LUC MICHEL SUR ‘LA VOIX DELA RUSSIE’ : LA GEOSTRATEGIE DU CHAOS EN ACTION. SOMALIE, IRAK, LIBYE …

ELAC & ALAC / 2014 08 17 / Avec La Voix de la Russie – PCN-SPO/ ELAC - LM sur LVDLR libye irak théorie du chaos (2014 08 17) FR 1 ELAC - LM sur LVDLR libye irak théorie du chaos (2014 08 17) FR 2

Interview de Luc MICHEL, ce 17 août 2014, par le journaliste Igor YAZON pour le programme hebdomadaire « Gros plan sur le Maghreb : le panorama de la semaine » de la Radio LA VOIX DE LA RUSSIE.

 Interview sur la Thématique centrale :

LA GEOSTRATEGIE DU CHAOS MISE EN ACTION

 Thèmes : Géostratégie du Chaos – Somalie – Laboratoire somalien – Somalisation – Irak – Parti Ba’ath – Déba’athisation – Libye – Jamahiriya – Kadhafi – Comités Révolutionnaires (MCR) – Dékadhafisation – « Printemps arabe » – Yemen – Syrie – Impérialisme américain – Domination mondiale – Neocons – Think Tank US – Stratfor – Scénarios de la CIA – Caucase – Ukraine – Grand Moyen Orient – Etats faillis – Mercenaires – AFRICOM

 ELAC - LM sur LVDLR libye irak théorie du chaos (2014 08 17) FR 1

# Article de Igor YAZON sur LA VOIX DELA RUSSIE

et interview audio en podcast de Luc MICHEL sur :

http://french.ruvr.ru/radio_broadcast/5646866/276049380/

 Extrait de l’analyse de ‘La Voix de la Russie’ :

« Le scénario irakien ne se répétera-t-il pas en Libye ? (…)

La Chambre des représentants de Libye (le parlement libyen) a voté pour l’intervention immédiate de la communauté internationale dans les événements dans le pays. Formellement, il s’agit de la protection de la population civile, mais en réalité, du sauvetage de la Libye d’une désintégration totale. Il y a quelque temps, les pouvoirs de l’Irak ont lancé un appel à la communauté internationale pour demander de l’aider à garder l’intégrité du pays en vue de la menace réelle du côté du mouvement « l’État Islamique en Irak et au Levant ». Ce sont les États-Unis qui ont répondu à leur demande parmi les premiers, leur aviation a bombardé les positions des islamistes. »

 ELAC Website / PCN-SPO

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http://www.scoop.it/t/pcn-spo

http://www.lucmichel.net/

Venezia. No alle Grandi Navi

No dei veneziani al transito delle grandi navi all’interno del laguna. Inquinano, sono pericolose e devastano i fondali.

 Venezia
di Leonardo Capella

Venezia e la sua laguna inseriti dall’UNESCO nel patrimonio mondiale nel 1987 è costretta da sempre a subire costanti attacchi ambientali. 

Oggi è l’opposizione dei veneziani al transito delle grandi navi da crociera in laguna e nella città di Venezia ha suscitare interesse. Vedere questi giganti del mare passare a pochi metri da questo patrimonio dell’umanità, solo 150 metri da Palazzo Ducale, lascia davvero perplessi e preoccupati.

Il comitato No Grandi Navi chiama a raccolta tutti i movimenti e i cittadini di Venezia e Mestre con l’obiettivo dichiarato di estromettere le grandi navi dal Bacino di San Marco e dalla laguna. A sottolineare come Venezia non possa esistere se non in simbiosi con la laguna il comitato ha da poco cambiato il proprio nome in “Comitato No Grandi Navi – Laguna Bene Comune”.

Ma come è ben noto uno degli strumenti di contrasto ai movimenti di opposizione utilizzato ultimamente dalle autorità è quello delle pene pecuniarie, evidentemente ritenute più adatte a reprimere questi movimenti. Allora fioccano le multe per le motivazioni più disparate. Citiamo alcuni esempi presi dal sito del comitato: la Capitaneria di Porto ha emesso 38 multe da 2.071 euro, per contravvenuto “divieto di balneazione”, nei confronti dei manifestanti che il 21 settembre 2013 si sono tuffati nel Canale della Giudecca per protestare contro il passaggio delle grandi navi; quattro membri del comitato No Grandi Navi che il 10 maggio 2013 accompagnavano in barca  una troupe televisiva tedesca per filmare il passaggio delle grandi navi in canale della Giudecca sono stati multati per “manifestazione non autorizzata” con la somma di euro 3.950.

La somma totale delle multe sino ad oggi comminate risulta essere vicina ai 300.000 euro. In solidarietà con chi è stato colpito dal provvedimento il comitato ha predisposto una raccolta fondi.

Il passaggio delle grandi navi è un problema di sicurezza della navigazione, le dimensioni medie sono di 300 metri di lunghezza, 50 metri di larghezza e 60 metri di altezza. Implicano un forte deterioramento dei fondali con il loro pescaggio e spinta idraulica, pensiamo che il solo risucchio abbassa l’acqua dei rii di più di 20 cm, impedendo di fatto un recupero morfologico della laguna. 

Anche il lato salute è coinvolto, il transito croceristico ha un impatto fortemente negativo vista la tipologia di carburante utilizzato nelle grandi navi le cui emissioni si riversano sulla città. L’Arpav (l’Agenzia regionale per la protezione ambientale del Veneto) nel 2007 ha stimato che il traffico croceristico sia a Venezia la maggior fonte di inquinamento atmosferico: l’emissione di polveri sottili è praticamente pari a quella prodotta dal traffico automobilistico di Mestre, ogni nave inquina come 14 mila automobili, soprattutto quando è all’ormeggio.

L.C. 18.08.14

Bye Bye Monsanto? La multinazionale rinuncia agli Ogm in Italia

Prima significativa vittoria di agricoltori e attivisti che si sono battutti contro la presenza di sementi geneticamente modificate. La battaglia continua.

Stop alla commercializzazione in Italia delle sementi Ogm a marchio Monsanto. Secondo la “Task force No Ogm Fvg” dell’Aiab (Associazione italiana agricoltura biologica) Friuli Venezia Giulia, il colosso statunitense dei semi avrebbe deciso di interrompere la vendita nel nostro paese in seguito al “caso Fidenato” – riporta il «Messaggero Veneto» del 16 agosto – che, a partire dal Friuli, aveva riportato il dibattito sugli Ogm all’attenzione nazionale.

