Blitz No Tav alla Geovalsusa, denunciato reporter per violazione di domicilio

Blitz No Tav alla Geovalsusa, denunciato reporter per violazione di domicilio
ottobre 23 2015

di Marta Belotti

Il testimone è stato indagato. Questo è quanto accaduto a Davide Falcioni, reporter per il sito web della fondazione Agoravox. A novembre dello scorso anno doveva testimoniare al processo che vede come imputati alcuni no tav per l’irruzione alla sede della Geovalsusa, una ditta che lavora al progetto della Torino-Lione. Ma, durante l’udienza, viene avvisato dal pubblico ministero Manuela Pedrotta che sarebbe stato indagato per lo stesso reato degli imputati: violazione di domicilio.
Falcioni sostiene di aver seguito il gruppo di No Tav per documentare quanto accaduto. Per il pm questo è irrilevante e il reato si configurerebbe ugualmente. Dopo un anno di indagini, ecco che è arrivato l’avviso di garanzia.
Il reporter, sul suo sito, aveva sostenuto che non c’era stata azione violenta da parte dei no tav, ma una “partecipazione pacifica”.

Avviso di garanzia per il giornalista Davide Falcioni. «Un attacco al diritto di cronaca e alla libertà di raccontare»

post 23 ottobre 2015 at 18:03

1111-2-c9dfdda AgoraVox – «Penso che la mia vicenda rappresenti un attacco inaccettabile al diritto di cronaca e alla libertà dei cronisti di raccontare in modo indipendente ciò che osservano. Per questo ribadisco che rifarei esattamente ciò che feci in quell’agosto di tre anni fa, indipendentemente da come evolverà l’eventuale processo a mio carico», ci ha detto Davide.

Cosa è successo? Dopo mesi di silenzio Davide Falcioni ha ricevuto un avviso di garanzia per “violazione di domicilio” per aver partecipato, come cronista, ad un presidio No Tav (ne avevamo parlato dettagliatamente a novembre in questo articolo No Tav: il cronista Davide Falcioni indagato per aver raccontato la Val di Susa“).

Ricapitoliamo.

Davide era presente, nel 2012, come cronista per AgoraVox, al presidio della sede di una società coinvolta nella realizzazione della Tav e ha raccontato la sua esperienza nell’articolo “Io ero con i No Tav arrestati. Vi racconto come sono andate davvero le cose“: 

Dipinta come un’azione violenta realizzata dei soliti “facinorosi” dei centri sociali torinesi, in realtà ha visto la partecipazione pacifica di decine di persone di ogni età ed organizzazione politica o sociale. L’azione si è svolta a volto scoperto, suonando il citofono e facendosi aprire. Una volta entrati, è stato srotolato uno striscione ed accesi un paio di fumogeni rossi. Nessun danno è stato arrecato agli oggetti dello studio. Nessuna minaccia ai dipendenti che, anzi, hanno amabilmente chiacchierato con i militanti No Tav presenti.

In seguito le persone presenti al presidio vengono denunciate (accuse: violazione di domicilio, danneggiamento informatico, furto e violenza privata) e per questo Davide Falcioni si è offerto come testimone.

Con la mutazione da testimone a indagato, la testimonianza di Davide Falcioni è diventata, di fatto, nulla.

Questi fatti ci portano ad aprire una riflessione che parte da più punti: primo, l’unico testimone presente all’azione, venduta come “violenza” dalla narrazione dell’accusa, è invalidato.

Secondo: viene violato il diritto di cronaca, un patrimonio che è lungi dall’essere esclusiva di chi ha un tesserino da giornalista.

Terzo: la Val di Susa, il movimento no Tav e chi prova a raccontarlo diversamente, sono un terreno, Il terreno, dove si sta giocando intorno ai diritti fondamentali e dove si cerca di far tacere chi vuole, non diciamo un’altra soluzione, ma anche solo un’altra narrazione.

