Teste decapitate

disgusta pubblicare questa foto….ma visto che i nuovi crociati stanno postando a raffica teste mozzate a dimostrazione di quanto siano bestiali altre “razze” e “religioni”, a puro scopo di distrazione dai veri interessi e dai veri mandanti nonchè a imbarbarimento ulteriore dell’intera specie umana , allora questi siamo anche noi : “i cattolici”, “i civilizzati” . Vediamo di tenerlo presente 
(soldati inglesi e francesi – 1950)

FRANCE2 DECOUVRE LA SALE GUERRE DE LA JUNTE DE KIEV AU DONBASS

PCN-TV avec France2 – PCN-SPO / 2014 08 23/PCN-TV - france2 et la sale guerre de kiev (2014 08 23) FR

Au moment où Merkel et Porochenko échangent sourires et fleurs à Kiev,

Au moment où chaque heure les médias de l’OTAN, AFP en tête, désinforment sur la sale guerre de Kiev au Donbass et ses crimes de guerre (l’AFP osant même dire que l’origine des tirs à l’arme lourde qui frappent les civiles « n’est pas sûre » et que « les séparatistes » sont peut-être responsable – sic),

La télévision FRANCE2 découvre les « bombardements incessants, jour et nuit » des forces de la Junte de Kiev, les morts parmi les civils du Donbass et l’action humanitaire de l’Armée de la DNR (Donetsk).

 Et aussi que l’offensive de Kiev est un échec et que l’Armée du Donbass reprend ses villes (alors que l’AFP annonce encore ce samedi « Kiev proche de la victoire » – resic) …

Kiev coupable ! Washington, Bruxelles et Berlin complices !!!

 # Video sur :

https://fr.news.yahoo.com/video/dans-l-39-est-l-190147468.html

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ALTERNATIVE INFO/ WEEKLY NEWS FROM ‘RT’ (2014 08 17)

PCN-TV with RT – PCN-SPO/ 2014 08 17/

The Russian TV channel ‘RT’ news – former ‘Russia Today’ – for an alternative information to the dual language, double standards, lies and propaganda of the NATO’s medias …

PCN-TV - RT WEEKLY news (2014 08 17) ENGL

Video on:

https://vimeo.com/104195093

 MAIN TOPICS OF THE WEEK:

RT News – August 17, 2014/

A Russian humanitarian convoy is finally given the go ahead to enter Ukraine – after being stalled on the border for 3 days with tonnes of goods for strugglying civilians in the Eastern regions.

Violence escalates in the U.S. town of Ferguson where protesters defy a curfew imposed following nights of heavy protests over the police killing of an unarmed black teenager and outrage at a crack down on peaceful rallies.

As the U.S. pours more weapons into the Iraqi conflict, supporting the plight of the Kurdish fighters against Islamic militants – we look at what Washington is trying to achieve.

PCN-TV / PCN-SPO

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LUC MICHEL SUR ‘LA VOIX DELA RUSSIE’ : EBOLA, SIDA ET BUSINESS PHARMACEUTIQUE OCCIDENTAL

L’interview qui brise les tabous … 

PCN-SPO avec La Voix de la Russie/ 2014 08 23/ 

PCN-SPO - LM sur LVDLR ebola et business pharmaceutique (2014 08 23) FR

Interview de Luc MICHEL, ce 23 août 2014, par le journaliste Igor YAZON pour le programme hebdomadaire « Gros plan sur le Maghreb : le panorama de la semaine » des Services Afrique de la Radio LA VOIX DE LA RUSSIE.

 Interview sur la Thématique centrale :

EBOLA – SIDA – INDUSTRIE PHARMACEUTIQUE – BUSINESS DE LA MISERE – DOUBLE MORALE OCCIDENTALE – ARMES BIOLOGIQUES – ARMES BIOGENETIQUES – HORREUR OCCIDENTALE – EGOISME AMERICAIN – OBAMA ET L’AFRIQUE – ORDRE MORAL OCCIDENTAL …

 # Article de Igor YAZON sur LA VOIX DELA RUSSIE

et INTERVIEW AUDIO en podcast de Luc MICHEL sur :

« LA FIEVRE EBOLA ET LE BUSINESS PHARMACEUTIQUE MONDIAL »

http://french.ruvr.ru/radio_broadcast/5646896/276310080/

 Extrait de l’analyse de ‘La Voix de la Russie’ :

