il fantascientifico mondo di La Stampa e dell’Istat….

siamo sempre più RICCHI……(e le banche soffrono tanto invece….)
Reddito, potere d’acquisto e consumi: tutto in ripresa
L’Istat attesta un terzo trimestre 2015 positivo per le famiglie italiane
12/01/2016
 
Le famiglie italiane tirano il respiro o almeno così sembra dai dati resi pubblici dall’Istat che registrano, nel terzo trimestre del 2015, un aumento tanto per il reddito disponibile quanto per il potere d’acquisto. Il favorevole momento per le famiglie italiane, dopo periodi bui, e’ testimoniato anche dalla crescita dell’indice relativo alla spesa.
 
Crescono reddito e potere d’acquisto
 
Il terzo trimestre dell’anno appena passato trova il portafoglio delle famiglie italiane più gonfio e in salute. Secondo i numeri raccolti dall’Istat, infatti, il reddito disponibile delle famiglie consumatrici in valori correnti e’ cresciuto dell’1,3% rispetto al trimestre precedente e dell’1,5% su scala annuale.
Notizie positive anche per quanto riguarda il potere d’acquisto, per una statistica che tiene conto dunque anche dell’andamento dei prezzi. Il terzo trimestre 2015, infatti, si e’ chiuso con una crescita del potere d’acquisto familiare pari all,1,4% rispetto al trimestre precedente e dell’1,3% su scala annuale. Un aumento simile su scala annuale non si registrava dal secondo trimestre 2007.
 
La ripresa dei consumi
In accordo con i numeri su reddito e potere d’acquisto in crescita, anche gli indici di spesa della famiglie tornano a salire. Per il terzo trimestre 2015, l’Istat attesta un +0,4% in valore correnti rispetto al trimestre precedente; rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, invece, i consumi finali delle famiglie sarebbero cresciuti dell’1,2%.
M. Campodonico
 
 
27/05/2016
W. P.
Prende il via anche quest’anno il contest creativo online Luci sul Lavoro – Immagini, musica e parole che raccontano il lavoro, dedicato al tema dell’occupazione in tutte le sue angolazioni e implicazioni …

Accanimento cautelare insostenibile (video)

mediapost 28 maggio 2016 at 11:53

Beppe Lizzari è ai domiciliari a Giaglione dal 9 Aprile scorso. Non può svolgere i lavori della campagna che erano il suo mezzo di sostentamento ed è ormai nell’impossibilità di far fronte, con la sua compagna Monica, alle spese per cibo e bollette. Ora il giudice gli vieta anche di andare dal suo avvocato difensore e Beppe decide lo sciopero della fame.
Quanti provvedimenti cautelari così duri ha comminato quel giudice per reati comuni di analoga gravità? Sempre di più dobbiamo pensare ad una persecuzione
beppe

Discorso choc dell’A.D. di Enel: “Bisogna ispirare paura nei dipendenti”

è democrazia progressista, godiamocela. Guai opporsi.
 
Cro – Discorso choc dell’A.D. di Enel: “Bisogna ispirare paura nei dipendenti”
Roma, 26 mag (Prima Pagina News) “Bisogna distruggere fisicamente i centri di potere che si vuole cambiare”. “Creare malessere all’interno di questi”, e poi “Colpire le persone opposte al cambiamento, nella maniera più plateale possibile, sicché da ispirare paura”. Sono solo alcune delle affermazioni fatte da Francesco Starace, amministratore delegato di Enel, agli studenti dell’Università LUISS durante una lezione a Roma di alcuni giorni fa. Questa è in sintesi la sua ricetta, per garantire il cambiamento all’interno di un’azienda, in risposta ad una domanda circostanziata fatta da uno studente: “Ispirando paura”, e inducendo il malessere, dando potere a un manipolo di persone fedeli alla visione del capo e poi punendo in maniera esemplare chi si oppone. È una spiegazione che fa paura anche per il contesto in cui è stata fatta, commenta Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, lì dove avviene la formazione della nuova classe dirigente che andrà a sedersi nei consigli d’amministrazione di domani. Di seguito riportiamo l’intervento dell’A.D. Starace: “Per cambiare un’organizzazione ci vuole un gruppo sufficiente di persone convinte di questo cambiamento, non è necessario sia la maggioranza, basta un manipolo di cambiatori. Poi vanno individuati i gangli di controllo dell’organizzazione che si vuole cambiare e bisogna distruggere fisicamente questi centri di potere. Per farlo, ci vogliono i cambiatori che vanno infilati lì dentro, dando ad essi una visibilità sproporzionata rispetto al loro status aziendale, creando quindi malessere all’interno dell’organizzazione dei gangli che si vuole distruggere. Appena questo malessere diventa sufficientemente manifesto, si colpiscono le persone opposte al cambiamento, e la cosa va fatta nella maniera più plateale e manifesta possibile, sicché da ispirare paura o esempi positivi nel resto dell’organizzazione. Questa cosa va fatta in fretta, con decisione e senza nessuna requie, e dopo pochi mesi l’organizzazione capisce perchè alla gente non piace soffrire. Quando capiscono che la strada è un’altra, tutto sommato si convincono miracolosamente e vanno tutti lì. È facile”. Le grandi trasformazioni socio-culturali degli ultimi secoli, che da una società agricola hanno condotto alla società industriale e post industriale, hanno prodotto diversi e vari cambiamenti nella politica, nell’economia, nella giustizia, nella sanità. Cambiamenti che a loro volta hanno portato alla modifica dello stile di vita, delle regole, dei ruoli, dei compiti e responsabilità svolti dall’uomo e dalla donna nella famiglia, nella scuola, sul lavoro, nell’intera struttura della società; in sintesi a comportamenti diversi che non hanno ancora oggi trovato una equilibrata composizione all’interno dei singoli individui e delle comunità. Inoltre la rapidità con cui si sono succeduti i progressi scientifico-tecnologici negli ultimi 50 anni non ha permesso un altrettanta rapida crescita consapevole delle persone ed un veloce adeguamento interiore al cambiamento esterno. Non sempre quindi il progresso ha promosso benessere e salute, ma anche squilibrio, malessere, involuzione; non sempre ha rispettato valori etici e culturali, ma spesso distorcendo in peggio l’innovazione ha prodotto degrado ambientale, politico, culturale ed etico. Ci troviamo allora, in un momento storico in cui la stessa vita umana ha poco valore, dove prevaricazione, sopruso, aggressività e violenza non solo fanno da padroni, ma vengono anche premiati dai Media e non solo. Come diceva E. Fromm in “Anatomia della distruttività umana“ le pulsioni a controllare, sottomettere, torturare , il sadismo, la necrofilia, le guerre, le molteplici sembianze in cui si manifestano le tendenze distruttive dell’uomo sono legate e condizionate da fattori storico – culturali. Per Giovanni D’Agata, quelle di Starace, infatti, sono idee abbastanza diffuse fra i manager e si può tranquillamente definire “mobbing”. Il termine Mobbing deriva da quello inglese “to mob”, che vuol dire aggredire, accerchiare, assalire in massa, malmenare; ed è stato usato da K. Lorenz proprio per descrivere il comportamento di alcuni animali che si coalizzano contro un membro del gruppo, lo attaccano, lo isolano, lo escludono dal gruppo, lo malmenano fino a portarlo anche alla morte. In pratica è la condizione in cui vengono a trovarsi gli esseri umani sofferenti per Mobbing o come Leymann ed Hege riportano per “terrore o violenza psicologica sul luogo di lavoro”. Ossia una modalità di comportamento volta al malessere della vittima designata, finalizzata a destabilizzarla, a farle perdere l’autocontrollo, ed il benessere psicofisico, con conseguente allontanamento / dequalificazione dal/nel posto di lavoro. Pertanto quello che ha dichiarato Starace è chiarissimo. In altri Paesi per molto meno l’amministratore di un gruppo pubblico sarebbe stato immediatamente sospeso dal suo incarico.
 
