Sui gruppi di élite: Bilderberg, Trilaterale & C.

Una discussione che sul web prende direzioni multiple e mai totalmente convincenti. Ora un libro di un ricercatore italiano esplora il mondo delle élite del capitalismo transnazionale in modo piuttosto esaustivo ma senza dissipare ogni dubbio dei “complottisti”. In ogni caso, una materia da prendere molto sul serio soprattutto da parte di chi fa lotta politica.

di Fabrizio Salmoni

copertinaBilderberg

Domenico Moro, Il Gruppo Bilderberg, Aliberti editore, Reggio Emilia 2014.

Chi è incline a scoraggiarsi non legga questo saggio di Domenico Moro Il Gruppo Bilderberg (Aliberti, 2014). Perché la dimensione del potere di chi in qualche misura governa, o tenta di governare, le sorti del mondo è enorme e potrebbe instillare nei fragili l’idea che ribellarsi può forse essere giusto ma in definitiva inutile. In ogni caso, è bene conoscere la controparte per prenderne le misure e decidere cosa e quanto convenga fare e questo libro serve ottimamente al proposito.

Generalmente, nella conoscenza diffusa, si tende ad attribuire tutti i mali che ci circondano alle scelte che vengono prese su tavoli lontani dalla nostra realtà e a prendersela con i “governi” perché sono gli interlocutori più vicini e diretti ma già questo appare un approccio sbagliato perché non si collega il cielo con la terra, come quelli che si lamentano per i tagli ai servizi senza vedere il quadro generale (e magari continuare poi a votare come sempre); inoltre, il cittadino comune non è in grado di connettere le logiche di quanto gli accade intorno perché non conosce i legami tra i singoli soggetti decisori. Ebbene, questo libro aiuta almeno a fare 2+2 e a comprendere meglio le ragioni e la logica di quanto si dipana intorno a noi.

L’argomento Bilderberg era già stato affrontato in un paio di libri dal giornalista spagnolo Daniel Estulin il quale oltre a suggerire la natura antidemocratica di quella organizzazione (e delle sue simili) ne denunciava una certa onnipotenza definendolo “governo ombra mondiale” e associandolo a matrici massoniche (Illuminati & c:). Domenico Moro contesta quel concetto e tenta di riportare in ambito “naturale” dal punto di vista della logica capitalista l’esistenza e le funzioni di queste organizzazioni non negandone al tempo stesso il carattere antidemocratico per la segretezza delle discussioni e per il metodo di cooptazione che caratterizza la partecipazione individuale ai loro consessi. Ma, a mio giudizio, non riesce a fugare tutti i dubbi.

Se una prima parte è dedicata a dimostrare che nella storia, fin dall’antica Roma, le élite hanno cercato di coordinarsi per perseguire i propri interessi di accumulo e gestione della ricchezza, una seconda ci spiega le trasformazioni del capitalismo, le ragioni, la logica, i criteri e gli scopi delle contemporanee e attuali organizzazioni delle élite capitaliste.

Agenti del nuovo capitalismo

Bisogna innanzitutto capire che Bilderberg e analoghe organizzazioni sono il prodotto dello sviluppo capitalistico degli ultimi 50 anni. La nuova borghesia transnazionale succede all’ottocentesca haute finance e alla borghesia monopolistica del Novecento, è la sintesi avanzata di entrambe che si adatta alla globalizzazione dei mercati e si dà struttura transnazionale. Le sue sedi decisionali sono quindi organizzazioni quasi-politiche in cui i rappresentanti sono gli interpreti delle nuove relazioni di alta integrazione sovranazionale*. Il suo scopo è l’accumulazione senza limiti di profitto, il metodo è l’accentrazione estrema della proprietà .In politica questo si traduce in liberismo, riduzione dello stato sociale, riduzione del costo del lavoro senza escludere la fagocitazione o l’assoggettazione degli Stati deboli se si rendesse necessario. Complotto? No. Nuovo ordine mondiale? Sì, in un certo senso.

Il Gruppo Bilderberg non è la prima di quelle organizzazioni: il Council of Foreign Relations anticipa tutti dal 1921 ma rappresenta solo l’identità e gli interessi statunitensi fino al periodo postbellico ispirando la formazione di istituzioni internazionali come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale (FMI) oltre a fornire, in qualità di think tank, a tali istituzioni e a tutti i governi americani, i “migliori” cervelli negli anni a seguire a tutt’oggi.

L'ultimo dei Rotschild, storica famiglia di banchieri-finanzieri fondatrice di Bilderberg e Trilaterale.

