Putin smaschera Arabia Saudita, Qatar, Emirati e Turchia. Da loro arrivano i soldi all’Isis

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 Tempi.it
Novembre 17, 2015 Redazione

Al G20 il presidente russo ha distribuito un rapporto americano che analizza i flussi di denaro provenienti dai cittadini di questi Stati. «Sono molti i ricchi arabi che giocano sporco»

Sono gli «angeli investitori» i cui fondi «sono semi da cui germogliano i gruppi jihadisti» ed arrivano da «Arabia Saudita, Qatar ed Emirati». Oggi sulla Stampa c’è una interessante corrispondenza di Maurizio Molinari da Antalya (Turchia) dove si è svolto il G20.
Molinari racconta la mossa a sorpresa del presidente russo Vladimir Putin che, al termine del summit, è stato molto esplicito nello spiegare che «l’Isis è finanziato da individui di 40 Paesi, inclusi alcuni membri del G20». E giusto per avvalorare le sue parole ha fatto distribuire ai presenti un dossier americano preparato a Washington dalla Brookings Institution in cui si analizzano dati raccolti nel 2013 e pubblicati nel 2014 che raccontano chi sono coloro che, attraverso donazioni private, foraggiano i terroristi. Follow the money, si diceva una volta. E le piste portano a cittadini del Qatar e dell’Arabia Saudita che hanno aiutato l’Isis «attraverso il sistema bancario del Kuwait».

DONAZIONI PRIVATE. I governi degli Emirati, dell’Arabia Saudita e del Qatar, a parole, condannano i terroristi. Ma cosa fanno per bloccare gli «angeli investitori»? Molinari riporta le parole del rapporto:

Fuad Hussein, capo di gabinetto di Massoud Barzani leader del Kurdistan iracheno, ritiene che «molti Stati arabi del Golfo in passato hanno finanziato gruppi sunniti in Siria ed Iraq che sono confluiti in Isis o in Al Nusra consentendogli di acquistare armi e pagare stipendi». «Una delle ragioni per cui i Paesi del Golfo consentono tali donazioni private – aggiunge Mahmud Othman, ex deputato curdo a Baghdad – è per tenere questi terroristi lontani il più possibile da loro». David Phillips, ex alto funzionario del Dipartimento di Stato Usa ora alla Columbia University di New York, assicura: «Sono molti i ricchi arabi che giocano sporco, i loro governi affermano di combattere Isis mentre loro lo finanziano». L’ammiraglio James Stavridis, ex comandante supremo della Nato, li chiama «angeli investitori» i cui fondi «sono semi da cui germogliano i gruppi jihadisti» ed arrivano da «Arabia Saudita, Qatar ed Emirati».

DOPPIOGIOCO TURCO. Putin non ha messo in imbarazzo solo chi governa gli Stati suddetti. Suo obiettivo polemico è stata anche la Turchia, paese in cui, secondo il Cremlino, abitano altri «angeli investitori».

Ankara assicura di aver rafforzato i controlli lungo la frontiera ma un alto ufficiale d’intelligence occidentale spiega che «la Turchia del Sud resta la maggior fonte di rifornimenti per Isis». «Ci sono oramai troppe persone coinvolte nel business nel sostegno agli estremisti in Turchia – conclude Jonathan Shanzer, ex analista di anti-terrorismo del Dipartimento del Tesoro Usa – e tornare completamente indietro è diventato assai difficile, esporrebbe Ankara a gravi rischi interni». Lo sgambetto di Putin è stato dunque anche a Recep Tayyp Erdogan, anfitrione del summit.

Foto Ansa

Parigi. #porteouverte, il mio indirizzo è Valsusa

TG Valle Susa

Mentre i terroristi sparavano e si facevano saltare in aria, i cittadini di Parigi twittavano il loro indirizzo sotto l’hashtag “porteouverte”, “porte aperte”. Dopo quei giorni, “porte aperte” dovrebbe diventare il modo per uscire dal neocolonialismo.

 
di Valsusa Report

Il colonialismo, o oggi neocolonialismo, altro non è, che la sopraffazione del più debole, significa spadroneggiare con territorio e risorse dell’altro. Il proprio benessere a discapito del più debole in un perverso gioco di potere.  è stata una risposta alla strage compiuta nel cuore di  e dell’Europa.

