antifascismo 2.0

Depudati del Partito Democratico cantano Bella Ciao
8 febbraio 2014
Il remake del PD

Una mattina, mi son svegliato, o bella Cia, bella Cia, bella Cia Cia Cia
Una mattina mi sono alzato e ho trovato un bel milion…
Unicredit, portami via, o bella Cia, bella Cia, bella Cia Cia Cia
Monte dei Paschi, portami via, che mi sento di investir…
E se io muoio da creditore, o bella Cia, bella Cia, bella Cia Cia Cia
E se io muoio da creditore, tu mi devi riverir…
E riverire lassù in Britannia, o bella Cia, bella Cia, bella Cia Cia Cia
E riverire lassù in Britannia, sotto l’ombra di un verdon…

(A.F.)

http://britneynationalparty.wordpress.com/2014/02/08/depudati-del-partito-democratico-cantano-bella-ciao/

Letta in Qatar,EAU,e x Corriere in Siria solo Turchia e…..

 Durante il viaggio di Enrico Letta in Kuwait, Emirati arabi e Qatar, il Corriere ha pubblicato questo articolo sulla guerra in Siria all’ interno dell’ area islamista che ha visto scontrarsi tra loro (almeno mille i morti) gruppi vicini al qaedismo.

Olimpio scrive che una parte è sostenuta da Arabia saudita, Turchia e servizi occidentali, completamente ignorati invece Qatar e Emirati arabi, coinvolti invece in pieno nella guerra siriana. Nelle pagine precedenti EAU e Qatar erano stati presentati come futuri grandi investitori in Italia.
Emirati arabi e gli Emiri di Dhoa appoggiano le milizie islamiste in maniera molto più scoperta della Turchia, ma questa settimana il Corriere della Sera non poteva scriverlo.

Marcopa

“Con la battaglia in Siria tra l’Isil e un fronte composto da varie brigate islamiste o vicine al qaedismo sostenute da sauditi, turchi e servizi occidentali. Strana alleanza davvero. Inevitabile la censura della casa madre, preoccupata da scissioni che indeboliscono il movimento globale. ”

CORRIERE della SERA –
Guido Olimpio :

” Se Al Qaeda sconfessa i «siriani»”

Sono tempi tumultuosi per tutti. Anche per la vecchia guardia di Al Qaeda. Non basta più un video per indicare la linea. Oggi ogni realtà radicale agisce in base alla propria agenda.
L’ultimo sviluppo viene dal comunicato diffuso da Al Qaeda «centrale», ossia Ayman al Zawahiri. Con un documento il marchio osamiano «scomunica» l’Isil, la potente fazione islamista attiva dall’Iraq alla Siria: «Non fate parte della nostra organizzazione. Non abbiamo relazioni. Non siamo responsabili delle vostre azioni». L’atto di accusa sancisce una frattura che ha origini lontane ma che si è ampliata in seguito al conflitto in Siria.

Già nel 2005, quando i qaedisti iracheni agiscono agli ordini del sanguinario Zarkawi, la casa madre prova a metterli sotto controllo. I leader storici non gradiscono le stragi indiscriminate che provocano vittime tra i musulmani e allontanano consensi. Ma i mujaheddin non ascoltano i richiami.
Con il passare del tempo la «sezione» enfatizza lo strappo e cambia nome, togliendo anche l’etichetta «Qaeda» per prendere quella di Isi, Stato islamico dell’Iraq. Un atto di piena autonomia. Vani i tentativi di Zawahiri di imporre la propria autorità su un «partito» ben radicato nelle regioni sunnite dell’Iraq. Inutili le missioni di alcuni mediatori. In primavera lo scontro si inasprisce.

L’Isi si tramuta in Isil, con l’aggiunta della parola «Levante» alla propria denominazione, termine che indica Siria/Libano e le ambizioni regionali. Infatti il leader Abu Bakr al Baghdadi cerca di fagocitare al Nusra, sigla qaedista riconosciuta operante nello scacchiere siriano. Nascono liti profonde. Di nuovo Al Qaeda centrale interviene ma con esiti nulli. «Se devo scegliere tra un ordine di Dio e uno di Zawahiri, scelgo Dio», è la risposta di al Baghdadi per sottolineare che l’Isil non è Qaeda. Il capo rafforza la presa. Si allea con clan tribali siriani, impone regole di vita dure ma garantisce anche aiuto ai civili. Metodi che alienano una parte della popolazione e conquistano quella stanca dei ribelli disorganizzati o predoni.
Si arriva così alla faida di queste settimane.

