Risposta alla Senatrice Elena Cattaneo

i cosiddetti progressi scientifici che salvano vite umane, peccato non riescano mai a dare dati seri e reali di cotante guarigioni, l’importante è finanziare la ricerca, chi chiede conto dei risultati tanto? Che pensare di una scienza che condanna per frode chi realmente guarisce o perseguita i suoi scienziati perché le loro scoperte non fanno ingrassare big pharma chissà che ne pensa la Cattaneo
COMUNICATO EQUIVITA
12.02.2016
Risposta all’articolo ‘Senza i test sugli animali la medicina fallisce’ della Senatrice e scienziata Elena Cattaneo,
Nel suo celebre saggio “La struttura delle rivoluzioni scientifiche” (1962) Thomas Kuhn, epistemologo e storico di fama mondiale, spiega che la scienza  procede per mezzo di lunghi periodi di normalità, ovvero di dominio, tenace ed insensibile alle critiche, di un determinato paradigma.
 I periodi di “scienza normale”  sono intervallati da periodi più brevi di crisi, che culminano in una “rivoluzione scientifica”. Ne segue una nuova epoca di normalità, dominata dal paradigma vincente, che sostituirà quello precedente fino ad una prossima rivoluzione.
Nel campo della ricerca bio-medica questa rivoluzione è alle porte ed è stata messa in evidenza – dalla società civile – tramite l’niziativa dei Cittadini Europei STOP VIVISECTION.
E’ una crisi scatenata dai numerosi insuccessi del modello animale – denunciata a ritmo incalzante dalle riviste più autorevoli, da istituziioni e studi scientifici recenti- che giungono alla medesima conclusione: il modello animale non è predittivo per l’uomo (ogni specie può essere soltanto modello di se stessa) mentre gli straordinari progressi fatti da tante branche della scienza (microbiologia, genetica, chimica etc..) hanno permesso lo sviluppo di metodi di gran lunga più affidabili, più completi nelle loro risposte, oltre che immensamente più rapidi ed economici.
 
Forse la Senatrice Cattaneo dovrebbe salpare verso nuovi orizzonti e lasciare l’isola dalla visuale corta della sperimentazione animale che l’alta marea del cambiamento sta per sommergere.
Comitato scientifico EQUIVITA
Tel: 06 32110421/ 335.8444949www.equivita.it
ccp: 1026977056 intest “Fondo Imperatrice
nuda contro la sperimentazione animale”

Vi racconto le capriole di Casaleggio su unioni e adozioni gay.

il M5s si trova spesso a votare insieme al Pd, davvero li prende da Casaleggio gli ordini o da Grillo? Contrordine compagni, niente libertà di coscienza
 
di Paolo Becchi
 
Per il docente genovese “Renzi ha messo in difficoltà i 5 Stelle” inducendoli a riposizionarsi e a contraddirsi con la scelta della libertà di coscienza. E sulla votazione dell’ottobre 2014 richiamata dal blog di Grillo, il prof rilancia un giallo mai risolto….
“State a vedere che per paura di rimanere con il cerino in mano il M5S voterà il Cirinnà senza le adozioni, rimangiandosi quanto dichiarato”. Mai tweet del professor Paolo Becchi fu più profetico. Il docente di Filosofia del Diritto all’università di Genova, che proprio su Formiche.net un mese fa annunciò l’addio al Movimento 5 Stelle, ha vergato quel cinguettio nella tarda mattinata di ieri. Subito dopo quel tweet, è arrivata la reazione sul blog di Beppe Grillo. E non una “reazione” da poco, dato che ha scatenato un putiferio l’intervento con cui lo staff pentastellato concede libertà di coscienza ai senatori sul voto al ddl Cirinnà.
I MOTIVI DEL CAMBIO DI PASSO DI CASALEGGIO
Che cosa ha fatto invertire la rotta ai vertici del Movimento? Perché fino a qualche giorno fa alcuni influenti senatori grillini come Nicola Morra e Alberto Airola annunciavano il voto compatto del gruppo a favore del ddl Cirinnà solo se non modificato (qui e qui i due interventi) mentre invece il blog ha lasciato libertà di coscienza? Cosa è successo nel frattempo? Risponde Becchi a Formiche.net: “Per prima cosa c’è stato il Family Day che ha rilanciato le ragioni del no alla legge. Poi alcuni costituzionalisti hanno espresso dubbi sulla costituzionalità del ddl, l’Ncd ha iniziato a sfilarsi e a paventare traumi in caso di nuova maggioranza tra Pd e M5S, l’Udc ha minacciato l’uscita dal governo. Insomma, la maggioranza di Renzi si stava sfilacciando e il premier ha iniziato a pensare all’eventualità di un emendamento per stralciare la stepchild adoption. Qualche modesto mal pancia c’era anche all’ interno del Movimento. A quel punto i parlamentari 5 Stelle erano spiazzati: sarebbero rimasti gli unici a difendere il ddl Cirinnà nella sua stesura iniziale, avrebbero dovuto votare coerentemente contro il provvedimento in caso di stralcio dell’articolo 5; così avevano detto, voteremo sì solo se il ddl non si tocca”.
RENZI HA MESSO CASALEGGIO IN BUCA
Insomma, incalza Becchi, “Renzi li ha messi in grandissima difficoltà, ponendoli nella condizione di votare contro le unioni civili dato che ormai si lavora allo stralcio della stepchild adoption. La mossa di concedere libertà di coscienza è stato quindi un tardivo tentativo di Casaleggio di tirarsi fuori da questo pasticcio”. Per il docente genovese “in tale modo il Movimento si comporta peggio dei vecchi partiti, dimostrando che l’unico interesse è il tatticismo di basso livello, il riposizionamento sulla base delle mosse dell’avversario, il giochetto politico, privo di visione politica. Con una posizione troppo radicale rischiava di deludere gli elettori di destra che votano 5 Stelle assumendo una posizione troppo di sinistra e così si è riposizionato al centro. Ai contenuti del ddl Cirinnà, alle coppie omosessuali e alla loro possibilità di adottare, non ci pensa più nessuno, sono tutti proiettati alla tattica da seguire per stare dietro a Renzi”.
IL GIALLO SULLA VOTAZIONE DELL’OTTOBRE 2014
Secondo il professore Becchi, è stato Gianroberto Casaleggio ad aver commesso un grave errore. Non è ancora riuscito a metabolizzare ciò che è successo a Quarto. Il “capo del nuovo partito” (come lo chiama il docente dopo il passo indietro di Grillo) “ha cercato di giustificare la libertà di coscienza sostenendo che andava rispettato il voto della rete espresso nell’ottobre 2014”. Peccato però che, a detta di Becchi, “quella votazione avesse un trucco” come documentato dallo stesso prof. su Formiche.net. “Nel quesito posto inizialmente si faceva riferimento ai diritti e doveri della coppia omosessuale, esclusa l’adozione di figli esterni alla coppia. Dopodiché – spiega – nel corso della votazione il quesito è stato cambiato togliendo la parte che fa riferimento alle adozioni, e adesso il blog dice che gli elettori non si sono espressi su quel tema e quindi va lasciata libertà di coscienza”. Di più, si decide di non ricorrere nemmeno a una nuova consultazione online (così recita la parte finale del post: “Non si fa ricorso a un’ulteriore votazione online perché su un tema etico di questa portata i portavoce M5S al Senato possono comunque, in base ai dettami della loro coscienza, votare in maniera difforme dal gruppo qualunque sia il risultato delle votazioni”).
“In sostanza – argomenta Becchi -, prima l’M5S dice di volere votare compatto per il ddl Cirinnà, poi contraddice questa posizione assicurando libertà di coscienza ma nello stesso post cade in una seconda contraddizione perché giustifica la nuova scelta con la mancanza del riferimento alle adozioni nella consultazione dell’ottobre 2014, ma non vuole ricorrere a farne un’altra”. Insomma, “che senso ha richiamare quella consultazione per dire che era incompleta se poi non ne fai un’altra? E’ un insieme incredibile di contraddizioni formali e logiche. Se si ammette la libertà di coscienza, ci si comporta esattamente come il Pd e i parlamentari non sono più i portavoce dei cittadini dei politici come tutti gli altri, liberi di votare come gli pare”.
SI SALVI CHI PUO’
Per un ulteriore approfondimento, Becchi rinvia a due lavori, uno uscito a settembre (qui il link) e l’altro di imminente pubblicazione, scritti entrambi per Mondoperaio, la storica rivista fondata da Pietro Nenni e ora diretta da Luigi Covatta. “Fino a qualche tempo fa si poteva dire che il Movimento aveva dietro la rete, ne era la diretta espressione; adesso invece inizia ad averla contro. L’espressione del Movimento ora è il trio che prende ordini da Casaleggio (Di Battista, Di Maio e Fico, ndr) e li trasmette ai parlamentari che devono eseguirli; la vitalità del Movimento che si esprimeva nei meet up, il cuore del Movimento è stata stroncato, dove governano i sindaci pentastellati stanno dimostrando una totale incapacità. A Parma siamo al paradosso: esistono due M5S, uno al governo ed uno all’ opposizione. Poi Quarto e ora tutte le giravolte sul disegno di legge sulle unioni civili. I cittadini cominciano a percepire che ormai i 5 Stelle sono come gli altri partiti. A questo punto mi viene spontaneo dire: per fortuna che sono uscito a fine anno!”. Quindi la chiosa: “Il governo Renzi si regge su due stampelle a seconda di quel che gli serve e gli fa comodo in un determinato momento: da una parte pezzi del centrodestra, tra Area Popolare e Verdini, dall’altra i 5 Stelle. In questo specifico caso addirittura sulle due stampelle insieme, ma due stampelle non fanno una gamba”.
di Paolo Becchi – 07/02/2016
Fonte: Formiche