(PPN) 26 mag 2016  19:31

CHI EBBE IL SUO PRIMO INCARICO NEL CDA DI PUBLIACQUA, CHE GESTISCE I TUBI SCOPPIATI A FIRENZE?

 25 MAG 2016 17:08
UNA VORAGINE SQUARCIA IL GIGLIO MAGICO –  CHI EBBE IL SUO PRIMO INCARICO NEL CDA DI PUBLIACQUA, CHE GESTISCE I TUBI SCOPPIATI A FIRENZE? MARIA ELENA BOSCHI! – IL PRESIDENTE ERA ERASMO D’ANGELIS, DALL”UNITÀ’ A PALAZZO CHIGI. L’AD? IRACE, CHE MARINO IMPOSE ALL’ACEA – ORA LA GUIDA FILIPPO VANNONI, CONSULENTE DEL GOVERNO E MARITO DI LUCIA DE SIERVO, EX CAPO DI GABINETTO DI RENZI, SORELLA DEL RENZIANO LUIGI. ECC ECC.
 
Nardella: “Publiacqua deve spiegazioni a me e ai cittadini”. Basta che alza il telefono o si guarda intorno a cena: l’azienda è da sempre inzeppata di renzianissimi della prima, seconda e ultima ora…
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NARDELLA BOSCHI
 
Bollette care e rete idrica dissestata”. A poche ore dall’apertura della voragine sul Lungarno a Firenze provocata da un guasto a due tubature dell’acquedotto, sotto accusa è finita la partecipata comunale Publiacqua. “Gestione criminale”, ha attaccato la deputata M5s Federica Daga. L’azienda, a cui anche il sindaco dem Dario Nardella ha chiesto spiegazioni, ha detto di aver registrato due allarmi, uno dopo mezzanotte e uno alle 6.15 di questa mattina e di essere intervenuta tempestivamente: “Le cause della rottura possono essere diverse, stiamo facendo tutte le verifiche necessarie”, hanno fatto sapere.
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FIRENZE LUNGARNO
 
Nella società per il 60 per cento pubblica negli ultimi anni sono passati, anche per volontà del presidente del Consiglio (ex sindaco di Firenze ed ex presidente della Provincia), alcuni dei personaggi più noti della galassia renziana: il primo incarico dell’attuale ministra per le Riforme Maria Elena Boschi è stato proprio nel cda di Publiacqua; il presidente dal 2009 al 2012 è stato Erasmo D’Angelis, poi sottosegretario alle Infrastrutture a Palazzo Chigi nel governo Letta e per un periodo direttore de l’Unità; alla guida attualmente c’è Filippo Vannoni, consulente del governo per le politiche economiche, ma anche marito dell’ex dirigente del comune di Firenze ed ex capo di gabinetto di Renzi sindaco Lucia De Siervo.
Ma non solo: l’ex amministratore delegato è Alberto Irace, manager che il leader Pd già aveva voluto nel consiglio d’amministrazione della romana Acea; l’attuale ad è invece Alessandro Carfì, marito ai Alessandra Cattoi che fu portavoce del sindaco di Roma Ignazio Marino ed ex assessore alla scuola della stessa giunta.
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FIRENZE LUNGARNO
 
M5s: “Perdite riscontrate da tempo. Gestione criminale”
Ad attaccare la gestione renziana sono ora i 5 stelle: “Il crollo di Lungarno”, ha continuato Daga, “alza il sipario sulla criminale gestione della risorsa idrica a Firenze di cui Renzi si è fatto promotore e che Nardella sta proseguendo. Publiacqua ha sempre giustificato il costo esorbitante delle bollette dell’acqua (402 euro a famiglia nel 2015, l’ottava città più cara d’Italia) con l’enorme mole di investimenti sulla rete (50 euro a utente l’anno, contro una media nazionale di 27 euro).
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FILIPPO VANNONI
 