La redazione di AgoraVox Italia rinnova la sua solidarietà all’amico e collega Davide Falcioni.

Kurdistan: quando la storia presenta il conto

Vi sono situazioni di instabilità odierne che hanno origini molto, molto lontane nel tempo. Conoscere la storia per capire il presente.

Vi sono situazioni di instabilità odierne che hanno origini molto, molto lontane nel tempo. Se non ne comprendiamo profondamente la  e l’evoluzione, non riusciremo mai a venirne a capo
 
Una di queste è rappresentata dai Curdi e dal , lo stato che non è mai esistito.
 
Fra l’ottavo e il settimo millennio avanti Cristo una popolazione di nomadi (gli Hatti) dedita alla pastorizia e all’allevamento, le cui origini non sono note e che parlava una lingua non appartenente al ceppo indo-europeo, si insedia in quella che è l’Anatolia Centrale e Sud Orientale, oggi facente parte della Turchia. Il nome Anatolia significa infatti “terra degli Hatti”.
 
E’ degno di nota che il più antico centro abitato in muratura (città) oggi conosciuto è stato proprio edificato dagli Hatti e corrisponde al sito archeologico di Çatal Hüyük, a sud-est di Ankara.
Fra il 2.500 e il 1.700 a.C. il territorio degli Hatti fu interessato da migrazioni di popolazioni di origine indo-europea che culminò con l’arrivo degli Ittiti e la fondazione del loro impero che si stendeva sia sull’odierna Turchia centrale e orientale che su parte della Siria, dell’Iraq e dell’Iran. Gli Ittiti provenivano dalla  meridionale e riunificarono nel corso di vari secoli i diversi regni (città stato) di cui era costellata l’Anatolia.
 
Nell’espansione Ittita rimase famosa la battaglia di Qadesh combattuta contro gli egiziani del faraone Ramses II all’incirca nel 1.274 a.C.
 
Intorno al 1.170 a.C. l’ inizia a decadere e a frammentarsi (insediamenti neo-Ittiti sono rintracciabili in Siria, Cappadocia, Cilicia, Alto Eufrate) sotto gli attacchi dei cosiddetti “popoli del mare” (Achei, Filistei, Lici, ecc.) e a loro subentrano infine gli Assiri come grande potenza regionale. L’unificazione Assira si reggeva sul terrore verso i popoli sottomessi, ma caduto l’impero la costellazione di popoli forzatamente “federati” si disgregò. L’impero fu dapprima suddiviso fra i Medi e i Caldei, ma ben presto l’Anatolia divenne possesso dei Frigi e dei Lidi, entrambi popoli discendenti dagli Ittiti. Il più famoso e ultimo re dei Lidi fu Creso.
 
A partire dal 546 a.C. tutta l’Asia Minore cadde sotto il dominio persiano che durò fino al 330 a.C. a seguito della vittoria di Alessandro Magno su Dario III, ultimo imperatore achemenide.
Sotto i persiani il territorio dell’ex impero Ittita venne ripartito fra varie Satrapie (provincie): Lidia, Frigia, Cilicia, Cappadocia, Armenia, Siria e Assiria, corrispondenti agli attuali stati di Turchia, Siria, Iraq e Armenia.
 
Con la “Spartizione di Babilonia” nel 323 a.C. a seguito della morte di Alessandro, le provincie suddette furono assegnate ai suoi vari generali (diadochi). L’Asia Minore e la Siria toccarono ad Antigono  fino al 301 a.C., quando venne sconfitto dal diadoco Seleuco, fondatore dell’impero Seleucide.
Kurdistan storia
Con la battaglia di Magnesia (190 a.C.) combattuta fra Romani e Persiani (seleucidi), l’intera area passò sotto l’influenza romana sia diretta (nuove provincie annesse all’impero) che indiretta (stati cuscinetto), divenendo in seguito (II°- III° sec. d.C.) territorio conteso con i Parti, i nuovi conquistatori dell’ex impero persiano.
 
