Invasione russa? Una figura da Cioccolatenko

http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=108646&typeb=0&Invasione-russa-Una-figura-da-Cioccolatenko

Già smontata l’operazione mediatica quotidiana dell’Impero del Caos: niente invasione russa, ma ‘errore di traduzione’ poi diffuso ovunque. [Pepe Escobar + Giulietto Chiesa]

 

Redazione
giovedì 28 agosto 2014 18:19
di Pepe Escobar
[con commento di Giulietto Chiesa in coda all’articolo]
.
Moon of Alabama smonta tutta la bufala.
Eccoti servita la tua “operazione di informazione”quotidiana dell’Impero del Caos: il tutto avviene tramite un”errore di traduzione” da parte dell’agenzia Reuters, poidistribuito in tutto il mondo.
Citazione dalla Tagesschau, il massimo telegiornale tedesco:
«Sull’#Ucraina c’è stato un errore di traduzione da parte dell’agenzia Reuters: secondo la correzionePoroshenko non ha parlato di un’invasione».
E poi c’è il pezzo sensazionalista del New York Times di oggi.
Moon of Alabama lo spiega bene: «Si noti che un autoredel pezzo del NYT è Michael Gordon, che, insieme a JudithMiller, scrisse i sensazionali reportage in merito alle provesulle armi di distruzione di massa in Iraq.
L’attuale capo della NATO che sta promuovendo la guerracontro la Russia, il sig. Foghadiguerra Rassmussen, ebbe a dire 11 anni fa: “L’Iraq possiede armi di distruzione di massa. Non è qualcosa che pensiamo, è qualcosa che sappiamo”.
Queste persone e le agenzie di stampa occidentali, ossia gli stessi soggetti che hanno fatto la campagna promozionale sulle le armi di distruzione di massa in Iraq,stanno ora asserendo che ci sia una “invasione” russa in Ucraina, pronti a ritrattare soltanto quando il danno è fatto. Guerrafondai. Tutti loro»
Giusto. Ho ricevuto una telefonata dall’emittente RT poche ore fa a questo proposito, e ne abbiamo discusso come diuna mossa disperata da parte di quel cioccolataio diCioccolatenko. Ma per ora nessuno c’è cascato, tranne quei boccaloni dei grandi media USA (e italiani, NdT).
Fonte: pagina Facebook di Pepe Escobar.
Traduzione per Megachip a cura di Fanny Milazzo.

NOTA DI GIULIETTO CHIESA: 
Poroshenko e le fonti occidentali stanno diffondendo la notizia che la Russia avrebbe invaso l’Ucraina. E’ il ritornello ormai risaputo. La spiegazione è semplice: le forze governative sono in ritirata in tutta l’area. I ribelli del Donbass sono passati all’offensiva e stanno infliggendo gravissimi colpi alle forze di Kiev, con centinaia di soldati dell’esercito che defezionano o addirittura cercano rifugio nelle aree confinanti della Russia. Né Poroshenko, né nessun altro ha fornito alcuna prova di un intervento militare russo. “Si dice”, “si suppone”.
Il fatto è che né Kiev, né l’Europa possono spiegarsi come mai l’esercito e la Guardia Nazionale di Kiev stanno perdendo la guerra. E preparano, evidentemente il terreno per chiedere l’intervento della NATO. Cioè accusano la Russia di intervento dall’esterno per giustificare in anticipo l’intervento dall’esterno della NATO.

A Minsk una svolta?

http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=108591&typeb=0

L’incontro di Minsk del 26 agosto forse è l’inizio di una svolta. Ogni ottimismo è prematuro. Ma ecco i dati più evidenti. [Giulietto Chiesa]
mercoledì 27 agosto 2014 18:18

di Giulietto Chiesa.

 Ci sono molti segnali che l’incontro di Minsk del 26 agosto sia l’inizio di una svolta. Ogni ottimismo è prematuro, per molte ragioni. Ma mi limito a sottolineare i dati più evidenti.
 
In primo luogo il presidente ucraino Petro Poroshenko è andato a Minsk, su invito formale del collega bielorusso Lukashenko, a incontrare coloro che, fino a un minuto prima, aveva dichiarato di voler salutare, per giunta a muso duro, definitivamente.
I tre ex alleati e ex amici che aveva di fronte comprendevano il nemico principale, Vladimir Putin. Tutti e tre – Putin, Lukashenko, Nazarbaev – fanno parte dell’Unione Doganale che Kiev ha ripudiato firmando il trattato di “associazione” all’Unione Europea. Per fare quel passo è stato compiuto un colpo di stato il 22 febbraio di quest’anno. Adesso Poroshenko va a Minsk e dichiara – immagino tra lo stupore generale dei suoi sostenitori di Kiev – che l’Ucraina intende restare a metà strada, in buoni rapporti con gli uni e con gli altri. Naturalmente non è questa la verità, ma prendere l’aereo per andare a Minsk a dire una bugia, per giunta di fronte a una congelata (dallo stupore) Katherine Ashton, è impresa che resterà negli annali della diplomazia oligarchica ucraina.
 
Secondo punto. Poroshenko è andato a Minsk subito dopo averesciolto il parlamento e indetto nuove elezioni per il 26 ottobre. Non ci sarà un governo, sostenuto da una coalizione solida, per almeno tre mesi. Il che significa che il trattato di “associazione” non potrà essere ratificato dalla Rada ucraina per un periodo di tempo cruciale e delicatissimo. Che significa?
Con ogni probabilità significa che Poroshenko sa di non poter effettuare la virata promessa agli antirussi nei tempi brevi. E’ andato a Minsk frenando. Vedremo gli effetti. Ma una cosa appare evidente: Putin non farà concessioni che siano a detrimento della Russia, né sul piano commerciale, né su quello industriale, né su quello energetico.
A differenza del tono dimesso di Poroshenko, che dava l’impressione nettissima di essere sulle braci, Putin ha svolto un impeccabile ragionamento economico: noi non intendiamo discriminare nessuno, ma la mossa di Kiev ci costerà 100 miliardi di rubli, cioè 3 miliardi di dollari solo nei primi mesi. Dovremo difendere il nostro mercato interno. Dunque l’Ucraina perderà tutte le condizioni preferenziali di cui ha goduto in passato, come membro della Comunità di Stati Indipendenti. E non fruirà di nessun vantaggio tra quelli previsti dall’Unione Doganale. Dunque stare in mezzo non sarà possibile. Bisognava pensarci prima. Se ci saranno correzioni, allora si potrà ridiscutere. Altrimenti bisognerà prendere atto del divorzio e trarne tutte le conseguenze. L’Ucraina ci perderà molto di più. Punto. Poi – ha detto Putin – “ribadisco che la Russia non ha mai impedito a nessuno di scegliere alleati economici, e perfino militari” (questa notazione è molto importante, perché dimostra che a Mosca non ci sono illusioni sull’eventualità che Kiev non entri nella NATO). Cioè fate quello che volete, ma anche noi tireremo le nostre somme.
L’impressione è stata che Kiev sia in grande difficoltà, mentre Moscasa cosa può fare e cosa non può fare. Che è una posizione migliore.
Singolare – e non mi pare un particolare secondario – che l’incontro si sia svolto in russo.
 
Terzo punto. L’Unione Europea si è presentata all’incontro con la signora Ashton e non con il presidente della Commissione, seppure in pectore. Una rappresentanza in evidente tono minore, sebbene coniugata con i commissari per l’energia e il commercio. Segno di scarso gradimento per un vertice non voluto? Forse. Ma anche segno di debolezza, o di incertezza, di chi è costretto a subire l’iniziativa altrui. Dopo essere stata co-protagonista del disastro dell’Euromaidan, l’Unione Europea si defila. E ce n’è ben donde: chi pagherà la bolletta del gas non è chiaro, e l’autunno è alle porte. L’Ucraina è in bancarotta totale. L’Europa è in crisi. Certo Bruxelles e Kiev possono infliggere gravi danni alla Russia, ma Bruxelles sa perfettamente che l’Europa ne subirà di non minori. Ed è sempre più clamorosamente evidente che la storia del gas da fracking americano-canadese era un bluff nel quale gli europei hanno potuto nuotare solo tre o quattro mesi. E ora, pover’uomini? Poroshenko, anche lui, è al corrente. Gli ucraini non si riscalderanno con il suo cioccolato. Il suo premier ancora per poco Jatseniuk ha un bel gridare di sanzioni alla Russia: neanche le sanzioni servono per scaldarsi.
 
