Numa e la passeggiata a sorpresa

post 31 ottobre 2015 at 17:16

12194776_686493044785432_5917946303208062458_oChe l’informazione giornalistica dei principali quotidiani locali sia di parte e comunque avversa al movimento No Tav si sa, che tante volte negli anni questo mondo si sia fatto foriero della battaglia Si Tav è altrettanto evidente.

Questa premessa per dire che non ci sorprendono gli articoli di parte e contrari, ma a volte come oggi leggendo l’edizione on line della stampa con l’articolo di Massimo Numa ci si chiede come sia possibile che venga dato tanto spazio alle fantasie e ai deliri di tale personaggio.
L’apericena di ieri sera ai cancelli di Chiomonte, che si è poi trasformato in una passeggiata a sorpresa tra le vigne e i boschi attorno al cantiere, viene raccontato in maniera assolutamente falsificata, tanto da farci scrivere queste poche righe a commento.
Partendo dai fatti, ieri in circa un centinaio ci si è mossi per i sentieri, riuscendo a fare battiture ai cancelli e lanci di fuochi d’artificio da diversi punti dello stesso. La risposta della polizia, piuttosto scontata ed inefficace, si è esaurita nel lancio di diversi lacrimogeni e l’utilizzo alla rinfusa dell’idrante (infatti nessuno si è bagnato).
Sulla strada del ritorno un gruppo di 12 No Tav si è staccato dal gruppo e scendendo per le vigne ha tentato di raggiungere via dell’Avanà la cui libera circolazione continua ad essere interdetta, se non per eccezioni concesse dalla polizia a guardia del dispositivo.
I 12, come ben avevano previsto, una volta raggiunta la propria meta sono stati fermati dalle forze dell’ordine, perquisiti ed identificati per poi essere rilasciati nel giro di poco tempo.
Ecco che questo fermo “volontario”, qui sopra sinteticamente raccontato, nelle righe dell’articolo della Stampa si trasforma in una spettacolare operazione dell’intelligence poliziesca in cui “dodici attivisti No Tav del centro sociale Askatasuna sono stati fermati stanotte dalla Digos e denunciati per la violazione dell’ordinanza del prefetto..”. La cosa di per se non suonerebbe strana, sia chiaro, ma sorprende poiché in realtà dei 12 fermati ben 7 erano VALLIGIANI dei quali 5 con età media di anni 65 di Villarfocchiardo, Giaglione, Susa, Chianocco e Bussoleno. Gli altri una studentessa di Pisa, una di Brescia e altri 3 di Torino.
Non pago, Numa si spinge ben oltre, cercando di enunciare i motivi interiori che hanno spinto questa volta i No Tav (che in Clarea settimanalmente continuano da anni a portare azioni di disturbo) a percorrere i sentieri e secondo lui ci troveremmo di fronte ad una sorta di lamentazio contro l’incontro tra i sindaci valsusini e il ministro del Rio….da cronista fantasioso a psicologo da quattro soldi, che magra figura.
Alla prossima, nonostante lo sciacallo Numa.

No Tav, ma quale pacificazione

Il 31 ottobre segna lo spartiacque con la rivolta all’opera inutile, quel giorno in migliaia salirono al Seghino, oggi salgono alla Maddalena con la stessa convinzione e senza la pacificazione.

Il 31 ottobre è una ricorrenza storica in una valle non pacificata. Lo è ancora di più oggi nel decennale dai fatti che videro un’intera valle ribellarsi al sopruso della presa di forza del territorio. Quel giorno il Governo dell’allora Berlusconi invio in Valsusa gli operai e i mezzi antisommossa per difendere l’operato oscuro di un progetto ancora da definire. Si trattava delle prime trivellazioni nel comune di  fatte in montagna, di nascosto dalla gente di valle. Il paese di  venne bloccato, solo residenti potevano accedervi, i nonni residenti a Susa (1 km) di distanza non potevano andare a prendere il nipotino per portarlo a scuola. La situazione esplose e i valligiani presero il sentiero della montagna. Andarono ad affrontare il pericolo costruendo le prime barricate al sopruso. La giornata si concluse con la smobilitazione delle forze in divisa, ma fu solo un bluff, nella notte tornarono ed occuparono il terreno facendo ben poco, si scoprì poi che l’utilità era solo sulla carta. Di lì si arrivò poi a Venaus con le giornate del 6 e 8 dicembre dove la valle espulse quello che riteneva e che ritiene ancora oggi una truffa. Da due giorni si ripetono gli assedi al cantiere della Maddalena di Chiomonte, prima il gruppo NPA No  con la sua solita cena infrasettimanale nei terreni della Clarea ha voluto dare l’inizio della sveglia sulla ricorrenza del 31 ottobre “la rivolta del ”.

FOTO PATELLA PAOLO

FOTO PAOLO PATELLA

“Come sempre una serata di grande resistenza quella di ieri sera in Clarea.Dopo una cena squisita il gruppo dell’NPA decide di concludere l ‘appuntamento serale con una battitura alle reti del cantiere direzione baita.La reazione è come sempre spropositata nei nostri confronti: in un primo momento escono dal cancello 2 blindati (uno della polizia e l’altro della guardia di finanza) e un fuoristrada. Chi stava facendo la battitura viene avvisato, interrompe l’azione di disturbo e si avvicina al ponte senza tuttavia essere intimorito, nel frattempo la polizia si veste di caschi e paramenti vari. Ad un tratto i mezzi arretrano rientrando nel cantiere, il gruppo di persone determinate riprendono una vigorosa battitura.All’interno del fortinoviene fatto avvicinare l’idrante. Probabilmente le forze del disordine sono rimaste spiazzate dal fatto che secondo le loro previsioni si aspettavano che il gruppo si dirigesse verso il cancello basso.I plotoni delle camionette si avvicinano al cancello dove era presenti il gruppo che faceva la battitura pronti ad uscire, l’idrante avanza verso la baita iniziando a sparare acqua senza riuscire a centrare nessuno dei presenti.Ad un tratto il cancello si apre e la polizia esce gridando e cercando di fare dei fermi, ma niente di fatto, perchè il gruppo del Npa riesce rapidamente a sfuggire alle guardie visibilmente infastidite.La serata si conclude con grande soddisfazione dei partecipanti: si parte e si torna insieme. Il concetto deve essere chiaro: nessun tavolo per trattare, nessuna resa, nessuna pacificazione sarà ben accetta.  sempre, fino alla vittoria!!!”

