LA PROPAGANDE DE KIEV S’EFFONDRE : AUCUNE ‘OPERATION ANTI-TERRORISTE’ AU DONBASS MAIS BIEN ‘UNE GUERRE CIVILE’ DIT LE CICR !

Luc MICHEL pour PCN-INFO / Avec Belga – CICR – PCN-SPO – lucmichel.net/

2014 07 23 /

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PIH - LM cicr guerre civile en ukraine (2014 07 23) FR

Le CICR considère que « l’Ukraine est en état de guerre civile ». C’est un pan entier de la propagande de la Junte de Kiev qui s’effondre. Car du coup les lois de la guerre s’appliquent totalement, notamment sur la protection des civils, les droits des prisonniers de guerre (notamment à ne pas être humiliés et maltraités), les crimes de guerre et les armes interdites. Et surtout le prétexte qui couvrait la sale guerre de Kiev au Donbass et la répression au sud-est d’Odessa à Marioupol et Slavyansk ne tient plus. Par ailleurs les complices des crimes de guerre de Kiev, que Obama ou le président polonais ont approuvé, à commencer par l’usage de l’aviation contre son propre peuple, en portent aussi la responsabilité.

 UNE CONSEQUENCE JURIDIQUE CONNEXE :

TOUTES LES PARTIES BELLIGERANTES RECONNUES DE FACTO

 Enfin, conséquence juridique qu’ignore visiblement Belga et les agences occidentales, selon le Droit de la Guerre, toutes les parties belligérantes, et donc les Républiques de Donetsk et Lugansk et l’Armée du Donbass, obtiennent une reconnaissance juridique de facto.

 « UNE SITUATION DE GUERRE CIVILE » (CICR)

 Depuis Genève, le Comité international de la Croix-Rouge (CICR) considère que les combats en Ukraine constituent une « situation de guerre civile » et exhorte « toutes les parties à respecter le droit international humanitaire », a-t-il indiqué ce mercredi. Cette qualification de guerre civile permet de poursuivre en justice les auteurs d’infractions graves du droit international humanitaire comme les crimes de guerre, notamment devant les tribunaux pénaux internationaux.

 Le CICR a déjà fait part de sa position concernant l’Ukraine de manière bilatérale avec les parties, mais l’organisation basée à Genève n’avait pas encore fait part publiquement de sa position. « Les combats dans l’est de l’Ukraine continuent de faire des victimes parmi les civils, et nous demandons instamment à toutes les parties de respecter le droit international humanitaire, aussi connu sous le nom de droit des conflits armés », a déclaré Dominik Stillhart, directeur des opérations du CICR, cité dans un communiqué. « Ces règles et principes s’appliquent à toutes les parties au conflit armé non international (habituellement appelé guerre civile, ndlr) en Ukraine, et imposent des restrictions sur les moyens et méthodes de guerre que les parties au conflit peuvent utiliser ».

 KIEV VIOLE LE DROIT INTERNATIONAL HUMANITAIRE

 Le Droit international humanitaire s’applique à tous les types de conflits armés internationaux ou non-internationaux. Les quatre Conventions de Genève de 1949, les deux Protocoles additionnels de 1977 et le Protocole additionnel de 2005 constituent les piliers du droit international humanitaire. Selon ces documents, les attaques ne peuvent viser que des objectifs militaires. Toute attaque dirigée contre des civils ou des biens civils est interdite et toute attaque contre des objectifs militaires est interdite si elle est de nature à infliger des pertes excessives à la population civile ou des dommages disproportionnés à des équipements civils ou à l’environnement.

 Le CICR souligne par ailleurs que M. Stillhart est arrivé en Ukraine pour discuter avec les parties concernées de la situation générale, ainsi que des efforts visant à rapatrier les dépouilles du crash de l’avion de la compagnie Malaysia Airlines survenu le 17 juillet en zone rebelle dans l’est de l’Ukraine et qui a fait 298 morts.

 Luc MICHEL

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Giornata storica per il movimento No Tav

I comuni della Val di Susa non si sottomettono ai diktat della politica piemontese e il campeggio No Tav itinerante porta con sè importanti decisioni politiche a Bussoleno

 di Gabriella Tittonel

Pietra miliare quella posta ieri nella più che ventennale storia del movimento no tav, sul confine tra i comuni di Bussoleno e Susa, in località “Isolabella”.

 

Qui infatti si è tenuto uno specialissimo consiglio comunale, indetto dal sindaco bussolenese Anna Allasia, al quale hanno aderito ventitre comuni della Valle, tutti uniti da uno stesso impegno, quello della adesione ad una delibera, approvata, nel corso del consiglio dai consiglieri di maggioranza e minoranza di Bussoleno e questo sui terreni che, secondo i progetti redatti dall’LTF, dovrebbero essere espropriati per diventare area di interconnessione fra la linea ferroviaria attuale e quella in progetto della stazione internazionale di Susa.

“Un progetto questo dichiarato prioritario, importante, ma senza tener conto delle istanze della popolazione e questo determinando soppressione delle linee ferroviarie attuali, con danni economici e impatti ambientali notevolissimi…. il no a tutto questo non è un lusso ma un passaggio ineludibile e quindi deliberiamo l’assoluta contrarietà all’ipotesi di nuove linee, sottolineiamo il nostro no alle compensazioni, trattandosi invece di opere necessarie da anni” – così ha sottolineato il primo cittadino Allasio.

“Dicevano che su quest’opera la Valle di Susa fosse ormai pacificata, ma le elezioni hanno dimostrato il contrario, il compito dell’osservatorio è fallito, da soggetto tecnico è diventato politico … le compensazioni così “barattate” non le vogliamo , ospedali, scuole sicure, sono un nostro diritto… dove ci saranno proteste noi amministratori ci saremo, con spirito di unione e collaborazione…. Sono pronto al dialogo, ma non con Virano, certo è difficile trovare degli interlocutori, perché la politica torinese è in una fase di rimbecillimento.. come si fa, con i problemi attuali, sostenere un’opera inutile come quella del tav?” – così ha ribadito con forza il sindaco di Susa Sandro Plano.

Dopo il suo numerosi altri interventi di sindaci ed amministratori si sono susseguiti: per tutti l’impegno assunto è ora quello di portare all’approvazione la delibera in tutti i consigli comunali.
Intanto, mentre Susa lo ha già fatto, anche Condove vuolerevocare la nomina del tecnico nell’Osservatorio. E in questo aria nuova, portata dai tanti nuovi amministratori, a settembre si dovrebbe concretizzare la nascita dell’Unione dei Comuni della Bassa Valsusa.

G.T. 23.07.14

Proteste no Tav, bloccata per 15 minuti l’autostrata Torino-Bardonecchia

http://www.torinotoday.it/cronaca/bloccata-autostrada-torino-bardonecchia-no-tav.html

TorinoToday

Sempre in mattina, vi è stato, inoltre, un blitz anarchico alla ditta Martina di Susa che ha visto coinvolto un gruppo di circa 50 antagonisti, accampato nella frazione San Giuliano di Susa

Redazione 23 Luglio 2014

No Tav agiscono di nuovo. Stamane hanno bloccato per circa 15 minuti l’autostrada Torino-Bardonecchia all’altezza di Giaglione.