« Le premier homme ayant su se remettre de la fièvre Ebola : le médecin américain Kent Brantly ayant attrapé le virus au Libéria a été présenté avec pompe aux Etats-Unis. D’après les statistiques de l’OMS, il est le seul à guérir sur 2240 infectés par le virus en Sierra Leone, en Guinée, au Nigéria et dans plusieurs autres pays. Personne ne saurait prédire leur sort ni celui des gens menacés du virus Ebola. Le responsable de l’ONG « Médecins sans frontières Brice De La Vigne cité par le journal britannique « The Guardian » a déclaré que la communauté mondiale n’avait pas réagi à la dissémination du virus en Afrique de l’Ouest. Selon Brice De La Vigne, les leaders occidentaux se soucient de la sécurité de leurs Etats plutôt que du concours à l’Afrique. Il existe d’autres acteurs dans la tragédie : le business pharmaceutique international. Le géopoliticien belge Luc Michel, administrateur-général de l’ONG « Observation eurasienne pour la démocratie et les élections » (EODE), animateur d’EODE-TV & AFRIQUE MEDIA, envisage cet aspect dans une interview accordée par téléphone de Bruxelles  … »

 PCN-SPO

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http://www.scoop.it/t/pcn-spo

http://www.lucmichel.net/

Bambino israeliano ucciso, Netanyahu: vendicheremo la sua morte + Striscia di Gaza, Israele continua a bombardare. 2090 morti in 50 giorni

2mila morti non bastano?
Bambino israeliano ucciso, Netanyahu: vendicheremo la sua morte.

News – 23/8/2014

Gaza. Venerdì 22 agosto, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha giurato di vendicarsi contro Hamas, dopo che mortai hanno ucciso un bambino israeliano.
“Hamas pagherà un prezzo pesante per il suo attacco”, ha dichiarato il criminale di guerra Netanyahu, che ha già assassinato oltre 2000 palestinesi in due mesi di bombardamenti.
Il portavoce del primo ministro, Ofir Gendelman, ha riferito quanto Netanyahu ha scritto sul Twitter, e ha aggiunto che l’esercito israeliano e lo Shin Bet, l’Intelligence interna, “intensificheranno le operazioni contro Hamas fino a che gli obiettivi di ‘Protective Edge’ saranno raggiunti”.
http://www.infopal.it/bambino-israeliano-ucciso-netanyahu-vendicheremo-la-sua-morte/

Striscia di Gaza, Israele continua a bombardare. 2090 morti in 50 giorni

Evidenza – 22/8/2014
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Gaza-InfoPal. Giovedì 21 agosto, 38 palestinesi sono stati uccisi dai bombardamenti israeliani contro la Striscia di Gaza.
Il bilancio di quasi due mesi di aggressioni israeliane sale dunque a circa 2.090 morti e a10.500 feriti, di cui oltre 200 negli ultimi due giorni.
Settimane di negoziati indiretti, e mediati dall’Egitto, tra palestinesi e israeliani hanno portato soltanto a fragili tregue di cui Israele ha approfittato per farsi rifornire di armi dagli Usa, far riposare i soldati e richiamare i riservisti.
Gli obiettivi del genocidio di Gaza
Gli obiettivi di Israele nell’operazione “Protective Edge” sono sempre gli stessi: attaccare Hamas; distruggere il governo di coalizione nazionale palestinese faticosamente costruito dopo anni di conflitto interno e ogni possibilità di negoziato che conduca alla creazione di uno stato su territori-bantustan; continuare a controllare le i giacimenti di gas al largo delle coste di Gaza, cioè le fonti energetiche ed economiche del popolo di Palestina; utilizzare lo stock di armamenti che riceve dagli Usa e dall’Europa (le armi acquistate vanno usate, anche per far “girare” il mercato bellico); distruggere il tessuto sociale palestinese, uccidendo quante più persone possibile, ferendone a migliaia e rendendole invalide e orfane, con enormi costi umani e sociali.
Secondo i dati forniti dal Coordinamento degli Affari umanitari dell’Onu, giovedì, 435 mila palestinesi si sono rifugiati nelle strutture delle Nazioni Unite. 100 mila sono attualmentesenza tetto, in quanto i bombardamenti israeliani hanno distrutto le loro abitazioni.
L’UNOCHA ha affermato che dei circa 3000 bambini feriti in oltre cinque settimane di bombardamenti, 1000 sono diventati disabili, 1500 orfani (con uno o entrambi genitori uccisi dagli attacchi israeliani), 373 mila bisognosi di aiuto psicologico specialistico.
Ovviamente, visto che le aggressioni israeliane continuano, tali dati sono soggetti a notevole alterazione.
Nel frattempo, l’hasbara israeliana lavora intensamente per manipolare le informazioni, facendo credere che la fine della tregua sia stata provocata dai razzi palestinesi, quando ciò non corrispondente al vero: è Israele che ha ripreso i bombardamenti e la resistenza, in risposta, il lancio di razzi.
Lo stato sionista, infatti, non ha accettato le richieste palestinesi e ha ritirato la propria delegazione dai colloqui in corso al Cairo.

