La grande rabbia dei ribelli “Noi, picchiati e insultati”

IL RACCONTO. Il raid nelle parole di chi c’era
Gli agenti: “Abbiamo fatto quello che ci è stato ordinato”

dal nostro inviato NICCOLÒ ZANCAN

VENAUS – La signora Donata Martelli è caduta di schiena nell’erba ghiacciata: “Per pietà, fermatevi”. Era una notte di stelle, limpidissima. Gli agenti avevano un incarico assegnato: “Dovete riprendere il controllo del territorio”. Si sentiva il rumore degli anfibi sull’ultimo tratto di strada asfaltata. Urla e trattative: “Abbiamo le mani alzate, non vedete? Smettetela!”. Piedi nel fango. Rumori di scudi. “I fotografi qui non possono stare”, gridavano i poliziotti. Forse avrebbero preferito che non vedessero certe scene. 

Come quando hanno continuato a prendere a calci la signora che chiedeva aiuto: “Ho 45 anni, vivo a San Didero, sono madre di due figli e ho sempre lavorato. Mi urlavano: “Si rialzi!”. Ma intanto mi colpivano”. Oppure quando un ragazzo di 23 anni di Susa, già fermato e ammanettato perché aveva tolto il casco a un agente, è stato portato via da tre poliziotti. E uno di loro, ancora usava il manganello lungo la strada. 

C’era molta preoccupazione fra gli agenti. Molta stanchezza, forse. Perché a un certo punto è stato colpito anche il signor Silvano Borgis, 65 anni, operaio in pensione, presidente dell’associazione alpini di Bruzolo. È stato manganellato allo bocca dello stomaco, si è accasciato ma è rimasto cosciente. La signora Patrizia Triolo, 39 anni, impiegata della Valsusacar, è stata la prima ad essere travolta. Era lì con la giacca a vento, un po’ goffa per il collare che deve portare dopo un incidente stradale: “Ho cercato di proteggermi con le braccia, ma non ho fatto in tempo”. Piangeva col sangue sulle labbra: “Cosa ho fatto di male?”. 

 

Alessandro Contaldo, il fotografo di Repubblica, stava facendo il suo lavoro: “Istintivamente ho protetto la macchina fotografica al petto. Un poliziotto mi ha tirato cinque manganellate sulla schiena. Io urlavo: “Sono un fotografo”. E lui: “Benissimo, andiamo a controllare i documenti”. Ma mi stava trascinando verso una zona completamente buia. Per fortuna ho incontrato un ispettore che mi ha riconosciuto”. 

Alle 3,40 del mattino la polizia si è ripresa la valle. Senza preavviso: “Abbiamo fatto quello che ci è stato ordinato”. Dopo sette giorni di tregua e trattative fallite, lo ha fatto con un’azione militare durata venti minuti. Seicento agenti contro centocinquanta manifestanti. “In questi casi purtroppo si verificano sempre degli incidenti – diceva il capo della Digos di Torino, Giuseppe Petronzi – è fisiologico. Direi che comunque sono stati contenuti”. 

Alcuni agenti del reparto Mobile di Bologna e Firenze però hanno perso il controllo. Uno di loro brandiva due manganelli e colpiva a casaccio. Altri hanno preso a calci tre manifestanti che dormivano sotto una tenda. Un uomo di quarant’anni cercava di fuggire inciampando nel suo sacco a pelo. E poi, nella confusione, c’era Alessio Meyer, 22 anni, studente universitario di Susa, che barcollava e si teneva la testa fra le mani: “Stavamo indietreggiando a braccia alzate, laggiù vicino alla ruspa della polizia. Mi hanno colpito tre volte, ho visto donne e anziani travolti. Ho visto un agente, in piedi sul caterpillar, che gridava: “Vi schiacciamo tutti!””. 

Alle quattro del mattino sono arrivate le autoambulanze. La gente era ammucchiata in tre punti diversi del pianoro, tenuta sotto controllo da cordoni di polizia e carabinieri. Il parroco di Venaus suonava le campane della chiesa per chiamare tutti a raccolta. E Nilo Durbiano, il sindaco del paese, sempre più solo, sempre più livido, diceva: “Quello che successo è gravissimo. Per la dignità delle persone e per la democrazia”. 