Ieri sera dall’apericena ai cancelli un’altra sonora sveglia ha visto i rivoltosi, per tutta la notte, sostenere la non pacificazione.

FOTO FULCHERI DIEGO

FOTO DIEGO FULCHERI

Si legge sul sito Notav.info “Il consueto apericena si è trasformato in una passeggiata tra le vigne e i boschi attorno al cantiere. Verso le 19 un centinaio di notav ha preso la via dei sentieri visto che l’accesso a via dell’avana’ era sbarrato da decine di poliziotti in assetto antisommossa, così si è proseguito verso l’area archeologica dividendosi in due gruppi. Cori, battiture e fuochi d’artificio e non ci si è fatti intimidire dalla polizia che ha lanciato lacrimogeni e usato l’idrante alla rinfusa. Ancora un tentativo di raggiungere via dall’Avanà e poi sul sentiero del ritorno, alcuni no tav sono stati identificati. Il resto del gruppo si è poi ritrovato davanti ai cancelli della centrale per aspettare i fermati (una decina e mentre scriviamo stiamo aspettando ancora notizie. +++AGG. H23.30 sono stati tutti rilasciati+++) Chiaro il messaggio lanciato anche questa sera, nessuna pacificazione in questa valle invasa dalle truppe d’occupazione e dal partito del tondino e del cemento. La valle non vi vuole, andatevene via!”.

FOTO FULCHERI DIEGO

FOTO FULCHERI DIEGO

Oggi 31 ottobre è iniziato il ricordo di dieci anni fa, e non c’è pacificazione. Qui quello che si scrisse allora da La valle che resiste.

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V.R. 31.10.15

L’apericena notav diventa passeggiata a sorpresa (lacrimogeni e idranti)

post — 30 ottobre 2015 at 22:30

imageIl consueto apericena si è trasformato in una passeggiata tra le vigne e i boschi attorno al cantiere.
Verso le 19 un centinaio di notav ha preso la via dei sentieri visto che l’accesso a via dell’avana’ era sbarrato da decine di poliziotti in assetto antisommossa, così si è proseguito verso l’area archeologica dividendosi in due gruppi.
Cori, battiture e fuochi d’artificio e non ci si è fatti intimidire dalla polizia che ha lanciato lacrimogeni e usato l’idrante alla rinfusa.
Ancora un tentativo di raggiungere via dall’Avanà e poi sul sentiero del ritorno, alcuni no tav sono stati identificati. Il resto del gruppo si è poi ritrovato davanti ai cancelli della centrale per aspettare i fermati (una decina e mentre scriviamo stiamo aspettando ancora notizie. +++AGG. H23.30 sono stati tutti rilasciati+++)
Chiaro il messaggio lanciato anche questa sera, nessuna pacificazione in questa valle invasa dalle truppe d’occupazione e dal partito del tondino e del cemento.
La valle non vi vuole, andatevene via!

31 Ottobre 2005: la battaglia del Seghino

post 31 ottobre 2015 at 08:44

31-ottobre“La situazione ora è eccellente, la tenuta è massima, tra tutti c’è stanchezza, ma la forza nasce dall’essere comunità in lotta, non c’è mediazione il futuro ce lo giochiamo a spinta.”

