HAI AVUTO ANCHE TU NAUSEA E VOMITO SUBITO DOPO LA PIOGGIA? ECCO COSA TI SUCCEDE

BY FABIO 12 FEBBRAIO 2016
nausea
Sempre più persone sono affette da nausea,vomito diarrea subito dopo la pioggia,
specialmente nei giorni scorsi.Si tratta di un batterio che arriva dal cielo. Per capire di cosa si tratta basta un semplice ragionamento: se ogni giorno vengono diffuse in tutto il mondo nell’atmosfera tonnellate di elementi chimici e di agenti patogeni, è inevitabile che, con le precipitazioni nevose e piovose, questi veleni cadano, prima o poi, al suolo per diventare possibili focolai di patologie.
 
Nel nostro caso, l’agente patogeno molto diffuso nell’atmosfera, soprattutto negli ultimi anni è l’ Escherichia coli.
 
Questa particolare variante dell’E.coli è un membro del ceppo O104. I ceppi O104, in condizioni normali non sono pressoché mai resistenti agli antibiotici. Per acquisire tale resistenza, devono essere ripetutamente esposti agli antibiotici al fine di fornire la “pressione di mutazione” che li spinga verso l’immunità completa al farmaco. Analizzando il codice genetico dell’E.coli si è visto che esso resiste ad otto antibiotici, ai quali è stato intenzionalmente esposto, in fasi diverse, durante il suo sviluppo in laboratorio farmaceutico. Quando gli scienziati del Robert Koch Institute, in Germania, hanno decodificato la struttura genetica del ceppo O104, hanno accertato che esso è resistente a tutte le classi e combinazioni di antibiotici:
 
• penicilline
 
• tetraciclina
 
• acido nalidixico
 
• trimetoprim-sulfamethoxazol
 
• cefalosporine
 
• amoxicillina / acido clavulanico
 
• piperacillina-sulbactam
 
• piperacillina-tazobactam
 
Ma a che scopo si diffonde questo batterio nell’aria?
 
Come riferisce l’autorevole sito Naturalnews in questo articolo shock,
 
l’Escherichia coli è quindi un patogeno creato in laboratorio (modificato geneticamente), e poi successivamente liberato con il supporto della bioingegneria per danneggiare l’agricoltura, in primis quella biologica, per implementare il Codex alimentarius, il quale prevede il trattamento con raggi gamma di frutta e verdura e per convincere le persone a “premunirsi” di vaccini, visto che il batterio, come sopra descritto, è resistente a qualsiasi tipo di antibiotico. Esiste una sola espressione per definire questo crimine: bioterrorismo governativo!
 
Come si contrae l’ Escherichia coli?
 
Il virus presente nell’ atmosfera, molto spesso, come accade per molte altre sostanze, viene veicolato dalle goccioline di pioggia ed è molto contagioso e facile da prendere. Molte delle persone che lo hanno contratto, molto probabilmente si sono bagnate con la pioggia contaminata, o hanno consumato ortaggi bagnati con tale acqua, oppure hanno bevuto acqua contaminata.

Silenzio, chiude AGNESI. Stop alla produzione di pasta a Imperia.

Addio alla produzione di pasta Agnesi a Imperia. Lo ha confermato ufficialmente Ulderico Falconi, dirigente del gruppo Colussi, al termine dell’incontro tenutosi presso il pastificio di via Schiva con sindacati e Confindustria.
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Ulderico Falconi e lo stabilimento Agnesi
 
La produzione di pasta terminerà a Imperia a fine 2016, dopo di che la produzione verrà trasferita in toto a Fossano dove il Gruppo Colussi ha già previsto un importante investimento. Per quanto concerne il personale del pastificio Agnesi, il gruppo Colussi sta lavorando per cercare di reimpiegarlo in produzioni alternative legate a prodotti locali e pasta artigianale.
 
L’ANNUNCIO DI ULDERICO FALCONI
 
“E’ stato un incontro positivo nel senso della dialettica. Abbiamo fatto un aggiornamento in merito ai progetti che avevamo già illustrato nel novembre scorso, quando avevamo concordato i contratti di solidarietà. Stiamo portando avanti i progetti, dal percorso museale all’attività dei prodotti tipici liguri che da quest’anno sono sugli scaffali dei supermercati con esiti positivi. Questa potrebbe essere una via per la rioccupazione del personale presso le aziende produttrici. Non ci sono prospettive diverse. Abbiamo comunicato la scelta del sito dove produrre la pasta. Non possiamo assolutamente più produrre pasta a Imperia, perché non è competitiva, non è economica. Abbiamo scelto Fossano, dove abbiamo già predisposto degli investimenti per ampliare il reparto pasta.
 
