Bruxelles, 120.000 in piazza contro l’austerity

allora se davvero si vuole abbattere l’austerity questo “fronte” è pronto a rescindere dal trattato di Maachstricht? Proprio quei sindacati che hanno contribuito a trasformare la Ue in dogma?

Giovedì 06 Novembre 2014

Pubblichiamo un report della grossa manifestazione anti-austerità tenutasi oggi a Bruxelles e conclusasi con violenti scontri tra operai e polizia nel centro della città (articolo di Paola Bonomo, nostra collaboratrice che si trova nella capitale belga):

Più di 120.000 persone sono scese in piazza oggi a Bruxelles, in quella che è stata la prima grande manifestazione contro le misure di austerità del nuovo governo di destra.

La manifestazione è stata organizzata dal fronte comune dei sindacati belgi e ha visto una partecipazione massiccia di lavoratori, precari, disoccupati, sans papiers e studenti, uniti contro il nuovo accordo di governo che include misure che costituiscono un vero e proprio attacco al lavoro e ai servizi sociali: l’aumento dell’età pensionabile a 67 anni, il congelamento dei salari e la privatizzazione delle ferrovie con tagli drastici del personale e conseguente aumento del costo del servizio, per citarne soltanto alcune.

Il corteo, partito dalla Gare du Nord, si è mosso per le vie del centro per concludersi alla Gare du Midi, dove circa 300 manifestanti hanno lasciato la piazza dei sindacati per dirigersi verso una via laterale, chiusa dalla polizia. La maggior parte erano operai portuali di Zeebrugge e Anversa, che si sono trovati di fronte a idranti e lacrimogeni durante circa due ore di scontri.

La manifestazione di oggi a Bruxelles è stata un successo a livello di partecipazione: gli organizzatori hanno dichiarato che un’affluenza del genere non veniva registrata in Belgio da almeno 30 anni. A partire da adesso e fino a fine dicembre sono in programma numerose altre mobilitazioni e scioperi generali, con un ruolo determinante dei sindacati nel coordinare queste mobilitazioni.

http://www.infoaut.org/index.php/blog/precariato-sociale/item/13168-bruxelles-120000-in-piazza-contro-lausterity

VIDEO : https://www.youtube.com/watch?v=7418V81Fm9U

Occidente e multiculturalismo, Yuri Leverato

Oggigiorno nel pianeta vi sono sostanzialmente due tendenze economiche-sociali.
La prima è potentissima, quasi invincibile: è il globalismo (o globalizzazione), mentre la seconda è debole, e spesso utilizzata da politici populisti: è l’autarchia.
Il piano dei globalisti è iniziato 101 anni fa con la creazione della Federal Reserve Bank, la banca centrale degli Stati Uniti d’America.
E’ poi continuato finanziando ideologie opposte e contrarie che hanno portato alla seconda guerra mondiale.
Nel 1954, poi, c’è stata la prima riunione del Bilderberg, alla quale parteciparono David Rockefeller (il nipote dell’uomo più ricco di tutti i tempi), e N.D. Jay (agente della J.P. Morgan).
In quella riunione si decise il futuro assetto dell’Europa, il cui organismo embrionale, la CECA, fu finanziato e appoggiato dalla fondazione Rockefeller e dalla CIA (1), attraverso l’ACUE (American Commitee on United Europe).
Con la caduta del Muro di Berlino, e il conseguente dissolvimento dell’Urss, gli Stati Uniti d’America si trovarono nuovamente in una posizione di assoluto dominio del pianeta.
L’era del globalismo e del capitalismo estremo era cominciata.
Questo modello di sviluppo, ha portato alla concentrazione della ricchezza mondiale in pochissime mani, e ha prodotto, specialmente in Occidente, molti nuovi poveri.
Le grandi multinazionali occidentali hanno bisogno di mercati aperti per poter espandersi, dove vi si possa commerciare liberamente, sanza dazi e, inoltre, hanno bisogno di mano d’opera a basso costo.
Ecco il motivo che i grandi gruppi economici hanno favorito il crearsi dello spazio comune europeo, idea nobile, ma che a tutt’oggi non è stata interpretata come avrebbe dovuto essere.
Pertanto in Europa il dibattito tra “destra” e “sinistra” è ormai completamente fuori dal tempo.
In Europa è in atto una completa “americanizzazione” del lavoro, rendendolo più consono alle esigenze dei capitalisti estremi o addirittura degli speculatori.
Forse farei meglio a scrivere che in Europa è in atto la “colombianizzazione” del lavoro.
La Colombia, infatti, è un paese dove non esistono i sindacati e dove i capitalisti estremi hanno campo libero, in quanto non esiste certezza del posto di lavoro e il salario minimo si aggira sui 300 dollari al mese.
E’ questo il progetto finale del globalismo, che in alcuni casi, come per esempio in Brasile, si maschera da “socialismo di mercato” con forti sussidi alle classi meno abbienti e agli indigeni, rendendo di fatto il popolo dipendente dal governo e quindi facilmente influenzabile e corrompibile.
Ma c’è un altro punto importantissimo che i globalisti sostengono, quasi fosse la “nuova Bibbia”: è il multiculturalismo.
Ormai da circa cinquant’anni, in Occidente vi sono ondate migratorie da altri paesi. E’ indubbio che l’integrazione culturale sia a volte una cosa positiva, (un popolo conoscendo la filosofia, gli usi e costumi di un altro popolo si arricchisce culturalmente), ma è altrettanto indubbio che i globalisti abbiano bisogno di manodopera a basso prezzo per poter continuare a lucrare sul lavoro degli esseri umani.
Facciamo un esempio concreto del progetto globalista: da quando la globalizzazione ha iniziato a dilagare nel mondo, nel 1991 con il dissolvimento dell’Urss, ma in particolare nel 2001 con l’entrata della Repubblica Popolare Cinese nel WTO e nel 2002 con l’instaurazione dell’euro, un imprenditore europeo ha interesse a delocalizzare, cioè a portare la sua fabbrica in paesi dove il lavoro costa meno. Dalla Francia o dall’Italia porterà la sua fabbrica in Romania o in Turchia, dove potrà pagare i lavoratori sino ad un quarto di quello che li pagava nell’Europa Occidentale.
Lentamente quindi nell’Europa Occidentale l’occupazione diminuirà sempre più e i diritti sociali saranno tagliati, avvicinando l’Europa al Sud America.
I salari o le ore di lavoro saranno abbassati. I lavoratori europei protesteranno, ma gli immigrati, specie se di origine africana o medio-orientale accetteranno, perchè non avranno scelta. Ad un certo punto anche i lavoratori europei accetteranno questa situazione.
La classe lavoratrice sarà appiattita, liquefatta.
Se questo piano si avverrà nella sua totalità, i globalizzatori avranno vinto, avranno il governo mondiale, controllato dalle banche e dalle multinazionali, e una massa di umanità soggiogata e ammutolita, proprio come nel famoso libro “1984” di George Orwell.
Ma c’è un altro punto che potrebbe causare seri problemi in Occidente.
L’immigrazione selvaggia, voluta dai globalisti, con gli esempi del flusso di “latinos” dal Messico agli USA e con il flusso di africani e arabi in Europa attraverso l’Italia, porta ad una situazione paradossale, dove i clandestini hanno più diritti dei cittadini europei e vengono coccolati non solo dalle imprese, ma anche dalle mafie.
Se questa situazione aumenterà in un futuro non lontano ci potrebbero essere scontri sociali in Occidente, soprattutto con gruppi di radicalisti islamici, che invece di adattarsi alla cultura occidentale pretenderebbero di importare la sharia in Europa (vedi i casi successi in alcuni quartieri di Londra).
Tutto ciò come ho indicato all’inizio dell’articolo, favorisce i politici che propongono un ritorno all’autarchia: chiusura delle frontiere, uscita dall’euro, uscita dall’Unione Europea e dalla Nato, incentivi alle produzioni locali e dazi alle importazioni.
Queste proposte difficilmente riusciranno ad essere messe in pratica, proprio perchè la maggioranza della popolazione è ammorbata dalla pubblicità dei media, in mano ai poteri forti.
A mio avviso però non sarebbe nemmeno questa la via giusta da seguire, perchè la Storia ha mostrato che chi si chiude in se stesso è destinato a fallire.
Secondo me bisognerebbe procedere semplicemente con il buon senso: per quanto riguarda l’economia, bisognerebbe tassare pesantemente le speculazioni e i capitalisti estremi dovrebbero pagare in proporzione maggiore dei piccoli imprenditori.
Bisognerebbe inoltre limitare gli stipendi d’oro, ridistribuire ricchezza ai pensionati minimi, e incentivare le produzioni locali, senza però alzare dazi alle importazioni.
Dal punto di vista dell’immigrazione e quindi del multiculturalismo, a mio parere i flussi migratori dovrebbero essere contenuti e ordinati, in modo da non creare scontri sociali e da non stravolgere la cultura originaria dei popoli occidentali.
Nota:
 