L’ultimo dei Rotschild, storica famiglia di banchieri-finanzieri fondatrice di Bilderberg e Trilaterale.

Il Club Bilderberg risale al 1952 e si costituisce per iniziativa di Joseph Retinger, fondatore delMovimento Europeo ispiratore del processo di unificazione. Gli scopi erano quelli di ricompattare il mercato mondiale sul modello occidentale vincitore della guerra e di raccogliere la sfida sovietica elaborando strategie adeguate. Le caratteristiche prescelte erano l’estrema privacy e la partecipazione esclusiva di leading citizens provenienti dai vari settori della società. Apprendiamo che nello Steering Committee (Direttivo) per l’Italia, alla prima riunione ufficiale del 1954, sedette Amintore Fanfani di cui si ricorda il tentativo a fine decennio di attuare una svolta presidenzialista. Tra i primi finanziatori del Club c’è il principe Bernhard dei Paesi Bassi, dal passato ideologico ambiguo per le sue relazioni con la Germania nazista, e il barone Paul Von Zeeland, ex primo ministro belga a cui si aggiunge presto David Rockefeller e la famiglia Rotschild.

Nei 59 incontri annuali che si sono susseguiti da allora, i partecipanti, circa 120, sono provenuti per un terzo dagli Usa, per il restante dall’Europa, e sul piano dei settori sociali per un terzo dalla politica e due terzi da finanza, industria e comunicazioni. Attualmente nello Steering Committee di 35 membri sono rappresentati un gruppo assicurativo, quattro fondi di investimento attivi in hedge funds e private equity, otto banche, sei marchi manufatturieri, due editori mass media, due utilities, una corporation dell’ informatica, una della grande distribuzione, tre di consulenza aziendale, tre think tanks, due università, due gruppi industriali. E qui già dovrebbero cominciare a tremarci le gambe…

 Le porte girevoli

Una peculiarità dei membri Bilderberg è il meccanismo delle revolving doors (porte girevoli) cioè la facoltà di partecipare più volte in veste sempre diversa: un caso emblematico, per stare a casa nostra, è Romano Prodi che ha partecipato più volte in qualità di Presidente Iri, di Presidente di Commissione Europea, di Presidente del Consiglio. Destra, sinistra? Prodi è figura simbolica della “breve distanza che separa le due ali dello schieramento politico” in quanto “l’elemento dominante è l’adesione alla prevalenza del mercato autoregolato sull’intervento statale“. Non a caso Prodi fu l’artefice del progressivo smantellamento dell’Iri, della privatizzazione delle banche e dell’industria di Stato, delle prime privatizzazioni (tramite il ministro Bersani).

Altro caso simile è Mario Monti che ha partecipato quasi permanentemente a differente titolo: Presidente del Cda della Università Bocconi, CdA della Fiat, Commissario europeo, consulente di Coca Cola, di Goldman Sachs, presidente europeo della Commissione Trilaterale.

I temi trattati di volta in volta riguardano quattro macroaree principali: a) minacce all’Occidente e alla stabilità; b) rapporti Usa-Europa; c) problemi economici (crisi, inflazione, globalizzazione, finanza, euro, ecc.); d) questioni militari (Nato, cyber guerra, peacekeeping, minacce asimmmetriche, cyber spazio, ecc.).

Gli ultimi quattro incontri dal 2010 hanno raccolto le seguenti categorie: politici e grandi burocrati internazionali (banche, Fmi, ecc.),  finanzieri e industriali. Accanto a questi (30%) si sono accomodati rappresentanti del settore ideologia e conoscenza (think tanks, centri di ricerca, società di consulenza legale e commerciale, scrittori), del settore mass media (dirigenti e proprietari di network tv e carta stampata, giornalisti), gruppi di pressione (lobbies, associazioni di categoria e politiche attive sul tema ecologia), catene commerciali, militari. Nel settore industriale è forte la presenza delle imprese energetiche ed estrattive (Royal Dutch Shell, Bp, Eni), di quelle elettriche (Enel, e la belga Suez-Tractebel) e del nucleare (la francese Areva). Sempre presente dalle origini la Fiat prima con Gianni Agnelli ora con John Elkann.

 Un po’ di nomi

Chi vota Verde avrà piacere di sapere che a queste riunioni hanno partecipato il verde tedesco Jurgen Trittin e l’ex sessantottino Joschka Fischer, ex Ministro degli Esteri del governo Schroeder, consulente dal 2009 nel board della società di cui fa parte la multinazionale energetica tedesca Rwe e che costruisce Nabucco, il gasdotto che collegherà l’Europa all’Azeirbagian senza toccare la Russia.