A Fossano porteremo la produzione di pasta a termini redditivi per l’azienda. I tempi sono quelli che abbiamo già comunicato al sindacato. Si continuerà a produrre a Imperia sino alla fine del 2016. Speriamo con progetti alternativi di riuscire a garantire l’occupazione per tutti gli attuali addetti. Ci consentiranno di accedere alla cassa integrazione straordinaria per il 2017, anno in cui con i nuovi progetti arriveremo a rioccupare il personale. Produzione a Imperia? Stiamo valutando la tipologia di produzione, prodotti tipici locali, ad esempio trofie. Abbiamo lanciato anche un’altra ricerca su input di Colussi circa la possibilità di attivare una produzione di pasta artigianale che però non potrà essere prodotta nel pastificio di via Schiva in quanto richiede una particolare cura dell’aspetto igienico sanitario. Ci vogliono le camere sterili. Si sta ragionando su una dislocazione comunque a Imperia, anche se come ho detto non in via Schiva”.
 
LA MITICA PUBBLICITÀ CHE HA FATTO STORIA.
 

LA PROTESTA CONTRO L’AUSTERITY GRECIA, AGRICOLTORI IN RIVOLTA BLOCCANO L’AUTOSTRADA:

Europa dei popoli: quando si dice eguaglianza, nell’esproprio coatto tramite tasse,  per far prosperare le banche. I forconi greci, saran senz’altro “fascisti” ed evasori
 
 “NON CE LA FACCIAMO PIÙ” Da questa mattina gli agricoltori del Peloponneso per protesta sono riuniti sull’istmo di Corinto. Bloccano la principale autostrada di Grecia, per raggiungere Atene bisogna passare sulla statale, che, per ora è aperta. Ma questo è solo uno dei 68 blocchi stradali di cui si ha notizia, la Tessaglia è paralizzata 
 
Grecia, i blocchi degli agricoltori in rivolta tagliano in due il Paese di Luca Gaballo 14 febbraio 2016 
 
Vassili coltiva uva da tavola e produce olio nel Peloponneso. “Siamo qui perché non ce la facciamo più – ci dice – appena pochi anni fa pagavamo il 6% di tasse, poi l’hanno alzate al 13% e ora vogliono portarle al 23%, senza contare che le accise su fertilizzanti, sementi, carburante sono arrivate alle stelle. Poi ci chiedono, per la prima volta, di pagare contributi pieni per la pensione. Se va avanti così nel giro di due anni le nostre terre se le prenderanno le banche e noi diventeremo loro schiavi”. Da questa mattina gli agricoltori del Peloponneso in rivolta sono riuniti qui, sull’istmo di Corinto. Bloccano la principale autostrada di Grecia, per raggiungere Atene bisogna passare sulla statale,  che, per ora è aperta. Ma questo è solo uno dei 68 blocchi stradali di cui si ha notizia, soprattutto nel nord della Grecia. L’intera Tessaglia è paralizzata e non è facile passare il confine a nord, con Bulgaria, Turchia e Macedonia. Si sono già registrati tafferugli tra agricoltori e camionisti che hanno cercato di forzare i blocchi. 
 
Voci dalla protesta Ermas è sorpreso, amareggiato e deluso per l’atteggiamento della polizia. “Venerdi volevamo sfilare pacificamente al centro di Atene con i nostri trattori ma la polizia ce l’ha impedito – racconta – hanno lanciato i lacrimogeni e le granate stordenti, ma noi non molliamo, bloccheremo l’arrivo ad Atene dei generi alimentari freschi, vedrete nelle prossime ore”. Attorno ai trattori che bloccano il traffico fioriscono i capannelli, si discute sul da farsi, una cosa è chiara: questa protesta non si ferma. Arriva una delegazione da Atene: “Noi lavoriamo in ospedale ma siamo qui per solidarietà” ci dicono. La battaglia che unisce è contro le tasse È una strana mobilitazione quella di queste settimane, in cui si ritrovano gli attivisti del partito neonazista Alba dorata, molto forti nelle zone rurali, e i comunisti che hanno salde radici in Tessaglia, nel nord della Grecia, piccole imprese di professionisti, ma anche sindacati del settore privato. 
 