Foto principale: la nave mercantile Vlora attracca nel porto di Bari l’8 agosto del 1991. Ventimila albanesi vedono l’Italia come la “terra promessa”.
 

Italia: sempre più guerra, tanto pagano cittadine e cittadini

e perché mai Renzi dovrebbe rispondere agli altri suoi compagni di merende che fingono un pseudo dissenso??
Se fossero realmente sinceri sarebbero membri del Pd?
 

di Gianni Lannes – 05/11/2014
 
Fonte: Gianni Lannes
 
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Kissinger & Napolitano
 
Ecco la mia risposta ufficiale ai criminali di STATO che in maniera anonima tentano di intimidirmi al fine di azzerare la mia libertà di espressione! Si può eliminare una persona, ma è impossibile uccidere le sue idee.
 
di Gianni Lannes
 
La guerra non coincide con la sicurezza del Belpaese: un pretesto dietro cui nascondere l’assenza totale di sovranità. L’articolo 11 della Costituzione repubblicana è carta straccia per il capo abusivo del quirinale e per l’inquilino su conto terzi di palazzo chigi. Il Presidente pro tempore della Repubblica, in un messaggio alla Marina militare del 10 giugno 2013, ha dichiarato che «nei limiti dell’attuale difficile contingenza economica che impone un sostanziale ridimensionamento della spesa pubblica, la Marina ha intrapreso, in sinergia con Esercito, Aeronautica e Arma dei Carabinieri, un fondamentale processo di riforma volto alla razionalizzazione delle strutture in senso interforze e alla loro progressiva integrazione in ambito europeo, secondo i lineamenti definiti dalla legge delega».
 
Risulta difficile se non proprio impossibile individuare quale sia la reale razionalizzazione: la legge cosiddetta di stabilità, taglia quattro miliardi di euro a sanità, scuola e sicurezza. Come si giustificano, allora, alcune ingenti spese militari quali l’acquisto di 90 cacciabombardieri nucleari F-35 della Lockheed (considerati dagli stessi tecnici governativi USA degli autentici bidoni volanti), attualmente al prezzo di 140 milioni di euro cadauno, salvo lievitazioni in corso d’opera?
 