In mezzo alla carreggiata in direzione Bardonecchia sono stati piazzati due bagni chimici ed uno striscione con su scritto: “Francesco, Lucio e Giuliano liberi. Paladino e Rinaudo non ci fermerete mai“, in riferimento agli anarchici milanesiarrestati pochi giorni fa per un assalto avvenuto al cantiere Tav nel maggio 2013.

Sempre in mattina, vi è stato, inoltre, un blitz anarchico alladitta Martina di Susa che ha visto coinvolto un gruppo di circa50 antagonisti, accampato nella frazione San Giuliano di Susa.

Gli anarchici, intorno alle sette di stamane, sono entrati nel cortile della ditta ed hanno danneggiato una piccola parte di un escavatore. Successivamente hanno dipinto varie scritte sui muri della stessa ditta, usando della vernice colorata.

L’azienda in questione ha eseguito alcuni lavori per la Tav ed alcuni ex responsabili sono stati indagati in passato dalla Procura di Torino per alcuni reati finanziari comunque non inerenti all’opera dell’alta velocità.

Il gruppo di antagonisti che stamane si sono introdotti all’interno della ditta Martina, aderiscono alla marcia No Tav iniziata ieri e della durata di 10 giorni, che li porterà nei luoghi cardine del cantiere a manifestare contro l’opera.

Parvus: l’occulto artefice della rivoluzione russa.

http://www.sitocomunista.it/marxismo/Altri/parvus.htm

Pochi al di fuori del giro degli storici, credo che abbiano mai sentito nominare Alexander Israel Helphand, più noto con lo pseudonimo Parvus. Nei libri di storia a scuola e perfino all’università personalmente non ricordo di averlo mai incontrato. Eppure Parvus con la Luxemburg, Lenin e Trockij è una delle “quattro figure storiche che all’alba del secolo hanno elaborato il comunismo contemporaneo” e dei quattro – scrive Zveteremich – “fu il primo in assoluto, colui che non solo cronologicamente, precedette tutti.”

1987: Pietro Zveteremich pubblica “Il grande Parvus” la prima biografia completa, aggiornata e sganciata da diatribe politiche che sia stata mai pubblicata su questo personaggio difficilmente inquadrabile; ci viene in aiuto in questo senso il sottotitolo: “politico, visionario, economista e grande manager: la vita avventurosa di un rivoluzionario scomodo amico di Trockij e di Lenin che diagnosticò la crisi del socialismo reale”. Ma anche questa risulta ancora una definizione molto parziale di Parvus, che solo sfogliando il libro ci appare subito, per la sua poliedricità e genialità, come una figura unica nella storia del nostro secolo.

Una figura di cui per molto tempo si è voluta occultare l’importanza sia in Germania che in Russia, i due paesi dove l’influenza di Parvus sulla vita e le scelte politiche dei governi fu spesso determinante. Non è esagerato affermare che senza di lui la presa del potere da parte di Lenin non ci sarebbe mai stata: Parvus è senza dubbio l’ideatore e artefice del famoso viaggio di ritorno in treno di Lenin in Russia. Egli si mosse in accordo con i più alti vertici del potere in Germania e sperò in una rivoluzione democratica nel suo paese, che mirasse subito alla pace con la Germania e che fosse premessa di una pace duratura in Europa. Parvus ben presto si pentì di aver spedito i bolscevichi in Russia, che sperava in qualche modo di dirigere dalla Germania, ma che in realtà una volta al potere sopratutto nella persona del loro leader, non potevano ammettere che la loro “rivoluzione” potesse essere stata programmata a tavolino negli uffici ministeriali di Berlino. Troppo temibile per Lenin, a Parvus quindi non fu mai concessa la facoltà di tornare in Russia, a lui che era stato il primo a teorizzare lo sciopero politico di massa ed a sviluppare l’idea della rivoluzione permanente, a lui che Trockij definì “la più eminente figura marxista della fine del secolo scorso e degli inizi del nostro.”

Parvus negli scritti e nei suoi saggi spessissimo anticipa e definisce con stupefacente lungimiranza realtà che si verranno a creare. 1917: “Se voi annientate il Reich fate del popolo tedesco l’organizzatore della prossima guerra mondiale”; 1907: “l’avvenire dell’industria europea non sta nelle colonie, ma nell’unione economica.”
A questo proposito sin dall’inizio del secolo Parvus sosteneva l’idea di un Europa unita e forte: (1901!) “nessuno (oggi) dice che l’avvenire industriale appartiene all’America e alla Russia… La formazione di un’Europa unita sarà una necessità sempre più pressante del mercato mondiale.”
Mi piace in quest’ambito citare un giudizio di Parvus sulla Lega delle Nazioni, che credo ancora attuale se riferito all’ONU e se si sostituisce la parola Germania con quella di qualche altro stato: (1918) ”La Lega delle nazioni auspicata per costruire la pace su base democratica non venga ora seppellita facendone una coalizione di stati militari, escludendone la Germania o assegnandole un posto umiliante. La lega deve essere un’alleanza di pace e non una lega che costringe alla pace. Deve poggiare sulla comunanza di interessi delle nazioni unite e non sull’assoggettamento delle une alle altre.”

Parvus muore a Berlino nel 1924, lasciando, a dispetto del suo pseudonimo, un alone di quasi misteriosa leggenda e Zveteremich proprio inseguendo questa “leggenda”, trasmessagli direttamente dal padre che aveva conosciuto personalmente Parvus, ha voluto dedicarsi ad un lavoro che desse più luce e corpo ad una personalità a cui la storia dei fatti ha spesso dato ragione ma alla quale ancora la “storia degli storici” deve rendere giustizia.

* da http://www.russianecho.net/contributi/speciali/zveteremich/parvus.html


Parvus ha recentemente acquisito una certa notorietà perché qualcuno sostiene che i falchi del Pentagono – e in particolare la lobby raccolta intorno a Cheney – abbiano “arruolato” vari ex trotzkisti che, proprio riprendendo le elaborazioni di Parvus sulla “rivoluzione permanente”, hanno elaborato la teoria dell’esportazione della guerra preventiva in tutto il globo; non sarebbe la prima volta, ovviamente, che ex comunisti si mettono al servizio dell’avversario, ma ci pare che qui si sia nella pura illazione: Trotskij, e Parvus con lui, al servizio dell’imperialismo: non è che sia proprio una tesi nuovissima…