Spedizione via terra in Siria? Ops, ora si può…

di Fulvio Scaglione
 
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Per quanto a Ginevra si possa discutere, il perno di tutta la questione in Siria è sempre quello: nessuno ha mai voluto davvero sconfiggere l’Isis. Men che meno la famosa coalizione di 60 Paesi guidata dagli Usa e dall’Arabia Saudita, che ora parla serena di una spedizione via terra.
 
Lo dimostrano le notizie degli ultimi giorni. Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Bahrein sono ufficialmente disposti a inviare in Siria un corpo di spedizione via terra. Lo faranno, dicono, se la coalizione sarà d’accordo. Ovvero, se gli Usa daranno via libera e appoggeranno concretamente la spedizione via terra. Nello stesso tempo, da Nord, la Turchia minaccia di fare la stessa cosa. O meglio: non lo minaccia ma si prepara a entrare in Siria con truppe che sventoleranno, ovviamente, la bandiera della missione umanitaria in aiuto dei profughi o di qualche minoranza minacciata.
 
Spedizione via terra. Perché solo ora?
 
Nessuno di loro dice con chiarezza di voler andare a combattere l’Isis. Se si muoveranno, cercheranno con più probabilità di andare contro Assad e in aiuto dei cosiddetti “ribelli moderati”, tra i quali in realtà c’è di tutto, compresa una bella fetta di jihadisti che da anni sono armati e finanziati dalle monarchie del Golfo Persico. I turchi, per parte loro, se entreranno in Siria, lo faranno anche in funzione anti-curda. E resta da vedere come possano conciliare l’ostilità verso i curdi (su richiesta di Erdogan esclusi dai colloqui di Ginevra, anche se sono quelli che vanno in prima linea contro l’Isis) con il proposito di battersi contro il terrorismo islamista.
 
Ma non è nemmeno questo ciò che più rivela la fragilità di tutta l’impalcatura. Per anni, infatti, le popolazioni del Medio Oriente toccate dalla piaga dell’Isis hanno detto e ripetuto che con i soli bombardamenti non si arrivava da nessuna parte. Per anni,persino i miti vescovi cristiani della regione hanno chiesto un intervento più deciso, con i soldati sul terreno. E dello stesso loro parere erano tutti gli analisti militari e gli strateghi: senza stivali sul terreno, dicevano anche loro, l’Isis non si batte.
 
E per anni, puntualmente, è stato loro risposto che no, non si poteva, che sarebbe stato ancora peggio, eccetera eccetera. Adesso, di colpo, si può. Adesso, di colpo, ci sono Paesi disposti a offrirsi volontari per quella spedizione via terra che per due anni non si era neanche potuta immaginare. Una bella svolta, se alle proposte di Arabia Saudita&C. aggiungiamo i mille soldati italiani che dovrebbero dispiegarsi in Iraq, i corpi speciali americani che già operano accanto ai curdi e così via.
 