 
L’unica reale necessità e la imminente guerra atomica imposta e pianificata da Washington. Infatti, proprio alcuni giorni fa si è conclusa un’esercitazione nucleare nei cieli d’Italia, mandata in onda dalla NATO.  Per la cronaca documentata: in Italia è presente un arsenale atomico di proprietà degli Stati Uniti d’America, in violazione del Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), pronto all’uso. Alla voce bombe atomiche tattiche, modello B 61: potenza variabile da 0.3 a 170 chilotoni (la bomba sganciata su Hiroshima nel 1945 aveva una potenza di appena 13 chilotoni). I piloti dell’aeronautica militare italiana, in particolare del sesto stormo di stanza a Ghedi, da anni si addestrano a bordo dei tornado, all’uso dei predetti ordigni nucleari (custoditi in condizioni di insicurezza per la popolazione civile).
 
 
 
Il 17 giugno 2013 è stato pubblicato il bilancio triennale della Difesa, dal quale si evince un aumento della spesa di 145.000.000 euro rispetto al bilancio approvato dal Parlamento per il 2011: stanziamento complessivo di 20.702.000.000 euro (con un aumento pari allo 0,7 per cento). Anche negli anni 2014 e 2015 sono previste spese per oltre 14 miliardi all’anno, per cui non si intravede il caldeggiato contenimento delle spese.
 
Non è tutto. Il programma di cooperazione internazionale italo-francese Fremm prevede, per l’Italia, l’acquisizione di 10 fregate multi-missione (6 di tipo “General Purpose”, caratterizzate da elevata flessibilità di impiego operativo, e 4 di tipo antisommergibile, caratterizzate da maggiori capacità in tale particolare forma di impiego operativo); sulla base dell’accordo raggiunto fra nazioni ed industria, è stato firmato il 16 novembre 2005 il contratto relativo alla fase di sviluppo, costruzione ed accettazione in servizio delle unità per le quali è altresì prevista la fornitura di supporto logistico iniziale.
 
Il 9 maggio 2006 è stato siglato il primo atto aggiuntivo al contratto relativo alle fasi di sviluppo, progettazione di dettaglio e costruzione delle prime due unità nazionali. L’ordine di consegna delle navi prevedeva la produzione della prima da consegnarsi nel 2012, seguita da 4 navi antisommergibile e le restanti 5 “General Purpose” ad un ritmo medio di un’unità navale l’anno fino al 2021; 6 navi risultano già finanziate, ultima tranche con la legge di bilancio 2013; la prima fregata è stata consegnata all’Italia; nell’ambito di tale programma la Francia ha ordinato 17 fregate Fremm, poi ridotte ad 11 (più una per l’Armata reale marocchina); come risulta dalla scheda tecnica delle navi, la vita minima attesa da tali fregate è di 30 anni; in un’ intervista alla stampa (anno 2013), l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi ha dichiarato un ulteriore piano di acquisto per 12 fregate di dimensioni più ridotte (6 da consegnarsi subito, 6 successivamente) dal costo unitario di circa 250.000.000 euro ognuna, per un totale di 1.500.000.000 euro.
 
Le fregate attualmente operative per la Marina militare italiana sono 8, classe “Maestrale”: “Aliseo”, in servizio dal 1983, “Espero” (1985), “Euro” (1984), “Grecale” (1981), “Libeccio” (1981), “Maestrale” (1982), “Scirocco” (1983), “Zeffiro” (1985); dato che la vita minima di tali navi è di 30 anni, come si evince dalla loro scheda tecnica, si può constatare come 5 fregate l’abbiano a mala pena raggiunta, 3 invece siano addirittura sotto tale soglia minima; l’acquisto di 10 nuove fregate comporterebbe, sempre che parallelamente vengano dismesse quelle attualmente operative, una sostituzione pressoché integrale della flotta entro il 2025 stando alle linee programmatiche della Marina militare presentate a Roma il 19 giugno 2013; l’acquisto di ulteriori 12 piccole fregate comporterebbe un rinnovo al 40 per cento del parco navi di quella portata; l’acquisto delle 10 fregate Fremm comporta per l’Italia una spesa di circa 6.000.000.000 euro (a fronte dei 4.500.000.000 euro inizialmente previsti), senz’altro di grande rilievo sul bilancio dello Stato, specialmente in un momento di difficoltà nel quale, per reperire somme paragonabili, si incide sull’aliquota Iva o sull’aumento di altre tasse; l’acquisto di 12 mini-fregate comporterebbe una spesa di ulteriori 3.000.000.000 euro, e al riguardo si possono riportare le considerazioni appena svolte; secondo fonti ufficiali francesi ogni vascello Fremm è costato invece alla Francia circa 470.000.000 euro, per un totale di meno di 6 miliardi di euro a fronte dell’acquisto di 12 navi.
 
Torniamo a scrutare il cielo. La partecipazione dell’Italia al programma F-35 viene presentata come un grande affare, ma non si dice che, mentre i miliardi dei contratti per l’F-35 a capacità nucleare entrano nelle casse di aziende private, quelli per l’acquisto dei caccia escono dalle tasche degli ignari contribuenti.
 
L’ambasciatore del governo statunitense nella colonia italiana a stelle e strisce, ha evidenziato, come sia d’importanza strategica per le capacità militari future degli Stati Uniti e dei Paesi alleati, la realizzazione dei nuovi caccia F-35, aggiungendo fra l’altro, che da quando l’Italia ha progressivamente diminuito il piano originale di acquisizione da 131 a 90 aerei, si sono determinati una serie di effetti negativi in termini economici, a causa delle riduzioni delle partecipazioni industriali associate con la realizzazione degli F-35, che hanno provocato una significativa perdita dei posti di lavoro; il segretario aggiunto della difesa per la sicurezza internazionale americano, ha esortato a tal proposito l’Italia di riconsiderare il piano di dismissione della riduzione della realizzazione dei velivoli F-35. L’esponente governativo americano ha asserito fra l’altro che le relazioni internazionali tra gli Stati Uniti e l’Italia, non sono mai state così salde e che il personale tra civile e militare americano composto da più di 30 mila unità, riveste un ruolo essenziale nella sicurezza collettiva in particolare nell’area strategica del Mediterraneo. E così mentre in Parlamento viene approvata la mozione presentata da Scanu del Pd che getta fumo negli occhi dell’opinione pubblica, secondo un comunicato della Lockheed mai smentito dal governicchio telecomandato di Roma, il governo USA accende un nuovo contratto di acquisto di altri F 35 per fare a guerra sul  conto dell’Italia.
 