Con la battaglia in Siria tra l’Isil e un fronte composto da varie brigate islamiste o vicine al qaedismo sostenute da sauditi, turchi e servizi occidentali. Strana alleanza davvero. Inevitabile la censura della casa madre, preoccupata da scissioni che indeboliscono il movimento globale. Da qui il monito di Zawahiri, leader sempre meno decisivo (lo è mai stato?) che ricorda gli ultimi giorni di Bin Laden. Lui impartiva ordini, gli altri facevano quello che volevano.

http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=999920&sez=120&id=52310&print=preview

http://www.comedonchisciotte.org/site//modules.php?name=Forums&file=viewtopic&t=67670

Il Decano – Il suo nome inizia per “p”, è l`intruso giusto al momento giusto.

Nestor Fernandez    

E’ l’assoluto protagonista della storia politica italiota.
E’ il pontiere per antonomasia, il raccordo, il restauratore.
Il suo nome inizia per “p” ma non è quello di un ex presidente della Repubblica tornato di gran moda tra il popolo del web, a colpi di frasi a casaccio e biografie postume intarsiate con la fantasia.
Molti tra i nostri lettori avranno intuito che ci riferiamo al proiettile, l’intruso giusto al momento giusto.
Passano gli anni, cambiano i governi, nascono e muoiono i partiti e lui c’è sempre. Inossidabile, immarcescibile, impeccabile nel suo tempismo.
Appena il potere chiama, lui accorre e, tra facce contrite e pianti al rimmel, sigla il patto tra potere e gregge impressionabile contro i cattivoni di turno.
Se la mamma dei cretini, è sempre incinta, quella dei monotoni procede a colpi di parti plurigemellari.
Il copione è sempre lo stesso: il blocco di maggioranza parlamentare prova il colpo gobbo, qualcuno dalle opposizioni si dissocia ed alza la voce facendo intendere di voler entrare nel merito, poi scoppia la rissa tra volgarità e spintoni, la gente si focalizza sul dito perdendo di vista la luna, si formano le tifoserie degli uni e degli altri che si fronteggiano sul nulla, qualcuno straparla, preferibilmente facendo intendere di voler indicare obiettivi fisici ai presunti facinorosi di piazza (Chi sono? Dove sono? Quali piazze?) e poi si materializza lui, il proiettile.
E buonanotte al secchio.
Il nocciolo della questione naufraga nella melma creata ad arte e i manovratori possono completare l’opera.
La cronologia degli eventi di questi giorni, non si sottrae a tale “ordine”: decreto Imu-Bankitalia, proteste dei grillini, ghigliottina per mano boldriniana, zuffa da trivio tra le parti in causa, tifoserie a darsele di santa ragione sul web, parole al vento da parte di chi, nel frattempo, ha contribuito a far distogliere l’attenzione dal problema serio e reale, vittimismo e poi l’amico di piombo del potere, contenuto in una lettera minatoria intercettata in un centro smistamento delle poste a Milano. Destinataria, naturalmente, Laura Boldrini. Risultato: del maxi regalo alle banche e del completamento del sacco di Bankitalia non si parlerà più e chi lo farà, oltre ad essere fascista e sessista, come da nuovo demenzial-mantra dei sinistrati, sarà pure un potenziale terrorista amico dei proiettili.
Per i discoli grillini, una doppia scudisciata: quella a norma di regolamento parlamentare per la gazzarra dei giorni scorsi e quella giudiziaria, per fatti vecchi ma, caso strano, arrivata proprio da poche ore.

