Francia. L’Alta velocità è in fallimento. La Corte dei conti presenta il conto, salatissimo

Schermata 2014-10-18 alle 14.41.20La Corte dei conti francese presenterà giovedì 23 il suo rapporto. La rete Lgv non rende, ha un buco di 44 miliardi di euro e allo Stato tocca finanziarla per l’80%. Erano stime troppo ottimistiche quelle che volevano la Francia a “Tutta velocità”.

di Massimo Bonato – Tg Valle Susa

La Corte dei conti francese presenterà giovedì 23 il suo rapporto sulla redditività e le condizioni finanziarie della rete ferroviaria ad alta velocità sul territorio nazionale. Da sempre molto critica, la Corte dei conti alza ora il tiro denunciando le cattive condizioni in cui versa il trasporto ferroviario, a partire dalle società che lo gestiscono, Sncf e Rff. Qualche indiscrezione compare prima della presentazione annunciata su «Contexte», sito di attualità politica francese ed europea, ripreso il 17 ottobre da «Le Figaro».

«Contexte» mette tutti sotto accusa: Stato, Regioni, dirigenza Sncf e Rff. Tutti hanno contribuito “a far deragliare il Tgv”, poiché la sua bassa redditività continua a indebitare il sistema ferroviario e lo Stato che deve contribuirvi.
Del resto, denuncia la Corte dei conti, gli studi di redditività sono sistematicamente troppo ottimistici prima che una nuova linea venga progettata, salvo accorgersi dopo la sua realizzazione che la resa è di parecchio inferiore. Ne sa qualcosa la Lgv Nord la cui produttività è del 3% contro una previsione del 12,9%, o la linea mediterranea che arriva al 4,1%, ovvero due volte in meno del previsto. Il che significa che lo Stato, calcola la Corte dei conti, arriva a finanziare l’80% della rete ad Av francese: per rispondere cioè alla pressione delle Regioni finisce per perdere di vista la razionalità economica di un progetto, che ci si accorge oggi non essere riuscito a coprire un vasto territorio come quello francese. Il sistema ad Av serve 230 stazioni ma fa dire a «Le Figaro» “una pianificazione del territorio rovinosa”.

Un secondo errore risiede nella ricerca dei finanziamenti, che arriva sempre troppo tardi. Per esempio per la linea Tours-Bordeaux si ha cominciato a pensarci 12 anni dopo l’inizio degli studi mettendovi mano soltanto quattro anni prima dell’inizio effettivo dei lavori, senza peraltro mettere in conto la levitazione dei costi in corso d’opera. Ma la cosa più generica ma grave è che la stessa Europa non ha pianificato una rete ferroviaria che copra capillarmente e organicamente il continente, finendo per concentrarsi ossessivamente soltanto su progetti come la Torino-Lione o il collegamento tra Bordeaux e la Spagna.

Ma i conti da fare sono tanti: l’esosità dei biglietti che non coprono però i costi, gli scatti salariali automatici dei ferrovieri, e soprattutto quel debito di 44 miliardi di euro che pone il gruppo francese Sncf ed Rff in una posizione di estrema fragilità.

Tuttavia, la politica francese e l’amministrazione dello Stato continuano a dar segni di bipolarismo, finanche clinico. È da poco stata sospesa la ecotaxe i cui proventi sostenevano la rete dei trasporti; la Corte dei conti, ormai si sa, presenterà i suoi conti, ma soltanto il 17 ottobre a Chambery, dalla sede di Ltf, il premier francese Manuel Valls fa sapere che la Torino-Lione “è un progetto entusiasmante, dal punto di vista economico ed ambientale-ecologico, che darà lavoro a migliaia di persone e che guarda all’avvenire” (Ansa). Convinto della sua indispensabilità.
Che faccia farà Valls il 23 ottobre?

qui il lik a Le Figaro 

http://www.lefigaro.fr/societes/2014/10/17/20005-20141017ARTFIG00424-la-cour-des-comptes-denonce-la-folie-du-tgv.php

Ebola, blocco interscambi con l’Africa: per l’Italia “conseguenze catastrofiche”

sabato, 18, ottobre, 2014

Italia-Africa

 18 ott. – L’ebola mette a rischio l’economia africana nonche’ l’interscambio con gli altri paesi, con conseguenze anche per le imprese italiane. E’ l’avvertimento lanciato dalla Camera di Commercio ItalAfrica Centrale, secondo cui a rischio vi e’ un’attivita’ di scambio di merci e persone tra Italia e Africa valutabili in circa 2 miliardi di euro ogni anno.