Come mai, questo voltafaccia? La risposta è ovvia: l’intervento russo ha cambiato tutto. Sauditi, americani e compagnia non hanno mai avuto l’intenzione vera di combattere l’Isis, ma solo di tenerlo sotto controllo intanto che svolgeva il compito designato: abbattere il regime di Assad. E pazienza se nel frattempo c’erano milioni di profughi in Iraq e in Siria, pazienza se la guerra civile infuriava. L’unico vero obiettivo era far fuori Assad.
 
Adesso gli è venuto un dubbio atroce: e se Assad, appoggiato dai russi, dagli iraniani e da Hezbollah, dovesse invece vincere? Per questo, e solo per questo, ora parlano di una spedizione via terra. Quelle stesse operazioni che avrebbero ben potuto varare prima: in fondo, i russi sono in Siria solo dal settembre scorso, di tempo ce n’era. Se la coalizione americo-saudita  fossero davvero intervenuta contro l’Isis, al posto di giocarselo come un alleato, l’intervento russo (comunque lo si giudichi) manco ci sarebbe stato. E di nuovo: comunque la si pensi su Vladimir Putin, di questa gente non ci si può fidare.
di Fulvio Scaglione – 07/02/2016
Fonte: Famiglia cristiana

Timeo Danaos

Kerry è un democratico, come Renzi, i democratici si sa sono i buoni, gli altri bestie guerrafondaie.
 
timeo
La famosa frase Timeo Danaos et dona ferentis che nell’Eneide viene messa in bocca a Laocoonte per convincere i Troiani a non portare dentro le mura della città il nefasto cavallo che ne avrebbe causato la rovina, mi sembra particolarmente adatta per commentare i recenti complimenti di Kerry – vero e proprio piazzista d’armi e di guerre – nei confronti del nostro Paese.
“Italia grandiosa, il suo impegno è enorme” afferma infatti il segretario di Stato USA durante la sua recente visita a Roma, e prosegue affermando che l’Italia, visto il suo lungo impegno in Iraq, “è tra i Paesi più attivi nella lotta all’Is”. E questa era la carota.
Poi arriva la frusta: “…ma occorre un ulteriore sostegno finanziario”.
Insomma cari amici italiani, se volete ancora le Lucky Strike e la cioccolata, adesso mettete mano al portafogli. Esortazione cui ha fatto subito eco uno scodinzolante 
 
Gentiloni che, sotto lo sguardo premuroso e sornione del boss a stelle e strisce ha affermato compunto che sì, “ci sono stati passi in avanti sul terreno”, ma “in Iraq bisogna continuare l’impegno militare”.
 
Così, l’Italia che, a leggere la sua Costituzione, “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” in realtà sta attivamente partecipando alla cosiddetta ‘guerra al terrorismo’, l’ultima versione orwelliana di travestimento dei lupi in agnelli.
 
Ora però, a parte l’impegno economico per le varie altre ‘missioni di pace’ cui l’Italia partecipa (Iraq, Afghanistan, Libano, Kosovo, Somalia, Golfo di Aden e, prossimamente, Libia), la notizia che più mi inquieta – e che mi richiama alla mente il nefasto memento di Laocoonte – è l’approvazione dello schieramento di 450 uomini destinato alla difesa degli operai italiani della Trevis Spa di Cesena che lavoreranno alla diga di Mosul.
Come ha espressamente confermato un quotidiano oggi, fonti dello Stato Maggiore hanno confermato l’impiego dei bersaglieri della brigata Garibaldi con carri armati Ariete e cannoni semoventi cingolati Panzer.  Esattamente quel che si dice un equipaggiamento di pace. Infatti, l’inossidabile Pinotti afferma spensieratamente che i soldati italiani “non andranno a combattere ma solo a proteggere l’impresa”, intendendo la Trevis che ha avuto l’appalto dei lavori alla diga.
Peccato che la favola della ‘missione di pace’ non la bevono i gruppi degli ‘insurgent’ in Iraq che hanno commentato la notizia in modo decisamente poco ‘pacifico’: “le forze straniere in Iraq saranno considerate occupanti, compresi gli italiani”. Ancora meno pacifiche le intenzioni dell’Isis che ha latrato: “faremo maccheroni degli italiani”.
Ma niente paura: se la Pinotti – con la sua vasta esperienza militare – ci dice che non siamo lì per combattere, sarà solo questione di tempo, qualche caramella ai bambini, qualche scuola costruita, la diga difesa e poi la pacche sulle spalle da parte dei nostri padro…oops…scusate, dei nostri alleati e tutti a casa… Purtroppo sono proprio i ‘doni’ – o i complimenti – di questi ‘amici’ che personalmente mi preoccupano.
Non vorrei davvero essere facile profeta di un disastro annunciato al nostro corpo di spedizione a Mosul. Spero di sbagliarmi. In ogni caso, la pressione che da parte NATO e USA si sta esercitando sull’Italia perché si coinvolga sempre maggiormente nella cosiddetta ‘war on terror’ indica con estrema chiarezza che il nostro Paese è ormai destituito di ogni sovranità e di ogni autorevolezza. La miserevole figura di personaggétti da operetta come Renzi, che fa finta di fare la voce grossa a Bruxelles o a Berlino a uso e consumo dell’opinione pubblica interna ma, nei fatti, ubbidisce in silenzio agli ordini ricevuti è emblematica del miserevole status della nostra politica estera.
Quanto alla questione dei profughi, by the way, appare evidente che con la ragguardevole somma di oltre 1500 milioni di euro che stanziamo per ‘missioni di pace’ ordinateci dai nostri padroni e per ‘regalie’ all’alleato turco – che in realtà appoggia e alimenta il terrorismo per sue strategie contro Siria e Iran – la potremmo benissimo risolvere in tempi brevissimi.
Potremmo se lo volessimo. Ma non lo vogliamo. E – aggiungerei – per i nostri padroni non dobbiamo volerlo.
di Piero Cammerinesi – 07/02/2016
Fonte: Liberopensare

Cagliari, antagonisti contro Salvini. E lui: «Siete da ricoverare»

chi si oppone a mafia capitale, quindi al Pd deve essere preso a sprangate. Così pare che i paladini della democrazia e tolleranza intendano la contestazione.
Ma non era in dittatura che si picchiavano gli oppositori? Che si negava loro il diritto di opinione e parola?
 