Oscar Sanguinetti

Il grande Parvus

La ricostruzione dettagliata della figura e dell’importanza di uno dei personaggi di maggior peso della Rivoluzione negli anni a cavallo fra il secolo XIX e il XX, antesignano della stretta collaborazione fra alta finanza e internazionale socialcomunista.
Sia gli studiosi del movimento socialista del periodo a cavallo fra l’Ottocento e il Novecento, sia gli storici che si sono occupati delle origini della Rivoluzione d’Ottobre, sia – ancora – quanti hanno indagato sui risvolti “discreti” – se non segreti – della storia contemporanea, si sono imbattuti nella figura per molti versi enigmatica e apparentemente contraddittoria di Izrail Lazarevic Gel’fand, detto “Parvus”.
Visto, di volta in volta, come “rivoluzionario di professione”, come “capitalista rosso” oppure come eminenza grigia della Rivoluzione mondiale, come genio dell’intrigo ad alto livello, il personaggio è sempre illuminato da una luce sinistra, che non ha però mancato di lasciare in ombra molti aspetti della sua personalità, forse fra i più significativi: già la varietà di trascrizioni del suo cognome – Gel’fand, Helphand, Gell’font -, il mutamento del nome da Izrail in Alexander nel 1894 e il numero degli pseudonimi assunti – “Ignatieff”, “Unus”, “I.H.” e, finalmente, “Parvus” – testimoniano della multiformità del soggetto e della sua irrequietezza.
Frequentemente citato in relazione all’episodio del “treno piombato” che ricondusse in Russia, nel 1917, Vladimir Ilich Lenin e altri rivoluzionari esuli in Svizzera, soltanto abbastanza di recente si è cercato di esaminare più da vicino e con maggiore ampiezza di prospettiva l’opera di Izrail L. Gel’fand. Fra gli studi più significativi si possono ricordare una biografia completa edita a Londra nel 1965 (1), le pagine a lui dedicate dallo storico inglese Michael Pearson (2) e da Enzo Bettiza (3), ma – soprattutto – lo scritto di Aleksandr Solzenicyn, Lenin a Zurigo. Capitoli (4), con molta probabilità la ricostruzione letterariamente più efficace e pregevole dell’animus sia di Parvus che di Vladimir I. Lenin.
Nel 1988 Pietro A. Zveteremich ha effettuato un tentativo di uscire da questa situazione di frammentarietà e di disegnare un panorama completo e aggiornato della vita del rivoluzionario dando alle stampe Il grande Parvus (5). In quest’opera corposa – si articola in quindici capitoli e comprende un epilogo e un’appendice, oltre a una vasta bibliografia e a diversi indici – l’autore – che non è uno storico di professione ma, nato a Colonia nel 1922, è docente di lingua e letteratura russa all’Università di Messina e ha curato in passato la traduzione italiana di scrittori russi, fra i quali Boris Pasternak e Marina Cvetaeva – ha compiuto uno sforzo di ricerca non comune, di cui aveva già anticipato qualche risultato (6): oltre a tutti i contributi precedenti e ai principali scritti di Parvus, ha preso in esame un vastissimo repertorio di fonti d’archivio in Germania, Austria, Svezia, Finlandia e Danimarca, nonchè studi parziali e di sintesi, per una certa parte in lingue non facilmente accessibili come russo, polacco e finlandese.

Dal momento che la minuziosa e voluminosa ricostruzione operata da Pietro A. Zveteremich non si presta a essere rapidamente riassunta, intendo limitarmi a richiamarne soltanto i temi più significativi.

Il “rivoluzionario di professione”

In primo luogo, dallo studio emerge che Parvus è stato uno dei maggiori esponenti del movimento rivoluzionario socialista marxista in Germania e in Russia fra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, in esso spiccando soprattutto come teorico di notevole livello e come veemente polemista.
Nato il 27 agosto 1867 a Berezino, nell’allora impero degli zar, da una famiglia ebraica originaria di Odessa, nella città natale abbraccia fin dagli anni del ginnasio le idee rivoluzionarie che circolavano nella Russia del tempo nonché il pensiero marxista, poi rafforzati nel corso degli studi di economia che segue in Svizzera. A lui il socialismo deve importanti elaborazioni teoriche e proposte operative, come quelle riguardanti lo sciopero politico di massa, la concezione almeno embrionale della “rivoluzione permanente”, il concetto di “democrazia operaia”, la rivendicazione della giornata lavorativa di otto ore, tesi e proposte che saranno ampiamente discusse in occasione di congressi del movimento socialista internazionale e riprese da altri esponenti rivoluzionari di primo piano, fra i quali Lev Davydovic Trotzkij.
Come polemista egli si fa notare soprattutto attraverso i numerosi articoli apparsi sulle più significative riviste socialiste del tempo, alcune delle quali dirige o, addirittura, fonda, come nel caso della celeberrima Iskra, “La scintilla”, promossa insieme a Vladimir I. Lenin e nata a Monaco di Baviera nel 1900.
Aspetto non del tutto noto del curriculum rivoluzionario di Parvus è quello costituito dal ruolo decisivo da lui avuto nel corso della rivoluzione di Pietrogrado nel 1905. Mentre Vladimir I. Lenin rimane in cauta posizione d’attesa, Parvus – insieme a Lev D. Trotzkij, del quale fu, oltre che amico, maestro e guida autorevole – è il vero stratega e animatore dell’episodio sovversivo, ne dirige il soviet insurrezionale, ne detta le parole d’ordine e ne patisce la repressione: “[…] anche quando furono presenti Martov e Lenin, la testa del movimento rimase il soviet, diretto da Parvus e Trockij. Lenin vi si recò, quasi in incognito, e lo giudicò negativamente in quanto “parlamento operaio”. Ci voleva un'”organizzazione combattiva di partito”, disse e rimase del tutto fuori dagli avvenimenti, spostandosi da un alloggio all’altro della capitale in riunioni senza fine” (7); “e Trockij, con le sue eccezionali doti di tribuno e di capopopolo, era la figura più in vista. Parvus lavorava nell’ombra, scriveva saggi e articoli” (8).

Il “capitalista rosso”

Altro aspetto degno di menzione è l’episodio, non facilmente decifrabile, costituito dalla scelta “capitalistica” operata a un certo punto della sua esistenza da Parvus. Nel 1910 il rivoluzionario di professione, il teorico marxista, completamente implicato negli avvenimenti, esce all’improvviso di scena, si trasferisce a Istanbul e qui, sfruttando la sua preparazione e il suo genio economici, si trasforma in imprenditore e in commerciante e riesce, in pochi anni, a costruirsi una notevole fortuna personale. Sembrerebbe trattarsi di un abbandono della lotta contro il capitalismo e di una scelta di campo in favore di questo. In realtà – e i fatti successivi lo dimostreranno – la sua mossa rappresenta un volontario allontanamento dall’ambiente socialista europeo, sentito come sempre più statico e angusto nonché come sempre meno recettivo per le sue teorizzazioni rivoluzionarie troppo grandiose: “Ormai Parvus parlava un’altra lingua e fu inteso alla rovescia. Per i destri e i centristi la sua strategia della rivoluzione [soprattutto la sua teoria della “democrazia operaia”] era una fantasia, e una fuga nell’utopia era il suo interrogativo su che dovesse essere il socialismo. La sinistra, da un opposto punto di vista, non era disposta a uscire dagli schemi tradizionali” (9).
Ma la sua decisione è anche il segno della maturazione di un nuovo modo d’intendere la strategia rivoluzionaria, una modalità che emergerà più chiaramente durante il periodo di collaborazione/antagonismo con Vladimir I. Lenin nella fase di preparazione della Rivoluzione bolscevica. Considerazioni come quella relativa a una possibile graduale transizione, “pilotata” dalle lotte di massa, del capitalismo verso la “democrazia sociale”, come quella relativa ai limiti della concezione leninista del partito, inteso come un ordine di militanti duri e puri, come quella, infine, relativa al peso decisivo che per la Rivoluzione può avere il denaro con la sua capacità d’influenzare gli uomini, le relazioni sociali e il potere, sono molto probabilmente alla base della scelta di Parvus.