Come mai Matteo Renzi non ha ancora risposto alle seguenti 4 interrogazioni parlamentari a risposta scritta (4/03398 del 30 gennaio 2014, numero 4/01592 del 30 gennaio 2014, numero 4/01594 del 4 febbraio 2014, numero 4/00663 del 30 maggio 2013), di cui una del senatore Felice Casson, cofirmata da altri 8 senatori del Piddì?
 
riferimenti:
 
 
 
 
 
 

Folla alla cena per il finanziamento di Renzi

ma il Pd è una fabbrica (di cazzate e m….)? 18 milioni??? E quanti “dipendenti” mantiene? E questi soldi dai da cotanti filantropi e magnanimi, saran stati dati senza pretendere niente in cambio?!?!?!?!

«Abbiamo recuperato 18 milioni di risorse, grazie a questo nessun dipendente del Pd avrà cassa integrazione». Così il premier Matteo Renzi, a proposito della (discussa) cena di finanziamento per il Pd organizzata giovedì sera a Milano. Alla serata hanno partecipato seicento ospiti, la maggior parte provenienti dal mondo imprenditoriale, pagando mille euro ciascuno. Renzi è arrivato alle 21 e 26, con oltre un’ora e mezzo di ritardo. Le parole del presidente del Consiglio sono state postate sulla pagina Twitter ufficiale del Partito democratico già giovedì sera (Nella foto, l’intervento di Renzi alla cena. L’immagine è stata pubblicata su Twitter e Instagram dal portavoce del premier, Filippo Sensi)
http://www.corriere.it/foto-gallery/politica/14_novembre_07/folla-cena-il-finanziamento-renzi-0ef1caa8-6645-11e4-a5a4-2fa60354234f.shtml

PROPRIO CON IL POPOLO, DEBOLI E INDIGENTI EH?

Pd, in ottocento alla cena di finanziamento con Renzi

Mille euro per mangiare con il premier segretario. Che dice: “Nessun dipendente andrà in cassa integrazione”
06 novembre 2014renzi1
LA POLITICA nell’era del finanziamento pubblico ridotto. Davanti al ‘The Mall’, sotto i grattacieli di Porta Nuova a Milano, sfilano quasi 800 partecipanti alla prima cena di autofinanziamento del Pd. Imprenditori, commercialisti, avvocati e consulenti: mille euro a testa per mangiare con Matteo Renzi. Tutti scommettono sul premier-segretario. Gli ospiti arrivano intorno alle 20.30. Tanti a piedi o in taxi, ma nelle vicinanze si avvistano molti Suv, Porsche, Jaguar. La cena, nei giorni scorsi, ha provocato diversi malumori nel partito. Cesare Damiano e alcuni parlamentari della minoranza hanno contestato la formula. “È questo il nostro pubblico di riferimento? In che mani ci mettiamo?”, hanno chiesto. Il leader replica – durante la cena – sottolineando quanto ottenuto anche grazie alla spending review del partito: “Abbiamo recuperato 18 milioni di risorse, grazie a questo nessun dipendente del Pd avrà la cassa integrazione”.
 
In tutto, più di sessanta tavoli coperti da tovaglie di lino bianco e rosso. Il catering curato da ‘Piaceri d’Italia’. Nel menù risotto giallo con lo zafferano e come secondo, una composizione di “manzo in fascia di speck”. Per dessert una mousse di cioccolato. Il tutto accompagnato da vini rossi. Mentre un fascio di luce tricolore illumina il podio da cui parla il segretario-premier.
 
Tra i ministri, presenti la titolare della Riforme Maria Elena Boschi e il suo collega delle Politiche Agricole Maurizio Martina. E poi l’europarlamentare Alessandra Moretti, candidata alla presidenza del Veneto.
 
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Fra gli invitati, il presidente di Telecom Giuseppe Recchi; quello di Confcommercio, Carlo Sangalli; Maria Grazia Mazzocchi, presidente del conservatorio di Milano; l’ex arbitro e ora presidente del Bari Paparesta; l’architetto Stefano Boeri. E poi il patron della società di digital design Rokivo, Valerio Saffirio; il presidente di Kinexia, Pietro Colucci; rappresentanti dell’azienda Noberasco; Alessio Albani, a.d. di Omnia Medica; Roberto De Luca, numero uno di Live nation Italia; Flavio Paone, di Dreamcos cosmetics. Matteo Renzi si concede per due ore. E il suo discorso è tutto all’insegna dell’ottimismo: “L’Italia può veramente tornare a essere quello che è sempre stata. Abbiamo bisogno prima ancora dei vostri soldi, delle vostre idee, delle vostre critiche, del vostro coraggio. Abbiamo promesso che cambieremo il Paese e lo faremo”.
 
E poi ribadisce di voler arrivare al 2018 senza tornare alle urne: “Alle ultime elezioni il Pd ha preso il 41%: alcuni hanno detto vai alle elezioni, porta in Parlamento i tuoi amici e poi fai le riforme. Noi abbiamo fatto una scelta diversa, investire il capitale del 41%. Adesso ci giochiamo il tutto per tutto perché l’Italia si rimetta in moto”.