“Monsanto commercializzerà sementi geneticamente modificate unicamente laddove sussisteranno un ampio supporto politico, una rilevante domanda degli agricoltori e ci si trovi in presenza di un sistema regolatorio chiaro e applicabile”, aveva dichiarato la scorsa settimana al Sole 24 Ore Federico Bertoli, responsabile commerciale della Monsanto per Italia e Grecia. Condizioni mancanti in Italia, grazie anche alle recenti e ripetute mobilitazioni dal basso di chi chiede un’agricoltura biodiversa, libera dagli Ogm, costruita sulla base di relazioni dirette tra i piccoli agricoltori e i consumatori.

L’allerta contro Monsanto resta comunque alta, anche in vista di Expo 2015 (il padiglione statunitense, Food 2.0, dovrebbe essere finanziato proprio dalla multinazionale), e perché ora il business europeo dell’azienda punterà “esclusivamente sull’agricoltura convenzionale”, come ha dichiarato Bertoli al Sole: mais, colza e i semi degli ortaggi rappresentano ancora il 98% delle vendite Monsanto in Europa.

Dopo questo importante traguardo, continuiamo a ribadire che l’agricoltura del domani si debba sviluppare a partire da una proprietà condivisa delle sementi, che devono restare nelle mani di agricoltori su piccola scala, i quali sono gli unici ad avere le competenze e le conoscenze per poterli autoriprodurre anno dopo anno. Solo valorizzando questi saperi e riportandoli al centro della filiera agroalimentare, l’agricoltura può essere davvero libera e la terra può diventare uno strumento per aprire nuovi spazi di democrazia.

In questo senso, l’inaugurazione di Expo 2015 chiama nuove mobilitazioni: con l’autunno gli Organismi genuinamente mobilitati torneranno in campo, per costruire nuove iniziative a tutela della biodiversità.

Tutte le debolezze del fronte pro-Ogm, capeggiato in Friuli Venezia Giulia da Giorgio Fidenato e i soci dell’associazione Futuragra, invece, vengono ora al pettine: proprio quella piccola parte di agricoltori manovrati dai grandi interessi sementieri che ha provato a introdurre la coltivazione del mais geneticamente modificato Mon810 in Italia, ne esce sconfitta.

da GlobalProject

La gincana di Renzi al Sud

Al Ferragosto, Matteo Renzi è arrivato con il fiato corto, dopo aver fatto di tutto per evitare le contestazioni di Napoli ed esser letteralmente sfuggito ai No Muos a Gela.

di Massimo Bonato

«Renzi è a Napoli in piena emergenza roghi tossici, ma ignora la questione della Terra dei Fuochi» dichiara Angelo Ferrillo, ideatore e responsabile di «terradeifuochi.it». Il premier è atteso alla Città della Scienza, con Stefano Caldoro, presidente della Regione Campania, e Luigi de Magistris, sindaco di Napoli. È qui

per la ricostruzione dello Science Center distrutto da un incendio nel 2013 e la bonifica dell’area di Bagnoli.

All’esterno la Terra dei fuochi e i lavoratori dei Consorzi unici di Bacino, senza stiperndio da 22 mesi. Manifestanti che stendono striscioni, volantinano, ma soprattutto sperano di incontrare Renzi «per sbloccare una questione che interessa la sicurezza, la salute e l’economia di milioni di cittadini», dopo mesi di tentativi nel cercare di stabilire un contatto diretto con la sua segreteria. Ma Matteo Renzi non si vede.

Il copione si replica a Gela nella stessa giornata. Renzi dichiarerà “Abbiamo preso un impegno occupazionale con Gela”, ma intanto dal palazzo comunale esce dalla porta di servizio per evitare la contestazione No Muos e gli operai dell’Eni. A fargli da scudo il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta, già sindaco di Gela, che è uscito dal portone principale, in tempo per sentirsi ripetere i motivi per cui attivisti e operai erano radunati “No al Muos, no alla guerra, via le basi Usa dalla nostra terra”, “Lavoro No Guerra”.

“Una bella figura istituzionale” ha commentato il gruppo comunicazione del coordinamento regionale dei comitati No Muos.

M.B. 17.08.14

A Pozzolo il PD chiama la polizia per proteggersi da 7 anziani No Tav

18 agosto 2014

Pubblichiamo il racconto scritto da uno dei sette No Tav che il 14 agosto sono andati alla festa del PD a distribuire un volantino. Lasciamo a voi ogni commento.

CHE RIDERE !!!

Festa del PD a Pozzolo, giovedi sera, ospite il senatore FORNARO: potevano i “NoTav Terzo Valico” non portargli un volantino in cui si invitava a vergognarsi per gli elogi alla violenza delle forze dell’ordine dopo i fatti del 30 luglio a Serravalle ed Arquata?  Certo che no! E allora ecco che 7 violentissimi loschi figuri con i capelli bianchi ed i reumatismi si presentano puntuali alle 19.30 in Piazza Castello ed iniziano a distribuire il volantino ai pochi presenti (e fra i pochi c’è anche il summenzionato ospite, che, confermando la consuetudine che le persone importanti arrivano un po’ più tardi, è stato fra i primi a presentarsi…)

Qualcuno del drappello dei 7 violenti, forse per par condicio, invita anche sindaco e vice-sindaco ed ex sindaco a vergognarsi pure loro – non soffermiamoci sul perché dovrebbero farlo, su motivazioni che tutti conosciamo – parliamo solo della farsa che ne scaturisce: il Pappadà che cerca di sostenere che non si possano distribuire volantini perché “qui siamo a casa nostra” (grave lapsus freudiano? N.B.: si era sulla pubblica piazza), un fedele del partito farcito di “dogmi democratici” che cerca di chiacchierare di democrazia e legalità, ma riesce solo a pronunciare frasi fatte, il neo sindaco che si offende e … dobbiamo ammetterlo, lascia tutti attoniti: con sprezzo del ridicolo e senza perdere tempo chiama i VIGILI, i CARABINIERI e la DIGOS ! Tre auto delle rispettive forze piombano sulla piazza e finalmente l’ordine, che sicuramente sarebbe stato compromesso dai facinorosi No Tav, viene garantito. Il primo cittadino, con senso di responsabilità e tempismo dimostra di saper agire con rapidità ed astuzia per difendere il territorio conquistato e di non lasciarsi intimidire neppure da 7 terribili sovversivi.

CHE RIDERE !!!

