Studenti denunciano: “L’Università di Torino off limits per chi vuol parlare di Palestina”

Mag 17, 2016
 
Palestina-bandiere
Palestina bandiera
 
Gli attivisti protestano perché le autorità accademiche avrebbero negato loro un’aula in cui si sarebbe dovuto svolgere un incontro sulla Nakba, la “catastrofe” del popolo palestinese
dalla Redazione
Roma, 17 maggio 2016, Nena News – Vietato parlare di Nakba all’università di Torino. E’ quanto denunciano i promotori della campagna “Studenti contro il Technion”, gli studenti e le studentesse di “Progetto Palestina” e di “Noi restiamo Torino”. In una nota, gli attivisti fanno sapere di aver richiesto un’aula universitaria per poter svolgere al Campus Einaudi una conferenza sulla Nakba con il professore Joseph Halevi. Ma la risposta da parte dell’università sarebbe stata negativa “per ben due volte” nonostante la richiesta venisse fatta “correttamente” e sicuramente non ci fosse un problema di disponibilità di aule”.
 
“E’ inaccettabile – si legge ancora nel comunicato- che proprio l’università, luogo che per eccellenza dovrebbe essere aperto a iniziative e dibattiti, non dia spazi per trattare un tema ancora così fortemente attuale”.
 
Una situazione che, tuttavia, non sarebbe una novità a Torino stando a quanto affermano gli studenti. “Non è la prima volta che l’università nega un’aula: sempre nell’ambito di Stop Technion, a marzo, gli studenti se la sono visti negare con la scusa che mancasse un contraddittorio e di conseguenza sono stati costretti ad occuparla“. Una motivazione ingiustificabile quella fornita dalle istituzioni accademiche perché, secondo gli attivisti, “decine di conferenze” su altri temi hanno avuto regolare svolgimento all’interno dell’università anche in assenza di contraddittorio.
“E’ chiaro – concludono gli studenti – come in realtà le scuse dell’università mascherino la precisa volontà di mantenere il silenzio sulla questione palestinese prendendo così tacitamente una posizione”. Di fronte al no dell’università, gli studenti si sono dati appuntamento oggi alle 17 nella Main Hall del Campus Luigi Einaudi “per procedere con l’iniziativa e combattere la censura universitaria sul tema palestinese”.
Al momento le istituzioni accademiche di Torino non hanno commentato la notizia.
 
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Bambini palestinesi arrestati dagli Israeliani
 
La Nakba (“catastrofe” in arabo) è commemorata ogni anno dai palestinesi il 15 maggio, il giorno dopo le celebrazioni della fondazione dello stato d’Israele (Yom Atzma’ut in ebraico, “Giorno dell’Indipendenza”). Durante la guerra del 1948 oltre 700.000 palestinesi sono stati cacciati o sono fuggiti dalle loro città e villaggi a causa delle violenze delle brigate sioniste. Secondo il noto storico israeliano Ilan Pappé, le forze del nascituro stato israeliano hanno compiuto una “pulizia etnica” ai danni popolazione locale palestinese. Sono più di 500 i villaggi palestinesi distrutti nella guerra del 47-48.
 
Fonte: Nena News
 

Denunciano il piano USA contro il Venezuela

Mag 16, 2016
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Caracas,  (Prensa Latina) Il capo del gruppo del Gran Polo Patriottico (GPP) nell’Assemblea Nazionale, Hector Rodriguez, ha dichiarato oggi che il governo statunitense è determinato a mantenere soggiogato Venezuela, per interesse a prendere il controllo delle sue riserve petrolifere.
 
