Alta velocità, Delrio, il miraggio delle analisi costi-benefici

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 scritto da Gian Luca Clementi il 06 Giugno 2015

L’alta velocità è decisamente di moda, e non da poco. Giappone e Francia mostrarono la via già negli anni Sessanta (il primo) e Ottanta (la seconda), collegando per prime i loro maggiori centri urbani con treni a velocità a quei tempi inusitate. Negli ultimi due decenni, è stata la volta di Spagna e Cina, che si sono sbizzarrite nella progettazione e realizzazione di vasti network. Pure la nostra povera Italia, a seguito di infinite tribolazioni, si è dotata del suo scheletro di alta velocità, da Torino a Salerno, e cantieri sono aperti per collegare alla rete anche Genova, Verona, e Venezia.

Lo scorso aprile, il neo-ministro delle infrastrutture Graziano Delrio ha destato scalpore in certi ambienti quando ha estromesso dal programma delle infrastrutture strategiche la paventata estensione della rete AV verso Sud. Si veda, ad esempio, la reazione del sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti. Da economista, non posso che compiacermene. E, ovviamente, non perché non abbia a cuore le sorti di una buona parte del Mezzogiorno. Me ne compiaccio, perché allo stato attuale non v’è neanche lo straccio di un’analisi costi-benefici che valuti la ricaduta dell’estensione della rete sui cittadini.

Obiettivo dell’analisi costi-benefici è di calcolare il valore atteso netto di un’opera – la differenza tra valore atteso dei flussi di ricavi, finanziari e sociali, ed il suo costo complessivo – e di confrontarlo con il valore atteso netto che si ricaverebbe nello scenario controfattuale, cioè quello in cui l’opera non si realizza. Almeno dal punto di vista intellettuale, i benefici finanziari dell’alta velocità sono facilmente individuabili. Primo tra tutti, l’introito derivante dalla vendita dei biglietti. I benefici sociali sono conseguenze positive non pecuniarie che ricadono su uno o più gruppi di cittadini. Si pensi ad esempio al minore tempo di viaggio.

Nonostante l’analisi costi-benefici rappresenti in tutto il mondo civilizzato lo strumento di valutazione preventiva di qualsiasi opera pubblica, in Italia non si fa praticamente mai. Condurre l’analisi è opportuno non perché un esito positivo della stessa debba essere conditio sine qua non per la realizzazione dell’opera, ma in quanto rende espliciti natura ed entità di costi e benefici, nonché i destinatari di questi ultimi. Come corollario, quantifica anche l’entità implicita del sussidio che tali destinari verrebbero ad ottenere, se il governo decidesse di procedere con l’opera nonostante il valore atteso netto sia inferiore al valore del controfattuale.

Di recente, il mio ex-compagno di classe Gerard Llobet, professore al Centro de Estudios Monetarios y Financieros di Madrid, ha prodotto con la collega Ofelia Betancor uno studio molto dettagliato delle tratte AV entrate in funzione in Spagna a tutto il 2013.

Tra i risultati, spicca che la sola Barcellona-Madrid fornisce un valore atteso sociale positivo, e tutte le tratte – dico tutte, inclusa quella appena citata – raggiungono un valore atteso finanziario negativo. Perché, ci si chiederà? Il fatto è che con le tecnologie correnti costruire una tratta ad alta velocità comporta costi elevatissimi, anche senza tenere conto delle maggiorazioni dovute alla corruzione che pare non risparmiare alcuna opera pubblica in Italia. Tali costi possono essere recuperati solamente grazie ad un traffico consistente, il che presuppone l’esistenza di un gran numero di potenziali viaggiatori con un’elevata disponibilità a pagare per il servizio. Non solo, visto che i treni AV impiegano diversi minuti per raggiungere le velocità che li rendono appetibili, i potenziali viaggiatori devono essere concentrati in un numero limitato di città.

