LUMIERES ET OMBRES SUR L’UNION AFRICAINE / LUC MICHEL SUR LA ‘TELEVISION DE GUINEA ECUATORIAL’ (2)

EODE-TV & RTVGE / Avec EODE Press Office / 2014 06 26 / 

EODE-TV - LM sur RTVGE 2 - Ombres et lumières sur l'UA  (2014 06 26) FR (1)

Emission complète sur : https://vimeo.com/100240437

 TELEVISION DE GUINEA ECUATORIAL :

‘ESPECIAL XXIII CUMBRE DE LA UNION AFRICA, 2014. LUCES Y SOMBRAS DE LA UNION AFRICANA’

EODE-TV - LM sur RTVGE 2 - Ombres et lumières sur l'UA  (2014 06 26) FR (2)

 Dans cette émission spéciale consacrée à « l’Union Africaine, ombres et lumières », Luc MICHEL débat avec le Directeur-Général de la RTVGE Virgilio ELA MOTU, les panelistes François BIKORO (Afrique Média), Sadio NDUHA (Tchad), Jean de Dieu AYISSI (Cameroun), Bamba MAFOUMGBE (Le Temps, Côte d’Ivoire), le diplomate et homme de médias Moustapha DIEJE (Afrique Démocratie), le journaliste Roger BONGOS (Afrique Rédaction),

L’émission est présentée par l’éditorialiste Martial BISSOG.

EODE-TV - LM sur RTVGE 2 - Ombres et lumières sur l'UA  (2014 06 26) FR (3)

 Luc MICHEL était à MALABO, GUINEE EQUATORIALE, du 24 au 30 juin 2014

pour le XXIIIe Sommet de l’Union Africaine, avec deux équipes de Télévision – AFRIQUE MEDIA TV et EODE-TV. Occasion aussi de contacts et de rencontres de haut niveau pour développer ses réseaux panafricains …

La Guinée Equatoriale, qui propose son modèle alternatif de développement et d’émergence, est le nouveau centre du Panafricanisme et son président Obiang Nguema Bassogo l’héritier de Moammar Kadhafi.

 Luc MICHEL, qui défend l’héritage de la Jamahiriya et est aussi un leader panafricaniste de plus en plus suivi sur tout le continent, a été l’invité vedette de 4 émissions spéciales – « Especial XXIII Cumbre de la Union Africa, 2014. Luces y Sombras de la Union Africana » – de la télévision d’Etat, la RTVGE, où il a pu développer ses positions géopolitiques novatrices – en particulier sa thèse sur l’alternative géopolitique du futur : “l’Axe Eurasie-Afrique” centré sur le triangle Moscou-Malabo-Téhéran” – devant un public enthousiaste.

Le principal mensuel guinéo-équatorien, ‘La Semenia de Guinea Ecuatorial’ a également mentionné ses thèses en éditorial de son édition de juin.

 EODE Press Office / EODE-TV / RTVGE

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TAV: codice di progetto errato

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 La storia è semplice, come lo sono ragioni per chiedere al Governo di rispondere, nonostante i numerosi acronimi e i riferimenti di legge.

C’è un sistema di identificazione dei progetti pubblici che si chiama Codice Unico di Progetto (CUP). Si tratta nei fatti di una sorta di codice fiscale (stringa alfanumerica di 15 caratteri) assegnata ad ogni progetto dal CIPE, ovvero dal Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, questo vale ovviamente anche per i progetti del TAV.

Ogni impresa operante negli appalti pubblici ha l’obbligo di effettuare le transazioni attraverso bonifico (bancario o postale) inserendo in questo anche il CUP, proprio per permettere e rendere riconoscibile lo spostamento di denaro al progetto interessato.

Cosa succede però se il CUP è errato? Che la tracciabilità dei flussi va a ramengo, ovvio. Ma salta anche un altro aspetto ad essa collegato: l’informazione antimafia interdittiva.

Se il Prefetto, verificando i flussi finanziari, desume la sussistenza di rischio o tentativo di infiltrazione mafiosa, allora può emanare l’informazione antimafia interdittiva per l’azienda operante che, a seconda dei casi può vedersi revocare o rescindere il contratto, viene espulsa dagli elenchi dei fornitori (c.d. white lists), etc.

Insomma, un sistema funzionale e funzionante a meno che non si inceppa qualcosa, come ad esempio il CUP errato.

A novembre 2010 il CIPE assegna al progetto per i lavori del tunnel de La Maddalena un CUP che si scopre essere già assegnato ad un altro progetto che non c’entra nulla con la Torino-Lione.

Nel corso del 2011 l’Avv. Bongiovanni a nome della Comunità Val di Susa segnala il problema e chiede una verifica sull’impossibilità di tracciare i flussi finanziari. Invia mail alla DNA (Direzione Nazionale Antimafia) e all’autorità per la vigilanza dei contratti pubblici (AVCP) ma niente, nessuna risposta.

Ci riprova a dicembre dello stesso anno e poi ancora a settembre del 2012 mettendo in copia l’universo mondo: Prefetto di Torino, Ministero dell’Interno e il Dipartimento interministeriale per la programmazione economia (DIPE).

Taaac!

Di lì a poco, evidentemente perché la segnalazione al DIPE fa centro, il Consiglio dei Ministri comunica che il CUP è stato corretto (nota bene: 2 anni dopo).

Nel frattempo, la DNA inoltra la denuncia alla DDA Torino, che delega la DIGOS che a sua volta demanda alla GdF. Alla fine dei due anni non fanno altro che prendere atto dell’avvenuta correzione e archiviare il procedimento, senza però verificare gli eventuali limiti alla tracciabilità dei flussi finanziari.

Il problema però è assai più complesso. Lo diventa, ad esempio, se aggiungiamo che in quei due anni con CUP errato tra le società appaltatrici se n’è trovata una, la Italcoge spa, in odore di mafia, anzi di ‘ndragheta. Non lo diciamo noi, né l’avvocato, né i NO-TAV, lo dicono le indagini – concluse – della DDA.

Ovviamente in quei due anni con il CUP di un altro progetto è stato impossibile verificare la regolarità dei flussi per i lavori del tunnel de La Maddalena.

Considerato che Giovanni Falcone sosteneva di dover seguire il denaro per trovare la mafia, ci è sembrato corretto chiedere spiegazioni al Governo con una interpellanza urgente: 1) su cosa sia successo in quei due anni nei flussi di denaro per il tunnel, 2) sulla mancanza da parte delle autorità competenti di verificare l’impossibilità di tracciare i flussi.

leggi l’interrogazione

Interpellanza urgente
Al Ministro della Giustizia e al Presidente del Consiglio dei Ministri,

per sapere – premesso che:

a far data dalla pubblicazione della legge n. 3/2003 è obbligatorio l’indicazione del codice unico di progetto (CUP) per ogni progetto d’investimento pubblico (in particolare si veda l’art. 11);

Il CUP, che corrisponde ad un’etichetta necessaria a identificare e accompagnare ciascun progetto d’investimento pubblico dalla sua fase di genesi (studi e progettazioni comprese) fino alla sua definitiva conclusione, rappresenta di fatto una sorta di “codice fiscale” del progetto in forma di stringa alfanumerica di 15 caratteri;

