SIRIA, LIBIA, EGITTO, PUPAZZI E VENTRILOQUI

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MONDOCANE

GIOVEDÌ 25 FEBBRAIO 2016

A timpani sfondati e vista annebbiata
La forsennata baraonda intorno ai diritti di circa 7000 cittadini italiani, legittimi secondo i più, aberranti secondo i meno, ma dove i bambini si devono conformare alle preferenze degli adulti, bene o male che gli facciano, ci ha inflitto un acufene bilaterale che ci tappa le orecchie a qualsiasi altra percezione. Fosse anche quella che riguarda, che so, 180 tra donne, bambini, uomini, polverizzati a Damasco e a Homs dagli attentati di un mostro jihadista made in West che, in fuga sul campo militare, si rifa macellando civili. Già nel 2012 avevo visto Homs liberata e i miliziani in fuga rifarsi con stragi terroristiche a Damasco, dove m’è saltato accanto un palazzo mentre un autobus volava fin sopra a un viadotto e per strada c’era più sangue che asfalto (vedi “Armageddon sulla via di Damasco”). Gladio, Cia, Mossad e servizi vari l’hanno insegnato da tempo: non sai come uscire dall’impasse, devi aprirti una via di fuga, o di guerra? Fai saltare per aria un po’ di gente e palazzi e avrai, sia il consenso delle masse, sia la loro sottomissione alle “misure di sicurezza”.
S’ode a destra un’orchestra di percussioni gender, transgender, omogender, intergender, ultragender. Tamburi, timpani, batterie, bongo, tamburelli. A sinistra risponde un complesso di fiati, trombe, tromboni, sax, flauti traverso, clarinetti. Qui si suona la sinfonia di Giulio Regeni Martire. Dirige, a formidabili bachettate, il maestro Giuseppe Acconcia (il manifesto). Ultimamente vi si sono inserite le immancabili anime belle delle “sinistre”. Cinguettano in sintonia con le varie Amnesty, Human Rights Watch, Voice of America eVoice of Israel. Annoverano  imbarazzanti sicofanti del padrone come l’amerikano Guido Rampoldi, tutta la lobby della menorah al cui controllo non sfugge nessuna testata, da quelle del noto De Benedetti al “manifesto” fino al “Corriere di Sgurgola”, come l’adolescente della Terza Età Castellina, più garrula che mai  a dispetto del tonfo etico-politico-mentale della scuffia perTsipras, figuraccia amara alla luce di un’età che avrebbe dovuto accumulare un minimo di discernimento (non per nulla  è stata subito elevata a icona dagli onanisti sinistri neo-ricostituiti per la trentesima volta in “nuovo soggetto politico”. Quanto meno, di grosso hanno il nome: Cosmopolitica, roba da far impallidire chiunque, da Podemos ai laburisti britannici, da Trump alla Terza Internazionale).
Tutti a tubare nella piccionaia del menzognificio mediatico, intonacato di fresco per la bisogna egiziana. Ultimo arrivato, last but not least, l’aerofono risonante dell’Arci. Quello in cui soffiava note di vetriolo da schiantare ogni dittatore la pasionaria dei diritti umani Raffaella Bolini. L’Arci nelle grandi occasioni delle megatruffe dirittoumaniste non manca mai, coerente con il suo statuto quanto lo sono con il loro quelli dell’ANPI – dio li perdoni –evolutisi fino a celebrare l’avvento dei nazi a Kiev. Tutti in formazione, a passo dell’oca, specie quando trattasi di abbattere dittatori, a cogliere l’occasione di coadiuvare invereconde campagne di disinformazione e demonizzazione, quelle che servono a lastricare la via alle guerre dei diritti umani.
Regeni? Zitti zitti
Curioso che dallo spartito di questi suonatori siano scomparse le note su Regeni dipendente a tempo pieno dell’agenzia spionistica transnazionale “Oxford Analytica”, di un ex-capo dei servizi segreti britannici e di John Negroponte, operatore genocida in due o tre continenti e creatore del primo Emirato Islamico, con cui contrastare la resistenza nazionale in Iraq. Modello originariamente proposto da Churchill e dai britannici, con il logo Fratelli Musulmani, contro gli irrequieti nazionalisti egiziani, replicato anche da Obama in Siria. Fratelli Musulmani poi messisi à la page con la modernità, altro che Cirinnà. Si sono moltiplicati grazie a uteri in affitto messi a disposizione dall’Occidente e praticano alla grande la stepchild adoption ovunque si trovino adottandi con barbone, nodo scorsoio e scimitarra da decapitazione. Milioni di schermate, foreste di alberi ridotte in pagine di giornali, tonnellate di piombo, tutte impegnate allo spasimo a sviscerare ogni tessera del luminoso mosaico della vita di Regeni e, toh, neanche tra le righe a caratteri più minuti, neanche in una nota in calce, gli è scappato ciò che tracima da mille voci di Google, che il giovanotto ha lavorato embedded  tra capi che figurano tra i peggiori mascalzoni rigurgitati dalla macina di morte angloamericana. E volete che gli si dia la patente della buonafede? A questi media, dico?
Con acufeni provocati  da questi clamori chi è che riesce più a sentire i versi successivi? “D’ambo i lati calpesto rimbomba / da cavalli e da fanti il terren… Chi sono essi? Alle belle contrade / quale ne venne straniero a far guerra? / Qual è quel che ha giurato la terra / dove nacque far salva, o morir?”  (Alessandro Manzoni, Il Conte di Carmagnola, coro). E così non si capisce mica quale sia e e cosa faccia, lo straniero venuto a far guerra, e se c’è e se abbia ragione quel che ha giurato di far salva la terra dove nacque, o morir. La metafora si fa forzata e oscura. Ma calza, vista la grande operazione di confusione che si è venuta facendo sullo straniero venuto a far guerra. Moderato? Terrorista? E su colui che vuol far salva la terra dove nacque. Il filo-Assad? L’anti Assad?
Sospensione delle ostilità, o Piano B?
 
