Untori e risanati – da Roma a Kiev e Damasco

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Non dubitare mai che un piccolo gruppo di cittadini pensanti e impegnati possa cambiare il mondo. In effetti, è sempre successo. (Margaret Mead, antropologa)

Un tempo a nessuno era consentito di pensare liberamente. Ora è permesso, ma nessuno ne è più capace. Ora la gente vuole pensare solo ciò che si vuole debba pensare- E questo lo considerano libertà. (Oswald Spengler, “Il tramonto dell’Occidente,1926)

Sai che il tuo paese sta morendo quando si deve distinguere tra ciò che è morale ed etico, e ciò che è legale”. (John De Armond)

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Ci sono notizie esaltanti come le ininterrotte vittorie dell’esercito e del’incredibile popolo di Siria sui ratti, a dispetto delle loro ormai patetiche provocazioni (la nuova bufala dei gas), ormai disintegrate da tante prove e, alla fine, dalla straordinaria inchiesta del Pulitzer Seymour Hersh, sui gas tossici di Houtha a Damasco e relative responsabilità del delinquente turco, Erdogan. O come l‘insurrezione rivoluzionaria dei russi di Ucraina, che sta mandando in vacca il golpe USA-UE-nazisti a Kiev, che ci ricorda la Comune di Parigi, che fa temere un epilogo analogo e che meriterebbe ogni solidarietà internazionale (no, ragazzi, la Russia non può intervenire se non a rischio certo di conflagrazione nucleare). E ci sono notizie-chiavica da quella fogna che è la banda P2 al potere nel nostro paese, come le nuove nomine a capo delle industrie di Stato, quali megere e grassatori, quali segnati da mostruosi conflitti d’interesse (leggi: corruzione onnipervasiva), con in testa il rottamatore dei trasporti nazionali, che in cambio riceveva 800mila euro all’anno, imputato per la strage di Viareggio, Mauro Moretti. Un rapinatore dei diritti alla mobilità dei cittadini comuni, messo in Finmeccanica a fianco del neo-Bava Beccaris della Genova-G8. Con a seguire la Marcegaglia, professionista di chiusure e delocalizzazioni, coerentemente messa a guidare lo “sviluppo”. Senza parlare dello squadrone di indagati, imputati, processati, che, nei sottosegretariati del regime, incarnano i “requisiti di onorabilità” voluti dal ministro della devastazione e del saccheggio, detto “dell’Economia”.

Non c’è cosa che faccia o dica, il gaglioffo estratto dal magazzino delle scartine da periferia di Wall Street, che non confermi ai non obnubilati dagli incensi dei turibolanti di corte la sua natura di rottamatore del paese e di restauratore in molto peggio delle più nefaste vicende nazionali. Una legge che riduce le pene, rendendole praticamente ineseguibili, a chi si vende alla mafia per voti e quindi ne agevola la presa sullo Stato e sulla società (cosa concordata, come tante altre, tra Napolitano e Berlusconi e poi dettata dal primo al suo Partito Unico). E c’è l’immancabile Di Lello del “manifesto” che festeggia la cancellazione dal decreto sul voto di scambio “la disponibilità di soddisfare gli interessi e le esigenze dell’associazione mafiosa”, come se lo scambio avvenisse solo con soldi e non con appalti e altri benefici. La mafia ringrazia. Poi un accordo con la Francia che garantisce come, applicando sulle opere in Valsusa il diritto francese, che non prevede certificati antimafia, sovranità nazionale, predazione dei denari pubblici e devastazione dell’ambiente siano in capo agli amici degli amici. Il biscazziere baro che promette 80 euro al suo ceto medio, sottratti al canone RAI e pagati con gli aumenti di tariffe e bollette e con le detrazioni a 5 milioni di coniugi di disoccupati., mentre taglieggia  pensionati già alla fame.