Per il presidente della Camera di Commercio, Alfredo Cestari,l’isolamento economico dell’Africa avra’ “conseguenze catastrofiche”. Se poi la Cina riuscira’ a mettere a punto presto il vaccino rafforzerebbe la sua presenza nel continente, a scapito dei paesi che invece si chiudono per la paura della malattia. “L’Italia, con l’imminente Expo – sottolinea – non puo’ permettersi di chiudersi all’Africa“. “L’ebola rischia di soffocare la gia’ fragile economia dei Paesi colpiti, in particolare per quella derivante dagli investimenti esteri”, spiega Cestari.

“Le aziende occidentali presenti in Sierra Leone, Liberia, Guinea e Nigeria – continua – stanno subendo notevoli difficolta’ nel mantenere, sui livelli pre-malattia, esportazioni e produzioni; parallelamente risulta oggi molto difficile acquisire consensi alla realizzazione di progetti imprenditoriali di internazionalizzazione in Paesi che, dal punto di vista degli investimenti, attraverso appositi Codici di attrazione di aziende straniere offrono invece condizioni di vantaggio uniche”. Ad espandersi, prima del virus, sono le conseguenze dell’allarmismo che esso produce: “La paura del contagio ha spinto la Costa d’Avorio, principale produttore di cacao, a chiudere le frontiere ai lavoratori provenienti dagli Stati limitrofi con immediata grave ripercussione sul prezzo della materia commercializzata alla base del cioccolato; il Marocco ha annullato la Coppa d’Africa, l’India un vertice internazionale gia’ programmato, l’Australia ha avvisato che chiudera’ le rotte aeree, molti Paesi stanno invitando i propri connazionali ad un veloce e repentino rientro e le aziende rischiano seriamente di chiudere”.

“Non isolare oggi l’Africa – prosegue il presidente della Camera di Commercio ItalAfrica Centrale – significhera’, strategicamente, rafforzare le relazioni bilaterali. La Cina, gia’ principale partner economico dell’Africa, lo ha capito: per limitare gli effetti dell’epidemia (solo in Sierra Leone, Liberia e Guinea lavorano 10 mila cinesi) sta mettendo a punto un vaccino (il JK-05) che sara’ commercializzato non prima di meta’ 2015. Se riuscisse nell’impresa di mettere sotto controllo l’epidemia acquisirebbe nuove fette di mercato attraendo verso se’ ulteriori interessi economici africani a discapito dei sistemi economici di Paesi i cui Governi si saranno invece dimostrati ‘chiusi’. Anche il Brasile sta pianificando azioni simili”.

“Le aziende italiane, per le quali quello africano di 1,1 miliardi di potenziali consumatori deve essere considerato il principale mercato di riferimento a breve-medio termine – spiega Cestari – devono continuare a prevedere internazionalizzazioni garantite da misure di prevenzione che, correttamente adottate, risultino efficaci”. (AGI) .

alluvione di genova. nel 1907 l’ingegnere previde tutto. non fu ascoltato.

parlavo delle dispute dei comm. cav. ing. canepa, fantoli e inglese, avevo pubblicato la foto della copertina dello studio del 1909 e trovato un’immagine del potentissimo professor ingegner fantoli in veste di senatore del regno.

non avevo parlato però di un quarto ingegnere, l’ingegner cannovale.
che aveva previsto tutto nel 1907 e nessuno l’ascoltò.

che cosa dicevo ieri?
scrivevo che le alluvioni di genova nascono dal fatto che i tre esìmi ingegneri stimarono la piena massima del torrente bisagno in circa 500-600 metri cubi d’acqua al secondo, e per difendere questa posizione ebbero dispute accademiche contro altri scienziati che sostennero piene assai maggiori, di 800 metri cubi o addirittura di 1.200 metri cubi d’acqua al secondo.
(i tre ingegneri avevano torto; i loro contraddittori avevano ragione).

su questa stima di 500-600 metri cubi d’acqua massimi al secondo dal 1928 al 1930 fu progettata e realizzata l’espansione di genova nell’attuale quartiere foce, che sorge appunto sulla foce del bisagno.

il via ai lavori di copertura – quattro campate da 12 metri l’una, per complessivi 48 metri di larghezza, ma sotto alla stazione orientale di brignole l’imbocco è più largo, come un imbuto – furono avviati il 28 febbraio 1928, anno VII dell’era fascista, dall’on. sen. grand’uff. ing. eugenio broccardi, podestà di genova.

