WIKILEAKS SVELA L’ACCORDO SEGRETO TRA USA E UE!…DA SPAVENTO!

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WIKILEAKS SVELA IL CONTENUTO DELLA BOZZA D’ACCORDO SEGRETO SUI ”SERVIZI FINANZIARI” TRA USA E UE (DA SPAVENTO!)

lunedì 7 luglio 2014

Mentre senza troppo clamore Stati Uniti e Commissione europea elaborano il futuro partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti (TTIP), è nel riserbo più assoluto che lavorano anche al Trattato sugli scambi nei servizi (TISA) che implica 50 paesi, fra i quali gli Stati Uniti, i paesi dell’Unione europea e la Svizzera, per un totale di circa il 68% degli scambi mondiali in materia di servizi.

Il sito Wikileaks ha pubblicato la bozza del trattato riguardante i servizi finanziari. Si tratta di abolire tutte le restrizioni che limitano ancora i colossi bancari e gli hedge funds.

Il clima di segreto assoluto appare già nelle prime righe dell’accordo sui servizi finanziari, dove si afferma che “l’accordo deve essere protetto da qualsiasi diffusione non autorizzata e deve rimanere protetto sottochiave o con accesso ristretto. Non potrà essere declassificato che cinque anni dopo l’entrata in vigore del TISA o, se non si giunge ad alcun accordo, cinque anni dopo lafine dei negoziati.”

L’accordo punta alla chiusura o alla privatizzazione di ogni forma di servizio assicurato dal settore pubblico, il che include la sanità, l’istruzione, i trasporti, servizi cruciali per i cittadini, che non andrebbero considerati come “mercanzia generatrice di profitti e facente parte della sfero del libero scambio.”

Verranno proibiti anche i fondi pensione statali, in quanto sono considerati monopoli. L’organizzazione Public Services International (PSI) che rappresenta circa 670 sindacati a livello mondiale, in aprile ha pubblicato un rapporto allarmante intitolato “TISA contro i servizi pubblici.”

Nel rapporto si spiega che il TISA impedirà ai governi di fornire servizi pubblici vitali, come la salute, i servizi postali, persino l’erogazione dell’acqua o dell’energia. “Il TISA garantirebbe la privatizzazione dei servizi pubblici. L’accordo proposto potrebbe anche vietare ai governi di riprendere il controllo, anche nel caso in cui il privato fallisse e non riuscisse ad assicurare il servizio.”

Inoltre limiterebbe la capacità dei governi di regolamentare i settori più importanti, come quello finanziario o energetico, delle telecomunicazioni, il flusso transfrontaliero delle informazioni.

E come ciliegina sulla torta, il TISA mira anche a ridurre ai minimi termini la supervisione nazionale delle attività finanziarie. L’accordo stipula che ognuna delle parti dovrà elencare i diritti di monopolio esistenti e sforzarsi di eliminarli o di ridurne la portata.

Fonte notizia: wikistrike.com) Fonte

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Attacchi terroristici a Beirut sono crimine contro l’umanità

Hezbollah ha condannato gli attacchi terroristici compiuti di recente nel quartiere di Borj al-Barajaneh a Beirut sud

 Il Movimento di Resistenza libanese Hezbollah ha condannato gli attacchi terroristici compiuti di recente nel quartiere di Borj al-Barajaneh a Beirut sud, definendoli un odioso crimine contro l’umanità e sottolineando che la lotta al terrorismo andrà avanti con maggiore vigore.

“Gli attacchi terroristici non sono stati compiuti contro una setta specifica o un partito, ma contro l’umanità”, ha dichiarato Hussein Khalil, l’assistente politico del segretario generale di Hezbollah Seyed Hassan Nasrallah, subito dopo aver visitato la zona colpita dall’attentato.

Le due esplosioni hanno colpito la caserma della Sicurezza Generale ad Hussaineya Street, e sono state rivendicate dall’Isil. L’attentato ha provocato la morte di 43 persone e il ferimento di altre 200, ma si teme che il numero delle vittime possa salire a causa dell’alta criticità in cui versano molti dei feriti.

Khalil ha dichiarato che: “Gli attacchi significano che la lotta contro il terrorismo è sulla strada giusta, e promettiamo di proseguire con maggiore forza questa battaglia fino al raggiungimento dei nostri obiettivi”.

Il primo ministro libanese Tammam Salam ha dichiarato per oggi il lutto nazionale, ed ha condannato gli attacchi definendoli “ingiustificabili”. Egli ha inoltre fatto appello all’unità nazionale contro i piani per la creazione di un conflitto nel Paese.

Gli attentati a Beirut sono una vile risposta alle importanti operazioni condotte dall’esercito libanese contro i gruppi terroristici, tra cui il Fronte Al-Nusra e l’Isil, nella città di Arsal sul confine siriano, e alle pesanti sconfitte che i gruppi terroristici stanno subendo in Siria, grazie anche al supporto determinante dei combattenti libanesi di Hezbollah.

PARIGI: A CHI GIOVA? SPOPOLA IN RETE QUESTA SEMPLICE ANALISI. A PENSAR MALE SI COMMETTE PECCATO, MA SPESSO CI SI AZZECCA

NOVEMBRE 14, 2015 ADMINA

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di Paola Valenti (da Facebook)

E mi dispiace ma io non me la bevo sta favola del “semplice” terrorismo ( islamico) a Parigi.
Solita ultracollaudata strategia del terrore di stampo Cia ( del resto, chi ha creato l’ ISIS? ) per imporre la Shock Economy e il ” Più EUROPA” Infatti “casualità”:
1. Gli Usa vogliono più spese per la difesa in Ue.
2. In Francia esiste il partito organizzato e più anti Ue di tutta Europa: Front National di Le Pen
Della serie: 1. spaventare la gente e continuare a tamburo con messaggi subliminali tv del tipo: ” tutta la Ue non solo la Francia è sotto attacco” ” ci vogliono misure eccezionali di controllo ( appena dichiarato da Hollande guarda caso)
2. fare un minuto dopo,leggi che con la scusa del terrorismo sopprimono qualsiasi tipo di protesta ( in particolare contro la Ue)
3. militarizzare definitivamente il Continente ( strategia dell’ eccezionalità che diventa normalità senza che la gente lo capisca)
4. Mantenere lo stato di allarme costante attraverso attacchi periodici per far accettare misure sempre più restrittive e sempre più pericolose per quel residuo di democrazia ormai ridotto a lumicino
PICCOLA NOTA: guarda caso il primo ad intervenire con messaggi da 11 settembre è stato Obama e un minuto dopo Hollande rincara la dose dicendo” siamo terrorizzati. Non sappiamo da dove vengono questi terroristi ( strategia del pericolo indefinito e ignoto = chiunque ti può attaccare, vivi sul chi và là sempre. Ergo ti dobbiamo “difendere” limitando sempre più la TUA libertà di cittadino)
Scusate ma io non la bevo. In Italia lo hanno fatto negli anni 70 e sappiamo perché.