Per i bravi ragazzi antifascisti non è così, in tutta evidenza. Il diritto di parola e di manifestare vale solo se è da parte dei giusti.
Contestano la Boschi per l’affaire Banca Etruria? Sia mai. Contestano Renzi con la stessa veemenza? Contestano la Lorenzin per la distruzione della sanità? Contestano per la distruzione delle pensioni e della scuola??
 
SIA MAI. QUANDO C’è IL GOVERNO AMICO SI CONTESTANO SOLO I SUOI NEMICI, ma non chiamateli SERVI.
 
 
giovedì 11 febbraio 2016 – 16:35
Nuove violenze degli antagonisti. Nel mirino c’è sempre Matteo Salvini diventato ovunque il bersaglio di no global e centri sociali. Il leader della Lega è arrivato a Cagliari per inaugurare la sede di un circolo e gli estremisti di sinistra, organizzati nel Coordinamento antifascista cagliaritano. si sono subito scatenati con insulti, fischi, lancio di uova e vernice e scontri. Danneggiati anche due sportelli bancomat. La tensione era già nell’aria. Prima dell’arrivo di Salvini, la polizia aveva fermato in città un furgone, all’interno del quale c’erano due striscioni rinforzati con scudi (uno di cinque e uno di quattro metri), mazze di ferro, fumogeni e arance. Due estremisti erano stati fermati e saranno denunciati. Ma questo non ha impedito le violenze. “Odio la Lega”, “Siamo tutti contro Salvini e antifascisti”, con questi cori è partito il corteo, dopo l’adunata degli “antifascisti militanti”. La tensione è salita alle stelle con le forze di polizia in tenuta antisommossa che hanno caricato gli estremisti in viale Sant’Avendrace, dove è stata inaugurata la sede del movimento “Noi con Salvini”. I manifestanti hanno lanciato uova con vernice contro le forze dell’ordine e fatto esplodere una grossa bomba carta.
 
Salvini: i fermati con le mazze sono da ricoverare
 
«A questi democratici di sinistra fermati con petardi e mazze da baseball che dicono “Siamo contro Salvini” io dico “Siete da ricoverare”», ha detto poi il leader del Carroccio, commentando gli scontri con la polizia. «Cagliari non è una città normale e civile se c’è bisogno di bloccare una strada per portare avanti le proprie idee davanti a cinquanta disadattati figli di papà a cui dedico solo venti secondi – ha detto Salvini – E dov’è il sindaco? In un paese normale polizia e carabinieri sarebbero in giro a raccattare spacciatori e clandestini».
 
Salvini contro l’immigrazione organizzata
 
Durante l’inaugurazione del circolo Salvini ha puntualizzato: «Ai rifugiati politici io dico porte aperte, anche quelle di casa mia, perché chi scappa dalle bombe e dall’Isis deve essere accolto, ma tutti gli altri sulla prima zattera e a casa. Questa è immigrazione organizzata, studiata e finanziata per avere nuovi schiavi e a me gli schiavi non piacciano né rossi né bianchi né neri. Gli italiani non trovano più lavoro perché c’è chi si svende per 3 euro all’ora, ma questo non è lavoro, è schiavitù». Salvini ha poi illustrato la situazione che vive la Sardegna sul fronte immigrazione: «Dei più di seimila presunti profughi che sono arrivati in Sardegna, meno del 10% è stato riconosciuto come rifugiato politico. La Sardegna non può ospitare le persone che non scappano da nessuna guerra, anche se c’è qualcuno che propone di ripopolarla con gli immigrati. Siamo alla follia totale». Infine, Salvini ha proposto di sperimentare in Sardegna il regime fiscale del 15%, la flat tax cavallo di battaglia della Lega, come “tassazione di vantaggio per attrarre le imprese”.

EGITTO-ALEPPO, MANOVRA A TENAGLIA. LA SIRIA VINCE, MA I CURDI A CHE GIOCO GIOCANO?

http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2016/02/egitto-aleppo-manovra-tenaglia-la-siria.html

MONDOCANE

GIOVEDÌ 11 FEBBRAIO 2016

“Come le pecorelle escon dal chiuso a una, a due, a tre, e l’altre stanno timidette atterrando l’occhio e il muso; e cio’ che fa la prima, e l’altre fanno, addossandosi a lei, s’ella s’arresta, semplici e quete, e lo ‘mperchè non sanno…” (Dante, Purgatorio, canto III)

 
“L’Italia è stata grandiosa.Il suo impegno nella coalizione-anti-Isis è sostanziale, uno dei più grandi in termini di persone, di contributi finanziari e militari in Iraq e, in particolare, per la sua leadership in Libia nel processo di formazione del governo. La ringraziamo”. (John Kerry, Roma, 2/2/16. In merito all’invio di complessivamente 2000 professionisti italiani, la presenza più cospicua dopo quella dei 3000 Usa, di cui 450 alla diga di Mosul, per una difesa da nessuno – l’Isis è feroce, ma non scemo, non allagherebbe mai i suoi territori – ma il cui restauro  da 280 milioni, è stato affidato all’Italiana “Trevi”. Sono 3000 mercenari Nato, come i Marò in uso pubblico a protezione di interessi privati, che però contribuiscono alla tripartizione necolonialista della nazione irachena).
 