Il presidente Hollande riconosce che la Francia ha armato le milizie anti siriane che collaboravano strettamente con i terroristi dell’ISIS

i politically correct moralmente superiori….l’ altro mito divino come Obama….quello che doveva essere tanto diverso e segnare la svolta 

di Eretz Zen
 
Il leader francese Hollande ha rilasciato dichiarazioni lo scorso Giovedi, riconoscendo che il governo di Parigi ha fornito le armi ai terroristi Takfiri in Siria“qualche  mese fa,” ed ha inoltre sottolineato che, secondo lui, “Non dobbiamo smettere di sostenere i militanti anti-Damasco”.
Hollande , nel corso dell’intervista, ha anche invitato gli altri paesi, a partire da Stati Uniti ed Unione Europea ad aderire alla campagna e ha sostenuto che la Francia non può “fare da sola”.
In un’intervista con il giornale francese Le Monde dello stesso giorno, pubblicato successivamente, il presidente francese ha detto che la comunità internazionale deve assumersi una “grande responsabilità” per quanto riguarda le turbolenze in Siria, che si sono anche riversate nel vicino Iraq.
Egli ha anche detto che i militanti Takfiri dell’ISIL non sarebbero mai apparsi come un esercito se la crisi in Siria fosse stata messa a termine, aggiungendo che gli altri miliziani armati che operano nel paese “meritano tutto il nostro sostegno.”
La Francia è stata tra le maggiori potenze sostenitrici degli estremisti Takfiri operanti in Siria per rovesciare il governo del presidente siriano Bashar al-Assad dal marzo 2011.
Nel mese di gennaio, Hollande aveva dichiarato   che circa 700 cittadini francesi risulta che abbiano  preso parte alla guerra contro il governo di Damasco, aggiungendo che Parigi deve mettere in guardia i giovani contro l’arruolamento nella rete dei gruppi estremisti nel paese arabo.
Secondo alcune fonti, più di 180.000 persone sono state finora uccise e milioni di altre persone sfollate a causa della violenza alimentata da militanti occidentali-basati in Siria
Eretz Zen diffonde il video che dimostra la connessione tra lo Stato islamico (ISIS) e l’opposizione siriana
 
 
Uno degli uomini chiave degli Stati Uniti in Siria, il “Syrian Army libero” (FSA) Col. Abdel Jabbar al-Okaidi, che operavano per lo più nella zona della Grande Aleppo, dichiara che era abituato  ad una comunicazione quotidiana e alla collaborazione con i gruppi jihadisti estremisti dello “Stato islamico in Iraq e Levante “(ISIL) e il ramo ufficiale di al-Qaeda in Siria, Jabhat al-Nusra. Egli si riferisce a questi  combattenti come” fratelli”.  In un filmato dopo la cattura del ribelle Menagh, nella base aerea militare, lo stesso era anche apparso in piedi accanto a un jihadista egiziano dell’ ISIL, Abu Jandal, mentre lui e il suo gruppo lo ringraziavano per il suo contributo. E’ risaputo che gli Stati Uniti hanno inviato aiuti militare ad al-Okaidi ed agli altri del FSA durante l’ultimo paio di anni.
 
Nota:
 
Questi sono i leaders occidentali che adesso lanciano l’allarme  circa l’aggressione e le atrocità commesse dagli estremisti islamici dell’ISIL in Iraq, sono gli stessi che da circa tre anni hanno armato e sostenuto i vari movimenti estremisti takfiri dei miliziani che combattevano in Siria per rovesciare il governo di Basahar al-Assad.  Sono  gli Hollande, i Cameron, assieme a Barak Obama, gli stessi  che adesso si ergono a “paladini” nella lotta ai “barbari islamisti”. Qualcuno può dare ancora credibilità a simili personaggi?
 