Con il CUP, assegnato per via telematica dal Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE), il cui sistema è gestito dal Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della programmazione economica (DIPE), si persegue l’obiettivo di offrire un sistema univoco di identificazione dei progetti d’investimento pubblico che, oltre a semplificare l’attività amministrativa, serve a rintracciare i dati dello stesso progetto su tutti i sistemi di monitoraggio e conoscere, in maniera aggiornata, le informazioni essenziali relative alle diverse iniziative;
considerata la delicatezza dell’ambito dei lavori pubblici e la stretta attinenza con l’attività di prevenzione e persecuzione delle infiltrazioni mafiose, gli obiettivi di cui sopra sono stati ulteriormente ampliati alla verifica dei flussi finanziari e della loro regolarità;
All’articolo 3 comma 5 della legge 13 agosto 2010, n. 136, “Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia” si specifica infatti che «Ai fini della tracciabilità dei flussi finanziari, gli strumenti di pagamento devono riportare, in relazione a ciascuna transazione posta in essere dalla stazione appaltante e dagli altri soggetti […] il codice unico di progetto (CUP)»;

all’articolo 91 comma 6 del successivo decreto legislativo del 6 settembre 2011, n. 159, “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136”, si indica chiaramente, nell’ambito delle informazioni antimafia, quanto la regolarità relativa alla disposizione del codice unico di progetto rappresenti un elemento fondamentale per la prevenzione, accertamento e valutazione delle infiltrazioni mafiose, come evidenziato dalla Direzione Nazionale Antimafia (DNA) nella propria Relazione Annuale del 2010 (pagg. 361 e 362);

Si prevede, infatti, che «Il prefetto può, altresì, desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa […] dall’accertamento delle violazioni degli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari di cui all’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136, […]. In tali casi, entro il termine di cui all’articolo 92, rilascia l’informazione antimafia interdittiva»;
ad ulteriore prova dell’importanza riconosciuta alla obbligatorietà del CUP (tale da essere richiamato anche quale “codice antimafia”), alla sua regolarità e alla necessità di inserirlo nelle procedure informative transattive, ai sensi dell’articolo 6 comma 2 della già citata legge 136/2010, si prevede una sanzione amministrativa pecuniaria «dal 2 al 10 per cento del valore della transazione stessa» anche nel caso in cui «nel bonifico bancario o postale, ovvero in altri strumenti di incasso o di pagamento idonei a consentire la piena tracciabilità delle operazioni, venga omessa l’indicazione del CUP o del CIG di cui all’ articolo 3, comma 5»;

la stessa Autorità di Vigilanza dei Contratti Pubblici (AVCP) nel parere AG 58/13, del 19 dicembre 2013, redatto su richiesta della Provincia di Brindisi con oggetto “Tracciabilità dei flussi finanziari”, precisa che è «opportuno ricordare che la ratio della Legge n. 136/2010 è quella di prevenire infiltrazioni malavitose e di contrastare le imprese che, per la loro contiguità con la criminalità organizzata, operano in modo irregolare ed anticoncorrenziale. A tal fine, tra l’altro, la legge prevede che i flussi finanziari, provenienti da soggetti tenuti all’osservanza del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (nel seguito, Codice dei contratti) e diretti ad operatori economici aggiudicatari di un contratto di appalto di lavori, servizi o forniture, debbano essere tracciati, in modo tale che ogni incasso e pagamento possa essere controllato ex post»;

in relazione ai lavori complessivi per la realizzazione della nuova linea ad alta velocità Torino-Lione, comunemente detta Tav, il CIPE con delibera n. 86 del 18 novembre 2010 “Programma delle infrastrutture strategiche (legge n. 443/2001) Nuovo collegamento internazionale Torino-Lione: cunicolo esplorativo de La Maddalena Approvazione progetto definitivo e finanziamento” ha assegnato un codice unico di progetto successivamente risultato erroneo poiché riferito ad un altro e diverso progetto, quello della “Linea AV/AC Milano-Verona – territorio multi provinciale – realizzazione tratta Treviglio-Brescia”;

segnalazioni dell’erroneità commessa dal CIPE nel 2010 sono state inviate, con posta elettronica certificata e fax, in data 21 ottobre, 10 novembre e infine 14 dicembre 2011, dall’ Avv. Massimo Bongiovanni per conto della Comunità Montana valle di Susa e Val Sangone all’AVCP e alla Direzione Nazionale Antimafia;

In occasione della segnalazione, lo stesso Avvocato richiedeva, oltre all’accertamento della erroneità del codice unico di progetto (CUP) assegnato dal CIPE, una verifica sugli eventuali limiti e problematiche in merito alla effettiva e sostanziale tracciabilità dei flussi finanziari originati dal 2010 in poi in riferimento agli appalti aventi ad oggetto la realizzazione del tunnel geognostico de La Maddalena a Chiomonte, ed assegnati a varie società dalla Lyon-Turin Ferroviaire (LTF), società individuata dal CIPE medesimo quale proponente l’opera;

non ricevendo alcun riscontro nel corso dell’anno successivo alle segnalazioni di cui sopra, il predetto Avvocato, in data 14 settembre 2012, inviava una nuova comunicazione all’AVCP, nonché al Prefetto di Torino, al Comando Regionale Piemonte della Guardia di Finanza e al Ministero dell’Interno specificando che il CUP utilizzato da LTF risultava ancora difforme e ne richiedeva una verifica puntuale. Segnalazione ulteriore viene poi rivolta telefonicamente presso gli uffici del Dipartimento Interministeriale per la Programmazione Economica (DIPE);

solo dopo oltre due anni dall’errore commesso dal CIPE, e dopo circa un anno dalla segnalazione dell’Avvocato della Comunità Montana Val di Susa e Val Sangone, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con comunicato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 9 ottobre 2012, correggeva l’erronea assegnazione del codice unico di progetto effettuato dal CIPE con la delibera n. 86 del 18 novembre 2010, attribuendo l’esatto codice unico di progetto: C11J050000300001;

secondo le ricostruzioni dello stesso Avvocato risulterebbe che, a fronte della prima segnalazione, la Direzione Nazionale Antimafia di Roma abbia inviato la segnalazione medesima alla Direzione Distrettuale Antimafia, presso la Procura della Repubblica di Torino, con conseguente apertura di un procedimento penale registrato al n. 410/12 K;
Successivamente all’apertura di tale procedimento in data 19 novembre 2012 veniva delegata la Direzione Investigazioni Generali Operazioni Speciali (Digos) di Torino per i seguenti due accertamenti: «Prego, in particolare, verificare quanto indicato nella segnalazione in relazione al CUP (codice unico di progetto) e alla problematiche evidenziate circa la tracciabilità delle transizioni finanziarie derivanti dagli appalti attribuiti alla (N.D.R. dalla) LTF»;

La Digos di Torino, in data 7 febbraio 2013, delegava a sua volta il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Torino – sezione Tutela Spesa Pubblica Nazionale, per appurare le ragioni dell’errata assegnazione del CUP;

Il Nucleo di Polizia Tributaria eseguiva la verifica sulla erroneità del CUP richiesta dalla Digos di Torino segnalando l’avvenuta correzione del CUP così come comunicato dal Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 9 ottobre 2012 e ne dava comunicazione in data 8 marzo 2013 alla Digos di Torino. A sua volta quest’ultima inviava propria relazione alla Procura della Repubblica di Torino;

Dalle predette due relazioni non si evince siano stati svolti accertamenti alcuni in ordine alle problematiche ed agli ostacoli alla tracciabilità delle transazioni finanziarie – originate dagli appalti affidati dalla LTF – conseguenti all’ utilizzo di un CUP errato;
Tali accertamenti erano stati, invece, espressamente richiesti dalla Procura della Repubblica Torino;

In data 22 marzo 2013 la Procura della Repubblica di Torino richiedeva l’archiviazione del procedimento e ne veniva disposta l’archiviazione da parte del Giudice delle Indagini Preliminari in data 4 aprile 2013.

