I conti e le tasse di Renzi

di Giuliano Augusto – 18/08/2014
Fonte: Rinascita

Malinconico autunno. Non sarà caldo quello che si annuncia perché i sindacati si sono così sputtanati con i propri iscritti, dopo aver ceduto a tutte le pretese della Confindustria, che non si capisce davvero come ci possa essere qualcuno, così disabituato ormai alla lotta, da essere disposto a scendere in piazza per scioperare e per perdere una parte sia pure risicata di uno stipendio sempre più misero. A questo ci ha ridotto la deriva di una (pseudo) sinistra, rappresentata (ahi noi!) dal PD, il partito delle banche, che ha perso la faccia dopo aver cercato in tutti i modi di scavalcare a destra lo stesso centrodestra.

Lo scenario, in ogni dove, è quello che vede il trionfo della canaglia liberista e dell’Alta Finanza, tra fine della Storia, fine della Politica e scontro delle civiltà. Povera Europa e povera Italia che ti dissolvi ai quattro venti del tuo disastro..tanto per citare Drieu. Un lavoro sempre più precario, un lavoro pagato sempre meno con milioni di famiglie sprofondate nella povertà. Non ci saranno manovre aggiuntive, ha garantito Renzi. Sarà il governo a decidere cosa fare e cosa non fare. Non ci faremo dettare i compiti a casa dalla Bce di Draghi, dalla Commissione europea e men che meno dalla culona tedesca. Pitti Bimbo non ha usato questo termine, il copyright appartiene al Berlusca, ma il concetto è quello. In realtà è vero il contrario. Con il debito pubblico al 135% del Pil, gli spazi di manovra sono inesistenti e il destino dell’Italia è segnato. Ci vuole una manovra aggiuntiva tuonano dai Palazzi europei e dal Fondo monetario internazionale. Anche gli 80 euro in busta paga si faranno sentire e dureranno poco. Mesi fa, a Francoforte, Bruxelles e Berlino si parlava di un intervento di 24 miliardi tra tagli alla spesa e nuove tasse. Adesso i miliardi sono 40 e il duo Renzi-Padoan non sa davvero dove raccattarli. Per salvare l’Italia non serviranno nemmeno le vecchie zie. Il governo non è in grado di controllare la dinamica della spesa pubblica che infatti continua a crescere, trascinandosi dietro debito e disavanzo. E se lo spread tra i Btp decennali e i Bund tedeschi è rimasto basso, ciò non è dovuto come sostiene Renzi alla “fiducia dei mercati” nell’Italia (e in lui) ma all’intervento dell’Esm, il Fondo permanente salva Stati, che ha comprato Btp sul mercato, impedendo che il livello fosse quello fisiologico che tenga conto del livello del debito. Tanto per dire, a novembre 2011, con il debito al 120%, lo spread era a 570 punti e passa. Il che la dice lunga su quale sarebbe il nostro destino se i tanto invocati “mercati” decidessero improvvisamente il fuggi fuggi dai Btp, stabilendo che non potranno essere rimborsati alla scadenza. Il che significherebbe la bancarotta dello Stato italiano. Del resto, con la recessione in corso, sono drasticamente crollate le entrate fiscali e contributive.

E con quali soldi si pagheranno gli stipendi pubblici e le pensioni? Appunto. La situazione finanziaria dello Stato è a dir poco catastrofica. E nemmeno la situazione dell’economia globale ci aiuta. Pure la Germania sta rallentando e questo non contribuisce a migliorare le prospettive delle imprese italiane che speravano nell’aumento della domanda globale ed europea per riprendersi. Ma non si può contare sempre su un salvataggio esterno. Tipo quello cinese. Soprattutto non si può pensare che gli esponenti parlamentari di una casta politica all’ultima spiaggia possano accettare di vedere tagliate spese che vanno ad arricchire non soltanto loro medesimi ma soprattutto le clientele che li hanno portati in Parlamento. Dall’Europa e da oltre Atlantico si continua a chiedere all’Italia maggiore flessibilità sul “mercato del lavoro” per incentivare ad assumere lavoratori che si potranno più facilmente licenziare. Addio articolo 18. Renzi vorrebbe invece maggiore flessibilità sulla gestione del disavanzo pubblico, sempre sopra il 3%, ma la culona tedesca continua a dire no. La Francia da parte sua è sopra il 4% ma vanta un debito pubblico che si trova ancora sotto il 100% del Pil. E Renzi non può giocare con i numeri sostenendo che anche gli altri Paesi fanno un po’ i discoli. Resta la realtà di un governo che non sa dove trovare i quattrini e che, sulla spinta di Péadoan che, da ex capo economista dell’Ocse si era già detto favorevole, sta pensando ad introdurre una tassa straordinaria patrimoniale per raccattare quel poco di ricchezza privata che è rimasta in giro. Dopo la quale non ci sarà altro che una rivolta diffusa nelle piazze. E non solo.
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I conti e le tasse di Renziultima modifica: 2014-08-20T20:18:25+02:00da davi-luciano
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