rivista francese coloniale

La Guinea con Sékou Touré decise nel 1958 di uscire dall’impero coloniale francese. Volevano l’indipendenza del Paese. Fu allora che l’élite coloniale francese a Parigi si infuriò al punto da portare la Guinea a distruzione, con la giustificazione di volersi riprendere “i benefici di colonizzazione francese”. Sistematicamente vennero rasi al suolo scuole, asili, edifici della pubblica amministrazione; tutto ciò che nell’immediato non poterono portare via fu sabotato, bruciato o avvelenato. Dagli anni Cinquanta, 3000 francesi lasciarono il Paese, portandosi via soldi e beni. Da allora più o meno velatamente la Guinea subì guerre alternate ed embarghi. Un trattamento simile lo subì il Togo Francese, con a capo il presidente Olympio, che decise di uscire dalla moneta coloniale francese, la famosa FCFA (Franco per le Colonie africane francesi), e così poter battere moneta propria, e uscire da una profonda crisi che investiva il Paese da alcuni anni. Crisi probabilmente dovuta a una politica monetaria sfavorevole all’allora valuta coloniale. Il 13 gennaio 1963 il presidente Olympio venne ucciso, dopo soli tre giorni di indipendenza dalla . Etienne Gnassingbe, un ex sergente francese della Legione Straniera, ricevette una taglia di 612$ presso l’ambasciata francese nello Stato di Togo.

guinea

E via così, nel corso degli ultimi 50 anni, un totale di 67 colpi di stato in 26 paesi dell’Africa, di questi 16 paesi sono ex colonie francesi, il che significa che il 61% dei colpi di stato è da imputare al colonialismo. Guardando all’Asia o al Medio Oriente lo scenario non cambia. Il colonialismo o oggi neocolonialismo altro non è, (in quegli stati), che il sopraffare del più forte sul più debole, lo spadroneggiare con le risorse dell’altro. Il potere di sopravvivenza a discapito del più debole. #porteouverte forse una risposta all’attacco. Popolazioni sottomesse un tempo e che oggi in un miraggio perverso della religione vogliono la vendetta.

Chi il colpevole?, chi da colpire? Di getto e di pancia, il dito punta all’islam e acceca tutti. La compagine di potere coloniale tramite i talk e i media aggrava ancora di più la percezione e i sentimenti. L’unico punto fermo è quel #porteouverte. La risposta “porte aperte” viene dal basso e dal basso la comprensione e il rifugio. Solo il popolo può rispondere con dignità. Non si può fermare in una città chi ha in mano un mitra ed è accecato dall’odio. Aprire le porte significa fidarsi: non si sa chi entrerà, un francese, un italiano, un ebreo, musulmano, forse un profugo.

parigi attentati

Di colonialismo si è parlato con le Grandi Opere nel Tribunale Permanente dei Popoli, con la sofferenza delle popolazioni impotente all’avanzata dei cantieri, che proietta nella dimensione“di pace” dei conflitti. Non raffiche d’armi o bombe intelligenti , ma uno status permanente di sofferenza della popolazione. #porteouverte lo troviamo di nuovo lì, dove i cittadini colpiti aprono le loro porte agli altri. Il Movimento No  sta con gli ultimi e agli ultimi apre le porte, le convinzioni si limano e le punte di autorità create dai sistemi di potere, si spezzano, tutti rivolti a uscire dal pericolo, e si incontrano genti dei quattro continenti in una magia che qualcuno definisce già impossibile da redimere. Chi trova la Valsusa non la abbandona più.

popolo

La risposta migliore, la #porteouverte dei primi parigini, potrà essere l’unione e la capacità di far comprendere che il nemico è altrove, non in basso ma in alto. Chi sta in basso non decide nulla, può solo decidere con gli altri intorno la via per uscire di casa, la via della comunità.#porteouverte, il mio indirizzo è Valsusa.

V.R. 17.11.15

Hanno bombardato al-Raqqa, 220mila abitanti: non un campo-base Isis

http://www.globalist.it/Detail_News_Display?ID=81320&typeb=0

La reazione bombarola francese ammazza persone comuni in Siria per far vedere che Hollande è pronto. Questo ci rovina. Anche perché il mondo prega per la Siria.

 


PIETRO MANIGAS
 
lunedì 16 novembre 2015 19:22

al-Raqqa
Città in Siria

al-Raqqa è una città della Siria, capoluogo del governatorato omonimo. In passato era conosciuta come Callinico. Viene considerata il quartier generale e la capitale dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante. Wikipedia
Area: 1.962 km²
Meteo: 18 °C, vento E a 26 km/h, umidità 49%
Popolazione: 220.268 (2012)

Per cortesia, bombaroli indefessi, leggete queste scarne notizie su Raqqa. Non si ratta di un campo base dell’Isis, ma di una città di 220mila abitanti, dove vivono donne, uomini, bambini. Una città più grande di Trieste, poco meno grande di Catania. Bombardata a tappeto per isteria e rappresaglia è servito solo a rafforzare nella mente di chi ci vive che l’Occidente è stupido, guerrafondaio e che ammazza in modo indiscriminato per vendetta. E nel mondo che viaggia online, non nelle campagne e nei luoghi sperduti dove il sentimento anti-Occidentale, anti mine, anti militari è altissimo, l’hashtag numero uno è #PrayForSyria.