La Procura di Torino ha chiesto di condannare a nove mesi di reclusione Beppe Grillo al termine di un processo legato a una delle dimostrazioni dei No Tav in Val di Susa.
Il procuratore capo di Genova Michele Di Lecce, ha fatto inoltre sapere che Grillo risulta anche indagato in diverse procure, ma non nel capoluogo ligure, in relazione all’episodio del 10 dicembre scorso, quando, nei giorni caldi della protesta dei Forconi, incitò gli agenti a smettere di proteggere i politici.
Frasi per cui il parlamentare e coordinatore dei giovani del Pd, Fausto Raciti, aveva presentato un esposto.
Il comico genovese è ormai pronto a prendere in pianta stabile il posto del Cavaliere di Arcore, con buona pace di chi dalla presenza di tale spauracchio aveva tratto reddito e ragion d’essere che altrimenti non avrebbe avuto.
Corsi e ricorsi storti…
http://www.rinascita.eu/articolo_print.php?id_articolo=22972

A Firenze maxi-multa per chi sciopera

Trasporti pubblici. Nella città di Renzi il prefetto chiede fino a mille euro a testa ai tranvieri Ataf che si astennero dal lavoro senza preavviso, vincendo, lo scorso dicembre

Se scio­peri, ne paghi le con­se­guenze. Ancor di più a Firenze, dove gli auti­sti e gli altri lavo­ra­tori dell’azienda di tra­sporto pub­blico Ataf stanno rice­vendo in que­sti giorni il conto – assai salato – dei due giorni di pro­te­sta di ini­zio dicem­bre. Un conto di circa 350mila euro com­ples­sivi, sotto forma di ingiun­zioni della Pre­fet­tura — per somme com­prese fra i 500 e i 600 euro — inviate a ogni sin­golo scio­pe­rante. Un caso unico: nelle altre città tea­tro in quelle set­ti­mane di mas­sicce agi­ta­zioni (Genova, Pisa e Livorno), anch’esse orga­niz­zate deci­dendo col­let­ti­va­mente di non rispet­tare le «fasce di garan­zia», almeno i ful­mini del pre­fetto non sono arrivati.

«Siamo nella città del segre­ta­rio del Pd – tira le somme Ales­san­dro Nan­nini, por­ta­voce della Rsu Ataf e sto­rico espo­nente dei Cobas – il sin­daco Renzi che ha for­te­mente voluto pri­va­tiz­zare Ataf. Ad acqui­starla, per giunta, è arri­vata anche BusI­ta­lia, cioè il gruppo Fs di Mauro Moretti. Da quella cop­pia, fran­ca­mente, non c’era da aspet­tarsi altro che quello che ci sta pio­vendo addosso». Fra multe e spese di noti­fica per man­cata ottem­pe­ranza della pre­cet­ta­zione pre­fet­ti­zia, trat­te­nute in buste paga per ogni gior­nata di pro­te­sta (60–70 euro), e gior­nate di sospen­sione (ben 4) per aver disob­be­dito alla regola frena-scioperi delle «fasce di garan­zia», il prezzo della riu­scita agi­ta­zione fio­ren­tina arriva anche a più di mille euro per ogni lavoratore.

Gli avvo­cati sono già al lavoro: dalla Filt Cgil ai Cobas, dalla Faisa Cisal alla Uil­tra­sporti, tutte le orga­niz­za­zioni sin­da­cali pre­senti in azienda hanno aperto una sorta di «spor­tello legale», per assi­stere i lavo­ra­tori che hanno rice­vuto le ingiun­zioni pre­fet­ti­zie. Si va ancora alle carte bol­late, così come è avve­nuto nel caso che ha fatto da deto­na­tore allo scio­pero di ini­zio dicem­bre. In discus­sione c’era la disdetta uni­la­te­rale del con­tratto inte­gra­tivo e in paral­lelo il piano di «spac­chet­ta­mento» di Ataf, cioè il pas­sag­gio dei lavo­ra­tori nelle tre aziende che hanno acqui­stato dal comune di Firenze e dai comuni limi­trofi la spa del tra­sporto pub­blico (con BusI­ta­lia di Fer­ro­vie ci sono anche Cap e Auto­li­nee­guida). Con la pre­vi­sione di circa 80 esu­beri, e una divi­sione nella gestione delle linee fra quelle più remu­ne­ra­tive, quelle peri­fe­ri­che e quelle a minor valore aggiunto.

