Un nuovo studio teorico è riuscito a spiegare con una precisione senza precedenti, la lievissima differenza tra la massa del protone e quella del neutrone. Si tratta di un parametro fondamentale per il nostro universo: se fosse stato anche leggermente diverso, l’evoluzione delle stelle sarebbe stata completamente differente(red)
Il protone e il neutrone sono le due unità che compongono i nuclei di tutti gli elementi della tavola periodica. A loro volta, sono costituiti da particelle più piccole: i quark. Il protone è formato da tre quark di diverso tipo, o “sapore”: due quark “up” e un quark “down”, legati dall’interazione di tipo forte, una delle quattro forze fondamentali della natura. Il neutrone è invece costituito da due quark “down” e un quark “up”, tenuti insieme dallo stesso tipo d’interazione.
Sulla base di questa struttura interna si possono spiegare le caratteristiche fisiche di protoni e neutroni: la combinazione delle cariche dei singoli quark, per esempio, determina in modo semplice perché il protone ha carica positiva e perché il neutrone è elettricamente neutro.
Nel caso delle masse, occorrono invece calcoli molto raffinati basati sulle leggi della cromodinamica quantistica, che spiega il comportamento dei quark, e dell’elettrodinamica quantistica, che spiega il comportamento delle particelle cariche.
Borsanyi e colleghi hanno utilizzato queste leggi per calcolare con una precisione senza precedenti la differenza delle masse, il cui valore è di fondamentale importanza per la fisica. Sarebbe bastato infatti che questa differenza fosse stata, anche di poco, maggiore o minore perché l’universo si evolvesse in modo completamente differente, rendendo forse impossibile lo sviluppo della vita. Rispetto a diversi parametri fisici, tra cui proprio le masse del protone e del neutrone, l’universo è “finemente regolato” (Finely Tuned Universe), secondo una suggestiva espressione utilizzata da molti fisici e filosofi.
I calcoli di fisica nucleare indicano per esempio che se la differenza tra la massa del protone e quella del neutrone fosse stata lievemente maggiore dello 0,05 per cento, la sintesi dei nuclei dopo il big bang avrebbe prodotto molto più elio-4 e molto meno idrogeno. Le conseguenze sarebbero state di enorme portata: le stelle non si sarebbero “accese” così come hanno fatto.
Un valore molto più grande di 0,14 per cento avrebbe reso i decadimenti di tipo beta molto più probabili, rendendo l’universo molto ricco di neutroni alla fine della nucleosintesi. Anche in questo caso, a risentirne sarebbero state le reazioni di fusione nucleare all’interno delle stelle, che avrebbero bruciato l’idrogeno con molta più difficoltà, rendendo ardua la formazione degli elementi più pesanti.