Il nemico è ancora l’austerity imposta dai creditori ma quel che si vuole scongiurare non sono, stavolta, i tagli, che Tsipras vuole evitare. La battaglia è contro le tasse, dirette e indirette, che i Greci hanno finora pagato in misura molto minore rispetto agli altri paesi europei. Quel che contestano è soprattutto la velocità del cambiamento, che sta raddoppiando o triplicando i prelievi fiscali e contributivi, colpendo allo stesso modo gli studi professionali e i contadini. Il mondo produttivo greco non è pronto, non ha avuto né tempo né, finora, incentivi a diventare così competitivo da reggere un prelievo fiscale da “paese normale”. Come è cambiata la Grecia Dentro questo disagio c’è anche la profonda trasformazione che la Grecia ha subito negli anni della crisi. Le metropoli si sono svuotate a favore della campagna, moltissimi pensionati e disoccupati hanno lasciato Atene e Tessalonica per tornare ai villaggi di origine delle famiglie dove vivere costa meno, e le campagne sono sempre più preziosi serbatoi di voti. Finora non era mai accaduto che un governo colpisse il settore agricolo, operazione politicamente suicida per la politica di ogni colore, se Tsipras lo ha fatto è segno che sente di non avere alternative. Se non quella, ancora più difficile, di tagliare il settore del pubblico impiego. I conti non tornano, la recessione morde, l’austerity, aggravata dal crollo dei mercati finanziari non può che portare ulteriore contrazione e mandare ancora più in rosso i conti pubblici. Il fondo monetario ha già detto che la Grecia dovrà trovare altri 6 miliardi, la commissione è più prudente ma i numeri non mentono. Tutto questo porterà alla caduta di Tsipras? Forse. ma né a destra né a sinistra si intravede una alternativa. Quello che i Greci, oggi, veramente temono è altra incertezza, un altro periodo di defatiganti negoziati con i creditori, che si concluderebbero probabilmente con un’altra firma in fondo ad un memorandum. L’avventura di Tsipras e Varoufakis nella prima metà del 2015 ha tolto ai Greci ogni residua illusione in una soluzione di sistema, quel che tutti cercano è la salvezza individuale e la sopravvivenza nel breve termine. Io speriamo che me la cavo. – 

interrogazione su quanto accaduto a Mario il barbiere

Marco Scibona:Mario, il barbiere di Bussoleno, è stato sottoposto a normali attività di ispezione da parte della Guardia di Finanza oppure c’è un accanimento perché si è sempre schierato dalla parte del Movimento NoTav? Io una idea me la sono fatta e voglio vederci chiaro… anche chiedendo al Ministro competente i dati sulle operazioni simili svolte in Valle di Susa (se ce ne sono).”

Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-02567

Atto n. 3-02567 (in Commissione) 
Pubblicato il 10 febbraio 2016, nella seduta n. 575

SCIBONA , LUCIDI , MORONESE , SERRA , DONNO , PAGLINI , COTTI , PUGLIA – Al Ministro dell’economia e delle finanze. –

Premesso che:

il signor Mario Nucera è titolare di una piccola attività commerciale di barberia sita a Bussoleno (Torino), gestita unicamente da lui, senza l’ausilio di collaboratori;

si apprende da notizie di stampa (“luna nuova” del 9 febbraio 2016) che il barbiere di Bussoleno è un noto sostenitore del movimento “No TAV”;

considerato che, per quanto risulta agli interroganti:

Mario Nucera è stato sottoposto, a partire dal 14 marzo 2013 a due ispezioni della Guardia di finanza, della durata di circa di 8 ore cadauna, in cui sono state controllate fatture e ricevute fiscali; inoltre è stato convocato in caserma altre 2 volte;

i suoi fornitori sarebbero stati interrogati e sottoposti ad ispezione allo scopo di valutare se le fatture di approvvigionamento dei materiali di consumo corrispondessero al vero;

considerato che:

il quotidiano “La Stampa”, del 6 febbraio 2016, evidenzia che, in base a quanto sostenuto dalla Guardia di finanza che 3 anni fa ha effettuato un accertamento, il barbiere, a fronte delle lamette acquistate, avrebbe dovuto nel 2011 tagliare i capelli a 2.466 persone, mentre risultano essere state emesse 996 fatture;

in data 21 gennaio 2016 è stato notificato al signor Nucera un provvedimento dell’Agenzia delle entrate in cui viene elevata una multa di oltre 16.000 euro per redditi non dichiarati;

considerato infine che la legalità, ossia il rispetto e la pratica delle legge, tra cui il pagamento dei tributi, è un valore imprescindibile per la democrazia; nonostante ciò, l’episodio, che risulterebbe essere l’unico riscontrato nel territorio valsusino, a giudizio degli interroganti appare un accanimento verso un piccolo commerciante reo di essersi esposto nel contrasto al progetto TAV,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo ritenga che i fatti esposti rappresentino una normale procedura di accertamento oppure se sia riscontrabile un modus operandi unico, in quanto non rilevabile in altre indagini effettuate nel territorio bussolenese;

quante unità di personale siano state impiegate per l’attività ispettiva e per quanto tempo;

quanti accertamenti simili, sia per ore impiegate che per l’accuratezza dell’indagine, siano stati eseguiti nella provincia di Torino e nel territorio della valle di Susa e a quanto corrisponda l’ammontare totale delle contravvenzioni elevate.

Grecia: scontri disordini, caos e manifestazioni in tutte le città

ma come? Nel paese del rivoluzionario ribelle anti troika?!?! Vuoi l’euro? Allora condanna a morte i tuoi cittadini, Syriza come Draghi, pronto a tutto per l’euro, ANCHE A REPRIMERE LE PROTESTE CON CARICHE DELLA POLIZIA. Poi parlano di fascismo
Feb 12, 2016
Greci-scontri-con-polizia
Grecia- scontri con la polizia
 
 La polizia greca si è scontrata violentemente con centinaia di agricoltori che manifestavano ad Atene contro la riforma delle pensioni che il Governo sta negoziando con gli organismi finanziari internazionali
Alcune centinaia di agricoltori si sono radunati oggi nella capitale greca per una manifestazione di protesta contro che durerà due giorni contro la riforma delle pensioni e le misure di austerità annunciate dal Governo.
 