Il resto è storia relativamente recente: le conquiste arabe, la caduta dell’Impero Romano d’, l’avvento dell’Impero Ottomano in Turchia, l’espansionismo verso il Mar Nero e il Caspio dell’Impero zarista, con i territori curdi che passano di mano in mano svariate volte.
kurdistan impero ittita
In sintesi i Curdi, discendenti diretti degli Hatti, degli Ittiti e dei Medi, non hanno mai avuto pace fino ai giorni nostri e nessuno si è mai preso la briga di risolvere il loro problema di identità etnica. Abitanti sventurati di un “terra di mezzo” da millenni strategico crocevia di migrazioni bibliche, di scambi commerciali e culturali e di grandi conflitti di natura politico-egemonica, hanno dovuto da sempre soggiacere alla “legge del più forte del momento”.
 
Lettera di Antonio Alei.

Inchiesta San Michele: la “sabbia” di Toro per il cantiere Tav (durante i monitoraggi ambientali ante operam!)

venerdì, ottobre 23, 2015
Inchiesta San Michele: la “sabbia” di Toro per il cantiere Tav (durante i monitoraggi ambientali ante operam!)

Inchiesta San Michele: la “sabbia” di Toro per il cantiere Tav (durante i monitoraggi ambientali ante operam!)

Ho venduto anche la sabbia riciclata a Italcostruzioni oggi, ma che cazzo ne sapete?!? Che domani lo faccio girare tutto il giorno, Dio fa, gli ho detto “stendi questa Dio fa, sulla Tav, che è bella”. Ma che cazzo ne sa sta gente, ma si dai.

Questo diceva il 29 marzo 2012 Gianni Toro, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e smaltimento illecito di rifiuti, in una conversazione riportata nell’ordinanza di applicazione di misura cautelare dell’inchiesta San Michele . In una precedente telefonata specificava che la “sabbia riciclata” serviva “per spianarla sopra un piazzale…si vede che devono portarlo su…alla…alla Tav”. Toro fornisce in quei giorni il medesimo materiale anche ad altre ditte, nelle carte dell’inchiesta vi è una telefonata fra Toro e un dipendente della Ritonnaro Costruzioni che stava lavorando per la Smat. Quest’ultimo si lamenta della qualità del materiale inviato da Toro contenente pezzi di asfalto grossi “come mattoni”. Commentano gli inquirenti: “Toro invitava l’interlocutore a tombare il materiale e ricoprirlo poi con del materiale di qualità migliore che gli avrebbe fornito; aggiungeva che aveva avuto necessità di smaltire materiale di quel tipo, ed a tale scopo lo aveva fornito per vari cantieri, aggiungendo ‘anche per quello lassù’. Appare evidente il riferimento al materiale ceduto alla Italcostruzioni da destinare al cantiere della Maddalena”.

Quindi sul finire di Marzo 2012 Toro cedeva del materiale (che “doveva far fuori”) all’Italcostruzioni per impiegarlo alla Maddalena. Ma cosa accadeva esattamente in quei giorni alla Maddalena? Era nel pieno svolgimento la prima campagna di monitoraggio ante operam della qualità dell’aria.

Cos’è il monitoraggio ante operam? Lo spiega chiaramente la Commissione VIA nelle sue  Linee guida per il progetto di monitoraggio ambientale che impongono che il monitoraggio ante operam si concluda “prima dell’inizio delle attività interferenti con la componente ambientale”. E lo distingue dal monitoraggio in corso d’opera “che comprende tutto il periodo di realizzazione, dall’apertura dei cantieri sino al loro competo smantellamento e al ripristino dei siti”.