Le bugie hanno le gambe corte. E le voragini. Il danno per Firenze è incalcolabile”. Il collega grillino Alfonso Bonafede ha concluso: “Non ci venissero a raccontare che questo disastro è frutto di una rottura notturna della tubazione. Le perdite erano riscontrate da tempo. In attesa di conoscere le responsabilità, sottolineiamo però che vogliamo sapere come sono stati investiti i soldi del gestore è un colabrodo”. A Firenze, hanno spiegato infine Daga e Bonafede, “c’è un reticolo idrico fatto da 225 km di tubi in amianto, mentre quelli che non sono in amianto determinano perdite d’acqua fino al 51%. Acqua che i cittadini pagano lo stesso ma che poi finisce per erodere il terreno e determinare, come in questo caso, crolli e cedimenti un po’ su tutto il territorio”.
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ALBERTO IRACE ERASMO D ANGELIS MATTEO RENZI
 
Nardella: “Publiacqua deve spiegazioni a me e ai cittadini” – Intanto il primo cittadino dem Nardella, intervista dal Tgr della Toscana si è rivolto proprio a Publiacqua e ai suoi tecnici per avere “risposte” su cosa sia accaduto tra il primo e il secondo guasto alle tubature dell’acquedotto. “Non solo aspettano i cittadini ma aspetto io come sindaco informazioni che Publiacqua deve dare”, ha detto.
Nardella rispondendo a una domanda sull’allagamento verificatosi intorno a mezzanotte e mezzo, e alle lamentele di alcuni cittadini su mancati interventi il sindaco ha detto che i “soccorsi sono stati tempestivi”, che la segnalazione è arrivata per prima alla centrale del 113 che poi ha allertato vigili fuoco e polizia municipale, intervenuti sul posto. La strada, ha spiegato ancora il sindaco, è stata chiusa e sono state spostate anche 12 auto. Da capire, ha aggiunto, cosa sia successo tra il primo e il secondo guasto dell’acquedotto, e su questo Publiacqua deve “dare risposte”.
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LUCIA DE SIERVO
 
Il sindaco ha poi definito “doverosi gli accertamenti della magistratura”, che sulla voragine ha aperto un’inchiesta. Ancora, alla domanda se teme possibili ripercussioni per l’economia della città, li ha esclusi spiegando che il danno riguarda un’area circoscritta. Di sicuro però, ha aggiunto, “la rete idrica va tenuta sotto controllo e va ricostruita la dinamica di quanto accaduto”.
Publiacqua: “Rotti due tubi, sotto esame le cause del crollo” – Sono due i tubi dell’acqua che si sono rotti, il primo dei quali ha provocato l’allagamento ripreso anche in video girati da passanti dopo la mezzanotte, il secondo che ha interessato quella che viene definita la ‘dorsale’ della riva sinistra dell’Arno. Ma su quale sia stata la causa che ha determinato poi la voragine sono in corso verifiche.
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RENZI NARDELLA
 
E’ quanto ha spiegato Alessandro Carfì, ad di Publiacqua. “Per capire meglio dobbiamo verificare le condizioni dell’asfalto e della tubatura. In questo momento possiamo solo dire che le cause possibili possono essere diverse. Potrebbe essere anche un flusso d’acqua arrivato da un canale”. Carfì ha anche spiegato che il tubo principale che si è rotto “aveva 60 anni circa e rientrava tra quelli già inseriti nel piano di sostituzione programmati dalla società”.
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Su quanto accaduto stanotte, Publiacqua ha specificato di aver registrato a mezzanotte e mezzo “un calo di pressione grazie a un meccanismo di monitoraggio telemetrico”, che “interessava il tubo passante: le squadre di Publiacqua sono intervenute dopo la rilevazione. Nello stesso momento cittadini hanno informato sulla fuoriuscita di acqua il 113, che ha avvertito le altre forze dell’ordine. Dopo l’intervento non è stato registrato alcun calo di pressione. Alle 6.15 è scattato un secondo allarme” con conseguente nuovo intervento, tuttora in corso. Publiacqua in precedenza aveva anche spiegato che dopo la perdita d’acqua intorno a mezzanotte e mezzo, è stata eseguita “tra le 1 e le 4″ la chiusura della tubazione interessata.

LIBERTE’, EGALITE’, PROTESTE’! – IN FRANCIA NON SI PLACA LA PROTESTA DEI SINDACATI CONTRO IL “JOBS ACT”

ANCHE LE 19 CENTRALI NUCLEARI VOTANO PER LO SCIOPERO – PARALISI TOTALE: STOP A RAFFINERIE, TRENI, AEREI, PORTI, METROPOLITANE. A 15 GIORNI DAGLI EUROPEI DI CALCIO HOLLANDE TREMA
 
Le forze dell’ordine intervengono per smantellare i blocchi stradali, la Francia è in fiamme. Valls fa la voce grossa: “Il governo non ritirerà la riforma del lavoro, il sindacato non detta le legge di questo paese…”
 26 MAG 2016 13:29
Francesca Pierantozzi per “il Messaggero
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FRANCIA PROTESTE 5
 
Ieri sera il bollettino della Francia paralizzata dalle proteste contro il Jobs Act di Hollande e Valls si è arricchito di una nuova notizia: dopo le raffinerie, i treni, gli aerei, i porti, le metropolitane, anche le centrali nucleari hanno votato per lo sciopero, tutte le 19 centrali francesi. A quindici giorni dal fischio d’ inizio di Euro 2016, con due milioni di persone in arrivo, la Francia dello stato d’ emergenza contro il terrorismo è in guerra. Per il governo di Valls, i «radicali» questa volta non sono i jihadisti, ma i sindacati.
La Cgt, prima confederazione del paese, quella più a sinistra, conduce la battaglia e non intende cedere: «quando si combatte si può vincere, ma se non si combatte, allora si è sicuri di perdere» ha declamato il segretario Philippe Martinez. E’ lui ormai a guidare l’ opposizione al governo socialista.
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FRANCIA POLIZIA
 