In un atto pubblico tenutosi  con membri del Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), Rodriguez ha messo in allerta sulle pretese di Washington nella regione, dopo il golpe parlamentare in Brasile contro la presidentessa Dilma Rousseff.
Documenti declassificati da WikiLeaks dimostrano che il governo statunitense ha. patrocinato  il golpe di Stato in Honduras, contro Manuel Zelaya, nel 2009; ed in Paraguay, contro Fernando Lugo, nel 2012, ha aggiunto.
Le relazioni  informative dimostrano che  gli USA hanno promosso. anche attacchi contro Cristina Fernandez, in Argentina; Evo Morales, in Bolivia; Rafael Correa, in Ecuador, ed in Venezuela, prima contro Hugo Chavez e dopo contro Nicolas Maduro.
“Quando l’impero vede la sua mappa geopolitica, avrà’ sempre di mira la maggiore riserva petrolifera, di acqua, di diamanti, di oro, di terra fertile e di un popolo che combatte, e che, inoltre, agirà in conseguenza se loro sono decisi a riprendere  possesso del. loro cortile posteriore. Chi può avere oggi dubbio di tutto  questo?”, ha concluso.
La strategia di  Washinton in Latino America è’ ormai chiara: sobillare ed attaccare i governi del continente che non si sono  sottomessi al dominio egemonico dell’impero USA.
Fonte: Prensa Latina

L’avanzata dell’Asse del Male, prima delle presidenziali Usa

di Eugenio Orso – 15/05/2016
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Fonte: Pauperclass
Collego tre eventi che apparentemente sono lontani, disgiunti, e sembra che centrino come i cavoli a merenda l’uno con l’altro.
Il primo evento, drammatico, luttuoso, foriero di ulteriori destabilizzazioni geopolitiche è la ripresa dell’offensiva jihadista in Siria, che vede nuovamente all’attacco lo stato islamico nei dintorni di Palmira, da poco liberata e oggi circondata su tre lati, e la rinnovata aggressività delle altre formazioni islamiste sunnite, guidate da al-nusra e al-qaeda, avanzanti a sud di Aleppo, grazie alla riconquista del villaggio strategico di Khan Tuman.
Il secondo evento è la raggiunta operatività del cosiddetto scudo antimissile Nato, o sistema di “difesa” Shield/Aegis Ashore ospitato in un’ex base sovietica in Romania, che dovrebbe ufficialmente proteggere l’Europa da missili a corto e medio raggio in arrivo dal Medio Oriente, ma in verità una vera e propria provocazione e un’arma offensiva contro la Russia, che gli americani dislocheranno prossimamente anche in Polonia.
Il terzo evento, sicuramente di minor impatto internazionale, riguarda l’Italia ed è rappresentato dalla tempesta giudiziario-mediatica scatenata contro la “politica”, che sembra entrata in una seconda fase, in cui l’obbiettivo non sono più i corrotti amministratori locali del piddì, ma quelli fino a ora “illibati” del cinque stelle.
 
La domanda da porsi è con quale logica si possono collegare questi eventi, in un quadro geopolitico complessivo insidiosissimo e in pieno movimento.
Anzitutto, questi accadimenti dimostrano che la perversa visione strategica dell’Asse del Male a guida statunitense non è cambiata, nonostante i temporanei rovesci subiti in Ucraina, in Siria e in Iraq – con la Russia che è riuscita a segnare qualche punto a suo e a nostro favore – e gli obbiettivi perseguiti dall’asse maligna restano gli stessi di prima:
1)    Garantirsi il controllo dell’Europa e impedire che la Russia faccia valere il suo peso, il suo ruolo-guida nel vecchio continente. Ciò significa mantenimento in vita dell’unione europoide e dell’area euro, la continuazione della “politica dell’accoglienza” indiscriminata, la firma del TTIP che salderà le due sponde dell’Atlantico, il rafforzamento della Nato quale strumento di dominazione elitista, l’estensione della minaccia militare portata ai confini della Russia.
2)    Destabilizzare la Federazione Russa e provocare la caduta di Putin, anche se è molto più facile agire sul resto d’Europa, occupato militarmente e tributario (Italia, Francia, Germania, eccetera), che nei territori dell’Orso russo, in cui una popolazione cosciente appoggia il presidente e il governo e le forze armate difendono compatte il paese. Anzi, nonostante l’abbattimento del prezzo delle materie energetiche, usato come arma contro la Russia, l’Orso sta riassumendo a pieno titolo il ruolo di potenza mondiale, alternativa agli Usa. L’accanimento contro la Russia e il suo presidente Vladimir Putin, da parte degli Usa e dell’occidente, è un attacco furibondo all’unico argine alle nefandezze contro i popoli dell’Asse del Male (Ucraina, Siria, Iraq, Libia, Grecia).
3)    Continuare la destabilizzazione di paesi mediorientali e nordafricani come la Siria, l’Iraq e la Libia, estendendola anche ad altri paesi dell’area (Libano, Tunisia, eccetera), mantenendo in vita il più a lungo possibile la minaccia bestiale rappresentata dallo stato islamico e, in Siria, da al-nusra/al-qaeda. S’intende continuare, con la fattiva complicità di altri membri dell’asse maligna, quali la Turchia e l’Arabia Saudita (veri stati-canaglia), a devastare con la guerra il mondo arabo, in funzione anti-russa e anti-iraniana, e a scagliare ondate di profughi disperati contro l’Europa, per modificarne la composizione etnico-religiosa. La jihad neocapitalista, sostenuta dagli Usa, alimentata da Turchia e monarchie del Golfo, sostenuta da Israele, ha la vitale necessità che le orde barbariche islamosunnite non siano clamorosamente sconfitte in Siria e Iraq, ma solo ridimensionate, nella prospettiva di usarle anche in Europa. Infatti, recentemente gli Usa, che “lottano contro lo stato islamico” armandolo e impedendone la sconfitta totale sul campo, hanno stranamente paventato il rischio di attentati anche in Italia … Si tratta di una minaccia, di un auspicio o di ambedue le cose?
 