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il torrente fu coperto per un chilometro dal ponte della ferrovia a brignole fino al mare; lo spazio sopra il fiume così sotterrato si chiamava viale della vittoria e dopo il fascismo cambiò nome in viale brigata bisagno e viale brigate partigiane. lo racconto in questo articolo dell’altro giorno (clicca qui).

quando la piena del bisagno supera i 500-600 metri cubi d’acqua al secondo, il fiume non riesce a entrare nel sottosuolo e tutta l’acqua in più tracima sul quartiere foce.

si stanno facendo i lavori di allargamento del tratto sotterraneo – per la verità i cantieri sono bloccati – ma non saranno pronti prima di anni e comunque non saranno risolutivi perché al massimo si riesce ad allargare la portata fino a 800-850 metri cubi d’acqua al secondo, non ai mille (come è capitato) o ai 1.200 (portata massima di piena eccezionale).

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aggiungo qualche dettaglio.
“si conclude ritenendo che il deflusso della massima piena del torrente bisagno non possa eccedere in metri cubici cinquecento al secondo” scrivevano i progettisti inglese, fantoli e canepa.

il ministero dei lavori pubblici nel 1878 calcolava la massima piena in 170 metri cubi al secondo.
l’architetto pesce nel 1907 disse seicento metri cubi al secondo.

ma sempre nel 1907 l’ingegner cannovale del comune di genova aveva stimato correttamente una piena massima di 1.200 metri cubi al secondo.
questo ingegnere comunale fu sbeffeggiato dai tre scienziati.

se per costruire la copertura del bisagno fossero stati seguiti i calcoli dell’ingegnere comunale, il torrente sarebbe in sicurezza da un secolo.

invece il bisagno – che fra la stazione orientale di brignole e la foce era largo tra i 76 e i 90 metri – con i lavori del 1930 fu ristretto a 48 metri.
la sponda era alta 5 metri, mentre il nuovo assetto sotterraneo l’abbassò a 3,5 metri.
la portata teorica del sottopasso è 650 metri cubi al secondo, ma i vortici della piena formano rigurgiti che limitano la portata reale in 500 metri cubi d’acqua al secondo, mentre il resto strabocca per le vie del quartiere.

La cava Montemerla del Terzo Valico invasa da tre metri d’acqua

 

16 ottobre 2014

COMUNICATI Tortona

Cava Montemerla (profondità 10 mt.) dove è previsto il deposito di 2,2 milioni di mt. cubi di smarino (con alta probabilità di presenza consistente di amianto) e sostanze tossiche di risulta degli scavi del Terzo Valico, in un’area esondabile (ecco cosa è successo in questi giorni di pioggia):

il Grue è esondato leggermente a nord della cava, le rogge hanno portato l’acqua qui. Le foto 11 e 12 visualizzano il punto di fuoruscita.

Attualmente la cava è invasa da circa 3 mt. d’acqua (forse più in alcuni punti) fuorusciti da una roggia limitrofa.

Se il Grue avesse rotto 100 mt. più a sud, di acqua ce ne sarebbe per oltre 10 mt.

Come potete osservare in alcune foto, in un tempo brevissimo, molti uccelli acquatici hanno già adottato il “laghetto”.