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 Il Regno del PUM, Partito Unico Monopolare

Unici ad opporsi a queste efferatezze del governo di “consigliati” dal Pericle sul Colle, i Cinque Stelle che, superando ogni limite del putrido politically correct, cioè saltando la panna al cianuro dell’ipocrisia di regime, sono arrivati a sbertucciare la nomina a capoliste europee di cinque bertucce tirate fuori dal caravanserraglio renziano per recuperare, a voto ottenuto e rinuncia pronunciata, altrettanti babbioni della putrefatta Prima e Seconda Repubblica, trombati alle elezioni, o andati oltre la data di scadenza della propria commestibilità. Si chiama vuoi rottamazione, vuoi cambiamento, vuoi innovazione. Renzi se l’è fatta dettare il 1. Giugno 2012 e confermare a Londra il 1.aprile 2014 a cena dal noto socialista Tony Blair (vindice della Thatcher e criminale numero 2 dell’Iraq) e dai capi della JpMorgan, seconda banca d’affari del mondo, prima responsabile della crisi dei subprime.Questi i punti imprescindibili dettati al vernacolare toscano da questa cupola della criminalità organizzata: riforma delle provincie, del Senato, del lavoro, del consiglio dei ministri, della premiership, della legge elettorale, del cittadino, della libertà. Una copia dell’operazione Kissinger in Cile. Ma soft, come assicura Rodotà, ancora dopo lo scatenamento dei cavernicoli col pugnale tra i denti contro i senzacasa di Roma.

Tutto questo aggiunge incontrollabile insofferenza a insonnia e incubi che il M5S, primo fenomeno dagli anni ‘50 di autentica opposizione e di credibile alternativa, provoca nell’intero establishment impegnato nella riduzione del paese al Paraguay di Stroessner, alla Corleone di Riina, o alla Grecia dei Colonelli. Si riprende il modello Genova G8 e, così, nelle piazze di Roma è arrivato il cambiamento renziano sotto forma di cortei autorizzati e bloccati e di squadristi in divisa che garantiscono sicurezza prendendo a calci in faccia chi protesta, o pretende casa. Un’ icona simbolica, quella della “mela marcia” che monta con gli anfibi sulla pancia di una donna a terra, di quanto il progetto del Nuovo Ordine Mondiale ha commissionato ai suoi camerieri domestici nei confronti di un paese ridotto a mensa dei poveri. Altro che “mele marce”. Qui è tutto l’armata dei pretoriani dell’élite la cui umanità è marcita nelle scuole della gestione della piazza: una copia autoctona della “Scuole delle Americhe” servita a tenere a bada i richiedenti democrazia  dell’America Latina.

Grillo alla Colonna Infame

Sul piano della comunicazione politica e mediatica che suona la marcia dell’avanzata renziana, ha colto l’occasione meravigliosa dell’ “antisemitismo”, valida per coprire ogni sorta di nefandezze, il coro monopolare bifronte dell’Accademia Renzusconiana. Un ciclone di indignazione, scandalo, anatemi, vituperi, contro Beppe Grillo, da far impallidire Himmler quando si dedicava agli ebrei. E proprio quella volta che, non avendola fatta fuori dal vaso, gli si sarebbe dovuto commossa e vibrante partecipazione alla contrapposizione da lui fatta tra criminalità piduista, perfezionamento di quella rozza hitleriana, e i tragici versi di Primo Levi.

Considerate se questo è un uomo / che lavora nel fango / che non conosce pace / che lotta per mezzo pane / che muore per un sì o per un no”. Che ha fatto di ignobile, antisemita, osceno, vergognoso (sono i toni più moderati, dal “manifesto” a “Libero”), l’iconoclasta di Genova? Ha messo al posto di “un uomo” “un paese”, perpetuando e allargando il grido di Levi ai milioni di italiani a cui quei versi danno voce: disoccupati e precari che lavorano nel fango dell’alienazione, dell’ansia e dello sfruttamento. Tutta una generazione a cui Renzi ha assicurato una vita balzellon balzelloni di tre mesi in tre mesi, con una caduta a picco in mezzo. Una nazione intera che non conosce pace perché paga con la distruzione della salute e della conoscenza i costi delle guerre umanitarie: 3 milioni di morti di fame, 15 milioni che lottano per mezzo pane, 34 milioni che il pane intero se lo vedono sbriciolare tra le dita. E chi muore  per un sì detto a chi lo manda a domare indigeni, o per un no detto a un poliziotto, o a Obama. Di parafrasi, alla faccia dei censori con guiderdone renzusconiano, se ne sono fatte legittimamente di ogni, che fossero a fine di attualizzazione, o di stravolgimento ironico. Tra i più parafrasati Dante, Foscolo, Manzoni, Oskar Wilde, Voltaire e non si finirebbe mai. Avete sentito volare una mosca per l’oltraggio a questi augusti autori commesso da chi, magari, ha parafrasato Manzoni con “Ei fu, siccome un mobile”? E’ che quella di Grillo è probabilmente la migliore parafrasi che si potesse lanciare in faccia all’intero cocuzzaro dell’”Italia che cambia verso”.