Filo-qua e filo-là, a prescindere.
Prima di parlare dei curdi, vorrei comunicare la mia risoluta antipatia e il mio fondato sospetto su gran parte dei filo-curdi, specialmente quelli organizzati. Mi riferisco non tanto a coloro che inseriscono i curdi nel loro interessamento per popoli negati ed esclusi dal concerto degli Stati riconosciuti. Ma a quelli che mitizzano i curdi in quanto tali e ne fanno una pietra di paragone impropria e strumentale a scapito di altre realtà etniche, o nazionali. Curdi che diventano, qualsiasi cosa facciano, archetipi dei migliori valori, con implicito disconoscimento di altri, magari altrettanto o più degni di stima e sostegno (penso ai curdi di Kobane, esaltati, e ai combattenti siriani, iracheni, libici, denigrati o ignorati). In questo modo i curdi vengono collocati in una specie di Truman Show, dove ogni cosa è perfetta, armoniosa, giusta, bella e, invece, sotto sotto, molte cose sono finte, sbagliate, o turpi. In questo senso i filo-curdi si pongono sullo stesso piano dei filo-palestinesi, dei filo-cubani, dei filo-vietnamiti, tutti filo a prescindere, per i quali la qualità dei soggetti della loro passione è un dato acquisito per sempre, apodittico e consacrato da aporie incrollabili.
E guai a metterlo in discussione. Anche quando tutte le organizzazioni palestinesi tradiscono il loro popolo e chi lo ha sostenuto nei decenni, pugnalando la Siria e passando con il tiranno del Qatar. Anche quando Raul Castro rinnega una resistenza di popolo di oltre mezzo secolo pensando di tirarsi fuori da un fallimento epocale grazie al libero mercato e al lazo yankee. Anche quando in Vietnam il partito unico comunista, manda i suoi ufficiali nelle scuole di guerre Usa e governa con pugno di ferro la transizione al capitalismo più feroce. Con i filo –qua e filo-là abbiamo a che fare con una sindrome che ricorda il rifiuto di uscire dall’infanzia, l’attaccamento tardivo a una mammella disseccata.
Vediamo cosa succede in Medioriente e in Nordafrica, sul terreno. Tocca lacerare le cortine di nebbia sparate dagli operatori delle grandi distrazioni di massa. Matrimoni gay e adozione dei figliastri, temi validi ma da molti usati in funzione di copertura di grandi misfatti, commedie degli equivoci ginevrine dove le vittime dovrebbero accordarsi con i carnefici, tempesta di coriandoli anti-Isis scatenata su Roma da Kerry e da altri padrini e soci dell’Isis, riuniti nella cosca terroristica Small Group, nuove bordate di commozione sui rifugiati, l’avanspettacolo del burattino Renzi che agita la sciabola di latta in faccia ai burattinai di Bruxelles e Berlino e l’ennesima pandemia da Zika, immancabilmente trasmissibile anche per via sessuale (come la mega-invenzione Aids) a fini di ulteriore panico collettivo, ulteriori controlli sociali e ulteriori profitti di Big Pharma.
 