Saremmo dunque, in questo mare di opposti, alla “sospensione delle ostilità”. E qualcuno già intravvede il roseo orizzonte di un’intesa tra Mosca e Washington,  con un tè delle cinque tra i vecchi gentiluomini Kerry e Lavrov, con un Obama che vuole uscire di scena, riscattato dalle sue 7 guerre e dalle sue stragi da droni, con la chiusura di Guantanamo, la pacificazione con Cuba e Iran, un salvataggio di capra e cavoli in Siria mediante la riduzione alla ragione dei dromedari impazziti turco e saudita. Ma non si sopravaluta forse un tantino l’autonomia e il potere decisionale di questa gente? Forse Putin non deve render conto a qualcuno sopra di lui. Ma quanto a Obama, non s’era denunciata mille volte la farsa di una democrazia americana dove nella Casa Bianca si entra solo passando su un tappeto di dollari tessuto su telai di ossa umane in consigli d’amministrazione con Menorah, croce e compasso? Non s’era capito che la Casa Bianca non è che il portierato di un edificio più grande, nero, collocato nella quarta dimensione?
Il buon John Kerry, di cui qualcuno si augura che tenga a freno i falchi, ma a cui, quando sfrottola, si allunga la bazza quanto a Pinocchio il naso, appena finito di cinguettare con il suo omologo russo a Monaco, si è precipitato a placare i mastini del Senato rassicurandoli sul famoso Piano B. Quello vero. Essendo il fasullo quello che si è sventolato sulle guglie della Marienplatz di Monaco. Sta per essere troppo tardi per conservare integra la Siria nella sua interezzadovremo passare al Piano B”. Che cosa significa? Significa che le altre frasi dette ai media: “Vogliamo una Siria laica che protegga tutte le minoranze, dove il popolo abbia il diritto di scegliere il suo leader e il suo futuro”, e subito contraddette con: “Assad non può restare presidente perché non è accettato da coloro che lo hanno combattuto per quattro anni”, rendono l’idea di quanto i robotini di Washington siano imbeccati da ventriloqui che ci prendono per il culo. Tanto caloroso è il flirt di Kerry con Lavrov, tanto lunga la sua bazza, che è arrivato a dichiarare, senza ridere, che sono le bombe di Putin ad aver determinato la crisi dei rifugiati che sta minando l’unità europea. Quando il bue dà del cornuto all’asino.
Il Piano B non è altro che il Piano A dissimulato. Il piano di sempre, quello vagheggiato fin dall’indipendenza siriana realizzata nel segno del socialismo Baath, dell’antisionismo e dell’antimperialismo. Il piano messo per iscritto in Israele nel 1981 da Oded Yinon. Quello che prevede lo squartamento di tutti gli Stati arabi che fanno barriera al Grande Israele e alla ricolonizzazione della regione. E per primi Iraq e Siria, i più ostici e irriducibili. Poi l’Egitto e ne vediamo le mosse a partire dalla primavera araba dirottata verso il Fratello Musulmano Morsi e a finire con l’assedio a Sisi. Seguiranno Algeria e, nel tempo, anche le tirannie del Golfo, oggi alleate, ma hai visto mai che anche lì parta qualche primavera  da far tornare buona per Israele e il colonialismo del Terzo Millennio?
L’unica frizione che vedo tra boss e picciotti è quello tra Usa e turchi sulla questione curda. Per i neocolonialisti una fetta di Siria assegnata a uno pseudostato curdo, che diventi protettorato sionimperiale come quello iracheno, fa parte del Piano B di smembramento della nazione araba. Per il terrorista neo-ottomano è un intralcio e la legittimazione della spina PKK nel fianco. In qualche modo la risolveranno. Come in Iraq, dove il Kurdistan, nella misura in cui è appaltato a Israele e agli Usa, sta bene anche a Erdogan. Del resto Ocalan ha già dato ampi segnali di ravvedimento e i curdi dell’YPG  stanno dando agli Usa convincenti dimostrazioni di collaborazione subalterna.
La transustanziazione del terrorista moderato
La “sospensione delle ostilità” proclamata a Monaco, per quanto diano di matto gli scagnozzi locali, esterni e interni alla Siria, qualche giorno durerà. Il tempo necessario a che turchi, sauditi, giordani e sovrintendenti Usa e Nato permettano ai frastornati jihadisti e “ribelli moderati” di riprendersi dalle tranvate prese su tutti i fronti del paese, ricostruiscano vie di rifornimenti in alternativa a quelle tagliate da russi e siriani, facciano arrivare rifornimenti  (una bella colonna con 400 tonnellate di munizioni è stata incenerita dai bombardieri russi appena superata la frontiera turca a Idlib), trovino nuovi canali di finanziamento del califfato dopo che l’aeronautica di Mosca gli ha bruciato fonti, vie e colonne del petrolio. Insomma abbassare il fuoco sotto la pentola che ribolle.
 