Tanto premesso e considerato:

che la Val di Susa ha il triste primato di avere il primo comune sciolto per Mafia;
che al tempo della vigenza del CUP errato una delle società appaltatrici della L.T.F., era la Italcoge S.p.a. impresa che ha avuto stretti rapporti con soggetti appartenenti all’ ‘ndragheta piemontese, in particolar modo con certo IARIA Giovanni, nato a Condofuri (RC) il 20.02.1947, affiliato alla ‘ndrangheta piemontese ed esponente del “locale di Cuorgnè”, circostanza rinvenibile nella Informativa 19.12.2011 del Comando Provinciale di Torino (pag. 590 e seguenti – Proc.Pen.6191/07 R.G.N.R. DDA);
che la predetta società Italcoge ha avuto alle proprie dipendenze anche il capo della “locale” ‘ndraghetista di Cuorgnè, certo Iaria Bruno Antonio (nato a Condofuri – RC – il 5.07.1965), circostanza rinvenibile a pag. 602 della predetta informativa;
si richiede al Governo:

se è a conoscenza del mancato accertamento, da parte degli investigatori, delle problematiche connesse all’utilizzo dell’errato codice di identificazione del progetto del tunnel geognostico de La Maddalena ed, in particolare, sull’evidente ostacolo alla tracciabilità dei flussi finanziari originati dagli appalti gestiti dalla società Lyon-Turin Ferroviarie dal 2010 sino alla data della correzione del CUP da parte della Presidenza del Cosiglio dei Ministri dell’ottobre 2012;

se è a conoscenza che la Prefettura di Torino, destinataria anch’essa della informativa sulla erroneità del CUP, provvide a redigere un “Protocollo d’intesa ai fini della prevenzione dei tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata tra Prefettura di Torino tra la Lyon Turin FerroViaire Sas e le Organizzazioni Sindacali ove a pag. 14 veniva dedicato il Capo III alla “Tracciabilità dei flussi finanziari”;

se condivide le preoccupazioni in merito agli ormai noti mancati controlli, che, in merito al caso in oggetto, hanno permesso per circa due anni lavori e finanziamenti di un’opera pubblica affetti da gravissime irregolarità in tema tracciabilità dei flussi finanziari e, conseguentemente, a rischio di infiltrazione da parte della criminalità organizzata, senza la possibilità di accertamento su quanto avvenuto nelle transazioni precedenti la fine del 2012;

se, alla luce di questa incertezza, oltre che della evidente infrazione della normativa vigente, non ritenga di dover procedere alle dovute verifiche in merito alla natura, alla portata e a qualsiasi ulteriore dato che possa essere utile, riguardanti le transazioni e i flussi finanziari originati dalla LTF e riferiti al progetto del tunnel geognostico Tav di Chiomonte, per il periodo intercorso tra la delibera n. 86 del CIPE, 28 novembre 2010, e la correzione del CUP assegnato, 9 ottobre 2012.

 http://www.beppegrillo.it/movimento/parlamento/antimafia/2014/07/tav-codice-di-progetto-errato.html

FINANZIAMENTI EUROPEI PER IL TAV, NON V’E’ CERTEZZA.

http://www.marcoscibona.it/home/?p=539

Sul finanziamento del 40% preannunciato da Brinkhorst – e non è dato sapere a chi lo ha preannunciato! – ricordiamo che la dotazione finanziaria (regolamento UE n. 1316/2013) per lo sviluppo della rete dei trasporti (non solo ferroviaria ma anche autostradale e marittima) ammonta, per il periodo 2014-2020, a € 26 miliardi di cui quasi 12 miliardi proveniente dal fondo di coesione, NON utilizzabili dall’Italia (il Fondo di Coesione è destinato solo agli Stati con Pil inferiore al 90% della media UE-27).

Grosso modo il budget per tutti i progetti di trasporto (non solo ferroviari) e per tutti i paesi europei ammonta a 14 miliardi.

Un rapido e superficiale calcolo conduce alla certezza che la Commissione Europea non potrà permettersi il finanziamento dell’opera del TAV Torino Lione per l’importo del 40% del suo costo globale pari ad € 26 miliardi, come preventivato dalla Corte dei Conti francesi nel 2012.

Forse qualcuno mira a dare una falsa rappresentazione della realtà per poter impunemente saccheggiare le nostre risorse creando il miraggio di un successivo e cospicuo (quando infondato) finanziamento della UE al 40%.

Oltretutto la memoria è corta: Siim Kallas – vice presidente commissione europea – recentemente ha provveduto alla riduzione del finanziamento UE alla Torino Lione, proprio del 40%!

Marco Scibona – Senatore M5S Piemonte
Francesca Frediani per il gruppo consiliare M5S Regione Piemonte

Governo di incapaci o furbetti ad alta velocità?

http://www.marcoscibona.it/home/?p=537

Mi preme aggiornarvi sull’emergenza riferita all’inapplicabilità della nostra normativa antimafia agli appalti della Torino Lione, emergenza nata all’indomani della entrata in vigore della legge di ratifica dell’accordo internazionale tra Italia e Francia.

Già prima della discussione parlamentare avevamo lanciato l’allarme a tutte le Procure Generali della Repubblica italiana sui danni derivanti dall’approvazione dell’accordo internazionale: l’inapplicabilità del codice antimafia agli appalti del Tav.
Nonostante il preoccupato intervento “a latere” su Lupi da parte di Caselli nonché l’audizione di quest’ultimo da parte della Commissione Antimafia, la ratifica è passata in allegria con il bene-placido di quasi tutte le forze politiche in Parlamento.

Ieri, sempre sul punto inapplicabilità del codice antimafia agli appalti del Tav, c’ è stata una balbettante nota orale di Lupi che preannunciava una non meglio precisata volontà della Francia di munirsi di norme equivalenti alle nostre in tema antimafia.

Alla balbettante nota faceva eco Virano. E “rimpallare” la questione alla Francia è estremamente vergognoso per la Patria della civiltà giuridica.

Vorrei far notare che il problema è del 2012 ed era da subito stato evidenziato, ai massimi livelli dell’esecutivo e della Magistratura: il Governo avrebbe DOVUTO, prima della ratifica, porvi rimedio, ma non lo ha fatto.

Ora, dopo le varie operazioni contro la penetrazione dell’ndrangheta nell’opera in questione, penetrazione avvenuta persino sotto gli occhi della Questura di Torino e del passato Prefetto, risultava mediaticamente necessario minimizzare, con le sole parole, i danni conseguenti all’estrema incapacità o furbizia di questo governo e di quelli che lo hanno preceduto.
La verità è una sola: o vi è stata incapacità dell’esecutivo (e conseguente inconsapevole concessione di una splendida opportunità alle Mafie) o sussiste una potente longa manus sull’esecutivo che opera spianando la strada ai peggiori interessi di questa Nazione: ricordo che Cosentino, arrestato l’aprile scorso con l’accusa di aver agevolato il clan camorristico dei Casalesi, è stato Sottosegretario di Stato con delega al CIPE, massimo organo dell’esecutivo competente all’erogazione dei fondi pubblici per le grandi opere.

Comunque, ad oggi, nessun rappresentante delle Istituzioni francesi riferisce di alcun progetto di legge simile al nostro codice antimafia. Ed il tempo necessario a tal fine gioca in favore della Mafia italiana.

Marco Scibona – Senatore M5S Piemonte

La ‘ndrangheta allunga le mani sugli appalti Tav e l’uomo chiave è un novarese

2 luglio 2014, 17:45

TAV 'ndrangheta

Che la ‘ndrangheta avesse ramificato le proprie strutture, finanche a ricreare logiche da colonizzazione nel civilissimo Piemonte, non è affare nuovo (e non è la prima volta che ce lo ricordiamo). Ma i fatti di ieri mattina, con l’avvio dell’operazione dei carabinieri del Ros, denominata “San Michele“, ha un che di nuovo e di certamente atteso. Sarà soprattutto per via dell’attenzione esclusiva dedicata ai cantieri Tav della Val Susa, verso i quali si sarebbero indirizzate le cosche, cercando strade e contatti per eludere i controlli e le certificazioni. Inoltre, come è facilmente immaginabile, tenendo presenti i complessi rapporti tra Procura di Torino e movimenti No-Tav degli ultimi anni, questa operazione si inserisce certamente in un cono di interesse pubblico notevole e che con ogni probabilità farà parecchio discutere.

