Save the date – Convegno sulla Libia, Giovedì 9 Giugno 2016, Ore 10.00, Sala Isma Senato della Repubblica, Roma

FULVIO GRIMALDI relatore al convegno 5 Stelle al Senato:  “LIBIA, CHE FARE?”
Interviene, tra gli altri, Alessandro Di Battista, Commissione Affari Esteri e Comunitari.
Modera Sen. Ornella Bertorotta, Commissione Affari Esteri, Emigrazione
 
Sala Isma del Senato, Piazza Capranica 72, giovedì 9 giugno 2016, ore 10.00

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INVITO CONVEGNO

Gentilissimi,
Vi inoltriamo l’invito al convegno: LIBIA: CHE FARE? Il dispiegamento delle nostre forze speciali e dei servizi di sicurezza, l’utilizzo delle basi aeree italiane per i droni USA, il supporto fattivo sul territorio all’insediamento di Sarraj a Tripoli mettono in campo nuove forme di interventismo, meno clamorose, ma altrettanto pericolose. Nel nuovo scenario multipolare ad intervenire non vi sono solo USA ed Europa, ma anche paesi del Golfo, Egitto e Turchia, ognuno a supporto dei propri alleati libici, in guerra tra loro. Si ripropone così un copione già visto molte altre volte nel recente passato, che dopo cinque anni di fragili tentativi di ricostruzione della legittimità istituzionale hanno diviso il popolo libico e distrutto l’economia e le infrastrutture. E’ possibile imporre la pace attraverso un nuovo intervento militare in Libia? Se ne parlerà nel convegno “Libia: che fare?” giovedì 9 Giugno 2016, dalle ore 10.00, presso la Sala Isma del Senato della Repubblica, Piazza Capranica n. 72.
Introduce:
Sen. Stefano Lucidi, Capogruppo M5S Senato, Commissione Affari Esteri
Intervengono:
Dott. Marcello Foa, giornalista e scrittore: “Risorse energetiche e intervento internazionale: perché non impariamo mai dai nostri errori?”
Dott. Luca Bertazzoni, giornalista e inviato Tv: “Timelapse: Il Paese visto dai reporter di Guerra”
Dott. Fulvio Grimaldi, giornalista, scrittore, conduttore televisivo: “La Libia e le origini del caos: attacco in Libia del 2011”
Prof.ssa Adele Del Guercio, docente di Diritto dell’Unione Europea, Università Orientale Napoli:”Migranti e la fortezza Europa”
Sen. Vito Petrocelli, Commissione Finanze e Tesoro: “Petrolio e gas, la lotta per l’accaparramento delle risorse libiche” Contributi video del Dott. Fulvio Scaglione, Vicedirettore di Famiglia Cristiana.
Conclusioni:
On.le Alessandro Di Battista, Commissione Affari Esteri e Comunitari
Modera: Sen. Ornella Bertorotta, Commissione Affari Esteri, Emigrazione
*****
Per accedere alla sala ISMA (Istituto Santa Maria in Aquiro) è necessario accreditarsi presso la segreteria organizzativa, con preghiera di indicare NOME – COGNOME – PROFESSIONE – RECAPITO TELEFONICO.
R.S.V.P. Telefono: 06.67063022 – ornella.bertorotta@senato.it
L’ingresso alla sala è consentito fino al raggiungimento della capienza massima dei posti disponibili.
Agli uomini è richiesto di indossare la giacca e la cravatta

Lettera di Beppe al GIP

Egregia Dottoressa Bianco ,

Non sono qui a chiedere la grazia ma allo stesso tempo non ci sto a fare il carceriere di me stesso.

E’ passato più di un mese da che sono costretto ai domiciliari e le mie condizioni economiche non mi permettono più di fare fronte al pagamento delle bollette e fare materialmente la spesa per il cibo.

Tenga conto che di tutti i miei precedenti penali non ho fatto più di dieci giorni di carcere ed in cinquant’ anni suonati non conosco altra maniera di vivere se non come uomo libero .