Il 31 ottobre Ltf deve per la prima volta espropriare tre terreni in alcune località sopra Mompantero..
“Alle 6,30 il ritrovo lanciato dalla comunità montana è al cimitero di Mompantero, alla salita per Urbiano; i comitati, invece, che la domenica pomeriggio organizzano una “merenda sinoira” in centro al paese, invitano a presidiare lo svincolo sopra il ponte del Seghino, da cui si diramano le due uniche strade che premettono di raggiungere in auto i siti indicati, già a partire dalla notte, mentre alle 4 del mattino del 31 è convocato l’appuntamento per chi andrà a presidiare i terreni in oggetto. […] Dall’ora di cena il camper no tav e una cinquantina di resistenti si preparano a presidiare la zona. Il camper è parcheggiato al bivio, la strada non è molto praticata dai residenti, quindi, pur lasciando libero il passaggio, può essere spostato in mezzo alla strada a chiudere l’accesso con una manovra sola ed immediata. Si organizzano i turni e le strategie. Si valuta l’idea di barricare d a subito la strada. […] A rafforzare la convinzione, che già non manca, si vede il tetto di una casa che porta una scritta NO TAV enorme. Strategicamente la posizione che i resistenti occupano è ideale, le forze dell’ordine avrebbero dovuto agire in salita […] Nella notte si registrano un paio di macchine della Digos che prontamente vengono respinte dai presidianti posti al primo blocco no tav. Alle 4 giungono sul posto il resto dei no tav. […]
I giornali titolavano l’uso di 1000 poliziotti per la giornata, per una volta i titoli non sono solo sensazionalista. […] Alle 8 scatta l’ora dello scontro, le forze dell’ordine iniziano a salire in massa verso il presidio, è un fiume di caschi blu quello che i resistenti hanno davanti capeggiato da agenti della Digos e dal vicequestore Sanna in divisa. Sono accolti dai no tav dietro alla prima barricata fatta di massi e posizionata bel oltre il ponte del Seghino e a due tornanti dal bivio.
Le forze dell’ordine dichiarano di dover passare , nella lunga colonna di mezzi è presente anche una draga che ha il compito di rimuovere le barricate, gli amministratori dal canto loro dichiarano la volontà di resistenza, i presidianti si schierano incordonati e in blocco dichiarano altrettanto. I dirigenti della questura elencano i reati che si stanno per commettere ma ciò non ha l’effetto desiderato, inizia la battaglia: in maniera ridicola con un “permesso” Sanna capeggia l’avanzata dei centurioni: il contatto è immediato, pensano di farcela in poco tempo e con la scelta di spingere senza caricare, inizia il confronto che non avrà fine. Centimetro per centimetro si gioca una battaglia che sarà storica, il numero delle forze dell’ordine surclassa di gran lunga i no tav, ma la determinazione no, si indietreggia un passo per volta facendo sudare ogni piccola avanzata ai poliziotti che dopo poco fanno il primo cambio facendo passare in avanti gli scudi di plexiglass, ma il risultato non cambia la battaglia è sui centimetri. In 50 contro 100 a cambio sistematico non passano. […]
Ad un certo punto qualcosa cambia nel confronto sulla strada del Seghino, la strenua resistenza dei no tav fa sì che il ponte sia ancora lontano, ma ad un tratto un boato e una forza incredibile di aggiunge ai 50 impavidi, centinaia di persone sono giunte in aiuto, a cooperare per la resistenza, sono arrivati dai sentieri, ci sono anche gli amministratori, che vengono accolti da spinte poliziesche e per qualcuno c’è anche qualche calcione. “La situazione ora è eccellente, la tenuta è massima, tra tutti c’è stanchezza, ma la forza nasce dall’essere comunità in lotta, non c’è mediazione il futuro ce lo giochiamo a spinta.” […]
Nel confronto due ragazzi sono stati presi dalle forze dell’ordine, malmenati e portati alla caserma di Susa per essere denunciati. La notizia è giunta al presidio di Mompantero, che si organizza per non far passare la macchina che li dovrebbe trasportare in caserma, l’opposizione al passaggio genera una carica a cui i presidianti resistono con determinazione.
Nel corso della giornata due vigilesse saranno malmenate e denunciate per resistenza a pubblico ufficiale, a fianco dei sindaci dei rispettivi comuni, mostravano con orgoglio il vessillo dei loro paesi resistendo alle pressioni delle forze dell’ordine.
Il confronto si sposta sul ponte del Seghino, sotto scorre il rio Graduglia, senza barriere laterali, i manifestanti si preparano all’avanzata delle forze dell’ordine. I sindaci chiedono un forma di simil fair play, chiedendo alle prime fila di fare qualche passo indietro per evitare il fosso. E’ lì che si giocherà la sfida finale, ed è da lì che le forze dell’ordine dopo 3-4 tentativi desisteranno. Nessuno cede, non c’è paura del ponte e in tutti i no tav cresce la consapevolezza che sia quello il luogo deputato all’ultima strenua resistenza. La polizia, per accedere al ponte, tenta per molto tempo di sradicare completamente il guard rail, e quando ci riesce lo getta da parapetto dentro il fiume. […]
Il confronto rimane serrato, mancano due curve a raggiungere il luogo deputato al blocco della notte, ma non avanzano di un metro, anche se fosse, prima di arrivare al bivio sono state costruite almeno 6 piccole barricate, e alcune macchine dei residenti sono di traverso. Si pensava che se anche fossero passati a piedi, i mezzi e le pietre avrebbero impedito il passaggio dei mezzi della ditta incaricata di picchettare. […] Al sito del Seghino Superiore intanto la situazione migliora di ora in ora, c’è sempre più gente che dopo aver costruito un’enorme barricata di tutto rispetto, fronteggia la polizia salita con enormi difficoltà a piedi da Urbiano. I manifestanti in cima alla salita , la polizia in equilibrio sotto, non provvederanno mai a passare dopo un primo e unico tentativo andato decisamente male. […] Al ponte la situazione di stallo, continua ad arrivare gente che porta notizie e rifornimenti la Valle è in mobilitazione totale, alcune fabbriche sono in sciopero, alcuni negozi chiudono per accorrere ad Urbiano, le stazioni di Bussoleno e Borgone sono bloccate il traffico internazionale è interrotto.
Nell’ultimo fronteggiamento scatta l’orgoglio dei valligiani, invece che tenere la spinta delle forze dell’ordine le si spinge via e ritornano all’imbocco del ponte, li resteranno.
Una squadra di carabinieri era salita tempo prima da dietro il blocco delle forze dell’ordine in salita era la squadra che andava a dar manforte al Seghino Superiore agli sfortunati colleghi.
Quando giunge al ponte la notizia del completo ritiro dei militari dalla postazione, i presidianti avvertono della discesa delle truppe. Stupidamente, giunte al sentiero da dove erano salite decidono di mettere in atto una vera e propria provocazione pretendendo di passare dal presidio, dall’ingresso alle spalle dei manifestanti. Sono subito bloccati dalla barricata rinforzata immediatamente, e dai resistenti che si preparano a fronteggiarli. Sono minuti di tensione, i militari sono determinati, i loro superiori sordi alle richieste degli amministratori.