A la guerre comme à la guerre: il governo ha approvato la riforma del lavoro che introduce più flessibilità forzando il passaggio all’ Assemblée Nationale mettendo la fiducia? E allora non c’ è più dialogo, è guerra. Oggi ci sarà l’ ottava giornata di manifestazioni contro la Legge El-Khomri, di cui ormai si chiede il ritiro.
Da oggi blocchi anche nei porti e scioperi negli aeroporti. Dal 31 maggio sciopero dei treni (alle Sncf si aggiunge la protesta in vista della liberalizzazione del traffico entro il 2020), poi dal 2 giugno, sciopero illimitato della metro parigina, dal 3 al 5 giugno, tutti i sindacati del trasporto aereo sono per il blocco, e infine il 14 giugno, a Europei già cominciati, nuova manifestazione nazionale.
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FRANCIA PROTESTE
Nel frattempo, continua il blocco delle raffinerie e dei siti petroliferi. Ieri il 20 per cento dei benzinai era a secco, con file di ore ai distributori ancora aperti e requisizioni di carburante per le emergenze. Dal governo, nessuna apertura.
«Il governo non ritirerà la riforma del lavoro, il sindacato non detta le legge di questo paese» ha detto all’ Assemblée Nationale Manuel Valls. Il governo non intende cedere su niente, nemmeno sul famoso articolo 2, uno dei più contestati della riforma, quello che riconosce una preminenza agli accordi aziendali su quelli di categoria.
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FRANCIA PROTESTE CONTRO JOBS ACT
 
«Non cederemo ai ricatti» ha aggiunto Valls. E’ il movimento sociale più duro di tutto il quinquennio di Hollande, e arriva nel momento in cui per la prima volta le cifre della crescita e dell’ occupazione cominciano a salire. «Siamo alla vigilia dell’ Euro, le cifre della disoccupazione diminuiscono, c’ è una prima ripresa economica. Avremmo potuto aspettarci

Verso un governo tecnico di guerra?

Mag 23, 2016
 
GOVERNO-TECNICO-DI-GUERRA
Governo tecnico
 
di G. Cirillo
La prima metà del 2016 vede il mondo fermo in una stagnazione dolorosa sia a livello economico sia a livello geopolitico. I conflitti in Siria, Iraq e Libia non vertono verso alcuna soluzione e uno stormo di cigni neri sta per arrivare, dall’odierna elezione austriaca, al referendum sul brexit, alle guerre civili prossime in Turchia, Venezuela, Egitto (?). Quelli elencati sono solo alcuni cigni neri, in realtà ve ne sono molti di più. Anche l’Italia ne ha uno, il referendum sulle riforme costituzionali del governo Renzi. Lo definiamo cigno nero perché in caso di vittoria del no, Renzi, come ribadito di recente, lascerà il suo posto da Presidente del Consiglio (che in sé non è una cosa negativa, è solo che il dopo-Renzi potrebbe essere peggio).
 
Proprio questo ultimo punto mi sembra veramente sospetto: perché un premier con un consenso inferiore al 40% dovrebbe rendere un referendum su una riforma elettorale non perfetta ma comunque facilmente propagandabile, un voto su se stesso? Non ha senso perché anche lui sa di non avere un gran sostegno popolare. Quindi o Renzi è stupido e ignorante di politica oppure vuole andare a casa. Io propendo più per la seconda ipotesi.
Alle prossime amministrative probabilmente il PD confermerà l’andazzo negativo, la maggioranza inizierà a scricchiolare sempre di più, dopo novembre l’Unione Europea batterà cassa e quasi sicuramente nel 2017 avremmo l’aumento automatico dell’IVA.
E’ imminente la missione militare per difendere la diga di Mosul (vicini vicini ai miliziani “numericamente infiniti” dell’ISIS) e in Libia anche l’azione militare sembra essere inevitabile dopo il no americano ad un intervento diretto e con il governo riconosciuto minacciato da milizie islamiste, dall’ISIS e dal potente generale Haftar. Oltre tutto questo nel 2017 probabilmente saranno da gestire migliaia di profughi bloccati nel nostro territorio, le tensioni con i paesi confinanti, probabili nuove ondate provenienti direttamente dalla Turchia (e non parlo di siriani ma proprio di turchi e curdi), la vicina Grecia al collasso e via dicendo. Troppi problemi, una situazione esplosiva, che rischia di portare il già basso consenso di Renzi verso percentuali ad una cifra, dato che saranno quasi sicure nuove tasse, soldati morti in guerra e probabilmente anche attentati sul suolo nazionale in risposta ai nostri interventi.
Renzi sa bene tutto questo e sa bene che trovarsi al governo in una situazione del genere vuol dire suicidarsi politicamente, stroncarsi la carriera. Per quello ha resistito con tutte le sue forze per evitare aumenti delle tasse e per evitare l’intervento in Libia, ora però non può più scappare e il referendum è la via di fuga, se perde si dimette ed esce alla fine a testa alta, come presidente dell’ultimo periodo leggermente in crescita del paese, come presidente che ha eliminato l’IMU, come presidente che ha provato a riformare il paese (badate bene, so perfettamente che questa è solo un’immagine superficiale, però sto pensando come se fossi Renzi). 
 