Inoltre dal 2009 ho iniziato una convivenza con la mia compagna Monica andando ad abitare a Giaglione, facendo la scelta di andare a vivere fuori città , in montagna,  rinunciando alle comodità e sicurezze per la mia sensibilità alla tutela ambientale e salvaguardia del territorio montano .Infatti sono più di sei anni che faccio quelle che sono le attività tipiche dei montanari:

la raccolta di piccoli frutti, di funghi, legna da ardere in cambio della pulizia dei boschi , sistemazione e manutenzione dei muretti a secco e canali irrigui ed in ultimo, non per importanza , ma per il fabbisogno alimentare conduco anche un orto e un frutteto affidatomi da un anziano del paese .

Considero questi arresti domiciliari ingiusti perché penso che la giustizia non dovrebbe essere utilizzata come strumento di controllo e repressione sociale. In questa situazione mi sento condannato per le mie idee politiche ancor prima di essere giudicato per i reati di cui sono accusato.

Da Lei mi è stato anche negato di recarmi dal mio legale .

Delego il mio avvocato a concordare eventuali forme meno afflittive di controllo che mi permettano di svolgere le attività sopra descritte.

Questa è la mia richiesta di libertà .

Nella mia situazione non mi rimane altro mezzo per oppormi a quello che considero un sopruso e un’ingiustizia : nel mese di giugno entrerò in sciopero della fame.

Mi riservo inoltre di rendere pubblica la medesima per mettere a conoscenza della mia situazione l’opinione pubblica e la società civile .

Distinti saluti.

Giuseppe Lizzari

Giaglione,  25 maggio 2016. 

Mai più TAV.

http://www.beppegrillo.it/movimento/parlamentoeuropeo/2016/05/mai-piu-tav-la-macro.html

La Macroregione alpina riguarderà circa 80 milioni di persone appartenenti a 7 Stati tra cui Italia, Austria, Francia, Germania, Slovenia, Leichtenstein e Svizzera. Per il Bel Paese in particolare, le regioni coinvolte da una strategia condivisa per l’economia di questo immenso territorio sono Lombardia, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Veneto, le provincie autonome di Bolzano e Trento, Valle d’Aosta e Piemonte. Per questo il contributo del Movimento 5 Stelle, grazie alla sua portavoce Daniela Aiuto, è stato di fondamentale importanza nel definire le linee guida su cui l’Europa dovrà muoversi nel trattare un tema così importante. Il Parlamento Europeo ha imparato dagli errori del passato, in particolare dagli orrori che si verificano puntualmente con una gestione infrastrutturale sbagliata, leggasi il TAV. Ad oggi una “macroarea” così strategia per l’economia italiana non può essere lasciata alla mercé d’interessi finanziari oscuri e di lobby pronte a speculare sulla pelle dei cittadini e del territorio stesso. Il primo passo per arginare i sottotraccia è stato fatto prima in commissione Ambiente, poi in quella Trasporti e turismo, dove è stato approvato un parere che andrà a confluire in una relazione finale che sarà definitivamente votata durante la seduta plenaria di settembre. Tutti i capisaldi voluti dal Movimento 5 Stelle sono stati rispettati. Parliamo di un coinvolgimento attivo delle popolazioni locali attraverso consultazioni pubbliche (prima di costruire nuove infrastrutture) e del potenziamento delle infrastrutture esistenti prima della realizzazioni di altre strutture. Sempre nel merito si parlerà di trasparenza assoluta sugli atti relativi alle opere pubbliche e di una oculata salvaguardia dell’ambiente. Se un determinato progetto è destinato a mettere a rischio l’ecosistema della macroregione non potrà quindi essere finanziato con una pioggia di soldi pubblici come avviene oggi con la Torino-Lione. Si punterà anche su un turismo spalmato nell’arco dell’intero anno e non concentrato in singole stagioni. Tutte proposte di assoluto buon senso, accolte favorevolmente, che non dovranno essere stravolte da qui a settembre. Vi terremo aggiornati su ogni sviluppo, per adesso la triste lezione del TAV sembra aver fatto scuola.