Strage a Parigi, operazione militare truccata da jihadismo

Orrendo massacro, lucida follia: ma non è follia. E’ un’operazione militare quella che ha sconvolto Parigi la sera del 13 novembre 2015, facendo 158 morti, colpiti per strada da esplosioni “kamikaze” o freddati a colpi d’arma da fuoco al Bataclan, locale gremito per un concerto. La strage, avverte Pino Cabras, non è solo un evento terroristico spettacolare: «È anche un evento militare di notevole entità nel cuore di una grande metropoli europea». Nel mirino di nuovo la Francia, dopo l’eccidio della redazione di “Charlie Hebdo”. Violenza opaca: sulle indagini relative alla mattanza del giornale satirico, il governo Hollande ha apposto il segreto di Stato dopo che gli inquirenti avevano scoperto che la pista delle armi lambiva i servizi segreti francesi, con una triangolazione che tocca la Slovacchia e il Belgio passando per il quartier generale dell’intelligence di Parigi. «Anche stavolta si fa notare una manovalanza di assassini che si rifà al jihadismo», annota Cabras su “Megachip”. «Non c’è da stupirsi che essa abbia un peso militare sempre maggiore, essendo una legione di avventurieri istruiti con tecniche sofisticate».
Una “legione” di miliziani armata segretamente dall’Occidente e «schierata su molteplici linee del fuoco geopolitiche, pronta a prestare i suoi servizi per demolire interi Stati, e allo stesso tempo ricca di coperture e sovvenzioni statali, persino degli Stati che ne subiscono le interferenze nella loro sicurezza nazionale». E’ un fatto: sono ormai migliaia i combattenti jihadisti europei arruolati nelle guerre di oggi. «Si è creato un tipo di soldato che in Libia, in Siria e altrove non si vuole far rispondere alle convenzioni di Ginevra, per poter fare il massimo danno con il minimo di responsabilità». Ai governanti, scrive Cabras, ci sarebbe da dire: per i vostri sogni neocoloniali dalla tasca avete tirato fuori uno scorpione, non un gattino. Dopo la strage di Charlie Hebdo, fu facile fare una profezia fredda e precisa: «Lo scorpione pungerà ancora in Europa. I governanti europei, fra i più ricattabili e ricattati in ogni campo, subiranno pressioni enormi contro gli interessi dei propri paesi. È l’Impero del Caos che bussa, non l’Islam».
Il Caos, continua Cabras, ha lambito il presidente François Hollande, preso di peso mentre assisteva alla partita di calcio FranciaGermania, al momento in cui fuori dallo stadio si udivano esplosioni. «Il messaggio, data la circostanza, non certo casuale (proprio quella partita…), lo ha sentito sicuramente anche la Germania.  E i lanciatori del messaggio non sono certo da cercare fra i soldati-terroristi, che sono meri esecutori. Gli autori si trovano fra i soggetti che vogliono che l’Europa non si sottragga alla grande guerra che si sta preparando. Sono pezzi di classi dirigenti occidentali, turche, petro-monarchiche. Gli sponsor dell’Isis e del Caos». Lo spiegava già a fine 2014 il profetico libro “Massoni”, di Gioele Magaldi, svelando le trame occulte di alcune delle 36 superlogge segrete del potere mondiale, tra cui la “Hathor Pentalpha”, fondata dai Bush, di cui – secondo l’autore – fanno parte personaggi decisivi come Tony Blair e il leader turco Erdogan, appena rieletto dopo una vigilia elettorale scadita da spaventosi attentati come quello di Parigi.
Definita “loggia del sangue e della vendetta”, creata nel 1980 quando a George Bush fu preferito Reagan, secondo Magaldi la “Hathor Pentalpha” – il cui nome è sinistramente consonante con Isis (Hathor è l’altro nome di Iside) sarebbe stata nella “cabina di regia” dell’11 Settembre e oggi sarebbe al corrente di parecchi retroscena del Medio Oriente, a cominciare proprio dalla comparsa dei “tagliagole” in Siria e in Iraq, macabro esito della “fabbrica di terroristi” armati sottobanco dal Pentagono, in collaborazione con Francia e Gran Bretagna e Turchia, nonché Arabia Sudita e altri paesi del Golfo. Non può non colpire la sincronicità della nuova, mostruosa strage di Parigi rispetto all’impegno dell’unica potenza finora schierata sul campo in modo trasparente – la Russia di Putin – per cercare di mettere fine alla sanguinosa strategia della tensione che sta devastando il teatro mediorientale. Altro motivo di preoccupazione, per i “burattinai del terrore”, le crescenti esitazioni della Germania, schierata coi russi nel sostegno al regime di Assad (il male minore) e sempre più contraria all’aggressione occidentale verso lo spazio russo, organizzata utilizzando l’espediente del golpe in Ucraina.
«Il governo di Angela Merkel – scrive Pino Cabras – sta sempre più prendendo atto dell’efficacia dei bombardamenti russi in Siria, delle divisioni in seno alle classi dirigenti statunitensi e dei rapidi cambiamenti negli equilibri strategici internazionali». Berlino, aggiunge Cabras su “Megaxchip”, sta dunque cercando di ritirarsi da una battaglia tutto sommato persa, e di giocare un nuovo ruolo pacificatore in Siria. «Il ministro degli esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, punta da settimane a organizzare un incontro del tipo 5+1 (il formato diplomatico che a Vienna ha spinto verso gli accordi per l’Iran) in modo da risolvere il buco nero terroristico che ha investito la Siria». Dentro quello stadio, accanto a Hollande, c’era proprio Steinmeier. «E fuori dallo stadio, sui selciati parigini, decine di innocenti ammazzati, lo stato d’emergenza, la solita strategia della tensione. Dentro e fuori dalla fortezza europea, le braci di una guerra che possono incendiarla. Dove sarà la prossima strage?». Un ottimo argomento, conclude Cabras, per l’imminente G-20 di Antalya. Sede del summit, la Turchia di “Hathor” Erdogan: un paese Nato che, fino all’intervento russo, ha sostenuto con armi, mezzi e logistica i tagliagole anti-Assad, l’esercito dello “scorpione” che ora ha di nuovo colpito Parigi.