Un pro­getto non solo con­te­stato ma anche ille­gale, avver­ti­rono subito gli avvo­cati dei Cobas e della Filt. Tal­mente ille­gale che l’azienda ha fatto mar­cia indie­tro, così come ha rinun­ciato agli 80 esu­beri. Sono i due effetti diretti di un’agitazione che in quei giorni para­lizzò la città. Con la soli­da­rietà di molti fio­ren­tini che, nono­stante i disagi, fecero capire di com­pren­dere le ragioni dei lavo­ra­tori. Anche se il fondo di soli­da­rietà orga­niz­zato per far fronte alla raf­fica di multe pre­fet­ti­zie vede al momento in cassa poco più di 10mila euro, buona parte dei quali gra­zie all’aiuto del cen­tro sociale Next Emerson.

Anche sul fronte del con­tratto inte­gra­tivo Ataf ha revo­cato la disdetta e accet­tato di aprire un tavolo di trat­ta­tiva: «Per domani è stato fis­sato un nuovo incon­tro — anti­cipa Nan­nini — per l’occasione saremo in pre­si­dio a par­tire dalle 10 davanti alla sede cen­trale di viale dei Mille. Orga­niz­zando anche una spa­ghet­tata all’ora di pranzo, per­ché sicu­ra­mente andremo per le lun­ghe». Un pro­no­stico facile, visto che per rinun­ciare alla disdetta dell’integrativo, prima dello scio­pero, l’azienda aveva chie­sto in cam­bio un abbas­sa­mento dello sti­pen­dio, un aumento delle ore di lavoro e una dimi­nu­zione dei giorni di riposo.

Riccardo Chiari
Fonte: www.ilmanifesto.it
9.02.2014

riporto un commento a questa notizia, su cdc che ricorda come questa facoltà fu avallata dai sindacati a suo tempo

L’avete voluta voi quella legge.

Ricordo benissimo che sollevai il problema, proprio QUESTO problema nel ’90. Credo di avere ancora diverse mail che inviai alle diverse segreterie dei sindacati che conoscevo professionalmente.

E i sindacati non reagirono affatto.

TUTTI ZITTI…. tutti complici. Ricordo un segretario nazionale che, come unica risposta, si strinse nelle spalle…

Nemmeno il Manifesto si lamentò… nessuno….

Poi vi stupite che la gente voti Beppe Grillo…. Secondo me è un miracolo che questa sia l’unica reazione..
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=Forums&file=viewtopic&p=190160#190160

Schiavi o disoccupati: è l’unica scelta che ci concedono

Scritto il 08/2/14 • nella Categoria: idee    
Schiavitù o disoccupazione, prendere o lasciare. Nel passaggio da “Fabbrica Italia” al “modello Electrolux”, accusa Eugenio Orso, si compie «la privatizzazione della disperazione sociale – fra le masse immemori dell’antica ed estinta lotta di classe – con il supporto decisivo dei media, di economisti e intellettuali, della politica collaborazionista nel semi-Stato italiano e dalle centrali sindacali al servizio del neocapitalismo». E si compie il passaggio dal lavoro ancora umano, oggetto di tutele e rapportato alla persona, al mero fattore-lavoro neocapitalistico, che non può avere alcun diritto «perché concepito come un qualsiasi bene e servizio nel circuito produttivo». Un bene «disgiunto dal suo prestatore», perché «i lavoratori, in quanto tali, diventano delle non-persone. Non-persone come lo furono gli schiavi del mondo antico». “Oggetti animati” di cui è possibile liberarsi «chiudendo interi stabilimenti produttivi, se non si accettano inaccettabili (in altre epoche) riduzioni di paga».