Quarto punto. Poroshenko ha accolto l’offerta di Nazarbaev di un piano per la ricostruzione del Donbass. Anche questa è decisione che troverà critici feroci a Kiev, dove il Donbass lo vogliono distruggere e i russi cacciati.
 
Quinto punto. Le sorti della guerra vanno male per Kiev, malissimo. L’esercito si scioglie e la Guardia nazionale dei nazisti è capace di bombardare le città a distanza, ma fugge il confronto diretto con i combattenti ribelli. Il vertice di Minsk si è svolto in piena offensiva separatista, che continua anche oggi. Diventa forte la richiesta russa di un regolamento attraverso negoziati diretti tra Kiev e il Donbass. Putin ha però rifiutato ogni eventualità di una mediazione russa. “La questione è affare interno dell’Ucraina”. La Russia annuncia una seconda colonna di aiuti e nessuno azzarda l’idea di respingerla, neanche la Ashton.
 
Infine, sesto punto. A Minsk non ci sono gli USA. Neanche come osservatori. Poroshenko accetta. Accetta anche l’Europa. Qualcosa scricchiola. L’operazione Euromaidan, che serviva per isolare la Russia e metterla sul banco degl’imputati, sanzionarla, colpirla, si risolve in un sanguinoso pasticcio da cui nessuno dei promotori sa come uscire. E ancora non si sono sentiti i nastri delle registrazioni del Boeing malaysiano

18 settembre: riprende il processo a Chiara, Claudio, Mattia, Nicco

Cattura587
18 settembre: riprende il processo a Chiara, Claudio, Mattia, Nicco

BLU_ridimensionareDopo la pausa estiva riaprono i tribunali e riprendono, tra gli altri, due importanti processi nei confronti del movimento no tav: il maxiprocesso che vede coinvolti 53 imputati, accusati di aver resistito allo sgombero della Maddalena il 27 giugno 2011 e aver cercato di riconquistarla il 3 luglio 2011 e il processo contro Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò con l’accusa di terrorismo. Entrambi i processi si avvicinano alla sentenza di primo grado e questa è sicuramente l’occasione per rinsaldare, con ancora più determinazione, la solidarietà intorno ai compagni e alle compagne sotto processo dentro e fuori le aule di tribunale. La lotta contro il TAV non è certo confinabile a materiale da codice penale e per questo vogliamo tornare, in occasione della ripresa delle udienze del processo nei confronti di Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò, prevista per il 18 settembre, a essere di nuovo al loro fianco in aula bunker alle ore 9.00, per poi spostarci in piazza Nizza, dove ha sede LTF, per pranzare insieme e aprire una discussione su idee e pratiche da mettere in campo in vista delle prossime sentenze. Compagne e compagni solidali

RITROVIAMOCI GIOVEDì 18 SETTEMBRE A TORINO

– ORE 9 PER UN SALUTO A CHIARA, MATTIA, CLAUDIO, NICCO PRESENTI ALL’ UDIENZA IN AULA BUNKER IN CORSO REGINA MARGHERITA 540

– ORE 13,30 PRANZO IN PIAZZA NIZZA CON PRESIDIO E VOLANTINAGGIO DI FRONTE ALLA SEDE DI LTF

– ORE 16 INCONTRO IN PIAZZA NIZZA PER DISCUTERE IDEE E PRATICHE DA METTERE IN CAMPO IN VISTA DELLE SENTENZE A CARICO DEL MOVIMENTO NO TAV E NON SOLO

“RENZI VENGA A VISITARE IL VERO PIEMONTE: FABBRICHE IN CRISI, TRENI IN RITARDO E SCUOLE A PEZZI”

http://www.marcoscibona.it/home/?p=577

Ottima l’idea del presidente Chiamparino di invitare Renzi in Piemonte. Suggeriamo però alcune modifiche al tour nella nostra regione che, a quanto pare, prevede un’unica tappa a Chiomonte (TO).

Il presidente del Consiglio dopo aver ammirato il monumento allo spreco di denaro pubblico rappresentato dal cantiere Tav potrebbe proseguire la visita nel Piemonte che arranca e non arriva a fine mese. Per restare nei pressi della Val di Susa suggeriamo una tappa alla Vertek di Condove oppure alla De Tomaso di Grugliasco dove centinaia di persone rischiano il posto di lavoro. Inoltre consigliamo al Premier di approfittare dell’occasione per usufruire del trasporto pubblico locale piemontese, faccia in fretta però perché le poche tratte ferrroviarie sopravvissute alla mannaia di Cota ora rischiano di essere eliminate definitivamente dalla giunta Chiamparino. Infine invitiamo Renzi a visitare le scuole di Torino e provincia che cadono a pezzi (alcune segnalate per la loro pericolosità anche dalla Procura di Torino).

Auspichiamo che attraverso queste modifiche al tour piemontese il premier possa rendersi conto che i cittadini esigono interventi concreti (lavoro, scuola e trasporti efficienti) non grandi opere utili solo a certe lobby.

Chiamparino che per la sua doppia funzione da Presidente e Consigliere ha ricevuto dal Movimento 5 Stelle due volumi della pubblicazione “150 ragioni contro la Torino – Lione” (curata da Mario Cavargna, presidente Pro Natura Piemonte) potrebbe cogliere l’occasione per consegnarne una copia anche a Renzi.

Francesca Frediani, consigliere regionale M5S Piemonte
Marco Scibona, Senatore M5S

COME PUO’ UNO SCOGLIO ARGINARE IL MARE – ANCHE SE NON VOGLIO TORNO GIA’ A VOLARE (INTORNO A ALESSANDRO DI BATTISTA)

 http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2014/08/come-puo-uno-scoglio-arginare-il-mare.html#more