Orrendo massacro, lucida follia: ma non è follia. E’ un’operazione militare quella che ha sconvolto Parigi la sera del 13 novembre 2015, facendo 120 morti, colpiti per strada da esplosioni “kamikaze” o freddati a colpi d’arma da fuoco al Bataclan, locale gremito per un concerto. La strage, avverte Pino Cabras, non è solo un evento terroristico spettacolare: «È anche un evento militare di notevole entità nel cuore di una grande metropoli europea». Nel mirino di nuovo la Francia, dopo l’eccidio della redazione di “Charlie Hebdo”. Violenza opaca: sulle indagini relative alla mattanza del giornale satirico, il governo Hollande ha apposto il segreto di Stato dopo che gli inquirenti avevano scoperto che la pista delle armi coinvolgeva i servizi segreti francesi, con una triangolazione che tocca la Slovacchia e il Belgio passando per il quartier generale dell’intelligence di Parigi. «Anche stavolta si fa notare una manovalanza di assassini che si rifà al jihadismo», annota Cabras su “Megachip”. «Non c’è da stupirsi che essa abbia un peso militare sempre maggiore, essendo una legione di avventurieri istruiti con tecniche sofisticate».

Una “legione” di miliziani armata segretamente dall’Occidente e «schierata su molteplici linee del fuoco geopolitiche, pronta a prestare i suoi servizi per demolire interi Stati, e allo stesso tempo ricca di coperture e sovvenzioni statali, persino degli Stati che ne subiscono le interferenze nella loro sicurezza nazionale».

Tony Blair

E’ un fatto: sono ormai migliaia i combattenti jihadisti europei arruolati nelle guerre di oggi. «Si è creato un tipo di soldato che in Libia, in Siria e altrove non si vuole far rispondere alle convenzioni di Ginevra, per poter fare il massimo danno con il minimo di responsabilità». Ai governanti, scrive Cabras, ci sarebbe da dire: per i vostri sogni neocoloniali dalla tasca avete tirato fuori uno scorpione, non un gattino. Dopo la strage di Charlie Hebdo, fu facile fare una profezia fredda e precisa: «Lo scorpione pungerà ancora in Europa. I governanti europei, fra i più ricattabili e ricattati in ogni campo, subiranno pressioni enormi contro gli interessi dei propri paesi. È l’Impero del Caos che bussa, non l’Islam».

Il Caos, continua Cabras, ha lambito il presidente François Hollande, preso di peso mentre assisteva alla partita di calcio FranciaGermania, al momento in cui fuori dallo stadio si udivano esplosioni. «Il messaggio, data la circostanza, non certo casuale (proprio quella partita…), lo ha sentito sicuramente anche la Germania.  E i lanciatori del messaggio non sono certo da cercare fra i soldati-terroristi, che sono meri esecutori. Gli autori si trovano fra i soggetti che vogliono che l’Europa non si sottragga alla grande guerra che si sta preparando. Sono pezzi di classi dirigenti occidentali, turche, petro-monarchiche. Gli sponsor dell’Isis e del Caos». Lo spiegava già a fine 2014 il profetico libro “Massoni”, di Gioele Magaldi, svelando le trame occulte di alcune delle 36 superlogge segrete del potere mondiale, tra cui la “Hathor Pentalpha”, fondata dai Bush, di cui – secondo l’autore – fanno parte personaggi decisivi come Tony Blair, l’inventore delle “armi di distruzione di massa” di Saddam, Nicolas Sarkozy (fautore della guerra in Libia) e il leader turco Erdogan, appena rieletto dopo una vigilia elettorale scandita da spaventosi attentati come quello di Parigi. 

Erdogan

Definita “loggia del sangue e della vendetta”, creata nel 1980 quando a George Bush fu preferito Reagan, secondo Magaldi proprio la “Hathor Pentalpha” (il cui nome è sinistramente consonante con Isis: Hathor è l’altro nome di Iside) sarebbe stata nella “cabina di regia” dell’11 Settembre e oggi sarebbe al corrente di parecchi retroscena del Medio Oriente, a cominciare proprio dalla comparsa dei “tagliagole” in Siria e in Iraq, macabro esito della “fabbrica di terroristi” armati sottobanco dal Pentagono, in collaborazione con Francia, Gran Bretagna e Turchia, nonché Arabia Sudita e altri paesi del Golfo. Non può non colpire la sincronicità della nuova, mostruosa strage di Parigi rispetto all’impegno dell’unica potenza finora schierata sul campo in modo trasparente – la Russia di Putin – per cercare di mettere fine alla sanguinosa strategia della tensione che sta devastando il teatro mediorientale. Altro motivo di preoccupazione, per i “burattinai del terrore”, le crescenti esitazioni della Germania, schierata coi russi nel sostegno al regime di Assad (il male minore) e sempre più contraria all’aggressione occidentale verso lo spazio russo, organizzata utilizzando l’espediente del golpe in Ucraina.

Frank-Walter Steinmeier

«Il governo di Angela Merkel – scrive Pino Cabras – sta sempre più prendendo atto dell’efficacia dei bombardamenti russi in Siria, delle divisioni in seno alle classi dirigenti statunitensi e dei rapidi cambiamenti negli equilibri strategici internazionali». Berlino, aggiunge Cabras su “Megachip”, sta dunque cercando di ritirarsi da una battaglia tutto sommato persa, e di giocare un nuovo ruolo pacificatore in Siria. «Il ministro degli esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, punta da settimane a organizzare un incontro del tipo 5+1 (il formato diplomatico che a Vienna ha spinto verso gli accordi per l’Iran) in modo da risolvere il buco nero terroristico che ha investito la Siria». Dentro quello stadio, accanto a Hollande, c’era proprio Steinmeier. «E fuori dallo stadio, sui selciati parigini, decine di innocenti ammazzati, lo stato d’emergenza, la solita strategia della tensione. Dentro e fuori dalla fortezza europea, le braci di una guerra che possono incendiarla. Dove sarà la prossima strage?». Un ottimo argomento, conclude Cabras, per l’imminente G-20 di Antalya. Sede del summit, la Turchia di “Hathor” Erdogan: un paese Nato che, fino all’intervento russo, ha sostenuto con armi, mezzi e logistica i tagliagole anti-Assad, l’esercito dello “scorpione” che ora ha di nuovo colpito Parigi.