Qual è la ragione più profonda della passività sociale che caratterizza le masse pauperizzate italiane, paese in cui una famiglia su tre è ormai da considerarsi povera? E’ una passività che continua – o addirittura aumenta – mentre procedono spediti deindustrializzazione, taglio delle paghe e dei redditi, disoccupazione indotta. «La direzione di marcia così scontata che gli allarmi non suscitano ormai alcuna sorpresa, né possono provocare alcuna reazione di massa, dentro o fuori gli schemi politici e sindacali», scrive Orso in un intervento su “Pauperclass” ripreso da “Come Don Chisciotte”. Il ferale gennaio 2014 illumina una realtà deprimente con due eventi decisivi: la fine della vecchia Fiat e il brutale ricatto alla Electrolux, che in Veneto e Friuli vorrebbe operai “polacchi”, da pagare pochissimo. In entrambi i casi, la lezione è la medesima: il grande capitale impone i suoi diktat senza più argini, e gli italiani assistono rassegnati.

La “snazionalizzazione” della Fiat si coniuga infatti con il super-ricatto svedese nei confronti degli operai della Electrolux: si va verso la “cinesizzazione” del fattore-lavoro in Italia e in Europa, «comprimendone i costi senza troppe cerimonie». Costi che d’ora in poi «potranno essere compressi all’estremo, fino alla soglia minima di sopravvivenza o anche al di sotto». Ormai è «anacronistico» parlare di “lavoratori”, «guardando alle persone e ai loro diritti». Aggiunge Orso: «Sorriderà compiaciuto, nella tomba, l’agente di cambio anglo-olandese David Ricardo – padre del liberismo economico e “bestia nera” di Marx, nonché classico dell’economia – la cui legge dei salari altro non prevedeva, per i lavoratori, che il minimo per la sopravvivenza di sé e del proprio nucleo familiare (il cosiddetto salario di sussistenza)». Il modello Electrolux, se applicato diffusamente in grandi numeri, «supererà le sue attese, perché in futuro, nei semi-Stati Electroluxneocapitalistici come l’Italia, si potrà andare liberamente molto al di sotto del minimo».

Dopo il modello “Fabbrica Italia” «adottato da una Fiat infedele al paese (quella “finanziaria e globale” del manager canadese Marchionne e degli eredi Agnelli, gli ebrei Elkann)», ecco spuntare il “modello Electrolux”, non limitato al settore degli elettrodomestici. «Un modello fondato su un ricatto brutale, da realizzare per le vie brevi: o il taglio delle paghe senza alcuna vera contrattazione, oppure la delocalizzazione delle produzioni altrove (nella fattispecie in Polonia) e la chiusura degli stabilimenti italiani». Oggi il sistema dell’economia mondiale lo permette, anzi lo incoraggia. «Si avanza così di un passo, oltre Marchionne e la Fiat “internazionalizzata” oggi fusa con Chrysler in Fca, verso il pieno dominio del mercato globale e la totale libertà di scelta del capitale finanziario». Si passa dall’attacco portato con successo alla contrattazione nazionale collettiva da una Fiat ancora formalmente italiana (con sede nella penisola ma già fuori da Confindustria) a un attacco più diretto per colpire al cuore le deboli resistenze residue al progetto neocapitalistico.

Un progetto, continua Orso, che prevede la compressione estrema del fattore-lavoro e la totale libertà nella scelta delle aree d’investimento, non più ostacolata da alcuna barriera. Infatti, «dello Stato sovrano non c’è più alcuna traccia, in Italia». E, dal direttorio Monti-Napolitano in poi, «si è definitivamente affermato un semi-Stato europoide e neocapitalistico». Ovvero «un semi-Stato “da operetta”, estraneo agli interessi della popolazione italiana e tenuto formalmente in vita dai veri decisori, come supporto locale ai processi di globalizzazione economico-finanziaria in atto». In questo contesto generale, il “sub-mercato” europoide che imprigiona l’Italia si muove nella stessa direzione dei grandi mercati asiatici e del Pacifico. La rotta, per tutti, è stabilita dagli agenti strategici neocapitalistici, Elkann e Marchionneche attraverso le “istituzioni” sovranazionali controllano in modo ferreo «la penisola, le sue risorse (popolazione compresa) e il suo patetico semi-Stato».