Ci guardiamo intorno per capire se siamo su “Scherzi a Parte” … Ripeto: 7 poveri diavoli con dei fogli di carta in mano … fogli, non bombe !

Vorremmo ricordare al sindaco che il precedente consiglio comunale, nella seduta del 15 dicembre 2012, ha espresso all’unanimità “contrarietà di fondo al progetto del Terzo Valico dei Giovi”: se contrarietà significa assecondare in tutto il “Co.C.I.V.”, ubbidire ciecamente ai suoi ordini, dimenticare i controlli sui cantieri già aperti e sulle ditte che vi lavorano, rendersi complici di chi rappresenta quei pochi che trarranno vantaggio dall’opera, abbia almeno il buon gusto di rinnegare quella delibera e dichiarare finalmente chi sono gli “amici”.

Per i “nemici” abbiamo già avuto conferma giovedi sera in Piazza Castello.

COMUNQUE: CHE RIDERE !!!

P.S. FORNARO non si è avvicinato, si è vigliaccamente ritirato, forse ad abbuffarsi di buon cibo democratico…
Vorremmo rammentargli, anche se è sottinteso, di estendere l’invito a vergognarsi anche al suo compare BORIOLI (non sia mai che si senta escluso…)

Trasporto Rapido Costiero. I cittadini di Riccione non la vogliono

A Riccione la bufera della contrarietà al Trc (Trasporto Rapido Costiero) coinvolge anche il Sindaco. Le motivazioni dell’opposizione del coordinamento No Trc.

di Leonardo Capella

La Legge Obiettivo è un vero generatore di tensioni sociali. Questo è vero anche in Romagna dove il sindaco di Riccione, Renata Tosi, viene indagato per interruzione di pubblico servizio, danneggiamento e abuso d’ufficio in relazione a un ordinanza volta ad imporre lo stop alle ruspe del cantiere Trc (Trasporto Rapido Costiero). L’ordinanza è riconducibile all’impegno, preso in campagna elettorale della Tosi e della sua Amministrazione, ad opporsi a quest’opera, prevista in legge obiettivo e approvata dal CIPE. Il Sindaco infatti aveva nel suo programma, come punto di forza e divergenza rispetto al candidato  del Partito Democratico Andrea Gnassi,  l’opposizione a quest’opera giudicata inutile, costosa e dannosa per l’ambiente. Proprio questo punto le  ha permesso di battere nell’ultima tornata elettorale  Gnassi che invece sosteneva la realizzazione del Trc.

Ma che cosè il Trc? Si tratta di un percorso riservato ad un autobus a guida magnetica, il Phileas della olandese APTS. Percorso che avrà una lunghezza 9,8 km e unirà le stazioni di Riccione e Rimini. La sede stradale che si affiancherebbe in parte all’attuale sede ferroviaria è previsto per il 60% a corsia singola e per il restante 40% a doppia corsia. Il progetto vecchio di 16 anni è in costruzione dal 2012 e il completamento è previsto per il 2017. La spesa prevista è di 102 milioni di euro ripartita fra Stato italiano, Regione, Agenzia Mobilità e Comuni di Rimini e Riccione.

Il coordinamento No Trc si oppone alla realizzazione di quest’opera con manifestazioni e occupazioni del cantiere. Una delle motivazioni di contrarietà è legata alla creazione di una barriera che dividerà a metà Riccione, “un muro di Berlino” come lo definiscono i cittadini.

Anche i costi sono sotto le critiche dei No Trc, più di un milione di euro a chilometro. Nemmeno viene digerito da parte dei cittadini della “perla verde” (come viene chiamata Riccione dei suoi abitanti) l’abbattimento di 230 pini.

Il coordinamento fa anche una calcolo relativamente all’ipotesi di rientro dei costi, “bisognerebbe incassare 10 mila biglietti al giorno” è l’ipotesi di Alberto Beltrame responsabile del coordinamento No Trc e aggiunge “Bisogna essere realisti, non vi saranno mai 10 mila passeggeri al giorno tra Rimini e Riccione. È una follia”.

L’ultima questione è legata all’utilità dell’opera rispetto ai cittadini riccionesi. Il coordinamento fa notare che i treni che collegano le due cittadine sono frequenti e le fermate intermedie pressoché inutili e che ospedali, tribunali, banche, Asili, scuole, Asl, uffici pubblici, mercati sono tutti lontani dalle 15 fermate previste. Ne consegue che per i riccionesi l’opera è inutile.

L.C. 17.08.14

Sui gruppi di élite: Bilderberg, Trilaterale & C.

Una discussione che sul web prende direzioni multiple e mai totalmente convincenti. Ora un libro di un ricercatore italiano esplora il mondo delle élite del capitalismo transnazionale in modo piuttosto esaustivo ma senza dissipare ogni dubbio dei “complottisti”. In ogni caso, una materia da prendere molto sul serio soprattutto da parte di chi fa lotta politica.

di Fabrizio Salmoni

copertinaBilderberg

Domenico Moro, Il Gruppo Bilderberg, Aliberti editore, Reggio Emilia 2014.

Chi è incline a scoraggiarsi non legga questo saggio di Domenico Moro Il Gruppo Bilderberg (Aliberti, 2014). Perché la dimensione del potere di chi in qualche misura governa, o tenta di governare, le sorti del mondo è enorme e potrebbe instillare nei fragili l’idea che ribellarsi può forse essere giusto ma in definitiva inutile. In ogni caso, è bene conoscere la controparte per prenderne le misure e decidere cosa e quanto convenga fare e questo libro serve ottimamente al proposito.

Generalmente, nella conoscenza diffusa, si tende ad attribuire tutti i mali che ci circondano alle scelte che vengono prese su tavoli lontani dalla nostra realtà e a prendersela con i “governi” perché sono gli interlocutori più vicini e diretti ma già questo appare un approccio sbagliato perché non si collega il cielo con la terra, come quelli che si lamentano per i tagli ai servizi senza vedere il quadro generale (e magari continuare poi a votare come sempre); inoltre, il cittadino comune non è in grado di connettere le logiche di quanto gli accade intorno perché non conosce i legami tra i singoli soggetti decisori. Ebbene, questo libro aiuta almeno a fare 2+2 e a comprendere meglio le ragioni e la logica di quanto si dipana intorno a noi.

