Ci Stiamo Avvicinando al Peggior Disastro Finanziario della Storia

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Gli economisti la chiamano “La Grande Recessione”: la crisi economica che attanaglia l’Europa dal 2007 ad oggi. Eppure non è altro che una gocciolina nell’oceano in confronto a ciò che sta per accadere.
 
Micheal Snyder su The Economic Colapse Blog non ha dubbi e per rispondere compie un’interessante analisi sul mondo dei derivati negli Stati Uniti: gli istituti “troppo grandi per fallire” nel paese oggi hanno singolarmente oltre 40 trilioni di dollari di esposizione ai derivati.
 
Con un debito nazionale di circa 17.700 miliardi di dollari, 40 trilioni di dollari è una cifra quasi inimmaginabile. E, prosegue l’analista, a differenza di azioni e obbligazioni, i derivati ​​non rappresentano “investimenti” in nulla: sono solo scommesse di carta su ciò che accadrà in futuro. Praticamente una forma di gioco d’azzardo legalizzato e le banche “troppo grandi per fallire” hanno trasformato Wall Street nel maggiore casinò nella storia del pianeta. Quando questa nuova ​​bolla scoppierà (e scoppierà sicuramente), il dolore che causerà per l’economia globale sarà maggiore di quanto le parole possono descrivere.
 
Le banche “too big to fail”, continua Snyder, producono enormi profitti attraverso i derivati. Secondo il New York Times, tali istituti “contano quasi 280.000 miliardi dollari di derivati ​​sui loro libri contabili”, anche se la crisi finanziaria del 2008 ha dimostrato quanto sia pericoloso. Le grandi banche hanno poi sofisticati modelli computerizzati che dovrebbero mantenere il sistema stabile e aiutarli a gestire questi rischi. Ma tutti questi modelli sono basati solo su ipotesi ideate da persone in carne ed ossa. E quando un “evento cigno nero” arriva (come ad esempio una guerra, una grave pandemia, una catastrofe naturale apocalittica o un crollo di un grande istituto finanziario) questi modelli si sgretolano in pochissimo tempo.
 
Snyder riporta un breve estratto da un articolo di Forbes che descrive quello che è successo al mercato dei derivati dopo il tonfo di Lehman Brothers nel 2008:
 
“Torniamo al crollo finanziario del 2008 e che cosa vediamo? L’America stava celebrando: l’economia era in piena espansione, tutti sembravano essere sempre più ricchi, anche se i segnali di pericolo erano dappertutto: troppi prestiti, investimenti folli, banche avide, regolatori addormentati al volante, politici desiderosi di promuovere la casa di proprietà per chi non poteva permetterselo, e gli analisti a predire ciò non poteva che finire male. E poi, quando Lehman Bros è caduta, il sistema finanziario e l’economia mondiale sono quasi crollate. Perché? La causa principale non era solo il prestito sconsiderato e la assunzione di rischi eccessivi. Il problema era la mancanza di trasparenza. Dopo il crollo di Lehman, nessuno riusciva a capire i rischi per la negoziazione di derivati ​​e quindi nessuna banca voleva prestare o scambi con qualsiasi altra banca. Dato che tutte le grandi banche erano state coinvolte in misura sconosciuta nel commercio di derivati ​​rischiosi, nessuno poteva dire quale poteva essere il prossimo istituto finanziario a implodere”.
 
Dopo l’ultima crisi finanziaria, prosegue Snyder, ci avevano promesso che questo sarebbe stato risolto. Ma invece il problema è diventato molto più grande. Da quando la bolla immobiliare è scoppiata nel 2007, il valore dei contratti derivati ​​in tutto il mondo è salito a circa 500 miliardi di dollari. Secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali, si tratta oggi dell’incredibile cifra di 710.000 miliardi di dollari. E naturalmente il cuore di questa bolla dei derivati si trova a Wall Street. A tal proposito, Snyder pubblica il rapporto trimestrale più recente della Occ secondo cui le cinque maggiori banche “troppo grandi per fallire” dispongono tutte di oltre 40 trilioni di dollari in esposizione ai derivati.
 
JP Morgan Chase
Asset complessivi: circa 2,5 trilioni di dollari
Esposizione ai derivati: oltre 67 trilioni di dollari
 
Citibank
Asset totali: quasi 1,9 trilioni di dollari
Esposizione ai derivati: circa 60 trilioni di dollari
 
Goldman Sachs
Asset totali: poco meno di un trilione di dollari
Esposizione ai derivati: oltre 54 trilioni di dollari
 
Bank Of America
Asset totali: 2,1 trilioni di dollari
Esposizione ai derivati: oltre 54 trilioni di dollari
 
Morgan Stanley
Asset totali: 831 milioni di dollari
Esposizione ai derivati: oltre 44 trilioni di dollari
 
E non è certo un problema solo americano. Come ha riportato recentemente anche Zero Hedge, il gigante europeo, Deutsche Bank vanta la maggiore esposizione in derivati di qualunque istituto americano, vale a dire oltre 75 trilioni di dollari (5 volte il Pil europeo e più o meno il Pil del mondo).
 
Per coloro che cercano con ansia il giorno in cui questi colossi imploderanno, è necessario tenere a mente che quando lo faranno si porteranno dietro tutto il sistema, ormai completamente dipendente da queste banche. Ci avevano detto che qualcosa sarebbe stato fatto dopo l’ultima crisi, ma in realtà i giganti finanziari si sono, da allora, potuti allargare di un 37% complessivo. Oggi, inoltre, le cinque maggiori banche del paese rappresentano il 42% di tutti i prestiti negli Stati Uniti, e le sei maggiori controllano il 67% di tutte le attività bancarie.
Ci stiamo pericolosamente avvicinando verso il maggior disastro finanziario nella storia del mondo, e, conclude Snyder, nessuno sta facendo nulla per impedirlo.
 
Le elite che controllano la finanza mondialista, hanno provocato questa immensa crisi economica (come la stessa del 1930 e altre in tutta la storia odierna e anche distante nel tempo), non solo per rastrellare i beni reali che ancora possiedono le nazioni e le persone, a cui viene imposto di pagare un debito inesistente, dato dal prestare pezzi di carta senza valore più l’aggravio di interessi (detto signoraggio bancario), agli stati nazionali che dovrebbero stampare per conto proprio la moneta che circola, e quindi senza prenderla in prestito dalla BCE, banca usuraia di cui proprietà come le altre grosse banche commerciali, appartiene alle famiglie elitarie ebraiche.
 