«Dopo aver abilmente disgiunto la persona dal fattore-lavoro, negando l’unità dell’esperienza esistenziale umana», secondo Orso oggi «si privatizza anche la conseguente disperazione sociale di massa, rendendola un mero dramma individuale e individualizzato, privo di rappresentanza politica nel semi-Stato e orfano delle vecchie tutele sindacali». Non è più possibile resistere: «Non esistono più rappresentanze effettive per i futuri schiavi, o i futuri espulsi dal ciclo produttivo». E il dramma è vissuto esclusivamente nel privato, in solitudine. «Ecco cosa impongono l’“apertura al mercato” e la cosiddetta competitività in uno scenario globale, per agganciare una chimerica ripresa produttiva e occupazionale nel semi-Stato. Che la riduzione di paga richiesta per mantenere la produzione in Italia sia di poco più del 10%, come millanta la proprietà, o addirittura del 50%, oppure, più probabilmente, vicina a una percentuale intermedia fra le due, poco importa. Comunque finisca la vicenda degli stabilimenti italiani di Electrolux, il dado è tratto, il ricatto è servito ed è il capitale finanziario a dettare imperiosamente la sua legge».
http://www.libreidee.org/2014/02/schiavi-o-disoccupati-e-lunica-scelta-che-ci-concedono/?utm_source=pulsenews&utm_medium=referral&utm_campaign=feed+%28LIBRE+-+associazione+di+idee%29

Chiedetevi perché il Pd non vuole aiutare gli italiani

Scritto il 01/2/14 • nella Categoria: idee   
Mistero: ma perché quelli del Pd non propongono mai nessuna vera via d’uscita dalla crisi? Due ipotesi: sono semplicemente cretini, oppure sono stati comprati. Il professor Guido Ortona, che insegna all’università del Piemonte Orientale, propende per la seconda ipotesi:  «E’ molto plausibile che il Pd si sia venduto ai padroni», sia pure «padroni di tipo nuovo, diversi dai loschi commendatori di un tempo». E la stessa Sel, ovvero «l’unico partito di sinistra che rimane», dimostra «una analoga mancanza di coraggio nel fare proposte chiare» per uscire dal tunnel. Un critico come Paolo Barnard invita a rileggere lo spietato “memorandum” dell’avvocato d’affari Lewis Powell, incaricato già all’inizio degli anni ‘70 – dalla destra americana – di risolvere il “problema” della sinistra. La ricetta di Powell? Semplicissima: “comprare” i generali nemici costa molto meno che sostenere una guerra contro i loro eserciti. Dunque: stroncare la sinistra radicale – politica e sindacale – e “addomesticare” la sinistra riformista, in modo che rinunci a difendere i diritti sociali.

«Nessuna componente del Pd sta mettendo al centro del suo programma politico delle proposte per uscire dalla crisi», premette Ortona in un post su Matteo Renzi“Goofynomics”. «La cosa è tanto più strana», perché «nella cultura economica della sinistra queste proposte invece non solo esistono, ma sono ovvie». Come spiegare questo silenzio? «Non è sufficiente invocare la stupidità, la corruzione e l’ignoranza dei politici del Pd, che sono peraltro sotto gli occhi di tutti», perchè «essere ignoranti e stupidi può essere non tanto un caso quanto una scelta, come lo è ovviamente essere corrotti». Per Ortona, le conseguenze del massacro sociale in atto – per volere dell’élite oligarchica che regge l’Unione Europea – non sono che «ovvietà storiche ed economiche». La prima: non è mai esistita un’economia capitalistica basata solo sull’efficienza dei mercati. E’ sempre stato necessario un poderoso intervento dello Stato, declinabile in due modi: politica monetaria (espandere l’offerta di moneta e/o operare sui tassi di cambio) o politica fiscale (espandere il debito pubblico e/o trasferire redditi mediante politiche redistributive). Problema: una politica monetaria espansiva «è resa impossibile dalla partecipazione all’euro», mentre una politica fiscale espansiva è bloccata «dal livello del debito pubblico».