La narrazione a senso unico che noi riteniamo di dover portare alle estreme conseguenze, per dire che valgono solo i nostri morti e mai i bambini, le donne, i civili che noi stessi bombardiamo, cade a pezzi. Passata l’ondata emotiva delle bandiere francesi, restano i morti spari in tutto il mondo. Causati dalle guerre e dalle armi occidentali.

Hollande ha reagito. E imbecilli italiani pensano che sia stata un’azione coraggiosa, vera, forte… Infatti. Come in Libia, come in Iraq, come in Afghanistan, come in tute le parti del mondo in cui la guerra democratica ha portato morte e lutti.

In giorni in cui tutti si dichiarano francesi, sarebbe ora di specificare: io sto con i cittadini francesi che vivono nel terrore, non con il governo francese che è tra le cause di quel terrore.

I vermi salveranno la terra dalla plastica, lo studio di Stanford

Da poco la scoperta. Vermi che digeriscono la plastica come fosse cibo normale, lo studio di ingegneri di Stanford in collaborazione con ricercatori cinesi. In Italia l’inquinamento si cura con i funghi.

di Valsusa Report

“A volte, la scienza ci sorprende. C’è una possibilità di ricerca veramente importante che cresce in luoghi bizzarri”, , professore di ingegneria civile e ambientale. E l’ingegnere ricercatore  Senior del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale della  sono i coordinatori dello studio. Hanno messo gli studi insieme, uno partito dalla creazione di plastiche biodegradabili, l’altro dallo studio di plastiche dalla trasformazione in derivati biocompatibili. Sono riusciti a mangiarsi il polistirolo, non loro ma i loro amici vermi.

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FOTO JAMIE COWAN/GETTY IMAGES

Presso l’Istituto Woods Stanford per l’Ambiente, 100 vermi mangiavano dai 34 ai 39 milligrammi di polistirolo al giorno, un primo risultato di sperimentazione utile alla ricerca, le plastiche sono digeribili, al via il conoscere i microrganismi all’interno di vermi e ltri insetti.. Nel progetto anche  della  cinese, che conduce la ricerca su altri materiali come il polipropilene (utilizzato in prodotti che vanno dal tessile a componenti automobilistici), microsfere (minuscoli bit utilizzati come esfolianti) e bioplastiche (derivato da biomasse rinnovabili come il mais o biogas metano).

thilafushi2Il verme della farina che è la forma larvale del coleottero Darkling, riuscirà a mangiarsi l’Isola Spazzatura di  nelle Maldive, intere montagne di rifiuti anche plastici accantonati a tal punto da portare alla deriva delle correnti degli oceani quintali di materiali. Spiagge bianchissime baciate dal sole e sontuose ville private sono l’angolo di paradiso immaginato dai viaggiatori europei, nessuno sa che lo Stato delle Maldive non è in grado di smaltire i propri rifiuti in discariche come le nostre, quindi la scelta dell’abbandono su .

thilafushi_1Due dati, 33 milioni di tonnellate di plastica per gli americani vengono scartare ogni anno, solo il 10 per cento del totale viene riciclato. I materiali che non vengono differiti negli smaltimenti diventano inquinanti, come detto, dove non é possibile molto finisce in mare, e in altri paesi semplicemente bruciato a cielo aperto, a poco, poi, servono gli inceneritori dei paesi moderni, si tratta di inquinamento ridotto. Nel nostro paese il 10 per cento del territorio nazionale è inquinato, terreni da bonifica, solo lo 0,02 per cento è stato risanato, con una spesa di 2 miliardi di euro. Gli smaltimenti in discarica raggiungono il 70% e le azioni di messa in sicurezza sono al restante 30%. Situazione non risolutiva. La contaminazione dell’acqua e l’avvelenamento di persone e animali, continua. Le bonifiche sono semplici azioni di messa in sicurezza con costi elevatissimi e tecnologie tradizionali.

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FOTO 2012 HANI

A Torino gli studi di una ditta la  utilizza i funghi per ridurre l’inquinamento anche pesante di idrocarburi, metalli, solventi clorurati o additivi delle benzine verdi MTBE o il fluido di raffreddamento dei radiatori nei motori. Il “micorisanamento” del “regno dei funghi”, promette risultati enormi e la prova arriva dai dati, di pochi mesi, in cui si raggiungono, i limiti di bonifica imposti dalla normativa italiana. Un costo dell’80% inferiore e la definitiva risoluzione dell’inquinamento. I grandi metabolizzatori alleati del regno vegetale potrebbero risolvere le bonifiche, “quando vengono immesse nell’ambiente sostanze inquinanti, ci sono sempre microrganismi e piante che reagiscono – dice il biologo ed Amministratore di Biotech  – con un mix di sostanze atossiche e completamente biodegradabili stimoliamo di volta in volta lo sviluppo di particolari microrganismi. Trovato il giusto equilibrio e composizione, questa viene immessa nelle falde acquifere o nei terreni, poi basta aspettare e controllare la riuscita”.

