A stragrande maggioranza, l’Onu ha chiesto di porre fine al blocco degli Stati Uniti contro Cuba

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Solo USA e Israele hanno votato contro la mozione delle Nazioni Unite.
 
Avete visto quando da Washington escono le classifiche sulla rispettabiità dei governanti di paesi sovrani con la loica semantica della classificazione in “asse del male”, “regime” e altri appellativi similari? C’è un’ingiustizia nella storia che si protrae dal 1962 e che vede protagonista uno dei principali violatori dei diritti umani della storia nei confronti di una piccola isola a 90 miglia dalle sue coste – noto come “bloqueo”. L’Onu ha quantificato recentemente in 117 miliardi le perdite subite a causa di questa imposizione criminale alla luce delle relazioni internazionali.
 
Ieri l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha condannato, per il 24esimo anno consecutivo, e a maggioranza schiacciante, l’embargo economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti contro Cuba dal 1962. 191 paesi hanno votato a favore di questa decisione, solo i regimi di Washington e Israele hanno votato contro.
 
La risoluzione chiede a tutti gli Stati membri dell’ONU di “astenersi dall’adottare o applicare le leggi e misure” che estenderebbero l’embargo. Quanto a quelle che sono già entrate in vigore, viene chiesto di “revocarle o annullarle il prima possibile.”
Naturalmente è la Legge Helms-Burton del 1996, che viene esplicitamente individuata. Questa legge degli Stati Uniti ha introdotto sanzioni per le imprese straniere che fanno affari con Cuba. La proposta di risoluzione ritiene che il testo tocchi la sovranità degli altri Stati e gli interessi dei loro cittadini, così come la libertà di commercio e navigazione. Dal 1992, ogni anno, si tiene il voto dell’Assemblea Generale sulla risoluzione contro le sanzioni degli Stati Uniti: nel 2014, 188 paesi hanno votato rifiutato l’embargo.
La votazione di quest’anno si è tenuta dopo che lo scorso 17 dicembre Raul Castro  e Barack Obama hanno annunciato la decisione storica di ristabilire le relazioni diplomatiche, che sono stati ufficialmente riallacciate il 20 luglio di quest’anno. “I costi umani che le sanzioni hanno causato sono inestimabili. Il settantasette per cento dei cubani ha sofferto per l’embargo dal giorno in cui è nato”, ha commentato il ministro degli Esteri cubano Bruno Rodriguez Parrillia.
 
191 paesi contro 2. Che bisogna cambiare le coordinate per trovare l'”asse del male” forse?
 
Notizia del: 28/10/2015

Venezuela: continua a calare la povertà nonostante guerra economica e inflazione indotta

Risultati raggiunti anche nella tanto amata europa dei popoli e dell’euro vero? L’europa del rigore per mantenere l’euro e quindi la civiltà, ed a vancuffia i cittadini questa è democrazia altro che socialismo..
 
 
venezuela
Aumenti salariali e investimenti sociali proteggono la popolazione venezuelana dagli effetti nefasti della guerra economica in atto
+di Fabrizio Verde
 
La curva della povertà in Venezuela continua a scendere nonostante i forti attacchi portati contro l’economia nazionale, il sabotaggio e l’inflazione indotta. La guerra economica non riesce a fermare i progressi del processo bolivariano.
Il vicepresidente per la Pianificazione e la Conoscenza, Ricardo Menéndez, ha spiegato che negli ultimi anni sotto la guida del Presidente Nicolás Maduro la percentuale di persone che vive in povertà è continuata a calare allo stesso ritmo del periodo di Hugo Chávez. La povertà estrema per bisogni primari insoddisfatti (NBI) è passata dal 5,5% del 2013, al 5,4% dell’anno successivo, per attestarsi quest’anno al 4,9%.
In una conferenza stampa tenutasi a Caracas l’esponente del governo bolivariano ha illustrato i progressi raggiunti grazie alle politiche sociali implementate dal governo, con l’ausilio di alcuni grafici comparativi, che mostrano gli indici di povertà strutturale in Venezuela dal 1990 a oggi.
Ricardo Menéndez ha sottolineato che se nel 1990 il tasso di famiglie con bambini in un’età compresa tra i sette e i dodici anni che non frequentavano la scuola era del 5,2%, questo stesso tasso nel 2015 è dello 0,6%.
Inoltre il tasso delle famiglie monoreddito mentre nel 1990 era del 12,8%, nel 2015 si assesta al 3,1%. Numeri e dati che suffragano la bontà dell’azione portata avanti dal governo bolivariano in ambito sociale, dove sono stati fatti passi da gigante.
In un recente evento dove ha annunciato un aumento del salario minimo del 30%, il Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Nicolás Maduro, ha ribadito che la misura serve a proteggere il popolo venezuelano dagli effetti della guerra economica.
I detrattori hanno immediatamente contestato la misura dichiarando che gli effetti saranno annullati dalla forte inflazione. Un’inflazione indotta al rialzo dalla speculazione: perché un prodotto X aumenta di prezzo, questo non avviene a causa del ‘controllo sul cambio’ o a causa del sussidio governativo. Il prezzo del prodotto aumenta perché l’importatore decide di speculare, guadagnado il 1000% sulla vedita di un determinato prodotto. Questi sono alcuni degli effetti negativi che si possono riscontrare in un paese dipendente dalle importazioni come il Venezuela.
A questo punto però è lecita una domanda: se l’inflazione alta impoverisce la popolazione, come mai in paesi dove questa è tenuta bassa come Colombia, Messico e Perù, la miseria resta una grossa piaga, con un indice di povertà che supera il 40%.
Evidentemente ad essere efficaci contro la povertà e per la protezione dei lavoratori e della popolazione sono le politiche dei governi bolivariani.
 
Fonte: Vtv/ Mision Verdad
 
Notizia del: 20/10/2015