MONDOCANE

MERCOLEDÌ 27 AGOSTO 2014

Per primissima, urgente, cosa, invito tutti a vedersi il video youtube inserito in cima alla colonna sinistra del mio blog. Stupefacente, sensazionale, agghiacciante (ma non sorprendente per noi)! L’agente del Mossad, Juval Aviv, intervistato dalla CNN, nientemeno, dichiara che l’esplosione del 7 luglio 2005 al metrò di  Londra, attribuito a due ragazzi musulmani, ovviamente incastrati (come risulta, tra le altre incongruenze, dal fatto che le foto dimostrano che la bomba, evidentemente posta in precedenza, esplose da sotto la piattaforma della carrozza e non nello zaino lasciato sul pavimento, come affermato dalla polizia),  “è facile da farsi, come abbiamo fatto NOI a  Londra”, per poi esitare e correggersi: “come è stato fatto a  Londra”.
Ora che,.a forza di urlare come carrettieri ubriachi, o come automobilisti romani inferociti dall’inerme pedone, gli sguatteri dell’imperatore hanno perso la voce, è il momento di ragionare sui fatti. Roba invisa e anche proibita agli sguatteri e praticata, a mia conoscenza, dal solo, per me esimio, Angelo d’Orsi, reperto eterodosso di intelligenza e onestà nel “manifesto”, a dispetto delle ripetute volte che ha spillato fuori dal vaso adeguandosi alle frustrazioni sinistre dei bastona-5 stelle. La sua  (l’adesione furbesca ed equivoca di Pannella non conta),  e quella del vignettista Vauro, diseguale fustigatore di infamie padronali (quando non annebbiato dalla vulgata imperiale su “dittatori” e “diritti umani”), sono state, per quanto mi è dato di leggere, le uniche voci che hanno sostenuto le buone ragioni del parlamentare Cinque Stelle Alessandro di Battista, opponendo alla canea dei servi sciocchi, falsari e ignoranti, alcuni metri cubi di razionalismo.
Bravo Di Battista, coraggioso e letale per tutti gli ipocriti sinistri e i predatori della giustizia e della verità annidiati nella “comunità Internazionale”. Nella deprimente storia parlamentare della repubblica di questi decenni il suo intervento sul fenomeno “terrorismo” ha il valore di una deflagrazione politica, di potenza uguale  e di indirizzo contrario a quelle che i criminali contro l’umanità praticano contro popolazioni inermi e contro la verità. Si è visto, nelle aule infestate da corrotti e bugiardi, l’impeto travolgente di un nobile bisonte scaraventarsi contro l’omertà e il servilismo degli sciacalli, rappresentanti spuri di una nazione, legittimati unicamente dal consesso extraparlamentare dei poteri planetari del crimine. Uno sconvolgimento degli assunti imposti e accettati, un vero scandalo epocale, che una canizza di coyote a larghissime intese ha cercato di azzannare e seppellire sotto una discarica di ingiurie, stravolgimenti, falsità. Ma che nessuno potrà più cancellare dagli annali della storia politica, un seme che ha iniziato a germogliare nella coscienza dei tanti finora rimasti alla mercè della contraffazione. La sollecitazione a comprendere le ragioni di chi, dalla Valsusa a Gaza e a Ferguson, si oppone, col “terrorismo”, ai cavalieri dell’apocalisse, con affanno servile fatta passare per “giustificazione” e “complicità”, unitamente alla fin qui  inosabile, inaudita, denuncia del terrorismo di Stato statunitense e israeliano quale radice – e, aggiungo, mandante – di tutti i terrorismi, ha confermato i Cinque Stelle estrema risorsa in parlamento della verità e della giustizia.
Da, ahimè, ormai semisecolare passeggero sui convogli della storia capitalista e imperialista passati sulle schiene curve, o sollevate, di popoli e classi disobbedienti, mi permetto, però, di suggerire all’ottimo vindice di tutti costoro, profondo conoscitore dell’America Latina ma, forse, meno di altri scenari, di allargare la sua percezione di chi è vittima e chi carnefice, ripulendo la sua visione di alcune scorie che, come capita a tutti nella pestilenza della disinformazione, minacciano di alterare la forza della sua verità. Non me ne voglia Alessandro. Me lo dettano affetto e stima, tanto per il parlamentare 5Stelle, quanto per coloro di cui ha rivendicato l’umanità, la dignità e il diritto, con coraggio morale e onestà intellettuale.
 Battaglione ucraino con insegne SS
Sarebbe stato utile, nel trattare il tema “terrorismo”, distinguere tra “terroristi”, quando così vengono qualificati dai terroristi di Stato e mediatici i combattenti per la libertà sotto tiranni, sfruttatori, colonizzati e occupanti, come nel caso dei palestinesi,Tuareg, Taliban, somali di Shabaab, honduregni golpizzati,  russi del Donbass sotto attacco terrorista nazimperialista e tanti altri, fino ai nostri No Tav e No Muos, anche loro “terroristi” nella definizione bipartisan dei vari Lupi, Alfano, Chiamparino. E, sul lato opposto,  terroristi veri dei vari eserciti, contractors, milizie surrogate, del Nuovo Ordine Mondiale, mercenari dell’Impero USraeliano. E qui parliamo di ISIL (oggi IS) e degli identici jihadisti che hanno disintegrato la Libia, la Siria, la Nigeria; dei teppisti che sparano ai chavisti e incendiano università, scuole, quartieri, spacci alimentari dai prezzi  non imposti dalla grande distribuzione. Non si sbagli Di Battista: questa marmaglia sanguinaria, non ha niente di autonomo, è al servizio dell’Impero, responsabile e promotore di tutto il terrorismo mondiale. Stati Canaglia. Il terrorismo è tutto di Stato, come ben si soleva gridare, a dispetto dei già consociati atlantici PCI e DC, fin dai tempi del ’68.  Non c’è attentato terroristico, dall’11 settembre ai successivi, senza neanche voler cercare conferma nella consuetudine storica delle False Flag Usa, tra Pearl Harbour, l’incendio della nave “Maine”  per la guerra contro la Spagna a Cuba, l’operazione Northwoods che prevedeva l’abbattimenti di aerei civili Usa sopra Cuba, che non abbia subito smascheramenti tecnico.scientifici, oltreché logici.
A Di Battista, così attento a individuare i dati reali del confronto mondiale, non dovrebbero sfuggire fonti – e ce ne sono tante e infinitamente più competenti e documentate dei media di regime, destri o “sinistri” che siano – che, a costo di grande impegno e sacrificio analitico ed economico, si sottraggono ai tentacoli del menzognificio occidentale. Magari anche gli organi di comunicazione degli esecrati “Stati Canaglia”, dei “dittatori sanguinari”, sistematicamente da noi occultati o boicottati. Epour cause. Scoprirebbe documentazione inconfutabile sui legami filiali che uniscono le bande di ISIL, oggi fintamente antagonizzate, ai mandanti USraeliani. Come sui loro legami fraterni con i tagliagole che devastano la Siria e che hanno distrutto e insanguinato la Libia, gli stessi, ma allora “rivoluzionari democratici”, pagati e armati a difesa dei “nostri valori”, e con i massacratori Boko Haram che destabilizzano il più grosso boccone petrolifero dell’Africa e che, logicamente, proprio ora hanno dichiarato la loro adesione all’ISIL.
Kiev, oggi: miliziani in tenuta SS in partenza per il Donbass.
 Esecuzione ISIL di civili iracheni.
Apprenderebbero, Di Battista e tanti suoi colleghi meno preparati in geopolitica, ma che sicuramente sene vorranno fare un interesse specifico alla luce del fatto che Renzi e Berlusconi, o Draghi e Juncker, sono i terminali coloniali della cosca delinquenziale che, nel nome della Cupola militar-finanziaria occidentale, opera su altri fronti con terminali come il saudita Abdallah, il qatariota El Thani, il capo della giunta Ucraina, Poroshenko, messo su dal putsch Usa-nazisti, il sionista Netaniahu, il narcotrafficante curdo-iracheno Massud.  E il neo-califfo Abu Bakr al Baghdadi. Di questa gente c’è da comprendere solo che operano sotto comando di Stati Uniti e Israele. Che ora a Washington,  Londra, Tel Aviv, Bruxelles, ci si straccino le vesti sulle atrocità commesse da questi sicari è ipocrisia pura e persegue altri scopi imperialistici.
Tutti sanno, e fingono di dimenticare, che le milizie jihadiste spuntano in Libia contro Gheddafi dal tronco di una antica formazione integralista libica votata al califfato e alla sharìa, capeggiata dall’alqaidista Abdelhakim Belhadj (successivamente installato dalla Nato governatore di Tripoli). Da esso l’intelligence Nato fa fiorire numerosi rami: bande jihadiste da Cecenia, Afghanistan, Tunisia, Marocco, Giordania, Egitto (Fratelli Musulmani). Logistica, armamenti, denaro arrivano dal Golfo, eminentemente dal Qatar e dalla Turchia. La Nato si fa forza aerea e navale di questa soldataglia. La Libia libera e benestante, motore dell’autonomia africana, fattore di equilibrio regionale, esempio di equità sociale, è trasformata in un oceano di sangue in cui imperversano lanzichenecchi di varia denominazione, impegnati a contendersi il bottino. In questi giorni le milizie di Misurata, punta di diamante del jihadismo estremo, a suo tempo coccolate in Occidente, mentre commettevano atrocità affini a quelle dell’ISIL, hanno distrutto e occupato l’aeroporto di Tripoli. Un grande Stato afro-arabo non c’è più. “Caos creativo” all’americana.
La stessa marmaglia di tagliagole arriva in Siria, incaricata di compito analogo, sotto iniziale copertura di manifestazioni pacifiche di rivendicazione. La vulgata occidentale per cui intervenire in Libia era doveroso perché “Gheddafi bombardava la sua gente” (simile a quella sul serbo Milosevic e smentita, oltreché dalla stessa gente, dalle immagini satellitari russe) diventa uno stereotipo in Siria e in Ucraina, dove gli danno corpo cecchini impegnati a sparare sia su dimostranti, sia sulle forze dell’ordine. Cecchini che si riveleranno, anche grazie a intercettazioni telefoniche tra i mandanti, mercenari e specialisti manovrati dall’Occidente. Del trasferimento in Siria di questi soldati di ventura e delle armi si occupa, con assistenza Cia, personalmente l’ambasciatore Usa a Bengasi, Chris Stevens. Verrà fatto fuori da una fazione insoddisfatta.
Nonostante opulente iniezioni di armamenti e milioni di dollari, surrettiziamente da Turchia, Qatar, Kuweit, Emirati e Arabia Saudita, ufficialmente da Washington, Londra, Parigi, motivati essenzialmente da soldo, bottino e stupro, contro un popolo e un esercito impegnati a difendere la patria, l’emancipazione, l’indipendenza, la barbarie jihadista non passa. Alla sconfitta militare si rimedia con il terrorismo degli attentati tra i civili. Ma dopo quasi 4 anni di guerra, la direzione del paese raccoglie ancora il consenso della stragrande maggioranza della popolazione, confermato nel voto referendario e presidenziale riconosciuto corretto dagli osservatori. Occorre un intervento alla libica e, quindi, occorre un pretesto inoppugnabile. Ma lo scherzetto turco-saudita delle armi chimiche, di cui è attribuito l’uso ad Assad, si spappola ancora una volta per merito delle analisi e dei documenti russi e delle testimonianze locali e degli ispettori ONU. Obama deve fermare gli F16. Israele non ottiene più di tanto bombardando occasionalmente, in omaggio al diritto internazionale dei pirati, obiettivi militari siriani, ma dimostra la sua affezione per le milizie terroriste, fornendo armi e curandone centinaia di feriti in ospedali sul Golan e a Tel Aviv.
 Abu Bakr Al Baghdadi uno e due.
Tocca all’Iraq, destinato alla distruzione in quanto grande, potente e ricco antagonista dell’Occidente e di Israele, mediante la tripartizione prevista da un progetto storico elaborato in Israele dal consigliere geopolitico del governo Oded Yinon nel 1982 e ripreso dagli Usraeliani all’atto delle due guerre d’aggressione 1991 e 2003. Entra in scena Abu Bakr al Baghdadi, capo del califfato in Iraq e nel Levante (ISIL). Una formazione creata per alimentare il famigerato “scontro di civiltà”, teoria alla base dell’imperialismo attuale, e rispolverare in Occidente la psicosi “mamma, i mori!”, pista di lancio di crociate e colonialismi. E’ significativo il fatto che mentre questi supposti fanatici islamici giurano di riprendere agli infedelissimi ebrei Gerusalemme e di marciare addirittura su Roma, neanche un dito mignolo hanno mosso in difesa dei fratelli arabi e musulmani sterminati a Gaza…..
 