E il lavoro sporco che dovrebbe fare lui lo lascerà ad un governo tecnico, che nel titolo ho chiamato di guerra perché si troverà a gestire almeno due importanti missioni militari, la risposta violenta dei terroristi sul suolo nazionale (e conseguenti misure d’emergenza e militarizzazione del paese) e nuova austerità e conseguente esplosione sociale stile Grecia e chi lo sa forse data la gravità della situazione potrebbe anche posticipare le elezioni (dite che è impossibile? State vedendo la Turchia come velocemente si sta dirigendo verso la dittatura? Nulla è impossibile). A mio avviso, questo governo tecnico di guerra sarà quello che gestirà la completa cessione della sovranità nazionale all’Europa.
Detto questo potrebbe essere interessante un toto-nomi, vediamone alcuni:
MONTI-BIS: il governo tecnico di Monti è stato tra i più impopolari della storia italiana. Difficilmente si riuscirebbe a formare una maggioranza attorno al suo nome, però dato il suo prestigio da senatore a vita e da uomo dell’Europa potrebbe avere qualche possibilità. PADOAN: in tempo di crisi economica non è possibile non includere tra i papabili il ministro dell’economia in carica, soprattutto se è un uomo dell’Europa. Padoan è un burocrate più anonimo di Monti e quindi potrebbe attirare meno impopolarità come austero premier tecnico. DRAGHI: molto difficilmente Draghi lascerà un ruolo di rilevanza mondiale per ottenere la presidenza del consiglio italiano, però non possiamo escluderlo dato che darebbe veramente molta più rilevanza all’Italia. Probabile nel caso venga nominato senatore a vita (e lui avrebbe più meriti di Monti per questo ruolo). MOGHERINI: Come ministro degli esteri europeo Federica Mogherini ha ottenuto una certa rilevanza in Europa però le sue posizioni spesso sono state troppo blande soprattutto se viste da Washington. Quindi un cambio della guardia, spostandola come premier italiano, ci sembra assolutamente da non scartare. Soprattutto considerando il fatto che il governo tecnico avrà gravi problematiche di politica estera oltre che economiche.
BOERI: alcuni indiscrezioni parlando dell’attuale presidente dell’INPS come successore di Renzi e il suo pedigree rende questa ipotesi tra le più probabili.
COTTARELLI: è il nostro uomo di punta, a mio avviso tra i più papabili. Chi meglio di un direttore del FMI con faccia da duro e con missione di tagliare la spesa sarebbe ideale per gestire un paese economicamente disastrato come l’Italia? (Dal punto di vista dei mercati) PINOTTI: il ministro della difesa italiano potrebbe avere un volto e un carattere abbastanza neutro per gestire un governo tecnico che non sia troppo impopolare e che debba gestire missioni militari, anche se non crediamo troppo a questa ipotesi. GRAZIANO: Claudio Graziano, capo di stato maggiore italiano fresco di nomina da parte di Renzi, potrebbe essere il renziano giusto per guidare un governo tecnico-militare di transizione. Inoltre il suo curriculum denso di missioni internazionali, tra cui l’Afghanistan, lo rende ideale per gestire un anno pericoloso come il 2017. A nostro avviso è tra i favoriti, tra l’altro un militare potrebbe ricevere i consensi necessari da quelle forze di destra da sempre vicine alle forze dell’ordine (NCD, FORZA ITALIA, FRATELLI D’ITALIA E LEGA NORD)
 
L’alternativa ad un governo tecnico sarebbe tornare alle elezioni con l’attuale legge elettorale modificata dalla Consulta, che presumibilmente vedrebbe una risicata vittoria dei Cinque Stelle con una o tutte e due le camere ingovernabili (situazione spagnola). Di conseguenza molto probabile un governo tecnico anche in questa seconda ipotesi. Se il governo tecnico nascesse dopo fallite elezioni sono più probabili i nomi più neutri, politicamente parlando.
Fonte: Hescaton
 

Boldrini sfotte pure: “1 milione di immigrati? Che sarà mai, siamo un continente ricco”

7 MILIONI di italiani sotto la soglia di povertà. Comunque, Boldrini e soci hanno presentato una bozza per AUMENTARSI LO STIPENDIO, sicuramente i ricchi ci sono MA CERTO NON CACCIANO I SOLDI, Né per gli indigenti italiani né per i profughi.
 
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“La crisi dei rifugiati è stata creata dal rifiuto di alcuni Paesi europei di fare ognuno la propria parte”. Per loro “questo era un problema che non li riguardava”. Lo ha detto la Presidente della Camera, Laura Boldrini partecipando alla prima sessione di lavoro della Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell’Unione europea in corso a Lussemburgo, sessione aperta dal Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, e dedicata alla gestione dei flussi migratori.
 
 
“Si sta in una famiglia condividendo le responsabilità e non solo i benefici. Noi – ha aggiunto – facciamo parte della famiglia europea. Oggi siamo di fronte ad un flusso di rifugiati che tocca anche la nostra famiglia, in piccola parte ma per la prima volta in modo abbastanza consistente. Mi sembra giusto, naturale, ovvio che ciascun Paese faccia la propria parte. E invece, sorprendentemente, non è così. È una famiglia che ha deciso che solo una manciata di Paesi – Paesi di primo approdo e Paesi di destinazione – si dovesse occupare della gestione di questo fenomeno. Gli altri (Paesi che hanno a cuore i loro cittadini, ndr) hanno detto “no, non è un problema che ci riguarda”. È stato questo rifiuto – ha sottolineato Boldrini – a creare la crisi dei rifugiati: perché se ciascun Passe avesse fatto la sua parte non staremmo a parlare di crisi.
 
Un milione di persone su una popolazione di 500 milioni è lo 0,2 per cento: come può essere un problema per il continente più ricco del pianeta? L’Europa non può alzare bandiera bianca di fronte a questo: non lo può fare per la sua storia, non lo può fare per il futuro e per le grandi sfide che abbiamo davanti”.
 