Le banche e le istituzioni finanziarie rappresentate sono 34 tra cui naturalmente la Banca Mondiale, il Fmi. la Bce, la Deutsche, Barclays, Hsbc, Citigroup, innumerevoli hedge funds e private equity. Per farla breve, ci sono tutte e farne un elenco aumenta lo sconcerto. Tra le testate media troviamo  tutte le grandi: El Pais, Le Monde, Il Sole 24 Ore, Washington Post, Die Zelt, Financial times, Economist (nel cui Cda, insieme a un membro della famiglia Rotschild e altri, siede John Elkann in uno dei suoi tanti ruoli…).

Lilli Gruber. Ha partecipato da invitata alle ultime riunioni del Bilderberg insieme ai colleghi Monica Maggioni (RaiNews24) e Gianni Riotta («La Stampa»)

Lilli Gruber. Ha partecipato da invitata alle ultime riunioni del Bilderberg insieme ai colleghi Monica Maggioni (RaiNews24) e Gianni Riotta («La Stampa»)

Chi ha fiducia nell’informazione, avrà piacere di sapere che hanno presenziato agli ultimi incontri Gianni RiottaFerruccio De Bortoli, Gianfelice Rocca, Lucio Caracciolo (LimesEspresso), Marco Panara (Repubblica), e Lilli Gruber che nel suo programma su La7 ospita personaggi politici ed economici di primo piano tra cui ovviamente i suoi sodali bilderbergs Riotta e Rocca in una partita di giro molto eloquente…

Quello che colpisce di più nel leggere la lunga lista di nomi, imprese, banche , ecc. è l’interattività, la molteplicità dei ruoli e l’onnipresenza dei bilderbergs in ogni piega del potere economico, produttivo e finanziario. Leggere questo libro di Moro deve servire a conoscere se non altro i nomi e le connessioni dei singoli ai grandi apparati, ad avere consapevolezza dei più grandi scenari e dei legami tra gli attori.

 La Commissione Trilaterale

David Rockefeller

David Rockefeller

Stessa cosa per la Commissione Trilaterale, fondata nel 1973 su iniziativa di David Rockefeller(onnipresente), Henry Kissinger, Zbigniew Brzezinski (Consigliere Sicurezza Nazionale di Carter),Kiichi Miyazawa (ex ministro delle Finanze giapponese) per integrare a livello mondiale la settorialità solo Occidentale del Bilderberg. Il periodo è critico per il controllo Usa del mondo: lotte sociali in europa, protesta per la guerra in Vietnam che sta andando male, varie lotte anticapitaliste e anticolonialiste, la crescente consapevolezza dei rischi all’ambiente globale, la guerra del Kippur con conseguente crisi petrolifera.

La Trilaterale allarga la cooperazione capitalista all’estremo Oriente per enfatizzare la necessità di coordinarsi ma anche per darsi scopi più ampi rispetto al Bilderberg e un programma “… che rivela la natura della Trilaterale come quella di una vera organizzazione sovranazionale e ben strutturata invece che un semplice forum di discussione o club di personaggi influenti“. I rapporti tra le due organizzazioni sono comunque molto stretti tanto da rasentare la sovrapposizione. Così nella Trilaterale troviamo per esempio ancora Rockefeller e Mario Monti in ruoli direttivi.

Oggi la Trilaterale conta 401 membri scelti su base nazionale col metodo della cooptazione ed è finanziata dalle grandi corporation. L’attuale Presidente del gruppo europeo è Jean-Claude Trichet (ex governatore della Banca di Francia e ex presidente Bce) che è anche membro dello Steering Committee del Bilderberg, presidente dell’Istituto Bruegel, considerato il primo think tank europeo per impatto sulle politiche pubbliche e membro del G30, organizzazione che raggruppa i maggiori esponenti della finanza internazionale (anche Draghi) e che, secondo il Corporate Europe Observatory “si è dimostrato negli anni un mezzo molto efficace… per influenzare il processo legislativo mondiale“. Tra il 2010 e il 2011 fu Monti il Presidente del Gruppo Europeo della Trilaterale che si dimise per fare il presidente del Consiglio in Italia.