Ma questa crisi è stata creata a tavolino da chi detiene le leve della finanza, per tenere le masse in una sopravvivenza artificiosa, dato le energie cosmiche rigenerative a livello spirituale, che stanno investendo la terra in questo ciclo cosmico (eone) che si appresta a chiudersi. La paura indotta è la vera arma che le elite usano per sottomettere le popolazioni, colui che ha paura si affiderà con piacere a chi di fatto è il vero aguzzino, mentre è portato dalla propaganda nemica dei media servili, a non capire le vere cause dello stato attuale delle cose.
 
Questa crisi a differenza delle precedenti, dovrà devastare tutto, chi crede che il picco dell’attuale crisi economica sia arrivato al suo massimo, si sbaglia, in realtà la vera crisi deve ancora arrivare, e a questo si deve aggiungere una probabile guerra mondiale, che stanno preparando, fomentando e prendendo misure contro le nazioni come la Russia o la Cina.
Non a caso l’aggravarsi dei fattori economici è esaltato dalla globalizzazione, altro progetto voluto dagli stessi, appunto per imporre la crisi indotta a tutto il mondo, e di conseguenza proporre poi le loro soluzioni ad una umanità messa in ginocchio, che per stanchezza morale e fisica, dovrà accettare la dittatura mondiale ebraica, imposta sui goym (bestie umane in ebraico).
 
Quando tutto cadrà, siate felici, perché in realtà state assistendo alla loro caduta, che il loro sistema si disintegri e non resti niente, allora l’umanità sarà libera, non schiava come oggi.
 

LA PIU’ GRANDE BANCA RUSSIA FA CAUSA PER DANNI ALLA UE… PRESSO LA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA !

Ormai e’ evidente che la politica antirussa dei parassiti di Bruxelles si e’ rivelata un fiasco colossale visto che non solo non ha avuto nessun effetto sulla Russia ma sta costando all’economia europea decine di miliardi di euro con conseguenze gravissime sulla crescita e sull’occupazione.

Per i parassiti di Bruxelles pero’ le figuaracce non finiscono qui e proprio pochi giorni fa alcune testate straniene hanno riportato una notizia che sicuramente mettera’ in ridicolo tutta l’Unione Europea.

Infatti Sberbank, la piu’ grossa banca russa di proprieta’ del governo russo, ha deciso di fare causa all’Unione Europea per via delle sanzioni da essa imposta che colpisce non solo la Sberbank ma anche altre banche russe quali la VTB Bank, Gazprombank, VEB e la Russian Agriculture Bank e punta a un alleggerimento delle stesse.

La cosa piu’ sorprendente pero’ e che Sberbank abbia fatto tale denuncia alla corte di giustizia europea e quindi usato un’istituzione europea per decidere contro l’Unione Europea. Una mossa davvero “spettacolare”: è come se un cittadino andasse a denunciare un abuso di potere da parte della polizia… al commissariato di polizia! Questa sì che è una sfida.

Al momento non e’ chiaro su quali basi sia stata fatta questa denuncia e per saperne di piu’ bisognera’ aspettare che i giudici della corte di giustizia europea si possano esprimere su questa vicenda ma sicuramente questa mossa del governo russo ha lo scopo di umiliare i parassiti di Bruxelles e magari anche danneggare l’Unione Europea dal suo interno.

Questo potrebbe essere il caso del secolo e sarebbe interessante sapere cosa ne pensa a proposito Federica Mogherini, la commisaria UE raccomandata da John McCain, lo stesso che ha creato e finanziato l’ISIS…
http://fuorisubito.blogspot.it/2014/10/la-piu-grande-banca-russia-fa-causa-per.html?utm_medium=referral&utm_source=pulsenews

Gli svizzeri tentano di liberarsi dal giogo della moneta-debito

 
BLOG | 14 OTTOBRE, 2014 – 15:44 | DA REDAZIONE TESTE LIBEREFEDERICO MUSSO
 
Di Filippo Riportella e Federico Musso
 
Da giugno di quest’anno (2014) è stata avviata in Svizzera una raccolta firme per indire un referendum (propositivo) costituzionale avente come oggetto l’emissione monetaria a livello federale. Questa operazione è denominata “INITIATIVE VOLLGELD” cioè “INIZIATIVA MONETA INTERA”.
 
Che cosa chiedono i promotori di questo referendum?
 
In pratica chiedono:
 
• che tutta l’emissione monetaria, anche quella elettronica, sia riservata alla Banca Nazionale (mentre attualmente essa ha il monopolio solo sulla moneta metallica e cartacea). In questo modo verrebbero superate tutte le questioni riguardanti l’emissione di moneta creditizia, da parte delle banche private, mediante il sistema della riserva frazionaria (“signoraggio secondario” secondo alcuni autori);
 
• che tutta la moneta di nuova emissione non sia gravata da debito. Infatti nel testo della scheda destinata alla raccolta delle firme si legge all’Art. 99a, punto 3: “[La Banca nazionale svizzera] Nell’ambito del suo mandato legale, mette in circolazione denaro nuovamente emesso, non gravato da debito, tramite la Confederazione, i Cantoni, oppure tramite la distribuzione diretta ai cittadini…….”
 
Ma procediamo con ordine. Nel foglio illustrativo “L’INIZIATIVA IN 3 MINUTI” leggiamo ritrovabile sul sito ufficiale :
 
“ [ ….. ] L’emissione della moneta é da sempre stata un’importante questione pubblica e una fonte di reddito statale. Per secoli i cantoni hanno pagato parte delle loro spese coniando moneta propria. Nel 1848 il diritto di coniatura passò alla Confederazione. Da allora esiste il franco svizzero. Circa dal 1870 le banche scoprirono però la redditizia emissione propria di moneta e stamparono sempre più banconote incontrollatamente. Per questo motivo l’elettorato svizzero proibì alle banche la stampa di banconote e trasferì il diritto di stampare banconote alla Confederazione, la quale fondò la Banca Nazionale Svizzera (BNS). Una saggia decisione. Dal 1907 quindi la BNS presta le banconote alle banche, e annualmente fluiscono così tra 1 e 2,5 miliardi d’interessi nella cassa pubblica. Se in futuro la Banca Nazionale creasse anche tutta la moneta bancaria e, come la moneta, la mettesse in circolazione senza debito, cioè senza prestarla, noi cittadini e cittadine avremo a disposizione ulteriormente circa 300 miliardi.
 
MA I SOLDI NON PROVENGONO TUTTI DALLA BANCA NAZIONALE?
 