Sulla tratta Reggio Calabria-Roma, i treni AV più veloci a disposizione attualmente, quali Italo e Freccia Rossa, non impiegherebbero meno di tre ore e mezzo, un tempo paragonabile a quanto si impiega oggi in aereo a coprire la distanza dal centro di Reggio al centro di Roma. Da una breve ricerca sul web condotta pochi giorni addietro, ho riscontrato che il prezzo più basso per un volo di sola andata da Reggio a Roma tra due settimane è di circa 40 Euro. In assenza di restrizioni all’offerta di voli (c’e’ ampia disponibilità di slot a Fiumicino in tutte le fascie orarie) e a meno che i viaggiatori non abbiano una maggiore disponibilità a pagare per viaggiare in treno, il traffico aereo attuale ci dà quindi un’idea della domanda potenziale attuale per un servizio AV tra le due città a prezzi non del tutto dissimili a quelli che Trenitalia ed NTV praticano sulle tratte in funzione.

Da un’altra breve ricerca sulla rete, sortisce che il totale dei posti disponibili sulla Roma-Reggio in quella giornata era di circa 750 – meno di quanti ne siano a disposizione su due soli treni AV. Per fare un confronto che è giocoforza improprio ma che dà un’idea delle grandezze in gioco, si consideri la tratta Siviglia-Madrid, lunga 470 chilometri – all’incirca la distanza tra Salerno e Reggio da costruire ex-novo. Secondo il governo spagnolo, nel 2006 (anno di maggior utilizzo) i viaggiatori sulla tratta sono stati circa 3400 in ciascuna direzione. Ne consegue che, tenuto conto anche della morfologia del territorio in Calabria, che plausibilmente comporterebbe costi di costruzione maggiori rispetto a quelli sostenuti in Andalusia, ben difficilmente il valore sociale atteso della Reggio-Roma sarebbe superiore a quello della Siviglia-Madrid, pari secondo Betancor e Llobet a -3.3 miliardi di euro. Per inciso, il valore atteso finanziario si attesta invece a -5 miliardi.

Ovviamente, questi miei calcoli altro intento non hanno, se non di sottolineare la necessità di basare il dibattito sull’estensione della rete AV su elementi fattuali invece di pulsioni populistiche.

V’è infine da aggiungere che un’analisi costi-benefici come quella cui abbiamo fatto riferimento sopra non tiene conto dello sviluppo economico che potrebbe scaturire dalla costruzione e dall’esercizio della linea. Si tratterebbe di stimare il maggior reddito netto dovuto all’infrastruttura e di confrontarlo allo scenario alternativo in cui i denari sono investiti in altro modo. Vorrei porre un’enfasi particolare sugli aggettivi netto e alternativo.

Considerare il reddito aggiunto netto significa che – ad esempio – i posti di lavoro migrati a Reggio da altre località non andrebbero nel computo, a meno che ad essi non corrispondano maggiori salari.

Inoltre, qualora il Governo ritenga meritorio realizzare l’opera nonostante l’analisi costi-benefici dia risultato negativo, per esempio perché intende favorire una certa parte della popolazione o perché stima che lo sviluppo economico sarebbe rilevante, dovrebbe considerare se vi siano metodi più efficienti per giungere agli stessi risultati – cioè fornire quei benefici o assicurare quello sviluppo ad un prezzo inferiore a quello dell’Alta Velocità.

Questo è il senso in cui lo scenario alternativo è rilevante. Nell’esempio considerato sopra, ciò comporterebbe chiedersi – tra l’altro – se un sussidio al trasporto aereo di valore complessivo inferiore al costo della tratta AV non comporterebbe lo stesso livello di benefici. O, ancora, se investire risorse simili nella lotta alla ‘Ndrangheta non risulterebbe in dividendi ancora maggiori.

Twitter @clementi_gl

Alta velocità, Delrio, il miraggio delle analisi costi-beneficiultima modifica: 2015-06-12T13:43:52+02:00da davi-luciano
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