Egitto-Grand Guignol ed “esodo biblico” da Aleppo: manovra a tenaglia anti-araba
Da qualche giorno sono essenzialmente due le direttrici lungo le quali si articola la strategia Nato-Golfo-Israele e che vengono rilanciate dai media a mo’ di fosforo bianco che incenerisca le facoltà della gente di distinguere e capire. Travaglio li chiama con sardonica perspicacia GUN, Giornale Unico della Nazione. Ma precipita nel paradosso perchè, cadutogli di mano lo scudiscio con cui percuote falsari e velinari dell’informazione, dà sulla vicenda Giulio Regeni-Al Sisi prova di essere, di questi tenori del falso e della velina agli ordini della bacchetta imperiale, il rappresentante più prestigioso. Nel suo editoriale, accanto a comici decaduti come Paolo Haendel, ridotti a sfottere gli iraniani che si passerebbero sottobanco le foto “porno” della Venere di Prassitele, il presidente egiziano viene squartato a forza di “Pinochet d’Egitto”, “Videla arabo”, prima ancora che una qualsiasi indagine abbia dato una qualsiasi indicazione concreta (ma basta ripeterlo, Goebbels insegna). Grandi  cultori della legalità e del diritto, capaci di comporre in sé le funzioni di investigatore, pubblico ministero e giudice, con prove e sentenza incorporate ancor prima che il reato venga commesso, la vittima vista, il colpevole individuato..
C’è tutta la destra e tutta la “sinistra” nell’operazione. Entrambe devotissime  ai Fratelli Musulmani, storico strumento del colonialismo contro la rinascita nazionale, laica e socialista dei popoli arabi e, oggi, nelle sue varie derive terroristiche, mercenariato dell’alleanza Nato-Golfo-Israele per quella che dovrebbe essere la disintegrazione definitiva della nazione araba. Due esempi. Acconcia, forsennato satanizzatore di Al Sisi sul “manifesto” e Massimo Fini, disinformato pasticcione e, perciò, rara flor di “intellettuale di destra” che, sul “Fatto”, rilancia invereconde balle sugli abominii di Al Sisi, tratte dalle sacre tavole delle Ong dei diritti imperialisti, detti umani, rafforzate dall’estenuata ripetizione delle nequizie di tutti coloro, infami dittatori laici, che si erano tolto dai piedi l’ingombro coloniale dell’equivalente islamico della teocrazia israeliana. Per lui Morsi, che infliggeva la Sharìa a tutti, vinceva le elezioni trascinandone le donne al seggio a bastonate e ricattando le famiglie con l’assistenzialismo islamico, proibiva gli scioperi e sparava sui manifestanti, era un illuminato e democratico governante.
Dicevamo delle due direttrici. Una è quella del parossismo forcaiolo e apodittico, oltreché ottuso sul piano meramente logico, applicato all’Egitto di Al Sisi con una crocefissione del reo individuato e provato a corpo del povero Regeni ancora caldo. Parossismo di cui “il manifesto” e addirittura mosca cocchiera, tanto sulla prima direttrice, quanto su quella parallela. Che è l’utilizzo di Aleppo e delle vittorie siro-russe per montare una gigantesca disinformazione “umanitaria” sui profughi siriani in fuga. “Il manifesto” (scusate la ripetuta citazione del modesto giornaletto in mano alla lobby, ma purtroppo in certi ambienti, presunti di opposizione, fa ancora opinione) titola “La battaglia di Aleppo e l’odissea delle popolazioni civili – 350mila indesiderati in fuga verso la Turchia”.Bum!
 Il grande flirt
Qui non solo si elevano alla terza o quarta potenza quei 40mila, o 70mila, profughi che, nella versione turca e dei signori cartacei ed elettronici della guerra, si addenserebbero alla frontiera chiusa della Turchia. Canta in coro, il giornale, con la novella Feldmarescialla Kesselring, Angela Merkel, piombata da quelle parti just in time e intrecciatasi col camerata nazisultano Erdogan per rivelarsi al mondo “inorridita per la tragedia inflitta dai russi ai civili siriani” (il raccapriccio della cancelliera di ferro lo citano tutti, chè se è raccapricciata lei, usa a sfottere bambine palestinesi da cacciare di casa in Germania, figuriamoci quanti titoli per raccapricciarci abbiamo noi).
Aleppo come Kosovo
La bufera di vento che da giorni sta piegando minacciosamente i miei cipressi e la mia antenna satellitare, è un lieve zeffiro rispetto al fortunale Regeni-Aleppo, ennesimo rinfocolamento dello scontro di civiltà, stavolta con variante. Non più tra noi civili e i barbari islamici. A costoro ora si cuciono addosso i panni laceri e insanguinati delle vittime formicolanti nelle segrete di Al Sisi e tra le macerie di Aleppo, al cui fianco è doveroso umanitariamente schierarsi. Noi civili contro le turpitudini dei laici Al Sisi e Assad  e del quasi-ancora-di nuovo-sovietico Putin. Ciò che questi scagnozzi, addomesticati dal tengo famiglia, scrivono, o mostrano dagli schermi, sul governo egiziano e su quello di Damasco vale quanto  scrivevano e mostravano su Gheddafi. Rispuntano, in Egitto, le solite screditatissime Ong dei diritti umani e, addirittura, gli stessi blogger del tempo della rivoluzione, poi scoperti infiltrati Cia. E, come al solito, la voce della controparte non c’è, viene annichilita dal ridicolo e dal disprezzo razzista, quando non del tutto taciuta.
Sul presunto uragano di profughi da “Aleppo bombardata da Assad e dai russi”, campagna finalizzata a giustificare l’aggressione Nato-Golfo via terra, rinvio a un documentato articolo di Enzo Brandi da richiedere alla lista No Nato.. A me ha colpito la perfetta ripetizione di quanto avevo visto succedere in Kosovo. Allora dagli schermi ci piovevano addosso decine di migliaia di fuggiaschi laceri e affamati che premevano ai confini di Albania e Macedonia, inseguiti dai pulitori etnici serbi di Milosevic. E non era vero niente. Perfino i civili torturati e assassinati a Racak (affiancabili sia al povero Regeni, sia ai “bambini uccisi dalle bombe-barile di Assad” ad Aleppo), pretesto ultimo per l’attacco alla Serbia, erano una messa in scena dell’osservatore ONU e spia William Walker, con utilizzo di miliziani kosovari caduti in battaglia e successivamente tagliuzzati per risultare seviziati (un falso che equivale a quello di Srebrenica e delle foibe). La famigerata “pulizia etnica” (che ancora sopravvive nei memoriali di Tommaso De Francesco del “manifesto”, insieme all’epiteto di “despota” a Milosevic), l’hanno subita esclusivamente i serbi, cacciati in 300mila dalla terra loro.
Oggi l’immonda farsa si ripete con i presunti profughi di Aleppo ai confini turchi, costruiti dai media per puntare il dito sui bombardamenti russi, tutti sui “civili”, come ormai da settimane risuonano i do di petto degli “Amici della Siria e di Kerry”. E se dal Kosovo ci riempiva di scelleratezze serbe e tragedie albanesi la nota Botteri del Tg3, proprio lì conquistatasi i galloni di corrispondente Rai, fiduciaria della Casa Bianca, qui ci siamo affidati ad altre eccelse professioniste, nuovamente donne (quando mai una donna mente!). Lucia Goracci di Rai News24, Maria Cuffaro, del TG3, snocciolano il rosario dei crimini russi e, oscenamente, ne mettono i grani in bocca a qualche disperato alla ricerca di pagnotta e asilo politico, proprio come la loro sorella maggiore faceva in Kosovo. L’ordine di servizio agli embedded è sempre quello.
Grazie alle sortite dell’aviazione russa, che, dopo un anno di pippe della coalizione occidentale, hanno neutralizzato oltre il 40% del potenziale bellico e logistico del jihadismo dalle varie denominazion, e grazie alla tenuta e alla determinazione dell’esercito arabo siriano, Aleppo è tornata dopo tre anni sotto controllo governativo, con ormai solo residue sacche di Al Nusra e Jaysh al-Islam in periferia. Che però bombardano con mortai e razzi gli abitanti del centro, così che si possa lacrimare per le “vittime di Assad”. Per anni la situazione di Aleppo, come quella del campo palestinese di Yarmuk, ci è stata raccontata da inviati dell’Impero come Ricucci, o Quirico. Centri fatti passare per assediati e affamati dalle forze governative e, invece, occupati dalle formazioni jihadiste, o del Libero Esercito Siriano, che usavano i civili come scudi umani e impedivano che gli arrivassero aiuti. Quelli paracaduti venivano confiscati dalle milizie mercenarie. Un discorso che vale per tante altre città sottoposte a occupazione dai rifiuti umani assemblati dalla Nato in Turchia, Giordania e nel Golfo. Le accuse ad Assad valgono quelle a Gheddafi sul Viagra ai propri soldati stupratori.
Esercito Arabo Siriano libera Rabi’a
 