Il commento del furbo: “Renzi come il Berlusca” ma perché il Pd- ex Ds, ex Pds ex PCI ha sempre devoluto che so, i soldi delle feste dell’Unità ai poveri??????
Se l’elettorato è questo c’è poco da stupirsi se la sinistra è diventata questa ( sono coloro che pensano che il Pd va bene, ma è Renzi che non va bene non perché risponde alle solite lobbies, ma perché è come il Berlusca…dei geni)

Gli ospiti d’onore, invitati e attesi, erano Stefano Dolce e Domenico Gabbana. Loro non ci saranno alla cena di autofinanziamento del Pd che ha come piatto forte la coppia di governo Matteo Renzi e Maria Elena Boschi.
 
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E non ci sarà nemmeno Giorgio Armani. L’appuntamento è per domani sera. Il luogo scelto per l’attovagliamento democratico a Milano non è il Gold, il locale lusso degli stilisti siculo- milanesi, ma nemmeno il ristorante del Carroponte, simbolo della Festa dell’Unità come la si intendeva una volta nel Pd. I prezzi non sono popolari: minimo mille euro. E c’è chi ha pagato di più per godere della compagnia e finanziare il partito che soffre un crollo dei tesseramenti. La cena milanese avrà un bis a Roma il giorno successivo e lì sono attesi i supporter del Centro-Sud.
 
La serata è stata organizzata al The Mall , locale di tendenza sotto il Bosco Verticale, premiato grattacielo simbolo di Porta Nuova, la Milano del futuro costruita dalle giunte di centrodestra. Il Bosco verticale, cuore dell’attività di Stefano Boeri, archistar già candidato sindaco. Diciamo un’altra idea di sinistra: non le bocciofile con cui Giuliano Pisapia ha vinto le sue primarie, ma gli ambienti di quella che si chiamerebbe Milano da bere, se fossimo negli anni Ottanta che il premier sogna di resuscitare. Ma la grande moda manca. E Pisapia non ci sarà: il sindaco è padrone di casa di una cena dei primi cittadini dell’Anci. Un’assenza con una scusa istituzionale che però si fa notare.
 
The Mall è stato scelto perché «è uno spazio grande ma elegante»: chi paga mille euro per una cena ha diritto a un ambiente di livello. Hanno aderito in cinquecento, che arrivano da diverse regioni del Nord. Ci saranno tavoli da dieci o da dodici, in tutto una cinquantina. Sono stati soprattutto i parlamentari a darsi da fare. I più attivi? Simona Malpezzi e Lia Quartapelle, Vinicio Peluffo, Franco Mirabelli, Emanuele Fiano. Ognuno ha segnalato al partito almeno cinque persone da contattare. Chi ha accettato di partecipare (e pagare in anticipo il conto) ha ricevuto un codice Iban per il versamento. E ha firmato (o non firmato) un foglio in cui si autorizza a rendere pubblico il nome. Ragioni di privacy e di opportunità: non tutti quelli che vanno a cena con Renzi e Boschi vogliono apparire.
 
È attesa la presenza di Oscar Farinetti, il patron di Eataly. Tra i convitati Benedetta Arese Lucini, general manager di Uber Italia, la donna più cordialmente detestata dai tassisti e da larga parte della Cgil. È vero che la Lucini è già stata protagonista di un dibattito alla Festa dell’Unità, ma certo la sua presenza alla cena è una tessera del mosaico del nuovo Pd come lo immagina Renzi. «Guardiamo al modello americano. Le cene sono solo il mattone iniziale. A sorpresa ci saranno Beniamino e Marcello Gavio, i patron di Serravalle e delle autostrade. Tra i presenti c’è di tutto: avvocati, notai, medi imprenditori, esponenti dell’impresa pesante e dell’agroalimentare» spiega la responsabile comunicazione, Alessia Rota.
 
Sul web impazza la polemica. «Anche Renzi come il Berlusca» scrive uno. E un altro: «Pensionati, andiamo tutti alla cena?». Sarcasmo inevitabile, con i nuovi codici che il segretario vuole per il partito. Domani e in futuro. A Porta Nuova il Pd vorrebbe organizzare la Festa dell’Unità 2015, quella che lancerà la candidatura per Palazzo Marino. Unico ostacolo avvistato: l’area forse non basta.

Trasferimento imputati NO TAV – Museo Maddalena – Convegno San Didero – ARVA’ della Clarea

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travan su conv san didero

 

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Ma le ARVA’… ? Non sono le ALVA’? A parte questo, Travan non perde occasione per commentare… “buono a far gonfiare la tensione e l’illegalità”.

Per chi si fosse perso le puntate precedenti, ecco i VIDEO della serata “VOCI DI DONNE SULLA VIOLENZA DI STATO”, Susa, 14 giugno 2014. Per TRAVAN: un ottimo evento, utile a dimostrare perché le tensioni dovute al fallimento della politica svuotano la legalità e lasciano sempre più spazio ad abusi e ingiustizie.
 
Susa 14 giugno 2014, organizzato da Le Alvà della Clarea, una serata emozionante, con le testimonianze delle madri, sorelle e nipoti delle vittime di violenze politiche e di stato e delle donne della Val Susa.
Donne, tante donne, con una forza unica, con una sintonia rara ed un’energia straordinaria, hanno ripercorso momenti di grande sofferenza, hanno pianto, e noi con loro, nel rivivere vicende di omicidi e abusi che le hanno toccate da vicino: un figlio, un marito, un fratello, un amico o sé stesse. Il filo che le univa, al contrario di quanto si potrebbe pensare (poiché parliamo di vittime della violenza di Stato) è quel grandissimo amore che le spinge, oggi, non soltanto a raccontare la verità ma, cosa più importante, a portare avanti quella lotta, ed è il caso della madre di Dax. Ho vissuto queste due giorni alternando momenti di commozione a dialoghi lucidi, razionali. Pur partendo da vissuti, storie e prospettive diverse la sensazione è quella di essere giunti ad un’unica conclusione: non è più possibile affermare la retorica della mela marcia, non è più sostenibile. Può darsi che qualcuno sia ancora indietro nel comprendere la realtà, perché c’è chi continua a fidarsi delle istituzioni sostenendo che individuare la singola mela marcia possa salvare l’albero, vale per il discorso della corruzione, vale per gli abusi commessi da uomini in divisa. Ma quando comprendi che ad essere marcio è l’albero dal quale viene lasciata cadere, di tanto in tanto, una mela, allora sai che smettere di difendere o sostenere quell’albero dipende anche da te. Spiace usare un albero, come simbolo. Perché proprio la natura è la più colpita dalla nostra ingenuità e dalle sue conseguenze.
 