No, la BNS crea, per il nostro utilizzo, solo i soldi contanti. Questi costituiscono però soltanto il 10% dei soldi esistenti, mentre il 90% sono moneta bancaria sui nostri conti. Sono in molti a non sapere da dove questi soldi provengono. In realtà sono le banche che li creano, tramite crediti o investimenti. Ciò non avviene principalmente inoltrando i soldi dei risparmiatori, bensì le banche creano nuova moneta bancaria, – per così dire dal “niente”, cioè senza che prima questi soldi esistessero. Un buon affare.
 
Per tutti coloro che stentano a crederci, ecco alcune cifre ufficiali: dal 2003 al 2012 la massa monetaria (quantità di soldi in circolazione) ammontava a ca. 340 miliardi di franchi. Di questi, 40 miliardi provenivano dalla Banca Nazionale, mentre i rimanenti 300 miliardi furono emessi dalle banche come moneta bancaria.
 
Noi cittadini e cittadine abbiamo così lasciato alle banche un’importante fonte di reddito statale. Abbiamo dimenticano di adattare la costituzione. Oggigiorno il monopolio sulla banconota del 1891 non è più sufficiente, è invece urgentemente necessario ampliarlo anche alla moneta bancaria.”
 
Fino a qui i fatti. Ma non si può fare a meno di esprimere alcune considerazioni.
 
La prima riguarda l’assetto costituzionale svizzero che dà la possibilità di apportare modifiche costituzionali tramite una iniziativa popolare. Per noi italiani è come assistere ad un film di fantascienza: la nostra costituzione (per quanto apprezzabile sotto tutta una serie di aspetti) non ci dà questa possibilità.
 
La seconda considerazione riguarda il merito della questione monetaria: il popolo svizzero, già baciato in fronte dalla fortuna per non dover subire l’euro-cappio al collo, si ritrova fra le mani l’opportunità di eliminare la moneta-debito portandosi all’avanguardia a livello mondiale.
 
Anche qui in Italia c’è un grande fermento su questo tema da parte di economisti, giuristi, storici e semplici cittadini che si sono informati e appassionati alla materia. La differenza è che qui da noi siamo ancora a livello di “Carboneria monetaria”: questi temi sono completamente ignorati dai mass-media e relegati agli scantinati del web.
 
Mentre dalle nostre parti si fatica a far capire il nesso fra la moneta unica e la macelleria sociale a cui stiamo assistendo, il popolo svizzero può trovarsi a navigare in acque in cui la stessa MMT non ha mai osato inoltrarsi. L’assetto monetario che si profilerebbe sarebbe, a mio avviso, di tipo auritiano (anche se qui non si fa uso del concetto di “proprietà popolare della moneta”). Sarà comunque compito degli auritiani ortodossi esprimere un giudizio in merito, marcando le eventuali differenze fra questa impostazione e quella del prof. Auriti.
 
In conclusione, per quanto noi non si sia mai stati particolarmente esterofili, non riesciamo ad evitare di porci una domanda: COME POSSIAMO DIVENTARE ATTIVI E PROPOSTIVI COME GLI SVIZZERI?
 
Evidentemente dovremmo modificare la nostra Costituzione in modo da favorire maggiormente la partecipazione diretta dei cittadini più attivi e responsabili (referendum propositivo, abolizione del Quorum ecc.); ma prima ancora dovremmo cambiare la classe dirigente che, sotto questi aspetti, ha dato prova di voler agire sulla Costituzione in senso diametralmente opposto, cioè riducendo ulteriormente le già scarse possibilità di iniziative popolari.

DALLA BCE SOLDI ALLE BANCHE BOCCIATE, DALLE BANCHE NON PIÙ UN GHELLO ALLE IMPRESE

banche
di REDAZIONE

Dall’agosto del 2011 allo stesso mese di quest’anno, i prestiti bancari alle imprese italiane sono diminuiti di 89 miliardi di euro (- 8,9 per cento).

“Nella storia recente del nostro Paese – fa sapere Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA – non si era mai verificata una contrazione del credito alle imprese così vigorosa. E dopo i risultati emersi dallo stress test voluto dalla Bce, la situazione potrebbe addirittura peggiorare”.
Infatti, delle 25 “bocciature” certificate dalla Banca centrale europea, ben nove riguardano altrettanti istituti di credito italiani. Nessun altro Paese in Ue ha registrato uno score peggiore del nostro. Se sette banche si sono già ricapitalizzate in questi ultimi mesi, altre due, come Mps e la Carige, dovranno farlo nei prossimi mesi.
“E’ evidente – prosegue Bortolussi – che a pagare il conto sono state e saranno soprattutto le imprese. Come è già successo in questi ultimi anni, l’aumento della patrimonializzazione degli istituti di credito ha comportato  una forte riduzione degli affidamenti a danno soprattutto delle piccole e piccolissime imprese che, da sempre, sono sottocapitalizzate e a corto di liquidità. Con il pericolo che molte attività scivolino verso la rete tesa dagli usurai”.
Anche se negli ultimi anni il numero delle denunce effettuate alle Forze di polizia e all’Autorità giudiziaria rimane ancora molto contenuto e non presenta variazioni di rilievo,  esiste il ragionevole sospetto che la forte contrazione dei prestiti registrata in questi ultimi anni nei confronti delle famiglie e soprattutto delle imprese abbia incentivato molti di questi soggetti a ricorrere a forme illegali di approvvigionamento del credito.
Ritornando ai dati, la CGIA fa notare che oltre alla forte riduzione dei credito in questi ultimi anni abbiamo assistito anche ad una corrispondente impennata delle sofferenze in capo alle imprese. Dal 2011 al 2014 sono cresciute di 63,1 miliardi di euro (+ 83,6 per cento). Ad agosto di quest’anno le sofferenze ammontavano a 138,6 miliardi di euro.
“La responsabilità della stretta creditizia che stiamo vivendo in questo momento – conclude Bortolussi – non è ovviamente da addebitare solo alle banche. Purtroppo, molte imprese sfiancate dalla crisi e sempre più in difficoltà non sono riuscite a restituire i prestiti bancari ricevuti e ciò  ha bloccato il mercato del credito. Un problema che il Governo deve assolutamente affrontare, aprendo un tavolo di confronto tra l’Associazione bancaria e i rappresentanti delle categorie produttive”. 

 I prestiti alle imprese (*) e le relative sofferenze

Valori in milioni di euro; var. in milioni di euro e in %

Dati a fine agosto
di ogni anno

PRESTITI

A IMPRESE

SOFFERENZE IN CAPO A IMPRESE

INCIDENZA SOFFERENZE IN CAPO A IMPRESE

(in % su prestiti)

2011

1.001.593,5

75.522,0

7,5%

2012

974.307,1

87.918,4

9,0%

2013

925.746,2

109.565,5

11,8%

2014

912.579,3

138.641,8

15,2%

       

Var. ass.
(2014-2011) in mln €

-89.014,2

+63.119,8

 

Var. % 2014/2011

-8,9%

+83,6%

+7,7%

Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Banca d’Italia

 

(*) Società non finanziarie e famiglie produttrici.