Gli obiettivi sono nell’ordine: 1) consolidare lo squartamento della nazione, fin lì osteggiato da un governo centrale  passato dall’obbedienza agli Usa a quella all’Iran. A sud gli sciti, a nord-ovest i sunniti, a nord-est i curdi. 2) Istituzionalizzare anche a livello internazionale uno Stato curdo indipendente (e la fornitura di armi occidentali al compare capoclan e contrabbandiere, Massud Barzani, da sempre agente di Cia e Mossad, serve allo scopo) che, impadronitosi della non-curda Kirkuk, garantisca il flusso di idrocarburi da quei giacimenti a Israele e alle compagnie occidentali, fuori dal controllo di Baghdad. 3) Controllare il rubinetto del petrolio di uno dei più ricchi giacimenti del mondo allo scopo di condizionarne il flusso verso alleati e sudditi potenzialmente concorrenti, in primis l’Europa. 4) Ottenere da un’opinione pubblica occidentale sconvolta dagli orrori commessi dall’ISIL contro le minoranze, soprattutto di correligionari cristiani, il via libera all’intervento militare Usa e Nato, necessitato dalla resistenza siriana e fin qui impedito dai veti di Russia e Cina e dal fallimento delle bufale False Flag organizzate dai servizi occidentali (pari a quella dell’aereo malese MH17 abbattuto sul Donbass e dimostrato dai russi operazione di Kiev, tanto che non se ne parla proprio più) . 5) Rilanciare alla grande, sempre attraverso le atrocità compiute dagli islamisti in Iraq, la demonizzazione dell’Islam tutto come fonte di ogni male, ulteriormente drammatizzata dalla presenza di migliaia di jihadisti di origine europea e statunitense, al fine di giustificare guerra dopo guerra e di stringere il cappio del totalitarismo su società occidentali da annientare sul piano economico, sociale, politico: “il nemico è nella casa accanto!”. Dunque, emergenza e altri misure liberticide; 6)  la messa in scena della decapitazione del giornalista Foley (orchestrata come quella del giovane statunitense Nick Berg in Iraq nel 2013: in entrambi i casi gli esperti hanno constatato la mancanza di sangue nel taglio, Berg era già morto al momento della decapitazione, le dichiarazioni erano recitate come da copione, oltre ad altre manipolazioni). La decapitazione al culmine delle mostruose efferatezze ISIL, per mano di un cittadino britannico che dà corpo alla paura del “nemico interno” e si aggiunge alle centinaia di “nemici interni” europei tra le fila degli scannatori, è la pistola fumante per far entrare in Siria finalmente le forze armate Usa e Nato, con il pretesto di arginare i jihadisti, ma con lo scopo vero di farla finita con la Siria e con Assad. 7) Effetto collaterale delle carneficine in Iraq: incrementare a livelli iperbolici l’invasione di migranti in un’Europa da debilitare economicamente  e destabilizzare socialmente.
Naturalmente è del tutto casuale che l’immane carneficina irachena abbia distolto gran parte dell’attenzione dal genocidio in atto a Gaza che stava facendo divampare di revulsione e indignazione un’opinione pubblica mondiale, minacciando di privare Israele di  molte complicità e passività. O vogliamo aggiungere un paragrafo 8?
 Decapitatori del mondo civile
Si può sospettare una divaricazione tattica nella conquista del controllo sulle risorse energetiche del Medioriente, tra, da un lato, Arabia Saudita e il pilastro Nato Turchia, principali fornitori di quei denari e di quei mezzi che hanno promosso una banda di lanzichenecchi sbrindellati in forza armata organizzata, pari a quella di un potente Stato, e, dall’altro, il trinomio USA-UE-Israele che ha qualche difficoltà d’immagine con califfati oscurantisti, ma saprà a suo tempo sostituirli con despoti verniciati di democrazia. Ma alla fine prevale la coesione strategica per la riorganizzazione coloniale e feudalcpitalista del Medioriente tramite la definitiva distruzione di ogni entità nazionale araba unitaria, indipendente, ostacolo al dispiegarsi del Grande Israele, del parallelo neo-impero ottomano e dei saccheggi neoliberisti. Ne sono reciprocamente garanti USA-Israele e i sultani del Golfo. I primi in termini geostrategici, i secondi per il controllo energetico sull’intera regione.
Al Baghdadi e altri comandanti jihadisti complottano con McCain
Avete sentito il rompighiaccio dell’imperialismo bellico obamiano, senatore John McCain, invocare ora un immediato intervento armato contro l’ISIL (ISIL, Stato Islamico in Iraq e nel Levante, mi pare più corretto di ISIS, Stato Islamico in Iraq e Siria, perché quest’ultimo trascura le mire del califfato sunnita sul Libano degli Hezbollah e altre presenze scite). Nella foto qui sopra, scattata qualche tempo prima, vedete il senatore in conciliabolo con nientemeno che il futuro califfo Al Baghdadi, insieme ad altri noti comandanti jihadisti. Siamo in una  località al confine tra Siria e Iraq e, come altre foto rivelano, non si tratta dell’unico incontro tra i due. Al Baghdadi, dopo aver trascorso 4 anni a Guantanamo, è stato liberato e, secondo fonti della stessa intelligence Usa, addestrato militarmente e indottrinato in religione oratoria per compiere la sua missione prima in Siria e poi in Iraq.
Non fossero bastati gli ininterrotti rifornimenti di armi e fondi e l’assistenza delle forze speciali angloamericane alle milizie anti-Assad, nominalmente destinati agli oppositori “moderati” del Libero Esercito Siriano, entità del tutto virtuale, e subito arrivati agli integralisti, dove dovevano arrivare; non bastassero i finanziamenti sauditi all’ISIL, mai smentiti da Riad; non fosse sufficiente il fatto comprovato che la Turchia del Fratello Musulmano Erdogan costituisce, insieme alla Giordania dei centri di addestramento gestiti dai Marines, la profondità strategica dell’ISIL le sue retrovie, le linee di rifornimento, le basi di addestramento, questa prova del connubio USA-ISIL disintegra ogni teorema circa una campagna jihadista fuori dal controllo USraeliano e, anzi, diretta contro l’Occidente.
Al Baghdadi “integralista islamico”
Sono convinto che Alessandro Di Battista non faticherà a convincersi di quanto sopra e ad aggiornare, con le opportune distinzioni, il suo quadro del “terrorista” antimperialista da comprendere e difendere e del terrorista mercenario imperialista da denunciare. Ma nel saggio del parlamentare 5Stelle vi sono alcune affermazioni, riprese, non so con quanta circospezione, dalle interpretazioni fiorite in Occidente, con tragica unanimità destra-“sinistra”, sull’Iraq, su Saddam, in genere su leader non in sintonia con i progetti di governi, banche e multinazionali, tutti accomunati nell’anatema “dittatori sanguinari” da cui i loro popoli devono essere liberati.
Ne parlerò dopo. Ma prima vorrei mettere in discussione anche un altro punto forte delle argomentazioni di Di Battista: La denuncia dell’accordo Sykes-Picot e degli altri trattati delle potenze coloniali che ridisegnarono il mondo arabo secondo linee arbitrarie che dettero vita a Stati-Nazione innaturali comprendenti varie realtà etniche e confessionali. “Non sta scritto da nessuna parte che popolazioni diverse debbano vivere sotto la stessa bandiera” scrive Alessandro. Così contraddice un principio che contraddistingue la modernità, per la quale diversità progrediscono quando accomunate da un progetto politico, sociale, culturale, economico, condiviso. Difficile, anche in Occidente, trovare oggi una nazione che non comprenda proprio quelle diversità. Separarle, frantumarle, non sembra all’ordine del giorno e, quando ricercata, corrisponde inevitabilmente al disegno imperiale in atto della frantumazione in piccole, insignificanti, deboli entità, di un insieme che, come tale, costituisce un più forte ostacolo all’avanzata della superpotenza. Pensiamo al Regno Unito, con le sue quattro nazionalità, alla Jugoslavia, formidabile interlocutore geopolitico quando unita e mosaico di staterelli senza voce in capitolo e senza voce economica, politica, militare. Non c’è nazione europea che non comprenda in sé le stesse diversità di religione, etnia, tradizione, dei paesi frantumati del Medioriente. O ritiene, Di Battista, che il Risorgimento, unendo celti, romani, etruschi, arabi, occitani, germani d’Italia in un’unica nazione, sia stato un’operazione regressiva e non ci abbia fatto uscire da una servitù millenaria? E che dar retta ai Bossi e ai Salvini sia progressivo e ci garantisca meglio contro le prepotenze e gli appetiti delle potenze?