Quanto all’Europa, ha concluso Boldrini, ora deve fare due cose. “Impegnarsi di più nei negoziati di pace e rilanciare un grande ‘piano Marshall’ di investimenti in Africa, perché noi dobbiamo stabilizzare quei Paesi che producono migranti, prima che siano loro a destabilizzare completamente noi” ANSA
 
LA CONDIZIONE DELL’ITALIA – ISTAT
 
“Più che delle rilevazioni statistiche sembra un bollettino di guerra.” – dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti.
 
Il quadro rilevato dall’Istat presenta molti tratti rilevanti.
 
“Il sistema di protezione sociale italiano è tra quelli europei uno dei meno efficaci.”
 
“L’andamento dei prezzi è molto debole e quello del lavoro è incerto.”
 
Ben “2,2 milioni di famiglie vivono senza redditi da lavoro”.
 
“I minori sono i soggetti che hanno pagato il prezzo più elevato della crisi in termini di povertà e deprivazione, scontando un peggioramento della loro condizione relativa anche rispetto alle generazioni più anziane. L’incidenza della povertà relativa per i minori, che tra il 1997 e il 2011 aveva oscillato su valori attorno all’11-12%, ha raggiunto il 19% nel 2014.”
 
“Più che delle rilevazioni statistiche sembra un bollettino di guerra.” – dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti.
 
L’elemento che emerge, con chiarezza, da tutti i dati è unico e inequivocabile: il perdurare della crisi.
 
Una sorta di rumore di fondo che accompagna e disturba lo sviluppo del Paese.
 
Per questo è fondamentale agire per creare nuova occupazione e rilanciare la crescita.
 
Il lavoro rappresenta, ancora una volta, la chiave di volta per innescare una nuova fase di ripresa: l’Istat recita, infatti, che “la spesa pensionistica comprime il resto dei trasferimenti sociali.” Se si creasse nuova occupazione anche il fondo dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale tornerebbero ad essere adeguatamente rimpinguati, in maniera sufficiente ad assicurare un sistema di protezione sociale degno di questo nome.
 
Se il tasso di disoccupazione si attestasse al 6%, con i contributi di chi passerebbe da disoccupato ad occupato il fondo pensionistico avrebbe un incremento di circa 15 miliardi di Euro, così come emerge da una ricerca dell’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori.
 

BIMBA MUORE NELLA CULLA: L’ASL BLOCCA I VACCINI. LA PROCURA DI IVREA APRE UN’INCHIESTA

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maggio 25 2016
La procura ha aperto un fascicolo sulla morte sospetta di una bimba di appena due mesi. L’Asl blocca la partita dei vaccini per l’immediata sostituzione. «Le vaccinazioni non subiscono alcuna sospensione e sono regolarmente effettuate»
 
La procura di Ivrea ha aperto un fascicolo sulla morte sospetta di una bimba di appena due mesi. L’episodio si è verificato a Lemie, piccolo Comune delle Valli di Lanzo. A trovare il cadavere della piccola è stata la madre. La piccola, di origini nigeriane ma nata a Torino, era ospite di una comunità per rifugiati. A dare l’allarme è stata la mamma intorno alle 6.30. Dopo l’ultima poppata la bimba si è addormentata. Poco dopo è sopraggiunto il decesso. Inutili i soccorsi da parte del personale del 118. Quando i medici sono arrivati a Lemie, il cuoricino della neonata aveva già smesso di battere.
 
Ieri la bambina era stata sottoposta al ciclo primario di vaccinazione: esavalente, anti-pneumococco, anti-rota virus. Per questo motivo la procura di Ivrea, su indicazione dei carabinieri della compagnia di Venaria intervenuti sul posto, ha aperto un fascicolo. Potrebbe trattarsi di Sids, la sindrome di morte improvvisa del lattante che in Italia uccide circa 300 neonati l’anno. Un’ipotesi da verificare. Il corpo della bimba è stato portato alle camere mortuarie dell’ospedale di Lanzo a disposizione della procura di Ivrea. E’ probabile che, già in giornata, venga disposta l’autopsia. Del fascicolo d’indagine se ne sta occupando il pubblico ministero Giuseppe Drammis.
 
«Siamo particolarmente colpiti dal dramma che ha interessato la famiglia della piccola – dichiara il direttore generale dell’Asl To4 del Canavese, Lorenzo Ardissone – anche perché di fronte alla morte improvvisa di un bimbo non si può che rimanere attoniti e profondamente addolorati. Siamo comunque in collegamento diretto con la Procura della Repubblica e stiamo predisponendo la documentazione clinica utile a chiarire quanto accaduto». L’Asl conferma che ieri la piccola era stata vaccinata con l’esavalente (vaccino contro difterite, epatite B, infezioni da Haemophilus Influenzae tipo B, pertosse, poliomielite e tetano) più il vaccino anti-Rotavirus.
 
«Non conoscendo le cause della morte, che saranno chiarite dal riscontro autoptico – riferisce il direttore sanitario Giovanni La Valle – abbiamo bloccato, in via del tutto prudenziale, i lotti dei vaccini utilizzati e li stiamo sostituendo con altri. Le vaccinazioni non subiscono alcuna sospensione e sono regolarmente effettuate secondo i calendari programmati».
 

L’insensato (e controproducente) atteggiamento di sfida della Nato alla Russia

25 Maggio 2016
 
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© AP Photo/ RONI LEHTI / Lehtikuva via AP, FILE
Prima che scoppiasse il conflitto che portò alla caduta di Saddam Hussein, in una seduta Onu l’allora segretario di Stato americano Colin Powell esibì delle “prove” per dimostrare al mondo che Saddam Hussein era in possesso di armi di distruzioni di massa e si apprestava a usarle.
 
Mesi dopo la caduta del dittatore si scoprì che erano solo fandonie create ad arte ma, nel frattempo, credendo a quelle “evidenze” le opinioni pubbliche occidentali, spaventate, appoggiarono le decisioni di guerra dei loro Governi.
 