La serata al presidio di Venaus era stata quasi allegra. Panini al formaggio, vino rosso, musiche, fuochi. Una televisione sempre accesa per sentire le ultime notizie. Il bollettino del settimo giorno di resistenza era attaccato sulle pareti della baracca della Pro-Loco: “Tempo sereno, neve che si scioglie, crescita fangosa con rischio di impantanamenti. Munirsi di scarpe pesanti, guanti, sciarpe e giacche impermeabili. Il sunto: affari poco trasparenti, profitti e uso delle forze dell’ordine. Non è giusto quello che stanno cercando di fare”. Lele Rizzo, uno degli autonomi che da sette anni fa parte integrante della protesta contro la Tav, diceva: “Mi auguro che abbiano capito che usare la forza contro questa gente sarebbe un errore gravissimo. Per certi versi, sarebbe un favore enorme al movimento”. 

Il favore è arrivato con i lampeggianti azzurri dei blindati e le torce nei boschi. Nessun arresto fra le frange eversive, però: ieri notte non c’erano. C’era il metalmeccanico Emilio Montaldo, 27 anni, nato e cresciuto a Susa, sdraiato in barella: “Stavo bevendo un bicchiere di vino, mi hanno gettato contro la finestra del presidio”. All’alba, resti di barricate e facce stravolte. Intorno al nuovo cantiere della Tav, una rete di plastica arancione. 

(7 dicembre 2005)

Iran: i raid di Francia e Gran Bretagna in Siria sono illegali senza il sì di Damasco

4 dicembre 2015. — Medio Oriente
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La decisione di Gran Bretagna e Francia di combattere l’Isis sarebbe legittima, in relazione alla legge internazionale, solo se fosse presa in coordinamento con il governo siriano. Lo ha sottolineato il viceministro irianiano Hossein Amir-Abdollahian. La ragione del successo dell’Iran e della Russia nella lotta la terrorismo in Siria, ha detto ancora il viceministro all’Irna, sta proprio nel coordinamento con il governo e l’esercito siriano.

L’esponente del governo ha anche annunciato che il prossimo incontro multilaterale di Vienna sulla crisi siriana si svolgerà in due-tre settimane ed entrerà più nel merito del rafforzamento della lotta al terrorismo e delle strategie politiche per la Siria. Amir-Abdollahian ha infine avvertito che incontri separati sulla Siria in Arabia Saudita e Giordania sarebbero in violazione dell’accordo fatto tra i Paesi che partecipano agli incontri di Vienna, e condurrebbero al fallimento degli sforzi diplomatici in corso a Vienna, che sono l’unica possibilità di una soluzione.

L’AFFAIRE ‘AFRIQUE MEDIA VS CNC’ REBONDIT A NOUVEAU : NOMME PRESIDENT DU CNC PETER ESSOKA MAINTIENT LA SUSPENSION D’AFRIQUE MEDIA !

Luc MICHEL pour les COMITES AFRIQUE MEDIA/

Avec Médias camerounais/ 2015 12 05/

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JSAM - CNC vs AM rebondit (2015 12 05) FR

ROUND 1.

PAUL BIYA NOMME PETER ESSOKA PRESIDENT DU CONSEIL NATIONAL DE LA COMMUNICATION …

Peter Essoka, président du Conseil national de la communication (Cnc) du Cameroun, a tout juste été confirmé aux fonctions qu’il exerçait depuis 18 mois, au lendemain du décès de Mgr Joseph Befe Ateba, le président de cette instance de régulation. En effet, Peter Essoka avait alors pris les commandes, tout est demeurant le vice-président du Cnc ; jusqu’à ce 27 novembre 2015 où il a été élevé au poste de président par décret du chef de l’Etat.