Ma ci sono ragioni ancora più valide per impedire che progetti di disarticolazione nazionale del mondo arabo, come quello citato del sionista Oded Yinon, o quella antichissimo Usa, oggi in pieno dispiegamento, vadano a sottoporre al dominio di quello che è un indiscutibile Stato-Nazione, di afroamericani, irlandesi, tedeschi, italiani, latinos, protestanti, cattolici, ebrei, gli Usa, un Nuovo Ordine Mondiale di paesi triturati e, dunque, in perenne, debilitante, conflitto tra i suoi vari pezzi. Una ragione è lo spianamento all’orda imperialista di paesuccoli incapaci di resistenza e di autonomia. Un’altra, decisiva, è la stessa volontà dei popoli, unificati, non solo da Sykes Picot e conferenze varie di Berlino, ma da un retroterra storico comune, come è, tra gli altri, quello dell’Iraq dei sumeri, assirobabilonesi, abbassidi e dello stesso dominio ottomano.e poi britannico.
Caro Alessandro, la tua sete di giustizia e verità viene adulterata dall’assunzione acritica delle vulgata irachena come raccontataci dai complici della distruzione di quel paese e supinamente ripetuta da pigri e opportunisti “sinistri”. Vorrei che fossi venuto con me in quella parte del mondo che la lotta contro i colonizzatori ha cementato in grandi e rivoluzionarie nazioni, proprio per questo oggi sottoposte a squartamento da parte degli antichi conquistatori. Nel 1966, quando per Paese Sera seguii la Guerra dei Sei Giorni, inizio del progetto Yinon, ai successivi viaggi nell’Egitto di Nasser (copti e musulmani, africani e arabi), nel Sudan di Nimeiry (africani, arabi e tante confessioni), nella Siria (sciti, sunniti, drusi, curdi), nella Libia delle mille tribù, nell’Iraq di Saddam Hussein. Popoli uniti da un voluto destino di emancipazione, socialismo, indipendenza, coesione. Ho molto amato l’Iraq, assiduamente frequentato dal 1977 a oggi, baluardo principale dell’unità araba, dell’antimperialismo e dell’antisionismo, tanto temuto dall’Occidente e da Israele dall’averli mossi all’orrenda strage in corso dal 1991.
Era un paese che ai suoi popoli aveva assicurato benessere, dignità, giustizia sociale, autostima. Tanto che nessuno allora si sarebbe sognato di identificarsi e contrapporsi in quanto scita o sunnita, turcomanno o assiro, cristiano a musulmano e i matrimoni interconfessionali e interetnici erano all’ordine del giorno. Un milione di curdi viveva a Baghdad e, nonostante le brighe di Cia e Mossad, nel Kurdistan iracheno solo una minoranza infeudata a un paio di capiclan minava l’unità nazionale con sporadiche rivolte istigate da fuori, da coloro che oggi si sono comprati mezzo Kurdistan e ne succhiano il petrolio che un tempo beneficiava la collettività nazionale tutta. Quella vicenda divenne il massacro di 200mila curdi per mano di Saddam. Una storia raccontata da un’unica parlamentare britannica e da qui assunta, senza prove, a verità indiscutibile.  E non è vero, come si è voluto propagandare, anche per impedire che gli antimperialisti dalle nostre parti solidarizzassero con quell’Iraq sotto assedio, che Saddam fosse” uomo degli americani”. La rivoluzione del 1968, che  lo ha visto protagonista (Al Bakr, nominalmente presidente, era solo una figura di rappresentanza), poneva fine a un regime asservito ai britannici. E’ stato lui il nazionalizzatore del petrolio iracheno, azione che avrebbe determinato la fine sua e del suo popolo. Elementi fondanti di un consenso collettivo, come la sanità, l’istruzione, la distribuzione della ricchezza, le infrastrutture,  la protezione e lo sviluppo delle enormi risorse storiche e culturali, la dignità, sono state opera di Saddam e del partito Baath. Cose che nel Terzo Mondo erano miraggi, che da noi erano date per scontate, prima di essere perdute.
Uomo degli americani? Nella guerra Iraq-Iran, fomentata da revanscisti come Kissinger (“E’ bene che questi due paesi si dissanguino a vicenda”), è stato l’Iran, al quale va tutto il mio rispetto, a ricevere armi da Israele (il ricavato è stato utilizzato dagli Usa per lanciare la Contras contro il Nicaragua, come ben sai). Trovami un solo fotogramma delle migliaia di chilometri di filmati delle due guerra all’Iraq dove si intravveda un’arma, un fucile, una granata statunitensi. In entrambi i casi l’Iraq si è dovuto difendere con obsoleti armamenti sovietici e qualche residuo del mercato internazionale. Poi la famosa “stretta di mano tra Rumsfeld e Saddam”. Peccato che cronisti allora e storici oggi si dimentichino le circostanze in cui una normalissima stretta di mano diplomatica è avvenuta. Fu quando Rumsfeld tentò di ricattare l’Iraq con la promessa di assistenza contro  l’Iran in cambio della riapertura dell’oleodotto Kirkuk-Haifa in Israele (ora riattivato dai curdi del narcotrafficante Barzani). Saddam gli strinse la mano rimandandolo con le pive nel sacco.
Occhio ai risentimenti di  certi “comunisti” allineatisi agli sbranatori dell’Iraq perché “Saddam aveva sterminato i comunisti”. C’è sotto un odio viscerale per chi ha saputo fare meglio e non ha tradito. Ne sapete qualcosa voi, Cinque Stelle. La verità è che, all’atto delle guerra con  l’Iran, il PC iracheno, già al governo di Baghdad insieme a Baath e curdi), su ordine di Brezhnev si schierò con  l’Iran, tradendo il proprio paese, come Mosca tradiva il proprio principale alleato in Medioriente. Non ci fu nessuno sterminio. Molti comunisti entrarono nel Baath, altri andarono in esilio in Siria, alcuni dirigenti furono giustiziati per aver collaborato col nemico. Non ti dice niente, Alessandro, il fatto che tutti i regimi israeliani hanno considerato l’Iraq di Saddam il primo e massimo nemico da distruggere? Che io stesso il 9 aprile 2003, nell’uscire dalla Baghdad occupata dalle forze Usa, viaggiai verso Damasco accanto a un pullmino con  funzionari iracheni che, a governo iracheno crollato, eseguivano l’ultimo ordine di portare aiuti finanziari alle famiglie dei martiri palestinesi?
Il mio Iraq era un paese popolato da genti orgogliose e serene, da donne liberate, da bambini con la sicurezza del futuro. La sua vivacità creativa sul piano culturale, artistico, letterario, ricordava quella di Cuba nei primi decenni della rivoluzione. E Fidel era tra gli amici più stretti di Saddam. Si dirà, con prosopopea euro centrista e parecchio razzista, “ma era una dittatura, come quelle di Nasser, di Gheddafi, di Assad, di Fidel”. E qui opera il tremendo virus della superiorità occidentale, del “fardello dell’uomo bianco” civilizzatore. Lo si osa ripetere addirittura oggi, ai tempi di Ferguson, di Kiev, di Gaza, di Draghi, Juncker e Renzi, di Obama che, con decreto presidenziale, alle sette guerre di sterminio che va conducendo, aggiunge il diritto di ordinare in tutto il mondo assassinii extragiudiziali di “soggetti sospetti”. Non ci si abbassa a considerare contesti storici, sociali, culturali, che, forse, hanno imposto modelli di organizzazione della società alternativi ai nostri perfettissimi ordini democratici. Non si consente ai popoli di fare i propri percorsi nei tempi necessari, magari uscendo da tirannie secolari che hanno impedito la formazione di immaginari e bisogni collettivi in linea con i nostri modelli,. Abbiamo tutti avuto bisogno, da piccoli, di padri della patria, di guide ispirate e capaci. Ci è stato dato il tempo di maturare. Loro non hanno avuto la rivoluzione francese e neppure quella d’ottobre. I loro Voltaire, Machiavelli, Hegel, sono scomparsi alla fine del primo millennio. Dopo averci dato tutto.
Grazie, Di Battista