L’argomento Bilderberg era già stato affrontato in un paio di libri dal giornalista spagnolo Daniel Estulin il quale oltre a suggerire la natura antidemocratica di quella organizzazione (e delle sue simili) ne denunciava una certa onnipotenza definendolo “governo ombra mondiale” e associandolo a matrici massoniche (Illuminati & c:). Domenico Moro contesta quel concetto e tenta di riportare in ambito “naturale” dal punto di vista della logica capitalista l’esistenza e le funzioni di queste organizzazioni non negandone al tempo stesso il carattere antidemocratico per la segretezza delle discussioni e per il metodo di cooptazione che caratterizza la partecipazione individuale ai loro consessi. Ma, a mio giudizio, non riesce a fugare tutti i dubbi.

Se una prima parte è dedicata a dimostrare che nella storia, fin dall’antica Roma, le élite hanno cercato di coordinarsi per perseguire i propri interessi di accumulo e gestione della ricchezza, una seconda ci spiega le trasformazioni del capitalismo, le ragioni, la logica, i criteri e gli scopi delle contemporanee e attuali organizzazioni delle élite capitaliste.

Agenti del nuovo capitalismo

Bisogna innanzitutto capire che Bilderberg e analoghe organizzazioni sono il prodotto dello sviluppo capitalistico degli ultimi 50 anni. La nuova borghesia transnazionale succede all’ottocentesca haute finance e alla borghesia monopolistica del Novecento, è la sintesi avanzata di entrambe che si adatta alla globalizzazione dei mercati e si dà struttura transnazionale. Le sue sedi decisionali sono quindi organizzazioni quasi-politiche in cui i rappresentanti sono gli interpreti delle nuove relazioni di alta integrazione sovranazionale*. Il suo scopo è l’accumulazione senza limiti di profitto, il metodo è l’accentrazione estrema della proprietà .In politica questo si traduce in liberismo, riduzione dello stato sociale, riduzione del costo del lavoro senza escludere la fagocitazione o l’assoggettazione degli Stati deboli se si rendesse necessario. Complotto? No. Nuovo ordine mondiale? Sì, in un certo senso.

Il Gruppo Bilderberg non è la prima di quelle organizzazioni: il Council of Foreign Relations anticipa tutti dal 1921 ma rappresenta solo l’identità e gli interessi statunitensi fino al periodo postbellico ispirando la formazione di istituzioni internazionali come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale (FMI) oltre a fornire, in qualità di think tank, a tali istituzioni e a tutti i governi americani, i “migliori” cervelli negli anni a seguire a tutt’oggi.

L'ultimo dei Rotschild, storica famiglia di banchieri-finanzieri fondatrice di Bilderberg e Trilaterale.

L’ultimo dei Rotschild, storica famiglia di banchieri-finanzieri fondatrice di Bilderberg e Trilaterale.

Il Club Bilderberg risale al 1952 e si costituisce per iniziativa di Joseph Retinger, fondatore delMovimento Europeo ispiratore del processo di unificazione. Gli scopi erano quelli di ricompattare il mercato mondiale sul modello occidentale vincitore della guerra e di raccogliere la sfida sovietica elaborando strategie adeguate. Le caratteristiche prescelte erano l’estrema privacy e la partecipazione esclusiva di leading citizens provenienti dai vari settori della società. Apprendiamo che nello Steering Committee (Direttivo) per l’Italia, alla prima riunione ufficiale del 1954, sedette Amintore Fanfani di cui si ricorda il tentativo a fine decennio di attuare una svolta presidenzialista. Tra i primi finanziatori del Club c’è il principe Bernhard dei Paesi Bassi, dal passato ideologico ambiguo per le sue relazioni con la Germania nazista, e il barone Paul Von Zeeland, ex primo ministro belga a cui si aggiunge presto David Rockefeller e la famiglia Rotschild.

Nei 59 incontri annuali che si sono susseguiti da allora, i partecipanti, circa 120, sono provenuti per un terzo dagli Usa, per il restante dall’Europa, e sul piano dei settori sociali per un terzo dalla politica e due terzi da finanza, industria e comunicazioni. Attualmente nello Steering Committee di 35 membri sono rappresentati un gruppo assicurativo, quattro fondi di investimento attivi in hedge funds e private equity, otto banche, sei marchi manufatturieri, due editori mass media, due utilities, una corporation dell’ informatica, una della grande distribuzione, tre di consulenza aziendale, tre think tanks, due università, due gruppi industriali. E qui già dovrebbero cominciare a tremarci le gambe…

 Le porte girevoli

Una peculiarità dei membri Bilderberg è il meccanismo delle revolving doors (porte girevoli) cioè la facoltà di partecipare più volte in veste sempre diversa: un caso emblematico, per stare a casa nostra, è Romano Prodi che ha partecipato più volte in qualità di Presidente Iri, di Presidente di Commissione Europea, di Presidente del Consiglio. Destra, sinistra? Prodi è figura simbolica della “breve distanza che separa le due ali dello schieramento politico” in quanto “l’elemento dominante è l’adesione alla prevalenza del mercato autoregolato sull’intervento statale“. Non a caso Prodi fu l’artefice del progressivo smantellamento dell’Iri, della privatizzazione delle banche e dell’industria di Stato, delle prime privatizzazioni (tramite il ministro Bersani).

Altro caso simile è Mario Monti che ha partecipato quasi permanentemente a differente titolo: Presidente del Cda della Università Bocconi, CdA della Fiat, Commissario europeo, consulente di Coca Cola, di Goldman Sachs, presidente europeo della Commissione Trilaterale.

I temi trattati di volta in volta riguardano quattro macroaree principali: a) minacce all’Occidente e alla stabilità; b) rapporti Usa-Europa; c) problemi economici (crisi, inflazione, globalizzazione, finanza, euro, ecc.); d) questioni militari (Nato, cyber guerra, peacekeeping, minacce asimmmetriche, cyber spazio, ecc.).

Gli ultimi quattro incontri dal 2010 hanno raccolto le seguenti categorie: politici e grandi burocrati internazionali (banche, Fmi, ecc.),  finanzieri e industriali. Accanto a questi (30%) si sono accomodati rappresentanti del settore ideologia e conoscenza (think tanks, centri di ricerca, società di consulenza legale e commerciale, scrittori), del settore mass media (dirigenti e proprietari di network tv e carta stampata, giornalisti), gruppi di pressione (lobbies, associazioni di categoria e politiche attive sul tema ecologia), catene commerciali, militari. Nel settore industriale è forte la presenza delle imprese energetiche ed estrattive (Royal Dutch Shell, Bp, Eni), di quelle elettriche (Enel, e la belga Suez-Tractebel) e del nucleare (la francese Areva). Sempre presente dalle origini la Fiat prima con Gianni Agnelli ora con John Elkann.