Nella prima parte l’apertura della serata da parte di Monica Gagliardi, poi l’intervento di Germana, che spiega la nascita del Comitato Madri per Roma Città Aperta, poi la toccante testimonianza di Rosa Piro, la madre di Dax, e infine quella di Stefania Zuccari, che si batte per ottenere verità e giustizia sulla morte del figlio, Renato Biagetti, avvenuta 8 anni fa.

https://www.youtube.com/watch?v=J80nqmWfQko&index=4&list=UUWGi5EuZ9YNUAkQ8fzikh7w

La seconda:

Susa, 14 giugno 2014. Il teatro è pieno e, dopo l’intervento del Comitato Madri per Roma Città aperta si prosegue con altre storie.
In collegamento Skype Ilaria Cucchi, per la drammatica vicenda del fratello Stefano, e Grazia Serra che racconta la  morte dello zio, Francesco Mastrogiovanni, che all’età di 58 anni nel luglio 2009 viene prelevato dalle forze dell’ordine e portato nel centro di salute mentale dell’ospedale San Luca, a Vallo della Lucania, per un trattamento sanitario obbligatorio (TSO). Legato mani e piedi, sedato, disidratato, viene dichiarato morto novantaquattro ore dopo.

https://www.youtube.com/watch?v=9Tox6uUEEWM&index=3&list=UUWGi5EuZ9YNUAkQ8fzikh7w

La terza:

“L’ho sentito l’ultima volta alle 13:15, tranquillo, abbiamo scherzato come sempre. ma intorno alle 16 sono arrivati i vigili, mi hanno detto che era stato un incidente.” Così Mariella Zotti viene a sapere dell’improbabile incidente che ha causato la morte del marito, Vito Daniele, per il quale mentre veniva avvisata c’era già, su internet, un comunicato stampa. E’ il primo di una lunga serie di segnali che renderanno questo anomalo incidente l’ennesimo caso di vittime dello Stato. Vito sarebbe scappato dopo il fermo effettuato da un agente della Finanza, e sarebbe quindi stato investito su quel tratto di strada dove c’è una massiccia presenza di tir. Vito viene fermato nei pressi di una galleria e in curva. Successivamente non si sa per quale motivo scende dalla macchina e viene travolto da una bisarca che lo uccide. Vito viene dipinto dalla stampa come un pazzo che camminava lungo l’autostrada. La moglie, Mariella,  si batte da allora per sapere come mai suo marito sia morto quel giorno mentre tornava a casa, ma gli è stato intimato di non sollevare un polverone in questa ricerca di verità e giustizia. Alcune persone accorsero sul luogo dell’incidente ma durante il processo nessuno di questi testimoni è mai stato chiamato a testimoniare e alcune prove, come il biglietto dell’autostrada, sono misteriosamente sparite . 
“Loro non mi vogliono far parlare, ma io continuerò a farlo, per sempre, e combatterò per gli altri perché la storia di mio marito fa capire a tutti che non è vero che accade solo a una categoria e a un’altra, non è vero che se la vanno a cercare, Vito stava tornando a casa, era un uomo normale, non gli hanno permesso di tornare a casa dai suoi figli e da sua moglie, non li perdonerò mai. Continuerò  a raccontare quello che hanno fatto a Vito, alla sua famiglia e quello che continuano a fare. Continueranno a farlo perché nessuno contrasta le loro dichiarazioni, sanno di essere protetti, non hanno paura di sbagliare perché sanno che non pagheranno mai!”.
Qui il video della sua testimonianza il 14 giugno 2014 a Susa, nel corso dell’iniziativa “Voci di donne sulla violenza di Stato” organizzata dalle Alvà della Clarea.
Simonetta Zandiri

https://www.youtube.com/watch?v=TEr5Rg4-6j8&list=UUWGi5EuZ9YNUAkQ8fzikh7w

La quarta:
Susa, la quarta parte della serata organizzata dalle Alvà della Clarea il 14 giugno 2014. Il flauto di Chiara distende un po’ l’atmosfera e si riprende con le testimonianze, questa volta dalla Valsusa. Titti ricorda come è stata picchiata con violenza il 29 febbraio 2012, durante lo sgombero dell’autostrada dopo i blocchi improvvisati a seguito della caduta di Luca Abbà dal traliccio, quando ancora non si sapeva se e come sarebbe sopravvissuto a quello che ancora oggi osano definire “incidente”.
Poi c’è il racconto di Franca e di un fermo che farebbe rabbrividire qualunque madre… Sentiremo poi l’avv. Valentina Colletta, del legal team No TAV, che ci spiegherà, anche attraverso la vicenda di Marta e quell’anomala aggressione dei manifestanti che rientravano da un tranquillo corteo in valle, il 25 febbraio 2012, come la questione abusi da parte di forze dell’ordine (e poi della magistratura) sia sistematica, e come non sia accettabile la teoria della “mela marcia”.
Breve presentazione dello spettacolo “Avanti il Prossimo” – Teatro in Rivolta, regia di Lucia Falco
Buona visione. Soprattutto al signor Travan.
Simonetta

L’Ungheria ha cacciato l’FMI e ora stampa moneta senza generare debito pubblico

chi non ama le banche è un antidemocratico. Siamo in democrazia e comandano le banche, è giusto così a quanto pare. Chi si ribella è un despota sanguinario

di Ronald L. Ray – 05/11/2014
Fonte: Arianna editrice

L’Ungheria si libera dei vincoli dei banchieri. Dopo che è stato ordinato  all’FMI di abbandonare il paese, la nazione adesso stampa moneta senza debito. L’Ungheria sta facendo la storia.