I caschi blu imbracciano manganelli e fucili lacrimogeni per vincere l’empasse. Una frenetica mediazione porterà ad accettare il passaggio sotto un’umiliante raffica di insulti e tra due cordoni di valligiani che li fanno sfilare sotto le bandiere. Particolarmente contrariati, i militi visiere e passamontagna calati passano lanciando minacce di ogni genere, ma nessuna paura delle loro missive, oggi la Valle è determinata.
Le ore passano nel dubbio sul da farsi, le ore 19 sono il limite all’invasione dei terreni alcuni avvocati del movimento confermano ed agiscono tramite un giudice con una richiesta di illegittimità, a cui la legge risponderà quattro giorni dopo con esito negativo. Gli amministratori parlando con le forze dell’ordine ricevono garanzie del ritiro alle 19, è ormai buio e dopo una breve consultazione il presidio decide di fidarsi delle norme. Ricevendo rassicurazioni, con poca fiducia nei dirigente della questura, si scioglie il presidio dopo aver contrattato la discesa in massa, a piedi e in macchina, verso gli altri. […] La scelta di andarsene è un po’ sofferta, ma i manifestanti si accorgono di non poter andare oltre e per molti le norme giuridiche hanno ancora un valore, le forze dell’ordine accettano di lasciar scendere tutti, la strada era stata parzialmente liberata dalle centinaia di mezzi parcheggiati, il corteo di macchine e persone sfila in discesa gioioso ma attento a movimenti dei militari. […] Arrivati a Mompantero è festa, gli eroi del Seghino vengono accolti da applausi e urla di gioia, la pioggia condisce il momento. Il movimento ha vinto non sono passati.”

da “NO TAV: La Valle che resiste”

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“Vietato parlare dei No Tav”, chiesto il processo per Adriano Chiarelli In evidenza

 http://contropiano.org/politica/item/33740-vietato-parlare-dei-no-tav-chiesto-il-processo-per-adriano-chiarelli

contropiano.org

  •  Giovedì, 29 Ottobre 2015 15:30
  •  Mario Di Vito

"Vietato parlare dei No Tav", chiesto il processo per Adriano Chiarelli

L’accusa è di «diffamazione aggravata», l’oggetto del contendere è un articolo uscito nel luglio 2012 sulle pagine di contropiano.org: «Il movimento No Tav accerchiato dalla legge», la cronaca fedele di un viaggio che Adriano Chiarelli aveva realizzato in Val di Susa «per capire a che punto siano le lotte del movimento contro la linea ad alta velocità» e come «la magistratura abbia messo a punto un disegno repressivo ben congegnato». 
Lui non si scompone più di tanto, racconta i fatti con freddezza e aspetta la decisione del gip del Tribunale di Torino, l’uomo che dovrà decidere se il caso andrà o no a giudizio. 
«Io avevo fatto i nomi e i cognomi – dichiara Chiarelli –, ho riportato semplicemente i fatti e delineato la strategia repressiva della procura: quando c’è di mezzo il movimento No Tav la procura di Torino arriva sempre a ipotizzare una miriade di reati». 
Chiarelli, recentemente, ha anche fatto uscire un libro inchiesta sull’argomento, «I Ribelli della Montagna» per Odoya: «Se gli ha dato fastidio quell’articolo immagino l’abbia fatto anche il libro. Ma non lo so, hanno chiesto il processo per un articolo di due anni fa». 
1montagna

Una storia simile, la settimana scorsa, è capitata anche a un altro cronista: Davide Falcioni, che nel 2012 per Agora Vox andò anche lui a vedere cosa succedeva veramente in Val di Susa. L’accusa per lui è di «violazione di domicilio», reato per cui è indagato. Falcioni si era limitato ad andare insieme ad altri militanti nell’edificio della Geovalsusa (una delle aziende impegnate nella costruzione della linea ferroviaria) dove poi i manifestanti avrebbero esposto uno striscione. Scrisse Falcioni a proposito di quell’episodio di protesta tutto simbolico: «Nessun danno è stato arrecato agli oggetti dello studio. Nessuna minaccia ai dipendenti che, anzi, hanno amabilmente chiacchierato con i militanti No Tav presenti». 
Da notare che il 28 novembre dello stesso anno, Falcioni andò in aula a Torino, come testimone a sostegno di 17 persone accusate di vari reati per quei fatti. Nel mezzo della sua deposizione il pm Manuela Pedrotta lo interruppe e lo informò che, visto il contenuto delle sue dichiarazioni, si poteva considerare indagato per gli stessi reati degli altri. «Penso che la mia vicenda rappresenti un attacco inaccettabile al diritto di cronaca e alla libertà dei cronisti di raccontare in modo indipendente ciò che osservano – ha detto Falcioni –. Per questo ribadisco che rifarei esattamente ciò che feci in quell’agosto di tre anni fa, indipendentemente da come evolverà l’eventuale processo a mio carico».