Allarme sul pericolo del Kosowo: la principale enclave del terrorismo fanatico wahabita in Europa

Mag 23, 2016
 
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Miliziani takfiri in Kosowo
 
Gli sforzi dell’Arabia Saudita per aumentare la sua influenza ed estendere la sua perniciosa ideologia wahabita hanno trasformato lo Stato del Kosowo in un terreno fertile per i terroristi.
“Gli ingenti finanziamenti immessi dall’Arabia Saudita e l’aumento della sua influenza in questo paese balcanico hanno creato nel Kosowo una enclave del terrorismo jihadista più fanatico dove cresce ogni giorno l’indottrinamento ed il reclutamento delle nuove leve per l’esportazione del terrorismo”, lo segnala anche il giornale statunitense The New York Times in una informativa pubblicata la scorsa Domenica.
 
Il giornale ricorda come Rijad abbia creato vari centri di reclutamento nel paese europeo per fare proselitismo dell’ideologia wahabita, la stessa professata nell’Arabia Saudita, la più oscurantista e fanatica delle sette islamiche esistenti al mondo, la medesima che ispira i gruppi terroristi ed in particolare quelli dell’ISIS o Stato Islamico.
Secondo quanto informa il direttore dell polizia antiterrorista del Kosowo, Fatos Makolli, i sauditi hanno speso una valanga di denaro per divulgare questa dottrina per mezzo di vari programmi, principalmente facendo leva sui giovani e sulle persone più vulnerabili”. I sauditi importano nel paese la “letteratura wahabita”, ha messo in guardia Makolli.
Questi programmi hanno causato la radicalizzazione di molti cittadini e di giovani convertiti all’ideologia della Jihad o “guerra santa” e questo avviene all’interno di un paese europeo dove gli USA hanno costituito la loro più grande base militare in Europa  (Camp Bondsteel).
La Repubblica del Kosowo si è trasformata di fatto nella ” porta d’ingresso degli estremisti takfiri in Europa“, avverte lo stesso giornale nordamericano, aggiungendo che “questo paese adesso si sente minacciato, come altri paesi europei, dal pericolo dell’estremismo fanatico”.
Nel corso degli ultimi due anni la polizia ha identificato 314 Kosowari, incluso due attaccanti suicide, 44 donne e 28 bambini, i quali risulta che hanno viaggiato all’estero per arruolarsi nell’ISIS.
Secondo gli investigatori, tali cittadini kosowari erano stati reclutati da un corpo di mufti estremisti e da associazioni segrete finanziate dal regime saudita e da altri paesi arabi del Golfo Persico.
Nota: non ci sarebbe bisogno di aggiungere che, dove arriva la mano militare degli USA e della NATO, arrivano inevitabilmente i gruppi fanatici islamisti, wahabiti e salafiti i quali costituiscono di frequente le “truppe d’assalto” per le operazioni di destabilizzazione dei paesi del Medio Oriente (vedi Siria, vedi Iraq) e di altre regioni dove esiste un progetto di dominazione degli Stati Uniti e dei loro alleati.
Si potrebbe pensare ingenuamente che questa sia soltanto una coincidenza ma le prove evidenti di questa “joint venture” tra i servizi di intelligence di USA e Regno Unito ed gruppi islamici takfiri sono troppe e troppo evidenti per non arrivare a conclusioni più che fondate. Rimane da capire quali saranno i prossimi obiettivi e da molti indizi, si deduce che una prossima campagna sarà diretta contro i territori dell’Asia Centrale, molto vicini alla Federazione Russa.
Fonte: Hispan Tv
Traduzione e nota: Luciano Lago

Ungheria dice no al prolungamento automatico delle sanzioni UE contro la Russia

quel cattivo desposta euroscettico ungherese protegge quell’altro cattivo sanguinario di Putin……
così recita il verbo del dipartimento di stato Usa ed in coro tutti i suoi tirapiedi
 
25 Maggio 2016
 
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Ungheria dice no al prolungamento automatico delle sanzioni UE contro la Russia
25.05.2016
 
L’Ungheria si oppone alla decisione automatica di estendere le sanzioni contro la Russia, ha dichiarato il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjártó.
 
“Abbiamo parlato della questione delle sanzioni, l’Ungheria è interessata affinchè gli accordi di Minsk vengano al più presto implementati. Sicuramente non accetteremo che la decisione venga presa a “scatola chiusa”, ovvero non accetteremo l’utilizzo di procedure automatiche. Vogliamo una discussione ad un livello politico superiore”, — ha detto Szijjártó dopo i colloqui con il capo della diplomazia russa Sergey Lavrov.
 