 Un po’ di nomi

Chi vota Verde avrà piacere di sapere che a queste riunioni hanno partecipato il verde tedesco Jurgen Trittin e l’ex sessantottino Joschka Fischer, ex Ministro degli Esteri del governo Schroeder, consulente dal 2009 nel board della società di cui fa parte la multinazionale energetica tedesca Rwe e che costruisce Nabucco, il gasdotto che collegherà l’Europa all’Azeirbagian senza toccare la Russia.

Le banche e le istituzioni finanziarie rappresentate sono 34 tra cui naturalmente la Banca Mondiale, il Fmi. la Bce, la Deutsche, Barclays, Hsbc, Citigroup, innumerevoli hedge funds e private equity. Per farla breve, ci sono tutte e farne un elenco aumenta lo sconcerto. Tra le testate media troviamo  tutte le grandi: El Pais, Le Monde, Il Sole 24 Ore, Washington Post, Die Zelt, Financial times, Economist (nel cui Cda, insieme a un membro della famiglia Rotschild e altri, siede John Elkann in uno dei suoi tanti ruoli…).

Lilli Gruber. Ha partecipato da invitata alle ultime riunioni del Bilderberg insieme ai colleghi Monica Maggioni (RaiNews24) e Gianni Riotta («La Stampa»)

Lilli Gruber. Ha partecipato da invitata alle ultime riunioni del Bilderberg insieme ai colleghi Monica Maggioni (RaiNews24) e Gianni Riotta («La Stampa»)

Chi ha fiducia nell’informazione, avrà piacere di sapere che hanno presenziato agli ultimi incontri Gianni RiottaFerruccio De Bortoli, Gianfelice Rocca, Lucio Caracciolo (LimesEspresso), Marco Panara (Repubblica), e Lilli Gruber che nel suo programma su La7 ospita personaggi politici ed economici di primo piano tra cui ovviamente i suoi sodali bilderbergs Riotta e Rocca in una partita di giro molto eloquente…

Quello che colpisce di più nel leggere la lunga lista di nomi, imprese, banche , ecc. è l’interattività, la molteplicità dei ruoli e l’onnipresenza dei bilderbergs in ogni piega del potere economico, produttivo e finanziario. Leggere questo libro di Moro deve servire a conoscere se non altro i nomi e le connessioni dei singoli ai grandi apparati, ad avere consapevolezza dei più grandi scenari e dei legami tra gli attori.

 La Commissione Trilaterale

David Rockefeller

David Rockefeller

Stessa cosa per la Commissione Trilaterale, fondata nel 1973 su iniziativa di David Rockefeller(onnipresente), Henry Kissinger, Zbigniew Brzezinski (Consigliere Sicurezza Nazionale di Carter),Kiichi Miyazawa (ex ministro delle Finanze giapponese) per integrare a livello mondiale la settorialità solo Occidentale del Bilderberg. Il periodo è critico per il controllo Usa del mondo: lotte sociali in europa, protesta per la guerra in Vietnam che sta andando male, varie lotte anticapitaliste e anticolonialiste, la crescente consapevolezza dei rischi all’ambiente globale, la guerra del Kippur con conseguente crisi petrolifera.

La Trilaterale allarga la cooperazione capitalista all’estremo Oriente per enfatizzare la necessità di coordinarsi ma anche per darsi scopi più ampi rispetto al Bilderberg e un programma “… che rivela la natura della Trilaterale come quella di una vera organizzazione sovranazionale e ben strutturata invece che un semplice forum di discussione o club di personaggi influenti“. I rapporti tra le due organizzazioni sono comunque molto stretti tanto da rasentare la sovrapposizione. Così nella Trilaterale troviamo per esempio ancora Rockefeller e Mario Monti in ruoli direttivi.

Oggi la Trilaterale conta 401 membri scelti su base nazionale col metodo della cooptazione ed è finanziata dalle grandi corporation. L’attuale Presidente del gruppo europeo è Jean-Claude Trichet (ex governatore della Banca di Francia e ex presidente Bce) che è anche membro dello Steering Committee del Bilderberg, presidente dell’Istituto Bruegel, considerato il primo think tank europeo per impatto sulle politiche pubbliche e membro del G30, organizzazione che raggruppa i maggiori esponenti della finanza internazionale (anche Draghi) e che, secondo il Corporate Europe Observatory “si è dimostrato negli anni un mezzo molto efficace… per influenzare il processo legislativo mondiale“. Tra il 2010 e il 2011 fu Monti il Presidente del Gruppo Europeo della Trilaterale che si dimise per fare il presidente del Consiglio in Italia.

Interessante sapere che il presidente del Gruppo Nordamericano è certo Joseph S. Nye, ex preside della JFK School of Government dell’Università di Harvard, presidente del National Intelligence Council e assistente del Segretario alla Difesa per la sicurezza internazionale nell’amministrazione Clinton. Nello stesso Gruppo troviamo David Rubenstein, co-fondatore del Gruppo Carlyle (v. nota 14 bis in «Maverick», Gruppi di élite, segretezza, sicurezza nazionale e innovazioni tecnologiche: un problema di democrazia), John Negroponte, già vicesegretario di Stato Usa, direttore dell’intelligence, ambasciatore Usa  all’Onu e in Iraq, nonchè Madeleine Albright, ex segretario di Stato con Clinton, e Richard Fisher, presidente della Fed di Dallas, Texas, ex responsabile per l’implementazione del Trattato Nafta e dell’ingresso della Cina nel WTO, e poi il solito Henry Kissinger.

 Gli italiani della Trilaterale

Marta Dassù, sottosegretario alla Difesa del governo Monti e molto altro.

Marta Dassù, sottosegretario alla Difesa del governo Monti e molto altro.