Africa, dove bombarda François Hollande

http://m.espresso.repubblica.it/plus/articoli/2015/10/02/news/africa-dove-bombarda-hollande-1.232674?refresh_ce

Non solo Siria. I caccia francesi sono in azione, 
da tempo, anche nel Sahara. Con la scusa di lottare contro il terrorismo, Parigi riprende il controllo di aree strategiche, ricche di oro e di uranio. Così l’Occidente ha destabilizzato un’intera regione, senza riuscire a frenare l’avanzata del Califfato

DI FABRIZIO GATTI

05 ottobre 2015

Ecco puntuali i due caccia francesi, appena decollati dall’aeroporto di Niamey. Ogni mattina volano verso Nord, risvegliano in una manciata di minuti tutta la provincia semidesertica di Tillabéri. E scendono a bombardare il Mali intorno alla città orientale di Ménaka esattamente come stanno facendo in Siria, oppure inceneriscono nel Sahara qualche convoglio di jihadisti inquadrato dalle telecamere dei droni. Che grande opportunità offre il terrorismo. Grazie alla diffusione dello Stato islamico, di Al-Qaeda nel Maghreb islamico, di Boko Haram, le varie sigle del terrore contemporaneo, la Francia ha riconquistato posizioni che in Africa aveva perso da più di quarant’anni. Non è un buon auspicio. Perché si rischia il modello Iraqistan: la destabilizzazione permanente come in Iraq e in Afghanistan, lungo una fascia di migliaia di chilometri e centinaia di milioni di abitanti che con poche soluzioni di continuità ormai attraversa il pianeta dall’Est della Mauritania fino al Pakistan.Con l’operazione “Serval”, i soldati di Parigi hanno spaccato in due il Mali consegnando per ora il Nord ai tuareg, senza che il governo di Bamako potesse reagire. E con l’operazione “Barkhane” hanno rioccupato il Nord del Niger, il Paese più povero al mondo, il primo Stato africano che si incontra a Sud dell’Italia dopo la distruzione della Libia. Duecento militari di François Hollande si sono insediati accanto ai colleghi nigerini nella base di Madama, un fortino coloniale francese costruito nel 1937 sulla sabbia rossa a cento chilometri dall’attuale frontiera libica. E la notte del 7 aprile i paracadutisti lanciati sul deserto hanno preso il controllo del passo di Salvador, punto in cui convergono le piste e i confini di Niger, Libia e Algeria. La richiesta di Parigi è di annientare i combattenti in transito, distruggere i nascondigli di munizioni e carburante, arrestare i trafficanti di armi e droga.

I militari francesi però non hanno ricevuto l’ordine di bloccare chi guadagna dai traffici di persone: così oltre duemila migranti a settimana, come li ha calcolati l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, circa diecimila al mese, possono superare tranquillamente i posti di controllo e proseguire il viaggio fino ai barconi che li porteranno in Italia. Da Madama i francesi li lasciano passare. Da Ventimiglia no.

La Francia è venuta quaggiù per rioccupare militarmente i territori in cui nell’ultimo decennio si erano insediati Paesi concorrenti. Sono regioni ricchissime di materie prime, comprese incredibili riserve d’oro a pochi centimetri sotto la sabbia. Al Mali e al Niger la Cina ha regalato importanti infrastrutture come ponti e strade, mentre dal Sahara ha cominciato a estrarre petrolio, che raffina a Zinder ed esporta. Il Canada tra il 2006 e il 2009 ha provato a contrastare ai francesi il monopolio nello sfruttamento dell’uranio nigerino, con cui la Francia produce il trenta per cento della propria energia elettrica. E per ultima in Niger è atterrata la Turchia, per partecipare alla corsa alle risorse minerarie del Sahara, di cui le potenze globali grandi e piccole si sono accorte.

È evidente che Hollande non sia preoccupato dell’incolumità degli africani. A certi livelli gli interessi minerari e geopolitici sono più forti della sensibilità umana. Abbattere il regime di Tripoli violando la risoluzione dell’Onu che limitava l’intervento alla protezione di Bengasi, come ha denunciato Jean-Pierre Chevènement, già ministro francese della Difesa e dell’Interno, è stato come tirare al biliardo. Gli storici diranno se la carambola militare e sociale che è ricaduta sul Sahara, sul Mediterraneo e sull’Europa meridionale fosse premeditata da Parigi.

Quando nel marzo 2011 Sarkozy impone agli alleati l’attacco a Tripoli, i primi a essere travolti sono proprio gli interessi italiani in Libia. E forse non a caso. Gli strateghi francesi non avevano mai digerito l’accordo di Bengasi del 2008 tra Gheddafi e Berlusconi sulla riparazione dei danni coloniali provocati dall’occupazione italiana: 5 miliardi in 25 anni da versare al regime, per ovvie ragioni ora sospesi. Un pessimo precedente, secondo Parigi. Se le ex colonie francesi pretendessero risarcimenti con la stessa proporzione, risolveremmo il problema dell’emigrazione africana in Europa. Ma la Francia sarebbe in bancarotta. Gheddafi in quei mesi gioca su più tavoli. Lavora segretamente anche per Parigi.

In Niger tra il 2006 e il 2009 arma la rivolta dei tuareg contro il presidente Mamadou Tandja che minaccia il monopolio francese sull’uranio. Poi si presenta a Niamey, la capitale, a proporre la pace e ad aprire la strada a Sarkozy quando, dopo tre anni di guerra e di morti, la Francia ottiene dal Niger il secondo giacimento di uranio più grande al mondo. Pochi mesi dopo il presidente Tandja viene punito e rovesciato da un golpe. E sempre nel 2010 Nouri Mesmari, il capo del protocollo di Gheddafi, lascia la Libia e fugge con la famiglia a Parigi. È con lui che i servizi segreti francesi organizzano la rivolta di Bengasi contro il Colonnello. Di fronte alla fine evidente, il figlio di Gheddafi, Saif al-Islami, accusa Sarkozy di avere incassato dal padre fondi neri per la sua elezione all’Eliseo nel 2007 e ne chiede la restituzione. Si parla di 50 milioni. Ma ormai proprio da Bengasi divampa la primavera “fabriqué en France”. Il 19 marzo 2011 parte l’attacco che secondo la risoluzione dell’Onu deve limitarsi a proteggere la città della Cirenaica dalla vendetta del dittatore. E che Sarkozy spinge fino al rovesciamento del regime.

Sulla storia dei fondi neri sono in corso a Parigi varie inchieste che coinvolgono l’ex presidente, il ministro dell’Interno Claude Guéant, e alcuni funzionari. Il testimone chiave dell’indagine, Gheddafi, viene ucciso il 20 ottobre 2011. Mentre gli 007 francesi e italiani corrono a mettere al sicuro il suo archivio: certe carte rimaste segrete qualche scandalo potrebbero provocarlo anche a Roma. Da allora ogni mossa, ogni dettaglio visti da qui, in Niger, sembrano rispecchiare il piano delle “Repubbliche del Sahara”. È il progetto coloniale che gli strateghi francesi da sessant’anni minacciano di recuperare dal cassetto ogni volta che sentono in crisi il loro dominio: una confederazione di Stati indipendenti da affidare ai nomadi tuareg che attraverserebbe il Nord del Mali, il Nord del Niger e anche il Fezzan, nel Sud della Libia dove oggi continuano i combattimenti.