Peccato che là sotto, per quello che sappiamo, può esserci davvero di tutto, viste le attività poco edificanti a cui erano dedite alcune ditte coinvolte in affari con la criminalità organizzata (vedi inchieste su notavterzovalico.info). In ogni caso, se questa è la situazione, non è difficile immaginare cosa potrebbe succedere con un’esondazione in queste zone una volta depositati smarino, amianto e veleni in cava..le falde assorbono. Tutto questo a pochi metri da un quartiere popoloso, l’Oasi, da scuole elementari, superiori, zone residenziali e centro commerciale. Il Cociv ha appena dichiarato che non intende rinunciare a quest’area per il deposito dello smarino. Tutto questo mentre 1800 firme di cittadini contrari al deposito di smarino e scavi nelle cave giacciono in un cassetto in Comune…La nostra lotta, invece, va avanti e riteniamo sempre più di esser nel giusto.
Lo diciamo da tempo: il progetto del Terzo Valico è pericoloso, lo dimostrano le frane, gli smottamenti, le alluvioni di questi giorni, tutti in zone interessate da cantieri, cave, tragitto dell’opera. Non è un caso, come non lo è la frana proveniente dal Cantiere del Terzo Valico a Fegino, arrivata sul Freccia Bianca. Guardate queste foto, guardatele bene. E riflettete su cosa potrebbe succedere alla prossima alluvione. Non vogliamo questo per la nostra terra! Non vogliamo che più di 6 miliardi di euro, soldi pubblici, vengano sottratti alla manutenzione e alla lotta contro il dissesto idrogeologico e usati per un’alta velocità che serve solo al Consorzio dei costruttori e a chi gestisce il ciclo del cemento!

E’ urgente mettere in sicurezza il territorio, utilizzare soldi – peraltro pubblici! – per devastarlo invece è.. criminale!

Comitato No Tav – Terzo Valico Tortona

Salini Impregilo copre il Bisagno mentre franano i cantieri del Tav Terzo Valico

http://www.notavterzovalico.info/2014/10/18/salini-impregilo-copre-il-bisagno-mentre-franano-i-cantieri-del-tav-terzo-valico/

NoTavTerzoValico Logo

La Salini Impregilo da un lato “regalerà” il progetto esecutivo per il rifacimento dell’ultimo tratto della copertura del torrente Bisagno, grazie alla nuova norma regionale sulle “regalie” di Burlando che evita così la gara d’appalto sul progetto,

Dall’altro come azionista del Co.Civ partecipa alla devastazione della Valpolcevera, Val Chiaravagna e della Valverde, dove sorgono i cantieri del “terzo” valico.
Riteniamo che questa sia l’ennesima operazione per ingraziarsi il consenso di un’opera che di consenso non ne ha e che costa oltre 6 miliardi di euro, denaro invece indispensabile per il risanamento del nostro territorio e per i servizi pubblici
Tutto questo è stato evidenziato dall’ultima alluvione che ha visto il riversarsi di mare di fango e frane dai cantieri siti in Valpolcevera, di cui uno ha causato anche il derragliamento del Freccia Bianca.

Movimento no tav terzo valico Valpolcevera e Valverde

Genova,”non siamo angeli”: in migliaia in corteo contro politiche speculative e grandi opere

 

Sabato 18 Ottobre 2014 19:10

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Il corteo cittadino che é partito nel primo pomeriggio si annunciava molto sentito e dai toni e contenuti politici forti: di fatto in svariate migliaia si sono presentati all’appuntamento per ribadire le precise responsabilità politiche dell’amministrazione locale e del Governo, in un contesto di sfiducia complessiva contro un intero sistema della rappresentanza inviso alla comunità. L’ onta delle mancanze complessive di una gestione dell’ alluvione tutta volta all’emergenzialità in nome degli speculatori sciacalli è stato il motore della rabbia espressa. Una volta giunti nei pressi del letto del Bisagno hanno preso la parola i No Tav con l’intervento di Nicoletta Dosio: “Solo con la lotta arriveremo alla vittoria” mentre in contemporanea a Torino il corteo contro il vertice dell’ipocrisia del summit europeo sul lavoro manifestava solidarietà ai genovesi al grido di: “Genova non è una calamità, è solo frutto della vostra avidità”, frase pronunciata da una studentessa ligure presente nella piazza del capoluogo piemontese.

Così il corteo ha attraversato le zone maggiormente colpite dall’ alluvione: dopo essere aumentato sia per numero di partecipanti che di emotività, il corteo ha passato Borgo Incrociati ricordando Antonio e urlando: “istituzioni assassine!”.

Un corteo molto lungo, che ha raccolto oltre 4mila persone, ha portato in piazza il tessuto ribelle della città ma anche di molte altre zone della Liguria, compresi i familiari delle vittime di Viareggio che da tempo ormai chiedono giustizia.

Un lunga marcia della dignità dunque che è giunta dopo oltre due ore e mezza sotto il palazzo della regione al grido di “criminali”.