Fonte: Le Monde                  Syrian Free Press

FMI: L’ABUSIVO VORACE CHE COMANDA IN EUROPA

Lunedì scorso il governo ha definitivamente smentito l’eventualità che vi sia in corso una trattativa con la “Troika europea” per rinegoziare i vincoli di bilancio dell’Italia. La solenne dichiarazione secondo cui “il governo rispetterà gli impegni europei”, è stata immediatamente tradotta nel suo significato effettivo, e cioè che in autunno vi sarà l’ennesima “manovra correttiva sui conti pubblici”. Per fare cassa non si parla solo di prelievi sulle pensioni e di blocchi degli stipendi degli statali, ma anche delle vendite di patrimoni pubblici. L’esperienza passata ha dimostrato che queste “vendite” ai privati non risultano remunerative, anzi, comportano spese aggiuntive per le operazioni finanziarie annesse, quindi con il “fare cassa” non c’entrano nulla; con il lobbying delle privatizzazioni invece sì. I soldi veri perciò verranno cercati ancora una volta nelle tasche dei cittadini.
Alcuni commentatori hanno espresso perplessità sulla capacità di Renzi di sfidare l’impopolarità che tali misure comporterebbero, e quindi si pronostica una prossima fine del feeling dello stesso Renzi con l’opinione pubblica, con rischi per la tenuta del governo. In realtà che Renzi sia – o sia stato – davvero così popolare, sarebbe tutto da dimostrare. L’artificiosità posticcia del personaggio, e dell’alone mediatico che lo circonda, sono talmente evidenti, che possono sfuggire solo a chi rimanga ostinatamente attaccato agli scampoli del mito della democrazia occidentale, per il quale il consenso delle masse avrebbe in qualche modo a che fare con la tenuta dei governi.
Intanto è arrivata ai primi di agosto la notizia che la recessione investe ormai anche la “virtuosa” Germania. Un meno 0,2 del PIL può sembrare poco, ma è moltissimo se si considera la condizione di privilegio commerciale che la moneta unica assicura alla Germania.
Nell’agosto dell’anno scorso, in clima praticamente già pre-elettorale, era arrivata invece la “notizia” che l’Eurozona poteva considerarsi fuori della recessione. I conduttori dei talk-show, come Giovanni Floris, poterono così esibire dati ufficiali atti a diffondere un’immagine efficientistica e vincente della Troika.
Ma nello stesso periodo, proprio il principale esponente della Troika, il Fondo Monetario Internazionale, forniva ai media mondiali un’immagine del tutto diversa sul futuro dell’Eurozona, nella quale non si prevedeva alcuna ripresa, con ovvi effetti negativi su tutta l’economia globale. Bisognerebbe poi vedere se da parte del FMI si trattava davvero di una “previsione”, oppure di una direttiva esterna. Il debito pubblico degli Stati non può diminuire senza una ripresa dell’economia, e quindi del prelievo fiscale; ma che vantaggio otterrebbe la finanza globale da una diminuzione del debito pubblico? Nessuno, appunto. Le cose perciò devono continuare così.
Il principale esponente della “Troika europea”, il FMI, non ha nulla di europeo, se non la nazionalità del suo direttore generale, visto che la sua sede principale è a Washington. Ai cittadini europei non è stato ancora spiegato cosa ci faccia il FMI nella “Troika”, anzi la maggioranza di loro non lo sa neppure, per cui il suo immaginario si ferma ad una nebulosa detta “Europa”, che ci “chiede” (ordina) delle cose. Tutte le istituzioni europee si comportano da agenzie del lobbying finanziario; ma la principale agenzia mondiale del lobbying finanziario rimane il FMI, che però non può vantare alcuno status di istituzione europea.