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Poi c’è l’agghiacciante sostituzione, nella scritta all’ingresso dei campi, della parola “P2” – “P2 macht frei” – alla parola “Arbeit”. Il trucido sarcasmo con cui venivano accolti i rastrellati per lavori forzati è sostituito dall’insegna che si fa intendere troneggia all’ingresso del Lager Renzusconi in corso di rapido allestimento. Nulla di più azzeccato per segnalare il compimento della resistibile ascesa della creatura commissionata a Licio Gelli dalla Cia, a sostituzione di una Gladio superata dal progresso dal cambio del nemico da alloctono bolscevico a autoctono proletario e proletarizzato. Atterriti il colto e l’inclita, inferocita la comunità ebraica, come punti dalla tarantola le destrissime sinistre. Scatenata la lobby nel “manifesto”. Fosse anche il più arzigogolato e risibile dei pretesti, chi sfiora la Shoah commette blasfemia e diventa utilissimo per iniettare all’universo mondo, a beneficio di Israele e della sua lobby, un’altra dose di “antisemitismo dilagante”.

I filo-israeliani di “Giustizia e Libertà”, sostenitori di Tsipras, martiri della difesa della libertà d’espressione, urlano: “Nessuno può permettersi di rivisitare Primo Levi, nessuno può permettersi di rivisitare Auschwitz e la Shoah, se non sprofondando nell’antisemitismo e commettendo oscena dissacrazione”. E per blindare il genocidio perpetrato da Israele, ecco che va ribadita la pubblicità ingannevole dell’ “’unicità dell’olocausto”, alla faccia degli olocausti che il colonialismo euro atlantico ha seminato e, oggi con USraele, va seminando per il mondo. La tecnica lessicale è sempre quella, da quando i terroristi delle Torri Gemelle (preceduti da quelli di Piazza Fontana), dando del “terrorista” a chi non c’entrava niente, ma ne avrebbe pagato il fio, hanno insegnato che alle vittime è d’uopo attribuire la propria identità, specie se iniqua. E’ così che il Terrorista Doc a stelle e strisce fa spuntare tanti terroristi dalle praterie su cui intende estendere le proprie coltivazioni. E ci può dare giù con la falciatrice. Vedi Ucraina Est, vedi Siria, vedi l’Afghanistan, vedi i laboratori TAV e MUOS.

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Dunque, da chi possono essere arrivati a Grillo le urla “fascista”, “nazista”, “antisemita”, se non da chi deve sottrarsi, con classico transfert freudiano, al dato di fatto di essere, lui, il portatore di tali insegne.? Chi si è rallegrato, tacendo discretamente alcuni particolari, della restituzione dell’Ucraina ai fasti nazisti a suo tempo travolti dalle “orde comuniste”, al costo di venti milioni di loro morti? Chi in Palestina ha ridato funzione, lustro e nuovo logo alle vecchie  SS e Gestapo, impiegate a vasto raggio, dagli eccidi in Medioriente alla gestione con i suoi agenti della repressione di qualsiasi dittatura, purchè neoliberista, e alla destabilizzazione di qualsiasi governo non abbastanza neoliberista? E chi, per dirne una di recente cronaca, rade a suolo donne e famiglie e, poi, quando non si decidono di suicidarsi, manda gli sgherri dei servizi sociali a sbatterne i figli nell’agonia delle comunità? Chi, ancora, ai naufraghi sulla zattera senza casa, senza lavoro, senza patria, impedisce l’arrivo a una qualche terra scagliandogli addosso gli sbirri di regime? Chi, infine, sta mettendo in atto il Manuale Napolitano su come si possa, con un po’ di tecnologia e un po’ di travestimento, rifare il nazismo meglio del nazismo, cioè con la piena e convinta adesione degli “antifascisti” d’antan? Combinazione rafforzata dalla consustanzialità con la nouvelle vague dei giganti del buon governo scaturita, a suo tempo, dalla triade Bontade-Dell’Utri-Berlusconi e rilanciata dalla trattativa Stato-mafia, così intensamente seguita dal Capo dello Stato. Zitti, parrucconi conservatori, sono i nuovi Padri Costituenti.