I manifestanti hanno tentato di entrare all’interno del palazzo ma la polizia li ha respinti usando gas lacrimogeni. Ad Atene si è realizzata una nuova giornata di proteste, scioperi e tensioni. Almeno un migliaio di coltivatori si sono ritrovati nella capitale ellenica in segno di protesta contro l’aumento delle tasse previsto dal Governo e contro la riforma delle pensioni, la cui misura più contestata è il taglio (dal 15 al 30%) per gli assegni dei pensionati che lasceranno il lavoro a partire dal 2016.
 
Sarebbe questo l’ennesimo provvedimento emanato ai danni dei pensionati greci negli ultimi sei anni. I sindacati di categoria denunciano che le misure richieste da Ue e Fmi porterebbero a un taglio del‘85% del reddito annuo di diversi attori sociali: in primis gli agricoltori.
 
Dall’isola di Creta è arrivato all’alba un traghetto con a bordo un folto gruppo di manifestanti . Di fronte il ministero dell’Agricoltura gli agricoltori hanno urlato slogans, innalzato cartelli ed hanno lanciato pomodori, ortaggi e pietre contro la polizia che li aveva bloccati nel tentativo di entrare nell’edificio per occuparlo simbolicamente. I reparti antisommossa della Polizia greca hanno reagito realizzando cariche contro i manifestanti con i gas lacrimogeni. “Hanno tentato di spingere la polizia sino all’ingresso del Ministero — ha riferito un portavoce delle forze dell’ordine — La polizia ha usato gas lacrimogeni per fermare la folla”.
 
Si preannunciano almeno due giorni di marce e mobilitazioni per gli agricoltori ellenici, stremati dalle misure di austerità che hanno soffocato il Paese negli ultimi anni e dalle politiche della UE che permettono di importare prodotti a basso costo provenienti dal Nord Africa.
Non solo gli agricoltori ma anche altre categorie di lavoratori negli ultimi giorni hanno partecipato alle proteste contro la riforma previdenziale, come medici, infermieri, ingegneri, dottori, dentisti, avvocati, ecc.. Intanto rimane anche oggi il blocco autostradale presso i due principali valichi di frontiera tra Grecia e Bulgaria a seguito delle proteste ad opera degli agricoltori, che nei scorsi giorni avevano bloccato i confini usando i loro trattori.
Forti tensioni si sono registrate quando martedì scorso i camionisti bulgari avevano organizzato un contro-blocco ostacolando il passaggio dei mezzi.
 
La Grecia si trova ancora in recessione. Secondo una nuova stima la crescita nell’ultimo trimestre rimane negativa (-0,6%). L’incertezza sulla sostenibilità del debito pubblico greco resta alta. Nelle scorse ore Poul Thomsen, capo economista del Fondo monetario internazionale, ha spiegato che senza un concreto piano strutturale di riduzione del deficit “presto i timori di Grexit si riaffacceranno”.
 
Le politiche attuate dalla Commissione Europea sono state un completo fallimento. La situazione è peggiorata e la gente è sempre più esasperata. Monta la rivolta contro il Governo e contro Tsipras considerato un traditore ed un “venduto” che si è piegato alle direttive delle autorità europee e dei potentati finanziari che vogliono mettere in ginocchio l’economia greca per recuperare tutte le risorse restanti del paese. Un grande stato di frustrazione e di rabbia si registra fra la popolazione.
 
Nota: Mentre in Italia la gente si guarda il Festival di San Remo e tutti i media distraggono l’opinione pubblica con i diritti delle “coppie gay”, in Grecia la gente esasperata scende in piazza per reclamare i diritti sociali, quelli del lavoro, delle pensioni, dell’assistenza sanitaria, della dignità, che sono stati calpestati.
 
Fonte: Hispan Tv

Dalla Russia una «mano diplomatica» agli Usa

Sappiamo bene che gli Stati Uniti non vogliono mettere soldati sul terreno e le richieste dei loro alleati non andavano nella direzione voluta dagli Stati Uniti. Non solo: alcune delle fazioni in campo più efficaci come i curdi siriani si sono schierate ufficialmente con Mosca e Assad, facendo capire agli americani di volersi liberare, almeno del nord della Siria, della presenza di jihadisti sostenuti dalla Turchia e dalle monarchie del Golfo.
 