Attraverso l’accordo di pace, firmato il 20 giugno con il governo del Mali, i tuareg riuniti nel Coordinamento dei movimenti dell’Azawad (Cma) ottengono la costituzione di assemblee regionali, l’inclusione dei combattenti in una forza armata per il Nord, l’amnistia per i ribelli e nuovi programmi per la sicurezza e lo sviluppo. Devono però rinunciare all’autonomia. È la quarta rivolta dall’indipendenza del Mali nel 1960 che finisce più o meno allo stesso modo. Dall’accordo, steso nei mesi scorsi con la benedizione dell’Algeria, altra potenza regionale, sono esclusi i gruppi islamisti di “Ansar Dine” e del “Movimento per l’unicità e il jihad nell’Africa Occidentale”. Vedremo quanto reggerà e come risponderanno i terroristi. Anche perché da fine agosto gli stessi tuareg del Cma non partecipano più ai lavori del comitato che dovrebbe consolidare la pace.

Non bisogna dimenticare che queste erano zone relativamente stabili, prima della distruzione della Libia. I tuareg, chiamati da Gheddafi in sua difesa, dopo la disfatta ritornano in Mali carichi di armi e cominciano la loro guerra alleandosi con il peggio dell’islamismo militante. Conquistano le città di Kidal, Gao e Timbuctu consegnandole poi agli estremisti che impongono la legge coranica e demoliscono monumenti. Quando i fanatici decidono di varcare il fiume Niger e puntare sulla capitale Bamako, le Nazioni unite forniscono il supporto giuridico e tra gennaio 2013 e luglio 2014 la Francia risponde con l’operazione “Serval”. Il pericoloso embrione di califfato viene così per il momento sconfitto.

Pensate che Hollande abbia poi restituito il territorio riconquistato al legittimo titolare, cioè al governo di Bamako? No. I francesi affidano il Sahara agli stessi tuareg del “Movimento nazionale per la liberazione dell’Azawad” che avevano attaccato l’esercito maliano e aperto la strada agli islamisti. Gli stessi con cui oggi Bamako, per scarsità di mezzi, è costretta a condividere la pace: dopo aver addirittura ringraziato Parigi per la terapia militare contro i terroristi. Una storiella diffusa nel Sahel racconta che per un medico i malati guariti sono soldi persi, anche i malati morti lo sono: «Perché il medico continui a guadagnare, bisogna mantenere il malato in stretta agonia controllata». E l’agonia del Mali è la ragione che spinge migliaia di ragazzi a imbarcarsi verso l’Italia: tanto da essere il secondo gruppo più numeroso dopo gli eritrei.

Boko Haram è l’altro movimento terroristico che dal Nord della Nigeria minaccia il Niger e soprattutto la regione in cui la Cina ha trivellato pozzi di petrolio e costruito una raffineria. Al confine con il lago Ciad, l’esercito di Niamey è impegnato dall’inizio dell’anno in un confronto con la guerriglia. La capacità militare della setta terroristica si è rafforzata grazie all’arrivo di armi pesanti dalla Libia. Secondo fonti di intelligence nigeriane, per lungo tempo i terroristi sarebbero stati addestrati in Ciad. E avrebbero goduto della copertura di uomini vicini al presidente ciadiano Idriss Déby Itno. Contemporaneamente, grazie alla lotta ufficiale contro Boko Haram, il presidente Déby Itno si è riscattato da anni di isolamento: tanto che la Francia ha installato il comando militare di “Barkhane”, l’operazione che dall’agosto 2014 ha sostituito la missione “Serval”, proprio a N’Djamena e non a Niamey. Un modo per controllare da vicino l’ambiguo alleato: in una terra di caldo e miraggi, la realtà non è mai come appare.

In questo risiko, l’Italia non c’è. Dall’11 al 14 maggio Niamey ospitava il vertice dei Paesi del G5-Sahel, l’alleanza antiterrorismo che comprende Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger e Ciad. Arrivano in quei giorni anche i ministri dell’Interno di Francia (ovviamente) e Spagna. Discutono di come fermare gli emigranti, di sbarchi in Europa. Cioè di noi. Il ministro Angelino Alfano non è nemmeno invitato.

Gli Stati Uniti al momento inseguono a distanza. E si accontentano di un avamposto per i loro droni nell’aeroporto di Agadez, la porta del Sahara. Mentre Boko Haram cerca di reclutare giovani disoccupati nella povertà dei villaggi rurali e nelle baraccopoli del Niger. Se aderisci, ti offrono una moto cinese da 300 euro e 500 mila franchi, circa settecento euro. Non tutti diventeranno terroristi. Ma in questo modo la rete di comunicazione e supporto si allarga. Per un ragazzo che mangia sabbia dalla nascita, in un Paese dove il settanta per cento della popolazione ha meno di 25 anni, diventa difficile spiegare che Boko Haram è un nemico. Non è però impossibile. Basterebbe forse affrontare i predicatori sullo stesso terreno offrendo qualcosa in più: due moto e mille euro. Soprattutto creando le condizioni per far crescere l’economia. Questa sarebbe vera sicurezza. L’operazione “Barkhane” impiega 3.000 soldati francesi, 20 elicotteri, 400 tra camion e veicoli blindati, 7 aerei da trasporto, 6 caccia e 4 droni:quanti posti di lavoro sicuri si sarebbero potuti creare con la stessa spesa?

L’unico vero argine contro l’islamismo in Niger è per ora l’Islam tollerante di questo straordinario Paese. Prima dell’estate il Consiglio superiore della comunicazione, l’autorità che tutela la libertà e l’indipendenza dei mezzi d’informazione, ha respinto la domanda per l’apertura di cinque radio presentata a Niamey dall’associazione “Jama’at Islamique Ahmadiyya”: perché l’etere è di tutti mentre, spiega il vice presidente del Consiglio della comunicazione, Ali Sountalma Ousseini, quella è «un’associazione a carattere confessionale con l’obiettivo di propagandare l’Islam interpretato dal fondatore del movimento di Ahmadiyya e dai suoi califfi». Con una norma così laica, perfino “Radio Maria” sarebbe fuorilegge.

Fabrizio Gatti ha scritto da inviato nella provincia di Tillabéri, in Niger.

Francia deraglia un Tgv, 7 morti

TG Valle Susa

Un finesettimana devastante per la Francia che già piange i suoi morti di Parigi. Oggi si aggiungono altri 7 operai del TGV deragliato

di Redazione

Ore 16.55 un treno Tgv deraglia nei pressi di Strasburgo, 7 morti nell’est della . Dopo il deragliamento il treno avrebbe preso fuoco. Il paese dove è deragliato è Eckwersheim vicino a Strasburgo. Oggi pomeriggio il treno stava facendo un test di prova e a bordo c’era solo un team di tecnici delle ferrovie. Secondo quanto riferito dalla prefettura del Basso Reno, il Tgv è uscito dai binari all’altezza di un ponte ed è finito in un canale adiacente. Poco prima del deragliamento, si sarebbe verificato un incendio a bordo. Sette vittime e altrettanti feriti trasportati in ospedale con l’elicottero. Le prime verifiche effettuate dalla società ferroviaria Sncf mostrano che il deragliamento sarebbe stato causato “dalla velocità eccessiva”.

snfc-tgv deraglia

Putin striglia gli incapaci europei: “Uniamoci per combattere il terrorismo”

 Riscatto Nazionale

RISCATTO NAZIONALE

Riprendiamoci la nostra patria

Putin: “L’intera comunità internazionale deve riunirsi negli sforzi per contrastare in modo efficace il terrorismo”.