4)    In ultimo, l’estremo oriente e la Cina, alla quale gli Usa riservano particolari attenzioni, pur concentrandosi a effetto sulla minaccia nucleare rappresentata dall’ostracizzata Pyongyang di Kim Jong-un (Corea del Nord, epigono delle Repubbliche Popolari), fra i principali produttori al mondo di frutta fresca! La guerra con la Cina è valutaria, economica e forse, in futuro, militare. Gli Usa puntano a contenere l’espansione e l’influenza cinese nel Pacifico, con qualche tensione nel mare cinese meridionale, dove i cinesi costruiscono basi, sugli atolli, per prevenire la minaccia militare, area e navale statunitense.
I tre eventi significativi richiamati nell’articolo – ripresa dell’offensiva jihadista in Siria, scudo antimissile Nato in Romania e, prossimamente, anche in Polonia, inchieste della magistratura contro il piddì e ora contro il cinque stelle in Italia – s’inseriscono tutti, come altrettanti tasselli, nel mosaico geopolitico dominato dalla strategia del Caos, che l’Asse del Male a guida statunitense persegue con micidiale caparbietà. Il terzo evento, quello che riguarda la penisola, è ovviamente meno importante degli altri due, ma non per questo privo d’impatto e, in ogni caso, è da considerarsi interno alla stessa strategia, che vede in cima alla lista dei target il controllo totale neocapitalistico del vecchio continente (e quindi anche della piccola Italia).
 