La “cessione unilaterale di sovranità”, così spesso auspicata, in base al diritto internazionale, ha un nome più preciso: colonialismo. Che questo colonialismo in Europa venga inoltre esercitato da un intruso come il FMI, non trova alcun appiglio giuridico, neppure nel famigerato Trattato di Lisbona del 2008, che dovrebbe svolgere le funzioni di “Costituzione” europea. La mostruosità giuridica non turba i sonni dei cultori dello Stato di Diritto, presunta creatura e prerogativa della “Civiltà Occidentale”.
Alcuni si aspettavano che l’istituzione nel 2012 del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità), una sorta di Fondo Monetario Europeo, comportasse il cedere il passo ed il posto da parte del FMI a questo nuovo soggetto. Quanto a “mens rea”, gli esponenti del MES non hanno nulla da invidiare a quelli del FMI, visto che si sono cautelati con una immunità giudiziaria preventiva. Eppure non solo il FMI mantiene il suo ruolo nella Troika, ma il MES nel suo statuto ha persino dichiarato esplicitamente – ed illegittimamente – la sua dipendenza dallo stesso FMI, cioè da un’istituzione esterna all’Unione Europea. L’euroscetticismo è davvero poca cosa se confrontato con la realtà, che ci mostra un’Europa colonizzata, dominata da un “papa straniero”, ancora più abusivo di quello che risiede in Vaticano.
Dal punto di vista ideologico, il dominio del FMI presenta risvolti interessanti. L’ideologia è certamente sopravvalutata come movente dell’agire, ma rappresenta altrettanto sicuramente un fattore determinante nel confondere e disgregare le opposizioni. La formula storica e fondamentale del FMI-pensiero consiste nell’accusare ciascun Paese di “aver vissuto al di sopra dei propri mezzi”. Si tratta di uno slogan che il FMI adotta instancabilmente dal 1946, e che fu reso popolare anche in Italia negli anni ’70 da Ugo La Malfa. Letto da “sinistra” questo slogan può essere interpretato anche come una denuncia di eccessi di corruzione ed evasione fiscale, perciò conduce di solito alla conclusione della necessità di una “distribuzione equa dei sacrifici”.
L’espressione “distribuzione equa dei sacrifici” costituisce un ossimoro, una contraddizione in termini, poiché il sacrificio è, per definizione, un atto di sacra iniquità; consiste infatti nello scaricare tutte le colpe su di un capro espiatorio. Il progresso civile non è mai riuscito a scardinare il nucleo arcaico e tribale che sta al fondo dell’opinione pubblica, perciò l’ideologia dominante non deve fare altro che farvi appello per indurre anche le opposizioni a collaborare con il dominio. La discussione infatti verte sempre sul chi debba sacrificarsi, e non ci si domanda mai se il sacrificio sia necessario o meno. Le emergenze che vengono prospettate sono sempre accolte come dati di fatto, in modo da incatenarsi da soli ad un sedicente “senso di responsabilità”, che si risolve in effetti in mera credulità superstiziosa.
Ma se proprio si deve sacrificare qualcuno, perchè non sacrificare il FMI? Tagliare la quota di partecipazione dell’Italia al FMI, già sarebbe una bella spending review. Nell’ultimo G-20 l’onere delle quote di partecipazione al FMI è stato addirittura raddoppiato, per cui oggi il FMI si gestisce qualcosa come settecentocinquanta miliardi di dollari.
Magari si potrebbe continuare tagliando le quote di partecipazione dell’Italia al MES (centoventicinque miliardi di euro!), alla NATO, all’OCSE, eccetera. Del sempre più vorace parassitismo delle organizzazioni internazionali, infatti non si parla mai.

