sia disgustoso e orripilante tutto ciò, gli investitori scommettono che l’impatto emotivo del delitto possa aumentare i consensi del campo ‘Remain’ a una manciata di giorni dal voto. L’inversione di tendenza dei listini, del resto, era gia’ stata evidente nella giornata di ieri, dopo l’assassino.
Mentre venivano diffusi i primi lanci di agenzia sull’aggressione, prima ancora che venisse comunicato il decesso della parlamentare, i principali indicatori della propensione al rischio avevano cambiato rotta in maniera decisa.
Le borse avevano recuperato le perdite, l’oro si era deprezzato e il rendimento dei Bund tedeschi decennali era tornato sopra lo zero. La conseguente chiusura positiva di Wall Street aveva cosi’ condotto Tokyo a terminare la seduta con un progresso superiore all’1%, mentre le altre piazze asiatiche si erano mostrate piu’ fredde, non potendo peraltro contare sul vento in poppa di uno yen indebolito.
Il petrolio e l’euro, intanto, si erano riportati in rialzo, mentre la sterlina riguadagnava terreno. Tutto cio’ ha condotto a un’apertura in piena “festa”  delle borse europee, che a poco piu’ di mezz’ora dalla chiusura si presentano in netto rialzo trainate dal comparto bancario.
A guidare il rally e’ quindi Milano (+3,48%), dove il settore finanziario ha un peso preponderante e Ubi (+9,73%), Banco Popolare (+9,60%) e Mps (+6,65%) figurano tra i titoli piu’ acquistati in tutto il vecchio continente, alla faccia dei 200 miliardi di eprdite per colpa dei crediti marci che le banche italiane hanno in pancia.
Tonica anche Madrid (+1,77%) dove sono ancora sospesi gli scambi delle azioni di  Gamesa, che ha annunciato una fusione con le attivita’ eoliche di Siemens che dara’ vita al secondo operatore mondiale del settore. Il colosso tedesco della meccanica incassa, da parte sua, un rialzo dell’1,12% a Francoforte, dove l’indice Dax  guadagna lo 0,71% con Deutsche Bank (+5,58%) in grande spolvero.
Banche in evidenza anche a Parigi (+0,80%): Societe Generale segna +6,47%, Bnp Paribas +3,89% e Credit Agricole +4,92%. A Londra (+1,23%), oltre alla finanza (Barclays +4,64%, Lloyds +5,46%, Rbs +3,41%), appare in decisa ripresa il comparto materie prime, mentre arretra Randgold (-4,62%), chiaro sintomo di un aumento della propensione al rischio.
Insomma, i mercati brindano all’omicidio Cox, la Ue crede di essersi “salvata” appoggiando ora sè stessa sulla tomba della povera vittima di uno squilibrato, e adesso non rimane che attendere – dicono a Bruxelles – fiduciosi che i britannici si adeguino alla sorte di rimanere dentro la gabbia Ue, nonostante affacci sul cimitero dove sarà sepolta l’innocente Jo Cox.
Redazione Milano
 
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LE MONDE DENUNCIA: ”CHE FINE HA FATTO L’IMMENSO TESORO DI GHEDDAFI ALL’ESTERO? PERCHE’ NON VIENE RESO AL POPOLO LIBICO?”

venerdì 17 giugno 2016
 
LIBIA – Cinque anni dopo la rivolta popolare del 2011 in Libia, paravento per nascondere in realtà l’aggressione alla Libia perpetrata principalmente dalla Francia di Sarkozy e dalla Gran Bretagna (con alle spelle l’amministrazione Obama) che volevano eliminare Gheddafi pensando con questo di mettere le mani sulle immense ricchezze petrolifere libiche, non un centesimo del tesoro nascosto all’estero da Gheddafi e’ stato restituito alle autorita’ libiche, ovvvero al governo “riconosciuto” da Onu e Ue, ma evidentemente “inadatto” a tornare in possesso di quell’immenso tesoro.
Curioso, vero? I “salvatori” europei (e americani) del popolo libico hanno rubato i beni del popolo libico.
 
Non che l’attuale governo – riconosciuto anche dall’Italia – non abbia tentato, scrive sul quotidiano francese “Le Monde” il caporedattore del settimanale “Jeune Afrique” Seidik Abba: ma la caccia alle ricchezze investite per quarant’anni in tutto il mondo dal defunto Gheddafi si e’ finora rivelata infruttuosa.
I paesi che subito dopo il rovesciamento del regime avevano annunciato la pronta restituzione di quei fondi, strada facendo hanno perso – per così dire… – entusiasmo: e, a giustificazione della loro reticenza, oggi citano il timore che quei soldi possano finire in cattive mani a causa dell a perdurante instabilita’ della Libia.
Dietro questa argomentazione di apparente buon senso, scrive Abba sul “Monde”, si nascondono però altri motivi: innanzitutto l’importanza delle somme in gioco
 
In assenza di libri contabili accurati, si stima che ammontino tra i 100 ed i 400 miliardi di dollari (da 90 a 360 miliardi di euro) i fondi piazzati da Gheddafi in Sudafrica, Stati Uniti, Italia, Svizzera e Gran Bretagna e senza contare gli investimenti immobiliari a Parigi, le immense estensioni di terreni acquistati lungo il Fiume Niger, gli hotel del gruppo Laico e quello a Timbuctu’ in Mali. E chissà cos’altro ancora.
 