“Lenin a Zurigo” e il “treno piombato”

Sta di fatto che, quando scoppia la prima guerra mondiale – della cui inevitabilità aveva già parlato fin dai primi anni del secolo -, l'”operatore culturale” e l’agitatore marxista riappare negli ambienti politici europei con un nuovo look caratterizzato da una vita ostentatamente lussuosa, dall’apertura di salotti in cui riceve il fior fiore dei personaggi che contano in ambito finanziario e diplomatico, dalla frequente organizzazione di feste e di ricevimenti fastosi, da una nomea di gaudente e di libertino, tutte cose che gli consentono di tessere una fitta trama d’importanti relazioni in tutta Europa.
Ma, se sono cambiati lo stile e il modus agendi, l’animus del rivoluzionario purosangue è rimasto in lui intatto. Appena si manifestano difficoltà militari per l’impero russo, è fra i primi – in sintonia con Vladimir I. Lenin – a propugnare la tesi dell’antipacifismo e della necessità di approfittare della guerra per abbattere a qualsiasi costo il potere zarista. Immediatamente, nel suo nuovo ruolo di “capitalista rosso”, si rituffa nella cospirazione politica: nell’estate del 1915 incontra a Zurigo appunto Vladimir I. Lenin e gli propone la partecipazione dei bolscevichi a un piano teso a destabilizzare l’impero russo favorendo lo scoppio di una insurrezione sociale al suo interno, progetto da lui concepito e già sottoposto con successo alle autorità germaniche attraverso la sede diplomatica di Istanbul. Il futuro “despota” comunista, nonostante il suo atteggiamento diffidente e temporeggiatore, astutamente non lascia cadere le offerte di finanziamento, in marchi tedeschi, sottopostegli da Parvus: si limita ad affiancarle agli altri canali di sostentamento economico di fonte occidentale già funzionanti o in via di attivazione per il potenziamento della frazione bolscevica, soprattutto attraverso agenti operanti nei paesi neutrali dell’Europa Settentrionale (10).
Pietro A. Zveteremich, nella ricostruzione dell’incontro fra i due esponenti rivoluzionari, fa emergere altri punti molto importanti: la sostanziale concordanza dei loro intenti, nonostante la differenza di temperamento – quasi ascetico e incolore quello di Vladimir I. Lenin, esuberante ed esibizionistico quello di Parvus -, le divergenze quanto alle scelte di tipo tattico, come pure quelle relative al genere di regime socialista da instaurare in Russia; inoltre, la pari statura, indipendentemente dagli esiti storici successivi, delle due figure.
Come accuratamente e felicemente ha scritto Aleksandr Solzenicyn, immaginando il dialogo fra i due nella squallida stanza d’affitto in cui vive a Zurigo, nella Spiegelgasse, il leader bolscevico, Parvus è l’unico socialista del quale Vladimir I. Lenin avverte la superiore e anticipatrice forza ideologica e anche l’unico che possa mettere in discussione la sua leadership nel movimento rivoluzionario: “Ormai poteva anche riconoscerlo: un’altra mente della loro tempra, una visione altrettanto perspicace, nell’Internazionale non si trovava, c’erano solo loro due” (11). E Parvus, da parte sua, nonostante il disagio per la grigia routine della clandestinità leniniana, comprende che i suoi piani relativamente alla Russia si potranno realizzare soltanto attraverso Vladimir I. Lenin e il suo corpo di rivoluzionari professionisti: “Lo sguardo vigile di Parvus non aveva mai abbandonato quel socialista unico, senza l’eguale in Europa, assolutamente libero da preconcetti, alieno da schifiltosità eccessive, sempre pronto in qualsiasi circostanza a ricorrere a qualsiasi metodo capace di assicurargli il successo; l’unico realista di ferro assolutamente tetragono alle illusioni, il secondo realista del socialismo mondiale dopo Parvus” (12). Da questa ineluttabile, anche se dialettica, convergenza scaturisce, pur fra mille diversivi creati dal leader bolscevico, il consenso di Vladimir I. Lenin alla prospettiva di coinvolgimento dei suoi seguaci nel piano rivoluzionario concepito da Parvus. Allo scoppio della Rivoluzione di Febbraio, Vladimir I. Lenin – insieme a una trentina di altri emigrati ed esponenti socialisti – si farà trasportare nel famoso “treno piombato” dalla Svizzera attraverso il territorio della Germania in guerra, della Svezia e della Finlandia, per finalmente raggiungere Pietrogrado (13).

Dopo la Rivoluzione d’Ottobre – alla cui riuscita ha dato obbiettivamente un contributo determinante – Parvus tenta, senza successo, d’influenzare gli sviluppi politici del nuovo regime, ma deve riscontrare come sempre più si approfondisca nella Russia dei soviet il divario fra la “democrazia operaia” da lui vagheggiata e la dittatura del proletariato e il conseguente terrorismo di Stato leniniani; tenta anche di pilotare da dietro le quinte diplomatiche la pace di Brest-Litovsk fra la Russia, ormai sovietizzata, e la Germania, in modo che tale pace non si trasformi in un diktat contro il suo paese d’origine, ma anche in questo fallisce.
Quando si accorge che le sue possibilità d’influire sulle sorti della Rivoluzione nei fatti si fanno sempre più scarse, Parvus abbandona la militanza attiva e lascia anche la Germania, ormai sull’orlo della sconfitta e dello sconvolgimento politico. In Svizzera continua i suoi studi teorici e le sue analisi politiche, come pure la sua vita brillante e dispendiosa, ma con sempre minore eco. Ritorna nella Germania di Weimar nel 1920, si stabilisce a Berlino e ivi muore il 12 dicembre 1924.
I pregi dello studio realizzato da Pietro A. Zveteremich si possono senz’altro indicare anzitutto nella puntigliosa raccolta di nuovi, molto dettagliati e validi documenti relativi ad alcuni episodi nodali della storia contemporanea, in questo modo offrendo conferme a conclusioni già avanzate da altri studiosi, soprattutto riguardo al decisivo contributo prestato da esponenti di rilievo della finanza e della politica occidentali alla preparazione e al successo della Rivoluzione comunista, e così – ancora – ponendo solide basi all’attenzione da prestare alle mosse della medesima finanza nella conservazione al potere della Rivoluzione stessa e nel tentativo di evitarne il crollo. Inoltre, l’opera dello studioso d’origine russa ribadisce con impressionante puntualità soprattutto le tesi avanzate da Aleksandr Solzenicyn, sì che d’ora in avanti Lenin a Zurigo. Capitoli potrà difficilmente essere qualificato “soltanto” come un romanzo storico, sottintendendo e insinuando trattarsi più di un’opera letteraria che di un’adeguata ricostruzione di fatti autentici, perché ormai si può appunto definire un romanzo storico perfettamente riuscito, in quanto efficace ricostruzione letteraria di accadimenti veri. Infine, merita di essere segnalata la considerevole mole di “piste” di ricerca per ulteriori approfondimenti, anche relativi a personaggi minori, messa a disposizione dal ricco apparato bibliografico e dagli indici.
Dopo queste note positive non posso esimermi dall’indicare anche i limiti della ricerca: infatti Pietro A. Zveteremich non prende assolutamente in considerazione il contributo offerto al tema da lui affrontato da parte di quanti hanno indagato nel passato – e continuano a indagare attualmente – sugli aspetti meno evidenti, in qualche modo “occulti”, della storia in genere e di quella contemporanea in specie, sia in relazione agli avvenimenti che alle loro motivazioni profonde. Perciò, se questa carenza di un “quadro di fondo” si traduce in un’autolimitazione di carattere positivistico quanto alle ipotesi di lavoro e, quindi, quanto alla stessa raccolta dei dati, essa colpisce soprattutto la loro interpretazione: per esempio, circa Parvus restano tuttora inadeguatamente esaminati e in ombra i dessous dell’ambiente in cui si muove e che circonda la sua scelta rivoluzionaria iniziale e l’attività costante e tenace da lui prodotta; le ragioni della facilità con la quale fin dalla giovinezza il rivoluzionario russo si muove attraverso l’Europa e anche fuori di essa, ragioni presumibilmente non estranee alle sue future relazioni internazionali e, quindi, alla sua rapida e stupefacente fortuna economica; e, da ultimo, l’esplosivo composto costituito dalla sua straordinaria lucidità intellettuale e da una notevole e ostentata amoralità privata e pubblica. E questa carenza riesce tanto più spiacevole quando, per esempio, si apprende che Leo Lazarus Helphand alias Evgenij Aleksandrovic Gnedin – il primo dei due figli dati a Parvus da Maria Schillinger – fu nominato primo segretario presso l’ambasciata sovietica di Berlino nel 1935 e fu per due anni testimone della diplomazia segreta che ha portato al patto Molotov-von Ribbentrop dell’agosto del 1939 (14).
Anche sulla base di una tale eredità, come non ipotizzare in Izrail L. Gel’fand una di quelle figure di “mistici” della Rivoluzione mondiale – come, per esempio, Filippo Buonarroti, Adam Weishaupt, Elena Petrovna Blavatskij o Karl Marx (15) – per i quali la Rivoluzione stessa, prima di essere una scelta ideologica e operativa, è un’opzione radicale e militante per il principio metafisico di essa, il culto del perenne divenire e l’odio per l’essere, creato e increato?