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LA SVALUTAZIONE FISCALE CIALTRONA DEL PD

CRISTINA MALAGUTI

Succede che da tempo i Paesi europei non possono operare manovre “correttive” sulla propria moneta, perché la moneta unica non concede spazio alcuno alle banche centrali che non stampano più. Succede che Paesi in difficoltà, Italia in primis, per il solo fatto che non possono stampare cartamoneta, non riescono a uscire dal pantano. Succede che Paesi più furbi, Francia e Germania, per ovviare al problema della crisi, in mancanza della possibilità di attuare una svalutazione monetaria, si sono prodigati nella svalutazione fiscale, a danno dei Paesi limitrofi, ovviamente.

Svalutazione fiscale che poggia su due pilastri: aumento dell’Iva (che sfavorisce e limita le importazioni) e riduzione del costo del lavoro. In Italia è dal 2011 che si prova questa complessa manovra: dai tempi di Mario Monti. Solo che agli aumenti dell’Imposta sul valore aggiunto (a solo danno dei cittadini consumatori finali già messi a dura prova dalla crisi) non sono mai corrisposte serie riduzioni del costo del lavoro (alto, in Italia, soprattutto per il pesante carico fiscale). Il solito danno oltre la beffa, chiaramente. Oggi, lo schema si ripropone, o meglio, si intravvede nella Legge di Stabilità del Governo Renzi: aumento dell’Iva – c’è da giurarci che non salterà – e pseudo riduzione del costo del lavoro. Il risultato, come al solito, sarà un disastro.

La finta riduzione del costo del lavoro

Sconto Irap a metà e incentivi alle assunzioni contorte e limitate, salta perfino la decontibuzione per l’assunzione stabile dei disoccupati. Questo emerge dalla manovra Renzi, sulla quale si sta concentrando il presidente Napolitano. Il nuovo sconto Irap, quello che secondo il ministro dell’Economia Padoan dovrebbe produrre 800mila nuovi posti di lavoro, in realtà riguarda solo il tempo indeterminato, mentre sul tempo determinato (la stragrande maggioranza dei nuovi contratti) ritorna al 3,9%, cancellando in pratica il taglio del 10% dell’aliquota già decisa lo scorso aprile. Insomma, alla fine la misura non vale i 5 miliardi di euro tanto decantati, ma solo 2,9 miliardi, poco più della metà. Per non parlare poi degli incentivi alle assunzioni. Un’autentica beffa. Gli incentivi alle nuove assunzioni nella Legge di Stabilità 2015, infatti, presentano limiti tali da annullare praticamente i benefici stessi che dovrebbero produrre. A partire dalla copertura finanziaria, che riguarda solo 300mila contratti, appena un quinto di quelli a tempo indeterminato attivati in un solo anno dalle aziende. Ridicolo. Di più, gli straordinari incentivi previsti da Renzi hanno un tetto massimo molto esiguo e, peggio ancora, assorbono, abolendola, la storica decontribuzione per l’assunzione stabile di disoccupati (Legge 407/90) con l’aggravante che non prevedono neppure lo sgravio dei contributi Inail. Insomma, un vero disastro.

L’aumento Iva e i “mostri” antievasione

Eccola la presa per i fondelli del Governo: alla beffa lavoro, segue il danno imposte. Sì perché se è vero che non è nelle intenzioni del premier aumentare subito l’Imposta sul valore aggiunto (ma dal 2016 e se le aliquote sono quelle previste sia quella del 10% che quella del 22% aumenteranno di due punti percentuali) nella Legge di Stabilità 2015 si introducono due nuovi “mostri”: lo split payment e il reverse charge. Cosa sono? Due modi per soffocare le poche aziende rimaste attive ancora nel Paese. Il primo, lo split payment, prevede che il pagamento dell’Iva da parte della Pubblica Amministrazione (già in ritardo stratosferico sui pagamenti alle imprese che hanno lavorato per lei) avvenga direttamente al fisco anziché ai fornitori. Bingo! Lo chiamano metodo antievasione, ma data la solerzia con cui la PA paga i fornitori è facile supporre che quei soldi di imposta nelle casse del Fisco non arriveranno mai! Il secondo, il reverse charge, consiste nell’assolvimento dell’IVA da parte del cessionario o committente in luogo del cedente o prestatore di opera o di servizio. In questo modo il cedente non entrerà mai in possesso dell’IVA esorcizzando il rischio che questi ne ometta il versamento all’Erario. In pratica, chi opera in questo regime è sempre a debito d’imposta. Geniale. Se c’era un modo per uccidere le imprese già in affanno per la crisi, Renzi lo ha trovato. Alla faccia della crisi, della svalutazione fiscale che potrebbe portare fuori dal pantano il Paese e soprattutto dei cittadini, imprese e disoccupati disperati.

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SPETTACOLARE PUTIN “NOI CAMBIARE LA NOSTRA COSTITUZIONE? SIETE VOI A DOVER CAMBIARE CERVELLO!”

ma Putin è un cattivo dittatore, lo dicono gli Usa, il presidente politically correct Obama e tutti i loro fedeli servetti…sarà senz’altro vero no?

La carta Costituzionale russa, come quella di molti altri paesi, non prevede l’estradizione dei propri cittadini.

Questo per moltissimi anni è stato un punto di scontro fra l’occidente e la Russia, in particolare con la gran Bretagna. Famoso il caso Litvinenko, ex agente KGB in asilo politico in Inghilterra e avvelenato, almeno secondo i servizi segreti inglesi, da Andrei Lugovoi nel 2006. Per anni Londra chiese l’estradizione di Lugovoi, cittadino russo, e per anni ricevette un secco no da Mosca.
Appena tre anni prima del caso Litvinenko, la Russia chiese l’estradizione del tycoon Berezovsky e del separatista ceceno Zakayev, in quel caso fu l’Inghilterra a rispedire al mittente le richieste nonostante entrambi non fossero cittadini inglesi e accusati di gravi crimini, tra cui terrorismo.
 