La ripresa del processo per realizzare il Piano B avverrà quando verrà al pettine il nodo di chi è terrorista e chi è “moderato”. La Russia può continuare a colpire l’Isis e Jabhat al Nusra, che l’ONU classifica come terroriste. Ma queste formazioni sono intrecciate spesso tra loro e sempre ad altre, tipo Ahrar e-Sham e Jaysh el-Islam, fanatici takfiristi che, però, per la Coalizione messa su dai sauditi sono “ribelli moderati” (nella foto mentre stanno per giustiziare prigionieri siriani), alla stregua del fantasma chiamato “Free Syrian Army”. In tutto il territorio siriano dove si trovi il mercenariato terrorista la separazione fisica, oltrechè ideologica, tra le fazioni è impossibile. Qualcuna risponderà pure a un locale signorotto tribale e si alleerà a seconda di chi paga meglio. Moderata o terrorista? Situazione ideale per l’incidentino che, al momento giusto, faccia ripartire l’ambaradan.
John Negroponte: l’Egitto val bene un Regeni
L’operazione Regeni, buttata tra i piedi di un paese che minaccia di tornare a essere protagonista degli equilibri geopolitici, il forsennato attacco lanciato dai giaguari, dai loro amici e lacché, contro l’Egitto, oltre a tagliare le gambe a un paese che stava affacciandosi prepotentemente sulla scena economica e politica regionale, segnano la riattivazione dello scenario libico perché si perda un attimo di vista l’impasse siriana. Soprattutto tocca sventare il rischio di una soluzione egiziano-libica, cioè inter-araba, della crisi libica, come prefigurata dalla riconquista di Bengasi da parte dei laico-gheddafiani del governo di Tobruk. Ed ecco che gli Usa annunciano l’intenzione di sfasciare quel giochino bombardando qualcosa a Sabrata che fanno passare per base Isis. Ed ecco che si riparla dei 5000 soldati italiani da mandare a guardia del bidone. Ed ecco che, sputando in faccia al paese e alla sua presunta democrazia parlamentare, gli Usa annunciano unilateralmente il decollo per la Libia di droni bombaroli dalla base siciliana di Sigonella. E il governo di Renzi cosa fa? Balbetta “purchè siano difensivi”. Missili Hellfire difensivi sparati dai Predator in testa alla gente, come quelli che difendono l’Occidente in Afghanistan, Pakistan, Somalia, Yemen, finendo su matrimoni e funerali.
Quei filibustieri di francesi
Ultima ora: si scopre che forze speciali francesi partecipano alla liberazione di Bengasi  seconda città della Libia, dalla marmaglia jihadista, con l’esercito del governo di Tobruk (quello che si ostina a non avallare il famoso “governo di unità nazionale” incaricato di chiamare alla ricolonizzazione della Libia italiani e Nato), guidato dal generale Khalifa Haftar. Quello sostenuto dall’Egitto e inviso peggio di Sisi ai Fratelli Musulmani. Che succede? Gli Usa bombardano in Tripolitania, gli inglesi si aggirano dalle parti del Fezzan al Sud, i francesi collaborano con la fazione amica dell’Egitto? Si riparla, anche qui, di tripartizione?
C’è qualcosa di nuovo sotto il sole, anzi d’antico, direbbe il poeta. E parrebbe avere ragione. Diavolo d’una Francia! Di nuovo, come nel 2011, primi nell’arrembaggio al petrolio libico. Accanto all’Egitto di Al Sisi e ai suoi fiduciari nazionalisti di Tobruk. Proprio quelli che l’Italia e l’Eni, già con una zampa sul gigantesco giacimento di gas egiziano, si stavano cucinando prima che la mina Regeni deflagrasse sotto i documenti che la signora Guidi e l’equipollente ministro dello Sviluppo del Cairo stavano per firmare. Diavolo d’una Francia! Che ci abbia messo lei uno zampino per farci fuori?  Non le manca l’esperienza. Pensate a Parigi. E diavolo di un’America che si pappa l’ovest. Congetture, d’accordo. Una cosa è però certa: gli ascari degli uni e degli altri siamo noi.
 Gheddafi è viva
 
Un’altra cosa è certa. Ed è entusiasmante.. Ospite in Eritrea, Aisha Gheddafi, figlia prediletta ed erede politica di Muammar, anima della resistenza durante i nove mesi dell’aggressione, ha costituito il Governo della Jamahirija Libica in esilio e ha confermato che la lotta per la rinascita del paese è in corso. Che non si tratti di una vanteria è confermato dall’adesione al nuovo governo della più grande tribù della Libia, i Warfalla, la cui capitale è Bani Walid, a sud di Misurata, al centro di una regione restata libera e indipendente dall’inizio del conflitto ad oggi. Con i Warfalla si sono schierati i tradizionali cugini dei Ghaddafa. Altri seguiranno. E forse con Tobruk e con l’Egitto è possibile aprire un dialogo. Anatema per colonialisti e ascari islamisti. Se son rose….
Lo zerbino Usa
Questo nel giorno in cui la Corte di Strasburgo ci mazzia per aver collaborato con la Gestapo Cia a rapimento, extraordinary rendition e tortura di Abu Omar. E per essere stati capaci di reggere due presidenti felloni che hanno graziato i delinquenti mandati dal padrone Usa a fare quel cazzo che gli pareva sul nostro territorio “sovrano”.  Mi fanno specie e anche un po’ schifo quelli che elevano alla settima potenza la cresta della loro indignazione per quello che succederebbe in Egitto e si beano della consapevolezza di stare nel migliore dei mondi possibili in un paese in mano a una banda di malfattori, pronti ad andare in giro ad ammazzare gente su ordine dello Stato canaglia più canaglia del mondo. Stato canaglia e pure spione che, dopo aver affidato nel 1945 questa colonia al consorzio mafia-partiti, l’ha poi rinserrato in un’Unione Europea costruita a immagine e somiglianza della Vergine di Norimberga. Dopodichè, con la NSA, spia, cospira, ridicolizza ogni residua pretesa di sovranità e organizza colpi di Stato.
Ah, ma la pena di morte no!
 