La Russia ha deciso di dare una mano diplomatica agli Stati Uniti ormai in difficoltà a contenere la rabbia della Turchia di Erdogan e dell’Arabia Saudita che di fronte alla probabile caduta di Aleppo e alla sconfitta dei gruppi di opposizione, jihadisti compresi, vedono anche una loro pesante sconfitta. Per cinque anni queste potenze sunnite hanno puntato sulla fine di Assad, storico alleato dell’Iran sciita, che invece con il sostegno di Mosca e di Teheran resterà in sella ancora diverso tempo, almeno tutto quello necessario a negoziare un’eventuale transizione.
 
La tregua in Siria serve a Putin e a Damasco per consolidare la loro avanzata ma soprattutto a Washington alla guida di una coalizione anti-Isis che secondo il fronte delle potenze sunnite avrebbe dovuto programmare un’operazione di terra in Siria per contrastare non solo il Califfato ma anche i russi. Sappiamo bene che gli Stati Uniti non vogliono mettere soldati sul terreno e le richieste dei loro alleati non andavano nella direzione voluta dagli Stati Uniti. Non solo: alcune delle fazioni in campo più efficaci come i curdi siriani si sono schierate ufficialmente con Mosca e Assad, facendo capire agli americani di volersi liberare, almeno del nord della Siria, della presenza di jihadisti sostenuti dalla Turchia e dalle monarchie del Golfo.
 
L’annuncio del cessate il fuoco in Siria significa la fine dell’assedio di Aleppo? Difficile pensare che il regime di Bashar Assad e Mosca rinuncino alla conquista di una città strategica: la tregua entrerà in vigore soltanto tra una settimana anche se inizieranno i convogli umanitari nei prossimi giorni. E soprattutto il cessate il fuoco non si applicherà né all’Isis, cioè al Califfato, né a Jabat al Nusra, gruppo affiliato ad Al Qaeda che è comunque molto presente nella provincia di Aleppo.
 
Anche se venisse applicata, quella a annunciata a Monaco di Baviera è comunque una tregua rischio perché dovrà essere accompagnata dal ritiro di alcune forze sul campo, un’operazione non semplice. Ci si augura che comunque costituisca la possibilità concreta di portare aiuto alla popolazione siriana che in varie aeree del Paese è allo stremo: in 5 anni in Siria ci sono stati 450mila morti, sono dieci milioni gli sfollati sia all’interno che all’estero, l’economia è stata distrutta insieme a intere città senza viveri ed elettricità. Sotto i nostri occhi si è consumata la morte di una nazione e questo cessate il fuoco è il primo appiglio cui aggrapparsi per contenere la peggiore tragedia umanitaria nel Mediterraneo dai tempi della seconda guerra mondiale.
di Alberto Negri – 14/02/2016
 
Fonte: Ilsole24ore

Ecco perché in Siria ora si rischia davvero la Terza Guerra mondiale

no, impossibile con il pacifista uomo del cambiamento che siede alla casa bianca, nonché premio nobel per la pace no?
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“Sulle rovine della guerra mondiale abbiamo costruito l’Europa perchè i principi erano chiari: abbiamo bisogno di una terza guerra mondiale per capirlo di nuovo?”. Una frase che fa un certo effetto perché a pronunciarla non è stato un’opinionista o un parlamentare italiano in un dibattito tv, ma il primo ministro Dmitri Medvedev nel corso della conferenza di Monaco di giovedì scorso. Una situazione che rischia di degenerare ulteriormente, nonostante la telefonata distensiva tra Obama e Putin di oggi. Solo ieri infatti il Segretario di Stato americano John Kerry aveva minacciato l’invio di truppe di terra in Siria in caso i russi avessero proseguito con i bombardamenti contro le postazioni dei “ribelli moderati”, definizione cara al Corriere della Sera e a una certa stampa sempre allineata, o per meglio dire contro i jihadisti di Al Nusra e altre formazioni di estremisti islamici, per utilizzare un linguaggio leggermente più vicino alla realtà. In ogni caso l’idea americana, piuttosto pericolosa, di un’invasione di terra, vedrebbe in prima fila turchi e sauditi, come conferma il ministro degli Esteri di Ankara, Mevlut Cavusoglu. “Nel caso si decidesse di seguire questa strategia Arabia Saudita e Turchia potrebbero partecipare ad un’operazione di terra. Per ora è solo un’ipotesi e non un piano preciso”.
 
Il ministro turco conferma in ogni caso l’arrivo di una squadra aerea saudita nella base turca di Incirlik, formalmente inviata per condurre operazioni di bombardamento contro l’Isis. “Per il momento l‘Arabia Saudita sta mandando degli aerei, ma potrebbe, se necessario, inviare i soldati per un’operazione di terra”. Il paravento della lotta all’Isis ormai non regge più, soprattutto dopo che le operazioni congiunte di russi e siriani hanno ottenuto dieci volte i risultati di tutta la coalizione internazionale messa insieme, per non parlare delle numerose conferme alle accuse contro Riad e Ankara di finanziare il Califfato. L’Arabia Saudita infatti non ci gira più nemmeno intorno, rispetto a quelle del suo omonimo ottomano le dichiarazioni del ministro degli Esteri saudita Adel Al Juberir (rilasciate alla Cnn, ndr), vanno dritte al punto: “Bashar al Assad è debole e pressoché finito, se non se ne andrà grazie ad un negoziato verrà messo da parte con la forza“. La realtà dei fatti è che Assad non è finito, anzi, da quando all’esercito arabo siriano si sono aggiunti i russi con i bombardamenti e il supporto logistico l’Isis e gli altri gruppi jihadisti stanno perdendo terreno.
 