Il movimento No Tav accerchiato dalla legge

http://contropiano.org/news-politica/item/17919contropiano.org

  •  Venerdì, 12 Luglio 2013 14:26
  •  Adriano ChiarelliIl movimento No Tav accerchiato dalla legge
Siamo andati in Val di Susa per capire a che punto siano le lotte del movimento NoTav contro la linea ad alta velocità. La magistratura ha messo a punto un disegno repressivo ben congegnato. Ma la lotta non si ferma.
15 anni fa moriva in carcere Maria “Sole” Soledad Rosas, compagna di Edoardo Massari, detto Baleno. I due – compagni di lotta e di vita – furono le prime vittime della repressione contro il movimento NoTav. 
Quella della lotta contro il treno ad alta velocità è una lunga storia di diritti calpestati, che in questo momento storico ha ormai assunto forme di elevata sofisticazione, indicando una continuità tra passato e presente.
Era il 1998. A condannare per associazione sovversiva Maria Sole, fu il giudice Maurizio Laudi, grande amico e collega di quel Giancarlo Caselli che oggi, dalla poltrona della procura di Torino, tenta di soffocare il movimento NOTAV a colpi di arresti e processi. I due togati, negli anni ’70, facevano parte di un pool di spicco nella lotta al “terrorismo”, insieme a Raffaele Guariniello. 
Da allora poco è cambiato. Per questi uomini il nemico da abbattere è sempre lo stesso: il dissenso, la lotta, la protesta. Quella protesta che la pubblica autorità vorrebbe “democratica”, ovvero innocua e inconcludente. 
La maggior parte di coloro che oggi, codice alla mano, si distinguono per la feroce lotta ai movimenti antagonisti, proviene da carriere fulminanti nell’antimafia o nell’antiterrorismo. Vertici di polizia e magistrati blasonati, percorrono strade parallele e occupano sempre di più i centri nevralgici del potere, per gestirli, controllarli, impossessarsene. 
La procura di Torino, competente per tutto ciò che accade in Val di Susa, ha elaborato piani raffinatissimi per demolire il movimento NOTAV e delegittimarlo. Alleato formidabile di questo progetto repressivo, esattamente come accadde agli albori del movimento per Sole e Baleno, è un fronte mediatico (nazionale e locale) assai compatto nella permanente operazione di esaltazione della magistratura torinese, e nella stigmatizzazione delle istanze NoTav.
Il risultato è che agli occhi della maggioranza dell’opinione pubblica l’equazione NoTav = vandalismo è diventata quasi scontata. Eppure lo sforzo da fare per comprendere che non si tratta di antagonismo violento ma delle volontà di un intero popolo in lotta, è minimo: basta prendersi del tempo e andare in valle a parlare con i valligiani e con tutti coloro che da anni lottano per non vedere il proprio territorio deturpato da un aborto architettonico, spacciato per irrinunciabile infrastruttura, ma che in realtà è il prodotto di un coacervo di interessi economici, politici e criminali.
Che nelle lunghe marce attraverso Venaus, Chiomonte, Giaglione sfilino da sempre anziani, bambini, scuole, associazioni, madri e padri di famiglia, è un dato rimosso da molti. Che a lanciare pietre o a respingere le piogge di lacrimogeni scagliate dalla celere siano non solo gli ‘autonomi’ dei centri sociali, ma anche molti dei sopraelencati manifestanti, è diventato un dettaglio secondario. È questa la più grande ingiustizia commessa nei confronti dei NoTav. Uno sfregio più grande del cantiere che imperterrito deturpa la valle da anni, e che visto dall’alto sembra una gigantesca coltellata inferta ai monti, ai fiumi, alla natura. All’intero popolo della Val di Susa, che continua la lotta nonostante tutto.
Le contromisure della magistratura torinese, mirate a disarticolare in maniera quasi definitiva il movimento hanno ormai raggiunto uno straordinario livello di complessità ed efficacia. Tutto parte dalla creazione di un pool di magistrati che si occupa esclusivamente delle vicende NoTav e che fa capo ai due magistrati Padalino e Rinaudo. Il lavoro non manca di certo, e nemmeno la creatività. 
E ancora una volta, è possibile dimostrare come gli strumenti del codice possano a volte fare più male dei manganelli e dei pestaggi.
Decaduto negli anni recenti il tentativo di costruire a carico degli attivisti della Val di Susa un impianto accusatorio basato sul famigerato articolo 270 bis, che definisce il reato associativo di stampo terroristico o eversivo, i pm hanno elaborato strategie più sottili: decine di manifestanti si sono ritrovati accusati di una pluralità di reati minori, e su tutti aleggia lo spettro del concorso in reato e di aggravanti plurime. 
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Dando una veloce scorsa ai crimini maggiormente contestati troviamo l’art. 336. “violenza o minaccia a pubblico ufficiale” e il 337 ovvero “resistenza a pubblico ufficiale”, il tutto condito dalle aggravanti sancite dall’articolo 339: “[…] le pene stabilite negli articoli precedenti sono aumentate se la violenza o la minaccia è commessa con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite, o con scritto anonimo, o in modo simbolico […]”. E così via.
Il punto però è che può bastare ritrovarsi in una delle tante marce dimostrative organizzate dai valsusini in direzione del cantiere, per essere accusati di questi reati ed altri ancora. Basta tagliare le reti, lanciare un fumogeno, rispedire al mittente un lacrimogeno, per ritrovarsi schiacciati da un complesso di accuse dalle quali è difficile districarsi e difendersi.
Ma l’elenco degli escamotage giuridici utilizzati per colpire il movimento non finisce qui. Sussistono reati di opinione (anche se in forma ancora blanda), divieti di partecipazione a manifestazioni pubbliche, reati patrimoniali come danneggiamento o imbrattamento, e varie forme di prevenzione simili al DASPO utilizzato normalmente contro gli ultrà; o le sorveglianze speciali. L’applicazione di queste e altre norme, comincia ad avere un effetto devastante sul movimento. 
Si tratta di una guerra chirurgica e di lunga durata, condotta dalla magistratura allo scopo di indebolire, demoralizzare e dividere chi si mobilita. È quella che un militante assai in vista, da noi intervistato, definisce “logica alluvionale”: i magistrati tendono a differenziare e moltiplicare le ipotesi di reato a carico degli imputati, mirando al cumulo delle pene. Ovvero: su dieci accuse, ne resteranno in piedi quattro o cinque, ma si arriverà comunque a qualche sanzione, quale essa sia.
Altro abominio giuridico al quale sempre più spesso magistrati e questure ricorrono per soffocare le attività dei NOTAV è il cosiddetto “foglio di via”, una spada di Damocle che pende su chiunque si faccia trovare nei dintorni del cantiere. Il foglio è lo strumento utilizzato per allontanare fisicamente le persone dal territorio della Val di Susa, per un tempo che varia dai tre ai cinque anni. Poco importa se in quel territorio i valsusini ci lavorino, ci vivano o ci abbiano messo stabilmente radici da anni. I criteri con cui vengono comminati i fogli sono totalmente arbitrari e discrezionali, e non di rado capita che i padri di famiglia, i lavoratori, i residenti della valle, si trovino a dover abbandonare la propria terra e la propria famiglia. Violare le imposizioni del foglio di via, significa incorrere in una multa pecuniaria di migliaia di euro se non in un arresto e conseguente incriminazione. Fare ricorso al TAR contro questo strumento d’intimidazione costa quanto la multa stessa se non di più.
Al momento, le vittime di questo poderoso giro di vite giuridico sono nell’ordine di un centinaio. Quasi tutti sono ancora coinvolti in processi di primo grado, dall’esito apparentemente già sancito.
Ma non finisce qui il novero delle intimidazioni.
Mario Cavargna, presidente dell’associazione ambientalista “Pro Natura Piemonte” e Fabio Dovana, presidente regionale di Legambiente, hanno ricevuto dalla procura di Torino un avviso di garanzia per il reato di procurato allarme. Il 22 maggio scorso avevano presentato un esposto nel quale denunciavano il pericolo di una frana incombente sul cantiere della TAV, che avrebbe messo a rischio l’incolumità dei lavoratori del cantiere, ma soprattutto quella dei cittadini dei comuni adiacenti. La rete che circonda i lavori – spacciata per rete paramassi, ma in realtà montata a protezione dagli assalti dei NoTav – secondo i due indagati non sarebbe idonea a fermare nemmeno una piccola frana. Secondo i PM l’esposto ambientalista diventa procurato allarme, a dimostrare ancora una volta che protestare può diventare un pericoloso boomerang.
Non si contano, infine, sull’altro fronte, i procedimenti archiviati a carico delle forze dell’ordine per lesioni e reati legati all’uso eccessivo della forza. Archiviazioni assai veloci e tempestive, va sottolineato. L’ultima archiviazione in ordine di tempo risale a due giorni fa, e riguarda un numero imprecisato di pubblici ufficiali particolarmente violenti che avrebbero bastonato due anarchici di Modena. A disporre l’archiviazione è stata la stessa GIP, Federica Bompieri, che il 26 gennaio 2012 convalidò 40 misure cautelari a carico di altrettanti militanti NoTav per gli scontri del 23 giugno e del 3 luglio dello stesso anno.
La popolazione valsusina è stretta in una tenaglia micidiale. Da un lato le forze dell’ordine, solerti e obbedienti nel difendere con la violenza l’integrità di questa mostruosa quanto inutile opera “pubblica”; dall’altro l’inarrestabile potere della magistratura, disposta a qualsiasi espediente pur di tutelare gli interessi in campo in quel pezzo di terra diventato simbolo di lotte politiche, laboratorio per metodi repressivi, terreno conteso tra chi legittimamente lo rivendica e chi, ben nascosto dal paravento della legalità, lo saccheggia impunemente.
Per comprendere lo stato d’animo attuale dei valligiani di fronte alla preponderante forza di magistratura e forza pubblica, basta guardarli negli occhi, sentirne la tentazione di resa, percepire la commozione che incrina le loro parole. Basta osservare i luoghi in cui lavorano, le cascine, gli agriturismi, i campi coltivati, i maneggi, le attività commerciali. Su tutta la valle rimbomba l’eco continua dei lavori nel cantiere, che procedono giorno e notte nascosti da una collina. Un basso continuo, un sottofondo inarrestabile di ruspe che scavano, sventrano, distruggono. Sul viadotto che già da anni sfregia la valle è un continuo viavai di camionette della polizia che si scambiano di turno. 
La giovane madre di un bambino di dieci anni, proprietaria di un agriturismo, comincia a chiedersi quanto possa valere la pena accettare di essere cacciati dalla valle per difenderla fino alla fine, se il rischio è quello di perdere tutto, persino la libertà di vivere a casa propria: “cosa si può fare per rispondere alla violenza e alla prepotenza delle istituzioni?” si chiede, poi aggiunge “…noi resistiamo. E resisteremo”.
Nonostante tutto, i cinque presidii intorno al cantiere andranno avanti a oltranza. È appena cominciato il campeggio NoTav di Venaus, nell’ambito del quale è previsto un fitto calendario di eventi, iniziative e manifestazioni. Sarà una grande festa che durerà tutta l’estate e coinvolgerà tutti i comuni della Valle.
Nonostante tutto i NO TAV resistono. Ancora.
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Incontro con Delrio. Un intervento di Dario Fracchia, sindaco di S. Ambrogio e replica di F.S.