Meno male che la natura ha già da tempo messo in conto che gli esseri umani avrebbero combinato disastri, resta la conoscenza con studi e ricerca da finanziare e per la quale ci vogliono tempo, denaro e scelte politiche. Abbandonare la direzione dispendiosa dell’ammassamento e discarica, oggi potrebbe essere una via raggiungibile.

V.R. 14.11.15

SIRIA, IN CORSO MASSICCIO BOMBARDAMENTO RUSSO: ALMENO TRENTA BOMBARDIERI STRATEGICI IN VOLO

http://www.difesaonline.it/mondo-militare/siria-corso-massiccio-bombardamento-russo-almeno-trenta-bombardieri-strategici-volo

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(di Franco Iacch)
17/11/15 

I russi hanno avviato un massiccio bombardamento aereo contro lo Stato islamico.

Una prima formazione composta da dodici bombardieri Tu-22 ha colpito obiettivi a Raqqah, capitale siriana del califfato in Siria.

Una seconda formazione composta da bombardieri strategici Tu-160 e Tu- 95MS ha lanciato 34 missili da crociera contro obiettivi nemici nelle province di Aleppo ed Idlib. Un totale di 127 sortite e 206 obiettivi.

Uno terzo squadrone di bombardieri a lungo raggio Tupolev-22M3, sta bombardando la provincia di Deir ez-Zor. E’ quanto comunicano dallo Stato Maggiore russo.

I bombardamenti, alle 17,31 di oggi, sono ancora in corso.

(nella foto d’apertura un Tu-160, sotto un Tu-22M3)

IL NEMICO ALLE PORTE

http://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/nemico-porte-report-trafficante-armi-italiano-svela-112960.htm

dago

 

16 NOV 2015 11:36

IL NEMICO ALLE PORTE – A “REPORT”, UN TRAFFICANTE D’ARMI ITALIANO SVELA: “A ROMA VIVONO TERRORISTI AFRICANI DI ‘AL SHABAAB’ – ISIS? LO SANNO TUTTI CHE È UNA CREATURA DELL’OCCIDENTE. E’ STATO ARMATA IN FUNZIONE ANTI IRAN MA POI CI È SCAPPATO DI MANO”

“Anche l’Italia a sua insaputa ha armato l’Isis, armando la Siria di Assad e addestrando le sue milizie che poi sono passate all’Isis. Lo scorso febbraio, sotto la guida dei nostri servizi, sono stati addestrati nello Yemen un centinaio di combattenti arabi da utilizzare contro l’Isis. Finito l’ addestramento, si sono arruolati nell’ Isis”…

Somalia Al Shabaab
SOMALIA AL SHABAAB

«Le posso dire che Omaar Jama è in contatto con personaggi vicini ad Al Shabaab. Insospettabili che vivono a Roma…». Chi parla è George Smiley, nome di copertura di un trafficante d’ armi italiano intervistato da Sigfrido Ranucci, inviato del programma «Report» di Milena Gabanelli, ieri sera su RaiTre. Clamorose rivelazioni quelle del trafficante incontrato a Londra presso il ponte dei Frati Neri, dove fu trovato impiccato, nell’ 82, Roberto Calvi. Persone vicine ai terroristi di Al Shabaab vivrebbero, dunque, già a Roma?

shabaab

SHABAAB

Al Shabaab, ricorda la Gabanelli, è responsabile di una lunga serie di attentati in Africa, l’ultimo due settimane fa all’ hotel Sahafi di Mogadiscio (15 vittime fra cui 3 giornalisti). Organizzazione legata ad Al Qaida che poi si è avvicinata all’ Isis. Il somalo Omaar Jama è indagato per reclutamento clandestino di contractors e traffico d’ armi nell’ ambito dell’ inchiesta della Dda di Napoli che giovedì scorso ha portato a una maxi perquisizione del Gico. Chi arma l’Isis? «Il Qatar – rivela a “Report” il trafficante, in contatto con i servizi segreti di mezzo mondo -. Nel nostro ambiente si sa perfettamente che l’ Isis è una creatura dell’occidente. Anch’ io ho incontrato esponenti dell’ Isis. È stato armato in funzione anti Iran, ma poi ci è scappato di mano».

shabaab

SHABAAB

«Anche l’ Italia – racconta Smiley – a sua insaputa ha armato l’Isis, armando la Siria di Assad e addestrando le sue milizie che poi sono passate all’Isis. Lo scorso febbraio, sotto la guida dei nostri servizi, sono stati addestrati nello Yemen un centinaio di combattenti arabi da utilizzare contro l’ Isis. Finito l’ addestramento, però, nel giro di 36 ore, i combattenti si sono arruolati nell’ Isis».

