Il pm Enrico Zucca: “Fabio Tortosa esprime l’opinione di tutta la polizia. La politica non capisce la gravità del G8”

Pubblicato: 15/04/2015 19:44

ENRICO ZUCCA
 Quando ha letto le parole dell’ex celerino Fabio Tortosa, il procuratore generale Enrico Zucca ha scosso la testa. Non per la sorpresa: “Quello che esprime Tortosa è quello che hanno sempre pensato i vertici della polizia”, afferma all’Huffington Post.

Zucca è il magistrato che ha condotto l’inchiesta sulla Diaz insieme al pm Francesco Albini Cardona. Un processo che “ha svelato una pratica ancora più disgustosa della tortura e cioè la copertura della tortura. La Cassazione parla di ‘violenza inusitata’, ma anche di una ‘scellerata operazione mistificatoria perpetrata dai vertici della polizia’. Di questo non si parla e anche la politica evita questo argomento”.

Ciò che invece continua a sorprendere Zucca, invece, è il doppiopesismo: gli applausi agli agenti responsabili della morte di Federico Aldrovandi e le frasi di Tortosa fanno indignare i palazzi della politica, mentre questo non accade quando i condannati in via definitiva per il G8 di Genova continuano a occupare incarichi istituzionali.

Il poliziotto Fabio Tortosa rivendica l’irruzione alla Diaz, quale impressione riceve dalle sue parole?
È l’emersione nemmeno tanto sorprendente di una subcultura che alligna nei corpi di polizia di tutto il mondo. Tra l’altro, accanto alle espressioni di rivendicazione del massacro ha usato un linguaggio poco gentile anche nei miei confronti. Ho visto di peggio, certo rimango un magistrato della Repubblica e Tortosa è un poliziotto, siamo entrambi funzionari dello Stato.

Sta dicendo che le frasi di Tortosa sono eversive?
Niente è più eversivo per lo Stato di un servitore che ne tradisce i principi. Purtroppo nel discorso pubblico, inclusi i giornali mainstream, prevale ancora la logica del bilanciamento e cioè viene detto che durante il G8 di Genova i poliziotti avranno anche commesso dei reati ma i manifestanti hanno travalicato la legge. Ebbene, niente minaccia maggiormente la democrazia di questo ragionamento perché la polizia non può compiere reati, per nessuna finalità, ed è molto inquietante quando questo accade. Come magistrati lo scrivemmo al termine dell’inchiesta: a Genova la polizia si è mossa secondo la logica del nemico nei confronti di coloro che manifestavano, un “noi e loro” che giustificava le azioni degli agenti e dei loro vertici. Un discorso che mina il cuore della democrazia e provoca la sfiducia nelle istituzioni.

Possiamo dire che Tortosa ha sentito di poter scrivere quelle frasi perché qualcuno poi l’avrebbe perdonato?
L’atteggiamento di questo poliziotto è generato dalla copertura che ha ricevuto dai vertici. Il processo Diaz ha svelato una pratica ancora più disgustosa e cioè la copertura della tortura. La Cassazione parla di “violenza inusitata”, ma anche di una “scellerata operazione mistificatoria perpetrata dai vertici della polizia”: entrambi gli elementi sono stati poi confermati dalla recente sentenza della Corte di Strasburgo. Di questo secondo aspetto non si parla e anche la politica evita l’argomento. Così si lascia in qualche modo aperto il pensiero che un poliziotto è un buon poliziotto anche quando sbaglia.

Il Viminale promette una punizione esemplare nei confronti di Tortosa. È sufficiente?
Spesso il Viminale promette grosse punizioni ma spesso gli esiti non sono conseguenti. Anche le dichiarazioni dell’immediato dopo G8 erano ancora più dure, poi però non accadde nulla. C’è un nucleo sostanziale comune tra ciò che Tortosa esprime con un linguaggio brutale e la concezione sottostante alle dichiarazioni anche ufficiali dei vertici della polizia. Questa è la peculiarità del G8 di Genova, che è devianza non solo della truppa ma anche dei loro comandanti ai più alti livelli. Siamo molto lontani dalla tradizionale tesi delle poche mele marce. Ricordo che i vertici processati sono stati condannati in via definitiva anche per aver compilato dei verbali falsi proprio per nascondere le torture avvenute alla Diaz, e questa è la linea utilizzata non soltanto dalla polizia di Gianni de Gennaro ma anche dai successori quando hanno toccato l’argomento del G8.