E veniamo agli italiani che a oggi nella Trilaterale hanno 18 posti + 1 (Ferdinando Beccalli Falco, rappresentante della General Electric americana, forse la più potente corporation mondiale). Sei stanno anche nel Bilderberg: John Elkann, Enrico Letta, Gianfelice Rocca, Marco Tronchetti Provera, Enrico Cucchiani (Allianz, Intesa Sanpaolo) e Mario Monti; Gli altri sono Paolo Colombo (Pres. Telecom e precedente Pres. Enel), Giuseppe Recchi (Eni), Alessandro Pansa (Bocconi e Finmeccanica),Marcello Sala (Intesa Sanpaolo), Maurizio Sella (Banca Sella e Abi), Giuseppe Vita (Unicredit), l’ Ammiraglio Giampaolo Di PaolaMarta Dassù (sottosegretario difesa governo Monti, ora Finmeccanica e direttore di Aspenia, pubblicazione dell’Aspen Institute Italia, tink tank con presidente Tremonti – v. anche «Maverick», Disclosure. Atto primo?), Monica Maggioni (dir. Rainews24, Euronews), Carlo Secchi (Bocconi), Ferdinando Salleo (ex segretario generale della Farnesina quando era Ministro degli esteri suo cugino Antonio Martino, Pdl). tra i momentaneamente sospesi c’è Federica Guidi che è stata nominata ministro allo Sviluppo nel governo Renzi.

Federica Guidi, ministro dello Sviluppo col governo Renzi.

Federica Guidi, ministro dello Sviluppo col governo Renzi.

È  un capogiro di nomi e sigle che ritroviamo sia nel Bilderberg che nella Trilaterale: nomi e aziende sono tante ma il fulcro è costituito basilarmente dalle stesse in un gioco continuo di scatole comunicanti. A leggerle viene  a tutta prima una reazione di scoramento nel constatare che si è in presenza di un vero Potere Globale privato, sconosciuto al cittadino comune, di un network senza legittimazione democratica che indirizza e coordina le politiche economico-finanziarie del mondo e che, tramite il personale politico nazionale e i grandi manager, influenza la vita di tutti determinando le politiche e adattandole alle realtà locali in direzione univoca: liberare risorse pubbliche per lasciarle gestire al mercato, metterle in circolo in quel gran flusso di capitali in libertà, svincolati dai limiti statali e nazionali, per essere preda dei più forti e dei più spregiudicati. In questo mare di denaro i subprime e derivati giocano un ruolo fondamentale il cui controllo, secondo Henry Kissinger, è il compito strategico dell’élite mondiale (la Goldman Sachs, il cui presidente siede in entrambe le organizzazioni, ha 70 mila miliardi di dollari in derivati, che è stata definita “una gigantesca piovra vampiro“, è tra i maggiori responsabili della crisi dell’euro e della crisi dei mutui subprime avendo istigato le autorità greche a falsificare i bilanci per entrare nell’euro e avendo guadagnato dall’instabilità della moneta unica e dall’aumento dei tassi di interesse dei debiti sovrani determinatisi al momento della verità). Intelligence e militari ne sono partecipi, godono dei contributi legali e neri dei governi i cui ministri mangiano alla loro stessa tavola; in cambio ne sono ovviamente i cani da guardia.

Vi chiederete: e Berlusconi? Ne è rimasto al di fuori perché da sempre estraneo agli interessi delle famiglie maggiori del capitalismo italiano. E’ risaputa la polemica imbastita più volte contro di lui dall’ Economist(nella cui proprietà c’è la famiglia Agnelli). Inoltre non hanno certo giovato a B. le relazioni “pericolose” con Putin, Gheddafi e qualche ducetto asiatico. Qualcuno si ricorderà che lo stesso giornale, dopo aver sostenuto Bersani e Monti, pubblicò in copertina le immagini di Berlusconi e Grillo con il titolo Nelle Mani dei Clown (2.3.2013). Non è un caso: in Italia, il capitale transnazionale ha trovato i suoi referenti politici molto più nel centrosinistra che nel centrodestra, Renzi incluso.

 Invincibili? Sì e no…

Sono dunque mostri invincibili quelli che Domenico Moro ha molto ben descritto? Sì e no. Sì, perché la forza del capitalismo transnazionale è immensa e comprende quasi tutti i fattori di controllo dell’umanità: denaro, produzione, capacità di analisi, intelligence, i militari, i media, la tecnologia, tutti gli apparati. Una lotta locale o di portata anche più ampia sembrerebbe non avere scampo di fronte a tali risorse. In fondo, hanno trovato il modo di vincere finora “aggirando” lotte sociali, problemi e insidie locali proiettandosi sullo scenario mondiale.

Sì perché di fatto, malgrado ritardi, contrattempi e qualche breve arretramento, le cose nel mondo vanno tutto sommato nella direzione necessaria al capitalismo transnazionale.

Sì perché – e qui sta il link con le argomentazioni dei complottisti – non è escluso, anzi è sempre più percettibile ai ricercatori, che all’interno dell’élite globale non si nascondano altre élite più sommerse che si alimentano dei flussi finanziari speculativi in libertà e dei fondi neri dei governi mondiali, che controllano trasversalmente settori cruciali, che nascondono segreti strategici legati alle risorse ambientali, alla scienza, al controllo e alla colonizzazione dello spazio. Difficile comunque contestare interamente, come vorrebbe l’autore, l’approccio complottista se non altro perché dal quadro che egli stesso dipinge emerge una realtà semiocculta, non democratica, con mezzi enormi, nei cui ranghi possono verosimilmente esistere vari livelli di consapevolezza, conoscenza, need to know. Una sensazione suggerita dalla stratificazione interna all’élite globale: all’origine, al controllo e con le maggiori risorse è un ristretto numero di famiglie e di nomi ricorrenti.

No, perché hanno dei punti deboli che coloro che cercano cambiamenti di politica sociale devono conoscere.

Innanzitutto, il capitalismo transnazionale è un fronte solo apparentemente compatto. Entro di esso c’è una competizione selvaggia che si trasforma spesso in sorde lotte nel backstage: tutti d’accordo sulle linee strategiche ma poi ognuno per sé e peggio per gli altri. Bilderberg, Trilaterale & soci fungono quasi da momenti di appeasement di tale lotta dietro le quinte: parliamoci.

Inoltre, malgrado la presenza globale e il controllo dell’informazione e della forza militare, non sono infallibili: per esempio, non hanno previsto le primavere arabe e non prevedono tutti i rivolgimenti sociali; vengono colti di sorpresa da crisi locali che si fanno in fretta globali. E allora devono correre ai ripari per tappare le falle.