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Re Salman dell’Arabia Saudita
 
Come riporta una nota diffusa ieri dell’intelligence tedesca, “l’intervento della Russia ha portato ad una svolta decisiva e irreversibile a favore di Damasco, specificando che quando gli uomini fedeli ad Assad avranno “ripreso il controllo delle regioni occidentali del Paese, le operazioni potranno continuare nelle regioni orientali della Siria”. Non è infatti un segreto che l’esercito siriano unito all’aviazione russa stia marciando su Aleppo e che in breve tempo la più popolosa città della Siria, la “capitale del nord”, potrebbe tornare sotto il controllo di Damasco. A quel punto la vittoria potrebbe essere ormai irreversibilmente nelle mani del legittimo governo siriano ed è per questo che le minacce e l’attivismo di Washington e dei suoi alleati, Turchia e Arabia Saudita, si fanno più stringenti. La situazione in ogni caso è davvero complessa, come dimostrano i bombardamenti di Ankara di ieri contro le postazioni dei curdi dell’Ypg, che hanno suscitato la dura condanna da parte del governo francese. Al tempo stesso Damasco ha denunciato l’attacco dell’artiglieria turca in territorio siriano, tanto da chidere all’Onu una “condanna per i ripetuti crimini turchi e gli attacchi contro il popolo siriano e l’integrità territoriale della Siria”.
 
Nel frattempo anche l’Iran, storico alleato di Damasco, si è pronunciato rispetto alle minacce saudite di un intervento di terra, attraverso le parole del vice capo di Stato Maggiore, Masoud Jazayeri: “Non lasceremo che la situazione in Siria vada come vogliono le nazioni ribelli, prenderemo le misure necessario in tempo. L’Arabia Saudita ha utilizzato tutto ciò che aveva a disposizione in Siria e ha fallito, non solo lì ma anche in Yemen”. Insomma lo scenario rischia di diventare tragicamente imprevedibile, con la possibilità che le incursioni non autorizzate di aerei turchi e sauditi in Siria trovino l’opposizione degli aerei e dei missili russi, per non parlare della possibilità di uno scontro diretto tra le forze di terra dei due alleati di Washington con le milizie di Hezbollah o con i pasdaran iraniani. Chissà se tutto quanto si risolverà diplomaticamente in breve tempo. In caso contrario, parlare di “terza guerra mondiale” potrebbe non essere più una roba da film e romanzi.
di Davide Di Stefano [14/02/2016]
Fonte: Il primato nazionale

Riecco Soros: “Putin è peggio dell’Isis”. Invito alla guerra?

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Carri armati Nato in Lituania
 
 Una vita passata a combattere la Russia, prima comunista poi putiniana,  ampiamente ricambiato se è per questo, a prevenire qualsiasi seria ipotesi di asse pan-europeo e soprattutto tra Berlino e Mosca, e a fare tanti soldi sulla pelle dello sterminato parco buoi di piccoli investitori nonché di parecchi Stati (tra cui l’Italia, ma anche la Gran Bretagna), portavoce e ascoltato suggeritore dei neocon americani che tengono in ostaggio la Casa Bianca, per trovarsi a quasi 86 anni d’età con il Cremlino protagonista della scena mondiale e gran tessitore delle trame diplomatiche internazionali. Come nemesi, per lo speculatore e assai presunto filantropo George Soros, non c’è male.
 
Tuttavia, il nostro uomo, anziano ma vigoroso come non mai, non si dà per vinto, ed è partito all’attacco a tutto campo, munito di una oratoria e di una penna sferzante. A Davos, recentemente, contro la Cina – occasione nella quale non mancò di raccomandare il lancio di un nuovo Piano Marshall a favore dell’Europa travolta dall’immigrazione, inclusivo della Russia ma accolto con indifferenza o scherno sulle rive della Moscova. Non domo, ci riprova ora sulle colonne del Guardian alzando parecchio i toni: “I leader di Usa ed Eu stanno commettendo un errore fatale a credere che il presidente russo Vladimir Putin sia un potenziale alleato nella battaglia contro lo stato islamico. L’evidenza li contraddice. L’obiettivo di Putin è quello di favorire la disintegrazione della Ue, e il modo migliore per farlo è quello di inondare l’Europa con i rifugiati siriani”, scrive Soros.
 