Analoghi sentimenti di ribrezzo suscitano poi i vari papi e capi di Stato che ogni tanto se ne escono, ripuliti da cumuli di nefandezze, per invocare la fine della pena di morte. Quella dei tribunali. Mica quella che prescinde da tribunali e, anzi, viene inflitta da chi è tutt’uno: investigatore, giudice e boia. Per esempio Negroponte, capo di Regeni e capo degli squadroni della morte.  Per esempio Obama, che ogni martedì seleziona e firma l’elenco dei “sospetti” da far fuori, o che, da quando è presidente, a forza di guerre, la pena di morte la infligge a milioni, obliterando nozze, tribunali e are (che diero alle umane belve esser pietose / di se stesse e altrui). Che dice l’Arci a proposito?
L’intero sistema imperialista si regge su una specie di stop and go  mediatico dettato da un’attenta regia militare e politica. Un fronte vacilla, l’opinione pubblica deve essere attratta da un altro fronte. Monta l’esasperazione per una guerra che non finisce e che provoca alluvioni destabilizzanti di stranieri, nella rappresentazione si inserisce un intervallo, una “sospensione delle ostilità”. E lo spettatore appena rilassato, può tornare ad eccitarsi a un secondo atto con nuovi attori, nuove comparse, nuove scenografie. E stesso copione.
I pretesti per riaprire il fuoco in Siria non mancano. E per coloro che da decenni nelle segrete stamze dei complotti e, sul campo, da 5 anni, lavorano per abbattere il governo siriano, frantumare e distruggere la nazione, disperderne il popolo per sbatterlo in un’Europa che non li regge e vi hanno impiegato miliardi di dollari, la faccia, la credibilità politica, geopolitica e militare e, nel caso di Israele, derivano la loro strategia di sopraffazione da un destino sacro determinato dal divino, la sola idea di abbandonare l’impresa vorrebbe dire l’inizio di una crisi esistenziale. L’obiettivo finale del grande schieramento imperialista euroatlantico, con relativi clienti e vassalli, già pesantemente in difficoltà di suo, consiste nell’eliminazione di ogni contrappeso economico, militare, geopolitico, esattamente come al tempo dell’URSS e di Mao. Obiettivo che verrebbe vanificato da una debacle in Medioriente. A tutti coloro che arricciano il naso di fronte a chi ritiene di doversi schierare nettamente in uno scontro che mette in gioco nientemento che una vita decente, giustizia, uguaglianza, dignità,  libertà e, oltre, la sopravvivenza, va augurato di non scoprire un giorno che la loro defezione, la loro ignavia, ha contribuito alla loro, alla nostra, fine. Tra imperialismo e popoli la posta in gioco è questa.
Quanti pensano che Obama e Kerry abbiano facoltà di scelta, non si avvedono che assistono a una commedia. Quelli non recitano a soggetto, leggono dal gobbo. E’  chi scrive sul gobbo che bisogna far uscire da dietro le quinte. E colpirlo a morte.

 Pubblicato da alle ore 23:11

Plano ascoltato in Regione per le ragioni No Tav

In Regione Piemonte è stato ascoltato Sandro Plano per l’esposizione dell’opposizione al Tav da parte dei sindaci No Tav,

Si è tenuta questa mattina, in Consiglio regionale, un’audizione chiesta dai sindaci dell’Unione Valle Susa alla II Commissione, quella Trasporti. Tema dell’interrogazione la costruzione della linea ferroviaria ad Alta Velocità Torino-Lione. E’ il sindaco di Susa e presidente dell’Unione dei Comuni Valle di Susa  che illustrato le ragioni tecniche ed economiche che spingono le amministrazioni, che lui rappresenta, ad avversare la costruzione. I consiglieri della Commissione regionale trasporti, presidente Nadia Conticelli vicepresidente Antonio Ferrentino, hanno ascoltato le ragioni poste durante l’audizione. Sono intervenuti ancheMauro Marinari, sindaco di Rivalta, Angelo Patrizio di Avigliana e Nilo Durbiano di Venaus. Ha preso la parola anche Gabriella Soffredini assessore a Bussoleno.

Il sindaco Sandro Plano sull’audizione: “Noi abbiamo criticato l’opera alla Regione, che ha un potere di controllo sul territorio, rispetto ai costi e al suo uso dichiarato  nei progetti. Andremo anche presso il Senato della Repubblica a portare la nostra voce, le nostri idee suffragate da cifre precise”.

Il vicepresidente Antonio Ferrentino commenta: “E’ chiaro che il presidente Sandro Plano non mette in discussione che il traffico da gomma possa passare alla linea ferroviaria, come hanno fatto gli altri paesi europei. Quello presentato è un documento che dice poco riguardo al futuro del traffico e alle possibilità di modernizzare il nostro Paese”.

di Mario Tonini per lagenda.news.

Renzi, Hollande e i No Tav: città blindata per il vertice dell’8 marzo

 

http://m.nuovavenezia.gelocal.it/venezia/cronaca/2016/02/23/news/citta-blindata-per-il-vertice-dell-8-marzo-1.13007953?refresh_ce

di Carlo Mion23 febbraio 2016

Nel giorno dell’incontro tra il premier e il presidente francese a Palazzo Ducale mobilitazione contro le grandi opere

VENEIZA. Otto marzo a Venezia, giornata lunga sul fronte dell’ordine pubblico. Da una parte il vertice italo-francese Renzi-Hollande a Palazzo Ducale, dall’altra la manifestazione dei “No Tav” e “No Grandi Navi”.