Mai più dagli anni ’30 con il caso della Germania, un paese europeo aveva osato sfuggire alle grinfie dei cartelli bancari internazionali controllati dai Rothschilds. Questa è una notizia stupenda che dovrebbe incoraggiare i patrioti nazionalisti del mondo intero ad intensificare la lotta per la libertà dalla dittatura finanziaria.

Già nel 2011 il primo ministro ungherese,  Viktor Orbán promise di ristabilire la giustizia sui predecessori socialisti che avevano venduto il popolo della nazione alla schiavitù di un debito infinito con i vincoli del FMI (IMF) e lo stato terrorista d’Israele. Queste amministrazioni precedenti erano infiltrate da israeliani nelle alte cariche, in mezzo al furore delle masse che alla fine, in reazione, hanno votato il partito  Fidesz di Orban.

Secondo una relazione sui siti germanofoni  del “National Journal”, Orbán si è accinto a scalzare gli usurai dal trono. Il popolare e nazionalista primo ministro ha detto all’FMI che l’Ungheria non vuole né richiede “assistenza” ulteriore dal delegato della Federal Reserve di proprietà dei Rothschild. Gli ungheresi non saranno più costretti a pagare esosi interessi a banche centrali private e irresponsabili.

Anzi, il governo ungherese ha assunto la sovranità sulla sua moneta e adesso emana moneta senza debito e tanta quanto ne ha bisogno. I risultati sono stati nientemeno che eccezionali. L’economia nazionale, che vacillava per via di un pesante debito, ha ricuperato rapidamente e con strumenti inediti dalla Germania nazionalsocialista.

Il ministro per l’Economia ungherese ha annunciato che grazie a “una politica di bilancio disciplinato” ha ripagato il 12 agosto 2013 il saldo dei 2,2 bilioni di debito all’FMI, prima della scadenza ufficiale del marzo 2014. Orbàn ha dichiarato: “L’Ungheria gode della fiducia degli investitori” che non vuol dire né l’FMI né la Fed o altri tentacoli dell’impero finanziario dei Rothschild. Piuttosto si riferiva agli investitori che producono in Ungheria per gli ungheresi, creando crescita economica vera, e non già la “crescita di carta” dei pirati plutocratici, bensì quel tipo di produzione che assume realmente le persone e ne migliora la vita.

Con l’Ungheria libera dalla gabbia della servitù agli schiavisti del debito non c’è da meravigliarsi che il presidente della banca centrale ungherese gestita dal governo per il bene pubblico e non per l’arricchimento privato abbia chiesto all’FMI di chiudere i battenti da uno dei paesi più antichi d’Europa. Inoltre, il procuratore generale, ripetendo le gesta dell’Islanda, ha accusato i tre precedenti primi ministri del debito criminale in cui hanno precipitato la nazione.

L’unico passo che rimane da fare per distruggere completamente il potere dei bancksters in Ungheria, è di attuare un sistema di baratto per lo scambio con l’estero come esisteva in Germania con i nazional socialisti e come esiste oggi in Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, i cosiddetti  BRICS, una coalizione economica internazionale. E se gli USA seguissero la guida dell’Ungheria, gli americani potrebbero liberarsi dalla tirannia degli usurai e sperare in un ritorno a una pacifica prosperità.

Traduzione a cura di N. Forcheri
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=49688

Obama, addio

di Paolo De Gregorio – 05/11/2014
Fonte: Arianna editrice

Ora che per Obama la carriera politica è finita e lo aspettano solo due anni di umiliazioni che gli infliggeranno Camera e Senato a maggioranza repubblicana, sarebbe bene ricordare tutte le illusioni a base di “yes we can”, ossessivamente ripetuto nella campagna presidenziale, che rivelava una profonda e ingenua ignoranza di come funziona il potere in America, che può tranquillamente tollerare un presidente nero, donna, un attore o un gay, colti o ignoranti, tanto le decisioni vere si prendono altrove.
Ma la cosa più ridicola e insultante per i sudditi è che queste campagne elettorali, che durano mesi e per cui si spendono cifre notevoli, sembra che debbano servire a chi sa che cosa, che sono modello di democrazia, mentre dovrebbe essere chiaro a chiunque usa il cervello che il gigantesco e granitico apparato, che comprende banche, multinazionali, Pentagono, complesso militare industriale (con 900 basi militari nel mondo), servizi segreti, lobby ebraica, evangelici, ecc., sono il vero potere, e chiunque si azzardi a toccarli viene eliminato, qualche volta anche fisicamente.
 
Se volete farvi qualche grassa risata, andate a leggere gli articoli di Furio Colombo su “il Fatto Quotidiano” appena dopo la prima elezione di Obama, gabbata per un evento rivoluzionario capace di cambiare il mondo, una stupefacente lezione di democrazia e di integrazione razziale, da prendere a modello anche in Europa, e questo intelligentissimo signore passa per un progressista.
Obama non ha realizzato nulla del suo programma elettorale, anche se si dice che sia l’uomo più potente del mondo, talmente potente che non è riuscito nemmeno a dare l’assistenza sanitaria promessa a tutti i cittadini indigenti.
Ogni volta che si parla dell’America bisognerebbe ricordare chi prende veramente le decisioni e ricordare che l’aggressione all’Irak fu decisa su false “prove” fornite dalla CIA al presidente Bush, e non farebbe male riflettere se quella guerra fu decisa dai servizi segreti e dal Pentagono o da quell’ubriacone, ignorante di Bush.
 