Dopo aver ricordato i presunti devastanti effetti sulle popolazioni civili dei bombardamenti russi sia nel sud della Siria sia nel nord – in particolare l’assedio all’ultima grande città ancora parzialmente in mano all’Isis, cioè Aleppo – il magnate finanziario si degna di spiegare per quale ragione il Cremlino punterebbe alla disintegrazione dell’Unione europea: “La Russia di Putin e l’Europa sono impegnate in una corsa contro il tempo: la questione è chi delle due collasserà per prima… Il regime di Putin affronterà la bancarotta nel 2017, quando verrà a maturazione gran parte del suo debito estero, e l’instabilità politica potrebbe sorgere anche prima…. Il modo più efficiente con cui Mosca può evitare il collasso – continua Soros – è quello di determinare prima il collasso della Ue. Un’Unione disintegrata non sarà più in grado di mantenere le sanzioni [alla Russia, ndr] imposte in seguito alle sue incursioni in Ucraina. Al contrario, Putin ne guadagnerà considerevoli benefici economici… sfruttando i nuovi canali commerciali e i partiti anti-europei che nel frattempo egli ha attentamente coltivato”.
 
Se non bastasse questa sequela di assurdità, il ricco ebreo-ungherese-americano conclude che “l’Isis pone un rischio sia all’Europa sia alla Russia. Ma non dovrebbe essere sovrastimato. Gli attacchi organizzati dagli jihadisti, per quanto terrificanti, non possono paragonarsi alla minaccia esistenziale posta dalla Russia … e l’incapacità a comprenderla renderà il suo contrasto sempre più difficile”.
 
Ripetere una bugia mille volte può anche funzionare nei confronti dell’opinione pubblica, ma rimane comunque una bugia. Pericolosissima, tuttavia, in considerazione della montante pressione militare Nato e americana sul baltico – Polonia e repubbliche baltiche in primo luogo – e delle mai sopite tensioni in Ucraina, sempre a due passi dalla Russia, oltre che del campo di macellazione siriano sempre più affollato, nonostante i tentativi del più moderato John Kerry di trovare una traballante intesa.
 
A proposito di bugie, nessuna come quella sul presunto piano russo sulla via immigratoria per sconvolgere l’Europa grida vendetta, anche soltanto ricordando il ruolo americano (e saudita) nella costruzione stessa dell’Isis, nonché più direttamente ancora la costante promozione dell’immigrazione in Europa da parte delle organizzazioni umanitarie facenti capo allo stesso Soros.
 
Il problema, sottolineato per ultimo dal politologo ed economista americano Paul Craig Roberts, è l’indifferenza, l’ignoranza e la rassegnazione del popolo Usa, ignaro del destino bellico che attende il mondo intero, soprattutto nel caso in cui nella più alta posizione dell’amministrazione federale finisse per essere eletta una serva fedele del complesso militare-industriale e dei neocon stessi come Hillary Clinton. Poiché, come ancora ricorda lo stesso Roberts, non potendosi confrontare sul piano convenzionale un esercito che non ha mai vinto una guerra seria con quello russo, il conflitto potrebbe essere soltanto nucleare.
 
Sarà questa l’eredità testamentaria di George Soros?
Francesco Meneguzzo

Pensione di reversibilità, ecco perché il governo vuole le unioni civili

Come volevasi dimostrare. Era nell’aria. L’offensiva ai danni della reversibilità delle pensioni sta per realizzarsi.
È il preoccupante allarme lanciato dal segretario generale dello Spi-Cgil, Ivan Pedretti. Questi, dalle pagine dell’Huffington Post, denuncia l’arrivo di un disegno di legge delega del Governo alla commissione lavoro della Camera: tale disegno di legge racchiude un punto decisivo, che non deve sfuggire. Esso andrebbe a colpire il diritto alla reversibilità delle pensioni. Proviamo a spiegarlo nel modo più semplice e diretto: secondo il ddl le reversibilità saranno considerate prestazioni assistenziali e non più previdenziali.
 
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Cosa vuol dire? L’accesso alla pensione di reversibilità sarà legato all’Isee e quindi al reddito familiare: andrà inevitabile a diminuire il numero delle persone che continueranno a vedersi garantito tale diritto. È risaputo che l’asticella dell’Isee è piuttosto bassa, tarata su redditi che non sarebbe fuorviante e offensivo definire da fame. Sicché per superare l’asticella e perdere il diritto basta davvero pochissimo. Se una vedova vive ancora con il figlio e questi percepisce un piccolo reddito, ecco che perderà il diritto alla reversibilità.
 
Tutto come da copione, dunque. Gli stessi che hanno rottamato l’articolo 18 – con un vero e proprio attentato al mondo del lavoro – promuovono oggi le unioni civili: non certo per estendere i diritti, bensì per rimuoverli linearmente. Che cosa volete possa importargliene dei diritti ai magnati della finanza internazionale e ai loro maggiordomi politici? Nulla, a meno che tali diritti civili non servano a distruggere il mondo dei diritti sociali e del lavoro. Ecco spiegato il segreto delle unioni civili, usate – lo ripeto – per negare i diritti del lavoro.
 