LA VERITÀ SCOMODA DI PUTIN: “ALL’ISIS SOLDI DA PAESI DEL G20”

Il leader russo mette in imbarazzo sauditi, Qatar, Emirati e Turchia. Finanziamenti “privati” e complicità nel traffico illegale di petrolio
 

17/11/2015

MAURIZIO MOLINARI
INVIATO AD ANTALYA
 

«Isis è finanziato da individui di 40 Paesi, inclusi alcuni membri del G20»: Vladimir Putin sceglie la chiusura del summit di Antalya per far sapere ai leader attorno al tavolo che la forza dello Stato Islamico è anche in una zona grigia di complicità finanziarie che include cittadini di molti Stati. Con un colpo di teatro, sono gli sherpa russi a consegnare alle altre delegazioni i «dati a nostra disposizione sul finanziamento dei terroristi». Si tratta di informazioni che il Dipartimento del Tesoro di Washington raccoglie dal 2013 ed hanno portato, nella primavera 2014, a pubblicare un rapporto che chiama in causa «donazioni private» da parte di cittadini del Qatar e dell’Arabia Saudita trasferite a Isis «attraverso il sistema bancario del Kuwait». 

IL RAPPORTO  

Un rapporto della «Brookings Institution» di Washington indica nei carenti controlli delle istituzioni finanziarie del Kuwait il vulnus che consente a tali fondi «privati» di arrivare a destinazione «nonostante i provvedimenti dei governi kuwaitiano, saudita e qatarino per bloccarli». Fuad Hussein, capo di gabinetto di Massoud Barzani leader del Kurdistan iracheno, ritiene che «molti Stati arabi del Golfo in passato hanno finanziato gruppi sunniti in Siria ed Iraq che sono confluiti in Isis o in Al Nusra consentendogli di acquistare armi e pagare stipendi». «Una delle ragioni per cui i Paesi del Golfo consentono tali donazioni private – aggiunge Mahmud Othman, ex deputato curdo a Baghdad – è per tenere questi terroristi lontani il più possibile da loro». David Phillips, ex alto funzionario del Dipartimento di Stato Usa ora alla Columbia University di New York, assicura: «Sono molti i ricchi arabi che giocano sporco, i loro governi affermano di combattere Isis mentre loro lo finanziano». L’ammiraglio James Stavridis, ex comandante supremo della Nato, li chiama «angeli investitori» i cui fondi «sono semi da cui germogliano i gruppi jihadisti» ed arrivano da «Arabia Saudita, Qatar ed Emirati». 

ARABIA SAUDITA  

L’Arabia Saudita appartiene al G20 ed è dunque probabile che la mossa di Putin abbia voluto mettere in imbarazzo il re Salman protagonista di una dichiarazione pubblica dai toni accesi contro i «terroristi diabolici da sconfiggere». Ma non è tutto perché fra i «singoli finanziatori di Isis» nelle liste del Cremlino c’è anche un cospicuo numero di turchi: sono nomi che in parte coincidono con quelli che le forze speciali Usa hanno trovato nella casa-bunker di Abu Sayyaf, il capo delle finanze di Isis ucciso in un raid avvenuto lo scorso maggio. Abu Sayyaf gestiva la vendita illegale di greggio e gas estratti nei territori dello Stato Islamico – con entrate stimate in 10 milioni al mese – e i trafficanti che la rendono possibile operano quasi sempre dal lato turco del confine siriano.  

LA TURCHIA  

Ankara assicura di aver rafforzato i controlli lungo la frontiera ma un alto ufficiale d’intelligence occidentale spiega che «la Turchia del Sud resta la maggior fonte di rifornimenti per Isis». «Ci sono oramai troppe persone coinvolte nel business nel sostegno agli estremisti in Turchia – conclude Jonathan Shanzer, ex analista di anti-terrorismo del Dipartimento del Tesoro Usa – e tornare completamente indietro è diventato assai difficile, esporrebbe Ankara a gravi rischi interni». Lo sgambetto di Putin è stato dunque anche a Recep Tayyp Erdogan, anfitrione del sum-mit. 

Clown Army contro la guerra bloccata in piazza Castello

http://www.nuovasocieta.it/metropoli/clown-army-contro-la-guerra-bloccata-in-piazza-castello/

 NuovaSocietà

Clown Army contro la guerra bloccata in piazza Castello
novembre 17 2015

di Marta Belotti

Sembra una finzione nella finzione quello che è successo in piazza Castello, nel pieno centro di Torino. Ma finzione non è.
Un gruppo di una decina di persone, travestito con abiti un po’ militari un po’ da pagliaccio, meglio conosciuto comeClown Army è stato bloccato da alcune pattuglie della Polizia.

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«Volevamo soltanto portare un po’ di umanità a questi agenti in divisa», urlano armati di scopini e trombette. «Grazie per questa vostra attenzione -continuano- e per essere subito accorsi al nostro invito», rivolgendosi agli agenti.  Non mancano anche dei riferimenti all’intervento armato che la Francia sta mettendo in atto contro la Siria «Basta guerre, vogliamoci bene» proseguono i clown disposti in fila e circondati dalla Digos. Intanto, ad uno ad uno, la polizia li ha identificati. Il tutto sotto gli occhi di molti passanti che, incuriositi dallo spettacolo, si sono fermati per assistere alla scena.