Come si diceva, la presenza delle cosche di Calabria in terra sabauda non ci dovrebbe sorprendere. Si fece sentire con forza dirompente ordinando ed eseguendo l’omicidio nel 1983 del procuratore capo di Torino (!) Bruno Caccia, per motivazioni che oggi richiedono ancora di essere approfondite con cura e coraggio. Nel 1963 poi arriva in Piemonte, spedito al confino, il boss Rocco Lo Presti – soprannominato “il padrino di Bardonecchia” – e con lui il ben poco meritevole titolo per la nota località turistica di “primo comune sciolto per mafia al Nord”. Era il 1995.
Per i giudici fu Lo Presti a «portare la mafia a Bardonecchia», e non a caso si era accasato con i Mazzaferro, già attenzionati nel 1976 dopo l’ottenimento di appalti per la costruzione del traforo del Frejus. Ecco, insomma, i tempi passano ma le vicende sono poi le stesse, con buona pace di chi legge nella storia della criminalità organizzata processi evolutivi al limite del comprensibile.

I Carabinieri del Ros, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Torino, hanno ieri mattina dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare  nei confronti di 26 persone indagate per associazione mafiosa, concorso esterno e smaltimento illecito di rifiuti. Tra queste compareGiovanni Toro, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, residente nel Novarese (a Castelletto Ticino) e uomo chiave di questa vicenda.
Il procedimento, come si legge nelle carte, nasce come stralcio di un lavoro più ampio avente ad oggetto gli assetti organizzativi della locale di ‘ndrangheta di Volpiano, già protagonista della maxioperazione “Minotauro” del giugno 2011. La ‘ndrina distaccata di San Mauro Marchesato, oggetto principale dell’operazione di ieri mattina, risulterebbe infatti essere un gruppo profondamente legato alle vicende della locale di Volpiano, ma in qualche modo in rapporto di autonomia e sotto la guida della famiglia Greco (largamente raggiunta dall’ordinanza). Gli inquirenti la definiscono una ‘ndrina distaccata, perché legata alla locale omonima di San Mauro Marchesato, paese di provincia di Crotone, ma operativa in modo inequivocabile nel Torinese.

Nelle carte dell’inchiesta ci sono espliciti riferimenti all’interesse delle cosche per gli appalti Tav, tanto da registrare diversi summit e riunioni preparatorie in casa madre calabrese, per decidere e organizzare la spartizione della torta milionaria. È lo stesso Giovanni Toro a confermarlo in una intercettazione: «Ricordati queste parole… che ce la mangiamo io e te la torta dell’alta velocità».
L’imprenditore di Castelletto Ticino e interlocutore delle ‘ndrine calabresi secondo quanto scritto dalla Procura aveva però un problema: non possedeva i requisiti per entrare nei cantieri dell’Alta Velocità. Fu infatti grazie a Ferdinando Lazzaro, classe ’67 di Susa di nascita e residenza – che aveva ottenuto in appalto dal committente Ltf-Lione Torino i lavori di preparazione del cantiere tanto contestato dalla popolazione della Val di Susa – che Toro riuscì a farsi aprire tra gennaio e marzo 2012 le porte dell’eldorado italo-francese, infilandosi nei lavori per la gestione delle strade e dell’asfaltatura, senza lasciare apparente traccia. «Ma guardate un attimo voi che potete –commenta in un intercettazione Toro – su Rai Tre di Torino, che hanno inquadrato i macchinari lì a Chiomonte.. lì alla Maddalena della Tav… ci siamo asfaltati», sottolineando come abbiano dovuto nascondersi per non farsi trovare dai giornalisti dell’emittente televisiva. A Lazzaro gli inquirenti contestano il reato di smaltimenti illecito di rifiuti, molti dei quali secondo i loro piani sarebbero dovuti finire in una cava dello stesso Toro nel comune di Sant’Ambrogio.

cantiere

Di Giovanni Toro gli inquirenti scrivono: «concorreva all’associazione di tipo mafioso denominata ‘ndrangheta, mutuando i metodi stessi dell’associazione mafiosa e traendo vantaggio dalla contiguità alla consorteria, otteneva per se vantaggi patrimoniali e commesse lavorative consentendo alla predetta associazione – nei cui confronti manteneva relativa autonomia, agendo per tornaconto personale e tuttavia con la consapevolezza di così contribuire alla permanenza ed al consolidamento del sodalizio criminoso – di conseguire le sue finalità e di acquisire illecitamente in modo diretto i indiretto la gestione o comunque il controllo dei attività economiche e politiche». Dunque, agiva in modo consapevole per i propri interessi e per quelli delle cosche.
In più, sempre secondo l’accusa, consentiva alle ditte di trasporto indicate dalla ‘ndrina di partecipare ad appalti assegnati alla Toro srl e di scaricare nel sito della CST rifiuti speciali residui di lavorazioni edili e stradali, garantendosi il profitto derivante dal risparmio della spesa necessaria per la gestione corretta di questi.
Inoltre, individuava canali preferenziali per l’infiltrazione delle cosche nei lavori di realizzazione di opere pubbliche e «mutuava i metodi stessi dell’associazione e chiedeva agli indagati Mauro Audia, Gregorio Sisca e Roberto Greco di esercitare pressioni e minacce» per far desistere degli imprenditori concorrenti da una richiesta di pignoramento mobiliare a carico di un imprenditore amico di Toro. E in ultimo, si legge sempre dalle carte, «poneva in relazione e creava opportunità di tipo economico-imprenditoriale tra esponenti della ‘ndrina sanmaurese e personaggi del mondo politico», tra cui Domenico Verducci, consigliere comunale a Grugliasco e Antonino Triolo, assessore allo sport e rifiuti del comune di Bruzolo.
Ne viene fuori un profilo di collaborazione a tutto tondo, sia per quanto riguarda le relazioni politiche con i territori limitrofi al cantiere, sia per quanto concerne lo sviluppo di attività lavorative; capace di prestarsi inoltre come supporto “occulto” anche per Lazzaro in una fase successiva al fallimento della sua ditta e senza nessuna remora nel ricorrere al potere violento e intimidatorio delle cosche mafiose.

Al di là di questa vicenda, è bene ricordare che il Novarese ha più volte incontrato nella sua storia recente la locale di ’ndrangheta di Volpiano in arresti e fatti di cronaca. Si parte infatti dal maxi processo “Minotauro” a Torino, che vede Rocco Marando e Rocco Varacalli nel ruolo dei due super pentiti. Nelle dichiarazioni di Marando, affiliato proprio alla locale di Volpiano, il ruolo del Novarese come “terra di confine” veniva così ben descritto: «La ’ndrangheta ha interessi nell’edilizia. Vi dico solo questo: quando è stata rifatta l’autostrada Torino-Milano, la parte al di qua di Novara era di quelli di Volpiano, la parte al di là di Novara era dei milanesi».
Si arriva poi al luglio 2013, con il coinvolgimento della squadra mobile di Novara in un’operazione più ampia, denominata “Tutto in famiglia”, che racconta una storia piuttosto curiosa ed emblematica. Infatti, alcuni esponenti della locale di Volpiano (i fratelli Portolesi) volevano fortemente rientrare in possesso di automezzi pesanti da lavoro, confiscatigli durante il procedimento Minotauro e finiti in vendita all’asta giudiziaria. Organizzano così un’efficace rete di contatti, con l’intento di turbare l’asta e ricomprarsi i beni attraverso diversi prestanome. E in questo che c’entra Novara? C’entra eccome, perché la rete di prestanome viene organizzata dai fratelli Giuseppe e Lorenzo Di Giovanni, da tempo attivi e residenti nel nord della provincia Novarese e con un pedigree giudiziario di prim’ordine.