La crisi: come vanno le cose?

E’ troppo tempo che, assorbito dalle polemiche politiche interne, trascuro di scrivere sull’andamento della crisi e sulle sue prospettive. E’ il caso di tornare a parlarne, anche perché “la grande bonaccia”, durante la quale essa ha sonnecchiato, sta per finire. Una serie di congiunture (la ripresina americana in larga parte dovuta al gas ed al petrolio di shale, i ripetuti quantitative easing della Fed, cui si è unita la Bce (anche per scongiurare una avanzata troppo forte degli “euroscettici” alle elezioni europee), qualche limitato successo della Abenomics in Giappone ecc…) hanno creato una pausa che ormai dura dalla metà del 2012 e che ha favorito anche l’Italia. Ma la ripresa, quella vera, è di là da venire: la crisi del debito è sempre presente e le inondazioni di Dollari ed Euro servono come antinfiammatorio, ma non sradicano l’infezione.
D’altro canto i dati occupazionali e dei consumi, non sono affatto incoraggianti, non solo un Europa (dove sono un pianto) ma anche negli Usa: in occasione delle altre crisi, il segnale di fine era dato da un balzo in avanti di 5-6 punti del Pil americano, ora si devono accontentare di dati che stanno sotto il 2.
Ed i segnali negativi sono tornati a farsi vivi: il default argentino è solo il primo sternuto, mentre cova la polmonite brasiliana ed in Cina si avvertono chiaramente i sintomi di una bolla immobiliare prossima allo scoppio. La Russia è alle prese con l’embargo euro americano ed anche in India si avvertono segni di affanno: signora mia, neanche i Bric sono più quelli di una volta!
Questa crisi ha avuto due tempi: la fase del debito bancario prevalentemente americano, poi la fase del debito pubblico europeo. Ora tutto lascia presagire che stiamo alla vigilia di un terzo tempo: la crisi dei Brics in gran parte indotta dalla caduta della domanda europea ed, in parte, americana.
La domanda aggregata mondiale ha subito un rilassamento che ha colpito in primo luogo le materie prime e dopo i manufatti, di questo hanno risentito soprattutto Brasile e Russia su cui grava anche il dterioramento dei rapporti con l’eurozona. Probabilmente in vista di queste nuvole all’orizzonte, i Brics hanno dato vita ad una loro banca alternativa al Fmi, che dovrebbe finanziare la costruzione di infrastrutture di India, Brasile e Russia e nelle quali la parte del leone la farebbero le aziende cinesi. All’interno di questo “Fmi degli emergenti” è stato costituito un fondo per sostenere in paesi in stato di crisi. L’operazione ha un chiaro senso politico: contrastare l’ egemonia americana sul Fmi che ormai non ha più giustificazione sulla base dei concreti rapporti di forza. E sin qui la cosa è da guardare con interesse. Ma ci sono molti dubbi che la cosa possa funzionare oltre un certo limite.
Intanto il fondo di riserva è di soli 100 miliardi di dollari, il che significa che già al primo paese che va in crisi il fondo si prosciuga e, probabilmente, non basta. Per cui è da prevedere che questo possa scatenare la corsa agli aiuti da parte dei paesi in attesa di crisi. Poi, il regolamento della banca riprende l’odiatissima clausola del Fmi che condizione la concessione degli aiuti all’accettazione degli indirizzi di politica economica della banca (ve la vedete l’India o il Brasile che accettano le indicazioni di politica economica suggerite magari dalla Cina?).
Poi il fondo è in dollari ed, in definitiva, questo ribadisce l’egemonia americana sul sistema monetario mondiale. Peraltro non è affatto sicuro che le risorse della banca bastino neppure per i piani di realizzazione delle infrastrutture di tutti i paesi partecipanti all’operazione, per cui l’alternativa potrebbe essere quella di concentrarsi su un solo paese –rimandando gli altri alle calende greche- oppure disperdersi con erogazioni a pioggia. Nel primo caso ci sarebbero serie conseguenze politiche, nel secondo l’efficacia economica dell’intervento sarebbe messa fortemente in discussione.
Ma tutto questo (compresa la debole dotazione del fondo anticrisi e il fatto di non aver scelto una moneta Brics –realisticamente lo yuan-) è la conseguenza di un dato che sta a monte: i Brics sono solo una sigla dietro cui non c’è nessuna unità politica di intenti. E dunque, ciascuno ha scommesso molto limitatamente su questo tavolo.
Dunque, è possibile che questo nuovo fondo mondiale giochi qualche ruolo di contrasto nella crisi che si profila, ma non convince l’ipotesi che sia in grado di affrontarla oltre un certo limite. Ed è facile prevedere che, per l’inestricabile intreccio di relazioni finanziarie mondiali, la voragine che si aprirà in Brasile, in India o Russia, finirà per ripercuotersi anche sull’esausta finanza europea e su quella americana.
Non è detto che assisteremo ad un urto drammatico come nel 2008, per lo meno in tempi particolarmente ravvicinati, magari il Brasile ce la farà a durare sino alle olimpiadi del 2016, oppure la crisi si presenterà ad ondate scaglionate, diluendo il suo impatto sull’economia mondiale, forse l’ennesimo quantitative easing varrà a rallentare il tempo l’urto, quello che è assai probabile è il riattivarsi di un malessere che potrà anche essere diluito, ma che ci porterà di nuovo tutti in recessione. E, questa volta, non ci saranno più i Bric (ed in particolare la Cina) a sostenere la domanda aggregata mondiale, perché anche i Bric sarebbero all’origine della nuova fase di crisi.
Decisamente, questa crisi non è presa sul serio come dovrebbe: se, sinora, non ha avuto l’impatto drammatico del 1929 –grazie alle continue iniezioni di liquidità- è però vero che si avvia a durare già di più di quella. Ormai sono 7 anni di seguito ed i più ottimisti parlano di una ripresa piena fra 4-5 anni, cioè la durata complessiva sarebbe stata di 11-12 anni. Nella grande crisi precedente, dopo 11 anni si era già in guerra.
Soprattutto, se la crisi è stata calmierata sul piano finanziario, mettendoci una toppa volta per volta (ma al prezzo di gonfiare spropositatamente il monte debiti mondiale), dal punto di vista di occupazione e consumi le cose sono andate costantemente peggio sul piano mondiale.
Vedremo cosa accadrà, intanto l’Italia è uno dei paesi più esposti al nuovo clima rigido che si annuncia e c’è di che essere preoccupati, soprattutto constatando l’inadeguatezza di chi si trova al timone del paese.