Secondo le linee guida della Commissione VIA il monitoraggio ante operam deve “definire lo stato dei luoghi, le caratteristiche dell’ambiente naturale ed antropico, esistenti prima dell’inizio delle attività”. Mentre il monitoraggio in corso d’opera ha lo scopo di “analizzare l’evoluzione di quegli indicatori ambientali, rilevati nella stato iniziale, rappresentativi di fenomeni soggetti a modifiche indotte dalla realizzazione dell’Opera, direttamente o indirettamente (es.: allestimento del cantiere).”

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Cantiere Maddalena – marzo 2012 – inizio monitoraggio ambientale ante operam

Quando è iniziato il monitoraggio ante operam alla Maddalena? Lo dice Ltf nel  Rapporto finale ante-opera (MAD MA3 FEN 0202): “le attività di monitoraggio ante-opera sono state avviate a partire dal mese di Marzo 2012” (il monitoraggio delle fibre di amianto aerodisperse è iniziato addirittura il 14 maggio). A Marzo 2012 il cantiere, aperto il 27 Giugno 2011, era nel pieno dell’allestimento. Durante il monitoraggio ante operam nel cantiere ci sono stati sbancamenti, costruzione di strade, preparazione dei piazzali, allestimento della parete berlinese ed ora sappiamo anche trasporto della sabbia riciclata di Toro.

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Cantiere Maddalena – luglio 2012 – in corso monitoraggio ambientale ante operam

Come si conciliano tutte queste attività di cantiere con il monitoraggio ante operam? Bisognerebbe chiederlo ad Arpa. Perché proprio ad Arpa il Cipe ha affidato il compito di concordare con Ltf il Piano di Monitoraggio Ambientale seguendo le Linee guida redatte dalla Commissione Speciale VIA richiamate in precedenza (Cipe 86/2010 prescrizione 19). Ma nelle Valutazioni dei risultati del Monitoraggio Ambientale – Fase di ante-operam scritto da Arpa non vi è traccia del fatto che l’ante operam sia stato fatto mentre il cantiere era in pieno svolgimento. O meglio, vi è qualche traccia indiretta e involontariamente comica, per esempio quando a proposito delle fibre aerodisperse scrivono: “l’analisi dei dati espressa dal proponente, a conclusione delle campagne di monitoraggio Ante Operam, non riporta indicazioni in merito alle attività di cantiere in corso durante i prelievi, come sarebbe stato opportuno fare, in particolare in corrispondenza delle giornate nelle quali si è ottenuto un riscontro positivo (da 0,17 a 0,89 ff/l d’amianto)”. Le attività di cantiere in corso durante l’ante operam?

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Cantiere Maddalena – luglio 2012 – in corso monitoraggio ambientale ante operam

Ma ci sono persino delle schede di monitoraggio in cui l’anomala situazione dell’ante operam alla Maddalena risulta evidente. Per esempio nella scheda dei rilievi del rumore ante operam presso la Borgata Clarea del 16-17 ottobre 2012, fra le note troviamo scritto “attività di movimentazione terra e scavi area di cantiere.

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Scheda rumore ante operam

Che valore può avere un ante operam svolto durante le attività di cantiere? Come può “definire lo stato dei luoghi, le caratteristiche dell’ambiente naturale ed antropico, esistenti prima dell’inizio delle attività” se le attività sono in pieno svolgimento?

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Cantiere Maddalena – settembre 2012 – in corso monitoraggio ambientale ante operam

La movimentazione di terra, gli sbancamenti, la creazione di piazzali, la sabbia riciclata di Toro non sono “attività interferenti con la componente ambientale”?