«  Devenu le président du Cnc, Peter Essoka, voit son pouvoir renforcé, lui qui, en octobre dernier, a adressé une fin de non recevoir au ministre de la Communication, en lui réitérant que le Cnc n’est pas sous sa tutelle, mais sous celle des services du Premier ministre », estime un analyste camerounais. Dans une lettre, le ministre Issa Tchiroma demandait au vice-président du Cnc de lever la suspension de la chaîne Afrique Media qui n’a jamais voulu s’exécuter depuis la sanction prise le 4 juin 2015 par le Cnc. Essoka avait alors placé sous scellés les bureaux de cette chaîne à Yaoundé et Douala. Mais Afrique Média a continué d’émettre depuis le Tchad. Il n’était donc « pas question pour le Cnc de lever une sanction qui n’a jamais été exécutée », même si la période d’un mois est dépassée depuis le 4 juillet.

ROUND 2.

POUR LE CNC SI LA TELEVISION PANAFRICAINE AFRIQUE MEDIA CONTINUE D’EMETTRE, C’EST DANS L’ILLEGALITE QU’ELLE LE FAIT !

S’en suit un nouveau rebondissement inattendu dans l’Affaire CNC vs AFRIQUE MEDIA (comme si le but était en fait de déstabiliser AFRIQUE MEDIA sur un long terme, d’entraver son développement) !

Pour le Conseil National de la communication, « si la télévision panafricaine Afrique Media continue d’émettre, c’est dans l’illégalité qu’elle le fait ». Au sortir de l’assemblée générale extraordinaire du Conseil National de la communication (Cnc) ce jeudi à son siège, à Yaoundé, son nouveau président Peter Essoka a déclaré « que la chaîne reste suspendue ». Il l’a fait après que « le conseil se soit entretenu avec un envoyé de cet organe sanctionné depuis six mois. Les membres du Cnc n’ont pas été convaincus par le propos de leur invité ». D’où ces propos de Peter Essoka au sortir de l’assise: « le représentant d’Afrique media a fait cette transaction mais le conseil a trouvé que ces déclarations n’étaient pas engageantes. On lui a conseillé d’aller voir son directeur général avant de revenir au Conseil. Jusque-là la suspension se tient ».

Le Conseil National de la Communication a décidé de suspendre Afrique Media à cause de soi-disant accusations portées sur ses antennes contre la France et les Etats-Unis d’Amérique. L’organe de régulation du secteur de la communication décriait alors « des confusions préjudiciables entre liberté d’opinion et les atteintes à la dignité des personnes ». Courant août, des scellés avaient été apposés sur les locaux de la chaîne à Yaoundé et Douala. En réponse, son promoteur avait «exilé» sa télévision au Tchad et en Guinée Equatoriale. Et le peuple camerounais s’était mobilisé pour AFRIQUE MEDIA. Puis, le 02 octobre 2015, le Ministre de la Communication Issa Tchiroma Bakary, ordonnait au Cnc la levée de la sanction au motif « qu’Afrique media avait purgé sa peine ». Ce que n’a pas apprécié le Conseil qui par la voix de son président intérimaire Peter Essoka s’opposait, soutenant qu’il revient à son organe et à lui seul de prendre ce type de décision. « Le Ministre de la Communication n’a aucune autorité sur le Cnc parce que nous sommes un organe indépendant…Le Cnc n’a pas levé les sanctions d’Afrique Media, donc elle reste fermée ».

Affaire à suivre, voici à nouveau AFRIQUE MEDIA dans la tourmente.

Les COMITES AFRIQUE MEDIA doivent être vigilants …

Luc MICHEL

Coordinateur international des

COMITES AFRIQUE MEDIA

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‘POUTINE ACCUSE ERDOGAN D’ACHETER LE PÉTROLE DE DAESH’. L’ANALYSE DE LUC MICHEL SUR RADIO IRIB

EODE Press Office/ 2015 12 05/

 Luc MICHEL interviewé par le journaliste iranien Ahmad Nokhostine

sur la Radio iranienne francophone IRIB ce 5 décembre 2015 …

EODE PO - LM sur IRIB erdogan criminel (2015 12 05)   FR

‘POUTINE ACCUSE ERDOGAN D’ACHETER LE PÉTROLE DE DAESH’.