Guardando Putin parlare di Costituzione intoccabile, tornano in mente le riforme costituzionali che il trio Napolitano – Renzi – Draghi decantano tanto: una riforma scritta da una delle peggiori banche d’affari americane, la JP Morgan, che Draghi, ex Goldman Sachs, ripete ogni giorno essere di “vitale importanza” per l’Italia… la domanda a questo punto sorge spontanea: Mr Draghi, Mr Renzi, Mr Napolitano, dobbiamo essere noi a cambiare la costituzione, o voi a cambiare cervello?
 
putin2
 

Pagato dalla casta per creare disordini online: “Ecco chi sono e perché lo faccio”

Informare per Resistere
ottobre 27 2014
Si tratta di un provocatore del web, uno dei cosiddetti troll. Con la sostanziale differenza che lui è un professionista del settore, che per mestiere crea disordini online, indirizza le discussioni, manipola – secondo quanto gli è stato ordinato –  il senso delle cose. L’assurdo? Viene pagato da un gruppo economico legato trasversalmente a tutti i partiti. Ecco la sua storia in un’intervista di Francesco Lanza.
 
Lo incontriamo in un bar in centro a Milano. Sul tavolo ha poggiato uno smartphone e un tablet. Non ci dice né il suo nome, né il suo nickname.
 
Vivi sempre connesso?
 
Purtroppo sì. Abbiamo un software che ci consente di monitorare le discussioni a cui partecipiamo e quando c’è una notifica abbiamo poco tempo per rispondere. Se lasciamo “andare” o ritardiamo, ci viene scalato dal compenso.
 
Quanto guadagni per fare questa attività?
 
Beh, dipende. Se sono efficiente anche 4-5mila euro al mese.
 
Sono un sacco di soldi.
 
Sì, ma è una vita tremenda. Devi leggere decine di blog, forum, account facebook, tweet. Giorno e notte. Alcuni di noi non reggono, dopo un po’ i loro nick “spariscono”, non c’è modo di sapere che fine abbiano fatto.
 
Chi vi paga?
 
Un grosso gruppo economico legato trasversalmente a tutti i partiti. Ma non posso dire altro.
 
Ce ne sono molti come te?
 
Siamo un centinaio in tutta Italia, ma siamo divisi per competenze.
 
Nel senso che tu, per esempio, provochi e insulti solo specifici bersagli?
 
No, nel senso che ci sono provocatori e contro-provocatori. Ti faccio un esempio. Metti che tu sia il portavoce di un partito X. Scrivi un post e io arrivo aridicolizzarti. Ovviamente ne nasce una discussione nella quale chi è contro di te in maniera “naturale”, prende coraggio e viene allo scoperto. Aspetta.
 
Lo smartphone ha una luce blu che lampeggia, vuol dire che c’è una notifica. Prende, legge velocemente e con uguale velocità posta una qualche risposta, chissà in quale post o in quale discussione.
 
Una sorta di “effetto domino”.
 
Esatto. Ovviamente ci sono quelli che sono a favore del Partito X e che ti difendono. Poi, non so se l’hai mai notato, salta fuori qualcuno che difende il Partito X, ma lo fa in modo idiota e scomposto, con una marea di punti di sospensione, maiuscole, punti esclamativi e via dicendo…
 
Sì, che tu pensi: “Ma allora sono tutti idioti”.
 
Perfetto. Quelli sono sempre nostri colleghi. Semplicemente agiscono con una psicologia inversa. Il loro scopo è proprio quello di far sembrare i tuoi sostenitori degli imbecilli. Così come io faccio da “stura” a quelli che sono contro di te in maniera “genuina”, diciamo, allo stesso modo loro fanno da stura ai tuoi estremisti, e globalmente ne vieni fuori screditato. Basta un provocatore come me e un contro-provocatore che fanno finta di litigare, per sputtanarti una discussione o un post.
 
Questa è troppo grossa, non posso crederci.
 
Sei libero di non crederci. Comunque loro prendono molto di più di noi. Sono veri professionisti, copywriter di altissimo livello. Se ci pensi, hanno creato un linguaggio.
 
Ma tu, politicamente, come hai votato?
 
Ho votato contro la Ka$ta. Ma il lavoro è lavoro. Ci sono le cose da pagare, ho moglie e figli. Quei soldi mi fanno comodo.
 
Cosa facevi prima?
 
Correggevo bozze in una casa editrice. Ora le bozze le fanno correggere nei paesi dell’Est, sottocosto. Cosa dovrei fare?
 
Ci salutiamo, insiste per pagare lui il conto. Mette nella borsa il tablet e si incammina, guardando lo smartphone e continuando a digitare.
 

STRESS-TEST BANCARI EUROPEI: UNA FARSA PER TRANQUILLIZZARE GLI IDIOTI…

LUNEDÌ 27 OTTOBRE 2014

Non volevo nemmeno perderci tempo…
ma visto che l’ennesima farsa degli stress-test bancari (europei) sta tenendo banco nelle prime pagine e sui tiggì (naturalmente nella versione fiction-per-boccaloni) sono costretto a dirvi rapidamente la mia da Blogger che fa informazione vera ed indipendente.

Detto alla Fantozzi…gli stress-test già “ontologicamente”sono una CAGATA PAZZESCA! Figuratevi dunque”realisticamente”…
Infatti, come diceva il grande vecchio della finanza italiana Enrico Cuccia: “Non conosco il bilancio di una società che non sia falso”…
e questa massima è ancor più valida se applicata ai bilanci bancari che sono di pura “fantasy” (vedi cosa vi raccontavo già fin dal 2009-2010 nel mio blog: Bilanci delle Banche too-big-to-fail: Sim Sala Bim!)
e che sono basati solo sulla confidence dei mercati e pertanto sul potere di “protezione/copertura” delle varie Nazioni/Banche Centrali.
Mi spiego meglio: il sistema bancario globale tecnicamente è fallito nella sua essenza, come ampiamente evidenziato dal crollo post-Lehman Brothers del 2008, però è stato TAMPONATO da Nazioni/Banche Centrali.
Dunque quando vedo i nazionalisti-sfigati da Bar Sport l’Italiota che s’inquazzano perché negli stress-test non è stata bocciata nessuna Banca Crucca piena di derivati mentre invece sono state bocciate parecchie banchette ItaGliane…
mi viene da sorridere: non conta quanto sia scarrupato o meno un sistema bancario nazionale ma quanto quella Nazione sia in grado di proteggerlo ed imporlo al Mondo.
Dunque fate voi… 😉
Se poi ci aggiungiamo che l’ItaGlia sta attraversando la peggiore e più lunga Recessione dai tempi della WWII e che non ha nemmeno vie d’uscita che non siano massacranti….Bingo!
Allo stesso tempo, se ti bocciavano anche tutte le Banche tedesche…. sai che soddisfazione e quanta maggiore tranquillità per tutti gli itaGliani che tengono i loro risparmi sulle banche itaGliane… 😉