(1) Cfr. Zbynek Anthony Bohuslav Zeman e Winfried B. Scharlau, The Merchant of Revolution. The life of Alexander Israel Helphand (Parvus). 1867-1924, Oxford University Press, Londra 1965.

(2) Cfr. Michael Pearson, Il treno piombato, trad. it., Sperling & Kupfer, Milano 1976.

(3) Cfr. Enzo Bettiza, Il mistero di Lenin. Per un’antropologia dell'”homo bolscevicus“, Rizzoli, Milano 1988.

(4) Cfr. Aleksandr Solzenicyn, Lenin a Zurigo. Capitoli, trad. it., Mondadori, Milano 1976.

(5) Cfr. Pietro A. Zveteremich, Il grande Parvus, Garzanti, Milano 1988, pp. 416.

(6) Cfr. Idem, Parvus, una figura anticipatrice, Herder, Roma 1984.

(7) Sul tema dei finanziamenti occidentali alla Rivoluzione socialcomunista in Russia, cfr. Pierre Faillant de Villemarest, Les sources financières du communisme (Quand l’URSS était l’alliée des nazis), 2» ed., CEI-la lettre d’information, Cierrey 1984; e il mio Le fonti finanziarie del comunismo e del nazionalsocialismo, in Quaderni di “Cristianità”, anno I, n. 1, primavera 1985, pp. 39-52.

(8) Su questo episodio, oltre al già citato volume di Michael Pearson, cfr. l’articolo rievocativo, comparso in occasione del settantesimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, di Arrigo Petacco, Quel treno per Mosca, in Storia Illustrata, n. 354, maggio 1987, pp. 22-31.

(9) Cfr. la lettre d’information, anno XIX, n. 10, 31-8-1989, p. 6: fonte del dato Stephen Cohen, professore a Princeton e consigliere permanente del dipartimento di Stato americano, filosovietico, il 17 gennaio 1984. Su Evgenij A. Gnedin, cfr. P. A. Zveteremich, op. cit., pp. 350-357.

(10) Per il fondatore del “socialismo scientifico”, cfr. Richard Wurmbrand, L’altra faccia di Carlo Marx, trad. it., 2. ed., EUN. Editrice Uomini Nuovi, Marchirolo (VA) 1986.

L’AFRIQUE ET LE PRETEXTE DE LA GUERRE AU TERRORISME

AFRIQUE: ALERTE A LA VIGILANCE, LA HORDE DES BARBARES A NOS PORTES !

Gilbert NKAMTO pour ALAC & ELAC Website / 2014 07 21 /

ALAC - GIL les barbares aux portes (2014 07 21) FR 2 ALAC - GIL les barbares aux portes (2014 07 21) FR

Nul n’est désormais plus épargné, ce n’est non plus seulement la guerre des militaires africains contre les mouvements sectaires, djihadjistes et terroristes. Ce qui était encore hier observé chez les autres, en Asie notamment avec un regard médusé des Africains, est bel et bien désormais chez nous en Afrique.

Il n’est pas visible, on ne le connaît pas et on ne sait jamais par où il arrive, s’en va ou revient. Ils ont appelé cela, la guerre asymétrique. La guerre invisible, disparate, touffue, saignante et sanglante. Elle entraîne avec elle, les victimes qu’ils soient enfants, vieillards, femmes, filles, garçons sans distinguo. Elle ne se déclare jamais mais elle agit et quand elle agit, elle fait de nombreuses victimes. Ces victimes, sont très souvent méconnaissables car décomposées et étalées en morceaux de chair de viande. Elle crée l’horreur, cette horreur s’accompagne de la douleur des familles et tous, on l’attribue à quelque chose : le terrorisme !

 Le terrorisme, il est transporté chez nous depuis février 2011.

Depuis l’invasion en Libye par des hordes de barbares, des gens crapuleux encadrés par Nicolas Sarkozy, David Cameron et Barack H. Obama, amenés par le très célèbre philosophe français, le sioniste Bernard Henry-Levy. L’Afrique est devenue la nouvelle terre promise des mouvements terroristes. On savait depuis 2001 que c’était Al-Qaeda qui, depuis l’Afghanistan faisait peur à la toute puissance américaine en la combattant pour son ingérence dans les affaires intérieures de l’Afghanistan, de l’Iraq et du Pakistan.

Leur combat n’est plus seulement dans ces pays, il est désormais transposé chez nous. Or chez nous, ce ne sont pas les Etats-Unis d’Amérique, ni la France et l’Angleterre où il devrait être mené. On se demande donc pourquoi cette transposition de la lutte d’Al-Qaeda plutôt en Afrique. On se demande aussi si effectivement ce terrorisme ne serait pas diligenté contre les lieux où les Occidentaux aspirent mener leur prédation.