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Cantiere Maddalena – novembre 2012 – ultime settimane del monitoraggio ambientale ante operam

Il TTIP è già operativo in Europa. Dal Guardian

Il TTIP è già operativo in Europa. Dal Guardian
 
Mentre tra le polemiche, lo scorso 10 ottobre, i negoziatori di Usa e di altri 11 Paesi del Pacifico hanno siglato l’accordo di scambio transatlantico (TTIP), ovvero il più grande accordo di libero scambio nella storia recente, c’è chi avanza l’ipotesi che, nel totale riserbo, l’intesa sia in realtà già entrata in vigore in Europa, ben prima della sigla ufficiale dell’intesa. E i risvolti sembrano tutt’altro che tranquillizzanti.
Secondo un recente articolo pubblicato sul Guardian, Nick Dearden, direttore di Global Justice Now, avrebbe affermato che il consulente dell’UE, Damien Levie, si sarebbe lasciato sfuggire nel corso di una conferenza che il libero scambio significa “indebolire le norme minime vigenti concordate dall’UE”.
Levie avrebbe quindi detto, a questo proposito, che colture geneticamente modificate sarebbero state ammesse nell’area UE già prima della sigla dell’accordo.
Sempre secondo Levie, gli Stati membri del blocco a 29 “sarebbero poi al lavoro per approvare nuovi organismi geneticamente modificati (OGM), con ben cinque nuovi prodotti approvati finora”.
Notizia del: 22/10/2015

Per le violazioni dei diritti umani in Venezuela, Amnesty International ha “l’agenda piena”

ovviamente nei paesi nemici del dip di stato USA si commettono violazioni  dei diritti umani cosa che negli USA non avvengono mai, o in Yemen dove i bravi sauditi esempio di democrazia massacrano chi vogliono, così come in Bahrein
 
Il portavoce italiano Riccardo Noury risponde alla lettera de l’AntiDiplomatico, Contropiano, Nuestra America e LatinoAmerica avallando una posizione sconcertante per un’organizzazione che a parole si professa in difesa dei diritti umani
 
Nei giorni scorsi abbiamo indirizzato una lettera aperta a Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, perché sinceramente sconcertati dalla posizione assunta dalla sua organizzazione circa la vicenda di Leopoldo López, esponente dell’estrema destra venezuelana condannato per il ruolo avuto nell’organizzazione degli scontri violenti che hanno insanguinato il Venezuela tra la fine del 2013 e il 2014. Una lettera aperta firmata da Contropiano, Nuestra America e LatinoAmerica di Gianni Minà che si riferiva ad un rapporto di Erika Guevara-Rosas, Direttrice per le Americhe di Amnesty, la quale chiedeva la liberazione del golpista López definito “prigioniero di coscienza”.
Riccardo Noury ci ha risposto attraverso un commento sul nostro portale L’Antidiplomatico in calce alla lettera, riproponendo, senza apportare nessun elemento di novità, la posizione di Amnesty. Una posizione che riteniamo profondamente ingiusta e irrispettosa verso gli innocenti che hanno perso la vita e nei confronti di chi è rimasto mutilato in quella violenta follia volta al rovesciamento di un legittimo governo.
Ecco la risposta di Riccardo Noury alla nostra lettera aperta che vi riproponiamo nella sua interezza:
 
Cari amici,
vi ringrazio per la vostra lettera aperta.
Condivido la necessità che “i responsabili dei fatti violenti che hanno insanguinato il Venezuela nel 2014, vengano condannati e paghino per i delitti commessi” e confermo che tra questi vi sono anche gruppi organizzati di persone che hanno commesso azioni criminali, più
volte denunciati da Amnesty International nei suoi rapporti e comunicati stampa
sul Venezuela.
Quanto al caso di Leopoldo Lopez, Amnesty International ha potuto esaminare tutte le prove presentate dall’ufficio del procuratore, sulla base delle quali l’imputato è stato condannato, il 10 settembre 2015, a 13 anni e nove mesi di carcere. Queste prove non sono in grado di stabilire il coinvolgimento o la responsabilità diretta di Lopez nei reati di cui è stato giudicato
colpevole.
Per questo motivo, Amnesty International ritiene che Lopez sia stato arrestato arbitrariamente e condannato senza alcuna credibile prova a suo carico. Lo riteniamo un prigioniero di coscienza, condannato per motivi politici, e chiediamo – così come ha già fatto l’Alto commissario Onu per i diritti umani – che sia rilasciato.
All’insoddisfacente e sconcertante posizione ribadita dal portavoce di Amnesty vorremmo rispondere con alcune precisazioni:
 