Intanto come sempre fonti istituzionali, fonti bancarie, giornali italioti in mano alle banche etc etc… stanno già “raddrizzando/interpretando” a modo loro i risultati…
che alla fin fine mostrerebbero persino la solidità del sistema bancario italiano dunque i “prodi” correntisti/bondholders/azionisti possono dormire sonni tranquilli…in particolare quelli di Carige e di Monte dei Pacchi… 😉

Stress test, banche italiane peggiori d’Europa.
Bocciate Mps e Carige. “Ma sistema è solido”…
In borsa, Mps non apre per eccesso di ribasso, segnando un teorico -13%. Stessa cosa per banca Carige, con un teorico di -17,29%

Nota: ma lo sapete che ci sono “pacchi di persone” che tengono ancora tutti i loro risparmi su Banche del genere? (anche se l’informazione indipendente li ha avvisati per tempo e decine/decine di volte) Noooo? Non lo sapevate?
Lascio la risposta al mitico Aldo:
.credere

In testa ai “Bonzi dai Mantra tranquillizzanti”……………………

come spesso accade c’è Milano Finanza …ma li posso anche capire…;-)

Tafazzi e soloni si rassegnino: con 25 miliardi di capitale in eccesso il sistema è solido

Sì sì certo…
25mld di “capitale in eccesso” vs. un record storico di 200 miliardi di sofferenze bancarie difficilmente recuperabili…
o meglio…200mld di quelle che ci fanno vedere… ma state pur certi che realisticamente saranno almeno il doppio.
Allo stesso tempo la depressione economica italiana continua ed è destinata strutturalmente a continuare (non so se avete colto …ma i casini del ns. sistema bancario vengono da lì e non dall’influenza magnetica dei rettiliani…) mentre quasi tutto il Mondo è in Ripresa.
Immaginate dunque cosa accadrebbe nel caso arrivasse prima o poi una fisiologica Recessione Globale e fate 2+2 sulle Banche Italiane già in sofferenza.
Ah…già…ma i Tafazzi ed i Soloni si devono rassegnare…il sistema è solido etc etc
Per non sprecare il fiato …vi inserisco una video-risposta del mitico Aldo… 😉
(fatela ri-ascoltare almeno 10 volte a chi di dovere…)
.vaffa

. .

….Sono tra le poche cose che in Italia stanno crescendo a ritmi superiori al 20%, sono le sofferenze delle banche italiane cresciute in pochi anni da 40 miliardi a 200. 
fonte: Pwc Una montagna di crediti con scarsa probabilità di recupero integrale

Vabbè…
anche se come dicevo ‘sti stress-test sono una CAGATA PAZZESCA…
e lo scenario peggiore simulato dalla BCE è qualcosa che assomiglia piuttosto alParadiso Terrestre Bancario (e non simula nemmeno lo scenario deflattivo…sic!)

Anche se gli stress test storicamente hanno funzionato con questi “perversamente eccelsi” effetti predittivi (spesso contrarian tout court…).

La farsa degli stress test ci ha già abituato a risultati eclatanti. 
Ricordate i primi stress test effettuati? 
Le banche Irlandesi erano risultate tutte promosse. Dopo alcuni mesi, il sistema bancario irlandese saltò completamente. 
E che dire delle spagnole? Huh… tutte promosse… Compresa CAIXA!
Ma come già vi ho detto altre volte, la perla resta sempre lei, Lehman Brothers. Il 12 settembre 2008, Lehman dichiarò un Core Tier 1 pari all’11%. Fallì 3 dicasi 3 giorni dopo.

Anche se …anche se…
andiamo a vedere i risultati dell’ItaGlia
che comunque (sempre usando una terminologia fantozziana) fanno “cagare” anche nella farsa… 😉

….Venticinque istituti europei “bocciati”, di cui tredici ancora alle prese con carenze di capitale per un totale di 9,5 miliardi nonostante gli aumenti varati in corso d’anno.
Sono i risultati degli “esami” (comprehensive assessment) sulle maggiori banche dell’area euro, costituiti dalla revisione della qualità degli attivi (asset quality review) della Banca centrale europea e dagli esiti degli stress test della European banking authority.
Le valutazioni, basate sui bilanci del 2013, promuovono di fatto a pieni voti solo Credito Emiliano, Iccrea, Intesa Sanpaolo, Mediobanca, Ubi e Unicredit.
E nel drappello delle 25 bocciate ben nove sono banche italiane: Monte dei Paschi di Siena, Carige, Banca Popolare di Milano, Popolare di Vicenza, Bper, Banco Popolare, Banca Popolare di Sondrio, Credito Valtellinese e Veneto Banca. 

Un risultato che, pur molto ridimensionato dalle misure messe in campo nel frattempo (N.d.R. ma in un contesto di continuazione della depressione economica italiana, quanto durerà l’effetto benzina-AdC? vedi grafico qui sotto)
e da cui emerge che solo Mps e Carige dovranno chiedere altri soldi ai soci, ci vale l’ultimo posto in Europa…..


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Comunque una delle poche analisi equilibrate degli stress-test
la potete trovare in questo post:

Lo stress non è finito, i test neppure

L’Europa darà all’Ucraina altri soldi

di Petr Iskenderov

La Commissione europea è disposta a concedere all’Ucraina un altro prestito, affinché possa in particolare pagare alla Russia il debito per il gas consumato. Tuttavia si tratta di una cifra molto più piccola di quanto Kiev ha richiesto.
Il presidente uscente della Commissione, Jose Manuel Barroso, ha fatto capire che il prestito non potrà superare 1 miliardo di dollari (790 milioni di euro), mentre l’Ucraina in precedenza ha chiesto 2 miliardi di euro. È comunque sicuro che alla fine i soldi si troveranno – nelle tasche dei contribuenti europei.
Che l’UE, in un modo o nell’altro, dovrà “mantenere” l’Ucraina, non è un segreto per nessuno. L’insolvenza di Kiev, abbinata alla sua capacità di consumare il gas che dovrebbe solo transitare, fa paura, perché a lungo andare la parte lesa potrebbero essere gli stessi europei che, invece, sperano che le forniture saranno regolari.