E infine, secondo Samuel Huntington, studioso di geopolitica (e consulente della Trilaterale) (2), hanno un nemico dichiarato (una volta erano i comunisti): la cosiddetta “cultura antagonista”, “… una minaccia rilevante proviene dagli intellettuali e dai gruppi collegati che asseriscono la loro avversione alla corruzione, al materialismo e all’inefficienza della democrazia, nonché alla subordinazione del sistema democratico al capitalismo monopolistico“. E’ la governabilità della democrazia che non è facile, specie quando, a detta di Gianni Agnelli, “… si decompone la base sociale della democrazia…con la formazione di intellettuali che si schierano all’opposizione e di giovani estranei alla vita sociale…con gli squilibri che derivano dalla democrazia stessa“.

E allora, gli interessati, leggano questo libro, riflettano e si diano da fare: non tutto è perduto per il cambiamento ma serve tanto realismo e poca ideologia.

Domenico Moro, Il Gruppo Bilderberg, Aliberti editore, Reggio Emilia 2014, euro 14.

 Note

(1) Viene in mente la definizione SIM (Stato Imperialista delle Multinazionali) usata a suo tempo dalle Brigate Rosse che sfiorava il concetto di quanto effettivamente si stava trasformando nel capitalismo proprio nei primi anni Settanta. Le Br comprendevano meglio e prima di altri?

(2) S. Huntington, M. Crozier, J. Watanuki, La crisi della democrazia, Franco Angeli, Milano 1977.

F.S. 12.08.14

Hiroshima 6 Agosto 1945 – 6 agosto 2014: Il sonno disturbato delle vittime dell’atomica

Grazie all’alleato Komeito, partito di espressione della Sokagakkai, saltando tutte le prassi parlamentari Abe ha cominciato a trasformare il Giappone, costituzionalmente pacifista, in un Paese che usa le armi all’occorrenza e le può vendere a volontà a chiunque.

Sono le 23.55.

Lo diceva l’ultimo annuncio dato dal Bulletin of the Atomic Scientists di Chicago riguardo al Doomsday Clock, l’orologio dell’apocalisse. Era a fine dello scorso gennaio. Chissà se la lancetta è rimasta ferma nonostante le ultime tensioni internazionali, soprattutto nel Medio Oriente e in Ucraina.
Eppure i fenomeni più inquietanti che influenzano l’orologio potrebbero arrivare da più lontano, da un paese che pochi se l’aspetterebbero: il Giappone.

Poco o nulla di ciò trapela, purtroppo, dalla Dichiarazione di Pace di Hiroshima che, come ogni 6 agosto, stamani veniva pronunciata dal sindaco Kazumi MATSUI – del partito al Governo di Tokyo – alla commemorazione della tragedia che rase al suolo la città e per questo la rese famosa in tutto il mondo. La prima bomba atomica sganciata su un centro abitato uccise 140 o 150 mila persone in pochi mesi.

Sono passati 69 anni da allora e il totale delle vittime decedute si avvicina alla soglia dei 300 mila (dei 350 mila che si sima vivessero a Hiroshima all’epoca); ogni anno durante la cerimonia i nuovi fascicoli con i nomi registrati vengono depositati nel memoriale con uno scritto “Riposate in pace poiché non ripetiamo l’errore”.

Non ripetiamo l’errore, appunto, della guerra. Per 69 anni, in effetti, malgrado tutto, i giapponesi hanno perlomeno mantenuto questa promessa. Se si considera il loro passato, non è poco.
Ora, invece, la promessa potrebbe venire a meno. Quest’anno molti giapponesi stanno affrontando gli anniversari di Hiroshima e Nagasaki con uno stato d’animo assai diverso dal passato. Perché?

Tutto è iniziato con l’insediamento dell’attuale governo nel dicembre 2012 guidato da Shinzo Abe, ultra-nazionalista e militarista che adora il proprio nonno, Nobusuke Kishi. Kishi fu ex criminale di guerra di classe A nella Seconda guerra mondiale che, nel pieno della guerra fredda, rispuntò come Primo ministro per spingere il Giappone al riarmo con la firma del trattato di mutua cooperazione militare con gli Stati Uniti reprimendo le fortissime contestazioni popolari.
Per realizzare questo suo sogno di sempre, il nipote sessantenne sta lavorando con una sbrigliatezza senza pari; forte della maggioranza assoluta che vi dispone grazie all’alleato Komeito (della Sokagakkai), saltando tutte le prassi parlamentari Abe ha cominciato a trasformare il Giappone costituzionalmente pacifista che nega allo Stato il diritto di belligeranza – più radicale della Costituzione italiana – in un Paese “normale” che usa le armi all’occorrenza non solo propria ma anche dei paesi alleati e le vende a volontà a chiunque.

Già a metà dello scorso giugno Abe aveva mandato il viceministro della difesa all’Eurosatory di Parigi, la più grande fiera di armi nel mondo. Il viaggio era per benedire una nutrita delegazione di gruppi industriali giapponesi. Tra l’altro, tra le aziende figuravano naturalmente i famosi tre costruttori di impianti nucleari, Hitachi, Toshiba e Mitsubishi di cui Abe funge da instancabile promoter perché è sempre in giro per il mondo per firmare degli accordi di esportazione e collaborazione, dall’Europa all’ Asia e aell’America Latina, in barba ai danneggiati e ai dannati di Fukushima.

E l’energia nucleare gioca ancora un ruolo chiave, forse più che mai ora che tutti i reattori sul territorio sono fermi e lasciano inutilizzata una quantità esorbitante di plutonio – l’ingediente della bomba di Nagasaki. Ciò risultava eccessivo anche per l’IAEA, che nella primavera scorsa aveva scoperto l’omissione del governo giapponese nell’ultima dichiarazione: di 640 kg di Plutonio con cui si potrebbero fabbricare circa 80 bombe.

Ma tornando alle armi, insomma, l’Eurosatory era una specie di debutto ufficiale del nuovo Giappone di Abe sul palco internazionale.

E come ha fatto Abe liberalizzare gli affari della guerra da un giorno all’altro?
Grazie alla sua grande capacità di dire bugie e di ignorare ogni opinione diversa dalla propria, è stato piuttosto semplice: un piccolo trucco nella linea guida ereditata dai precedenti governi per decenni, cioè di sostituire “Tre principi sull’esportazione delle armi” con “Tre principi su trasferimento degli equipaggiamenti e tecnologia di difesa”, senza, però, dimenticare di modificare per bene il contenuto. E’ stato così eliminato ogni limite sui destinatari, comprese le zone dove un conflitto è in corso.