Scoperto e lanciato dai talent scout delle Cayman, scelto e consacrato dal novello Hindenburg, peraltro meno rincoglionito del modello, l’astuto farloccone postpiduista ci sta scrivendo sulla viva pelle l’edizione eBay del suo “Mein Kampf”. Una simulazione intitolata “cambiamento”, onde evitare che il risultato non venga compromesso da incursioni di realtà come quella del post di Grillo. Per come il virgulto sta pilotando la nave Italia, il comandante Schettino al confronto meriterebbe la massima onorificenza della Repubblica. Siccome non sa produrre che suoni in falsetto, per dare un minimo di concretezza al suo farneticare deve risuscitare e incontrare periodicamente chi di operatività criminale è capitano di lungo corso, tanto da essere prezioso interlocutore, tra una comparsata e l’altra in un centro anziani, del Grand’Ammiraglio sul Quirinale. C’è forse da stupirsi se a una tale colonna della democrazia, fulgido esempio di delinquenza abituale, tale da superare quella secolare dei reggitori delle nostre sorti magnifiche e progressive, una magistratura, ormai conquistata allo Zeitgeist renzusconiano, trasforma i 7 anni di carcere in 4 ore alla settimana di merende con  coetanei e in tre giorni romani per puntellare gli esiti della famosa trattativa.

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  Anche la ministra delle riforme ci mette la faccia

Se avete visto l’esibizione oratoria di Renzi all’inaugurazione della campagna elettorale per il banchiere pro-Tav Chiamparino, vi sarete chiesti se il pusher del premier golpista non fosse lo stesso di quello che sosteneva lo spiritato urlatore coi baffetti quando arringava le folle oceaniche davanti al Reichstag. C’era da restare atterriti. La stessa valanga di retorica isterica blaterata per ore  lungo un filo totalmente onirico di palloncini dai colori sgargianti e dal contenuto di quell’elio che, fosse liberato, provocherebbe solo crampi di riso. Siamo passati dall’incantatore di serpenti all’incantatore di lombrichi. Dalle occasionali cadute del discorso nella realtà effettuale, si evince che il linguacciuto ciarlatano ha rubato ogni argomento – dall’Europa da castigare alle famiglie e piccole imprese da salvaguardare, ai ricchi da spremere – al detestato M5S. Solo che, se quelli ci credono e ci lavorano, costui se ne impippa. E’ il Joker di Batman che finge di perorare la causa della legge e dei giusti, mentre trasforma Gotham City nella capitale del crimine. Era già tutto leggibile fin dai tempi in cui questo eroe dei beni comuni  sottraeva Ponte Vecchio ai cittadini per prestarlo al gozzoviglio degli amici, o privatizzava gli Uffizi per cerimonie nuziali che spandevano effluvii gastronomici sui Botticelli e i Fra Angelico. Ai sedicenti benpensanti già questo avrebbe dovuto dire tutto dello status di statista. L’impeccabile padre della patria Rodotà, corifeo di Tsipras, ha definito quello di Renzi “populismo soffice”, contro il “populismo hard” di Grillo. Insomma col soft ci si potrebbe anche convivere.  Che felice intuizione averlo candidato a Capo dello Stato!

La Comune di Donetsk

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Obama schiamazza contro le “interferenze russe” in Est Ucraina e, completato con i suoi nazisti e i suoi cecchini il colpo di Stato, ora ha installato a Kiev il capo della Cia, Brennan, perché, attivando le milizie naziste di “Settore Destro” e di “Svoboda”, le Forze Speciali e i contractors Usa, sistemi i rivoltosi di un terzo dell’Ucraina. Ma a Donetsk, Karkhiv, Slovyansk, Artemivsk, Lugansk e in una decina dei maggiori centri dell’Oriente il popolo insorto libera le città e proclama Repubbliche Popolari. Con l’aggiunta, proprio oggi, della Repubblica Popolare di Odessa, “dove il potere appartiene alla popolazione che vive nel suo territorio”, dunque, la sottrazione alla Nato e ai suoi sgherri ucraini di un’altra preziosissima posizione strategica sul Mar Nero. I cicisbei della stampa occidentale vi vedono “orde russe in uniforme”, ma senza contrassegni, in procinto di lacerare l’Ucraina per metterne una parte ai piedi di Zar Putin. Sono reali quanto i 100mila soldati russi che si vaneggiava essere ammassati alla frontiera, pronti a mangiarsi i bambini ucraini. Quelli che insorgono “contro i nazisti di Kiev, gli Usa e l’UE” sono cittadini russi che, fortunatamente, hanno saputo organizzarsi e armarsi, sono poliziotti e militari ammutinati per stare dalla parte della propria gente. Interi reparti corazzati che rifiutano l’obbedienza ai farabutti di Kiev e passano dalla parte dei rivoluzionari. Un esercito di popolo.