La Russia è pronta a interagire strettamente con i partner francesi nelle inchieste sugli attacchi diParigi, ha scritto Vladimir Putin in un telegramma a Francois Hollande di cui dà notizia il Cremlino.

L’intera comunità internazionale deve riunirsi negli sforzi per contrastare in modo efficace il terrorismo, ha aggiunto il presidente russo. Gli attacchi di Parigi saranno discussi mercoledì dalla Commissione difesa del Consiglio della Federazione russa e poi dal Consiglio della federazione per eventualmente rafforzare le misure di sicurezza anche in Russia, ha reso noto il vice presidente dell’organismo, Evgeny Serebrennikov, citato dall’agenzia Ria Novosti.

“La tragedia a Parigi spinge noi tutti a unirci nel combattere l’estremismo e dare una risposta ferma e decisa agli attacchi terroristici”, ha dichiarato il premier russo Dmitri Medvedev porgendo le proprie condoglianze al suo omologo francese Manuel Valls. Nel telegramma di condoglianze, il cui testo è pubblicato sul sito internet del governo russo, Medvedev sottolinea che “non ci sono e non ci possono essere giustificazioni per gli atti terroristici. Condividiamo il cordoglio e il dolore del popolo francese”, ha inoltre aggiunto il premier russo.

Fonte: il giornale

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La Russia avverte che il massacro di Parigi prepara la Terza Guerra Mondiale

https://aurorasito.wordpress.com/2015/11/14/la-russia-avverte-che-il-massacro-di-parigi-prepara-la-terza-guerra-mondiale/

NOVEMBRE 14, 2015 

What Does It Mean 14 novembre 2015International Friendly - "France v Germany"Un nuovo, splendido rapporto pubblicato oggi dal Ministero della Difesa (MoD) per i responsabili politici del Consiglio di Sicurezza (SC) afferma che gli attacchi di ieri a Parigi vanno paragonati a un “massacro rituale orchestrato/diretto” da una “cabala” segreta dei massoni ai vertici del potere di Central Intelligence Agency (CIA), Direzione generale francese per la sicurezza estera (Dgse), Secret Intelligence Service inglese (SIS/MI6), Direzione dell’Intelligence militare d’Israele (DMI) e Vaticano…
Secondo la relazione, il Primo Direttorato dell’Intelligence (GRU) allertava il Ministero della Difesa sul possibile complotto di “Venerdì 13” quindici giorni fa (27 ottobre), dopo un incontro segretissimo tenutosi a Washington DC in cui partecipò il direttore della CIA John Brennan, quello della DGSE Bernard Bajolet, l’ex-capo dell’MI6 John Sawers e l’ex-capo del DMI e attuale capo per la sicurezza nazionale d’Israele Yaacov Amidror. Lo scopo evidente di questo straordinario incontro dei capi dell’intelligence occidentale, la relazione continua, era la discussione pubblica di un evento chiamato GW CIA Intelligence Conference: comitato sulla Missione internazionale condivisa del 21° secolo dove il futuro del Medio Oriente (almeno dal punto di vista occidentale) veniva deciso. La ragione segreta però di tale incontro, la relazione afferma, fu “scoperta” dal GRU quando tali capispioni s’incontrarono in segreto dopo la conferenza a casa del vicepresidente statunitense Joseph Biden, al vertice della Compagnia di Gesù degli USA, presieduta dal direttore della CIA John Brennan che, come il vicepresidente Biden, è un analista dell’intelligence di estrazione gesuita interessato alla teoria della guerra giusta. Subito dopo la riunione del 27 ottobre di questi capi dello spionaggio occidentali con il vicepresidente Biden, la relazione afferma, il rapporto del GRU presso il Ministero della Difesa su di esso “avvertiva e fortemente suggeriva” che un trucco di tale “cabala” gesuitico-massonica non escludeva una rappresaglia contro la Federazione, organizzata da tale gruppo, il 13 novembre, dato che tali organizzazioni segrete spesso, se non sempre, “programmano” i loro massacri false flag in concomitanza con “mistiche” date per loro importanti.
Importante da notare è che, a differenza di molte altre nazioni, la Federazione dedica una quantità enorme di risorse monetarie e intellettuali a ciò che viene chiamata intelligence “esoterico-religiosa satanica” a causa dell’esperienza nella Grande Guerra Patriottica (seconda guerra mondiale) contro l’Impero nazista combattuta non solo contro gli eserciti, ma contro gli “invisibili sconosciuti”, le forze dietro quel regime mostruoso. Particolarmente allarmante in merito alla riunione del 27 ottobre di tali capi dello spionaggio a Washington DC, la relazione continua, era il direttore della DGSE Bernard Bajolet affermare che la nazione protetta dalla Federazione, la Siria, “sarà diversa da quello creata dopo la seconda guerra mondiale“, a sua volta spingendo il GRU ad avvertire il Ministero della Difesa che i “numeri maestri magici della massoneria, 11 e 13” sono in gioco. Ed esattamente come il GRU aveva avvertito ieri, il 13 novembre, l’ultimo dei “massacri rituali” dell’occidente destinati a plasmare il mondo intero a sua immagine si ebbe a Parigi, quando i terroristi dello Stato islamico (SIIL) sostenuto dall’occidente, effettuavano un attacco coordinato contro 6 bersagli indifesi uccidendo almeno 128 persone e ferendone 180 di cui 99 in condizioni critiche. Il senso di tale complotto massonico-gesuita che ha voluto il massacro a Parigi il venerdì 13, il rapporto spiega, è dovuto all’esilio, arresto e messa al bando di tutti i membri della loro organizzazione segreta, il venerdì 13 ottobre 1307, contro la loro dichiarazione d’innocenza e successivo martirio sul rogo del Gran Maestro Jacques de Molay, davanti la Cattedrale di Notre Dame, sette anni dopo, venerdì 13 marzo 1314. Importante notare anche, secondo il rapporto, i precedenti avvertimenti del GRU diffusi nel 2013, secondo cui i massoni-gesuiti si sarebbero vendicati dell’uccisione del Gran Maestro dopo l’elezione al papato romano cattolico di Papa Francesco (il primo gesuita divenuto Papa nella storia della Chiesa), il 13 marzo dello stesso anno, 699 anni dopo l’esecuzione di Jacques de Molay, nonostante il fatto che i gesuiti siano vincolati da giuramento a non cercare incarichi ai vertici della Chiesa cattolica romana per l’associazione in passato con la massoneria. La “connessione” tra gesuiti e massoni, la relazione spiega, fu documentata dal Congresso degli Stati Uniti nel 1913 (Congressional Record, House Bill 1523, impugnazione del caso di Eugen C. Bonniwell contro Thos. S. Butler, 15 febbraio 1913, pagine 3.215-3.216) quando i giuramenti adottati da tali organizzazioni segrete furono scoperte essere quasi esattamente le stesse, dove i membri promettevano fedeltà alla causa contro qualsiasi governo o nazione:

Giuramento dei gesuiti
Io…, ora al cospetto di Dio Onnipotente, Beata Vergine Maria, beato Arcangelo Michele, beato Giovanni Battista, Santi Apostoli Pietro e Paolo e tutti i Santi e i beati del cielo, e a voi, padre spirituale, Superiore Generale della Compagnia di Gesù fondata da Sant’Ignazio di Loyola nel Pontificato di Paolo III, e continuata ad oggi, nata dal grembo della vergine, matrice di Dio, e dalla verga di Gesù Cristo, dichiara e giura che Sua Santità il Papa è il vice-reggente di Cristo e vero ed unico capo della Chiesa cattolica universale in tutta la terra; e che in virtù delle chiavi che legano e sciolgono, date a Sua Santità dal Salvatore Gesù Cristo, egli ha il potere di deporre re, principi, Stati, commonwealth e governi eretici, tutti illegali senza la sua conferma sacra e che possono tranquillamente essere distrutti.

Giuramento dei Massoni (organizzazioni massoniche collegate e studiosi della Rhode adottano tale giuramento)
Io…, ora al cospetto di Dio Onnipotente, beata Vergine Maria, beato Giovanni Battista, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e tutti i santi del sacro esercito del cielo, e a voi, mio Spettrale Padre, superiore generale della Compagnia di Gesù fondata da S. Ignazio di Loyola nel pontificato di Paolo III e perpetrato fino ad oggi, nato dal grembo materno della Vergine, matrice di Dio, e dalla verga di Gesù Cristo, dichiara e giura che Sua Santità il Papa è il vicereggente di Cristo e vero ed unico capo della Chiesa cattolica universale in tutta la terra; e che in virtù delle chiavi che legano e sciolgono date a Sua Santità dal mio Salvatore Gesù Cristo, egli ha il potere di deporre re, principi, regni, commonwealth e governi eretici che possono essere distrutti per sicurezza. Pertanto, al culmine del raggio del potere, proteggerò questa dottrina, e diritto e volontà di Sua Santità contro tutti gli usurpatori eretici o protestanti all’autorità e qualsiasi altra cosa, soprattutto dalla Chiesa luterana di Germania, Olanda, Danimarca, Svezia, Norvegia e le pretese autorità delle Chiese di Inghilterra e Scozia, e i rami della stessa in Irlanda, America e altrove, e di tutti gli aderenti che possano essere usurpatori ed eretici contro la sacra Madre Chiesa di Roma.

A parte il fattore vendetta in gioco nella strage di Parigi di venerdì 13, la presente relazione continua, può anche fungere da trampolino di lancio dell’obiettivo finale dei gesuiti-massoni nel causare la Terza Guerra Mondiale. Su come ciò sarà realizzato, secondo il rapporto, almeno i mandanti sperano sia la Francia che dichiari il massacro di ieri venerdì 13 atto di guerra, così attivando immediatamente l’articolo 5 del Trattato dell’Organizzazione del Nord Atlantico (NATO) cui la nazione francese ha aderito nel 2009 dopo 43 anni di assenza. L’articolo 5 del trattato NATO, la relazione spiega, dice che la risposta ad un attacco contro un membro può comprendere la forza armata, ma non approfondisce. Tutto ciò che la NATO promette realmente è prendere “le misure che ritiene necessarie” per ripristinare e mantenere la sicurezza. Questo potrebbe essere qualsiasi cosa, dalla guerra nucleare a una dura protesta diplomatica. L’unica volta che l’articolo 5 del trattato NATO venne invocato, afferma la relazione, fu il 12 settembre 2001 dopo gli attacchi agli Stati Uniti, in vigore fino ad oggi; ma per la Francia, al momento non essendo membro, necessiterebbe una seconda invocazione, in modo che la Francia possa legalmente (almeno agli occhi dell’occidente) impegnarsi in una guerra totale globale con i suoi alleati.
Con il presidente francese Francois Hollande che dichiara la strage di questo venerdì 13 difatti “atto di guerra” perpetrato dallo Stato Islamico, dicono gli analisti del MoD nel rapporto, con lo SIIL che egualmente lo rivendica, i francesi promettono una “risposta spietata ponendo le basi per un confronto militare diretto con la Federazione. E anche se il Ministero degli Esteri avverte sulle conclusioni sui principali motivi e obiettivi dei terroristi a Parigi, mentre tutte le informazioni devono provenire dagli inquirenti, la relazione nota, la propaganda occidentale è ormai in “corsa” spingendo i propri cittadini verso la guerra. Con la Federazione dal 30 settembre che annienta Stato islamico e suoi alleati terroristici, la peggiore paura di tali cospiratori gesuiti-massoni, la relazione avverte, è che il loro sostegno quasi palese a tali barbari con armi e risorse diventi sempre più evidente al mondo, smascherandoli quali mostri e rivelando chi sono veramente, e quali siano i loro piani globali. Ma seguendo il Ministero degli Esteri, dalla relazione emerge che i veri motivi di tale strage del venerdì 13 saranno, altresì, rivelati per quello che realmente sono, e lo stesso presidente Obama concordava appena il giorno prima dell’attentato, giustamente osservando che lo Stato Islamico non è più sempre forte e che ora viene contenuto.pres-obama-on-paris-attacks-2015-billboard-650Sull’esito finale di tale grande tragedia la presente relazione non specula, ma si può sperare che la verità sulla strage sia ampiamente nota prima, e comunque, che tali guerrafondai sprofondino il mondo in una guerra totale.At least six terrorist attacks kill more than 120 in ParisTraduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Chi finanzia Isis. Stati, nomi e numeri

http://formiche.net/2014/08/27/i-paesi-del-golfo-persico-che-finanziano-lisis/

Chi finanzia Isis. Stati, nomi e numeri

Chi finanzia l’Isis e perché? Arabia Saudita, Qatar e Kuwait sono alcuni dei maggiori finanziatori delle milizie dello Stato Islamico che imperversano, in queste ultime settimane, in Siria e Irak.