Per quanto riguarda specificamente l’Italia, qualcuno potrebbe pensare che nella magistratura operano due fazioni, una che si è scagliata contro gli amministratori piddini, oggettivamente colpevoli di ogni sorta di reato, dalla detenzione e traffico di droga agli appalti truccati, e l’altra che ha risposto colpendo i sindaci del cinque stelle in due della tre principali città amministrate da questo partito emergente (Livorno e Parma). Filippo Nogarin, a Livorno, è accusato di concorso in bancarotta fraudolenta, mentre Federico Pizzarotti, a Parma, si becca l’abuso d’ufficio per la nomina del direttore generale del Teatro Regio. Se fosse veramente così, significherebbe che la “politica” prevale comunque sulla magistratura, mostrando uno scenario in cui il secondo apparato è subordinato al primo e riproduce la divisione in fazioni del primo …
Per quanto mi riguarda, credo che la “politica” e la magistratura siano apparati sottomessi allo stesso potere esterno, cioè a quelle élite finanziarie occidentali che si servono dell’Asse del Male, a guida statunitense, per imporre i loro interessi di classe in tutto il mondo. La mia sarà pure una visione classista ispirata dal pensiero di Marx, ancorché eretica, che molti giudicano “fuori moda”, ma mi consente di comprendere ciò che accade e perché accade, ossia di individuare le cause dei fenomeni sociopolitici (e geopolitici) senza confonderle con gli effetti.
Trattandosi di due apparati soggetti allo stesso padrone, per quanto siano possibili contrasti reciproci anche virulenti, non possono che muoversi ambedue – “politica” liberaldemocratica e potere giudiziario – nella stessa direzione, quella voluta dalla classe dominante che li manovra.
Se così è (ed io sono convinto che lo sia), l’attacco dei magistrati al piddì e le recenti “attenzioni” per il cinque stelle, favoriscono oggettivamente la costituzione nel prossimo futuro del famigerato “partito della nazione”, in sostituzione dell’attuale piddì.
L’arresto del consigliere piddino di Siracusa per droga e l’arresto del sindaco di Lodi, anche lui del piddì, per turbativa d’asta, mirano a demolire la (residua!) credibilità del partito democratico – non di Renzi, che potrà essere il liquidatore dei demokrat! – e ad aprire le porte al “partito della nazione”.
Ai poteri esterni serve una nuova entità subpolitica, collaborazionista della troika e della Nato, con poca “militanza” popolare – essenzialmente con meno tesseramento popolare, in una scatola ancor più vuota e agile del piddì – ma con grandi potenzialità per allargare lo spettro del collaborazionismo a figuri “non di sinistra”, come Verdini e soci.
Gli avvisi di garanzia ai sindaci del partito a cinque stelle di Livorno e Parma (manca all’appello Ragusa, ma forse gli inquirenti riusciranno a colmare la lacuna!), mirano a impedire che m5s diventi troppo forte attraendo una valanga di consensi, vista la frantumazione del cosiddetto centro-destra, prima che si costituisca l’utilissimo (per le élite) partito della nazione, secondo i desideri della classe dominate finanziaria occidentale.
 
Si tende a “calmierare” il partito di Grillo e Di Maio, per dare il tempo a Matteo Renzi di costituire il “partito della nazione” sulle ceneri del piddì. Segno che la sostituzione del piddì con il cinque stelle – paventata da alcuni visti i recenti, importanti incontri di un Luigi Di Maio, che si “accredita” come giovane leader emergente con ambasciatori europei e avvoltoi della Trilateral – non è la prima scelta delle élite sopranazionali che controllano il nostro paese ma, tuttalpiù, un piano B per non perdere la presa sull’Italia.
Si lascia la mano libera ai magistrati, in un senso e nell’altro, senza “rimettergli il guinzaglio” e fermarli, per arrivare a ottenere (anche) attraverso le inchieste giudiziarie e il conseguente clamore mediatico il risultato voluto.
Qual è il risultato che vogliono conseguire, riassumendo e concludendo?
 
La “dismissione” del piddì, ormai obsoleto (oggettivamente, va in tal senso l’azione di Renzi e dei renziani) e il “contenimento” del cinque stelle perché non cresca troppo in fretta, prima che sia pronto l’asso nella manica delle élite per mantenere il controllo dell’Italia, cioè l’entità subpolitica collaborazionista, ancora piuttosto vaga, ma già ampiamente annunciata: il “partito della nazione”.
Questo è quanto, almeno per ora.

Il Myanmar dice “dasvidania” agli USA e firma i contratti con Putin

di Massimiliano Greco – 15/05/2016
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Fonte: l’Opinione Pubblica
 
Secondo i media, la camera bassa del parlamento del Myanmar, su richiesta delle forze armate, ha approvato un accordo rafforzato in materia di cooperazione militare con la Russia per fornire 3 caccia addestratori Yak-130  a Myanmar.
La proposta del Ministero della Difesa è stata adottata dal Parlamento senza obiezioni, secondo il giornale locale Myanmar Times.
 
Il Vice ministro della Difesa del Myanmar, il Generale Myint Nwe, ha detto che i due Paesi hanno una lunga storia di cooperazione militare e che probabilmente altri accordi sono in arrivo.
 
Alla fine di aprile, il ministro della Difesa russo Sergei Shoigu aveva detto che la Russia stava progettando di rafforzare la cooperazione bilaterale con l’Associazione delle Nazioni del Sudest Asiatico (ASEAN), vale a dire Indonesia, Malesia, Filippine, Singapore, Thailandia, Brunei, Cambogia, Laos, Myanmar e Vietnam.
 