Qualcosa di simile era già successo in occasione della guerra contro la Serbia. I giornali europei e americani sventolarono una marea di fotografie aeree che mostravano presunte fosse comuni ove i serbi avevano seppellito alla rinfusa centinaia di poveri e indifesi kossovari. Anche in quel caso il tutto si rivelò una bufala, ma solo alla fine del conflitto. I medici legali di varie nazionalità, inviati sul posto per raccogliere le evidenze dei crimini commessi, dovettero scrivere nel loro rapporto che quasi tutte le “fosse” erano in realtà solo della terra smossa e nessun cadavere vi era stato seppellito: solo poche di loro rivelarono dei corpi. Anche per quelle comunque era impossibile stabilire se veramente si trattasse di kossovari o piuttosto di serbi e che, molto probabilmente, la loro morte andava fatta risalire a dopo l’inizio dei bombardamenti.
 
 
Ci piaccia o no, un fattore importante nella politica internazionale è la propaganda menzognera e, tanto più essa è subdola, più diventa efficace. Un modo necessario per mobilitare le opinioni pubbliche a proprio favore, e contro gli interessi di un possibile nemico, è di dipingerlo come aggressivo, malvagio, corrotto, pericoloso e chi più ne ha più ne metta. Questa propaganda, usata in tutte le epoche, ma moltiplicata nei suoi effetti dalle attuali comunicazioni di massa, serve spesso per coprire i propri veri interessi e per convincere i Paesi “amici” che, in realtà, sono gli interessi loro a essere in pericolo.
 
Quando leggo o sento qualche politico parlare della minaccia che la Russia di oggi rappresenta per l’Europa, mi viene il sospetto di essere di fronte a un caso siffatto. Putin si prepara a invadere gli Stati dell’ex Patto di Varsavia? L’aggressione contro l’Ucraina e l'”occupazione” della Crimea sono solo il banco di prova? Abbiamo a che fare con un dittatore senza scrupoli assetato di potere? La Nato (compreso Erdogan?) è ancora il solo baluardo della democrazia a tutela del “mondo libero”? Anche in Siria?
 
Di certo, sia la Nato sia la Russia stanno aumentando le manovre militari ai rispettivi confini e crescono in modo preoccupante le occasioni di “incontri ravvicinati” con il rischio che sfuggano al controllo. Non è chiaro, però, se siano l’espansione della Nato e le sue manovre a causare una risposta russa o, viceversa, se siano le “provocazioni” di Mosca a imporre una reazione della Nato con la conseguente necessità di “accerchiare” quel Paese in via preventiva.
 
 
Lo scorso 12 maggio a Deveselu, in Romania, è stata inaugurata una nuova base missilistica americana che ha, come obiettivo dichiarato, difendere l’Europa da possibili attacchi di missili balistici iraniani. Il giorno dopo sono iniziati i lavori per una simile base in Polonia che sarà operativa entro la fine del 2018. Peccato che, a detta degli esperti occidentali, i missili in possesso di Teheran non abbiano una capacità superiore ai duemila chilometri e cioè, anche volendolo, non riuscirebbero mai ad arrivare in qualunque Paese europeo. Come nota a margine, occorre osservare che le postazioni di comando per i “nostri” missili in Polonia non saranno situate in basi Nato, bensì a Ramsted, una base aerea americana in Germania. Nel frattempo si annuncia l’invio in Germania di ben 415 container contenenti cinquemila tonnellate di munizioni. Altre decine di carri armati sono stati mandati e in Georgia e nella neutrale Moldavia per “esercitazioni militari congiunte”. Come non bastasse, il Segretario alla difesa USA Carter vuole dislocare quattro nuovi battaglioni in Europa orientale e il 7 giugno si terranno esercitazioni in Polonia con la partecipazione di 25mila soldati di varia provenienza dai Paesi Nato.
 
Il nuovo comandante delle forze militari dell’Alleanza Atlantica, Curtis Scaparrotti (nome italiano ma nazionalità tutta americana), afferma che il nostro nemico è “una risorgente Russia che sta sforzandosi di riproporsi come una potenza mondiale”.
 
Obama dice “Noi manteniamo un dialogo aperto e cerchiamo collaborazione con la Russia, ma vogliamo anche essere sicuri di essere preparati e forti e vogliamo incoraggiare la Russia a mantenere le sue attività militari in accordo con gli impegni internazionali”.
 
 
Ma non furono proprio gli Stati Uniti a revocare unilateralmente il Trattato sui Missili Anti-Balistici firmato da entrambi nel 1987? Il segretario generale Nato Stoltenberg aggiunge che, davanti alla minaccia russa noi saremo “pronti a combattere anche stasera, se la deterrenza fallisse”. Purtroppo, anche Mosca attua la sua “deterrenza” e risponde allo stesso modo, con manovre vicino ai confini e con la dislocazione di nuovi missili nell’enclave di Kaliningrad.
 
Ovviamente tutti speriamo che soltanto di deterrenza si tratti quando s’inviano navi da combattimento americane in “crociera” nel mar Baltico e ci si lamenta che aerei russi passino “pericolosamente” vicini. Di certo, di deterrenza in deterrenza ci troviamo di fronte a una escalation di armamenti e di reciproche provocazioni che avevamo pensato appartenere solamente al passato. Ma la guerra fredda non era finita?
 
Se, comunque, di semplici “avvertimenti” si tratta, fino a quando si continuerà in questo modo? Siamo davvero sicuri che, in tutto questo spiegamento di forze e di accuse reciproche, non possa succedere un qualche incidente di cui ognuno si affretterà a riversare la colpa sull’altro? Chiunque puo’ immaginare quali sarebbero le conseguenze.
 