FONTI PRIMARIE

“The most important elements of ISIS’s funding are sadaqa (voluntary donations) from Arab donors in the Gulf; sales and tolls collected on sales of oil from fields under its control; and increasingly through money made by controlling key infrastructure”. Donazioni volontarie dai paesi del Golfo Persico, vendita di petrolio e controllo di infrastrutture chiave: sono queste le fonti da cui attinge l’Isis, si legge sia sul blog “Money Jihad sia in un articolo già pubblicato da Formiche.net.

QATAR

Ministro dello sviluppo tedesco Gerd Mueller e vice segretario Usa al Tesoro David Cohen hanno accusato il Qatar di finanziare l’Isis, si legge su La Stampa. In Qatar, infatti, le condizioni per la raccolta di finanziamenti sarebbero favorevoli grazie a politiche di controllo inesistenti da parte del Governo. “Un successivo studio del «Washington Institute per il Vicino Oriente» – si legge sempre sulla Stampa – ha calcolato in «centinaia di milioni di dollari i versamenti compiuti da facoltosi uomini d’affari in Qatar e Kuwait a favore di al-Nusra e Isis», che in precedenza era nota come «Al Qaeda in Iraq».

QUALCHE NOME

Abd al-Rahman al-Nuaymi, Salim Hasan Khalifa Rashid al-Kuwari, Abdallah Ghanim Mafuz Muslim al-Khawar, Khalifa Muhammad Turki al-Subaiy, Yusuf Qaradawi sono alcuni dei finanziatori dell’Isis in Qatar. Abd al-Rahman al-Nuaymi avrebbe donato oltre 600 mila dollari nel 2013 ad Al Quaeda in Siria e due milioni al mese ad Al Quaeda in Iraq. Salim Hasan Khalifa Rashid al-Kuwari –  come si può leggere sul sito del dipartimento del tesoro americano – avrebbe donato avrebbe donato centinaia di migliaia di dollari ad Al Quaeda in Iran nel corso degli anni e così anche Abdallah Ghanim Mafuz Muslim al-Khawar.

KUWAIT

“Il Kuwait è l’epicentro del finanziamento dei gruppi terroristi in Siria”, si legge sempre sulla Stampa, “teatro di «finanziamenti a gruppi estremisti in Siria»”. Mentre ufficialmente il governo del Paese non appoggia i gruppi islamisti come l’Isis, la popolazione appoggia le milizie jihadiste sia attraverso donazioni e finanziamenti sia arruolandosi tra le fila delle milizie, si legge sul Washington Post.

ARABIA SAUDITA

La maggioranza shiita irachena, tramite le parole dell’ex premier iracheno Nouri al-Maliki ha dichiarato di ritenere responsabile l’Arabia Saudita per il supporto finanziario e morale del gruppo Isis, si legge sul sito dell’agenzia di informazione tedesca DE (Deutsche Welle). L’articolo riporta le parole di Günter Meyer, direttore del Centro ricerche sul mondo Arabo all’Università di Magonza (Mainz), secondo cui “the most important source of ISIS financing to date has been support coming out of the Gulf states, primarily Saudi Arabia but also Qatar, Kuwait and the United Arab Emirates”. Le ragioni del finanziamento, continua il professore, risiederebbero nella volontà, da parte degli stati del Golfo, di ostacolare il regime di Bashar al Assad in Siria.

GLI STATI UNITI

Mentre gli stati del Golfo Persico finanziano le milizie jihadiste, gli Stati Uniti sono intervenuti in Irak a sostegno dell’esercito governativo iracheno e dei guerriglieri curdi per fermare l’avanzata dell’Isis, ma ci si chiede come e quanto cambierà (se cambierà) l’alleanza tra i Paesi del Golfo e gli Usa.

Attaques à Paris : « J’ai senti comme un pétard qui explosait dans mon bras »

http://www.lemonde.fr/attaques-a-paris/article/2015/11/14/daniel-psenny-journaliste-au-monde-j-ai-senti-comme-un-petard-qui-explosait-dans-mon-bras_4809665_4809495.html

LE MONDE | 14.11.2015 à 08h09 •

Mis à jour le 14.11.2015 à 20h01 |Par Julia Pascual

paris1

Daniel Psenny est journaliste au Monde. Il habite derrière le Bataclan et a été blessé vendredi 13 novembre alors qu’il tentait de secourir des blessés qui s’étaient échappés de la salle de concert.

Une balle, certainement tirée depuis une fenêtre, lui a traversé le bras gauche. Vers 3 heures du matin, il a été transporté aux urgences de l’hôpital européen Georges-Pompidou, dans le 15e arrondissement. Il attendait d’être opéré samedi matin, comme une trentaine d’autres victimes évacuées vers l’établissement de santé.

« J’étais en train de travailler chez moi. La télé était allumée, elle diffusait un film dans lequel Jean-Hugues Anglade joue un rôle de flic. J’ai entendu un bruit, comme des pétards, et j’étais persuadé au début que c’était dans le film. Mais le bruit était fort, alors je suis allé à la fenêtre. J’habite au deuxième étage, et mon appartement donne sur les sorties de secours du Bataclan. Parfois, il y a des évacuations un peu agitées, mais là, tout le monde courait de tous les côtés, j’ai vu des mecs par terre, du sang… J’ai compris qu’il y avait quelque chose de sérieux. J’ai demandé ce qui se passait. Tout le monde refluait vers la rue Amelot ou le boulevard Voltaire. Une femme était agrippée à la fenêtre du Bataclan, au deuxième étage. J’ai pensé aux images du 11-Septembre.

Je me suis alors dit que j’allais descendre pour ouvrir aux gens afin qu’ils puissent venir se réfugier. J’ai donc ouvert la porte de l’immeuble. Il y avait un homme allongé sur le trottoir. Avec un autre homme que je n’ai pas revu après, on l’a tiré pour le mettreà l’abri dans le hall. J’ai dû prendre la balle à ce moment-là. Je ne sais plus, j’ai une absence. Mais je me souviens avoir senti comme un pétard qui explosait dans mon bras gauche, et j’ai vu que ça pissait le sang. Je pense que le tireur était à la fenêtre du Bataclan. On est montés chez un couple de voisins au quatrième étage. Le type qu’on a fait rentrer avait une balle dans la jambe. C’est un Américain. Il vomissait, il avait froid, on a cru qu’il allait mourir. On a appelé les pompiers, mais ils ne pouvaient pas nous évacuer. J’ai appelé une copine médecin qui m’a expliqué comment me faire un garrot avec ma chemise. Et on est restés coincés jusqu’à ce que l’assaut soit donné et que le RAID vienne nous chercher. »