Questa è la dimostrazione, semmai ve ne fosse bisogno, che, al di fuori dei confini ristretti e soffocanti della “europetta” atlantica, vi è tutto un mondo fatto di dinamismi commerciali, industriali e anche militari. Mentre l’Europa continua a guardarsi l’ombelico, ad alternare autoflagellazioni sugli eventi della Seconda Guerra Mondiale, sul razzismo, il colonialismo, alle guerre imposte dall’America, in Asia, nell’America Latina e in Africa vi sono numerosi Stati disposti a perseguire i propri interessi, trattando la Russia (o la Cina) come partner commerciale e non come nemica, anche a costo di sfidare le minacce e i ricatti americani.
 
Ricatti che non si sono fatti attendere, come era da aspettarsi.
 
Ecco quel che scrive The Times: “Alla fine, la ragione per cui Aung San Suu Kyi non vuole che gli statunitensi dicano “rohingya” (vedi sotto, N.d.a.) non ha molta importanza. Ciò che conta è che una donna il cui nome è stato sinonimo di diritti umani per una generazione, una donna che ha mostrato coraggio inflessibile di fronte al dispotismo, ha continuato la politica del tutto inaccettabile dei governanti militari che ha sostituito […] Il suo alone era un fattore centrale nel reinserimento del Myanmar nella comunità mondiale […] ma già vi sono appelli dai gruppi per i diritti umani negli Stati Uniti al presidente Obama per rinnovare le sanzioni contro il Paese prima del 20 maggio”.”
 
Tutto ciò è legato ad articoli come questo, questo sempre del Times, in cui si accusa Aung San Suu Kyi addirittura di codardia o di essere succube del “nazionalismo buddista.”
 
I “rohingya” sono una popolazione controversa che per i vari governi del Myanmar sono di etnia bengali, e quindi immigrati, mentre per gli occidentali sarebbero indigeni. Secondo i fautori dei Diritti Umani (gli stessi che, di solito, dormono quando Erdogan fa strage di curdi) il rifiuto di considerarli birmani sarebbe segno di razzismo, della volontà di cancellarli o, quanto meno, di essere succube di chi vorrebbe farlo.
 
Ovviamente, è solo una mera “coincidenza” che i media americani, dopo aver idolatrato la San Suu Kyi siano passati a denigrarla subito dopo questo accordo con la Russia. 
Così come Assad da eroe divenne un tiranno sanguinario quando disse no al passaggio del gasdotto turco-qatariota che avrebbe buttato la Russia fuori dal mercato europeo.
 
Purtroppo, tutte queste considerazioni, per i “tarantolati dei diritti umani”, non contano: basta che qualche giornale anglosassone (e perciò stesso) “autorevole” lanci il grido che in Myanmar si violino i diritti umani, perché cominci la mobilitazione. Probabilmente nei prossimi giorni leggeremo ogni sorta di calunnia sul Myanmar, specie se altri contratti con la Russia saranno firmati. Mentre, al solito, leggeremo poco o punto sulle terribili condizioni di vita delle minoranze e/o delle donne in Qatar, Turchia e Arabia Saudita.
 
Con il che non si vuol dire che il Myanmar sia una sorta di Eden, ma solo denunciare il persistente (ab)uso della questione dei Diritti Umani per colpire chi intralcia i voleri del governo americano.

Sul bus senza biglietto: multa un’italiana e non una straniera

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La denuncia fatta dalla madre di una studentessa: “Non è possibile che si chiuda un occhio con gli extracomunitari”
Claudio Cartaldo – Mar, 16/06/2015 – 15:23
Una ragazza italiana è salita sull’autobus, senza biglietto, ed è stata giustamente multata.
 
uguaglianza
Seduta vicino a lei, però, c’era una senegalese anch’essa priva del titolo di viaggio, ed è stata lasciata andare.
 