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Ora, dal lato russo del confine di soldati ne sarebbero però arrivati 30mila veri, si dice, e forse è vero. Guai se non ci fossero pressioni militari russe al confine, per impedire il bagno di sangue progettato da Brennan e dai suoi fantocci di Maydan e vaticinato dalla “principessa del gas” Timoshenko, intercettata a promettere l’annientamento atomico a 11 milioni di russi e una raffica in fronte a Putin. Pressioni che si accompagnano ai ripetuti sforzi diplomatici per trascinare UE e Usa a una soluzione che non contempli la soluzione finale Timoshenko. E sarebbe l’autonomia garantita in Costituzione alle regioni in cui i russi rappresentano intorno all’80%. L’alternativa, anche se questa estrema difesa di quelle popolazioni dovesse essere al momento repressa nel sangue, è la guerra civile. Lo sanno e lo dicono tutti ed è così. Per Washington sarà il Piano B, se non dovesse riuscire quello A, che prevedeva un’Ucraina Nato unita e compatta. Il noto “caos creativo” che consenta la consueta depredazione e, quanto meno, toglie alle nazioni ogni ruolo geopolitico, strategico, economico,  che rischi di orientarsi contro “la comunità internazionale”.

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In azzurro l’Ucraina dei russi

Intanto, però, l’idea di piazzare batterie di missili nucleari sulla soglia della Russia resta sospesa. E la bandiera tricolore della Russia che sventola sui palazzi delle istituzioni conquistati, non sarà rossa (per quanto non siano pochi i vessilli con la falce e il martello agitati in quelle piazze), ma a me richiama le bandiere rosse issate dai comunardi nella Parigi assediata dai versagliesi. Fossimo a quei tempi, o a quelli della Spagna repubblicana, molti si sarebbero precipitati a dar man forte alla Repubblica Popolare di Donetsk. Ma, nel frattempo era successo che Rossana Rossanda e le sue “sinistre” avevano chiamato le “brigate internazionali”, memori della Spagna, ad affiancarsi ai “giovani rivoluzionari” contro Gheddafi. Ne è seguita un po’ di confusione. Collateralismo prezioso del “manifesto” (cui però va dato atto di un equlibrato Pieranni sull’Ucraina), tuttora dispiegato sul mondo con i  sodali della “società civile” afghana anti-Taliban, Giordana e Battiston, con il Fratello Musulmano (di Morsi, di Erdogan, di Al Thani del Qatar) Acconcia, con l’erede dell’implacabile antirussismo di Astrid Dakli,Tacconi. Che artista, il “manifesto”, nel rigenerare le convergenze parallele di Moro..

 A volte basta un Hersh per azzoppare l’Impero.

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 Giorni fa a Damasco: il popolo con Assad

La “bomba” di Seymour Hersh sarà pure il frutto di competizione tra fazioni all’interno dell’establishment e dell’intelligence Usa, sarà il coraggio e l’indipendenza di qualche editore oscuro (come quelli della “London Review of Books” o del “Newyorker”), sarà il coraggio e la sagacia di un giornalista Pulitzer che, dalle stragi Usa nel Vietnam, al Cile del golpe e ai torturatori di Abu Ghraib, rivela al mondo le nefandezze di Washington. Giornalista investigativo di altissimo rango, ha consultato documenti, gole profonde dei servizi, o ex dei servizi, da sempre suoi fonti inconfutabili, testimoni, documenti, per raccontare al mondo le trame e le azioni del pilastro Nato turco, Erdogan, in Siria. Grazie a Hersh, e a conferma di altri prima di lui, la false flag dei gas contro Est Ghuta, il 21 agosto 2013, viene fuori orchestrata da Erdogan, con le consegne delle armi chimiche ai jihadisti Fratelli Musulmani di Al Nusra e il loro addestramento, in Turchia, a gassare popolazioni. Un colpo sugli stinchi a Obama, Pentagono e Cia che si aggiunge all’altra prova, esibita da Hersh, del traffico di armi e mercenari islamisti dalla Libia alla Siria, organizzato da quel Chris Stevens, ambasciatore Usa, che venne fatto fuori a Bengasi insieme a tre spioni Cia nel settembre 2013, pare per non aver voluto far passare ai “ribelli” anche missili terra-aria. Roba da mettere in ginocchio tutto l’apparato propagandistico occidentale a copertura dell’aggressione

