Procura: “quel tunnel Tav un concentrato di illegalità”

Evidentemente NON si tratta della Procura di Torino che ha comportamento molto diverso: indaga ed inquisisce so gli oppositori al TAV e grandi opere (se qualche volta “eccezionalmente o per sbaglio” inquisisce qualcun altro lo fa solo perchè proprio non può farne a meno)  

I pm chiudono l’inchiesta. Le accuse sull’appalto per costruire la stazione sotterranea a Firenze vanno da associazione a delinquere, corruzione, frode in forniture pubbliche, falso e truffa. Il costo medio a chilometro dell’alta velocità ferroviaria in Italia è di 61 milioni di euro (contro i 10 e poco più della Francia)

di FRANCA SELVATICI

Procura: "quel tunnel Tav un concentrato di illegalità"

Associazione a delinquere, corruzione, frode in pubbliche forniture, falso, truffa, traffico organizzato di rifiuti, abuso d’ufficio. Per la procura di Firenze l’appalto per il tunnel e la stazione sotterranea dell’alta velocità ferroviaria è un concentrato di illegalità, di scambi di favori, di sottomissione dell’interesse pubblico a quello dei privati costruttori, di sprezzante noncuranza per la sicurezza e per l’ambiente. Ora l’inchiesta del Ros Carabinieri e del Corpo Forestale dello Stato, che un anno fa era costata gli arresti all’ex presidente di Italferr Maria Rita Lorenzetti (Pd) e ad altre cinque persone, è chiusa. Il procuratore Giuseppe Creazzo e i sostituti Giulio Monferini e Gianni Tei hanno firmato l’avviso di conclusione delle indagini, che riguarda 33 persone e 7 società: Nodavia, Coopsette, Seli, Italferr, Varvarito, Htr, Hydra. Fra le persone indagate, per le quali si profila la richiesta di rinvio a giudizio, ci sono, oltre a Maria Rita Lorenzetti, indicata come la promotrice di una associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e all’abuso d’ufficio, i vertici di Italferr, di Nodavia, di Coopsette e di Seli (la società che gestiva la maxitrivella Monna Lisa), funzionari di Rfi, autotrasportatori.

Il costo medio a chilometro dell’alta velocità ferroviaria in Italia è di 61 milioni di euro (contro i 10 e poco più della Francia). L’inchiesta sul nodo fiorentino, che ha potuto contare su una robusta messe di intercettazioni, ha svelato le ragioni di questa esplosione dei costi. Nel 2007 Nodavia, società consortile formata da Coopsette, Ergon e Coestra (queste ultime facenti capo a Consorzio Etruria), si aggiudicò la gara bandita da Rfi (Rete ferroviaria italiana) per 530 milioni. Quando, a inizio 2013, è intervenuta la procura con il sequestro della maxifresa Monna Lisa e dei conci che dovevano sostenere la galleria sotterranea (ed erano, secondo le accuse, ben al di sotto delle specifiche tecniche previste dall’appalto), per effetto delle riserve contrattuali contabilizzate il costo era salito a oltre 800 milioni. 

Le intercettazioni hanno rivelato il tenace lavoro di Maria Rita Lorenzetti, già presidente dell’Umbria e all’epoca presidente di Italferr, la società di progettazione incaricata da Rfi dell’alta sorveglianza dei lavori, per ottenere che la Autorità di vigilanza dei contratti pubblici autorizzasse Rfi ad ammettere tutte le riserve iscritte da Nodavia, che aveva urgentissimo bisogno di liquidità. Altrettanto decisa si è rivelata la presidente di Italferr nell’impegno per sbloccare il piano di utilizzo delle terre di scavo presentato da Nodavia presso la commissione di Valutazione di impatto ambientale del Ministero. Il tutto con l’aiuto di esponenti vicini al Pd, cui in cambio veniva promesso appoggio per promozioni e candidature. Se poi quelle terre contenessero inquinanti sembrava non importare a nessuno.

Le intercettazioni hanno poi svelato che gli scavi per la stazione sotterranea avevano lesionato la scuola media Rosai e il Comune non era stato avvertito, che dagli scavi erano state portate via centinaia di tonnellate di fanghi sversate abusivamente, che Nodavia si faceva dare da Rfi, per lo smaltimento dei rifiuti, assai di più di quanto pagava agli autotrasportatori, che la fresa Monna Lisa era stata montata con guarnizioni inadeguate e rischiava di sversare ingenti quantità di oli idraulici e lubrificanti altamente inquinanti, che i conci con i quali doveva essere fabbricato il doppio tunnel di attraversamento di Firenze erano stati realizzati con materiali diversi da quelli previsti nell’appalto e inidonei a resistere alle alte temperature prodotte da un incendio. Nonostante ciò, si pensava di utilizzarli, inducendo un consulente a mentire.

Procura: “quel tunnel Tav un concentrato di illegalità”ultima modifica: 2015-06-26T09:24:36+02:00da davi-luciano
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