Intende dire che questa difesa della violenza degli agenti prosegue ancora oggi?
Quando scrive che si sente un servitore fedele dello Stato, Tortosa esprime un concetto identico a quello espresso dal capo della polizia Antonio Manganelli quando disse che a Genova la polizia era stata attaccata e dunque si era “difesa come aveva potuto”. Ma questo concetto non ha spazio in una democrazia, perché servire lo Stato significa servire la Costituzione e le sue leggi. Se la polizia non capisce questo, allora qual è la differenza con un regime? Bisogna togliere a Tortosa l’illusione di essere un fedele servitore delle istituzioni, perché sta bestemmiando: questo è l’unico elemento grave delle sue esternazioni. Tuttavia si stanno applicando in questa vicenda due pesi e due misure.

Cioè?
La politica e lo stesso Viminale si indignano per le parole di Tortosa così come si sono indignati per gli applausi agli agenti condannati per la morte di Aldrovandi. Ma perché questa indignazione non è arrivata nel luglio del 2012, quando la Cassazione condannò in via definitiva i vertici della polizia che, come ho ricordato prima, hanno difeso fino all’ultimo l’operazione alla Diaz e hanno coperto la tortura? Non solo non c’è stata indignazione, ma all’indomani di quella condanna è apparsa una lettera sulCorriere della Sera firmata da poliziotti che esprimevano al loro capo condannato la stessa solidarietà che Tortosa esprime nei confronti del suo commilitone, condannato per lo stesso reato. Nessuno si è scomposto per quel gesto di solidarietà nei confronti di un funzionario di polizia che per la Cassazione ha coperto un atto di “abiezione totale”. Si è perso l’abc istituzionale.

In questo doppiopesismo entra anche il fatto che la politica non osa toccare Gianni De Gennaro?
Continuo a stupirmi del fatto che non ci si renda conto dell’enormità di quanto è successo al G8 di Genova e negli anni successivi. Persone prima indagate e poi condannate per reati infamanti non sono mai state sospese né hanno ricevuto un procedimento disciplinare e, anzi, hanno continuato ad avere incarichi istituzionali avallati dalla politica. Tanto per dire, i vertici della polizia coinvolti nelle indagini sulla Diaz e Bolzaneto hanno continuato a comandare sugli agenti che noi magistrati impiegavamo nell’inchiesta contro di loro: una torsione senza precedenti in totale contrasto con le prescrizioni della Corte europea per i diritti umani di Strasburgo, la cui violazione è considerata nella condanna che l’Italia ha subito.

Ripeto la domanda: non è anche compito del governo pretendere chiarezza o prendere provvedimenti?
Mi stupisco del fatto che nessuno abbia depositato una interrogazione parlamentare per chiedere al governo come mai non ha risposto alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo quando pretendeva dall’Italia informazioni sugli eventuali procedimenti disciplinari a carico dei poliziotti condannati per la Diaz. Il problema è che il corpo di polizia è impenetrabile e non è semplice neppure per lo stesso Viminale avere delle statistiche e delle informazioni chiare. Nel caso della Diaz non c’è stata la copertura soltanto del VII nucleo di Tortosa, ma la solidarietà totale della polizia.

La sensazione di Tortosa è quella, insomma, di impunità totale?
Mai nessuno all’interno della polizia ha stigmatizzato pubblicamente quando successo a Genova nel 2001. I vertici, e di conseguenza anche i soldati semplici come Tortosa, hanno sempre affermato di essersi difesi dalle violenze dei manifestanti. Qualcuno dovrebbe ricordare alla polizia intera che la tortura non va fatta nemmeno al peggiore dei terroristi. Ma questo non è compito della politica, che certamente può pretendere più chiarezza e trasparenza: questo cambiamento deve avvenire dall’interno affinché nessun agente, alla morte di Carlo Giuliani, possa più esultare urlando “uno a zero per noi”, come purtroppo è accaduto.

Come può cambiare la polizia italiana?
Nelle scuole che formano gli agenti bisognerebbe insegnare in primo luogo la Costituzione e poi come si mettono le manette ai mafiosi. Perché il fine non giustifica mai i mezzi e le tante medaglie della polizia non si possono usare per bilanciare la più grave sospensione del diritto in un Paese occidentale dopo la Seconda guerra mondiale, come è accaduto a Genova.

Tortosa afferma che esiste un’altra verità, oltre a quella processuale. 
Sono le stesse parole usate dal dirigente Canterini (il comandante del VII nucleo, ndr), ma sono anche quelle usate dagli altri vertici condannati che hanno alluso a “vere verità difformi da quella giudiziaria”. Lo ha ripetuto recentemente anche Alfonso Sabella (ora assessore alla legalità a Roma, ndr). L’unico dato oggettivo è che quando hanno potuto e forse dovevano parlare, non lo hanno fatto. C’è un tempo per ogni cosa.

Il pm Enrico Zucca: “Fabio Tortosa esprime l’opinione di tutta la polizia. La politica non capisce la gravità del G8”ultima modifica: 2015-04-18T13:56:11+02:00da davi-luciano
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