Il corteo si è poi concluso in Piazza Ferrari con i movimenti che hanno reclamato a gran voce la libertà per tutti e tutte le persone detenute per essersi opposte alla realizzazione di grandi inutili opere, a partire dal Tav Torino-Lione passando per il Terzo Valico, e ribadendo che Genova è e sarà sempre No Tav.

Torino. Corteo Fiom e degli studenti, la polizia carica tutti In evidenza

http://contropiano.org/lavoro-conflitto/item/26975-torino-corteo-fiom-e-degli-studenti-la-polizia-carica-tutti

contropiano.org

Se i problemi sociali non ricevono soluzione né ascolto, anzi li si ingigantisce con una politica economica criminale, le tensioni sono destinate ad aumentare. Nonostante le cautele – a volte comprensibili, altre molto meno – di chi i problemi sociali, e i relativi conflitti, li affronta per mestiere.

Lo si è visto stamattina a Torino, dove la manifestazione dei metalmeccanici, indetta dalla Fiom, cui hanno parecipato anche migliaia di studenti, è stata attaccata dalla polizia che intendeva mettere le mani addosso ad alcune centinaia di ragazzi che agitavano fumogeni, gridavano slogan “poco educati”, mandavano musica da un furgone e lanciavano innocui pomodori.

Alle ragioni dei metalmeccanici (jobs act, contratti separati, crisi e licenziamenti, testo unico sullarappresentanza – firmato dalla Cgil nazionale, ma contestato in Fiom – arroganza delle aziende, ecc) si sono dunque aggiunte e sovrapposte quelle “di movimento”, concentrate sulla contestazione del “vertice europeo” dei ministri del lavoro, semiclandestino, in programma oggi e domani al Teatro Regio di Torino.

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Le cariche della polizia sono infatti arrivate fin oltre la metà di piazza Castello, risparmiando in pratica – e nemmeno troppo – soltanto il palco da cui doveva parlare Maurizio Landini, segretario generale della Fiom. Manganellate, lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo e qualche petardo lanciato per ritardare l’avanzata dei cordoni degli uomini in divisa si sono così susseguiti anche durante il suo intervento, e Landini, al termine, ha dovuto fare i conti con quanto era avvenuto sotto i suoi occhi. Purtroppo, è avvenuto ripescando parte della vecchia retorica piccista, contro il movimento (perlomeno la parte dei presunti “cattivi”); ammodernata però dalla constatazione che la polizia se la prendeva serenamente anche con gli operai in tuta blu e bandiera della Fiom in spalla. E quindi: “Non è accettabile che si tenti di utilizzare, rovinandola, una manifestazione che ha avuto a Torino un successo che non si vedeva da anni. Nello stesso tempo mi pare vi sia stata una gestione non utile della piazza da parte delle forze dell’ordine che hanno lanciato lacrimogeni su migliaia di persone, in particolare quando sono stati lanciati lacrimogeni in direzione del palco,quando ce n’erano cento da isolare”.
Ma ha dovuto anche segnare la fine totale della momentanea “intesa cordiale” e personale con Renzi: il governo “Sta facendo una manovra sotto dettatura di Confindustria, che mi pare l’ultima che può dare lezioni in questo Paese. Se c’è la crisi in questo Paese è anche colpa degli imprenditori, che non investono, che vanno all’estero e non mi pare che il modello Fiat sia un modello da estendere”. E quindi di fronte a una manovra come questa bisogna “andare allo sciopero generale e anche oltre”.
Intanto Renzi prosegue senza discutere nulla con nessuno (o meglio: prendendo ordini dall’Unione Europea e cercando di accontentare le imprese).

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La polizia ha proceduto, sembra, al sequestro del furgone con cui lo spezzone di movimento si era presentato in piazza, fermando anche cinque persone. E alza la tensione in attesa del pomeriggio, quando dovrebbe iniziare il “vertice” dei nemici del lavoro.

A chi fa paura il Freccia Bianca deragliato a causa del Terzo Valico?