L’ANALYSE DE LUC MICHEL SUR LA RADIO IRANIENNE FRANCOPHONE IRIB

IRIB : « Poutine accuse Erdogan d’acheter le pétrole de Daesh …

La parole est à Luc Michel, grand spécialiste de géopolitique ».

 * podcast audio sur

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EODE PRESS OFFICE

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NOUVEL ATTENTAT TERRORISTE DE BOKO HARAM AU LAC TCHAD !

Luc MICHEL pour PANAFRICOM/

Avec AFP – PCN-SPO/ 2015 11 06/

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PANAF - LM attentat lac Tchad (2015 12 05) FR

Au moins 27 personnes ont été tuées et plus de 80 blessées samedi dans un triple attentat-suicide commis sur le marché de Loulou Fou, une île tchadienne du lac Tchad, a-t-on appris de source sécuritaire à N’Djamena. “Trois kamikazes se sont fait exploser dans trois endroits différents au marché hebdomadaire de Loulou Fou dans une île du lac Tchad”, a indiqué à l’AFP sous couvert d’anonymat une source sécuritaire, ajoutant que ces explosions ont “fait 30 morts, dont les trois kamikazes, parmi la population civile et plus de 80 blessés.

Depuis des mois, le groupe Boko Haram multiplie les attaques et les attentats-suicides sur les villages tchadiens du lac, situés à quelques kilomètres de la frontière avec le Nigeria. L’attaque la plus meurtrière sur les rives tchadiennes du lac s’est produite le 10 octobre. Un triple attentat à l’explosif commis par des kamikazes à la sous-préfecture de Baga Sola s’était soldé par 41 morts et 48 blessés, selon le gouvernement tchadien.

LE LAC TCHAD SOUS ETAT D’URGENCE

Le lac Tchad est partagé entre Nigeria, Niger, Cameroun et Tchad. Même si sa superficie se réduit d’année en année en raison du réchauffement climatique, il abrite une multitude d’îles et îlots peuplés de pêcheurs, et ses abords sont rendus difficiles par une végétation dense, ce qui facilite les infiltrations des islamistes de Boko Haram en territoire tchadien pour y mener des attaques.

Cette région avait été placée le 9 novembre par le gouvernement tchadien sous le régime de l’état d’urgence, à la suite de précédents attentats-suicide perpétrés par les islamistes nigérians de Boko Haram, groupe qui a rallié l’organisation de l’Etat islamique (EI).

Depuis le début de l’année, l’armée tchadienne est engagée dans une opération militaire régionale contre Boko Haram dont les raids et attentats se sont étendus au-delà du nord-est du Nigeria, son fief historique, vers les pays limitrophes: Tchad, Niger et Cameroun. Cette offensive a infligé de sérieux revers au groupe, mais les insurgés mènent toujours des attaques dans la région et se servent du lac comme lieu de repli.

Luc MICHEL / PANAFRICOM

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No Tav: l’inizio dell’8 dicembre

Il venerdì era l’inizio poi martedì 8 sarà la festa. Una passeggiata pacifica ma il nervosismo delle forze in divisa ha creato lo scontro con i No Tav

di Valsusa Report.

Sono tanti si dirigono prima a  per il consueto apericena del venerdì, un dispositivo numeroso di forze in divisa li attende. Nella mattina,  già alle 10, le grosse gru del cantiere impedivano ai proprietari terrieri e ai vignaioli di poter fare le attività di campagna nei loro fondi. La strada che porta alle frazioni di Ramat (da qualche mese già senz’acqua,  come preventivato dal progetto esecutivo del tunnel) viene chiusa, probabilmente per tutte le manifestazioni di questo ponte dell’Immacolata.