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VALSUSA NOTIZIE

Voci dalla Val Susa

Inserito il 29 ottobre 2015

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Non sono per nulla d’accordo con il commento sui risultati dell’incontro per i seguenti semplici motivi:

1) Tutti gli argomenti che dovevamo usare suggeriti nel commento sono tutti stati ampiamente illustrati non solo da Plano ma da tutti i sindaci che hanno preso la parola, il sottoscritto compreso

2) Abbiamo chiesto ufficialmente la sospensione dei lavori che significa esattamente l’opzione zero motivandola con i dati trasportistici ed economici, citando a sostegno di questo anche la Corte dei Conti Francese e lo stato delle finanze pubbliche sia statali che regionali

3) questo nuovo tavolo riservato ai sindaci della Unione Bassa Valle è al di fuori dell’Osservatorio e starà a noi non farlo diventare un osservatorio 2.

4) da sempre lotto e mi espongo per il tav come cittadino e come amministratore così come tutti gli altri colleghi e rigetto dunque al mittente qualunque accusa di ambiguità o debolezza, invitando tutti a valutare con pragmatismo l’attuale situazione per affrontarla con azioni efficaci per contrastare l’opera tutti insieme ma senza mai confondere i ruoli e i linguaggi, fatto questo che ci indebolirebbe.

Inoltre penso che ci voglia reciproca fiducia e chiarezza di idee nel senso che bisogna capire che la situazione è cambiata e molto e rispetto alla quale bisogna trovare delle strategie che non vogliono dire abdicare alla giusta causa od essere meno decisi, ma trovare degli spiragli giusti per uscire dall’angolino nel quale ci hanno spinti tutti insieme, cittadini ed amministratori della Valle.