Nelle ore successive all’attacco di Houtha e ai suoi oltre 1000 morti, tantissimi bambini, lo Stato Maggiore Usa era pronto all’intervento. Ma Obama rallentava, un po’ per merito della forza esibita da Mosca, un po’ per la contrarietà della sua stessa popolazione e un po’ perché già i suoi servizi gli avevano bisbigliato qualcosa sul ruolo dei turchi in quell’eccidio. Poi ci si ricordò di un paio di precedenti episodi, non risultati imputabili ai governativi, dell’arresto di jihadisti diretti in Siria carichi di armi chimiche, da parte di ingenui poliziotti turchi, inconsapevoli del complotto di Ankara, del video con il test di gas nervino su conigli, fatto circolare da terroristi scemi, accompagnato da truculente minacce di fine analoga a tutti i sacrilegi oppositori della jihad.

Il disorientamento degli Usa veniva poi accentuato dallo sconcerto diffuso nell’opinione pubblica dal crescendo di rivelazioni sulle atrocità delle bande terroristiche, dalle carneficine tra i tagliagole di Al Nusra, filo-turchi e quelli dell’ISIL (Stato Islamico in Iraq e nel Levante) filo saudita. Il disorientamento è venuto a rasentare il panico alla vista dell’inarrestabile avanzata di un esercito nazionale che, nel quarto anno di aggressione da mezzo mondo, resta saldo, legato al suo popolo e ai suoi leader, vittorioso. L’Ovest verso il Libano è ora completamente liberato dalle bande di terroristi. Il Nordovest, al confine della Turchia, è stato quasi tutto sgomberato. Restano strisce di terra  a ridosso di Turchia e l’Iraq, dove conservano basi Al Nusra e i mercenari sauditi dell’ISIL che, oltre a sventrarsi tra loro,  stanno massacrando di attentati anche l’Iraq (una media di 60 ammazzati al giorno, altra tacca da incidere sul fucile di Bush e Obama).

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Debole la risposta di Erdogan, vittorioso in elezioni che più fasulle non si può (dove regna la destra le elezioni non si vincono più), ma vacillante per la scoperta delle ruberie di tutto il suo entourage, le misure fasciste, come l’annientamento di magistrati e investigatori indipendenti, la soppressione di twitter (anche per impedire la circolazione dell’intercettazione in cui i suoi capobastone preparano una colossale provocazione in Siria per forzare la mano a Obama) e di Youtube (anche per evitare la diffusione di un chiacchierato video di sue pratiche sessuali). Polverizzati dall’inchiesta di Hersh, i generali turchi hanno sfidato il ridicolo allestendo a Kfar Zeita, nel centro del paese, un altro “attacco chimico di Assad” (due morti, cento feriti). E’ stato cancellato dall’imbarazzo. Poi Erdogan gli ha fatto abbattere un caccia siriano disarmato, auspicando, chissà, il risveglio di Obama dal torpore. Come se tutto dipendesse dal burattino nella Casa Bianca. Obama ha aperto mezzo occhio e ha detto di spedire ai bravi jihadisti qualche missile anticarro “Tow”. A costo di oceani di sangue, la giornata sta volgendo al meglio per la Siria. Ora, però, entra in campo la superpotenza canadese, con il suo premier