RAVENNA: METALMECCANICA, LA CRISI NON SI FERMA, PERSI 1500 POSTI DI LAVORO

26 agosto 2014

La crisi nel paese e nella provincia stenta ad allentare la morsa ed è sempre più forte la richiesta che arriva dalle imprese, di terminare l’uso degli ammortizzatori sociali, avviando processi di riorganizzazione aziendale con i conseguenti licenziamenti dei lavoratori considerati in esubero. Una posizione che preoccupa e che vede il netto contrasto della Fiom-Cgil provinciale, che senza mezzi termini dice che di questo passo si avvierà un autunno difficile. Attraverso il suo segretario Milco Cassani, la Fiom chiama in causa le imprese chiedendo a loro di non rinunciare al ruolo di responsabilità sociale. “I dati dell’osservatorio provinciale della Cgil – commenta Cassani – ci dicono che dal 2008 ad oggi ben 677 imprese del settore a livello provinciale, hanno fatto uso di ammortizzatori sociali e che le stesse a distanza di anni dichiarano di avere ridotto gli organici di 1500 persone circa. Una riduzione occupazionale pesante che evidentemente non è bastata, se ancora oggi circa 1000 dipendenti del settore, sono coinvolti da procedure di ammortizzatori sociali. A questi si aggiugano i tanti contratti in somministrazione che una volta arrivati a scadenza non sono piu stati rinnovati. “In queste condizioni siamo comunque riusciti a rinnovare diversi contratti aziendali in realtà significative della nostra provincia, ma in altri casi la scadenza naturale dei contratti si è trasformata per l’impresa, in un’opportunità da cogliere per peggiorare le condizioni dei lavoratori – prosegue il sindacalista -. Altre importanti vertenze ci attendono nei prossimi mesi. Oggi è sempre più frequente la richiesta di sottoscrivere accordi che non sono altro che la rinuncia dei diritti contrattati negli anni. Un modo sbagliato di rispondere ad un problema vero che riguarda la competitività delle imprese, che andrebbe invece ricercata attraverso nuovi investimenti, altrimenti anche i sacrifici dei lavoratori potrebbero essere come si è dimostrato in molti casi, assolutamente inutili”. “Su questo punto la nostra posizione è chiara, ma sarebbe ancora più forte se fosse perseguita da tutte le organizzazioni sindacali – aggiunge Cassani -. Sottoscrivere accordi che anziché unire dividono i lavoratori, non aiuta le imprese e fa un danno al sindacato e alle stesse persone che dovremmo rappresentare. Una maggiore determinazione in questo da parte sindacale, dovrebbe spingere le imprese a ripensare profondamente l’organizzazione e la distribuzione dell’orario di lavoro. Oggi per un lavoratore, uscire dalla propria azienda significa avere buone probabilità di restare disoccupato a lungo, assistito inizialmente dagli ammortizzatori sociali ma poi privo di ogni tutela e messo ai margini della società”.(…)

Leggi tutto su ravennatoday

http://www.crisitaly.org/notizie/ravenna-metalmeccanica-la-crisi-non-si-ferma-persi-1500-posti-di-lavoro/

I suicidi che continuano senza sosta in silenzio

PERUGIA: IMPRENDITORE SI SUICIDA IMPICCANDOSI A UN ALBERO NEI PRESSI DI UN SUPERMERCATO

27 agosto 2014

Un imprenditore di mezza età si è tolto la vita nel pomeriggio di martedì 26 agosto. L’uomo si è impiccato a un albero che sorge in una proprietà privata vicino al parcheggio di un supermercato di Pianello. A scoprire l’accaduto è stata una persona che si era recata nel parcheggio per lasciare l’auto. Il dramma si era consumato da poco ma purtroppo non c’era più niente da fare. Sul posto volanti e medico legale:non sono note le cause del gesto anche se non si esclude una difficoltà economica.(…)

Leggi tutto su corrieredellumbria

http://www.crisitaly.org/notizie/perugia-imprenditore-si-suicida-impiccandosi-a-un-albero-nei-pressi-di-un-supermercato/

SPOLETO: IMPRENDITRICE 54ENNE SI SUICIDA LANCIANDOSI DAL PONTE DELLE TORRI

24 agosto 2014

Aveva 54 anni ed era di Bastia Umbra la donna che nel pomeriggio di sabato 23 agosto si è tolta la vita lanciandosi dal Ponte delle Torri di Spoleto, tristemente noto anche come “ponte dei suicidi”.
La donna, titolare di un’attività situata nel centro storico di Bastia, era molto nota in città e la notizia della sua morte ha sconvolto ulteriormente la città, stremata da un susseguirsi di tragedie che negli ultimi giorni hanno visto morire i due giovani sub e un motociclista di appena 24 anni, deceduto in uno schianto mortale sabato mattina Nessuno avrebbe visto la donna compiere l’estremo gesto. L’allarme è stato lanciato da un passante che ha notato una borsa da donna, lasciata sul bordo del ponte e contenente i documenti. Subito scattate le ricerche, il corpo della vittima è stato ritrovato in breve tempo. Verificata la sua identità, i familiari sono stati avvisati della tragedia.(…)