Le sanzioni della UE scadranno il 31 luglio. La questione dell’estensione delle sanzioni sarà discussa al vertice di Bruxelles tra il 28 e 29 giugno.
 
In precedenza era stato riferito che cinque Paesi europei — Ungheria, Cipro, Grecia, Italia e Slovacchia — hanno intenzione di intervenire a sostegno dell’alleggerimento delle sanzioni. Una fonte di RIA Novosti nella diplomazia europea non ha escluso che possano bloccare il prolungamento delle misure restrittive contro Mosca.
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Terrorismo, la Francia raddoppia uomini e mezzi per gli Europei

davvero per gli europei? Speriamo non sia per stroncare le proteste contro il job act. Ma il kompagno antifascista e europeista Hollande non lo farebbe mai no?
 
dal nostro corrispondente Marco Moussanet
25 maggio 2016
PARIGI – La Francia schiererà 90mila uomini per garantire la sicurezza degli Europei di calcio, la cui partita inaugurale (Francia-Romania) si svolgerà il 10 giugno a Saint-Denis. Lo stadio della cintura parigina davanti al quale, non essendo riusciti a entrare, lo scorso 13 novembre si sono fatti esplodere tre kamikaze dello Stato islamico.
 
Il ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve – che si è sforzato di essere rassicurante anche sul fronte dei disagi che potrebbero essere causati dalle proteste contro la legge di riforma del mercato del lavoro – ha dettagliato i numeri dell’impressionante sistema che verrà messo in campo per far fronte alla minaccia terroristica che continua a pesare sul Paese.
 
All’esterno dei dieci stadi in cui verranno giocate le 51 partite (la finale, sempre a Saint-Denis, sarà il 10 luglio) e delle cosiddette “fan zones” (cioè gli spazi all’aperto dove i tifosi potranno assistere agli incontri sui maxischermi) ci saranno 42mila poliziotti e 30mila agenti della gendarmeria (l’equivalente dei nostri carabinieri), tra cui le “teste di cuoio” del corpo speciale anti-sommossa Gign. Verranno coadiuvati da oltre 5mila addetti della Protezione civile e da una parte (non specificata) dei 10mila militari dell’operazione Sentinelle, mobilitati dopo gli attacchi del gennaio 2015 a Charlie Hebdo e all’ipermercato casher.
 
All’interno degli stadi e delle “fan zones” (che potranno ospitare da 20mila a 90mila persone, com’è il caso della più grande, sul Champs de Mars a Parigi) la sicurezza sarà garantita da 13mila uomini delle imprese private di security (9mila negli stadi, 3mila nelle “fan zones” e mille tra alberghi in cui vengono ospitate le squadre e campi di allenamento).
Rispetto alle previsioni iniziali, tanto per capire qual è stato l’impatto della minaccia terroristica, lo sforzo in uomini e mezzi è sostanzialmente raddoppiato. Con un costo che solo per le “fan zones” è passato da 12 a 24 milioni.
Gli stadi saranno anche dotati di un inedito sistema anti-droni, pur non ufficialmente confermato, che dovrebbe consentire l’intercettazione di eventuali droni nella zona aerea degli stadi, costringendoli all’atterraggio in luoghi sicuri.
Nei giorni scorsi, Cazeneuve aveva già annunciato che la sicurezza del Tour de France (si svolgerà dal 2 al 24 luglio) sarà garantita da 23mila tra poliziotti e gendarmi (anche in questo caso con l’intervento del Gign).
 

Jobs Act, Francia paralizzata dalle proteste

Già. In Francia i lavoratori protestano tutti, i sindacati chiamano tutti contro il provvedimento Job Act. NON SCHEDANO chi va in piazza in base alla fede politica o meno, LOTTANO INSIEME contro un provvedimento che danneggia TUTTI indistintamente. COSA che in una ITALIA manipolata e sequestrata dai professionisti della PIAZZA al soldo del Pd  NON E’ STATO POSSIBILE FARE, si concentrano contro i nemici del Pd, in piazza scendono in favore degli europeisti, cioè coloro che ci ha ridotto in questo condizioni. 