È successo a Pontedera, dove evidentemente per poterla fare franca è sufficiente non avere la cittadinanza italiana. “Accanto a mia figlia – ha raccontato la madre della ragazza al Tirreno – c’era una extracomunitaria la quale era senza biglietto ma non è stata multata. Un altro controllore che era sullo stesso bus l’ha accompagnata verso il conducente ma mia figlia ha visto che non le veniva fatto alcun tipo di verbale”. La studentessa adesso dovrà sborsare 120 euro, mentre l’immigrata se l’è cavata con un richiamo verbale e niente più. “Voglio protestare – ha ribatito la donna – mia figlia ha sbagliato, per carità. Ma deve esserci per tutti gli utenti lo stesso trattamento. Non è possibile che si chiuda un occhio con gliextracomunitari e invece si applichi alla lettera quanto previsto dal regolamento aziendale con gli italiani”.
 
Quale sia il motivo di un tale comportamento discriminatorio nei confronti degli utenti italiani non è dato saperlo. Eppure è possibile immaginare che molte volte, sia sui treni che sugli autobus, da parte dei controllori vi sia una certa paura nell’affrontare gli extracomunitari che senza biglietto salgono sui mezzi pubblici. Quello della ragazza di Pontedera, infatti, non è un caso isolato. Succede spesso che cittadini stranieri senza biglietto, piuttosto che essere multati, vengano invitati a scendere per evitare reazioni scomposte. Come quelle a colpi di machete di cui sono stati vittime il macchinista e il controllore alla stazione di Villapizzone a Milano.
 
Per evitare di perdere un braccio forse è meglio chiudere un occhio sulle infrazioni degli stranieri.

Elezioni Austria, il verde Van der Bellen vince con il 50,3%. Hofer ammette la sconfitta

oooh meno male l’europa di bankenstein è salva. Provvidenziali quei voti dall’estero che hanno guardacaso soffiato la vittoria ai cattivi euroscettici…La troika si è sempre dichiarata disposta a tutto per l’euro no? Anche mafia capitale gioisce
Gentiloni, “sospiro di sollievo per Ue e Italia”. Ma il dato politico è già incontrovertibile: un austriaco su due sostiene l’estrema destra”
Redazione ANSA
ROMA
23 maggio 2016
Il verde Alexander Van der Bellen ha vinto le elezioni in Austria per un soffio con il 50,3% dopo lo spoglio dei voti per posta sconfiggendo l’ultranazionalista Norbert Hofer, staccato di soli 31mila voti. ‘Sarò al servizio di tutti’, ha detto il neo eletto presidente
 
Hofer ammette la sconfitta: ‘rammaricato’. Affluenza record del 72,7%.
 
“Oggi, i sentimenti di amicizia tra Austria e Italia rappresentano non solo elemento imprescindibile per il comune sviluppo sociale ed economico dei nostri Paesi, ma anche un solido ancoraggio per il rafforzamento del progetto europeo, scosso da numerose e talvolta inedite sfide”. E’ quanto scrive il presidente della Repubblica SergioMattarella in un messaggio inviato al Presidente Federale eletto della Repubblica d’Austria, Alexander Van der Bellen.
 
Gentiloni, sospiro di sollievo per Ue e Italia  La vittoria del candidato Verde alle presidenziali austriache fa “tirare un sospiro di sollievo” all’Europa e “certamente lo tiriamo anche noi italiani perché indubbiamente l’Austria è uno dei paesi con cui siamo più collegati, un paese vicino ed amico”. Lo dichiara il ministro Paolo Gentiloni. Lasciando la riunione del Consiglio Esteri, definisce la vittoria di Van der Bellen “una notizia positiva” ma, aggiunge, “non dobbiamo sottovalutare che la metà degli elettori si è espressa in un altro senso”.‘Una lezione a partiti tradizionali”
 
L’Europa è stata con il fiato sospeso in attesa che lo spoglio del voto per corrispondenza. Il candidato dei Verdi, Alexander Van der Bellen, l’ha spuntata al fotofinish sull’ultranazionalista dello Fpo, Norbert Hofer. Ma il volto gentile della destra xenofoba è stato in vantaggio con il 51,93% dei voti reali davanti a Van der Bellen, che arrivava al 48,07%. Lo spoglio delle oltre 800mila buste elettorali ha ribaltato la situazione, ma il dato politico è già incontrovertibile: un austriaco su due sostiene l’estrema destra in Austria.