Leggi tutto su vivereassisi

http://www.crisitaly.org/notizie/spoleto-imprenditrice-54enne-si-suicida-lanciandosi-dal-ponte-delle-torri/

il quarto suicidio a taranto, non in Italia tutta. MAI CHE TOCCASSE AI GIORNALISTI SQUALLIDI SERVI CHE CENSURATE, per loro vite senza valore come vuole il loro padrone

TARANTO: CASSAINTEGRATO 37ENNE SI LANCIA DAL 5° PIANO, È IL QUARTO SUICIDIO IN POCHE SETTIMANE

23 agosto 2014

Taranto è costretta ancora a raccontare una tragica storia. Ancora una volta una persona ha deciso di togliersi la vita. E’ morto in ospedale a seguito delle profonde ferite riportate un uomo di 37 anni che si è lanciato dal balcone della sua abitazione, al quinto piano di un palazzo al civico 88 in via Lazio. Il fatto intorno alle 9.00 di questa mattina. Terribile lo schianto al suolo, l’uomo però all’arrivo dei sanitari del 118 era ancora vivo. E’ stato trasportato al SS Annunziata e sottoposto ad un delicato intervento chirurgico. Le sue lesioni però erano troppo gravi, il trentasettenne è morto a qualche ora di distanza dal ricovero nella struttura sanitaria jonica. Secondo quanto ricostruito e comunicato dagli agenti della Polizia, giunti sul posto, l’uomo non era sposato e lavorava a Modena. Da qualche tempo era stato collocato in cassa integrazione, per questo era tornato a casa dei suoi a Taranto. E proprio i genitori e suo fratello erano presenti in casa al momento della disperata decisione di farla finita. I parenti, secondo quanto trapelato, avrebbero fatto di tutto per riportarlo alla calma, avrebbero anche cercato di bloccarlo fisicamente, tirandolo nell’appartamento una volta che aveva scavalcato la ringhiera del balcone.

Purtroppo non è bastato. In poche settimane è il quarto suicidio che si verifica a Taranto.(…)

Leggi tutto su studio100

http://www.crisitaly.org/notizie/taranto-cassaintegrato-37enne-si-lancia-dal-5-piano-e-il-quarto-suicidio-in-poche-settimane/

Ufficiale: il video della decapitazione è un falso. Per attaccare la Siria?

La parola agli esperti: la decapitazione di James Foley è un probabile falso

Giovedì, un gruppo di esperti forensi britannici è giunto alla conclusione –confermando altre analisi – che il video della decapitazione perpetrata dall’ISIS sulla testa di James Foley è con tutta probabilità una messinscena realizzata “con trucchi fotografici e tecniche di manipolazione post-produzione”.

Il Telegraph riferisce che una società che si occupa di analisi forensi scientifiche e che opera su tutto il territorio britannico per conto delle forze di polizia, è giunta alla conclusione che “l’esecuzione di James Foley è probabile sia una messinscena, con la morte [eventualmente] verificatasi lontano dalle telecamere”.
Gli esperti hanno fatto presente che nonostante il boia di Foley sembri far scorrere la lama per ben sei volte lungo l’area del collo, non si vede fuoriuscire sangue. Il video stesso, di fatto, non mostra nessuna decapitazione. C’è invece un fermo immagine che vuole dare l’idea di mostrare la testa, decapitata, di Foley appoggiata sul corpo.
L’Inquisitr riferisce che “Aymenn al-Tamimi, un amico del ‘pensatoio’ Middle East Forum, fa presente che l’ISIS negli ultimi anni ha enormemente potenziato il livello della propria produzione e non avrebbe grosse difficoltà nell’usare tecniche volte a falsificare una decapitazione. Anche se nel video non riescono a tenerle nascoste; infatti gli analisti sottolineano che nel video, nonostante sei coltellate al collo di James, non si vede nessun sangue e la reazione di Foley sembra assolutamente sconnessa con quanto accade realmente”.
Un aspetto sottolineato anche in altre analisi è quanto Foley si mostri calmo e tranquillo mentre legge le sue dichiarazioni, un comportamento completamente incompatibile con il fatto di stare per essere brutalmente ucciso.
Gli esperti sono anche giunti alla conclusione che un “tremito” nel filmato indichi che Foley abbia letto male una delle frasi e che quindi questa sia stata filmata nuovamente.
L’ovvia domanda che sorge è perché i militanti ISIS, che per la loro barbarie e spietatezza si sono rapidamente guadagnata una reputazione mondiale, non abbiano semplicemente decapitato Foley davanti all’obbiettivo, senza dover artefarre il filmato.
L’unica conclusione logica, che Foley sia poi stato ucciso o meno, è che il video non è stato prodotto o diffuso da veri militanti ISIS ma da agenzie occidentali di intelligence, perché fosse usato come casus belli per un’ulteriore espansione militare in Medio Oriente.
Per anni siamo stati estesamente documentati del fatto che i video propagandistici attribuiti ad Al-Qaeda, Bin Laden e ad altri terroristi erano di fatto realizzati da società che operano per conto del Pentagono e della Central Intelligence Agency.
È anche emersa l’identità della persona che ha “impersonato” il boia: un tal Abdel-Majed Abdel Bary, un ex-rapper proveniente da una ricca famiglia, che se ne è andato da Londra per combattere in Siria. Bary coincide perfettamente con il profilo di un informatore dei servizi di sicurezza britannici.
Il video della decapitazione è stato quindi usato come “manifesto propagandistico” per spingere nuovamente ad un attacco militare USA contro la Siria. Progetto che era saltato lo scorso anno dopo che un supposto attacco con armi chimiche attribuito al governo di Assad era risultato essere, con ogni probabilità, opera dei ribelli appoggiati dall’occidente.
Grazie al video della decapitazione di Foley, fonti ufficiali USA hanno così potuto parlare di “un nuovo contesto” per combattere l’ISIS, tanto che sabato Washington faceva presente l’intenzione di preparare un nuovo attacco militare alla Siria.
Nell’analisi di Infowars.com sono stati messi in evidenza numerosi altri fattori i quali suggeriscono in modo chiaro come il video di James Foley non sia quello che si vuol far credere: mancano altri militanti, cosa che accade invece di regola nei video delle decapitazioni; mancano riferimenti al Corano e mentre viene effettuata la brutale esecuzione non c’è nessuna invocazione ad “Allah Akbar”.
Qui sotto la nostra analisi del video della decapitazione di Foley. Avvisiamo che tale video non contiene nessuna immagine della decapitazione, come di fatto non ve ne era nessuna nel video originario eppure, nonostante ciò, YouTube lo ha parzialmente censurato classificandolo come “offensivo” e bloccandone la visione a chi non sia registrato.

Paul Joseph Watson

http://www.infowars.com/experts-james-foley-beheading-video-likely-fake/

Ancora altri amici che hanno bisogno di noi

 3 cuccioli soli

3 cuccioli abbandonati a salerno

sono cuccioli ed i cuccioli che finiscono nei canili sovraffollati come toccherà a loro finiranno sbranati.
Sono in prov di Salerno, noi umani non possiamo fare niente per queste meravigliose creature???

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=4381344668804&set=pcb.4381348068889&type=1&theater

Adottata e riportata in canile dopo due giorni: cagnolina si dispera nel box

 

 
Marche. Chicca, questo il nome della piccola, non riesce a convincersi: l’illusione di aver finalmente trovato una famiglia è addirittura peggio del quotidiano del canile. Appello dei volontari per il suo cuoricino spezzato
 
adoy
Chicca, la cagnolina in canile nelle Marche
 
Roma, 25 agosto 2014 – Due giorni. Tanto è bastatoperché il meraviglioso progetto di dare asilo ad una cagnolina che ha molto sofferto e vive rinchiusa da tempo svanisse. Due giorni per capire che il generoso fuoco che animava la voglia di ospitare questa creatura si era già spento. Che cosa guidi la mente umana quando fa e poi disfa con la velocità della luce e distrugge quanto ancora non ha iniziato a costruire, sembra impossibile da capire.
 