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Le sentinelle, il procuratore e la sentenza

http://comune-info.net/2015/11/le-sentinelle-il-procuratore-e-la-sentenzaiola/

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 | 16 novembre 2015 |

C’è un sacco di gente poco informata o molto distratta che scrive falsità sulla lotta dei No Tav. Uno dei luoghi di abituale ritrovo di queste persone sono le autorevoli pagine di Repubblica. Nei giorni scorsi, forse contrariato dall’impossibilità di raccontare la sessione del Tribunale Permanente dei Popoli dedicata al Tav come problema di ordine pubblico, il quotidiano ha pubblicato nell’edizione torinese due rilevanti esempi della serenità d’animo con cui tratta quegli eventi. Il primo è una notizia di scarso rilievo annunciata in pompa magna dal direttore generale della società incaricata di gestire la Torino Lione con evidenti intenti mistificatori. Il secondo è un’invettiva priva di contenuti quanto ricca di livore contro il Tribunale dei Popoli. L’ha scritta, al solo scopo di denigrare il lavoro dei “colleghi”, un procuratore in pensione, nemico giurato della protesta valsusina. Il suo nervosismo segnala, tuttavia, che per i supporter e i lobbysti dell’alta velocità la sentenza del Tribunale è stata un gran brutto colpo. Per la gente che difende una valle meravigliosa, invece, si tratta di un punto di non ritorno. Lo dimostra il fatto che la sentenza li riconosca come “sentinelle che lanciano l’allarme” ma lo dice, a modo suo, anche la creatività di piccole iniziative come la “sentenzaiola“, l’allegra trovata promossa da un pericoloso gruppo di settantenni ai cancelli del cantiere di Chiomonte

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Il nucleo Pintoni No Tav promuove la “sentenzaiola” ai cancelli del cantiere di Chiomonte

di Ezio Bertok*

«Telt, la società incaricata di costruire e gestire la Torino-Lione ad alta velocità, è stata ammessa nel Global Compact dell’Onu, la rete delle società ed organizzazioni pubbliche che si pongono il comune obiettivo di creare un’economia sostenibile attraverso la tutela dell’ambiente e la lotta alla criminalità»

Questo annuncio era contenuto in un piccolo trafiletto pubblicato insieme ad una simpatica letterina dal quotidiano La Repubblica pochi giorni dopo la sentenza del Tribunale Permanente dei Popoli (Tpp) che aveva espresso un giudizio pesante sull’azienda includendola tra i principali responsabili di violazioni di diritti fondamentali in Val di Susa insieme «ai governi italiani che si sono succeduti negli ultimi due decenni, alle autorità pubbliche responsabili della assunzione delle decisioni e delle misure che sono state sopra denunciate, ai promotori del progetto». Nel trafiletto veniva specificato che chi aveva dato l’annuncio era Mario Virano, direttore generale di Telt, il quale ci teneva a precisare: «È la miglior risposta alla “sentenza” del Tribunale Permanente dei Popoli che domenica ha “condannato” la Tav».

I notav di solito non si fanno impressionare dalle parole altisonanti e qualcuno ha suggerito di andare a vedere quali erano gli altri partecipanti al Global Compactdell’Onu: tra le 8000 “imprese etiche” abbiamo trovato Coca Cola, Nestle, Monsanto, Microsoft, Apple… e tra quelle nostrane, tralasciando le bocciofile e l’Automobile Club d’Italia risultano Adecco, CMC di Ravenna, Italcementi, Endesa, Enel, Eni, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi…. e altre imprese etiche sparse (http://www.globalcompactnetwork.org/it/). Il vecchio proverbio “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei” vale anche nell’era digitale.

Se tanto mi da tanto, qualcuno si chiederà a questo punto cosa diceva la letterina che nelle pagine dell’edizione di Torino de La Repubblica faceva da contorno al trafiletto, quasi fosse uno sponsor. Si tratta di una persona che gode di una certa stima nel nostro paese, a cui vengono generalmente attribuiti non pochi meriti nella lotta all’illegalità.

Vi lascio un attimo con la curiosità riportando prima le parole di una giovane donna che aveva fatto mille chilometri per offrire gratuitamente il suo lavoro volontario nel corso della sessione del Tribunale Permanente dei Popoli. Così ha scritto Maria Paola sulla sua pagina Facebook: «Questa sentenza riconosce i vostri sforzi, il vostro valore, la legittimità della vostra resistenza e della vostra lotta: due parole, resistenza e lotta, che si spogliano di qualunque retorica e diventano vive, vere, pregne del loro significato più puro in Val di Susa. Conoscere uomini e donne consapevoli e appassionati come voi mi ha profondamente toccata ed emozionata: grazie a tutti i membri di un movimento tristemente criminalizzato e banalizzato dai nostri mezzi di comunicazione, che è movimento nel senso vero: unione di persone che rifiutano la stasi, l’immobilismo, e si fanno portatori di un cambiamento. Spero con tutto il cuore che questo cambiamento divampi ovunque nel mondo».