Manco si è protestato,  PROTESTATO, sottolineo, non sfilare con la bandierina. ED I RISULTATI SI VEDONO. I francesi, se ne sono accorti e dicono giustamente NON VOGLIAMO FARE LA FINE DELL’ITALIA.
gli scribacchini talmente sono abituati a riscrivere la storia che manco si ricordano che la lotta contro i contratti di primo impiego si è svolta nel 2006 NON NEL 1996. Le piazze francesi riuscirono a far ringoiare quella porcata, noi ancora ci godiamo la Biagi, grazie ai collaborazionisti delle piazze.
 
La polizia sgombera il blocco dei depositi petroliferi. I distributori di benzina sono a secco. I sindacati annunciano nuovi scioperi contro la riforma del lavoro. Valls: non arretriamo
 
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AFP
I francesi scioperano contro la riforma del lavoro
 
25/05/2016
 
paolo levi
parigi
 
Non bastavano lo sciopero dei trasporti o le piazze gremite di lavoratori e studenti. Non bastavano le proteste degli «indignados» di Nuit Debout o le auto incendiate dai casseur. In Francia la mobilitazione contro la riforma del lavoro assume una portata senza precedenti. Alle forme tradizionali del dissenso si aggiunge ora il blocco di depositi petroliferi e raffinerie, con migliaia di automobilisti in coda davanti alle pompe di benzina col terrore di restare a secco.
 
Protagonisti del braccio di ferro che rischia di paralizzare un Paese già sull’orlo della crisi di nervi sono il premier Manuel Valls e Philippe Martinez, il baffuto leader della Cgt. A caccia di nuovi consensi, il primo sindacato della République chiede l’immediato ritiro della riforma del lavoro, il cosiddetto Jobs act alla francese, una legge per giunta approvata con procedura 49-3, il contestato articolo della Costituzione che ha consentito al governo socialista di vararla senza il via libera del Parlamento.
 
All’alba di ieri, dopo un week-end di passione, la polizia è intervenuta per sgomberare gli accessi ai siti petroliferi di Fos-sur-Mer, vicino a Marsiglia, bloccati dai militanti della Cgt. Questi hanno poi denunciato «scene di guerra», «senza preavviso». «Non possiamo accettare nessun ricatto sul carburante», ha però avvertito Valls la sera prima, annunciando l’imminente intervento dei «flics» contro le barricate. Per tutta risposta, dopo il blitz delle forze dell’ordine con idranti e proiettili di gomma, la Cgt ha decretato lo sciopero nelle otto raffinerie di Francia. «Siamo determinati ad andare fino in fondo per il ritiro della riforma del lavoro», ha tuonato in tv l’agguerrito Martinez, invocando una «generalizzazione dello sciopero ovunque nel Paese».
 
Un appello subito raccolto dai compagni sindacalisti della Sncf, la compagnia ferroviaria nazionale, pronti ad incrociare le braccia dal 31 maggio, mentre è atteso per il 2 giugno lo sciopero «illimitato» di metro e bus parigini (Ratp), a cui seguirà dal giorno successivo quello dell’aviazione civile. Il tutto a pochi giorni dal fischio d’inizio dei campionati di calcio di Euro 2016. Anche i dipendenti della centrale nucleare di Nogent-sur-Seine, riuniti in assemblea generale, ieri hanno deciso di scioperare e fermare la produzione di elettricità, giovedì prossimo.
Ieri, nonostante le rassicurazioni del governo, il rischio penuria si è esteso a tutto il territorio, con oltre il 20% delle stazioni di benzina parzialmente o completamente a secco. Da parte sua, il presidente Hollande ha denunciato la «strategia di una minoranza» mentre Valls assicura che la riforma non verrà ritirata. «Costringere i francesi a fare 45 minuti di fila davanti alle stazioni di servizio non è tollerabile: continueremo la rimozione dei blocchi».
 