Ma questo è quanto è avvenuto e Chicca, spinoncina affettuosa di circa 10 anni, adesso si dispera oltre misura. Piange, abbaia, non si da’ pace per aver assaporato la libertà che la vita sin qui le ha negato. Per aver sentito il calore di una casa dove, però, non è stata accolta come avrebbe voluto tanto che gli adottanti, dopo soli due giorni, l’hanno riportata in canile.
 
Lei, buona buona come è sempre stata, ci aveva creduto, sperato. Tanto che oggi il suo dolore è palpabile e concreto. Di lei i volontari dicono solo bene: buonissima, affettuosa, sempre pronta a scodinzolare di gioia per un gesto gentile, una carezza. Questa è sempre stata Chicca, fino a qualche giorno fa, quando una ragazza ha deciso di portarla nella sua casa.Tutto sembrava meraviglioso. E Chicca, come sempre, è stata meravigliosa, perché non hai mai abbaiato, non hai sporcato in casa, non hai fatto nulla di male.Guardava la Tv, l’ha raccontato la ragazza stessa, e ogni tanto girava attorno all’apparecchio per capire da dove venivano le immagini.
 
Ma il sogno è durato solo due giorni, perché senza capirne il motivo l’hanno riportato in canile. Forse hanno pensato che era troppo grande? Forse si sono pentiti della responsabilità che si dovevano assumere? Fatto sta che da quando Chicca è stata riportata in canile, lei non fa che cercare di uscire dal box e si agita e si muove come un’anima in pena.
 
“Ti si spezza il cuore vederla così triste, disperata, perché dopo aver assaporato la vita è stata di nuovorinchiusa in cella e lei sembra chiedersi che cosa ha fatto di male”, raccontano i volontari. Per questa sua disperazione, per questo desiderio rimasto tale di dare e ricevere amore ora Chicca cerca casa con estrema urgenza. L’illusione l’ha annientata e ha bisogno di un’altra occasione, questa volta per sempre. Bisogna fare presto, il suo cuoricino è spezzato e va riparato.
 
Chicca è in un canile delle Marche e per adozioni e/o informazioni ci si può rivolgere a Giovanna 3391197433 che prega di  lasciare un sms con il nome di Chicca e poi penserà lei a ricontattare chi ha scritto.
In alternativa, katia.dog@tiscali.it

Rosa,bimba sfortunata.hai imparato molto presto e sulla tua pelle quanto l’umano può essere malvagio e senza cuore rosa

Ma non sapevi ancora che potesse essere anche ipocrita e scorretto.abbiamo appena appreso che la persona che aveva deciso da tempo per la tua adozione – e per cui non avevamo preso in considerazione altre proposte essendoci stata caldamente raccomandata!!! – ha da poco scelto un cane di razza dalmata.è una questione di mode,probabilmente,il bianco e nero fà più tendenza.ma senza nulla togliere al tuo simile,quanto sei bella, ora che hai recuperato peso ed energie?che dici,meravigliosa creatura,ce la facciamo a trovarti una persona responsabile e coscienziosa che ami te e solo te?x info 3471519705-3356115655
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10202403228511554&set=a.10202351617901321.1073741826.1518524755&type=1&theater

Birillo

 mettiamoci una mano sulla coscienza……..

Laura Filippelli

PATERNO’ CT.
URGENTISSIMO.
BIRILLO IL BEAGLE SCARICATO IN VIA BALATELLE QUALCHE MESE FA, PRESENTA SEGNI E SINTOMI CLINICI.
VI PREGO AIUTATEMI, HO BISOGNO DI UNO STALLO IMMEDIATAMENTE.
SONO DISPERATA……………………….
CONTATTATEMI AL 339 8139953
https://www.facebook.com/277523225627574/photos/a.495979740448587.109137.277523225627574/764648246915067/?type=1&theater

Voglio chiamarti Hatchiko Hatchiko

Marta si prende cura di tanti di loro, aiutiamo lei aiutando loro, se non possiamo adottare o prenderli in stallo, diffondiamo fino a quando non trovano la famiglia
L’annuncio è di giugno ma pultroppo ancora nessuna richiesta
Gallitiello Marta
1 giugno

Voglio chiamarti Hatchiko perchè ti ho incontrato solo ieri,per puro caso,ti ho visto nascosto dietro un guard rail,su una strada a scorrimento veloce e tu sembravi aspettare qualcuno,immagino cosa stessi aspettando..colui che mai più tornerà a riprenderti..dopo che ti ha mollato dietro il guard rail..ma tu stai li’ buono buono,fiducioso………mi sono avvicinata e tu sei stato subito socievole,contento,ti sei lasciato subito accarezzare..e poi ci siamo inoltrati insieme lungo la stradina..per allontanarti da quel ciglio di strada,molto pericoloso per te….ed incredibilmente oggi ho visto che mi aspettavi nell’esatto punto in cui ti ho lasciato ieri,mi ha davvero straziato non portarti con me,se avessi avuto posto..ma ti giuro che ti troverò una casa..e tu sarai di nuovo felice..devi solo tener duro..e non ti deluderò…. per chi volesse aiutarlo,si trova in provincia di salerno,maschio giovane di taglia medio-grande,per info 392/0288913
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=4101409950611&set=a.4101404670479.1073741900.1743810677&type=1&theater

giovane corso corso

Scoppia la coppia e ci si libera del cane!!!!……..giovane corso, cerca casa e persone leali….provincia di salerno 392/0288913

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=4367974654562&set=a.1048575351654.6657.1743810677&type=1&theater

diffondete se non potete adottare o stallare

UKRAINE VS NOVOROSSIYA/ UNE SEULE SOLUTION : DEUX ETATS SEPARES !

Luc MICHEL & Fabrice BEAUR/ En Bref /

Avec Novorossiya Info – AFP – PCN-SPO/ 2014 08 27/

LM.NET - EN BREF 2 états après l'ukraine (2014 08 27) FR

“Nous ne pouvons pas parler d’un cessez-le-feu, de possibles accords entre Kiev, Donetsk et Lougansk. Ce n’est pas notre affaire. C’est une affaire interne à l’Ukraine”

– Vladimir Poutine, ce 27 août.

 La fédéralisation de l’Ukraine, dont Kiev et l’UE ne voulaient pas en février dernier, mais qui les intéresse maintenant vu la défaite de la Junte de Kiev qui s’annonce à l’Est, c’est trop tard. Ca c’était avant. Avant la sale guerre faite par Kiev au peuple de la Novorossiya.

 Le leadership politique de la DNR refuse toute solution fédérative avec Kiev et déclare n’accepter dorénavant que la solution de deux états séparés : “nous ne voulons plus ni d’une Ukraine fédérale ni de l’Ukraine elle-même”.

Porochenko peut aller discuter (et mentir et renier ses promesses, ce qu’il fait très bien depuis des mois) à Minsk ou ailleurs, avec Poutine, Merkel ou le diable.

C’est l’Armée du Donbass qui décide. Sur le champs de bataille.

 Et il est fort à parier que la Novorossiya ne va pas s’arrêter à la République populaire du Donbass et de Lugansk.

Comme vient de le déclarer l’ex-“gouverneur populaire” du Donbass et leader de la première insurrection en Mars dernier, Paul Gubarev, leader du “Parti Novorossiya”, “Notre victoire va annoncer l’avènement des républiques populaires de Kharkov, de Zaporizhzhya, de Dnipropetrovsk, d’Odessa, de Kherson et de Mykolaïv.”

 Un vent de liberté souffle à nouveau sur les terres libérées il y a deux siècles par la Grande Catherine.La Novorossya revit !

 Luc MICHEL & Fabrice BEAUR

_________________________

Luc MICHEL /

PROFIL Facebook  https://www.facebook.com/luc.michel.505

Twitter  https://twitter.com/LucMichelPCN

PAGE OFFICIELLE Facebook  https://www.facebook.com/Pcn.luc.Michel

Website  http://www.lucmichel.net/