5) Dobbiamo fidarci reciprocamente, delle persone e di quello che sono e rappresentano: non siamo per nulla cambiati ma esigiamo rispetto per il nostro impegno e la nostra coerenza.Se poi qualcuno ha da suggerirci delle azioni migliori di quelle che stiamo facendo siamo aperti ai suggerimenti e alla critiche costruttive MA NON al sospetto o all’accomunamento con personaggi che hanno usato il tav e il movimento per fini personali: questo offende ed è ingeneroso sul nostro impegno che è totale su questo argomento così come su tutti gli altri mille problemi che dobbiamo affrontare giornalmente per mandare avanti i comuni in questo difficile periodo sacrificando tempo ed energie non da poco.

Grazie dell’attenzione a tutti

Dario

Replica

Caro Fracchia,

leggo la tua replica ai miei commenti e ti rispondo. Voglio prima di tutto ribadire che provo il massimo rispetto personale e anche affetto per tutti voi sindaci e non trovo nelle mie righe alcuna espressione che contraddica questo mio sentire e tantomeno i paragoni a cui tu accenni con “personaggi che hanno usato il tav e il movimento per fini personali”. Forse ti riferivi a critiche di altri, non certo mie. Le mie sono di natura esclusivamente politica cosi come i dubbi  e le domande che ho indirettamente posto e dai riscontri che stiamo ricevendo sembrano piuttosto condivise. Per entrare nel merito:

1) Dopo l’incontro avete diffuso un comunicato in cui elencate i punti e le richieste rivolte al ministro, dopo averle concordate e confrontate col movimento. Ebbene nessuna di quelle richieste è stata accolta dai vostri interlocutori. Il “tavolo di lavoro” è l’esatta replica della fregatura che ci hanno dato con Prà Catinat, l’esatta replica dell’Osservatorio “tecnico” che tecnico non era nei propositi e che aveva la pregiudiziale che l’opera non era discutibile. Che differenza c’è da quello? Anche allora dicevano che si poteva parlare di tutto, a 360 gradi, ma “l’opera non era indiscussione”.

2) La richiesta di sospensione dei lavori, del resto non accettata da quanto mi risulta, ma neanche menzionata nelle dichiarazioni finali, non è “esattamente  l’Opzione Zero” come tu affermi. E’ ben altra cosa. La chiamerei pregiudiziale.

3) Sulle compensazioni ovvero i diritti che rivendichiamo  abbiamo assistito in tv a un balletto di ammiccamenti tra Delrio e Foietta per significare che le definizioni sono diverse ma che in fondo si parla delle stesse cose. Vi hanno  preso per il naso e si burlavano pubblicamente di voi facendo pensare che la questione compensazioni sia risolvibile furbescamente. Abbiamo sofferto per voi.ascoltando i commenti imbarazzati del buon Nilo e vedendo sullo sfondo l’espressione eloquente di Loredana Bellone. Segni evidenti che vi rendevate conto di avere perso.

E dire che avevate delle buone carte considerando anche che la controparte ha espresso fastidio per la perdurante pressione ai cancelli. Quindi è naturale chiedersi perchè non siate riusciti a portare a casa niente a fronte di più di venti anni di resistenza e un appoggio popolare forte. Dipende da voi, da vostre insicurezze, da quella scarsa combattività che molti vi imputano ricordando i vostri mille distinguo, le estreme, forse eccessive, cautele nel fare ogni passo o nel giudicare le nostre azioni di lotta, ecc. o c’è un problema politico di debolezza dei sindaci indipendenti (leggi liste civiche) rispetto a una linea espressa più omogeneamente da altri, più organizzata (leggi Pd), che porta all’ambiguità quando si va ai veri confronti? Se c’è qualcosa del genere sarebbe bene che ne parlaste apertamente perchè tale situazione nuoce a tutti.

Personalmente mi auguro ora che diciate di no al “tavolo” e riproponiate le richieste formulate nel vostro comunicato. Con affetto,

Fabrizio Salmoni

DODICI NO TAV FERMATI NELLA NOTTE A GIAGLIONE: VIOLATO IL DIVIETO DI TRANSITO IN STRADA AVANÀ

Gli antagonisti hanno attaccato la zona del museo della Maddalena con lanci di bombe carta e fumogeni
31/10/2015
MASSIMO NUMA
GIAGLIONE

Dodici attivisti No Tav del centro sociale Askatasuna sono stati fermati stanotte dalla Digos e denunciati per la violazione dell’ordinanza del prefetto che prevede la chiusura di strada Avanà dalle 20 alle 7 di mattina, e il libero accesso nelle altre ore del giorno. Gli antagonisti hanno attaccato la zona del museo della Maddalena con lanci di bombe carta e fumogeni. L’azione di stanotte potrebbe essere collegata ai malumori di una parte del movimento, espresso sui siti e sui profili tv in seguito all’incontro tra i sindaci valsusini eletti nelle liste No Tav e il ministro dei Trasporti Delrio in Regione, incontro definito come un «tradimento» e rilanciando forme di lotta violente e il sabotaggio contro il cantiere. Nella notte sono intervenuti i carabinieri per identificare altri antagonisti nelle vicinanze di Giaglione. 

Pensionati italiani in fuga in Portogallo: ecco perché conviene tanto e quali sono i requisiti

Per i pensionati italiani non c’è scampo, ora che il golpe della troika ha preso il Portogallo,  sarà come stare in Italia, costretti a frugare nella spazzatura. La societàcivile che piace tanto a i politically correct funziona così

24 Ottobre 2015 – 10:51

Francesco Lucchetti

Aumenta il numero di pensionati italiani che decidono di trasferirsi in Portogallo: con la pensione al lordo e il basso costo della vita, la vicina Lisbona attira migliaia di pensionati.

La fuga all’estero si limitava un tempo ai giovani cervelli, adesso abbraccia anche i cervelli meno giovani e sono sempre di più i pensionati in fuga in Portogallo e in altri Paesi dove vivere bene è meno costoso: ma perché in Portogallo? Conviene davvero? Ecco cosa sta accadendo e perché il Paese europeo che si affaccia sull’oceano è meta di così tanti pensionati italiani.