Il gruppo NPA  invece prende i sentieri da Giaglione e decide di passare la giornata in Clarea. Dura poco la permanenza a ridosso del cantiere-fortino arriva l’ordinanza del Prefetto di Torino Basilone che vieta la permanenza intorno alla zona presidiata per 300 metri, chi si trova nella zona o va via o incombe nel reato penale 650. Il non rispetto della zona rossa vede così mietere le prime vittime, 4 NPA presenti nei loro terreni di proprietà vengono presi con un ingente numero di antisommossa e portati a Bardonecchia, denunciati dopo qualche ora si trovano insieme agli altri per la passeggiata notturna lanciata nel programma della  dell’8 dicembre.

Partono puntuali da Giaglione, sono tantissimi, tra loro anche amministratori della Valsusa “vogliamo essere presenti perché è importante ricordare che quel treno non lo vogliamo” ci dice Richetto consigliere a Bussoleno. Come media, presente solo Il Fatto Quotidiano con due giornalisti oltre a noi. La passeggiata parte, la gente della valle di ogni età ed estrazione sa che ad attenderli c’è un dispositivo ampio e numeroso, lo sbarramento con i famosi betafence muniti di griglie alte 4 metri sbarra il passaggio già lontano dal cantiere, che per le feste non lavora. Partono ed intonano i loro cori lungo la strada delle Gallie, a metà è appesa l’ordinanza prefettizia i No  decidono insieme di proseguire verso il cantiere-fortino. Girano all’ultima curva prima della deviazione per i sentieri alti, c’è la polizia in antisommossa, sparano una raffica di lacrimogeni sui primi che spuntano. Il clima diventa subito chiaro a tutti, insulti reciproci poi i No  decidono di andare avanti, “oramai in 4 anni di soprusi c’è già una certa abitudine a questi metodi”, ci dicono i più anziani.

Vanno avanti, avevano deciso di impegnare le forze in divisa per l’intera notte, arriva il cammion, il minestrone e il vin brulè, torce ad illuminare la strada e bidoni con il fuoco per riscaldarsi, un clima pacifico per i No Tav. Di parere opposto i comandanti dei repartini ed iniziano a più riprese lanci di lacrimogeni adosso alle persone, proprio lì dove il fuoco riscalda nella notte. Alcuni più giovani si fanno avanti nel sentiero che sale e costruiscono con dei tronchi una barricata che difende dai tiri diretti dei fucili per lacrimogeni al cs. Ma il tiro diretto nel buio del bosco si ritorce anche contro agli attaccanti, nel buio i colpi, alle volte, rimbalzano e vanno ad esplodere ai piedi dei repartini.

Dal lato Giaglione vicino al betafance sul tavolo le cibarie, presente già il panettone natalizio, qualcuno installa l’amaca e si prepara per la notte, vicino al bidone stufa si intrecciano racconti e scambi  d’amore con le forze in divisa. Ad un certo punto, alcuni No Tav decidono di passare lo sbarramento imposto dal prefetto, si arrampicano sui muretti sovrastanti e si calano a contatto con le forze in divisa, subito tutto si anima, dai pulmini scendono in tanti,  di qua i No Tav si appoggiano alle grate, pochi minuti e i due No Tav vengono spinti oltre la linea degli scudi,  avanza l’idrante ed inizia un continuo lancio contro la gente, non si ferma fino a quando il fuoco del bidone stufa è spento. I No Tav che ignari della reazione spropositata non sono riusciti ad allontanarsi in tempo sono bagnati fradici e con l’unico riscaldamento spento, inizia a nevicare. I due No Tav vengono portati via.