Quello che resta in piedi e dispiega un’ombra nera sui continenti è la determinazione della Cupola, che si rappresenta nei vessilli e nelle armi Usa, a farla finita con tutti quelli che non devono entrare nel Parnaso del day after, fosse anche perché impediti da un olocausto nucleare. E, dunque, a farla finita con la Russia, se non con l’intero blocco asiatico. E senza rimetterci. Cioè con un first strike nucleare. Quello dello scudo missilistico a corona intorno alla Russia. Quello per cui, tra obiettivi secondari, si è sbranata l’Ucraina. E’ che gli sono rimasti troppi cerini tra le mani a Obama. In America Latina, Est Europa, Medioriente, Iran. E neanche la poderosa Merkel è troppo contenta. E’ anche che, al di là delle fandonie dei sicofanti mediatici dell’euroatlantismo, che fanno apparire dall’oceano il miraggio di un’America in piena ripresa, lì siamo all’orlo del default, con il debito più alto del mondo, la disoccupazione effettiva al 20%, la decostruzione di sanità e istruzione, 50 milioni di esclusi dalle cure e da un’alimentazione adeguata,1 bambino su 5 denutrito. E siamo anche a due trilioni di dollari per le guerre fatti spendere ai propri cittadini e ai subordinati. Molta gente è stufa. Che accenda cerini.

 Se questo è un Paese

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Voi che vi disinteressate della cosa pubblica
come se vi fosse estranea e alla vita delle persone
meno fortunate che vi circondano
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il telegiornale di regime caldo e visi di mafiosi e piduisti sullo schermo
mentre mangiate insieme ai vostri figli
che educate ad essere indifferenti e servi
Considerate se questo è un Paese
che vive nel fango
che non conosce pace, ma mafia
in cui c’è chi lotta per mezzo pane e chi può evadere centinaia di milioni
di gente che muore per un taglio ai suoi diritti civili, alla sanità, al lavoro, alla casa
nell’indifferenza dell’informazione
Considerate se questo è un Paese
nato dalle morti di Falcone e Borsellino
dalla trattativa Stato mafia
schiavo della P2
Comandato da un vecchio impaurito
delle sue stesse azioni
che ignora la Costituzione
Considerate se questo è un Paese
consegnato da vent’anni a Dell’Utri e a Berlusconi
e ai loro luridi alleati della sinistra
Un Paese che ha eletto come speranza un volgare mentitore
assurto a leader da povero buffone di provincia
Considerate se questa è una donna,
usata per raccogliere voti,
per raccontare menzogne su un trespolo televisivo,
per rinnegare la sua dignità
orpello di partito
vuoti gli occhi e freddo il cuore
come una rana d’inverno.
Meditate che questo AVVIENE ORA e che per i vostri figli non ci sarà speranza
per colpa della vostra ignavia, per aver rinnegato la vostra Patria
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.

Liberamente ispirata alla poesia Se questo è un uomo di Primo Levi

Salviamo l’insegnamento della storia dell’arte e della Geografia #salvArte

L’Italia, paese di straordinaria bellezza geografica, è scrigno della maggior parte del patrimonio culturale e artistico del mondo ed è dunque un paese con straordinarie potenzialità di crescita occupazionale nel turismo culturale e naturalistico.

Eppure la riforma Gelmini ha ridotto drasticamente le ore di insegnamento della geografia e della storia dell’arte al punto da provocarne la sostanziale abolizione.

Un vero scandalo a cui il nuovo Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini può e deve porre rimedio, nell’interesse del nostro Paese e delle future generazioni.

Da cinque anni insegno presso l’Università Bicocca per il corso di laurea magistrale “Turismo, territorio e sviluppo locale” e da due anni presso l’Università di Tor Vergata per il corso di laurea in “Progettazione e Gestione dei sistemi turistici”. Ho incontrato tantissimi docenti, studenti, imprenditori ed operatori turistici che ribadiscono la necessità di ripristinare e potenziare l’insegnamento della Geografia e della Storia dell’Arte nelle scuole italiane, proprio perché siamo un paese di turismo culturale.

Chiedo al nuovo Ministro dell’Istruzione e al Presidente del Consiglio, che già si è pronunciato sull’importanza dell’istruzione e della scuola, di dichiarare pubblicamente la volontà di riparare ai danni causati dalla riforma Gelmini e garantire già a partire dal prossimo anno scolastico, una chiara svolta in tal senso.

Untori e risanati – da Roma a Kiev e Damascoultima modifica: 2014-04-18T09:09:55+02:00da davi-luciano
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