Da ieri sono iniziate due settimane di incontri, trattative e prescrizioni varie per impedire che la contestazione degeneri in atti di vandalismo o peggio ancora in scontri. È indubbio che in Questura c’è preoccupazione per la manifestazione che vede per la prima volta in città rappresentanti della galassia “ No Tav”, provenienti da tutto il Nord Italia. Ma non solo. Alla manifestazione organizzata dal comitato “No Grandi Navi” e che vede principale interlocutore Tommaso Cacciari del Centro sociale laboratorio Morion, stanno arrivando le adesioni di vari comitati che si battono contro le “aggressioni al territorio e le opere faraoniche inutili”. Tommmaso Cacciari è categorico: «Si vuole caricare di tensione una giornata per fare stare a casa la gente. Non saranno tollerati atti contro la città, nessuno farà scritte oltraggiose ai nostri monumenti. Ribadisco che noi amiamo Venezia, non quelli che vogliono realizzare la Tav, far passare le grandi navi o scavare un nuovo canale».

 

 Comunque sia, come avviene in occasione di queste grandi manifestazioni a rischio, sono iniziati gli incontri tra organizzatori e forze dell’ordine. In particolare con la polizia che ha il compito di gestire l’ordine pubblico. Per il momento gli organizzatori non hanno ancora avvisato ufficialmente la Questura della manifestazione e dei percorsi che intendono fare: solo dopo queste comunicazioni arriveranno le precisazioni del questore. I manifestanti intendono arrivare a Palazzo Ducale, o quantomeno nelle sue vicinanze. Infatti il vertice tra il premier Matteo Renzi e il presidente francese François Hollande, si svolgerà nel palazzo del Doge. 

Difficilmente la Questura consentirà un corteo lungo le calli del centro storico e tantomeno in piazza San Marco, dove da anni è vietata ogni manifestazione. Quindi inizierà la trattativa: da una parte saranno messi a disposizione i luoghi più lontani possibili da palazzo Ducale, mentre dall’altra si spiegherà di voler manifestare sotto Palazzo Ducale. Alla fine si troverà l’accordo, magari per il Bacino di San Marco con barche e motonave.

Comunque sia nei prossimi giorni si svolgerà il primo Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica per discutere le misure di sicurezza in occasione del vertice e di conseguenza si parlerà della manifestazione. Previsto l’impiego di alcune centinaia di uomini delle forze dell’ordine.

Senatori Pd presentano ddl: “Via dal codice civile l’obbligo di fedeltà tra coniugi”

certo, ora devono introdurre il poliamore. Che vi siano le solite ragioni economiche no eh?
“Modello superato dopo equiparazione tra figli legittimi e naturali”
25 febbraio 2016
 
 ROMA – “Togliere dall’articolo 143 del codice Civile il riferimento all’obbligo reciproco di fedeltà tra i coniugi”. E’ un disegno di legge di una sola riga depositato oggi a Palazzo Madama, a prima firma della senatrice del Pd Laura Cantini e sottoscritto anche dai colleghi Alessandra Bencini (Idv), e dai Dem Daniele Borioli, Rosaria Capacchione, Valeria Cardinali, Monica Cirinnà, Camilla Fabbri, Sergio Lo Giudice, Alessandro Maran, Mario Morgoni, Stefania Pezzopane, Francesca Puglisi.
 
“E’ un retaggio di una visione superata e vetusta del matrimonio”, spiega Cantini, a giudizio della quale “il giudice non può fondare la pronuncia di addebito della separazione sulla mera inosservanza del dovere di fedeltà coniugale. Inoltre la legge 219 del 2012 – sottolinea la senatrice Pd – ha superato la distinzione tra figli legittimi e naturali, che rese fondamentale all’epoca l’obbligo di fedeltà tra i coniugi. Da questo punto di vista l’accordo raggiunto sulle unioni civili recepisce un modello molto più avanzato, che dovrà essere recepito dal codice civile”, conclude la senatrice Cantini.
Proprio ieri la maggioranza aveva trovato l’accordo sul maxiemendamento al ddl Cirinnà sulle unioni civili. Il nuovo testo, che ha scatenato la reazione di forze politiche e movimenti, non prevede la stepchild adoption e l’obbligo di fedeltà.
 
 Schifani. “Siamo soddisfatti di questa giornata – aveva commentato il presidente dei senatori Ap, Renato Schifani –  abbiamo ripulito il testo da alcune norme per fare chiarezza sull’impossibilità dell’adozione del figlio del partner e per l’abolizione dell’obbligo della fedeltà, che è un principio fondamentale del matrimonio”.
 
Gaynet. Commenti duri e ironici sono arrivati da Franco Grillini, esponente storico del movimento lgbt e presidente di Gaynet:  “A quanto pare oltre alla stepchild adoption, che in paesi civili come la Francia, la Germania, il Regno Unito è addirittura automatica, Alfano ha imposto di togliere al testo anche la ‘fedeltà’ sessuale come requisito di coppia per le unioni civili, perché sarebbe una caratteristica esclusiva del matrimonio eterosessuale. E così avremo le corna legali mentre per le coppie etero no. E’ lo Stato che ci mette le mani nelle mutande volendo decidere chi può fare sesso, come e con chi e magari anche con che frequenza”:
 
Gay Center. Sarcastico invece il commento di Fabrizio Marrazzo, portavoce di Gay Center: “Salta l’obbligo di fedeltà su richiesta di Ncd? vuol dire che il cattolico Alfano è favorevole alle corna? Dopo tutto lui ne è un esperto, politicamente parlando”.
 
Della Vedova. “….e invece era proprio vero, Ncd ha voluto che si togliesse l’impegno alla fedeltà: una specie di calcio dell’asino inferto all’ultimo minuto. È la loro vittoria di Pirro, perché la storia darà loro torto; anzi gli sta già dando torto”, ha scritto su Facebook il senatore e sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova. “Non capisco altra ragione se non quella di segnare con uno stigma ideologico negativo il riconoscimento giuridico delle coppie gay, che comunque secondo la nuova legge ‘concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza comunè e assumono ‘l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione”.
 