Si va avanti così per buona parte della notte, alla mattina intorno alle 4 il sopraggiungere di ingenti forze in divisa nel bosco non promette niente di buono, di lì a poco parte l’attacco dal sentiero più alto, i No Tav vengono tagliati in due, una parte ripara verso Giaglione,  l’altra rimane nel pezzo di strada che va verso Chiomonte.  Due ragazzi restati ultimi vengono portati dietro le linee della polizia, raggiungono così gli altri del lato Giaglione. La ventina di No Tav decide di ricongiungersi con gli altri ma al contatto con la polizia e i finanzieri presenti sulla strada, vengono minacciati di identificazione, “di qui non passate dobbiamo identificarvi, aspettate 5 minuti che arriva la scientifica”, sembra un fim di altri tempi, ma non è così. Una breve riunione che mette in evidenza l’arroganza con cui si impone il gesto a persone già ampiamente conosciute da almeno 4 anni, se non di più, pensando a Nicoletta Dosio, (sempre presente tra gli irriducibili), impone la dignità della decisione è i No Tav tornano indietro, un gruppo decide la via dei sentieri provando così  un aggiramento, gli altri avrebbero potuto passare se loro capivano il gesto. Nulla di fatto non si sono accordi che i No Tav se ne erano andati. Il resto rimane così per la mattina aspettando l’arrivo del nuovo corteo previsto per il pomeriggio.

L’arrivo del corteo fa si che le forze in divisa si spostino dinuovo sul sentiero in alto da dove la sera prima sparavano i lacrimogeni. Alberto Perino, già presente nella prima mattinata, conduce il corteo fino a salvare i No Tav restati a presidiare il territorio, un po di battitura e si torna tutti insieme a  per mangiare la squisita polenta e rivivere tramite i filmati l’8 dicembre di 10 anni fa.

V.R. 5.12.15

NoTav, scontri con la polizia in Val Clarea. Lacrimogeni lanciati ad altezza uomo

‘Ieri sera i gas lacrimogeni hanno invaso la Val Clarea, dove si sta scavando una galleria di servizio della Tav Torino-Lione. Circa 200 NoTav si erano dati appuntamento a per passare la notte davanti alla reti del cantiere. Avevano con loro i “pintoni di rosso” e la legna per i falò. Ma ben presto è salita la tensione tra manifestanti e forze dell’ordine. Gliscontri sono andati avanti fino alle 4 del mattino, almeno due NoTav sono stati fermatidalla Polizia, gli altri sono stati dispersi con il lancio, diversi ad altezza uomo, di lacrimogeni

10 anni di battaglie in Val Susa: ora e sempre #NOTAV

http://www.beppegrillo.it/2015/12/10_anni_di_battaglie_in_val_susa_ora_e_sempre_notav.html

“In Valsusa, la valle che resiste da oltre vent’anni, nel 2015 si celebra un importante decennale: quello della riconquista da parte dei cittadini del territorio di Venaus quando decine di migliaia di cittadini hanno ripreso i territori sottratti per l’opera inutile della TAV. Era l’8 dicembre 2005. 
In seguito a quegli eventi, nacque qualcosa di straordinario: la lotta No-TAV divenne un simbolo per l’Italia intera, al punto che tanti di quegli attivisti sono oggi nelle istituzioni riuscendo ogni giorno a mettere in discussione un’idea di sviluppo legata solo alla distruzione del bene comune. 
L’8 dicembre 2015, a Susa, con una grande manifestazione vogliamo ricordare l’emblematica Resistenza di questa valle e l’indomabile coraggio dei suoi abitanti. Vi aspettiamo, perché da quel lontano 2005 ad oggi siamo ancora e sempre tutti valsusini.” M5S Parlamento

ELECTIONS REGIONALES FRANCAISES :

# PCN-NCP / 

ABSTENTION REVOLUTIONNAIRE !

Communiqué du Bureau politique européen du PCN-NCP/

2015 12 06/

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PCN-NCP - CP régionales françaises (2015 12 06) FR  (1)

Nous ne tomberons pas dans le piège du parlementarisme bourgeois surtout dans une période préparatoire de l’application d’un “Patriot Act” européen où toutes les dissidences, toutes les oppositions à l’Atlantisme et au « parti américain » en Europe vont se voir soumises à la répression au nom de la “protection de la démocratie”.

 Pas une voix pour le Système !

Pas une voix pour les partis de l’ordre occidental, de l’extrême-droite à l’extrême-gauche, tous unis dans la même combine parlementariste , tous complices !

Le Parlementarisme bourgeois est tout sauf la « démocratie » ou la « République », dont il usurpe le nom.