Che l’interesse del Novarese nell’operazioni “San Michele” riguardi solo la residenza di Giovanni Toro, come abbiamo visto soggetto chiave delle indagini, è evidente. Ma se qualcosa ci hanno insegnato i fatti di cronaca legati ai processi di colonizzazione delle mafie, è che mai la storia dei nomi, delle latitanze o delle relazioni imprenditoriali di un territorio può essere ritenuta frutto del caso, soprattutto quando si ha a che fare con una struttura criminale di matrice ‘ndranghetista, così radicalmente avvitata attorno al sodalizio familiare.

Mattia Anzaldi

Caso Terremerse, Errani condannato a un anno in appello: “Mi dimetto”

diversamente onesti. CHe sia una questione di ONORE non lo mettevamo in dubbio caro Errani

“Un gesto di responsabilità”. In primo grado il governatore era stato assolto dall’accusa di falso ideologico nell’inchiesta sul finanziamento regionale ottenuto dalla cooperativa del fratello. Il suo avvocato: “Sentenza sconcertante”. Nessuna interdizione dai pubblici uffici. Ora l’Emilia-Romagna verso le elezioni

di LUIGI SPEZIA
08 luglio 2014

L’avvocato di Errani: ”Sentenza sconcertante, ricorreremo

Dimissioni Errani, Smargiassi: ‘Elezioni possibili in autunno’
BOLOGNA – Il governatore Vasco Errani si dimette dopo la sentenza di appello Terremerse che lo vede condannato a un anno con la condizionale per falso ideologico. Un anno a lui, un anno e due mesi sempre con la condizionale per i due funzionari della Regione Valtiero Mazzotti e Filomena Terzini. L’avvocato Alessandro Gamberini, difensore del governatore, commenta a caldo: “Sentenza sconcertante”, e annuncia il ricorso in Cassazione. Il giudizio è arrivato in rito abbreviato; non è prevista alcuna interdizione dai pubblici uffici.

La sua dichiarazione: “Davanti a tutto l’onore della Regione”. Errani, alla guida dell’Emilia-Romagna da tre mandati (la prima elezione avvenne nel 1999), è stato anche Commissario straordinario per la ricostruzione post-terremoto. “E’ un momento di amarezza. Ma per prima cosa non parlo di me. Parlo della Regione, perché il mio compito è tutelare l’istituzione, il suo onore, la realtà pulita e di esempio a tanti che è questa Emilia-Romagna”, scrive Errani nella nota con la quale, a pochi minuti dalla notizia della condanna, annuncia le sue dimissioni da presidente della Regione. “Ho sempre messo l’istituzione davanti ad ogni altra considerazione – a me stesso – e non cambio ora”.

Ma, avverte, “non si faccia nessuna confusione: quanto subisco io personalmente non diventi fango per l’istituzione. Per questo intendo rassegnare subito le mie dimissioni, e nel farlo rivendico il mio impegno e la mia onestà lungo tutti questi anni. E la mia piena innocenza anche in questo fatto specifico. Piena innocenza. Dunque annuncio subito che presenterò ricorso affinché prevalga questa semplice verità. Le mie dimissioni sono dunque puramente un gesto di responsabilità. Ad esse unisco il ringraziamento a collaboratori, istituzioni, organi dello Stato, forze sociali ed economiche, perché con tutti c’è stata una collaborazione significativa e costruttiva. A tutti, ancora grazie ed un augurio di buon lavoro”. Dal presidente Pd Matteo Orfini arriva l’auspicio che Errani ritiri le dimissioni, appello fatto proprio anche dai deputati e dai senatori dem emiliani, oltre che dalla numero uno del Consiglio regionale Palma Costi.

L’Emilia-Romagna va alle elezioni. Con le dimissioni di Vasco Errani, condannato per la vicenda Terremerse, la Regione Emilia-Romagna si avvia verso le elezioni anticipate: il terzo mandato del governatore sarebbe scaduto nella primavera del 2015. Il voto potrebbe arrivare in tre mesi, appena Errani formalizzerà le sue dimissioni.

Il processo Terremerse. Secondo la Procura Errani aveva istigato i due funzionari della Regione a commettere il falso. Per i due pena più alta perché è stato considerato anche il favoreggiamento, che è decaduto nel caso di Vasco Errani perché rivolto nei confronti del fratello Giovanni.

La Procura aveva chiesto due anni. Errani, giá assolto in primo grado nel novembre 2012, era accusato di falso ideologico nell’ambito dell’inchiesta portata avanti dal procuratore Roberto Alfonso e dal pm Antonella Scandellari sulla coop Terremerse. Una inchiesta in cui è a processo per truffa il fratello Giovanni, che della coop era stato presidente. La vicenda nacque con l’accusa rivolta dal Giornale a Errani di aver favorito la coop del fratello, he aveva chiesto un finanziamento di un milione di euro alla Regione per la creazione di una cantina a Imola, cantina che però non era stata finita entro il termine indicato dal bando.

In risposta alle accuse, Errani decise di inviare in procura una lettera di presentazione di una relazione fatta fare ai suoi uffici in cui veniva affermato che tutta la procedura era stata regolare. Ma quando le indagini della Finanza appurarono che invece ciò non era vero, al termine dell’inchiesta per truffa contro Giovanni Errani, funzionari regionali e tecnici, la procura ha pensato di indagare anche il presidente Errani, nell’ipotesi che avesse voluto depistare le indagini inducendo i funzionari Valtiero Mazzotti e Filomena Terzini a raccontare il falso.

La difesa ha invece sostenuto che quella lettera di Errani, oltre a non voler mettere fuori pista nessuno, è stata proprio un esposto che ha permesso di iniziare le indagini.
Errani, dal 1999 presidente dell’Emilia-Romagna. La fotostoria

“Ricorso in Cassazione”. “Verranno lette le motivazioni; è giusto attenderle per capire come ha ragionato la Corte. Rimango del parere che avevo espresso in primo grado: Vasco Errani è innocente in questa vicenda, non c’era niente che provasse alcuna forma di istigazione a fare il falso”, è il commento del difensore di Errani, Gamberini. Quindi “ricorreremo in Cassazione e faremo in modo che venga dimostrata questa innocenza come era stata peraltro dimostrata in primo grado”.

La procura. “Le sentenze non si commentano. Si può solo dire che la Procura ha sempre lavorato con assoluta obiettività, serietà e rigore”. Cosi’ Valter Giovannini, procuratore aggiunto di Bologna e delegato ai rapporti con la stampa.

Gli assessori: “Il nostro impegno verso i cittadini”. “Esprimiamo stima, fiducia, vicinanza al presidente Vasco Errani, persona e amministratore di grande capacità e onestà, la cui piena innocenza, così come la piena innocenza dei due dirigenti regionali coinvolti, emergerà senza dubbio nel prossimo grado di giudizio”, scrivono in una nota gli assessori della Giunta Errani e il sottosegretario alla presidenza Alfredo Bertelli. “Le stesse dichiarazioni del presidente confermano una volta ancora, se ce ne fosse bisogno, lo stile e il senso delle istituzioni che Errani ha dimostrato in questi anni e ha indicato a tutti noi con il suo impegno quotidiano. Anche per questo va a lui tutta la nostra amicizia e il nostro affetto. E garantiremo, come ci ha espressamente chiesto, pieno e totale impegno, nel rispetto degli adempimenti statutari, per portare a termine le tante cose importanti già avviate e gli impegni fondamentali della presente legislatura, con tutta l’attenzione e la dedizione che meritano i cittadini dell’Emilia-Romagna”.