E invece per l’opposizione di centrodestra l’esecutivo prima o poi cederà, come successe nel 1996 all’allora premier Dominique de Villepin, che davanti rivolta della piazze dovette ritirare il controverso Contratto di Primo Impiego (Cpe) osteggiato dai giovani. Furiosi anche i dirigenti di Total, il colosso francese del petrolio, che parlano di fatti «estremamente gravi» e annunciano una «seria revisione dei progetti di investimento nell’insieme degli stabilimenti del Paese».
 
 
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niccolò zanca
 
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Continua lo sciopero dei lavoratori delle raffinerie di petrolio in Francia

Mercoledì 25 maggio 2016
 
Tutti e otto gli stabilimenti del paese sono fermi e due stazioni di servizio su dieci sono rimaste senza benzina
 
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Automobilisti francesi fanno la fila per fare rifornimento a una stazione di servizio. Credit: Stephane Mahe
Continua lo sciopero dei lavoratori delle raffinerie di petrolio in Francia. La “Confédération générale du travail” (Cgt) la scorsa settimana ha indetto delle manifestazioni davanti agli stabilimenti per protestare contro la nuova riforma del lavoro voluta dal governo francese.
 
La riforma fortemente voluta dal presidente della repubblica François Hollande prevede la semplificazione delle regole di assunzione e di licenziamento, una maggiore flessibilità sugli orari di lavoro e la possibilità per la grandi aziende di ridurre i salari.
Tre quarti dei francesi sono contrari alla normativa e vi sono state forti critiche nei confronti del governo per aver fatto ricorso all’articolo 49.3 della costituzione che prevede l’approvazione veloce delle leggi senza passare dal voto del parlamento.
Tutte le otto raffinerie presenti nel paese sono ferme. Di conseguenza, molte aree di servizio francesi sono a corto di benzina. Almeno il 20 per cento è rimasto completamente a secco. La Francia ha quindi dovuto fare ricorso alle scorte di riserva di petrolio per la prima volta dal 2010.
Gli automobilisti, bloccati in lunghe code per fare rifornimento, si sono lamentati: “non c’è più benzina. Sono arrabbiato perché siamo stati presi in ostaggio da questo sciopero, anche se ne capisco il motivo e lo rispetto. Ma per la gente che lavora non è certo facile”.
Intanto continua a salire la tensione. Ieri 24 maggio, la polizia ha disperso i lavoratori che stavano protestando davanti alla raffineria di petrolio di Fons-sur-Mer, nell’area portuale di Marsiglia, usando idranti e gas lacrimogeni.
La Cgt ha quindi rilanciato la sfida al governo francese e vuole estendere lo sciopero ai lavoratori dei porti e alle centrali nucleari. Nonostante queste ultime siano strategiche per il consumo energetico della popolazione, l’estensivo network con i paesi vicini consente alla Francia di non correre pericoli di blackout in caso di sciopero.

L' impianto di Norgent-Sur-Seine Francia, appello dei sindacati ai lavoratori: Bloccate centrali nucleari

25 Maggio 2016
 
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 25.05.2016
Il Cgt non si ferma e dopo la rimozione dei blocchi alle raffinerie da parte della polizia francese annuncia la mobilitazione nelle centrali nucleari del Paese: già fermato l’impianto di Norgent-Sur-Seine.
 
L’unico reattore in funzione, dei due che compongono la centrale nucleare di Norgent-sur-Seine, a sudest di Parigi, si è fermato oggi, raccogliendo l’appello del Cgt, principale sindacato francese, che da settimane anima la fase più acuta della protesta in atto in Francia per la nuova legge sul lavoro. Nei giorni scorsi, dopo i disagi alla mobilità causati da una raffica di scioperi, che hanno colpito anche la catena della grande distribuzione, l’azione di blocco davanti agli ingressi delle otto raffinerie del Paese aveva creato allarme nei cittadini francesi, corsi ai distributori che avevano già iniziato a razionare la vendita di carburante. Nella giornata di ieri la rimozione di alcuni presidi, nelle stesse ore in cui l’unione dei petrolieri francesi ammetteva che da due giorni gli stock di riserva erano stati intaccati.
 