Découvrez avec moi des photos d’explosifs adaptés à la minuterie du téléphone portable, actionnable à distance, saisis en grande quantité chez trois djihadjistes yéménites et somaliens. Selon les informations découvertes chez eux par les forces africaines présentes à Mogadiscio – d’après les informations recueillies par nos sources – des milliers d’exemplaires ont été confectionnés, assemblés, et expédiés au Mali, au Nigeria, au Soudan, en Somalie, au Yémen, en Palestine, au Kenya et à de nouvelles destinations aux fins de basses besognes. Ils sont depuis un certain temps utilisés au Kenya à qui les terroristes reprochent sa participation dans la lutte contre les Shebaab somaliens.

On se demande bien comment de tels engins tueurs peuvent aller d’un pays à l’autre sans qu’ils ne soient découverts par les satellites et les drônes américains et alliés et stoppés depuis leur point de départ et de fabrication… arrivent-ils par contrebande ? Avec l’aide des renseignements extérieurs ? Nos renseignements ? Une ou des complicités internes ? Et pour quel but à atteindre… ?

En s’interrogeant sur le fait du pourquoi on en est arrivé là, le temps nous donne raison justement, que la persistance actuelle des pays comme la France de Hollande et les USA de déplacer leur armées dans nos territoires, dans le désert du Sahel et du Sahara pour « combattre le terrorisme » n’est à nos dépens qu’une poudre aux yeux pour encercler nos ressources minières et naturelles qui se trouvent dans ces zones riches en matière première tant convoitées. Ces pays, en nous envoyant la horde des barbares sur notre continent, savent qu’ils nous forcent la main pour accepter à nouveau sur nos territoires, leurs armées coloniales, à un moment où avec feu Kadhafi, l’Afrique voulait s’en débarrasser. Du coup, la France devient « généreuse » au Mali, au Niger, en Côte d’Ivoire, au Tchad, en Centrafrique … Mais en Libye où elle a semé l’apocalypse, elle ne peut pas s’y poser car elle sait très bien que là, Abou Sofyan Bin Qumu et Abdelhakim Belhaj vont trancher, tête après tête, celles des soldats français. Donc elle continue à foudre son bordel là où la paix existe et où elle a perdu le droit de vol et d’étranglement des peuples pour s’accaparer de leurs richesses.

A nos valeureux soldats africains, qu’ils soient au Mali, au Nigeria ou au Cameroun, votre combat est le nôtre. Il se passe que la bataille ne se trouve plus seulement sur les champs militaires… il se trouve cependant aussi que depuis l’avènement du millénaire et de la technologie des masses, depuis 2011, le combat s’est déplacé sur différents terrains… sur terre, en l’air, en mer, où vous maîtrisez le mieux. Sur le champ des TIC, nous nous sommes constitués en combattants pour être à vos côtés, des « militaires civils » qui combattent pour la prise de conscience, mais cette fois-ci, de la Conscience africaine, pour éviter que nombreux de nos frères et sœurs ne se jettent dans cette soi-disant guerre qui ne sera jamais la leur mais celle des néo-colonialistes.

Cette bataille est et sera coûteuse. Mais l’objectif n’est pas de céder à la tentation mais de bouter hors d’état de nuire ces armées étrangères qui arrivent sous le faux prétexte de vous former alors qu’au contraire elles viennent pour vous déformer. Elles sont avec leurs djihadjistes, les gens que nous devons combattre avec acharnement. Ansar Dine, Mujao, Boko Haram, Al Shabaab et cie, ne sont que les bras séculiers de ces armées coloniales qui viennent spolier nos richesses et nous les vaincrons !

Peuples africains, soyons vigilants ! Autour de vous… un explosif peut être tout près, alertons l’armée.

Gilbert NKAMTO (*)

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(*) www.gilbertrocheteau.blogspot.com

Correspondant du CEREDD à Tripoli, puis Yaoundé.

Secrétaire général du Conseil Panafricain du MDPR /

Mouvement démocratique panafricain pour la renaissance

www.mdpr.populus.ch

Administrateur d’EODE Zone Afrique

www.eode.org

https://www.facebook.com/EODE.africa

AIR MALAYSIA / LES INDICES QUI ACCUSENT KIEV

# LUCMICHEL.NET/ MES ANALYSES ET INFORMATIONS CONFIRMEES (1)/ ALORS QUE LES OCCIDENTAUX OSENT ACCUSER SANS RETENUE MOSCOU ET DONETSK, TOUT ACCABLE KIEV DANS LE CRASH D’AIR MALAISIA !

Luc MICHEL/ Spotlight /

Avec AFP – Afrique Media TV – EODE-TV – PCN-SPO/ 2014 07 21/

LM.NET - SPOTLIGHT air malaisia Ukraine (2014 07 21) FR Dans l’Emission spéciale ‘CRASH D’AIR MALAISIA’ que j’ai produite avec AFRIQUE MEDIA TV et EODE-TV et qui a été diffusée pour la première fois ce vendredi soir (18 juiilet), j’ai soulevé un certain nombre d’hypothèses sérieuses et expliqué pourquoi ce n’est pas Moscou qui fait figure d’accusée – malgré les cris d’orfraies russophobes des médias de l’OTAN – mais bien Kiev.

 * Voir l’émission complète sur le Website Vimeo d’EODE-TV :

https://vimeo.com/101242725

Aujourd’hui, les médias occidentaux découvrent ces hypothèses et un général de l’Etat-major russe les confirme !

« Crash du vol MH17: un avion militaire ukrainien près de l’avion malaisien? » titre l’AFP ce lundi 21 juillet, reprise par de grands journaux européens comme La Libre Belgique (Bruxelles) et même LCI. L’info évidemment devenait chaque heure davantage plus inévitable …

 UN GENERAL DE L’ETAT-MAJOR RUSSE ACCUSE KIEV !

Un général de haut rang, le chef du commandement opérationnel de l’Etat-major général de l’Armée russe, le Lieutenant-général Kartapolov a en effet accusé ce lundi « indirectement Kiev d’avoir abattu le Boeing malaisien en affirmant qu’un avion de chasse ukrainien se trouvait à proximité avant le crash et que des missiles sol-air étaient positionnés dans la zone ». « On a observé la montée d’un avion ukrainien SU-25 en direction du Boeing malaisien qui se trouvait alors à une distance de 3 à 5 km. Le Su-25 peut atteindre une altitude de 10.000 mètres. Il dispose de missiles air-air qui peuvent tirer jusqu’à 12 km et garantissent la destruction d’un objectif jusqu’à 5 km », a déclaré le général au cours d’une conférence de presse à Moscou. « Nous nous posons la question : dans quel but un avion de chasse faisait-il un vol à cette altitude et en même temps qu’un avion civil ? », a-t-il poursuivi. LM.NET - SPOTLIGHT air malaisia Ukraine (2014 07 21) FR 2

Le général, s’appuyant sur des images satellites difficilement déchiffrables pour des non-spécialistes, a avancé d’autres éléments susceptibles d’accuser les forces ukrainiennes d’avoir abattu le Boeing qui transportait 298 personnes. Il a assuré que « la Russie allait transmettre aux experts européens et malaisiens toutes les informations dont elle dispose sur le crash de l’avion malaisien ». « Après Donetsk, l’avion malaisien a changé de cap, et s’est écarté de son corridor vers la gauche jusqu’à 14 km. Il a ensuite tenté de revenir dans ce corridor, mais n’a pas réussi à accomplir cette manoeuvre jusqu’au bout. A 17H20, on a observé une baisse sensible de sa vitesse et à 17H23, il a disparu des écrans radar des contrôleurs russes. Question : pourquoi est-il sorti de son corridor, est-ce une erreur de pilotage ou un ordre donné par les aiguilleurs du ciel ukrainiens ? », a ajouté le général Kartapolov.