Interessante sapere che il presidente del Gruppo Nordamericano è certo Joseph S. Nye, ex preside della JFK School of Government dell’Università di Harvard, presidente del National Intelligence Council e assistente del Segretario alla Difesa per la sicurezza internazionale nell’amministrazione Clinton. Nello stesso Gruppo troviamo David Rubenstein, co-fondatore del Gruppo Carlyle (v. nota 14 bis in «Maverick», Gruppi di élite, segretezza, sicurezza nazionale e innovazioni tecnologiche: un problema di democrazia), John Negroponte, già vicesegretario di Stato Usa, direttore dell’intelligence, ambasciatore Usa  all’Onu e in Iraq, nonchè Madeleine Albright, ex segretario di Stato con Clinton, e Richard Fisher, presidente della Fed di Dallas, Texas, ex responsabile per l’implementazione del Trattato Nafta e dell’ingresso della Cina nel WTO, e poi il solito Henry Kissinger.

 Gli italiani della Trilaterale

Marta Dassù, sottosegretario alla Difesa del governo Monti e molto altro.

Marta Dassù, sottosegretario alla Difesa del governo Monti e molto altro.

E veniamo agli italiani che a oggi nella Trilaterale hanno 18 posti + 1 (Ferdinando Beccalli Falco, rappresentante della General Electric americana, forse la più potente corporation mondiale). Sei stanno anche nel Bilderberg: John Elkann, Enrico Letta, Gianfelice Rocca, Marco Tronchetti Provera, Enrico Cucchiani (Allianz, Intesa Sanpaolo) e Mario Monti; Gli altri sono Paolo Colombo (Pres. Telecom e precedente Pres. Enel), Giuseppe Recchi (Eni), Alessandro Pansa (Bocconi e Finmeccanica),Marcello Sala (Intesa Sanpaolo), Maurizio Sella (Banca Sella e Abi), Giuseppe Vita (Unicredit), l’ Ammiraglio Giampaolo Di PaolaMarta Dassù (sottosegretario difesa governo Monti, ora Finmeccanica e direttore di Aspenia, pubblicazione dell’Aspen Institute Italia, tink tank con presidente Tremonti – v. anche «Maverick», Disclosure. Atto primo?), Monica Maggioni (dir. Rainews24, Euronews), Carlo Secchi (Bocconi), Ferdinando Salleo (ex segretario generale della Farnesina quando era Ministro degli esteri suo cugino Antonio Martino, Pdl). tra i momentaneamente sospesi c’è Federica Guidi che è stata nominata ministro allo Sviluppo nel governo Renzi.

Federica Guidi, ministro dello Sviluppo col governo Renzi.

Federica Guidi, ministro dello Sviluppo col governo Renzi.

È  un capogiro di nomi e sigle che ritroviamo sia nel Bilderberg che nella Trilaterale: nomi e aziende sono tante ma il fulcro è costituito basilarmente dalle stesse in un gioco continuo di scatole comunicanti. A leggerle viene  a tutta prima una reazione di scoramento nel constatare che si è in presenza di un vero Potere Globale privato, sconosciuto al cittadino comune, di un network senza legittimazione democratica che indirizza e coordina le politiche economico-finanziarie del mondo e che, tramite il personale politico nazionale e i grandi manager, influenza la vita di tutti determinando le politiche e adattandole alle realtà locali in direzione univoca: liberare risorse pubbliche per lasciarle gestire al mercato, metterle in circolo in quel gran flusso di capitali in libertà, svincolati dai limiti statali e nazionali, per essere preda dei più forti e dei più spregiudicati. In questo mare di denaro i subprime e derivati giocano un ruolo fondamentale il cui controllo, secondo Henry Kissinger, è il compito strategico dell’élite mondiale (la Goldman Sachs, il cui presidente siede in entrambe le organizzazioni, ha 70 mila miliardi di dollari in derivati, che è stata definita “una gigantesca piovra vampiro“, è tra i maggiori responsabili della crisi dell’euro e della crisi dei mutui subprime avendo istigato le autorità greche a falsificare i bilanci per entrare nell’euro e avendo guadagnato dall’instabilità della moneta unica e dall’aumento dei tassi di interesse dei debiti sovrani determinatisi al momento della verità). Intelligence e militari ne sono partecipi, godono dei contributi legali e neri dei governi i cui ministri mangiano alla loro stessa tavola; in cambio ne sono ovviamente i cani da guardia.

Vi chiederete: e Berlusconi? Ne è rimasto al di fuori perché da sempre estraneo agli interessi delle famiglie maggiori del capitalismo italiano. E’ risaputa la polemica imbastita più volte contro di lui dall’ Economist(nella cui proprietà c’è la famiglia Agnelli). Inoltre non hanno certo giovato a B. le relazioni “pericolose” con Putin, Gheddafi e qualche ducetto asiatico. Qualcuno si ricorderà che lo stesso giornale, dopo aver sostenuto Bersani e Monti, pubblicò in copertina le immagini di Berlusconi e Grillo con il titolo Nelle Mani dei Clown (2.3.2013). Non è un caso: in Italia, il capitale transnazionale ha trovato i suoi referenti politici molto più nel centrosinistra che nel centrodestra, Renzi incluso.