Riteniamo, in primo luogo sconcertante da parte vostra il non aver ricevuto i rappresentanti del ‘Comitato vittime delle Guarimbas e del Golpe Continuato’ in visita a Roma. Un’organizzazione che si proclama in difesa dei diritti umani e che non trova uno spazio in agenda (ragioni di «disponibilità di tempo») per ascoltare le vittime di violenze inaudite è una contraddizione in termini. Chi lotta per i diritti umani non obbedisce a orari o agende prestabilite.
 
In relazione alle vostre informazioni sul caso di Leopoldo López, in secondo luogo, ci permettiamo di tracciarvi un breve excursus sulla sua storia: il cittadino venezuelano Leopoldo López ha due sanzioni amministrative per atti di corruzione e inoltre ha avuto un ruolo attivo (prove inconfutabili e documentate) nel colpo di stato del 2002 contro l’ex presidente Hugo Chavez, quando rapì e privò della sua libertà personale l’allora Ministro degli Interni e Giustizia Rodríguez Chacin, violando così i suoi elementari Diritti Umani. Dopo aver ricevuto la grazia dal governo del Venezuela, Leopoldo López ha continuato nella sua azione di sovversione.
In riferimento alle violenze del febbraio-giugno 2014 note come “Guarimba”, in terzo luogo, López è nuovamente coinvolto in modo inconfutabile e vi invitiamo a compiere una profonda revisione del caso, visto che vi sono appelli alla violenza e al non riconoscimento delle istituzioni dello Stato attraverso decine di video e proclami per diversi mezzi di comunicazione e reti sociali, senza contare le recenti dichiarazioni degli autori materiali di questi atti: noto il caso di Pérez Venta, il quale è collegato direttamente e inconfutabilmente al signor López, nonché ad altri politici nazionali e internazionali. Casi che qui non citiamo per ragioni di spazio e anche perché la giustizia venezuelana continua a fare il suo corso identificando tutti gli autori materiali e i mandanti delle violenze.
 
López, infine, è stato condannato per atti di distruzione e di violenza presso la sede del Ministerio Público, mentre continuano le indagini su tutti i successivi atti di violenza. Non secondario, e invitiamo un’organizzazione di tale prestigio a non tralasciare un elemento cos’ importante, il golpista López più che prigioniero di coscienza o politico, al massimo, se volete distorcere la realtà lo potete definire come “prigioniero volontario”, in quanto è noto come si sia consegnato di sua spontanea volontà alle autorità venezuelane.
Condividiamo e sottoponiamo all’attenzione di Amnesty le parole del giurista internazionale Fabio Marcelli, che sul Fatto Quotidiano ieri scriveva:
 