Come l’articolo 18 fu criminalmente rimosso con la scusa che non copriva tutti i lavoratori, così ora tolgono la reversibilità delle pensioni: non coprendo tutti, la si toglie a tutti. Logica vorrebbe invece che articolo 18 e reversibilità delle pensioni venissero estesi a tutti i lavoratori e a tutte le coppie, omo ed etero. Si produce invece quella che con Hegel chiamo l’uguaglianza dell’irrilevanza: si rendono gli individui uguali nell’esiziale senso di ugualmente irrilevanti. Et voilà, ecco spiegato il trucco. Evidente, evidentissimo. Ma chi lo svela verrà silenziato come omofobo, e ogni discussione razionale sul punto sarà come sempre bloccata in partenza. L’egemonia, gramscianamente, dei dominanti è totale: a tal punto che anche i dominati la subiscono e si muovono con le mappe concettuali fornite loro dai dominanti. Le masse lobotomizzate dal potere sono oggi un soggetto indisponibile e con le armi spuntate. La situazione è tragica, ma non seria. Ora capirete anche perché si evita accuratamente di fare l’unica cosa sensata che andrebbe fatta, come già si fece per l’aborto e il divorzio: un referendum. Non lo fanno perché l’èlite dominante ha già deciso e non ha bisogno di legittimazione democratica.
 
di Diego Fusaro | 14 febbraio 2016

PENSIONI 2016, ULTIME NOVITÀ DAL GOVERNO: DELEGA DÀ E NON TOGLIE SULLA REVERSIBILITÀ

ci sarà da fidarsi? A quanto pare l’unico diritto che dovrà esistere ed esser tutelato sarà quello sulle unioni civili, tanto etero quanto omosessuali. Gli altri diritti si possono anche togliere tanto non importa nulla alla società civile.Il governo amico dei poveri ovviamente regala ai deboli, dice la leggenda
 
Arrivano i chiarimenti di Palazzo Chigi sul provvedimento relativo alle pensioni di reversibilità in attesa della riforma Renzi-Poletti, news 14/2.
 
Dopo le polemiche scatenate dalle ipotesi di tagli delle pensioni di reversibilità contestuali all’estensione degli assegni dei vedovi anche alle coppie omosessuali regolamentare dal disegno di legge della senatrice Monica Cirinnà sulle unioni civili, arriva in serata un chiarimento da Palazzo Chigi. “Se ci saranno interventi di razionalizzazione – fanno sapere fonti governative rilanciate dall’Ansa – saranno solo per evitare sprechi e duplicazioni. Non – viene sottolineato – per fare cassa in una guerra tra poveri”.
 
Tagli alle pensioni di reversibilità, bufera di critiche sul Governo Renzi
 
Chiarimenti che arrivano da fonti di Palazzo Chigi dopo una giornata di critiche non solo da parte di sindacati e opposizioni ma anche da gruppi della maggioranza parlamentare, dalla minoranza dem all’Area popolare (Ncd-Udc) che fa riferimento ad Angelino Alfano. “La delega del governo – specificano fonti dell’esecutivo – dà e non toglie”. Questi i chiarimenti del Governo Renzi a proposito dei possibili tagli agli assegni di reversibilità che saranno agganciate all’Isee per fare cassa, secondo le critiche al provvedimento, per sostenere le misure di contrasto alla povertà. Da Palazzo Chigi spiegano che la norma vieta di far cassa con qualsiasi esercizio di razionalizzazione, ma soltanto nei casi in cui saranno finalizzati ad evitare sprechi e duplicazioni, non ci sarà una “guerra tra poveri”.
 
Replica di Palazzo Chigi ad opposizioni, sindacati e pezzi di maggioranza
 
La delega del governo prevede lo stanziamento di un miliardo di euro per contrastare la povertà senza nulla togliere alle pensioni di reversibilità. Una delega predisposta, secondo quanto spiegano fonti governative, a “convogliare risorse europee su quello stesso strumento e sulla rete di servizi – viene sottolineato – per la presa in carico offerti da comuni e terzo settore”. “Dopo la nostra denuncia sulle pensioni di reversibilità – ha scritto su Facebook il segretario generale dello Spi-Cgil Ivan Pedretti- si è acceso il dibattito politico. Ora – ha aggiunto – poche chiacchiere. Quel disegno di legge – ha sottolineato il leader dei pensionati della Cgil – va modificato”. Sulle stesse posizioni il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, della minoranza del Pd, e la deputata Paola Binetti, di Area popolare (Ncd-Udc). Dalle opposizioni, a criticare il provvedimento, sono stati il leader della Lega Matteo Salvini e il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri. Sulla questione, al momento, nessuna presa di posizione da parte del Movimento 5 stelle di Beppe Grillo.