 Invincibili? Sì e no…

Sono dunque mostri invincibili quelli che Domenico Moro ha molto ben descritto? Sì e no. Sì, perché la forza del capitalismo transnazionale è immensa e comprende quasi tutti i fattori di controllo dell’umanità: denaro, produzione, capacità di analisi, intelligence, i militari, i media, la tecnologia, tutti gli apparati. Una lotta locale o di portata anche più ampia sembrerebbe non avere scampo di fronte a tali risorse. In fondo, hanno trovato il modo di vincere finora “aggirando” lotte sociali, problemi e insidie locali proiettandosi sullo scenario mondiale.

Sì perché di fatto, malgrado ritardi, contrattempi e qualche breve arretramento, le cose nel mondo vanno tutto sommato nella direzione necessaria al capitalismo transnazionale.

Sì perché – e qui sta il link con le argomentazioni dei complottisti – non è escluso, anzi è sempre più percettibile ai ricercatori, che all’interno dell’élite globale non si nascondano altre élite più sommerse che si alimentano dei flussi finanziari speculativi in libertà e dei fondi neri dei governi mondiali, che controllano trasversalmente settori cruciali, che nascondono segreti strategici legati alle risorse ambientali, alla scienza, al controllo e alla colonizzazione dello spazio. Difficile comunque contestare interamente, come vorrebbe l’autore, l’approccio complottista se non altro perché dal quadro che egli stesso dipinge emerge una realtà semiocculta, non democratica, con mezzi enormi, nei cui ranghi possono verosimilmente esistere vari livelli di consapevolezza, conoscenza, need to know. Una sensazione suggerita dalla stratificazione interna all’élite globale: all’origine, al controllo e con le maggiori risorse è un ristretto numero di famiglie e di nomi ricorrenti.

No, perché hanno dei punti deboli che coloro che cercano cambiamenti di politica sociale devono conoscere.

Innanzitutto, il capitalismo transnazionale è un fronte solo apparentemente compatto. Entro di esso c’è una competizione selvaggia che si trasforma spesso in sorde lotte nel backstage: tutti d’accordo sulle linee strategiche ma poi ognuno per sé e peggio per gli altri. Bilderberg, Trilaterale & soci fungono quasi da momenti di appeasement di tale lotta dietro le quinte: parliamoci.

Inoltre, malgrado la presenza globale e il controllo dell’informazione e della forza militare, non sono infallibili: per esempio, non hanno previsto le primavere arabe e non prevedono tutti i rivolgimenti sociali; vengono colti di sorpresa da crisi locali che si fanno in fretta globali. E allora devono correre ai ripari per tappare le falle.

E infine, secondo Samuel Huntington, studioso di geopolitica (e consulente della Trilaterale) (2), hanno un nemico dichiarato (una volta erano i comunisti): la cosiddetta “cultura antagonista”, “… una minaccia rilevante proviene dagli intellettuali e dai gruppi collegati che asseriscono la loro avversione alla corruzione, al materialismo e all’inefficienza della democrazia, nonché alla subordinazione del sistema democratico al capitalismo monopolistico“. E’ la governabilità della democrazia che non è facile, specie quando, a detta di Gianni Agnelli, “… si decompone la base sociale della democrazia…con la formazione di intellettuali che si schierano all’opposizione e di giovani estranei alla vita sociale…con gli squilibri che derivano dalla democrazia stessa“.

E allora, gli interessati, leggano questo libro, riflettano e si diano da fare: non tutto è perduto per il cambiamento ma serve tanto realismo e poca ideologia.

Domenico Moro, Il Gruppo Bilderberg, Aliberti editore, Reggio Emilia 2014, euro 14.

 Note

(1) Viene in mente la definizione SIM (Stato Imperialista delle Multinazionali) usata a suo tempo dalle Brigate Rosse che sfiorava il concetto di quanto effettivamente si stava trasformando nel capitalismo proprio nei primi anni Settanta. Le Br comprendevano meglio e prima di altri?

(2) S. Huntington, M. Crozier, J. Watanuki, La crisi della democrazia, Franco Angeli, Milano 1977.

F.S. 12.08.14

Sui gruppi di élite: Bilderberg, Trilaterale & C.ultima modifica: 2014-08-18T22:34:54+02:00da davi-luciano
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