Non a caso nel corso del vertice europeo della settimana scorsa si è parlato soprattutto degli aiuti all’Ucraina. D’altra parte, proprio i paesi occidentali hanno creato la crisi ucraina e devono essere consapevoli di tutti i rischi geopolitici ivi connessi.
A pagare però saranno i semplici cittadini dell’Unione Europea – polacchi, cechi, ungheresi, slovacchi, italiani, greci e, cosa inaudita, persino i tedeschi. A detta dello stesso Barroso, la Commissione europea potrebbe dover erogare all’Ucraina un prestito di circa 800 milioni di euro.
Non è tanto, ma Barroso è portoghese e forse spera di poter usare i fondi della Commissione per aiutare le banche portoghesi con a capo il Banco Espirito Santo, per salvare il quale la Banca di Portogallo ha già stanziato 4,4 miliardi e potrebbe erogare altri aiuti.
Ma Bruxelles ha uno strumento finanziario molto più potente: il MES, Meccanismo europeo di stabilità col capitale di 500 miliardi di euro, di cui però 100 miliardi sono già stati spesi per sanare le banche spagnole e 9 miliardi per salvare il sistema finanziario di Cipro. Giorni fa il MES ha collocato sul mercato i suoi bond biennali per un totale di 4 miliardi di euro, ma quando si tratta dell’Ucraina il MES non promette aiuti, sebbene l’eventuale crisi del gas giustifichi l’uso del meccanismo anticrisi su scala europea.

Chi allora dovrà pagare per gli esperimenti geopolitici di Washington e Bruxelles? Secondo il Wall Street Journal, toccherà pagare ai governi nazionali dei paesi UE. Riferendosi alle fonti di Bruxelles, il quotidiano americano ha scritto che l’attuale situazione potrebbe portare alla “pressione sugli Stati membri con lo scopo di farli intervenire per liquidare il gap”. Tradotto in un linguaggio comune ciò significa che l’UE chiederà ai governi europei di finanziare almeno la metà degli aiuti a Kiev.
Secondo i dati della parte russa, il debito dell’Ucraina nei solo confronti di Gazprom ha raggiunto la cifra di 5,3 miliardi di dollari. Il ministro dell’energia della Russia, Aleksandr Novak, crede che per aiutare l’Ucraina si potrebbero usare “le garanzie delle banche primarie, dei prestiti ponte o i fondi della BERS e della Commissione europea”, ma Bruxelles, a quanto pare, preferisce scaricare il debito di Kiev sui cittadini europei.
La situazione finanziaria dell’UE non è certamente delle migliori. Come prima cosa l’UE non ha una netta strategia anticrisi di lungo termine e continua a seguire la strada delle misure eccezionali dalla creazione di vari fondi di stabilità al riscatto del debito pubblico. Tutte queste misure non bastano per risolvere il problema, ha sottolineato Elena Turzhanskaya, analista della società finanziaria russa “Kalita-Finance”.

Una di queste misure è stata appunto la costituzione del fondo per il riscatto del debito dei paesi “periferici”. In parallelo si usano gli eurobond che però non piacciono alla Germania perché significano un maggiore carico sul suo sistema finanziario. La BCE, da parte sua, compra i debiti dei paesi “periferici”, ma ciò conduce alla crescita dell’inflazione.
In queste condizioni i cittadini dei paesi europei potrebbero chiedere ai loro governi a cosa serve fomentare il conflitto in Ucraina, ignorando le azioni aggressive di Kiev, iniziando la “guerra delle sanzioni” contro la Russia e lamentando nel contempo problemi finanziari. La risposta va cercata in campo geopolitico. Quello della crisi ucraina è un problema politico e politiche furono anche le ragioni del lancio dell’eurozona che oggi deve dare dei soldi a Kiev, fa ricordare il direttore dell’Istituto di analisi strategica della Russia, Igor Nikolaev.
Le ragioni del lancio della moneta unica furono, purtroppo, politiche. Si è trattato di un grave errore. Quando l’economia comincia a dipendere dalla politica, la cosa finisce male. Io almeno non conosco esempi che possano dimostrare il contrario.
La sanguinosa crisi ucraina, che dura ormai da quasi un anno, è un classico esempio di quello che succede quando i politici si dimenticano delle leggi economiche e perdono il buon senso. Sarebbe stato utile capirlo prima dell’inizio dell’inverno, ma, come si usa dire, meglio tardi che mai.

Fonte: Italian.ruvr.ru
http://www.controinformazione.info/leuropa-dara-allucraina-altri-soldi/#more-7319

La “sceneggiata” alla Leopolda per vendere un Renzi innovatore e contestatore dell’austerità europea. Tranquilli, cambia la confezione ma non il prodotto.

e la farsa del 25 …
 
di Luciano Lago
Con Domenica 26 Ottobre si sono finalmente chiuse le “sceneggiate” della politica italiana ed in particolare a Firenze, nella dismessa stazione della “Leopolda”, con la “convention” del PD, quello fedele al segretario Matteo Renzi ed a Roma, nella mitica Piazza San Giovanni, con la manifestazione della CGIL della Camusso a cui ha partecipato l’ala dissidente del PD, quella dei Cuperlo, dei Civati e di Fassina.
La manifestazione di San Giovanni non si discostava di molto dalle abituali manifestazioni sindacali della CGL con il loro contorno di convocati mediante pulman, trasporto e pasto gratuito offerto dal sindacato con passeggiata a Roma approfittando della bella giornata di sole della ottobrata romana. Una massa di persone che ha occupato la piazza e bivaccato per Roma offrendo lo spettacolo di un popolo “arrabbiato” che reclama i suoi diritti.
 
Gli slogans, i cartelli ed il folklore sono stati quelli tipici delle manifestazioni di questo sindacato che da sempre ha rappresentato una colonna portante del sistema politico italiano ed anche stavolta non si discosta dal recitare il ruolo di “quelli che non ci stanno” alle politiche di austerità e di tagli proclamate dal governo e che dicono di non voler accettare la nuova normativa sul lavoro, il “jobs act”, la creatura partorita dal fiorentino per attenersi alle disposizioni della Troika europea in materia di lavoro.
 
Naturalmente gli italiani, quelli con un pò di senso critico, ricordano bene le posizioni sempre acquiescenti e collaterali del sindacato rispetto alle politiche di soppressione di diritti e di subalternità alle direttive della grande finanza sui governi di centro sinistra ed in particolare molti si chiedono dove erano i sindacalisti della CGIL quando si varavano le leggi come quella della Fornero (governo Monti) o quella precedente sul lavoro (legge Treu ) che ha introdotto il primo precariato sotto il governo di centro sinistra (governo Dini). Ma queste domande scomode alla Camusso non vengono fatte dai giornalisti compiacenti, si preferisce attardarsi sulla stantia polemica con Renzi e l’art. 18.
 