Purtroppo la maggioranza delle persone è convinta che gli americani vivano in un paese democratico, anche se la sua politica estera è basata sulla potenza militare, sulla guerra, sull’appoggio a rivoluzioni fasulle, denominando “terroristi” tutti quelli che si oppongono a questa politica.
Come si sa, tutti gli imperi finiscono, ma per prima cosa bisogna riconoscerli per quello che sono e non spacciarli per democrazia.
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=49732

“UNA MOZIONE PER ELIMINARE LA VERGOGNOSA DELIBERA PER LE AZIENDE DEL TAV”

http://www.m5sp.it/comunicatistampa/2014/11/frediani-m5s-una-mozione-per-eliminare-la-vergognosa-delibera-per-le-aziende-del-tav/

 5 novembre 2014

E’ stata depositata oggi una mozione, a firma Francesca Frediani, con l’obiettivo di ritirare la vergognosa DGR n. 8-443 che prevede lo stanziamento, come garanzia bancaria, di circa 500 mila euro a non meglio precisate aziende danneggiate dai No Tav.

La mozione prevede di destinare tale somma per borse di studio mirate alla realizzazione di progetti di ricerca incentrati su diversi temi che riguardano da vicino la popolazione della Val di Susa. Ad esempio si prevede di avviare una verifica dell’impatto sulla salute e sull’ambiente dell’impiego di gas CS, l’accertamento di emissioni inquinanti rilasciate dai cantieri attivi nel territorio valsusino e lo studio epidemiologico geografico-descrittivo in merito allo stato di salute della popolazione residente in Val di Susa.

In questo modo i fondi verrebbero destinati a progetti realmente utili per la collettività, evitando una forzatura prettamente politica e ideologica all’interno di misure destinate alla ripresa produttiva del territorio.

Nel corso della seduta del Consiglio regionale l’assessore De Santis, responsabile della suddetta delibera di Giunta, ha fornito alcune risposte evasive in seguito alla richiesta di chiarimenti del Consigliere Frediani. L’esponente della Giunta non ha chiarito come si intenda identificare le aziende “vittime” dei No Tav visto che nessuna sentenza è stata emessa in tal senso.

L’occasione è stata comunque utile per smascherare il “padre nobile” di questa aberrante iniziativa. Ovvero il Consigliere Ferrentino che è intervenuto a sproposito difendendo, su improbabili basi giuridiche, il testo della delibera. Almeno abbiamo avuto la certezza sull’identità dell’ideatore di questa vera e propria “marchetta”.

Francesca Frediani, Consigliere regionale M5S Piemonte

Grandi opere, Controlli, Comunità Locali

convegno grandi opere 7-8 nov2014 - locandinaA3

Nel momento il cui una “grande opera” come il TAV Torino — Lione mostra la corda di tutta la sua assur­dità eco­no­mica, con i poli­ti­canti, boiardi e satrapi locali impe­gna­tis­simi a far debiti con le ban­che per coprire l’enorme ed ingiu­sti­fi­cato costo (24 miliardi di euro) di un’opera inu­tile e dan­nosa, impo­sta con metodi degni di una dit­ta­tura, segna­liamo l’importante con­ve­gno che si terrà oggi e domani a Torino ed in Valle di Susa.

Oggi, Venerdì 7 novem­bre, alle ore 16, presso il Cen­tro Studi SERENO REGIS, via Gari­baldi 13, a Torino, la prima sessione:

Dal Vajont a oggi. Ambiente e diritti fon­da­men­tali. Grandi opere in Europa. Chi decide?

Par­le­ranno:

  • Gian Vito Gra­ziano (pre­si­dente Con­si­glio nazio­nale dei geologi)
  • Gian­ni­To­gnoni (segre­ta­rio Tri­bu­nale Per­ma­nente dei Popoli)
  • Tiziano Car­dosi (Forum con­tro le Grandi opere inu­tili e imposte)
  • Ales­san­dra Algo­stino (pro­fes­sore di diritto costi­tu­zio­nale, Uni­ver­sità di Torino)
  • Luca Giunti (Movi­mento NoTav, Italia)
  • Daniel Iba­nez (Coor­di­na­mento oppo­si­tori alla linea Lyon-Torino, Francia)
  • Pre­siede Nanni Salio (Cen­tro Studi Sereno Regis)

Il con­ve­gno pro­se­guirà domani, 8 novem­bre, come indi­cato in Locandina.

Il con­ve­gno si inse­ri­sce nel per­corso avviato dal Con­tros­ser­va­to­rio Val­susa, uni­ta­mente a un folto gruppo di sin­daci e ammi­ni­stra­tori delle valli di Susa e San­gone, che ha por­tato alla deci­sione del Tri­bu­nale Per­ma­nente dei Popoli di aprire un pro­ce­di­mento per appu­rare “le fina­lità e l’effettività delle pro­ce­dure di con­sul­ta­zione delle popo­la­zioni coin­volte e l’incidenza sul pro­cesso demo­cra­tico” esa­mi­nando il caso Val­susa ed altri simili nel pano­rama internazionale.

Un’occasione impor­tan­tis­sima per capire come mai i signori del TAV siano arri­vati così alla frutta dopo 25 anni di men­zo­gne e di spre­chi. E come mai — ora — il Tri­bu­nale dei Popoli li metta sotto pro­cesso per­ché rispon­dano dei loro atti.

Maxiprocesso: i teste dell’accusa non la raccontano giusta

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Maxiprocesso: i teste dell’accusa non la raccontano giusta

Il poliziotto che non la racconta giusta sull’aggressione subita, a suo dire, da Fissore…

Senza l’eco mediatica che ha caratterizzato le fasi del processo portate avanti dall’accusa, o le richieste danni, ecco come procede il maxi processo ai 53 no tav.

Visualizza il filmato:

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