 Gal. “Prima avevano un testo incostituzionale. Ora lo abbiamo un testo che è anche irrazionale”, ha commentato Mario Mauro di Gal contestando nell’Aula del Senato il testo sulle unioni civili blindato con la fiducia.
 
Gasparri. Duro il giudizio di Maurizio Gasparri sulle scelte del partito Angelino Alfano: “Ncd ha voluto che fosse cancellato il riferimento alla fedeltà, e sono stati coerenti, gli va riconosciuto. Perchè loro la fedeltà non sanno proprio cosa sia”.
 
Sel. Il senatore di Sinistra Ecologia Libertà, Luciano Uras, ha sostenuto un aula che “parte della destra, con la consapevole volontà di ledere i diritti dei cittadini, ha ottenuto due cose: lo stralcio dell’articolo 5, che invece poteva essere demandato alla decisione, anche tenendo conto dei problemi di coscienza di ciascuno di noi, e il principio di fedeltà che è stato espunto dall’articolo che riguarda l’unione civile tra persone dello stesso sesso”.
 
Radicali Italiani. “L’espulsione delle adozioni e del vincolo di fedeltà dal maxiemendamento che, a quanto pare, il governo chiederà al Parlamento di votare a scatola chiusa, come una delega in bianco, è un monumento alla politica ipocrita dei partiti sempre più lontani dalla vita reale delle persone”, ha commentato in una nota Riccardo Magi, segretario di Radicali Italiani.
 
Avvocati matrimonialisti. Prende posizione anche l’avvocato cassazionista Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione nazionale avvocati matrimonialisti: “La fedeltà deve restare un valore per tutti, è un valore laico non religioso. Andava prevista la fedeltà tra le coppie dello stesso sesso come nelle coppie sposate. La fedeltà resta una delle ragioni per cui si sta insieme. Nel 60% dei casi ci si separa proprio per infedeltà. L’obbligo di fedeltà è prevista in tutto il mondo, senza differenza tra i sessi degli sposi.Rimango sfiduciato da questi comportamenti, la fedeltà coniugale non può essere cestinata e lo dimostra il fatto che chi è stato tradito può chiedere il risarcimento del danno morale”.

Usa, giudice Scalia morì in un ranch durante riunione società segreta

massoni brava gente, ma non si troverà mai un inchiesta ufficiale, anzi, i pennivendoli di repubblica la mettono come una cosa ludica e simpatica.
il Boehmian Grove, lo definisce “chiacchierato”…peccato che le battute di caccia di questa banda di criminali usava umani come prede (a prescidere che chi caccia mi disgusta profondamente) come testimonia Cathy O’ Brien. I pennivendoli di solito quando devono denigrare qualcuno scavano fino alle elementari del soggetto, ma sul boehemian grove non trovano niente?
 
Era membro della comunità di cacciatori International Order Of St. Hubertus. Il “Washington Post” ha svelato l’identità solo di alcuni degli altri ospiti del club. Scontro tra democratici e repubblicani per la successione
25 febbraio 2016
 
scalia
Antonin Scalia (ap)NEW YORK – Il giudice della Corte Suprema Usa Antonin Scalia, morto undici giorni fa in un resort di caccia del Texas, ha passato le sue ultime ore in compagnia di una trentina di membri di un antico ordine cavalleresco segreto i cui affiliati sono accomunati (oltre che dall’altolocata posizione sociale) da una passione per le attività venatorie.
 
Salvo rare eccezioni, i nomi degli altri ospiti del Cibolo Creek Ranch, dove il giudice è stato trovato senza vita il 13 febbraio, steso sul letto con un cuscino posato sugli occhi e una macchina per respirare sul comodino, sono rimasti da giorni rigorosamente top secret. I pochi che sono emersi da una inchiesta del Washington Post sono risultati membri di una confraternita di cacciatori chiamata International Order of St. Hubertus, una società austriaca che affonda le sue radici nel Seicento.
 
I membri di questa società per soli uomini, che in Europa ha “gran priorati” in Lussemburgo, Spagna, Portogallo, Italia, Argentina, Messico, Scozia oltre agli Stati Uniti, indossano mantelle cerimoniali verde bosco decorate da una grande croce e dal motto latino “Deum Diligite Animalia Diligentes,” (Onorate Dio onorando le sue creature). Il nome dell’ordine viene da Sant’Uberto, il patrono di cacciatori e pescatori. Secondo il Washington Post, non è chiaro se il giudice fosse un affiliato.
 
Sia John Pointdexter, il proprietario del ranch, che C.Allen Foster, l’avvocato di Washington che ha accompagnato Scalia nel week-end di caccia che gli è stato fatale, rivestono invece posizioni di leadership nel gruppo, alcuni dei cui membri hanno titoli come Gran Maestro, Priore e Cavaliere Grande Ufficiale. “Protettore” dell’Ordine è da anni Re Juan Carlos di Spagna, lui stesso un avido cacciatore finito nei guai nel 2014 dopo una caccia grossa all’elefante in Botswana.
 
