Tsipras: resa o tradimento?

di Daniele Scalea – 14/07/2015
 
Fonte: Huffingtonpost
 
tpiras
 Dopo il voto popolare con cui i cittadini greci, sollecitati dal loro Primo Ministro, hanno rivolto un sonoro “No” alle richieste dei creditori internazionali, lo stesso Alexis Tsipras ha proposto un piano che, in ampia misura, ricalca quelle richieste..
 
Una resa? O peggio un tradimento? Il piano greco ha moltissime analogie con quello dei creditori internazionali, salvo due importanti modifiche.
La prima è che, tra le varie richieste dei creditori, il punto su cui Tsipras ha mostrato maggiore rigidità è la diminuzione delle spese militari. Ciò può apparire curioso, considerando la parte politica cui Tsipras appartiene, ma si spiega sia con la necessità di mantenere l’appoggio dell’alleato di coalizione Anel (il cui capo, Panos Kammenos, è ministro della Difesa), sia con l’intervento franco-statunitense nelle trattative. Gli Usa, che hanno esercitato una decisa moral suasion sulla Germania per cercare di ammorbidirne la posizione, non possono accettare che un membro dell’alleanza da loro capeggiata, la NATO, riduca in maniera così sensibile il proprio apporto militare. Non bisogna inoltre dimenticare che la Grecia è, dopo la Gran Bretagna, il maggior importatore di armi in Europa: un mercato in cui gli Usa sono i capofila (30% delle esportazioni globali) e la Francia è ben situata (quinta col 5%). Tra 2008 e 2014 Usa e Francia sono stati rispettivamente il primo e il terzo fornitore di armi alla Grecia. Il piano greco è stato realizzato – ricordiamolo – col concorso di tecnici inviati da Parigi.
 
La seconda grande novità del piano Tsipras è la richiesta di un prestito a tassi agevolati di 50-60 miliardi di euro, in grado di garantire la solvibilità ellenica per il prossimo triennio. Si tratterebbe di un risultato importante, perché solleverebbe Atene dalla costante ricattabilità connessa a continue scadenze a stretto giro. Almeno per il prossimo triennio.
 
Ovviamente, si tratta sempre di un palliativo. Un prestito – è bene ribadire che i famosi “aiuti” sono prestiti, che vanno rimborsati, sebbene a condizioni agevolate, e non donazioni a fondo perduto – di 50-60 miliardi non risolve il problema di un debito complessivo di 330 miliardi, il 180% del Pil. Secondo le stime più ottimistiche (ossia qualora la Grecia riuscisse ad avere un avanzo primario del 3,5% e una crescita del 3,7% del Pil) nel 2030 il rapporto debito/Pil sarebbe ancora ben al di sopra del 100%. Se l’avanzo primario fosse del 2,5% e la crescita del 2%, il rapporto si posizionerebbe al 140%. Cioè abbondantemente al di sopra del dato italiano, che sappiamo essere lungi dal tranquillizzante.
 
Il problema è che anche queste stime non esaltanti rischiano di essere troppo ottimistiche. La Grecia è in recessione dal 2009 e il suo debito pubblico è oggi, malgrado tutti i sacrifici (tra cui una pressione fiscale che sfiora il 45% del Pil), allo stesso livello di allora. (Per la cronaca, nel 2001 – quando la Grecia entrò nell’euro – il debito pubblico ammontava a 148 miliardi, meno del 100% del Pil di allora, meno della metà del debito attuale in valore assoluto). Se Tsipras ha ragione – ossia se le politiche di austerità aggravano la recessione – allora il suo piano non farà altro che complicare la situazione dell’economia greca. Tanto da vanificare anche una possibile ristrutturazione del debito (i Greci vorrebbero estendere la scadenza di bond dal valore di 145 miliardi, che maturerebbero simultaneamente nei primi anni ’20 provocando una nuova situazione di crisi acuta).
 
A sconfiggere Alexis Tsipras è stata la Banca Centrale Europea. La BCE garantisce alle istituzioni bancarie dell’eurozona liquidità di emergenza (ELA) ma in cambio di collaterali. Il cosiddetto haircut definisce il rapporto tra collaterale e prestito. In corrispondenza con lo stallo della trattativa coi creditori internazionali la BCE ha innalzato l’haircut , il che corrisponde a una riduzione dell’ELA alle banche greche. Siccome fin da febbraio la BCE ha di fatto precluso alle banche elleniche il ricorso a operazioni regolari per acquistare liquidità (bandendo l’uso di bond greci come collaterale), esse hanno dovuto chiudere e limitare i prelievi ai bancomat.
 
Il blocco dei crediti internazionali e dell’iniezione di liquidità da parte della banca centrale hanno generato una drammatica carenza di moneta nel sistema economico greco: e in un sistema monetario, l’assenza di moneta significa la paralisi del sistema.
Ciò lasciava a Tsipras solo due scelte. O cambiare il fornitore di moneta (stampando una moneta collaterale, valida solo all’interno della Grecia, o lasciando totalmente l’euro per tornare a una moneta nazionale) o riaccedere al credito estero. Il premier greco, in disaccordo con la minoranza del suo stesso partito, ha scelto la seconda opzione.
La prima opzione avrebbe, agli occhi dello stesso Tsipras (lo ha dichiarato apertamente), rappresentato un tradimento del mandato popolare, ottenuto ribadendo più volte l’impegno di tenere la Grecia nell’Ue e nell’eurozona. Per questo, Tsipras ha scelto la resa. Cercando però di ottenere, per lo meno, qualche riconoscimento minore.
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Tsipras: resa o tradimento?ultima modifica: 2015-07-18T17:38:25+02:00da davi-luciano
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