Raramente si riescono ad esprimere in poche parole sentimenti tanto profondi.

Nella letterina pubblicata da Repubblica si usavano invece molte parole per esprimere un solo concetto, seppure ripetuto più volte: screditare, screditare, screditare. Chi scriveva parlava di “sedicente tribunale permanente dei popoli” e faceva sfogo di grande cultura letteraria riportando dotte citazioni di autori contemporanei per assimilare il sedicente tribunale a chi «raccatta oggetti privi di valore e pezzi di ciarpame». Ci teneva poi a dire che si occupava della questione solo «per il rispetto dovuto a tutte le persone oneste che il tribunale ha “condannato” calpestando le regole più elementari, che neppure un processo farsa dovrebbe trascurare. Basti dire che una “piazza” selezionata e ristretta, ma rumorosa, a Torino nella “Fabbrica delle E” come ad Almese nel teatro Magnetto, urlando e manifestando scompostamente, pretendeva in “aula” la testa degli “imputati”: mentre fin dai banchi di scuola si insegna che un giudice che voglia onorare la propria funzione deve sottrarsi alle pressioni di chi chiede giustizia sommaria, senza arrogarsi poteri che solo quella piazza gli riconosce». Per farvi una vostra idea, guardate le prime registrazioni audio/video sul sito del Controsservatorio Valsusa (a breve ci saranno tutte): probabilmente l’autore dell’articolo è stato male informato. C’è in giro un sacco di gente poco informata che scrive falsità: un politico locale di area governativa e di bassa statura ha perfino detto che le sedute erano a porte chiuse mentre nelle centinaia di manifesti affissi a Torino nei giorni precedenti stava scritto “I lavori sono aperti al pubblico, partecipate numerosi“. Gente sicuramente poco informata o distratta.

L’autore della letterina, dopo aver chiarito le sue oneste intenzioni, si lasciava poi andare a insinuazioni e insulti vari parlando, sempre a proposito del Tribunale Permanente dei Popoli, di «fregola di non scontentare mai (neppure per un goccio) accusa e “tricoteuses” con tesi al limite della diffamazione» e dopo aver colto in fallo il tribunale per essersi dimenticato delle «aggressioni contro il cantiere di Chiomonte, contro gli operai che ci lavorano per guadagnarsi la pagnotta» concludeva con un invito ai giudici e al presidente del sedicente Tribunale (magistrato onorario della Corte suprema di Cassazione francese, ma questo il nostro non lo precisava) a occuparsi piuttosto «dell’impunità assicurata ad un assassino come Cesare Battisti». Firmato: Giancarlo Caselli.

Demonstrators of the "No Tav" (No to High-Speed Trains) movement are stopped by police forces on October 23th, 2011, in Chiomonte, during a protest against a high-speed train line between Lyon and Turin, near the village of Baita Clarea in the Alpine region of Val di Susa on October 23, 2011. The protest organised by the No Tav (No to High-Speed Trains) movement and residents of the Susa Valley have fiercely opposed the plan, saying the construction of tunnels would damage the environment. France and Italy signed a deal in 2001 on building a line through the area, a strategic link in the European network that would cut travel time between Milan and Paris from seven to four hours. AFP PHOTO/ OLIVIER MORIN (Photo credit should read OLIVIER MORIN/AFP/Getty Images)

Provate a mettere a confronto questi garbati insulti scritti con stile delicato con le parole di Maria Paola: non credo che nessuno possa immaginare entrambi seduti ubriachi al tavolo di un bar sport di periferia all’indomani di un derby che ha lasciato l’maro in bocca.

Non so se l’ex procuratore della Repubblica di Torino frequenti oggi i bar di periferia ma chissà quanti tra coloro che ancora oggi nutrono nei suoi confronti una stima incondizionata per i meriti che gli vengono attribuiti nella lotta alla mafia e al terrorismo (parlo di alcuni decenni fa) riescono a cogliere la gravità dei suoi insulti.

Il titolo del suo articolo/lettera era: “Tav, il Tribunale dei popoli apre un solo occhio” ed è significativo che la predica arrivi da un ex procuratore di cui è noto lo strabismo sulle questioni che riguardano il Tav in Val di Susa.

Un docente del Politecnico di Torino, commentando la letterina si è chiesto: «Il Tribunale dunque era sedicente anche quando emetteva sentenze su violazioni dei diritti umani nel Sahara Occidentale, in Argentina, in Eritrea, nelle Filippine, El Salvador, Afghnaistan, Timor orientale, Zaire, Guatemala, Nicaragua, Puerto Rico, Amazzonia brasiliana, America latina, eccetera? Oppure il Tppautorevole altrove, diventa improvvisamente “sedicente” e fazioso quando approda a una vallata piemontese?»