Il fenomeno ha del curioso e la frase “prendo la pensione e vado in Portogallo” sembrerebbe una battuta, ma a quanto pare non si tratta più di uno scherzo e il Paese europeo dista davvero poco dall’Italia e offre benefici e vantaggi per i nostri pensionati che decidono di trasferirsi in riva all’oceano.

Pensionati italiani in Portogallo: perché conviene?
Grazie agli accordi bilaterali tra Italia e Portogallo, i pensionati italiani che decidono di prendere la residenza portoghese godranno del vantaggio di ricevere dall’INPS la propria pensione al lordo: per dieci anni, l’intera pensione sarà versata loro senza dover pagare un euro di tasse, aumentando così anche del 30%. E se il costo della vita in Portogallo permette di alloggiare e mangiare ottimo pesce a costi molto più bassi che in Italia, allora il gioco è fatto e sempre più pensionati decidono di trasferirsi a Lisbona e dintorni.

Pensioni esentasse in Portogallo, ecco quali sono i requisiti necessari
Per godere degli accordi bilaterali fiscali che permettono di ricevere la pensione al lordo, sarà sufficiente vivere in Portogallo almeno 183 giorni all’anno e acquisire lo status di “residente non abituale”: da quel momento in poi, il pensionato italiano riceverà la pensione per intero e il fisco portoghese non chiederà un euro, tutto questo per un periodo massimo di dieci anni.

E il Portogallo cosa ci guadagna?
Gli accordi bilaterali non sono stati stipulati solo con l’Italia, infatti stanno affluendo nel Paese numerosi pensionati sia da Francia e Inghilterra, sia addirittura dal lontano Brasile. Il programma di Lisbona procede con successo e, secondo le stime, su circa 50 mila pensionati aderenti il PIL portoghese ottiene un miglioramento annuo di oltre 2 miliardi di euro.

Da https://www.forexinfo.it/Pensionati-italiani-in-fuga-in

Gli USA avvertono la Gran Bretagna: se uscite dall’Unione Europea avrete barriere commerciali con l’America

Domenico Proietti 

2015/10/30

A riprova che l’Unione Europea è una creatura degli interessi statunitensi, questo breve articolo del Guardian illustra la situazione: il rappresentante USA per il commercio cerca di dissuadere i britannici dalla tentazione di uscire dall’UE, “minacciandoli” di venire esclusi dal TTIP e da qualsiasi accordo commerciale speciale, e di trovarsi nella situazione in cui è “la Cina, il Brasile o l’India”. (Inutile dire che, a noi, l’occasione di uscire in un colpo solo da UE e TTIP sembrerebbe imperdibile. Ma vedremo i britannici.)

The Guardian, 28 ottobre 2015

Gli Stati Uniti non sono entusiasti all’idea di definire un accordo di libero scambio separato con la Gran Bretagna, se questa dovesse lasciare l’Unione Europea, così dice il rappresentante USA per il commercio, Micheal Froman – si tratta del primo commento pubblico di un importante funzionario USA su questo tema.

Gli elettori britannici dovranno decidere entro la fine del 2017 se il Regno Unito debba rimanere dentro l’Unione Europea, e i sondaggi d’opinione indicano che c’è una crescente volontà di uscire.

I commenti fatti mercoledì da Froman minano alla base i principali argomenti economici messi in campo dai sostenitori dell’uscita, i quali dicono che la Gran Bretagna può prosperare da sola ed è in grado di stabilire autonomamente degli accordi di libero scambio (FTAs) coi partner commerciali.

Gli USA sono il più grande mercato per le esportazioni della Gran Bretagna, dopo l’Unione Europea stessa, avendo acquistato oltre 54 miliardi di dollari in beni e servizi prodotti nel Regno Unito lo scorso anno.

Penso sia assolutamente chiaro che la Gran Bretagna ha maggior voce in capitolo al tavolo dei trattati commerciali se resta parte dell’Unione Europea, in quanto parte di un’entità economica più ampia“, ha detto Froman a Reuters, specificando che l’appartenenza all’Unione Europea dà alla Gran Bretagna più influenza nelle trattative.

Noi non stiamo negoziando gli accordi di libero scambio con delle nazioni nello specifico. Stiamo costruendo delle piattaforme … a cui altri paesi possono aderire nel corso del tempo“.

Se la Gran Bretagna abbandona l’UE, ha detto Froman, dovrà affrontare gli stessi dazi e le stesse barriere doganali degli altri paesi che sono fuori dalla rete di accordi commerciali stabilita dagli USA.

Noi non abbiamo accordi di libero scambio con il Regno Unito nello specifico, che dunque sarebbe soggetto agli stessi dazi – e agli altri provvedimenti relativi al commercio – che ci sono attualmente per la Cina, il Brasile o l’India“, ha detto.

Washington ha appena siglato un accordo di libero scambio con 11 paesi dell’area del Pacifico, e intende portare a termine entro la fine del prossimo anno anche le trattative con l’Unione Europea sul Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (TTIP).

Gli USA sono il secondo più grande mercato di sbocco per i veicoli prodotti in Gran Bretagna dopo l’Unione Europea.

Se la Gran Bretagna non sarà parte dell’Unione Europea, e dunque non sarà parte del TTIP, le autovetture britanniche esportate negli Stati Uniti, come quelle della Jaguar Land Rover, avranno un dazio del 2,5%, e potrebbero trovarsi in svantaggio rispetto ai concorrenti tedeschi o italiani.

Anche le esportazioni britanniche di carburante e cioccolato potrebbero venire svantaggiate se nel TTIP è prevista l’abolizione dei dazi su questi prodotti.


Fonte: vocidallestero.it
Tratto da: ☛ theguardian.com
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