 

15 ottobre 2014

Torniamo ad occuparci del deragliamento del treno Freccia Bianca avvenuto a Genova il 10 ottobre a causa di una frana proveniente dal cantiere del Terzo Valico della “Galleria Campasso” in via Castel Morrone. Lo facciamo perché abbiamo la sensazione che in molti stiano facendo di tutto affinché della questione se ne parli sempre meno, fino a farla scivolare lentamente nel dimenticatoio. Pochissimi sono stati i mezzi di informazione mainstream ad aver riportato la notizia della correlazione fra deragliamento e cantiere del Terzo Valico, i più hanno fatto finta di non sapere che cosa fosse quel cantiere che si trova proprio sopra il passaggio della linea ferroviaria storica. Dopo la puntuale denuncia avvenuta grazie ai siti No Tav e la diffusione della foto che spiega meglio di mille parole quanto accaduto, Rfi si è sentita in dovere di aprire un’inchiesta interna smentendo seccamente dal primo momento il coinvolgimento del cantiere del Terzo Valico. Certo non potevamo aspettarci niente di diverso da chi è gestore della linea ferroviaria e al tempo stesso è committente della costruzione del Terzo Valico. Resta il fatto che la versione data da Rfi è talmente lacunosa e inverosimile da non aver convinto per niente la Procura di Genova. Pare che il Procuratore Capo Michele di Lecce abbia deciso di aprire un’indagine e apprendiamo da un giornale che avrebbe espresso la volontà di approfondire la questione dicendosi per niente convinto della versione ufficiale rilasciata da Rfi tramite nota stampa. Noi ci permettiamo di dare un piccolo consiglio al Procuratore, quello di sequestrare immediatamente il cantiere onde evitare che col passare del tempo (e non per malafede sia chiaro!) vengano meno le prove che testimonierebbero come la frana che ha travolto il Freccia Bianca provenisse dal cantiere del Terzo Valico. La foto di copertina di questo articolo parla chiaro, talmente chiaro che anche l’ottava commissione del Senato si è occupata dell’argomento. I senatori Marco Scibona e Andrea Cioffi hanno sollevato la questione chiedendo di fare chiarezza sull’incidente del Freccia Bianca e su altri episodi avvenuti sempre all’interno dei cantieri del Terzo Valico. I due senatori hanno chiesto e ottenuto l’audizione del Cociv e degli organi di controllo davanti alla commissione e persino i Senatori del Pd hanno appoggiato la richiesta. Così in un tempo ragionevole gli uomini del Cociv dovranno andare a spiegare presso il Senato della Repubblica che cosa sia realmente accaduto anche se non abbiamo dubbi che cercheranno di discolparsi nonostante l’evidenza.

Per approfondire la questione ci siamo anche rivolti a un esperto di trasporto ferroviario che ci ha confermato come la notizia sulla velocità a cui andava il treno sia perfettamente compatibile coi regolamenti ferroviari. Infatti sempre un giornale nei giorni scorsi ha scritto che il treno stesse andando ai 100 Km orari e il nostro esperto ci ha confermato che in quel tratto di linea la velocità massima consentita è di 105 Km orari. Quello che però ci è stato fatto notare è che sia scandaloso come non vi sia una barriera di protezione installata fra il cantiere e la linea ferroviaria proprio per impedire che una frana potesse invadere la linea. Insomma è lecito il dubbio che come i No Tav denunciano da molto tempo all’interno dei cantieri del Terzo Valico non siano rispettate le minime misure di sicurezza disposte dalla normativa vigente.

Noi non ci stancheremo mai di ripetere che l’incidente si sarebbe potuto trasformare in una tragedia. Sempre il nostro esperto ci ha confermato che sarebbe bastato il deragliamento di ancora un’altra carrozza per determinare con ogni probabilità il ribaltamento del treno con conseguenze tragiche che per fortuna non si sono verificate. Da parte nostra cercheremo di mantenere alta l’attenzione sull’argomento e invitiamo tutti i professionisti seri dell’informazione a fare altrettanto.

Se questo è un arresto

—  Redazione, TORINO, 17.10.2014

arresto

La poli­zia arre­sta una per­sona. Nes­suna resi­stenza visi­bile. Per amma­net­tarlo sono in 5 con­tro uno. Ginoc­chio sul collo per due minuti.

Que­sto video di due minuti, girato alle 11.40 circa del 17 otto­bre da un nostro gior­na­li­sta nei pressi di piazza Castello a Torino, mostra le moda­lità «ordi­na­rie» di arre­sto da parte della polizia.

Il fil­mato segue le fasi finali di arre­sto al suolo e amma­net­ta­mento di un ragazzo inerme e quasi inco­sciente: 5–6 agenti lo bloc­cano a terra a pan­cia sotto e per tenerlo fermo gli sal­gono con le ginoc­chia sul collo e sulle spalle con tutto il pro­prio peso per circa due minuti.