L’Ordine di Sant’Uberto è stato fondato nel 1695 dal conte Franz Anton von Sporck nell’allora Boemia (oggi la Repubblica Ceca). Il capitolo americano, si legge sul sito online dell’organizzazione, è stato tenuto a battesimo nel 1966 al celebre Bohemian Club di San Francisco: una delle più “chiacchierate” società segrete del paese che organizza tra l’altro il “Boehemian Grove”, un raduno annuale per ricchi e famosi dove, tra alcol a fiumi e riti druidici, capitani di industria, ex presidenti e petrolieri si ritrovano per colloqui informali e rigorosamente top secret.
Primo giudice italoamericano a essere nominato alla Corte Suprema nel 1986, dall’allora presidente Ronald Reagan, Scalia rappresentava l’ala più conservatrice presso la massima corte americana. La sua scomparsa impone che il presidente Barack Obama nomini un sostituto. La morte improvvisa di Scalia, il più conservatore della Corte Suprema, scatena un’aspra battaglia per il controllo del massimo organo della giustizia americana. In piena campagna elettorale un altro scontro tra democratici e repubblicani aumenta la posta in gioco. Ora tutti gli equilibri politici sono in palio. Barack Obama annuncia: “Eserciterò le mie responsabilità costituzionali, nominerò un successore tempestivamente”. Ma poiché una nomina di Obama ribalterebbe i rapporti di forze, instaurando alla Corte una maggioranza di giudici democratici (5 a 4), da parte repubblicana è partito il fuoco di sbarramento. Donald Trump, Ted Cruz e Marco Rubio, i candidati in pole position per la nomination all’elezione presidenziale, hanno tutti diffidato il presidente dall’effettuare la nomina. “La morte di Scalia – ha detto Trump – è un colpo tremendo per la causa dei conservatori. Non resta che rinviare, rinviare, rinviare”. Il leader dei repubblicani al Senato, Mitch McConnell, si è allineato: “È giusto che siano gli elettori americani a decidere, scegliendo il prossimo presidente”.

Caso Cucchi, slitta l’incidente probatorio: “Il medico legale è massone”

i massoni che si adoperano tanto per il bene, talmente tanto che lo tengono segreto, eh son modesti….si dice che ne sia uscito, certo, come non fidarsi di massoni e presunti ex, visto che i loro albi come tutto ciò che li riguarda è occulto in violazione della legge Anselmi?
 
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La decisione del gip dopo la denuncia presentata dal legale della famiglia del giovane morto nel 2009, una settimana dopo il suo arresto. Per il decesso risultano indagati cinque carabinieri
 
di GIUSEPPE SCARPA
25 febbraio 2016
 
E’ slittato al 24 marzo prossimo l’inizio dell’incidente probatorio fissato per questa mattina a Bari per accertare la natura, l’entità e l’effettiva portata delle lesioni patite da Stefano Cucchi, il 31enne romano morto all’ospedale Pertini il 22 ottobre 2009 una settimana dopo il suo arresto per droga. Il rinvio è stato deciso dagli esperti in seguito all’esposto presentato nei giorni scorsi dai familiari di Cucchi contro il professore Francesco Introna, a capo del collegio dei periti.
 
Molte le perplessità da parte della famiglia Cucchi e del suo avvocato, Fabio Anselmo, sulla trasparenza del medico legale nominato dal gip, il professionista che deve valutare le nuove carte che dimostrerebbero un nesso di causalità tra il decesso di Cucchi e le presunte botte subite dai carabinieri della stazione Appia, cinque dei quali indagati nell’inchiesta bis.
 
Roma, Cucchi: sospeso incidente probatorio, “Medico legale è massone”
 
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Quel che è emerso in più oggi è che lo scorso 29 gennaio il gip Elvira Tamburelli chiede al medico legale se è vero che fa parte della massoneria. Introna ammette di aver fatto parte di una loggia in passato e di non essere, ad oggi, un membro “in sonno”. E’ il legale dei Cucchi a presentare allora una denuncia che conterrebbe delle prove che dimostrerebbero che Introna è in realtà ancora massone. Per questo il pm Giovanni Musarò chiede la sospensione dell’incidente probatorio, accordata oggi dal gip Tamburelli, per verificare la posizione del medico legale. Qualora dovesse emergere che Introna ha mentito di fronte al gip, come sostengono i Cucchi in una denuncia, la procura dovrà aprire un’indagine contro il professionista.
 
Il solo annuncio dell’incidente probatorio e della nomina del collegio dei periti aveva scatenato polemiche visto che il capo dei consulenti di parte civile, Vittorio Fineschi, aveva rinunciato all’incarico per motivi personali legati anche all’inimicizia con lo stesso Introna. L’atto istruttorio era stato disposto dal gip Tamburelli, nell’ambito dell’inchiesta bis sulla morte di Cucchi, che vede indagati cinque carabinieri, tre per lesioni personali aggravate e abusod’autorità (Alessio di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco), e due per falsa testimonianza (Vincenzo Nicolardi e Roberto Mandolini).

Continuano gli inqualificabili esperimenti sociali sulla pedofilia

che vergogna, poveri pedofili, discriminati
 
 
venerdì, 26, febbraio, 2016
 
Si tratta di un altro inqualificabile e incomprensibile esperimento sociale sulla pedofilia per vedere la reazione delle persone di fronte ad una scena simile. Non è il primo, ne stanno facendo ovunque. Dove mirano? Cosa vogliono dimostrare?
 
 
Lui 65anni e lei 12, vestiti come due sposi girano per Times Square. Ecco la reazione dei passanti.

Orban sfida l’Ue: “sui profughi decideranno i cittadini non Bruxelles”. Presto un referendum

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L’Ungheria farà un referendum sulla ridistribuzione dei cosiddetti profughi. Il primo ministro Viktor Orbán non ha indicato la data, ma ha deciso di consultare la popolazione sul piano approvato a settembre a Bruxelles secondo cui ognuno dei 28 paesi dell’Unione europea deve accogliere una quota di rifugiati. Budapest aveva votato contro e ha presentato un ricorso presso la corte di giustizia europea.
 
Anatema! Consultano la popolazione, questi fascisti ungheresi!
 