Secondo il giornalista africano, a far luce sulla reale estensione del “tesoro” di Gheddafi potrebbero essere essenzialmente due persone: l’ex capo dei servizi segreti Moussa Koussa, che oggi vive da milirdario nel Golfo Persico dopo aver soggiornato per un certo periodo, sembre da nababbbo, a Londra, e soprattutto l’ex capo del gabinetto ristretto di Gheddafi, Bechir Salah.
Era lui infatti a controllare i fondi sovrani libici, a cominciare dal fondo Libyan Investment Authority (Lia): la Francia nel 2011 ne organizzò, per “servizi resi alla Nazione”, l’esfiltrazione (cioè la fuga protetta dai servizi segreti francesi) dalla Libia verso la Tunisia e poi lo ha accolto a Parigi prima di “incoraggiarlo” a partire per altre destinazioni con tutto il suo carico di segreti. Oggi costui vive indisturbato in Sudafrica.
In conclusione, secondo Sedik Abba l’importanza delle somme in gioco spinge i Paesi che le ospitano a non offrire alcuna collaborazione alla loro restituzione al popolo libico, e nonostante il fatto che in questo momento la Libia ne avrebbe estremo bisogno, i piu’ ottimisti ormai ritengono che solo una piccolissima parte di quell’enorme tesoro nascosto tornera’ ai suoi legittimi proprietari.
Ora, alla luce di questa circostanziata denuncia di Le Monde, una domanda si pone: il governo Renzi che intende fare, come intende procedere rispetto l’immenso tesoro di Gheddafi in Italia? Si tratta di rilevantissime partecipazioni di capitale in banche, compagnie industriali e molto altro ancora.
Cosa vuol fare, il governo Renzi? Tacere e depredare il popolo libicho delle sue legittime proprietà in Italia?
 
Redazione Milano.
 
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Lo Stato mi ignora”: a 65 anni vive su una panchina con una pensione di 140 euro. Eccola l’Italia in ripresa

moralmente superiori, società civile, niente solidarietà? Gli indigenti italiani non fruttano soldi alle COOP.
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Reggio Emilia 04/05/2016
 
Adriano ha problemi di cuore ed è costretto a prendere 8 farmaci al giorno. Il grido d’aiuto: “La gente mi guarda con disprezzo e le istituzioni mi ignorano”.
 
Adriano Gambini, 65 anni, nato a Reggio Emilia, dal 2007 “sopravvive” ad Empoli come senzatetto. «Sono arrivato qui per amore, perché circa 8 anni fa avevo conosciuto una donna di Spicchio ed eravamo innamorati – racconta Adriano – come lei mi aveva chiesto, lasciai Reggio e il mio lavoro come trasportatore di sedie a rotelle e arrivai in Toscana per vivere con lei. Poi le cose andarono in altro modo e mi ritrovai senza un lavoro e costretto a vivere per strada».
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Da qui inizia il calvario di un uomo che non si è trovato più niente tra le mani e che ha dovuto vivere un anno in stazione ad Empoli, poi 3 anni in canonica a Lamporecchio e poi di nuovo in un’altra canonica: adesso, però, è da due anni che non ha un tetto sopra la testa.
 
«Ora sono tre mesi che vivo su di una panchina in Piazza Ristori e sono davvero amareggiato dal comportamento delle istituzioni che non hanno voglia di aiutare un cittadino italiano con residenza ad Empoli che ha bisogno». Adriano infatti ha la residenza presso una casa comunale di accoglienza e grazie a questa ha potuto due anni fa, fare richiesta per una casa popolare senza mai ottenere risposte, costringendolo così a dover dormire per strada o in alloggi di fortuna per poche notti. Come se non bastasse Gambini è un soggetto cardiopatico con all’attivo 2 bypass cardiaci ed è stato sottoposto varie volte a interventi di angioplastica. Adriano deve dunque prendere otto pasticche al giorno per le sue patologie cardiache e da un po’ di tempo a questa parte «quando vado in farmacia a comprare i farmaci mi fanno pagare un ticket di 4 euro a medicinale, quando prima erano gratuiti. E, come se non bastasse, quando sono andato al pronto soccorso per fare un’ecografia a causa di calcoli renali, mi hanno fatto pagare dieci euro».
 