Shock nel Pd e in Regione. ”Chiunque conosca Errani non può dubitare della sua onestà e della sua correttezza”, sono le parole di Pier Luigi Bersani, ex segretario del Pd. “Con tutto il rispetto che si deve alle sentenze si dovrà dare rispetto anche alle convinzioni profonde di chi ha avuto a che fare con Errani. Una persona perbene e il miglior Presidente che l’Emilia-Romagna abbia avuto”. ”Vasco Errani è una persona perbene e lo dimostrerà”, scrive anche il presidente del Pd Matteo Orfini, “ha sempre lavorato nell’interesse dell’Emilia-Romagna. Spero ritiri le dimissioni”. “Piena solidarietà al presidente Errani” dall’assessore alla Cultura della Regione Massimo Mezzetti, “convinto della assoluta innocenza dimostrata tra l’altro dalla sentenza di assoluzione in primo grado che non lasciava margini di dubbio. Credo che la sentenza di oggi sia viziata da un precedente molto discutibile quando il Pm nell’arringa ha chiesto il massimo della pena ‘per dare un segnale’. Un’espressione preoccupante e infelice”. Uno dei possibili successori di Errani, il sindaco di Imola Daniele Manca, scrive in una nota: “Oggi è un giorno triste per la nostra Regione. La scelta di Vasco Errani di dimettersi è dolorosa, ma conferma ancora una volta la sua ferma determinazione a mettere sempre in primo piano l’interesse delle istituzioni”, e si dice certo “che la sua condotta è stata sempre all’insegna della correttezza e della moralità, del rigore e della trasparenza”. “Ho sempre rispettato e rispetto il lavoro dei magistrati. Conosco il presidente Errani: è una persona onesta ed ha governato con saggezza la nostra Regione”, è il commento della vicepresidente del Pd Sandra Zampa. “Confido che in Cassazione- scrive Zampa- si dimostri la sua estraneità ai fatti, così come è stato nel primo grado di giudizio”. ”Vasco Errani con le sue dimissioni ha agito da uomo di Stato”, commenta Alessandra Moretti, europarlamentare del Pd – non sono molti a farlo. I passi indietro a volte sono passi in avanti”. “Per chiunque lo conosca è impossibile nutrire il minimo dubbio sull’onesta, sul rigore e sull’assoluta trasparenza di Vasco Errani”, dichiara il deputato Pd Alfredo D’Attorre. Filippo Taddei, responsabile Economia del Pd, scrive su Twitter: “#forzavasco ripensaci”. Stefano Fassina: “Un abbraccio a Vasco Errani, amministratore e dirigente politico onesto, capace, con altissimo senso delle istituzioni. Ancora una volta, Vasco conferma di essere esempio di politica al servizio dell’interesse generale”. Gianni Cuperlo: ”Conosco Vasco Errani da diversi anni. Penso sia una delle persone piu’ integre e capaci che ho incrociato nei miei partiti di ieri e nel mio partito di oggi”. Matteo Richetti, oggi deputato Pd ed ex presidente del Consiglio regionale: “Ho lavorato fianco a fianco con il Presidente Errani in questi anni. Nel rispetto che si deve a ogni sentenza, non è in discussione la statura e l’operato di un uomo politico che ha servito con passione, onestà e capacità l’Emilia-Romagna”. “La scelta di dare immediate dimissioni” da parte di Vasco Errani “conferma il fortissimo senso dello Stato e delle Istituzioni che ha caratterizzato Errani in questi anni. Gli abbiamo chiesto di riconsiderarle, ma rispetteremo la sua scelta”, sono le parole di Stefano Bonaccini, segretario uscente del Pd in Emilia-Romagna.

I sindaci emiliani. I primi cittadini di Bologna, Modena e Reggio Emilia affidano a una nota congiunta l loro solidarietà a Errani. “E’ un verdetto non definitivo, e siamo certi che in Cassazione verrà affermata la sua totale estraneità”, scrivono Virginio Merola, Gian Carlo Muzzarelli e Luca Vecchi. “Oggi confermiamo fiducia, amicizia e stima al presidente Errani, che ha sempre operato al meglio e nell’interesse esclusivo delle cittadine e dei cittadini dell’Emilia-Romagna, guidandola con passione e coraggio in anni difficili. La sua decisione dopo la condanna conferma la statura e la correttezza dell’uomo”. Merola esclude che Errani possa ripensarci e ritirare le dimissioni: “Conosco bene Errani e penso sia difficile possa accadere”. Muzzarelli aggiunge: “La giustizia arriverà: arriverà troppo tardi ma arriverà, perché è un uomo giusto. I galantuomini meritano di essere riconosciuti come tali, ma ci sarà il momento anche per questo”.
Errani condannato, il Movimento 5 Stelle: “#arrestanovoi”

Le reazioni dell’opposizione. Con Vasco Errani condannato a un anno per la vicenda Terremerse, “da consigliere regionale ho solo una parola da dire: dimissioni”, scrive su Facebook Galeazzo Bignami, esponente di Forza Italia, poco prima che arrivino le vere dimissioni del governatore.
“A differenza di tanti suoi simili, Errani non ci ha pensato un attimo e questo gli fa onore”, commenta il consigliere del M5S Andrea Defranceschi, che si augura nuove elezioni: “Questa Regione merita molto di meglio. Si preannunciano tante nuove stelle”. “Il Pd continua a perdere le sue punte di diamante. Pensionamento anticipato? No! Galera! Oggi è il turno del Presidente dell’Emilia Romagna Vasco Errani. E’ proprio vero, noi #VinciamoPoi ma intanto #ArrestanoVOI”, scrive su facebook Manlio Di Stefano, deputato 5 stelle che assieme al post pubblica anche una foto. La deputata romagnola del M5S, Giulia Sarti: “Chiediamo nuove elezioni subito. Noi siamo pronti. Senza se e senza ma”,e dagli eletti Cinque stelle al senato e alla Camera arriva anche la richiesta di dimissioni da ogni incarico, compreso quello di Commissario straordinario per la ricostruzione.
Esprime invece solidarietà Roberto Formigoni, Ncd, ex numero uno della Regione Lombardia: “Sono convinto che i suoi comportamenti siano sempre stati corretti”.

Confindustria Emilia-Romagna sottolinea che ”le preannunciate dimissioni, se confermate, hanno conseguenze rilevanti su dossier fondamentali come la responsabilità commissariale del terremoto e quella relativa ai Fondi strutturali Europei che richiederebbero, viceversa, continuità di gestione. Esse, inoltre, renderebbero inevitabili la conclusione anticipata della legislatura, la decadenza degli organi di governo e nuove elezioni. Gli imprenditori della regione ritengono che, in tale eventualità, cio’ debba svolgersi con la massima tempestività”.
http://bologna.repubblica.it/cronaca/2014/07/08/news/errani_terremerse-91004793/

ONU: Abbas chiede indagine su crimini Israele contro Palestina

si fidati che l’Onu chiede subito invervento per proteggere i palestinesi.