di Aldo Giannuli – 18/08/2014
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=49146

Salento. No Tav, No Tap, No 275 “Oltre la Festa”

 TG Valle Susa

No Tap, No 275, ma anche No Tav a “Oltre la Festa”, manifestazione organizzzata dal centro sociale di Tiggiano per dire no alle Grandi opere.

di Massimo Bonato

Salento No Tap, ma non solo. Si moltiplicano le proteste per grandi e piccole realtà compromesse o interessate da interventi che la popolazione osteggia. Si moltiplicano quindi le occasioni di incontro, di confronto, di dialogo.
Per la terza volta i No Tav, con Guido Fissore, Tommaso Perino e Mimmo Bruno sono presenti alla manifestazione Oltre la festa, alla sua XII edizione, organizzata dal centro sociale di Tiggiano e dall’associazione “Salento: che fare”.

“Salento, terra di sole mare e vento, lavoro nero e sfruttamento” è il tema della serata, opportunità per parlare di Grandi opere. Tap (Trans-Adriatic Pipeline), Tav, ma anche operazioni meno conosciute che vengono alla ribalta.
È il caso della Statale 275 che collega Maglie a Leuca, interessata da un’ampliamento che la porterebbe ad allargarsi fino a 60 m. Un “mostro” a quattro corsie di 900mila metri quadrati di asfalto che “avrebbe il solo effetto di distruggere per sempre 30.000 ulivi, pajare, liame, 15 km di muretti a secco, tranciando di netto antichi tratturi messapici e romani”. A fronte di un esiguo incremento di traffico estivo, durante i fine settimana.
Il Comitato 275 e la Sirena Salentina si battono per il rispetto del territorio: la statale potrebbe essere raddoppiata soltanto fino a Montesano e gli ultimi 20 km fino a Leuca messi in sicurezza.
“Ma i problemi non vengono mai da soli” spiega Guido Fissore. “Pare che il tracciato debba passare pure sopra discariche abusive di rifiuti tossici lasciati qui da industrie delocalizzate. Così si coprirebbe tutto facilmente”.

I temi dunque si intersecano inestricabilmente. Grandi opere, delocalizzazione delle industrie, nuovo assetto del capitale internazionale, difesa del territorio. Soltanto qui i posti di lavoro andati in fumo per lo smantellamento dell’industria calzaturiera e della lavorazione delle pelli sono stati 20.000. Le stesse industrie che, una volta approfittato dei fondi statali, han lasciato sul terreno i propri liquami e se ne sono andate all’estero.
“Il Salento è diventato una discarica di rifiuti e i salentini sono considerati rifiuti costretti a emigrare” sottolinea il «Quotidiano di Lecce».

Grandi opere e piccole realtà. Come la falesia che scende a picco sulla baia di Ciolo. Una costa a strapiombo da cui non è mai caduto un sasso, ma che ora si vuole imbrigliare tra reti, recinzioni e altro cemento, per sicurezza. Vi si oppone il sindaco del Comune di Gagliano, appassionato di arrampicate, che con la sua associazione e Legambiente ha montato una protesta per salvaguardare questo incantevole angolo della sua terra.