L’unica variante per la CGIL è stata l’aver fatto affluire un maggior numero di lavoratori in età media (molti extracomunitari,la nuova massa di manodopera per il sindacato) lasciando a casa gli abituali pensionati iscritti al sindacato, nettamente in maggioranza, per evitare di apparire come un sindacato “vecchio” e fuori gioco rispetto alle nuove tematiche sul lavoro.
 
Lo spettacolo più ghiotto per giornalisti e fotografi è stato indubbiamente quello rappresentato dai “leopoldini” a Firenze, ovvero i partecipanti alla convention della Leopolda che di fatto si è articolata come una grande convention aziendale tipica di manager in carriera che fanno il punto della situazione (politica in questo caso), autocelebrando i propri successi, il raggiungimento del “budget”, gli obiettivi per il prossimo futuro e utilizzando la convention per motivare ed entusiasmare i propri iscritti.
 
Non poteva che essere questo, nel perfetto stile renziano, lo svolgimento della riunione che ha adottato esattamente i rituali e le procedure che sono abituali negli USA per i convegni del Partito Democratico ed in Gran Bretagna per i convegni del Labour Party. Non per nulla Renzi si è dichiarato un grande ammiratore dell’”abbronzato” presidente Obama e dell’altro noto criminale di guerra, Tony Blair, uno dei corresponsabili (assieme a George W. Bush) della guerra in Iraq e del milione di vittime irachene conseguente a tale conflitto.
 
Il “budget” e gli obiettivi che Renzi ha proclamato non sono null’altro che quelli che la grande finanza, sponsor e sostenitrice del fiorentino, ha assegnato a governo Renzi: riforme del lavoro per il mercato aperto ed omologato che deve essere attuato in Italia, adeguamento dell’Italia agli standard ed alle politiche neo liberiste, richieste da Washington da un lato e dalla Troika europea dall’altro. In particolare Renzi sarà quello che firmerà il nuovo trattato transatlantico in preparazione, il TTIP, quello che darà il colpo di grazia alle imprese nazionali ed al sistema economico ed agricolo italiano lasciando campo aperto alle grandi multinazionali che potranno imporre il proprio standard rispetto alle normative nazionali. In conseguenza di questo trattato si prevede una invasione di prodotti OGM nei prodotti alimentari, che saranno messi in libera circolazione, grazie al trattato, sugli scaffali dei supermercati in Italia a prezzi competitivi rispetto ai prodotti nazionali, si prevede l’arrivo di società americane che avranno campo libero nelle attività di fracking sul territorio, con enormi danni ambientali, scosse di terremoto provocate artificialmente (effetto del fracking), nonchè l’arrivo dei colossi bancari ed assicurativi che saranno i primi ad attivarsi per la prevista campagna di privatizzazioni, prossima tappa del governo Renzi.
 
 
Tutto questo appare sottinteso, nel contesto della Leopolda, di un ambiente di giovani politici rampanti che circondano Renzi, vestiti casual ed american style, con ragazze di bell’aspetto a svolgere il ruolo di “veline” ed altre a presentarsi come ministre, nel mezzo di un “minestrone” di proclami per la modernizzazione del paese (“il futuro è solo l’inizio”), per la “nuova frontiera del partito democratico”, per la lotta del “nuovo contro la vecchia politica” ed il ripudio di quest’ultima paragonata ad un vecchio gettone telefonico.
 
Alla Leopolda si è ascoltata l’ esaltazione del nuovo ” Jobs Act” come sistema di normativa sul lavoro “moderno ed adeguato” ai tempi. Basta con l’art. 18 e con l’intromissione dei giudici nei rapporti di lavoro fra lavoratori ed impresa, sottinteso affidare tutto al mercato, il supremo regolatore per tutti i sostenitori del neoliberismo come Renzi ed i suoi sodali. Non potevano mancare i finanzieri come Serra ed i consulenti di marketing che hanno attentamente consigliato Renzi a come svolgere la convention con attenzione ai gesti, all’abbigliamento di lui e delle ministre.
 
Si è ascoltato anche (e non poteva mancare) il richiamo all’Europa, intesa in una prospettiva nuova di sviluppo e di rinascita, in contrasto con le vecchie politiche di austerità, come se Renzi abbia recepito una certa rivalsa prevalente nell’opinione pubblica contro le politiche europee di austerità verso cui esiste ormai una certa ripulsa generale. Il fiorentino cavalca astutamente questa stanchezza verso le politiche europee, facendo credere di essere in polemica ed in opposizione nei confronti di Barroso, della Merkel e dei commissari europei. Un atteggiamento che sembra condiviso da buona parte dell’opinione pubblica ma che appare sostanzialmente per quello che è: una recita delle parti.
 
In effetti Renzi non ha neppure provato a contestare neanche uno dei parametri e dei vincoli europei imposti all’Italia: dal Fiscal Compact al MES ed i miliardi che l’Italia deve versare a Bruxelles per il fondo di stabilità, per non parlare delle imposizioni europee che danneggiano gravemente l’agricoltura italiana. Al contrario Renzi era arrivato ad affermare che l’Italia deve rispettare il “Fiscal Compact” per fare bella figura davanti all’Europa. In precedenza aveva parlato della necessità di fare “i compiti a casa” richiesti dall’Europa.
 
Adesso l’atteggiamento è cambiato: più comodo e produttivo farsi credere in polemica apparente con l’Europa. D’altra parte non è più possibile affermare (come facevano abitualmente Letta e Monti) “ce lo chiede l’Europa”, senza ricevere pernacchie e fischi.
 
Non si può dimenticare che Renzi è stato, nella sua qualità di presidente di turno della UE, quello che ha approvato prima di tutti le sanzioni contro la Russia ( imposte da Washington) che stanno producendo alcuni miliardi di danni al sistema delle imprese italiane e di conseguenza all’occupazione. Se il fiorentino avesse avuto una qualsiasi forma di autonomia dalle imposizioni europee, questa sarebbe stata la migliore occasione per dimostrarlo, come invece hanno fatto Orban (leader dell’Ungheria) ed il presidente della Repubblica Ceka, Milos Zeman.
 
 
 
Non si capisce quindi in cosa sia la sua “difformità” rispetto alla Comissione Europea ed alle direttive di questa ma, si sa che il pubblico non entra molto nei dettagli, e Renzi lascia credere di essere un “contestatore” delle vecchie politiche dell’Unione Europea quando ne è invece un fedele esecutore.
 
La posizione di apparente contestazione, di quello che fa la faccia dura con Barroso, paga in termini di consenso con la sua base ed il fiorentino la cavalca benissimo. Un abile presentatore di “sceneggiate” come fin dall’inizio lo avevamo catalogato ed i fatti ci stanno dando ragione. Cambia la confezione ma non il prodotto.