Il ragazzo, che nel fil­mato non ha oppo­sto alcun tipo di resi­stenza, è poi stato sol­le­vato in piedi con le manette die­tro la schiena e bar­col­lando ha ripreso cono­scenza prima di essere por­tato via.

TFR: Tradimento di Fine Rapporto? Un’altra idea di Matteo Renzi.

Dopo gli 80 auro elettorali ecco la nuova pensata del Presidente del Consiglio: trasferire il TFR in busta paga per dare maggiore liquidità ai lavoratori ma la proposta è tutt’altro che conveniente, lo racconta il prof. Beppe Scienza.

di Davide Amerio

L’ultima boutade del Presidente Renzi è passata un po’ sotto traccia subito mitigata dal ministro Padoan che ha affermato come siano in corso discussioni sull’argomento.

La proposta, che si ricollega all’iniziativa degli 80 euro poco prima della campagna elettorale del maggio scorso, non è sfuggita all’attenzione del Prof. Beppe Scienza, docente di matematica presso l’Università di Torino e spina nel fianco di banche e assicurazioni.

Già nel 2007 Scienza condusse una personale battaglia per informare i cittadini sui rischi imposti dall’allora riforma del Tfr che forzava i lavoratori a spostare il proprio Tfr nei fondi pensione gestiti da banche e assicurazioni con la promessa di rendimenti esclusivi. La storia dei rendimenti finanziari di questi anni  hanno confermato le sue fosche previsioni.

Per quanto riguarda la proposta di Renzi che vorrebbe in questo modo creare della liquidità per favorire i consumi (e la fantomatica ripresa) il professore indica sette motivi per i quali la proposta è inequivocabilmente da bocciare (i titoli dell’elenco sono quelli da lui specificati nel suo intervento sul sito di Beppe Grillo):

1- E’ una furbata! Gli 80 euro erano denaro messo in gioco dallo Stato verso chi l’ha percepito. I soldi del Tfr appartengono già ai lavoratori e quindi verrebbe loro dato in busta paga qualcosa che spetta  loro comunque.

2- Crea un’ingiustizia! L’iniziativa riguarderebbe gli oltre 13 milioni di lavoratori del settore privato e non quelli del settore pubblico (3,3 milioni) che non possiedono il Tfr.

3- Danneggia piccole e medie imprese! Il Tfr, figlio di concertazioni dei primi anni ’80, rappresenta un risparmio forzoso per i dipendenti e un forma di finanziamento agevolato per le imprese; sopratutto per le piccole, avendo la riforma del 2007 trasferito il Tfr ai fondi gestiti per quelle con oltre 50 dipendenti. Il governo pretenderebbe di imporre alle banche di finanziare le imprese che perdono questo Tfr ma, sottolinea Beppe Scienza, al momento si vedono governi che subiscono la volontà delle banche e non viceversa. Comunque i tassi di interesse sarebbero diversi e meno vantaggiosi.

4- E’ fiscalmente svantaggioso! Il Tfr per il dipendente gode attualmente di tassazione agevolata alla fine del periodo lavorativo e nel frattempo matura interessi sul lordo del valore accumulato. Se venisse distribuito oggi il lavoratore perderebbe questo vantaggio fiscale e la possibilità dei rendimenti maturabili.

5- E’ una scelta imprevidente! Inserendolo in busta paga verrebbe speso nell’immediato e perderebbe quella sua funzione ‘tesoretto’ per quando si va in pensione oppure un risparmio da cui attingere in caso di difficoltà (mutui, malattia) come previsto dalla legge.

6- Si rinuncia ad un investimento sicuro! Il Tfr in azienda non è soggetto alle variazioni di mercato come lo sono per esempio i fondi pensione. E’ garantito contro l’inflazione e nel caso di fallimento dell’azienda è garantito dall’Inps.

7- E’ inutile per la crescita economica! Come si è visto per gli 80 euro non c’è alcuna utilità per il rilancio della crescita economica. Il pericolo serio è che venga usato per coprire dei debiti se il lavoratore ha delle esposizioni finanziare. In questo caso invece di entrare nel circolo economico finirebbe direttamente in pasto alle banche o nelle tasche di qualche usuraio.

D. A. 18.10.14