 Le général a par ailleurs affirmé que « des missiles sol-air des forces ukrainiennes, capables d’abattre une cible à 35 km de distance, étaient positionnées non loin de Donetsk le jour de la catastrophe ». « Pourquoi ces forces ukrainiennes se trouvaient-elles à cet endroit et contre qui étaient dirigées ces armes antiaériennes alors que tout le monde sait que les combattants (séparatistes) n’ont pas d’aviation ? », a-t-il poursuivi.

 La Russie a aussi « enregistré une intensification de l’activité des radars le jour où le Boeing malaisien s’est écrasé », a encore annoncé le général Andreï Kartopolov. Selon le général Kartopolov, « neuf radars ukrainiens ont fonctionné le 17 juillet dans la région où l’avion malaisien est tombé. Le 15 juillet, sept radars ont été en service dans ce secteur et le 16 juillet il y en avait huit. Ensuite le nombre des radars opérationnels n’a cessé de diminuer. A l’heure actuelle, seuls 2 ou 3 radars ukrainiens fonctionnent dans cette région ». « Il reste à établir quelles sont les raisons de ce regain d’activité », a ajouté le général.

 LES « PREUVES INEXISTANTES » D’OBAMA …

 Le général a par ailleurs démenti que la Russie ait fourni aux insurgés prorusses des systèmes de missiles Bouk, soupçonnés d’être à l’origine de l’accident du vol MH17, comme l’en accusent Kiev et Washington. Les Etats-Unis ont déclaré disposer d’images satellite confirmant que le tir a été effectué par les combattants (séparatistes). « Mais personne n’a vu ces photos », répond le général, qui a invité les Américains « s’ils disposent de telles photos » à les montrer à la communauté internationale …

 … ET LES INDICES BIEN REELS DE MOSCOU

 Le ministère russe de la Défense a aussi publié sur son site les photos du crash du Boeing 777 de Malaysia Airlines  qu’il avait présenté lors d’un point de presse. Confirmant mon analyse diffusée sur AFRIQUE MEDIA et où j’expliquais que Moscou avait en mains un dossier solide et en savait beaucoup sur le crash d’Air Malaisia.

 Le site du ministère présente aussi des données photographiques fournies par le Système unifié de contrôle du trafic aérien (Centre de Rostov-sur-le-Don), une carte de déploiement des moyens de Défense antimissile des forces armées de l’Ukraine dans la région de Donetsk et les données statistiques sur le nombre de stations radar de défense antiaérienne des forces armées ukrainiennes dans la zone du crash. Des photos prises par satellite présentant le déploiement de différents moyens de défense antimissile à différentes périodes de temps sont également fournies.

 Luc MICHEL

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 Luc MICHEL /

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Amb.Israele in USA:Israele merita Nobel per la pace

WASHINGTON- “Israele dovrebbe avere il premio Nobel per la Pace per la sua”moderazione inimmaginabile” nella sua offensiva contro la Striscia di Gaza, a dirlo Ron Dermer l’ambasciatore di Israele negli Usa, citato dalla PressTV.
“I soldati israeliani muoiono per far vivere palestinesi innocenti. L’IDF (Esercito israeliano) meriterebbe il Nobel per la Pace.” ha sottolineato Dermer attaccando Human Rights Watch per la sua critica contro l’aggressione disumana di Israele alla Striscia di Gaza.

Secodo le fonte mediche palestinesi, dall’inizio dell’offensiva israeliana contro la Gaza, l’8 luglio, oltre 630 i palestinesi sono caduti martiri di cui oltre 160 erano minorenni ed altri 3750 sono rimasti feriti.
http://italian.irib.ir/notizie/palestina-news/item/164496-l-ambasciatore-israeliano-negli-usa-israele-dovrebbe-avere-il-premio-nobel-per-la-pace

Rula Jebreal: siamo troppo filo israeliani(la tv la cancella)

I media? “Troppo faziosi a favore di Israele”. Ha fatto discutere negli Usa lo sfogo in diretta di Rula Jebreal, ex giornalista di La7 di origini palestinesi e oggi collaboratrice del canale Msnbc,che in onda sulla sua rete si è scagliata contro l’eccessiva sudditanza di stampa e tv, compresa la propria, a favore di Israele . “È anche colpa nostra (dei media ndr), siamo vergognosamente faziosi su questa vicenda”, ha detto la Jebreal puntando il dito soprattutto contro l’eccessivo spazio dedicato ai politici di Gerusalemme rispetto alle poche voci raccolte sul fronte opposto. “Basta vedere quanto spazio hanno in tv Netanyahu e i suoi. Non ho mai visto i palestinesi intervistati sulle stesse questioni. Trenta secondi per loro e venticinque minuti per Netanyahu”. Una posizione che potrebbe non essere stata gradita dal network visto che la stessa Jebreal si è poi sfogata su Twitter: “Le mie prossime apparizioni tv sono state cancellate”.
http://www.huffingtonpost.it/2014/07/22/rula-jebreal-video_n_5610345.html?utm_hp_ref=italy

LA GUERRA DENTRO LA GUERRA IN AFGHANISTAN

Postato il Martedì, 22 luglio
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DI JOHN RAPPOPORT
 
jonrappoport.wordpress.com
 
Ci sono molte guerre che si combattono in Afghanistan. Una per il controllo del rifornimento mondiale di oppio. Un’altra perché gli USA continuino ad avere basi militari vicino alla Russia. Un’altra ancora per la protezione e lo sfruttamento vorace delle vaste risorse minerarie. E poi quella per assicurare la realizzazione di un importante gasdotto.
Ma c’è né ancora un’altra. Un programma di ricerca per cui l’Esercito USA sta tentando di ottenere i dati biometrici di tutta la popolazione afghana.
Non bisogna essere geni per tirare le somme, e capire che il programma è assolutamente replicabile in altri paesi, inclusi gli Stati Uniti e il loro gigantesco apparato di sorveglianza.
Il documento ufficiale dell’US Army che ne parla esplicitamente è intitolato: “Guida agli ufficiali per i rilievi biometrici in Afganistan: osservazioni, note e modalità.”
È catalogato come “US Unclassified/Solo per uso ufficiale; fatta salva la possibilità di consultazione ai sensi delle eccezioni 2 e 5 del FOIA”(Freedom of Information Act, la legge federale che regola l’acceso ai documenti dello Stato Federale [ndt]). Il documento e altro materiale utile possono essere consultati qui
Attraverso l’uso di apparecchi elettronici, le impronte digitali, la raccolta di campioni di DNA e le “interviste” fatte alla popolazione, l’esercito USA sta perseguendo un obbiettivo terrificante: l’identificazione e la schedatura di tutti i 25 milioni di afgani che vivono non solo nelle città e nei villaggi, ma anche di quelli che vivono su montagne impervie o nelle grotte del paeseI profili individuali includono una valutazione sull’eventuale livello pericolosità del soggetto.
 