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Federal State Unitary Enterprise
 
Non sono, e non sono mai stato, un pacifista a tutti i costi. So, tuttavia, che per giustificare una guerra o anche soltanto una semplice ostilità tra Stati occorrono dei validi e comprensibili motivi. Dove sta il vero motivo del contendere? La Russia è risorgente? Vuole proporsi ancora come potenza mondiale? E allora? Quale Paese non vorrebbe “risorgere” da un abisso economico e politico in cui si è trovato? E le dimensioni di quel Paese-Continente, ricchissimo di materie prime a noi utilissime, non la autorizzano a chiedere e a ottenere, un ruolo sulla scena mondiale? Forse che Mosca è oggi veramente in grado di rappresentare un pericolo per la sicurezza europea? Non scherziamo!
 
Se anche i russi volessero davvero riappropriarsi degli Stati dell’ex Patto di Varsavia non potrebbero permetterselo. La crisi economica interna, l’arretratezza delle infrastrutture e, complessivamente, dei suoi armamenti non consentono loro nessuna guerra offensiva contro la Nato o uno qualunque dei suoi membri. Al contrario, però, una guerra difensiva la Russia potrebbe benissimo affrontarla: il territorio è talmente vasto e il suo popolo così patriottico che tutti i tentativi di sottometterla negli ultimi due secoli sono falliti.
 
La Russia è, salvo gli Urali e il Caucaso, un’immensa pianura senza confini naturali. Sia Napoleone sia Hitler hanno dilagato in quelle terre in un batter d’occhio ed è comprensibile che qualunque Governo russo pretenda che i Paesi confinanti non costituiscano un pericolo per la propria sicurezza. Ovviamente, essendo la Nato un’organizzazione militare di cui la Russia non fa parte, estenderne la partecipazione ai Paesi che la circondano non può essere visto da Mosca come un atto amichevole.
 
 
Oggi, anziché pensare a improbabili espansioni, ai russi conviene molto di più focalizzarsi sul proprio sviluppo interno, magari anche grazie al nostro know-how e alla nostra collaborazione, piuttosto che addossarsi i costi e la responsabilità di gestire Paesi riottosi e, nel caso, sicuramente ostili. Il loro ministro degli Esteri, il diplomatico Lavrov, ha recentemente dichiarato: “Ripeto: non cerchiamo lo scontro né con gli Stati Uniti, né con l’Unione Europea né con la Nato. Al contrario la Russia è aperta alla più ampia cooperazione possibile con i partner occidentali. Noi continuiamo a credere che il modo migliore per garantire gli interessi dei popoli che vivono nel continente europeo sia la formazione di uno spazio economico e umanitario comune, che si estende dall’Atlantico al Pacifico, in modo che la neonata Unione Economica Eurasiatica possa fungere da ponte d’integrazione tra l’Europa e la regione Asiatico-Pacifica”.
 
Sta mentendo? Sarebbe assurdo perché ciò che dice corrisponde esattamente a quello che, molto razionalmente, costituisce l’interesse di quel Paese.
 
Invece di dare retta a chi continua a sventolare un presunto pericolo Russia, io credo piuttosto alle parole di Henry Kissinger, l’ultimo grande esperto di politica internazionale che ha guidato la politica estera americana dopo la seconda guerra mondiale:
 
“La Russia dovrebbe essere vista come un elemento chiave per qualsiasi equilibrio globale, piuttosto che come minaccia per gli Stati Uniti”. Se lo dice colui che aveva riallacciato rapporti diplomatici con la Cina Popolare proprio per contrastare l’Unione Sovietica durante la guerra fredda, non si può certo sospettarlo nè d’ingenuità nè di “intesa col nemico”.
 
Per noi europei sarebbe ora di sottrarci all’influenza nefasta di qualche nostalgico dottor Stranamore e guardare con disincanto e realismo a quelli che sono i nostri veri interessi. C’e’ qualcuno a Roma e a Bruxelles e, magari, a Washington che ha ancora un po’ di carattere e di buon senso?
 
di Dario Rivolta, già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali
 
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‘Assad deve andare’? Che ne dite di “Basta imperialismo occidentale”?

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“La Siria è solo la più recente avventura imperiale degli occidentali dopo i disastri di Ucraina, Libia, Iraq e Afghanistan”
 
Da anni ormai, le élite occidentali ripetono incessantemente lo slogan che ‘Assad deve andare.‘ Con il pretesto della rimozione di un dittatore e di aiutare il popolo della Siria, l’Occidente ha finanziato, armato e addestrato una serie di milizie affiliate ad Al-Qaeda per forzare un regime chiange nel paese. Contrariamente ad aiutare il popolo di Siria però, questo ha portato solo dolore, miseria e tragedia in Siria, scrive Steven MacMillan su New Eastern Outlook
Anche l’ex segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Chuck Hagel, ha ammesso che l’insistenza su ‘Assad deve andare’ ha ” paralizzato qualsiasi strategia siriana razionale”. La persistenza nel cercare di indirizzare la colpa per la crisi siriana su Bashar al-Assad serve solo a distrarre dal problema centrale nel conflitto; e cioè l’imperialismo occidentale. La Siria è solo la più recente avventura imperiale perseguita dagli occidentali, dopo i disastri di Ucraina; Libia; Iraq; e in Afghanistan (per citarne alcuni).
 
Nonostante i tentativi dell’Occidente di incolpare Assad per la crisi siriana, la colpa dovrebbe invece essere diretta contro l’imperialismo occidentale. Per secoli, l’imperialismo occidentale ha causato devastazione in tutto il mondo, con le potenze coloniali europee che hanno devastato e saccheggiato ogni regione del globo. Due dei goverii più dispotici sulla Terra sono la creazione diretta dell’impero britannico; Arabia Saudita e Israele sono i principali ostacoli a qualsiasi stabilità in Medio Oriente. Il popolo della Siria deve decidere se Assad deve rimanere o andare – non l’elite politica di qualsiasi paese straniero. L’imperialismo occidentale ‘deve andare’ se si vuole raggiungere la stabilità.
Notizia del: 25/05/2016
 
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