Dopo di ché l’ostacolo, considerato il più grosso da tutti i suoi predecessori, è stato superato (più precisamente aggirato) il primo luglio, quando ha decretato un cambio di “interpretazione” della Costituzione: ora, il Giappone può mandare i suoi soldati a combattere in ogni angolo del Pianeta dove i suoi alleati (cioè gli Stati Uniti) hanno bisogno di rinforzi.

Naturalmente, metterlo in pratica sarà molto meno semplice. Occorre riformare una serie di leggi, cambiare le regole di molte strutture a cominciare dall’esercito di auto-difesa. Ad esempio, i soldati giapponesi non possono partecipare a nessuna azione di uccidere, almeno per ora. Dicono che, se verrà modificato questo termine del contratto, molti potrebbero abbandonare la divisa. Allora, occorrerà ripristinare la leva, prevedono i politici anziani. E il braccio destro di Abe auspica perfino il patibolo per i disertori.

Forse stentate a crederci, a ridere sopra? Magari potessimo anche noi scherzarci. Ma, vari sondaggi d’opinione pubblica ci riferiscono una grande preoccupazione dei giovani e le manifestazioni di protesta sono ormai quotidiane in varie città dell’arcipelago. Neanche i morti di Hiroshima potranno più riposare in pace. Ecco perché temiamo seriamente che il Giappone possa influire sulla lancetta dell’orologio dell’apocalisse. Con tutte le tecnologie avanzate e il popolo disciplinato, sarebbe capace di spostarla .

Più avanti o più indietro non è ancora stato detto, però. Dipenderà molto dai cittadini, dai giovani in particolare, e della loro capacità di unirsi, allearsi con i cittadini di altri paesi, nell’Asia e altrove.

Yukari Saito 06.08.14
per Centro di documentazione Semi sotto la neve

LUC MICHEL: QUE SAIT-ON DE LA PANDEMIE EBOLA ?

Le duplex de Bruxelles avec ‘Afrique Media TV’ de ce 10 août 2014

Filmé en direct par PCN-TV à Bruxelles PCN-TV - AMTV LM que sait-on d'Ebola (2014 08 10) FR 2

Que sait-on de la pandémie Ebola ? Des origines du virus ?

Luc MICHEL répond avec les informations certaines sur ce dossier, expose les hypothèses sérieuses sur les virus Ebola et Hiv (Sida).

Ensuite il explique les intérêts en jeu et le poids de l’industrie et des lobbies pharmaceutiques … PCN-TV - AMTV LM que sait-on d'Ebola (2014 08 10) FR 1

PCN-TV - AMTV LM que sait-on d'Ebola (2014 08 10) FR 3

Video intégrale sur : https://vimeo.com/103607490

 Luc MICHEL sur AFRIQUE MEDIA TV

dimanche 10 août 2014 dans le ‘Débat panafricain’

avec Bachir Mohamed Ladan.

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 https://vimeo.com/pcntv

https://www.facebook.com/PCN.NCP.TV

Non lavora un italiano su due, peggio di noi solo la Grecia

quante opportunità per le risorse in arrivo……loro non sono choosy
Ecco perché il tasso di occupazione è del 48%, gli italiani sono choosy

Dopo l’inutile campagna elettorale per le europee e l’inconsistenza del fronte no-euro, limitato ai piccoli numeri della Lega Nord e di Fratelli d’Italia, diventano sempre più vistosi gli effetti della “cura” dell’Eurozona, che – come previsto – colpisce l’Italia con inaudito vigore. Una catastrofe annunciata, confermata ogni giorno dall’economicidio del paese (fallimenti, chiusure, licenziamenti) e ribadita anche dal centro studi della Cgil, l’associazione Bruno Trentin: l’Italia sconta un tasso di occupazione di appena il 48,7%. In pratica, non lavora neppure un italiano su due. Cifra superiore solo a quella della Grecia, dove però il tasso di disoccupazione supera il 25%, mentre in Italia è al 12,2%, tristemente in linea con la nuova media europea dopo l’introduzione della moneta unica. Il nostro paese si colloca così al penultimo posto nell’Eurozona. Lo studio della Cgil evidenzia «l’anomalia italiana del tasso di occupazione», a 48,7%, di quasi 8 punti inferiore alla media dell’Eurozona, che è a quota 18%.
La peculiarità italiana, afferma la Cgil elaborando la documentazione ufficiale dell’Istat sulla forza lavoro, appare ancora più chiara osservando i dati relativi ad alcuni tra i paesi europei più colpiti dalla crisi, come Spagna, Grecia, Portogallo e Irlanda: il tasso di disoccupazione registrato nel 2013 è superiore al nostro, ma in compenso il tasso di occupazione, con la sola eccezione della Grecia, è più alto di quello italiano. Nello studio, l’anomalia italiana è spiegata «con l’altissima percentuale di popolazione inattiva, che nel nostro paese supera il 44%, a fronte di una media europea del 36%». In Italia ci sono infatti circa 20 milioni di persone, in età compresa tra i 15 e i 74 anni – studenti, pensionati, casalinghe o ex lavoratori rassegnati – che semplicemente non cercano più lavoro. Tra queste, però, quelle inattive che vorrebbero lavorare, considerate dall’Istat come “forze lavoro potenziali”, ci sono oltre 3,2 milioni di italiani.
I disoccupati-fantasma non figurano formalmente tra i senza lavoro, perché non sono compresi nelle due classificazioni standard: persone presenti nelle liste di collocamento e disponibili a lavorare. In realtà, precisa la Cgil, almeno 2,3 milioni di individui inclusi in questa categoria si dichiarano esplicitamente disoccupati e un lavoro lo vorrebbero subito. Secondo l’associazione Bruno Trentin, si tratta di un consistente «esercito di disoccupazione di riserva», che non sarebbe corretto sommare automaticamente ai dati ufficiali della disoccupazione ma che «insieme al tasso ufficiale di disoccupazione, salito al 13,6% nel primo trimestre dell’anno, fornisce un quadro reale di quella che è la drammatica situazione del lavoro nel nostro paese». Sempre più tasse, zero investimenti,tagli alla spesa pubblica, niente incentivi, nessuna politica industriale e credito proibitivo. I redditi crollano, l’economia perde i pezzi, il debito pubblico esplode. Aspettando la mazzata finale del Fiscal Compact. Nessuno spiraglio: Renzi, insieme a Hollande, ha sostenuto la candidatura tedesca di Juncker alla guida dell’Ue. Non si cambia politica, la fine dell’Italia è già scritta.
http://informazioneconsapevole.blogspot.it/2014/08/non-lavora-un-italiano-su-due-peggio-di.html