Nelle parole del senzatetto ci sono frustrazione e l’amarezza nei confronti della società: con una pensione di invalidità che porta a quest’uomo come unico introito 140 euro mensili, non è possibile mangiare e comprare i medicinali ogni mese, figuriamoci pagare l’affitto di una casa. Per questo Adriano si trova tutt’ora sulla panchina di piazza Ristori aiutato da qualche commerciante della zona e da pochi altri e avvolto da sguardi «pieni di disprezzo» di persone che non lo conoscono. «Durante la giornata mi organizzo come posso, spesso mi capita di non mangiare, ma cerco sempre di arrangiarmi. Quello che seriamente vorrei è un minimo di interessamento da parte delle istituzioni perché costringono un cittadino a vivere per la strada senza dargli una mano. Vorrei solamente un tetto sopra la testa per essere felice e non sentirmi rigettato dalla società». Un aiuto, dunque, basterebbe a quest’uomo affinché possa condurre una vita libera ed autonoma: un bagno, una cucina ed un letto per avere quella serenità e tranquillità che fino ad oggi gli è stata negata. «Povero sì, ma con dignità» sottolinea Adriano rivolgendosi a una società che di umanità e cuore forse ne hanno sempre meno

Raggi: “Il Pd e la mafia dei canili a Roma, giù le mani dagli animali”

un raggio di sole per tanti sfortunati a 4 zampe….(all’epoca dell’articolo non si conoscevano i risultati del ballottaggio)Ha il coraggio di replicare la Cirinnà? Pazzesco
 
La candidata a Cinque Stelle commenta la gestione del sistema, nel mirino di un’istruttoria dell’Anac, e attacca la senatrice Cirinnà, che replica: “Studiasse la materia prima di parlare” circa 60 milioni di euro in 15 anni ai canili comunali della Capitale senza effettuare alcun controllo e vigilanza sulla condizione reale e sul trattamento degli animali”. A commentare l’affaire canili è la candidata a Cinque Stelle Virginia Raggi con un lungo post su Facebook, dove certo non le manda a dire, arrivando a parlare di “mafia dei canili”.
 
“Oggi il Tempo pubblica un’inchiesta sul giro di affari dei canili romani. Un’inchiesta che non ci sorprende, visto che lavoriamo sul tema da anni. Fondi pubblici spesi senza alcuna cognizione di causa per alimentare un giro di affari simile a quello dei migranti e dei rom, già svelato dalla Procura”. Chi c’è dietro il caso emerso dall’istruttoria dell’Anac? “Il Pd. Sì, il Pd, ancora loro”. E quelle proroghe continue ad Avcpp, l’associazione che a Roma gestisce da sempre i canili.
 
“Fino ad oggi il Comune ha stanziato a suo favore importi forfettari per ogni cane, importi però che non hanno nulla a che vedere con le cifre degli altri Comuni d’Italia e che molte volte vengono erogati per un determinato numero di animali mentre molte strutture ospitano più cani di quelli che potrebbero accogliere. I numeri dicono che noi romani paghiamo 12,80 euro giornaliero per ogni singolo animale, mentre a Milano pagano 3,70, più o meno quanto indica il ministero della Salute. Vi sembra possibile?”
 
Poi l’attacco ad personam: “Il Tempo riconduce il tutto a Monica Cirinnà, già al Campidoglio con Rutelli e Giachetti e oggi senatrice. Perché lo sappiamo, in Italia e specie in politica è chi sbaglia ad essere quasi sempre promosso. Questo hanno fatto per oltre 20 anni a Roma, così l’hanno ridotta, speculando sempre sui più deboli e in questo caso sui poveri animali indifesi”.
 
A stretto giro la replica della senatrice chiamata in causa. “La candidata Raggi, prima di affrontare temi amministrativi complessi e di citare fatti e persone, dovrebbe studiare i dossier o almeno farsi spiegare come stanno le cose. Riguardo quanto afferma sui canili comunali, la informo che fui proprio io, in qualità di Delegata per la tutela degli animali, a indire, per la prima volta nella storia del Comune di Roma, due manifestazioni di interesse pubblico: la prima nel 2004 e la seconda nel 2008.
 
Una gestione limpida, trasparente e con l’unico interesse del benessere degli animali. Poi è venuta l’amministrazione Alemanno che non solo non ha dato seguito all”applicazione della gara del 2008, ma non ha compiuto nessun altro atto amministrativo. In pratica non ha fatto nulla. Mentre gli atti della Giunta successiva o sono state impugnate o sono andate deserte. Se la candidata Raggi ha a cuore il tema degli animali romani le suggerisco di studiare un pò meglio così da evitare di essere indotta in errori clamorosi”.