Al-Bawaba (07/07/2014). Il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha chiesto all’ONU di formare un comitato internazionale che indaghi sui crimini commessi da Israele contro i palestinesi. “Mohammad Abu Khdeir è stato bruciato vivo. Sedici palestinesi tra cui donne e bambini sono stati uccisi nelle scorse due settimane, senza contare i continui tentativi di rapimento e le aggressioni contro i bambini,” ha detto Abbas, continuando: “Tutti abbiamo visto la faccia di Tarek Abu Khdeir [un ragazzo palestinese brutalmente picchiato a Gerusalemme dalla polizia israeliana, ndr] sfigurata dalle ferite”.

“Ci stiamo preparando ad una serie di mosse,” ha concluso Abbas, “per fermare l’aggressione israeliana, i crimini e i continui attacchi contro la nostra gente nella Striscia di Gaza sotto assedio”.

http://arabpress.eu/onu-mahmoud-abbas-chiede-indagini-crimini-israele-contro-palestinesi/

Gaza:11palestinesi morti,75feriti in 70attacchi aerei israel
Gaza-InfoPal. Non si arresta l’escalation israeliana contro la Striscia di Gaza: da lunedì 7 luglio, 11 palestinesi sono stati uccisi e 75 stati feriti nell’operazione bellica “Barriera Protettiva” che finora ha condotto 70 attacchi aerei sulla Striscia.

Tra le vittime ci sono diversi bambini.

Decine di località sono state prese di mira a Beit Lahiya, Gaza, Khan Younis, con 13 feriti nella città di Gaza.

http://www.infopal.it/striscia-di-gaza-11-morti-e-75-feriti-in-70-attacchi-aerei-israeliani-nelle-ultime-ore/
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Italiani alla fame, poca carne e spesa al discount

certo che in Italia per essere pieni di adepti della società civile che tanto lotta per il povero il debole e l’ultimo non c’è male come risultato…..Sembra quasi abbiano fatto un piacere ai potenti…..

Istat: nel 2013 spesa famiglie ai minimi da 10 anni

Milano – Meno carne, vestiti, scarpe e vacanze: i consumi delle famiglie italiane sono ai minimi da 10 anni. E’ l’Istat che ancora una volta ricorda come la crisi economica stia erodendo sempre più incisivamente il tenore di vita degli italiani.Gli italiani ormai risparmiano su tutto: oltre a diminuire le quantita’ ne risente la qualita’ del cibo anche se la spesa alimentare nel 2013 resta sostanzialmente stabile passando da 468 a 461 euro al mese. L’Istat spiega che a stringere di piu’ la cinghia sono gli operai con un reddito piu’ basso e le coppie con figli.

Nel 2013, emerge dai dati, continua ad aumentare sia la quota di famiglie che ha ridotto la qualita’ o la quantita’ dei generi alimentari acquistati (dal 62,3% del 2012 al 65%), sia quella di famiglie che si rivolge all’hard discount (dal 12,3% al 14,4%).

A farsi notare e’ la significativa diminuzione dell’acquisto di carne (-3,2%).
In calo anche la spesa per beni e servizi non alimentari (-2,7%) che si attesta su 1.898 euro mensili: continuano a diminuire le spese per abbigliamento e calzature (-8,9%), quelle per tempo libero e cultura (-5,6%) e quelle per comunicazioni (-3,5%). Nonostante il calo sia piu’ marcato nel Nord (dal 4,8% si scende al 4,3%), e’ nel Mezzogiorno che piu’ frequentemente si cerca di ridurre tali spese: piu’ di un quinto delle famiglie dichiara di aver diminuito, rispetto all’anno precedente, la quantita’ di vestiti e scarpe acquistati e di essersi orientato verso prodotti di qualita’ inferiore (contro un 17,2% osservato a livello nazionale).

Sempre nel Mezzogiorno, aumenta, dal 17% del 2012 al 18,8% del 2013, anche la quota di famiglie che li acquista al mercato (dal 13,6% al 15,6% a livello nazionale).

La quota di spesa per arredamenti, elettrodomestici e servizi per la casa si contrae ancora (dal 5,1% del 2011, scende al 4,8% del 2012 e al 4,6% del 2013), a seguito della diminuzione delle spese per elettrodomestici (lavastoviglie, lavatrice, frullatori, ferri da stiro, eccetera), per mobili e per personale domestico, in particolare quello per assistenza ad anziani e disabili.

La progressiva diminuzione caratterizza anche la spesa per il tempo libero e la cultura (la quota dal 4,2% del 2011 passa al 4,1% del 2012 e al 4% del 2013); le famiglie riducono soprattutto la spesa per praticare attivita’ sportive e per l’acquisto di articoli sportivi, per cinema, teatro, giornali, riviste, libri, giocattoli, lotto e lotterie. In lieve diminuzione anche le spese per gli abbonamenti televisivi.

Nel 2013, a seguito della diminuzione del prezzo dei carburanti, diminuisce la quota di spesa destinata ai trasporti (pari al 14,2%) che, dopo l’aumento osservato nel 2012 (quando si era attestata al 14,5%), torna sui livelli del 2011; l’andamento e’ piu’ accentuato nel Nord (dal 15,3% al 14,7%) ed e’ dovuto anche alla riduzione delle spese per la manutenzione e la custodia dei veicoli, per l’acquisto di automobili sia nuove sia usate e per i biglietti aerei.
Nel 2013, il 16,7% delle famiglie vive in un’abitazione presa in affitto (erano il 16,9% nel 2012 e il 18% nel 2011), sostenendo una spesa media mensile pari a 394 euro, variabile tra i 445 euro delle regioni del Centro e i 313 euro del Mezzogiorno.

Tra le famiglie che vivono in abitazioni di proprieta’ (il 73,4%), il 16,6% paga un mutuo, quota pressoche’ stabile rispetto all’anno precedente. Questa voce di bilancio (che interessa poco piu’ di 3 milioni di famiglie), pur non essendo una spesa per consumi (configurandosi piuttosto come un investimento), rappresenta un’uscita consistente pari, in media, a 499 euro al mese, che sale a 510 euro nel Nord e a 533 euro nel Centro.

Nel 2013, la spesa media mensile per famiglia e’ pari, in valori correnti, a 2.359 euro (-2,5% rispetto all’anno precedente). Anche in termini reali, la spesa e’ diminuita tenendo conto dell’errore campionario (0,6%) e dell’inflazione (+1,2%). Si tratta dei livelli piu’ bassi dal 2004, quando era di 2.381 euro.
8/7/2014

http://www.voceditalia.it/articolo.asp?id=106425&utm_medium=referral&utm_source=pulsenews

Nicaragua, 40 miliardi per la sfida a Panama

Approvato il progetto per il maxi canale destinato a collegare le due coste del Paese entro il 2019. Ma le perplessità restano, sia sul fronte ambientale sia sulla convenienza economica.
 
Via libera, il canale si farà. Con una decisione assunta nella giornata di ieri da un comitato ad hoc il Nicaragua ha approvato in via definitiva la costruzione del maxi canale destinato a tagliare in due il Paese aprendo così una nuova rotta coast-to-coast per le navi commerciali in concorrenza con l’omologo panamense. Lo ha riferito la Reuters precisando che l’opera dovrebbe costare attorno ai 40 miliardi di dollari. Il progetto è affidato alla HK Nicaragua Canal Development Investment Co Ltd, una società di Hong Kong.
 
 
Secondo quanto riferito, il canale dovrebbe collegare la foce del fiume Brito, sulla costa del Pacifico, con quella del Río Punta Gorda, sul lato atlantico. Gli scavi dovrebbero estendersi per complessivi 278 chilometri così da collegare i due punti estremi al lago Nicaragua, il più grande bacino d’acqua dolce dell’America Centrale. I lavori dovrebbero concludersi entro il 2019.
 