Viene da chiedersi se per caso questo strabismo che miete numerose vittime tra gli appartenenti all’etnia si-tav-costi-quel-che-costi sia sintomo di una particolare forma di sindrome Nimby che colpisce all’improvviso proprio chi attribuisce al movimento notav la colpa di guardare solo al suo piccolo cortile.

Ma i notav prestano scarsa attenzione a chi, non avendo più nulla da perdere, perde il suo tempo a insultare chi con autorevolezza fa notare che in Val di Susa diversi governi sono colpevoli di aver disatteso impegni sottoscritti ratificando convenzioni internazionali, che riconosce violazioni di diritti fondamentali «che sono il prodotto di azioni deliberate e pianificate: la diffusione di informazioni contenenti falsità e manipolazione dei dati relativi alla necessità, alla utilità, all’impatto dei lavori; la simulazione di un processo partecipativo con l’istituzione dell’Osservatorio…»

Se prima della sentenza c’era qualche timore che potesse essere oscurata di proposito da chi può avere interesse a sminuirne il valore oggi non ci sono dubbi sul fatto che ha toccato le corde giuste e tacere diventa difficile anche per loro: tra chi si agita nella sedia ci sono, oltre a qualche ex procuratore, soprattutto lobbysti, supporters e politici che una volta avremmo definito di diverso colore.

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Ciò che ai notav importa è che questa sentenza segni realmente un punto di non ritorno.

Sanno bene che non è certo un punto di arrivo, che occorre soprattutto la tenacia e la determinazione mostrata in questi venticinque anni affinché non rimanga inascoltata, che serviranno altre lotte per far sì che le raccomandazioni che contiene diventino obblighi vincolanti per i governi di oggi e di domani.

Ma si può comprendere quale grande iniezione di fiducia rappresenti la sentenza anche dalle parole di una ex sindaca che ha scritto quasi a caldo: “Valeva la pena di aspettare 25 anni per leggere questo testo e sentire le parole di ieri” ringraziando poi chi ha dimostrato “quel coraggioso realismo che fa sognare e pretendere l’impossibile”.

Il popolo notav si prepara oggi a ricordare una data importante guardando con realismo e speranza al domani: dieci anni fa le prime violenze della polizia, l’8 dicembre del 2005 la liberazione di Venaus che ha cambiato tutto dimostrando che “si può fare”. Nella sentenza del Tribunale Permanente dei Popoli viene riconosciuto alle persone che si mobilitano contro il Tav e contro altre grandi opere inutili e imposte il ruolo di “sentinelle che lanciano l’allarme” riprendendo letteralmente una formulazione contenuta in risoluzioni del Consiglio d’Europa che definisce regole vincolanti (e disattese) per i giudici dei diversi paesi.

Che i notav abbiano preso molto sul serio la sentenza lo si è capito subito e lo si vedrà meglio nei prossimi mesi: alcuni sindaci della valle (pochi per fortuna) sembrano oggi troppo sensibili alle lusinghe delle compensazioni e soprattutto alle pressioni delle segreterie del partito di riferimento (leggi PD) ma dovranno fare i conti con essa e con il movimento che non perderà occasione di esibirla per scongiurare il nuovo inganno di un tavolo di confronto fotocopia di quello condannato dal TPP.

E a proposito di movimento: una piccola iniziativa rende bene l’idea di come la sentenza sia stata accolta, protagonisti un gruppo di irriducibili notav non più giovanissimi (età media sui settanta) ma non per questo con poche energie.

Hanno stampato la sentenza del TPP in diverse copie, hanno arrotolato i fogli, li hanno legati con un nastro rosso. Poi, di notte, sono andati al cantiere/fortezza di Chiomonte e li hanno lanciati al di là delle reti, indirizzandoli alle forze dell’ordine schierate in difesa dell’illegalità del cantiere dagli attacchi terroristici che agitano i sogni dell’ex procuratore che scrive letterine sui giornali. E mentre le forze dell’ordine rilanciavano i fogli ai mittenti i nostri “terroristi” con un megafono leggevano i diversi passi della sentenza alla luce delle torce.  Ma non è finita qui:allontanatosi dal cantiere il gruppetto  ha portato una copia della sentenza alla caserma dei carabinieri di Susa chiedendo che venisse protocollata. Hanno documentato il tutto su Youtube.

Un movimento così tenace e creativo potrà mai essere sconfitto?

* Controsservatorio Valsusa

Nota:
per chi avesse qualche dubbio su quanto riportato in relazione alla lettera pubblica da Repubblica:
(http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/11/11/tav-il-tribunale-dei-popoli-apre-un-solo-occhioTorino01.html?ref=search)