 

Ne tombez pas dans la propagande du Régime bourgeois et du Système américanisé qui vous dit que « s’abstenir ce serait perdre sa voix ». Lorsqu’une majorité de citoyens cessera d’aller voter, alors la fin du régime sera proche. Car il perdra toute légitimité et ne représentera plus qu’une légalité usurpée. En France, le régime et ses partis PS-LR-FN-FDG-PCF-VERTS ne représente déjà plus qu’un français sur deux …

 PCN-NCP - CP régionales françaises (2015 12 06) FR  (2)

QUE FAIRE ?

 Le Système n’est pas assez en décomposition pour revenir sur un terrain électoral qui ne pourra qu’être une Tribune. C’est en dehors du Système qu’il faut s’organiser. Former les cadres pour demain, c’est ce que nous devons faire.

C’est ce à quoi veut s’employer le PCN. Et nous en appellerons bientôt à tous les volontaires pour rejoindre nos projets que nous vous exposerons prochainement (et vous présenter nos nouveaux médias). Non, opposants au Système, vous n’êtes pas seuls. Le PCN est là et vous appelle à le rejoindre pour ensemble former les cohortes de l’Europe Combattante, celles de La Cause Des Peuples !

 Pour le Bureau politique européen du PCN,

Luc MICHEL, président et Fabrice Beaur, secrétaire-général.

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SUR AFRIQUE MEDIA TV/ LE DEBAT PANAFRICAIN DE CE DIMANCHE 6 DECEMBRE 2015 : LE PROGRAMME COMPLET

Vers 14H30 (Douala/Ndjamena/Malabo) et 14H30 (Bruxelles/Paris/Berlin)…

Présentée par Alain-Michel Yetna depuis Douala

Duplex avec Ndjamena

En direct sur streaming sur http://lb.streamakaci.com/afm/  

AMTV - DEBAT PANAF. du 6 dec (2015 12 06) FR (1)

Avec les panelistes,

Jan Vanzeebroeck  (correspondant Benelux)

Et le géopoliticien Luc MICHEL en duplex TV depuis Bruxelles (avec EODE-TV)

LES THEMES DE L’EMISSION DE CE 6 DECEMBRE

AMTV - DEBAT PANAF. du 6 dec (2015 12 06) FR (2)

Le retour des CORRESPONDANTS :

 * Jan VANZEEBROECK (Benelux) depuis Bruxelles.

LIBAN : un état bien oublié, lui aussi victime du terrorisme djihadiste et entraîné dans la crise du grand voisin syrien.

* Luc MICHEL depuis Bruxelles.

LA GEOPOLITIQUE DERRIERE LE SOMMET CHINE-AFRIQUE : Les arrière-plans géo-économique et géopolitique du Sommet de Johannesbourg, Pékin entend relier son grand projet géo-économique de la « route de la soie » à l’Afrique et unir les trois continents Afrique-Asie-Europe (de Vladivostok à l’Atlantique).

Luc MICHEL analysera les racines historiques et la vision géopolitique qui sous-tend ce vaste projet, dans lequel il voit la concrétisation du grand concept géopolitique qu’il a lui-même défini début 2014 : l’AXE EURASIE-AFRIQUE, l’alternative géopolitique du futur, unifiant vers 2050-2100 les deux continents dans un seul BLOC GEOPOLITIQUE ET GEO-ECONOMIQUE. Il expliquera aussi comment ce projet est en synergie avec la vision et le plan d’unification eurasiatique de Vladimir Poutine et la réalité du BLOC GEOPOLITIQUE de l’ORGANISATION DE COOPERATION DE SHANGHAI

Les thèmes du DEBAT :

I- MONNAIE: La BEAC est pour le maintien du Franc CFA.

II- BURKINA FASO/ PRESIDENTIELLE : Une « leçon de démocratie » (dixit Jeune Afrique) ou le maintien du système Compaoré ?

 III- CRISE SYRIENNE : Pékin, acteur ou spectateur dans la lutte contre le terrorisme ?

 AMTV/ avec EODE Press Office et PANAFRICOM /

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