Siria e Iraq, cambia il vento, ma si avvicina la tempesta
Ora le maggior vie di comunicazione sono state liberate e quelle dei rifornimenti e rinforzi che turchi, sauditi e giordani da anni fanno affluire ai mercenari, sono interrotte.Tra coloro che si ammassano al confine sono molti i terroristi in fuga, mentre gran parte dei loro capi si sono rifugiati in Libia. L’esercito arabo siriano, ormai a pochi chilometri dal confine turco e da quello giordano, può ora concentrarsi sulla roccaforte Isis di Raqqa. Sembra a un passo dalla vittoria e, quanto meno, la situazione sul campo e nei rapporti di forza si è rovesciata. Da qui, il sabotaggio delle “opposizioni” ai colloqui di Ginevra, in attesa che qualche intervento esterno possa rimettere loro e i loro sponsor in condizione di negoziare da posizione migliore. Da qui anche il marasma mediatico che prova a coprire la realtà di una manovra lanciata dalla “comunità internazionale” cinque anni fa, con la certezza di ridurre la Siria in brandelli come la Libia, che appare sull’orlo del fallimento. Tanto più cheun esito analogo si presenta agli smembratori dell’Iraq, dove l’avanzata delle forze lealiste e delle milizie popolari, da Ramadi  e Tikrit liberate verso Fallujah e Mosul, ha messo in grave imbarazzo la Coalizione presunta nemica dell’Isis. Tanto che Washington si è permessa di intimare al governo iracheno lo scioglimento delle forze popolari volontarie, appunto la punta di diamante della lotta all’Isis.
Ramadi liberata
Ora è tutto un correre in aiuto all’Isis e soci, sempre meno mascherato da “lotta all’Isis” e sempre più estremo tentativo di regime change e di alt alla Russia. I sauditi, pur non venendo ancora a capo di uno Yemen macellato e affamato dal blocco navale Nato, ma vigorosamente resistente, addestrano una forza di 150mila soldati provenienti dall’Asia e da vari feudi arabi, ma soprattutto mercenari della nota “Blackwater” statunitense. Vi si aggiungono promesse di truppe da Emirati, Bahrein e Kuweit. Lasciano il tempo che trovano. Miserabili mercenariati demotivati che basta un reggimento siriano a spazzar via. I turchi preparano l’invasione da Nord e intanto, come dimostrato dalle rilevazioni satellitari russe, cannoneggiano le aree di confine sotto attacco siriano. Gli Usa, già presenti insieme a britannici e francesi con i loro squadroni della morte, rinominati Forze Speciali, con reparti militari veri e propri sono penetrati in territorio curdo, dove sappiamo, sempre grazie ai satelliti russi, che stanno ingrandendo un aeroporto da cui decollare più agevolmente che non dalle lontane basi in Turchia e nel Golfo. La temuta conflagrazione generale, cui puntano i funamboli dementi del Nuovo Ordine Mondiale, pare avvicinarsi.
I curi, che fanno i curdi?
E i curdi? A che gioco stanno giocando? Si fanno sostenere dai russi contro l’Isis, ma anche dagli americani. Combattono contro Daish insieme a forze siriane che, però, si dicono all’opposizione di Assad. E ora hanno concesso nientemeno che un aeroporto agli Usa. Conosco bene i curdi iracheni, meno quelli siriani e per niente quelli turchi che, però, mi sembrano, pur nella defezione del loro capo storico imprigionato, Ocalan, ormai disposto a un accordo qualsiasi con Erdogan, i più coerenti e con le ragioni più valide. Il regime fascistoide e stragista del megalomane neo-ottomano, Fratello Musulmano e padrino e ufficiale pagatore dell’obbrobrio Isis, non può non portare le persone di buona volontà a schierarsi dalla parte della resistenza armata di un popolo decimato da decenni..
Dalla caduta dell’Iraq libero, il Kurdistan iracheno è il feudo di un capoclan, Massud Barzani, figlio del mitizzato Mustafa, contrabbandiere al servizio della Cia e manovratore terrorista contro l’unità del paese.Sotto tutela israeliana, la regione è alla mercè di un tiranno corrotto, narcotrafficante, che controlla a forza di massacri le continue rivolte di una popolazione stremata. Le infrastrutture avviate dal governo di Saddam, scuole, strade, università, ospedali (ricordo di aver percoso nel 1979 una nuova strada di montagna lunga 70 km, da Irbil a villaggi storicamente isolati, scavata nella roccia dall’esercito iracheno nel giro di 6 mesi), giacciono abbandonate e dilapidate, mentre la fortuna del clan al potere, che ha agevolato uno spaventoso land grabbing israeliano, si rispecchia nella miseria diffusa della popolazione. I Peshmerga, celebrati combattenti curdi, non sono che la guardia pretoriana del presidente-padrone. Il loro principale impiego è stato nell’espansione del 50% del territorio originario curdo attraverso la pulizia etnica della maggioranza araba a Kirkuk e verso Mosul e l’occupazione di aree sottratte all’Isis e in cui hanno impedito agli arabi di tornare. Immagini satellitari hanno mostrato la distruzione, per mano curda, di decine di villaggi arabi nelle provincie di Niniveh, Kirkuk e Dyala. Sono migliaia i profughi arabi di queste zone, ma non godono del privilegio dell’attenzione della stampa e dell’indignazione della Merkel..
Mosul, seconda città irachen, totalmente araba, al momento è occupata dall’Isis. Ma siccome, nel piano di smembramento dell’Iraq tra curdi, sunniti (Isis) e sciti, Mosul parrebbe assegnata ai curdi, il portavoce Usa della Coalizione anti-Isis, Brett Magrec, si è premurato di annunciare, il 10 febbraio, l’imminente attacco a Mosul dei peshmerga sostenuti dalle sortite della Coalizione. Cosa che rinnova la frizione tra Ankara e il resto della Coalizione. Erdogan, pur disponibile verso un Kurdistan iracheno che non rompa le palle in Turchia e stia a cuccia nel Nuovo Medioriente ottomano-atlantico-wahabita, non vorrebbe cedere un polo militarmente ed economicamente strategico come Mosul e perciò ha invaso il paese e ha fatto occupare dal suo esercito una base militare a nord della città.
Bandiere curde e bandiere dei ratti insieme
Un espansionismo armato, al pari di quello in atto nell’Iraq da smembrare, viene praticato, per scopo affine, dai curdi siriani, anche qui con il sostegno degli Usa. La situazione è meno limpida che in Iraq. Se è vero che reparti curdi in Siria combattono l’Isis con l’assistenza aerea dei russi, è anche vero che i curdi dell’YPG hanno concesso all’aeronautica Usa l’aeroporto di Rmeilan, nel Nordest siriano sotto loro controllo, ma che fa parte della provincia araba di Hasakah. L’aeroporto, diventato prima base statunitense in Siria, ha un grande valore strategico: avvicina le piste di decollo degli aerei Usa ai loro obiettivi (jihadisti? Siriani?) ed è collocato al margine di importanti giacimenti e impianti petroliferi.
