— Massimo Zucchetti, 17.12.2014
Oggi, per i NOTAV in carcere con l’accusa di terrorismo, è stata una giornata dura, per loro quattro, ma importante per la storia, diciamo la nostra piccola storia della Resistenza NOTAV.
La Corte d’Assise di Torino li ha oggi –17 dicembre — assolti dall’accusa di terrorismo “perché il fatto non sussiste”. Pertanto, allora, crolla — come già crollò per Sole e Baleno e Silvano Pellissero molti anni fa — l’impianto accusatorio formulato dalla Procura Torinese, oggi identificabile con i pm Padalino e Rinaudo, ieri con altri pubblici ministeri.
I quattro ragazzi sotto processo, Chiara, Claudio, Mattia e Nicolò, erano responsabili riconosciuti di essersi introdotti nel cantiere del Tunnel geognostico di Chiomonte ed aver dato fuoco ad un compressore mediante l’uso di bottiglie incendiarie. Da un punto di vista strettamente giuridico, era prevedibile una loro condanna per l’atto di sabotaggio.
La posta in gioco era però più ampia, sia per loro quattro, che per altri tre detenuti in attesa di giudizio per lo stesso episodio, ma anche per l’intero movimento. L’accusa di terrorismo, se confermata, avrebbe rotto un diaframma assai pericoloso, avallando de facto la vulgata che i propugnatori del TAV hanno cercato con ogni mezzo di propagandare e alla quale la Procura torinese ha fornito un volto “legalitario”: chi si oppone al TAV è: o un terrorista (i “cattivi”, la “frangia violenta”, etc etc), o un “fiancheggiatore del terrorismo”, o nella migliore delle ipotesi un “utile idiota” che vede strumentalizzata la propria “giusta o non giusta” protesta da “terroristi”. Tutte le virgolette qui apposte non sono casuali: riassumono la vulgata di cui sopra, propagandata da chi cerca di distrarre l’opinione pubblica dai veri dati di fatto: il TAV è un progetto inutile, costoso, dannoso, non “una questione di ordine pubblico”.
Bene: tutto questo — e una volta per tutte — non è vero. Oggi ne abbiamo avuto una conferma “legalitaria”, appunto. Terrorismo è una parola pesante, che si riferisce a pensieri ed azioni che sono del tutto estranei al movimento NOTAV. Più e più volte il Movimento lo ha dimostrato, se mai ce ne fosse stato bisogno, nei fatti, anche ad esempio respingendo al mittente le molte offerte di “aiuto” e “condivisione” che nel tempo sono arrivate da sedicenti gruppi o da persone coinvolte con la lotta armata o con il terrorismo.
È quindi quello di oggi un passo importante, per chi riesce a guardare lontano.
D’altra parte, però, è anche necessario guardare vicino, cioè al destino di queste quattro persone da un anno dietro le sbarre, e di cosa accade loro in questo momento. Ora, il 17 dicembre 2014.
Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò sono stati condannati a 3 anni e 6 mesi per danneggiamento aggravato, porto d’arma da guerra e violenza a pubblico ufficiale. E stata comminata ad ognuno, inoltre, una multa di 5000 euro e un risarcimento, per ora ignoto, a Ltf (la ditta del cantiere e del compressore). Sono stati negati i risarcimenti richiesti dall’avvocatura dello stato e dal Sap (il sindacato di polizia).
Tre anni e mezzo: non si tratta di una condanna leggera. Ignoriamo al momento se e quali circostanze aggravanti o attenuanti siano state considerate. Possiamo subito discutere, andando ad un esame del dettaglio, la liceità della condanna per violenza a pubblico ufficiale, dato che i quattro, dopo il sabotaggio, si sono allontanati senza interagire con le FF.OO., e sono poi stati tratti in arresto mesi e mesi dopo il fatto.
Il ridimensionamento delle accuse è un fatto positivo, anche perché — dopo oltre un anno di detenzione dovuto all’imputazione grave di terrorismo, si profila per loro la scarcerazione, con l’applicazione di misure più blande stante l’assai più lieve sostanza dei reati dei quali sono stati ritenuti colpevoli.
Chiediamo quindi con forza che i quattro vengano posti fuori dal carcere, e che anche per gli altri tre sui quali pende l’imputaziione per terrorismo vengano annullate le recenti misure restrittive che a loro sono state applicate proprio in virtù di questa accusa.
Il bicchiere è quindi mezzo pieno, se guardiamo lontano, e mezzo vuoto se guardiamo vicino.
Su questa stessa linea, stanno le dichiarazioni a caldo di Alberto Perino, figura importante del Movimento NOTAV (non leader, perché leader nel movimento non ce ne sono), che riportiamo integralmente a concludere questa nostra analisi.
“Fino a quando le bottiglie incendiarie vengono qualificate armi da guerra le sanzioni sono quelle previste dal codice penale. Il danneggiamento indubbiamente c’è stato e nessuno poteva né voleva negarlo. Quello che stride e che non si capisce è la resistenza a pubblico ufficiale, visto che da video si evince che i ragazzi se ne sono andati dal cantiere prima dell’arrivo delle FFOO.
Ora, siccome non era affatto scontato che la corte d’assise di Torino respingesse in toto l’accusa di terrorismo dobbiamo dire che è andata molto bene. Anche per i tre che sono ancora in attesa di giudizio.
Ostinarsi a vedere solo il bicchiere vuoto è porsi al di fuori della realtà.
La procura di Rinaudo, Padalino e Caselli è stata interamente sconfitta nel suo impianto accusatorio di fondo. E questo fa scuola.”