La strategia della paralisi energetica, scelta dai sindacati dopo la prova di forza del governo che ha approvato la legge El Khomri per decreto, prosegue dunque con l’invito ad occupare le centrali nucleari, contestualmente all’appello per la chiusura della metropolitana di Parigi e delle ferrovie francesi, a poche settimane dall’appuntamento con i Campionati europei di calcio, in svolgimento in Francia dal prossimo 10 giugno.
 
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FRANCIA, LA PROTESTA CONTRO LA RIFORMA LAVORO SI ESTENDE ALLE CENTRALI NUCLEARI – In Terris – News on line

Belle le parole del kompagno antifascista HOLLANDE.
 
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Si aggrava di ora in ora il conflitto sociale in Francia, dove la protesta per ottenere il ritiro della riforma del codice del lavoro punta ora al blocco del settore energetico e dei trasporti. Dopo le raffinerie, che avveno iniziato a scioperare all’indomani della decisione del Governo di Manuel Valls di non ritirare il Jobs Act, adesso potrebbe arrivare il turno anche delle centrali nucleari. La “Cgt-Energie” – la federazione del settore – ha infatti lanciato un appello al personale di Edf (Électricité de France, l’azienda produttrice e distributrice di energia elettrica in Francia) per complicare ulteriormente la situazione dell’approvvigionamento energetico il 26 maggio, giornata di mobilitazione in tutto il Paese contro la legge El Chomry.
“E’ adesso che si gioca la sorte del progetto di legge sul lavoro, quindi è adesso che bisogna agire – ha argomentato Marie-Claire Cailletaud, portavoce della federazione Cgt-Energie, citata dal quotidiano Le Figaro – Lanciamo un appello affinché il personale partecipi al movimento e faremo aumentare la pressione, sia attraverso abbassamenti di corrente che con tagli della rete”. E potrebbero scendere in sciopero anche gli autisti della metro e i macchinisti delle ferrovie. Uno scenario tanto più preoccupante alla vigilia degli europei di calcio, in programma a partire dal 10 giugno.
 
Prosegue anche lo sciopero delle raffinerie petrolifere iniziato ieri. Stamattina sei raffinerie, sulle otto esistenti, lavorano al rallentatore o sono ferme, in particolare quelle di Total, la compagnia petrolifera nazionale. I depositi di carburante di Douchy-Les-Mine, nel nord della Francia, sono stati sgomberati dalle forze dell’ordine e si moltiplicano le notizie di furti di carburante dai serbatoi delle automobili parcheggiate. La penuria di carburante, dopo Nantes, Rennes e Le Havre, si avverte anche a Parigi. Francis Duseux, presidente dell’Unione industrie petrolifere, ha ammesso che da due giorni sono intaccati gli stock di riserva e che la situazione sociale è sempre più tesa.
Il segretario di Stato ai Trasporti, Alain Vidalies, ha riconosciuto che il 20% delle stazioni di servizio francesi è in “difficoltà” di rifornimenti. Ieri il numero uno di Total, Patrick Pouyann, ha detto che la sua compagnia dovrà “seriamente rivedere” i suoi investimenti sulle 5 raffinerie bloccate dai sindacati. Philippe Martinez, il leader della Cgt, denuncia quello che lui definisce il “ricatto” di Total: “Ogni volta è lo stesso ricatto. E’ scandaloso – spiega – far ricorso ogni volta a questo pretesto. I salariati vogliono degli investimenti, lo vogliono le condizioni di lavoro degne della nostra epoca”.
 
Il presidente Francois Hollande ha definito inaccettabili le proteste volute da una “minoranza” di lavoratori contro la riforma del lavoro; Valls ha anticipato che farà ricorso alla forza per sgomberare le raffinerie occupate. “In Francia come in Italia le riforme sono necessarie, ma le situazioni non sono paragonabili né a livello di calendario né di contesto politico. L’unica cosa che abbiamo davvero in comune è la volontà di riformare mantenendo un’attenzione particolare alla giustizia sociale” dice in un’intervista a Repubblica, la ministra dell’Istruzione francese Najat Vallaud-Belkacem. “Chi organizza movimenti di protesta che scatenano violenze ha un’evidente responsabilità”, aggiunge la ministra, riferendosi al ruolo di spicco della Cgt sulle manifestazioni di questi giorni contro la “Loi Travail”.