Il 15 ottobre scorso si è costituita una strana alleanza tra curdi  dell’YPG e siriani che si dichiarano di opposizione ad Assad (e come tali hanno chiesto un seggio al tavolo dei negoziati). Si chiama “Forze Democratiche Siriane” (SDF), comprende una quindicina di fazioni, tra cui il Libero Esercito Siriano e 500 combattenti stranieri, come comunicato da un suo portavoce,Taj Kordsh, che ha anche detto che “la base Usa servirà a rifornirci di armi e a permettere operazioni dell’aeronautica americana”. Fotografie satellitari russe danno la misura del prolungamento delle piste di Rmeilan.
Questo potenziamento delle capacità operative dei bombardieri Usa coincide con la ripetute richieste a Mosca, di John Kerry e del caporale di giornata Nato Stoltenberg, di sospendere gli attacchi aerei “perché stanno minando gli sforzi per trovare una soluzione politica e provocano l’alluvione di profughi in Europa”. Pensando a chi ha combinato tutto l’ambaradan siriano, da 5 anni a questa parte, prima con Al Nusra, poi con l’Isis, verrebbe da dire che questi, come la Merkel, come Erdogan, il terminator che è arrivato a dichiarare la Russia responsabile della morte di 400mila siriani, e tutti i loro sguatteri mediatici, hanno la faccia come il culo. Rimane l’interrogativo, l’YPG curdo che combatte sotto copertura aerea russa è d’accordo con l’YPG che spiana la strada all’intervento diretto Usa?
Comunque, liberando un po’ per volta il paese, la triplice Esercito Arabo Siriano, Forze Popolari e aeronautica russa  sta strappando l’osso dalle zanne di chi aveva iniziato a strappare brani al corpo della Siria. C’è  rischio di contagio. Non per nulla il Pentagon ha proposto a Obama un piano per la costruzione di una catena di basi militari dall’Asia sud-occidentale (Pakistan) attraverso il Medioriente, fino nel cuore dell’Africa (Niger, Camerun e altri), ognuna con reparti di pronto intervento da 500 a 5000 effettivi. Lo richiede, ha detto Ash Carter, la proliferazione dell’Isis in tutti questi paesi. Così l’amministrazione Usa, dopo aver speso un occhio della testa dei suoi contribuenti per creare, diffondere e mantenere in piedi lo “Stato Islamico”, ora si prepara a impegnare altri 500 miliardi per serrare il controllo sui paesi coinvolti, fingendo di combattere i tagliagole.
La domanda da farsi ai filo-curdi, e anche al “partigiano italiano Karim”, magnificato sui media per essere andato a combattere a Kobane, sarebbe questa: a che gioco giocano i curdi? Al partigiano Karim aggiungerei la domanda: “Perché diavolo non sei andato a combattere con i patrioti siriani, altrettanto impegnati per la libertà, l’uguaglianza, la giustizia sociale, i diritti delle donne, la patria, ma che, diversamente dai curdi, non hanno neanche il conforto  di un’opinione pubblica simpatizzante, di destra e sinistra?”.
Guardate un po’ cosa mi è arrivato via “Change.org”. E, soprattutto guardate quanti amici del giaguaro si trovano tra gli utili idioti che hanno firmato. E poi riparliamo di Egitto.
Ciao Fulvio,
mentre l’autopsia sembrerebbe confermare la pista dell’omicidio politico, gli amici di Giulio Regeni – il dottorando 28enne ucciso al Cairo alcuni giorni fa – chiedono che sia impiegato “ogni mezzo possibile per far luce sulle circostanze dell’uccisione”.
“Giulio ha pagato per aver messo a disposizione la sua esperienza, raccontando e traducendo da un contesto a un altro. Questo non deve succedere”.
Ora tutti conoscono Giulio: aveva 28 anni ed era un dottorando dell’Università di Cambridge. Dal Cairo, dove si trovava da settembre per condurre la sua ricerca sull’economia egiziana nell’era post Mubarak, raccontava quello che accadeva in Egitto.
Il 25 gennaio 2016, giorno dell’anniversario dell’inizio delle manifestazioni che hanno portato alla deposizione del presidente Mubarak, Giulio è scomparso. Il suo corpo è stato rinvenuto giorni dopo, nei sobborghi del Cairo, con evidenti segni di tortura.
Giulio rappresenta tutti quei giovani che hanno scelto di indagare il contesto in cui viviamo, con passione, curiosità e spirito critico, per comprendere e conoscere ciò che viene proposto come lontano e diverso. Per questa ragione è nostro dovere ricordare i motivi che hanno spinto Giulio, come tanti altri, a mettere a disposizione di tutti una lettura delle dinamiche che determinano la qualità della nostra convivenza, in un ambiente che si presuppone essere sicuro – quello accademico. Si tratta degli stessi motivi che vogliono garantire la crescita e il mantenimento di una cittadinanza mediterranea e universale, pensata per contribuire alla pace, alle libertà e allo sviluppo di tutti i popoli del comune mare.
L’omicidio di Giulio vuole scoraggiare ogni possibile relazione tra donne e uomini che vivono su sponde diverse del Mediterraneo, andando così ad aumentare il divario tra confini autoimposti, con l’intento di minacciare la possibilità, per tutti, di calarsi in realtà solo apparentemente diverse e non collegate fra loro. Con tale azione violenta si vuole mettere in discussione la libertà di parola, di pensiero e di movimento: è un deliberato atto di soppressione dello stupore e della curiosità umane, perché ritenuti dannosi.
In questo contesto è necessario che i governi di appartenenza, così come le istituzioni accademiche, siano in grado di garantire l’incolumità di tutti coloro che, per il raggiungimento dei propri obiettivi umani e professionali, abbiano la necessità di recarsi in zone a rischio: Giulio ha pagato per aver messo a disposizione la sua esperienza, raccontando e traducendo da un contesto a un altro. Questo non deve succedere.
Per tale motivo, pur coscienti dei limiti dell’esercizio di retorica, chiediamo alle autorità tutte – ai governi egiziano e italiano e all’Unione Europea – di impiegare ogni possibile mezzo per far luce sulle circostanze dell’uccisione di Giulio Regeni.
Link consigliati:
Gli Amici (Giovanni Parmeggiani, Stefania Villanacci, Eleonora Bacchi, Esther Amoròs Berna, Shady Alshhadeh, Pilar Lopez, Claudia Morini, Patricia Belmonte Cerdàn, Lucas Ivorra, Loli Sànchez Lozano, Marco Basile, Allison Blahna, Fabio Rollo, Julie Rubino, Islam Elshaarawy, Jesse Chappelle)
Shady Hamadi, Massimo Cozzolino, Karim Metref Abdallah, Pierfrancesco Majorino,Farid Adly, Davide Piccardo, Nabil Bey, Lorenzo Declich, Giuseppe Acconcia, Alessandro Di Rienzo, Elena Chiti, Rita Barbieri, Doris Zaccaria, Rosa Schiano, Rana Alnasr, Egidio Giordano, Maria Teresa Cudemo, Lorena Matteo, Alfredo Manfredini Bohm, Pietro Sabatino, Chiara Crispino, Luisa Ambrosio, Roberta Carvone, Federico Manes, Roberto Trisciani, Libera D’Amato
   
Pubblicato da alle ore 18:25