 
L’opera, approvata nel giugno 2013 dal parlamento di Managua con il sostegno convinto del presidente della Repubblica Daniel Ortega (foto), aveva suscitato le forti perplessità dei gruppi ambientalisti, preoccupati dell’impatto che il progetto potrebbe avere sul principale lago del Paese. Molti i dubbi anche sulla convenienza economica dell’opera (vedi Valori, luglio 2013) sia per l’impietoso confronto con il celebre Canale di Panama (lungo appena 50 miglia, ovvero un terzo del futuro omologo nicaraguense) sia per le variabili congiunturali (la riduzione del traffico navale) e concorrenziali, a partire dalla progressiva riduzione dei costi di tratte alternative più lunghe.  
8 Luglio 2014
Matteo Cavallito
http://www.valori.it/ambiente/nicaragua-40-miliardi-sfida-panama-7741.html?utm_medium=referral&utm_source=pulsenews  

MAI DIRE CANONE! – DOPO AVER SPEDITO 500MILA LETTERE MINATORIE A COMMERCIANTI E ARTIGIANI, ORA GUBITOSI DICE CHE ERA UNO SCHERZO: “NON SONO INGIUNZIONI DI PAGAMENTO, NON SI PAGA IL CANONE SPECIALE PER I PC”. E CHI HA GIÀ PAGATO?

Viale Mazzini peggio di Equitalia: ha inondato le piccole imprese con richieste di pagamento, ma dopo la rivolta dice che si paga solo se il titolare ha un televisore. Non potevano dirlo subito? – Anzaldi (PD): “Ora i tg Rai informino sulla lettera del dg”. Gasparri: “L’invio di un bollettino con l’importo è di fatto un’ingiunzione di pagamento”…

 
1. RAI: GUBITOSI, SU CANONE SPECIALE CAMPAGNA STAMPA FUORVIANTE

 (ANSA) – “Con criteri di rotazione tra i diversi settori di attivita’, la Rai invia ogni anno ad esercizi pubblici e strutture ricettive, artigiani, imprenditori e professionisti, mediamente 500.000 lettere. I testi sono sempre stati del medesimo tenore e non ci risulta abbiano finora indotto in errore i destinatari”. Lo scrive il dg Rai Luigi Gubitosi in una lettera indirizzata al presidente della Commissione di Vigilanza, inviata per rispondere alle richieste di chiarimenti sulle lettere per la riscossione del canone speciale inviate alle aziende, sottolineando che “campagne stampa fuorvianti incidono negativamente sulla riscossione del canone nel suo complesso anche presso gli abbonati”.
“L’attivita’ di redazione – prosegue Gubitosi nella lettera che l’ANSA ha potuto leggere – degli elenchi per l’invio di comunicazioni ai potenziali detentori di apparecchi radiotelevisivi non e’ stata mai affidata a societa’ esterne. Tutte le attivita’ sono eseguite direttamente dalla Direzione Canone. Questo tipo di lettere non sono ‘ingiunzioni di pagamento’, non solo perche’ non ne condividono ne’ la forma ne’ le modalita’ di notificazione, ma soprattutto perche’ non contengono alcuna intimazione di pagamento”.
 
“Piu’ nel dettaglio – afferma ancora il dg -, in nessun passaggio della lettera in questione la detenzione e’ presunta: al contrario testualmente si “invita” il destinatario ad effettuare il pagamento solo nel caso in cui detenga l’apparecchio”. Gubitosi sottolinea anche che le indicazioni fornite dal Ministero della Sviluppo Economico “risultano idonee a dissipare ogni perplessita’ – quantomeno allo stato attuale delle sviluppo tecnologico – in ordine alla distinzione tra apparecchi assoggettati o meno al pagamento del canone”.
“Per fronteggiare comunque il disorientamento creato dalla recente campagna di stampa – prosegue Gubitosi -, oltre ai consueti canali di contatto con il pubblico, la Direzione Canone ha attivato immediatamente anche nuove possibilita’ di comunicazione in modo da risolvere ogni eventuale dubbio. Questa polemica colpisce ancor di piu’ perche’ la Rai sta investendo molto nel servizio all’utenza”.
 
 
2. RAI: ANZALDI (PD), GRAVI PAROLE GUBITOSI SU CANONE SPECIALE

 (ANSA) – “Le parole del direttore generale Luigi Gubitosi in risposta alla lettera della Vigilanza sul canone speciale sono molto gravi. E’ inaccettabile che la Rai dia la colpa alla stampa, cui invece occorre rendere merito. Chiedero’ in ufficio di presidenza che la Vigilanza approfondisca la questione”. E’ quanto dichiara il deputato del Partito democratico e segretario della commissione di Vigilanza Rai, Michele Anzaldi.
“Nella sua lettera – spiega Anzaldi – Gubitosi parla di ‘disorientamento creato dalla recente campagna di stampa’ e di ‘campagna di stampa fuorviante’. Parole sorprendenti, visto che la questione che ha creato caos e sconcerto in ben 500mila tra imprenditori e artigiani, numero dichiarato dallo stesso dg, e’ emersa propria grazie ai giornali e alle associazioni di categoria. Tra l’altro la risposta della Rai, che conferma come la lettera agli artigiani non sia in alcun modo una ingiunzione di pagamento, arriva ben dopo due settimane e a seguito del sollecito della Vigilanza”.
 
“Perche’ la Rai – aggiunge Anzaldi – non si e’ preoccupata di far comprendere bene a chi ha ricevuto la lettera l’esplicita esclusione dall’obbligo di pagamento per chi possiede apparecchi pc non sintonizzati alla tv? Chi ha pagato erroneamente, solo perche’ si e’ visto recapitare una lettera ufficiale della tv pubblica, come sara’ risarcito?
 
GASPARRI MANDA I SALUTI A DUDU DEL SUO BORDER COLLIE CINDY

Tutti, a partire dal governo, sono d’accordo nel dire che la normativa sul canone fa rivista profondamente. C’e’ l’impegno politico a rivederla a breve. La Rai dovrebbe tenerne conto, invece di  inondare gli italiani di lettere poco chiare e che rischiano di essere equivocate. E adesso sara’ interessante vedere se alla lettera di Gubitosi daranno risalto solo i soliti giornali o ci sara’ ampia risonanza anche nei telegiornali Rai”.
 
3. RAI: GASPARRI, SU CANONE SPECIALE GUBITOSI SERVILE

(ANSA)  “La lettera del dg Gubitosi giunta in commissione vigilanza Rai sulla questione del canone speciale e’ pura burocrazia. La Rai non impone l’obbligo di pagare perche’ e’ cosa fissata dalla legge, ma di fatto e’ lei che intima il versamento del canone. Quanto ai soggetti destinatari della tassa speciale, tra le righe Gubitosi ammette che si procede a casaccio. Il punto e’ proprio questo. Chiarire chi deve e chi invece non deve pagare”. Lo afferma il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri che sottolinea come “finora queste lettere sono giunte a commercianti o titolari di partita iva senza un criterio preciso”.
 
RAI DI VIALE MAZZINI

“Perche’ – chiede Gasparri – Gubitosi non ammette che quello del canone speciale e’ un pasticcio e che l’invio di un bollettino con marcato l’importo e’ di fatto un’ingiunzione di pagamento? O forse le manovre interne per ingraziarsi il Presidente del Consiglio sono tali da impedire al dg di dire la verita’? E cioe’ che non c’e’ un criterio con cui sono state spedite le lettere perche’ la legge su questo non e’ chiara e il ministero non precisa”. “Una maniera cosi’ pilatesca di far pressione sui contribuenti e’ incredibile, almeno quanto le attestazioni di servilismo”, conclude Gasparri.
http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/mai-dire-canone-dopo-aver-spedito-500mila-lettere-minatorie-80547.htm?utm_medium=referral&utm_source=pulsenews