Di seguito vi propongo alcune passaggi dal sito publicintelligence.net
“L’obbiettivo dichiarato dello sforzo che si compie in Afganistan è la classificazione biometrica di tutta la sua popolazione.”
 
“Tutti i dati raccolti vengono inviati al DOD (Department of Defense-Ministero della Difesa) attraverso l’ABIS (Sistema Automatico di Classificazione Biometrica) in West Virginia, dove vengono raccolti e condivisi con il DHS (Department of Homeland Decurity-Ministero dell’Interno) e l’FBI. La collaborazione con altre nazioni rende possibile al DOD l’uso dei dati contro governi stranieri o per l’applicazione della legge.
 
“[La Guida per gli Ufficiali] suggerisce di registrare tutti, anche i soggetti deceduti, dai quali il DNA viene prelevato attraverso tamponi orali...[il] vantaggio per gli USA e per le forze della coalizione, in termini di salvaguardia della popolazione e identificazione di soggetti pericolosi, è talmente grande che gli Ufficiali devo essere creativi e persistenti nel loro compito così da schedare il maggior numero possibile della popolazione afghana”.
“L’esercito USA sta attualmente utilizzando tre metodi per raccogliere questa enorme quantità di dati: il BAT (Biometric Automated Toolset); l’HIIDE (Dispositivo portatile di autenticazione); e il SEEK (Kit di registrazione elettronica) il BAT è usato principalmente dai Marines e dalla US Navy e consiste in un computer portatile che con delle periferiche scansiona le impronte digitali, l’iride e provvede a raccogliere il materiale fotografico. L’HIIDE raccoglie le medesime informazioni, con la differenza che è un dispositivo portatile. Tutti e tre i sistemi di raccolta possono appoggiarsi agli oltre 150 server USA disseminati sul territorio afghano, attraverso i quali possono uploadare e downloadare in tempo reale tutte le informazioni biometriche, come le liste dei soggetti ritenuti potenzialmente pericolosi.”
 
Molti insegnamenti possono essere tratti da questo immane sforzo di catalogazione, che rientra di diritto in una delle prime strategie di identificazione, registrazione e valutazione di quegli individui che abitano in zone del mondo dove la popolazione vive in gruppi sparuti e la tecnologia è ancora in uno stato primordiale.
Non ci sono dubbi invece che gli informatici e i tecnocrati del Pentagono e della NSA (National Security Agency) considerino attualmente il programma di identificazione biometrica in Afghanistan molto più importante della guerra stessa.
 
Che il loro folle obbiettivo sia quello di schedare (e quindi controllare) ogni essere vivente sul pianeta ?
 
John Rappoport
 
 
 
11.07.2014
 

Nuovo studio collega oltre 7.000 tumori ai ripetitori di telefonia cellulare

LUG 19, 2014
 
by DIONI
 
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L’esposizione alle radiazioni dei “ripetitori” (più correttamente Stazione radio base) può essere responsabile di oltre 7.000 decessi a causa di tumori? Secondo una ricerca che arriva dal Brasile, i fatti parlano da soli. Lo studio ha dimostrato l’esistenza di un collegamento diretto tra i decessi per cancro e le reti mobili cellulari nella zona di Belo Horizonte, la terza città del Brasile.
 
Da cosa deriva questo collegamento diretto?
 
Oltre l’80% di coloro che sono deceduti a causa di determinati tipi di tumori risiedevano a circa 500 metri da uno delle centinaia di ripetitori di telefonia cellulare che popolano la città.
 
I tumori oggetto della ricerca (prostata, seno, polmoni, reni, fegato) sono quelli associati all’esposizione ai campi elettromagnetici.
 
Si tratta di una questione molto scottante, e riguarda in primis gli utilizzatori di cellulari, e persino chi non li usa. Coloro che evitano la tecnologia mobile, o che si premurano di indossare gli auricolari per proteggersi dalle radiazioni dannose, sono comunque soggetti alle radiazioni delle Stazioni radio base.
 
Lo studio Brasiliano è uno studio isolato?
 
Studi relativi ai ripetitori per reti mobili che hanno esaminato la relazione tra l’esposizione alle radiazioni e i tumori sono state condotti anche nella città di San Francisco, oltre ad AustriaGermania e Israele. Tutti gli studi sono giunti alla medesima conclusione: vivere a una certa prossimità da un ripetitore aumenta il rischio di cancro da 2 a 121 volte, a seconda del tipo di cancro rilevato.
 
Adilza Condessa Dode, uno degli ingegneri ricercatori e coordinatrice dello studio brasiliano, si rivolge a coloro che sono turbati dalle radiazioni dei ripetitori e spiega che il Brasile non è di certo il solo in questa situazione, “i livelli di radiazione, sono alti e pericolosi per la salute umana. Più vicini si vive a un’antenna, maggiore sarà l’esposizione al campo elettromagnetico.”
 
Lo studio si è concentrato solo su una città del Brasile. Ma ciò vale universalmente: l’Italia stessa ha visto negli anni recenti un proliferare di ripetitori a causa del numero in continua crescita di cellulari e della necessità di maggiore copertura di rete.
 
La prova schiacciante
 
Un numero sempre maggiore di organizzazioni e molti altri studi, non fanno altro che avvalorare i risultati dello studio brasiliano. Persino l’Organizzazione Internazionale per la Ricerca sul Cancro (International Association for Research on Cancer,IARC), dopo avere esaminato le varie ricerche ha concluso e sottolineato che le onde elettromagnetiche, incluse le radiazioni emesse dalle Stazioni radio base, sono un possibile cancerogeno.
 
Perché i ripetitori delle reti mobili sono così pericolosi?
 
Il pericolo deriva dalla costante attività delle Stazioni: emettono radiazioni da radiofrequenza pulsata. E’ stato provato da migliaia di studi che questa radiazione causa un danno biologico al corpo, che precede la malattia.
 
Possono infatti, essere annoverate altre conseguenze all’esposizione, oltre al cancro: mutazioni genetiche; disturbi della memoria; ostacoli all’apprendimento; insonnia; sindrome da deficit di attenzione; sbalzi ormonali; disturbi cerebrali; sterilità; demenza; complicazioni cardiache.
 
Addirittura in UK cresce la preoccupazione che il programma di installazione diffusa e massiccia di antenne 4G possa addirittura oscurare la ricezione della televisione !
 
Recntemente la Corte Suprema dell’India ha bocciato il ricorso fatto dalle società di telefonia contro la decisione presa da organi giudiziali dello stato di Rajasthan.
 
Fonti
 
 
 
 
Puoi controllare dove sono i ripetitori di antenne cellulari più vicine a te attraverso questo sito http://opensignal.com/coverage-maps/Italy/. La mappa mostra un massimo di 100 antenne ad inquadratura quindi per conoscere quante e dove sono le antenne bisogna zoomare nella zona interessata. Importante è selezionare nel riquadro di destra la voce TOWERS così da vedere le antenne anziché COVERAGE che è la copertura. E’ sconcertante sapere quante ce sono e in mezzo ai centri abitati. Considerate che solo nel comune di Parma ce ne sono più di 100!
Puoi approfondire l’argomento leggendo gli articoli dell’archivio Campi Elettromagnetici