Il Comitato delle vittime della guarimba esige che sia fatta piena luce sui gravi episodi di violenza e sulle circostanze che hanno portato alla morte di oltre cinquanta cittadini venezolani, anche con l’obiettivo di evitare, per il futuro, che ci siano ancora vittime, e di scongiurare la guerra civile. Tale devastante ipotesi è nell’interesse solamente di una classe dominante spodestata ma pronta a tutto pur di tornare al potere ed è evidentemente contraria all’interesse della grandissima maggioranza dei cittadini venezuelani, favorevoli o meno al governo attuale.
Sarebbe opportuno lo capisse anche Amnesty International, cui recentemente è stata spedita una lettera aperta che critica la sua decisione di schierarsi a fianco di Lopez, definito a torto un prigioniero di coscienza. Sconfortante, a tale riguardo, il fatto che la sede romana di tale associazione abbia deciso di non incontrare il Comitato delle vittime della guarimba adducendo incredibilmente il fatto che l’agenda del suo Direttore fosse già piena. Elementi di forte riflessione per un’Associazione che ha fatto indubbiamente molto per i diritti umani ma che rischia oggi di perdere la sua credibilità e la sua autorevolezza.
Per tutte queste ragioni, la posizione di Amnesty International, oltre che ad andare nella direzione della destabilizzazione di un paese sovrano, resta fortemente lesiva dei diritti umani di tutte quelle persone riunite nel ‘Comitato Vittime delle Guarimbas e del Golpe Continuato’. Semplici cittadini venezuelani a cui un’ondata di inaudita violenza, aizzata dall’estrema destra di Leopoldo López, ha sconvolto le vite in maniera irreparabile. Pur ringraziandolo sinceramente per la risposta e l’attenzione dimostrataci, questa singola frase di Noury nella risposta alla nostra lettera “Lopez sia stato arrestato arbitrariamente e condannato senza alcuna credibile prova a suo carico. Lo riteniamo un prigioniero di coscienza” crea un vulnus immenso di credibilità per un’organizzazione che a parole si dichiara in difesa dei diritti umani.
 
Notizia del: 21/10/2015

Un ex presidente Usa ha fornito alla Russia le mappe con le posizioni dell’ISIS in Siria

Un ex presidente Usa ha fornito alla Russia le mappe con le posizioni dell'ISIS in Siria
Lo confermano lo stesso ex presidente e il Ministero degli Esteri russo
 
Lo scorso maggio, l’ex presidente americano Jimmy Carter ha dato alla Russia delle mappe che riportano le posizioni dello Stato Islamico e altri gruppi terroristici in Siria, ha confermato giovedi il Ministero degli Esteri russo.
Mosca spera che Washington mostri lo stesso approccio costruttivo e collaborativo, avuto dall’ex presidente Usa, nel collaborare con la Federazione russa nella lotta contro il terrorismo, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zajárova. “Posso confermare che questa informazione è vera. Infatti, Jimmy Carter ha proposta alla Russia di inviare le mappe realizzate da suo centro presidenziale che mostrano le posizioni dele truppe governative, dello Stato islamico e di altri gruppi “.
 
Sostenendo di conoscere il presidente russo Vladimir Putin “abbastanza bene”, perché una volta hanno discusso il loro “interesse comune per la pesca a mosca”, l’ex presidente Jimmy Carter ha preso l’iniziativa di fornire le mappe delle posizioni dello stato islamico in Siria all’ambasciata russa a Washington.
 
“Ho mandato un messaggio a Putin giovedì e gli ho chiesto se voleva una copia delle nostre mappe in modo da poter bombardare con precisione in Siria, e poi il venerdì, l’ambasciata russa a Atlanta – voglio dire a Washington, mi ha chiamato  e mi hanno detto che volevano la mappa “, ha detto Carter domenica in Georgia, secondo un video delle sue osservazioni ripresa dalla NBC News.
Notizia del: 22/10/2015

SUR AFRIQUE MEDIA CE VENDREDI 23 OCTOBRE 2015/

EMISSION SPECIALE DU ‘MERITE PANAFRICAIN’ :

QUE FAIRE DES BASES MILITAIRES OCCIDENTALES EN AFRIQUE ?

En direct des studios de Douala

Ce vendredi 23 oct. 2015

vers 20H (Douala/Ndjamena) ou 21H (Bruxelles/Paris/Berlin)

Présentée par Alain-Michel Yetna

Avec tous les panelistes de Douala et en duplex de Yaoundé et Ndjamena

Avec le géopoliticien Luc MICHEL enfin en direct sur le plateau de Douala.

Carte :

SUR AFRIQUE MEDIA CE VENDREDI 23 OCTOBRE 2015

Les bases militaires de l’US Army en Afrique début 2013 …

AMTV/ avec EODE Press Office et PANAFRICOM /

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