Le bandiere No Tav non mancano ormai da tempo alle manifestazioni No Tap. Sono un esempio di come la sensibilità traduca la protesta sorretta al principio soltanto da pochi attivisti in un vero e proprio movimento popolare. “L’Italia è piena di queste realtà” dice Guido. E la paura è che gli intenti, seppur distanti nello specifico, uniscano la gente comune nella stessa sensibilità e nella stessa consapevolezza di poter contare qualcosa sulla propria terra unendo le lotte.

M.B. 22.08.14

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In Clarea si riparte. E ripartono i problemi

Fino all’altro ieri il cantiere pareva già una cartolina del futuro delle tante opere incompiute del nostro Bel Paese, un luogo abbandonato, votato alla ruggine ed alle erbacce. Ma guardato a vista dalle Forze dell’Ordine.

di Gabriella Tittonel

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È stato mese in dormiveglia quello appena trascorso nel cantiere della Clarea, con tanti inconvenienti a cui trovare soluzione, con la Gea impegnata a reclamare le (forse) meritate ferie… Una talpina, la Gea,  davvero unica, con i suoi ritmi lenti, impegnata a far capire a quelle cape dure di fuori che lì, nella pancia della montagna, tutto è diverso… ci sono zone di terra, poi muri di pietra, poi pietroni che improvvisi precipitano, incuranti di chi sotto ci può capitare… Insomma ogni minuto riserva una sorpresa… e la Gea si stanca… e così le si bruciano i circuiti sulla testa…

Tutto ciò abbastanza in solitudine, se non fosse per gli imperterriti visitatori del prato di sopra e per qualche operaio, perché i più in ferie ci sono voluti andare… Alla faccia delle  previsioni di scavo e dei chilometri di smarino da estrarre…

A vederlo fino all’altro ieri il cantiere pareva già una cartolina del futuro delle tante opere  incompiute del nostro Bel Paese, un luogo abbandonato, votato alla ruggine ed alle erbacce. Ma  guardato a vista dalle Forze dell’Ordine, condannate ad un compito da far invidia  alla lontana Penelope…

no tav Clarea 14 - 22 agosto 2014 058

Da ieri però la musica  è cambiata, in mattinata una gran polverone ha riempito l’aria della conca ( e della valle, mai dimenticarlo!), polverone uscito dalla galleria dove schiavi del terzo millennio stanno bruciando le ultime cartucce di salute. Alla Gea  è stato dato il via, una sorta di collaudo motori e così è andata avanti per un’oretta, prima di riprendere il riposo, questo mentre qualche secchio di polvere è passata sul nastro trasportatore… E qui la sorpresa, perché sull’inizio del nastro, all’imbocco della galleria,  ora sono spuntate anche alcune fontanelle d’acqua, creando così una coreografia da giardino delle meraviglie, aiutata dall’acqua sparata dai due cannoncini da neve… polvere, acqua… additivi… e sì, perché l’acqua miracolosa dei cannoncini, destinata a bombardare (ma non annientare, si badi bene, perché da asciutta ogni fibra danza nell’aria…) è mescolata ad altre sostanze, certo non innocue a constarne i risultati del mese scorso su persone che hanno dovuto, sulla propria persona, registrare  tenaci dermatiti… mentre gli alberi a ridosso della moderna pioggerella ora hanno i germogli bruciati e  foglie essiccate…

Questo è il nuovo che avanza? Il progresso che va verso il sol dell’avvenire? Solo menti confuse possono essere d’accordo. Peccato che in questo progetto perverso ci siano lavoratori con famiglie da far crescere, Forze dell’Ordine impegnate, come in altri luoghi difficili e contaminati, a tenere lontani e a zittire coloro che giustamente stanno rivendicando il diritto alla vita, alla sopravvivenza…

Questo Gea, pur con il suo cuore di ferro e acciaio, credo lo sappia… per questo va a rilento.

Nel cuore della montagna una sua sorella già da tempo, sopraffatta dalle pietre e dalla terra, riposa, frutto di un altro progetto… fra poco arriverà l’autunno, il tempo del letargo… agli umani incuranti dei giusti tempi del vivere, arroganti nel loro non ascolto dei veri bisogni, forse Gea insegnerà qualcosa…

G.T. 23.08.14