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Molise: Soldi del gruppo all’ex partito del padre, condannato figlio di Di Pietro

martedì, 23, febbraio, 2016
 
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CAMPOBASSO, 23 FEB –
Gli ex consiglieri regionali dell’Italia dei valori in Molise condannati per danno erariale. Nel vortice delle spese dei gruppi consiliari anche Cristiano Di Pietro: il figlio dell’ex leader nazionale, Antonio, è stato condannato dalla Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti del Molise al pagamento di 12.500 euro in favore della Regione Molise: avrebbe versato soldi del gruppo all’ex partito del padre.
 
La sentenza, depositata in questi giorni, si riferisce alle attività politiche condotte in Consiglio regionale nel 2012 e riguarda anche gli altri due componenti dell’allora gruppo consiliare Idv, Cosmo Tedeschi, all’epoca presidente, e Carmelo Parpiglia, consigliere. Il danno erariale calcolato dalla magistratura contabile ammonta complessivamente a 44.506 euro: 23.200 euro è la quota imputata a Tedeschi, 8.800 quella a Carmelo Parpiglia.

Il re dei profughi in Ferrari era uno sponsor dell’Ncd

quando uno dei promotori del comitato 9 NOVEMBRE fu “sorpreso” con una vecchia jaguar è stato linciato, paginoni sui giornali, per giorni e giorni. MA QUESTO E’ DELLA LOGGIA DI MAFIA CAPITALE, è più che protetto e guai a sostenere che L’IMMIGRAZIONE E’ UN BUSINESS CHE ARRICHISCE PIU’ DELLA DROGA, non ti devi opporre o sei xenofobo, dicono i protettori di mafia capitale
 
Paolo Di Donato, patron di un consorzio che guadagna 20mila euro al giorno con l’accoglienza, finanziò una cena del partito
Massimo Malpica – Gio, 25/02/2016 
 
«Non credo di fare una vita di lusso». Prima di abbassare le serrande sul suo profilo Facebook l’imprenditore Paolo Di Donato – tra i protagonisti di Profugopoli, ultima fatica del direttore del Tg4 Mario Giordano che uscirà per Mondadori tra due settimane – si difende sul social network.
 
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Paolo Di Donato con Gioacchino Alfano e Luigi Barone
 
Il creatore del consorzio Maleventum che gestisce l’accoglienza nel Beneventano per 740 profughi (per un incasso di oltre 20mila euro al giorno), l’uomo che come foto profilo si era fatto immortalare mentre sale su una Ferrari 360 rossa, venuto allo scoperto minimizza in un post il suo business, snocciola le «cifre importanti» da pagare ogni mese per la «gestione dei 13 centri» (ieri in serata a La Zanzara Di Donato metteva in elenco anche 10mila euro al mese in creme per la pelle), lamentando che «la prefettura paga a singhiozzo» e tagliando corto pure sul proprio parco auto: «Non esiste nessuna Ferrari né tantomeno una fiammante Porsche o la barca al molo, sono foto prese da Facebook».
 
Eppure Di Donato si contraddice nello stesso post, spiegando che «la Porsche l’ho pagata 11mila euro, tre anni fa». Quindi esiste. E pure sull’esistenza della Ferrari parlando al quotidiano online Ottopagine l’imprenditore 46enne ritrova la memoria: «È una Ferrari stravecchia che ho avuto per tre mesi sette anni fa». Una Ferrari stravecchia che, per inciso, ancora oggi – sette anni dopo – vanta quotazioni dell’usato sui 50-60mila euro almeno.
 
Quanto al resto, il concetto di lusso è soggettivo. Di oggettive ci sono le dichiarazioni dei redditi per gli anni 2011 e 2012 che Di Donato aveva allegato al suo curriculum per la trasparenza amministrativa da consigliere comunale: più di 470mila euro il primo anno, 104mila il secondo.L’imprenditore, molto attivo nella cooperazione sociale, come detto si è impegnato in passato anche in politica, postando tra l’altro vecchie foto con gli ex ministri Livia Turco e Clemente Mastella (il suo «primo amore» politico, anche se il leader di Popolari per il Sud, ieri, ha fatto sapere di «non vedere Di Donato da anni»). Oggi l’uomo non nasconde le sue simpatie per il Nuovo Centrodestra, partito guidato da Angelino Alfano, titolare del Viminale, il ministero deputato ad affrontare l’emergenza migranti.
 
Nella foto in questa pagina Di Donato è intento a chiacchierare con un altro big Ncd, Gioacchino Alfano, sottosegretario alla Difesa e coordinatore del partito in Campania. Accanto a loro c’è Luigi Barone, capo segreteria del sottosegretario e componente del direttivo nazionale di Ncd, indicato come molto vicino a Di Donato. Di cosa stessero parlando il «re» dell’accoglienza ai profughi nel Sannio con l’esponente del governo in quota Ncd e con il suo reponsabile della segreteria non è dato sapere. Si sa, invece, che un anno fa l’Alfano sottosegretario e Barone curarono l’organizzazione di una cena per il finanziamento del partito nel castello di Limatola. Ci volevano mille euro per sedersi a tavola con i big nazionali del Nuovo Centrodestra (anche se il grande capo Alfano, annunciato come presente, diede forfait all’ultimo momento limitandosi a un videomessaggio). E tra i finanziatori di quella serata spunta proprio Paolo Di Donato, che non volle mancare all’evento e mise mano al portafogli. Due quote versate a titolo personale, altre due erogate da Maleventum, il consorzio che guadagna col business dell’accoglienza richiedenti asilo. Una realtà florida del settore, della quale lui stesso si definisce «ideatore, creatore e gestore», oltre che amministratore unico (fino alla fine del 2012) e poi procuratore speciale.