In queste condizioni, quindi, «non si può uscire dalla crisi». Anzi, «la crisi è destinata ad aggravarsi, perché ogni anno lo Stato sottrae alcune decine di miliardi al circuito economico per pagare gli interessi sul debito». “Sottrae”, perché la maggior parte del debito è sottoscritto dal sistema bancario internazionale; solo per un settimo circa è in mano alle famiglie italiane. «Ciò significa che gli interessi pagati non stimolano la domanda italiana se non in minima parte, a differenza per esempio del Giappone, dove il debito è quasi tutto in mano a cittadini giapponesi, e quindi il pagamento di interessi si traduce quasi solo nella trasformazione di domanda pubblica in domanda privata». Verità palesi, eppure negate – senza timore del ridicolo – da chi, come lo stesso Renzi, continua a sostenere che per uscire dal disastro basti tagliare la spesa pubblica (proprio come vogliono le super-lobby) senza fare alcuna politica monetaria, ovvero senza uscire dall’euro o trasformarlo in moneta sovrana. «Dato che nessuno può sostenere quanto sopra in buona Letta e Renzi, abbiamo un primo indizio per risolvere il mistero: in realtà il Pd non vuole uscire dalla crisi». Già, ma perché?

È evidente, continua Ortona, che chi avesse il coraggio di proporre delle soluzioni serie alla crisi avrebbe un cospicuo vantaggio elettorale; e tanto più se queste soluzioni implicassero una seria politica redistributiva ai danni di una minoranza e a favore di una maggioranza. «I ricchi in Italia non sono mai stati così ricchi: difficilmente una politica di perequazione sarebbe impopolare». Per esempio, «un’imposta dell’1% sulla ricchezza finanziaria dei ricchi basterebbe a risolvere il problema della povertà». Eppure, «non solo non lo si fa», ma «non lo si dice nemmeno». Peggio: «Non si vuole redistribuire il reddito mediante politiche fiscali. E poiché è ovvio che questa sarebbe una politica possibile e popolare, è evidente che il Pd come partito di governo è disposto a rinunciare a massimizzare il consenso. A riprova di ciò, il colossale trasferimento di voti ai “5 Stelle” non ha destato particolari preoccupazioni». Sicché, gli “indizi” cominciano ad assumere una direzione precisa. «È evidente che se un partito politico non ha più come obbiettivo quello di massimizzare i voti è perché ne ha qualche altro. Quale può essere?». Seguite i soldi, direbbe l’investigatore. E i soldi dei nuovi super-Giuseppe Mussari sono quelli della finanza, ormai svincolata dall’economia reale. Un vero, mostruoso apparato di dominio.

«I padroni del Monte dei Paschi hanno sperperato miliardi, ma ogni euro sperperato da qualcuno è un euro guadagnato da qualcun altro», continua Ortona. «E quei miliardi erano sicuramente abbastanza per creare un enorme sistema di potere. Non solo Mussari e compagni: un sacco di gente ha bisogno che i crediti del sistema bancario vengano pagati. È una lotta di classe. Da una parte i padroni della finanza, e i loro vassalli, vogliono che l’economia reale rimborsi i loro crediti e paghi i loro interessi; dall’altra l’economia reale, dato che è in crisi profonda (sopratutto in Italia) deve sottrarre queste cifre ad altri usi, come le pensioni, i salari e i servizi pubblici. Ciò naturalmente crea ulteriore depressione, e così via: come in Grecia, se vincono i primi ci si fermerà solo quando non ci saranno più ossa da spolpare». Quindi: ci sono delle lobby così ricche e potenti da imporre agli italiani di pagare «col sudore e col sangue i loro crediti». E un sacco di gente «vive dei profitti (meglio, delle rendite) di costoro». Eppure – altro indizio – il Pd non denuncia questa situazione.

Mettiamo allora insieme gli indizi, continua Ortona. Il Pd non vuole uscire dalla crisi; dalla crisi si esce solo contrastando il potere del capitale finanziario (per esempio uscendo dall’euro, il che svaluta il debito e rilancia le esportazioni, oppure congelando il debito o facendo default, il che riduce i pagamenti per interessi); il capitale finanziario è potentissimo; il Pd ha obbiettivi diversi dal massimizzare il consenso. «La conclusione sembra chiara: il Partito Democratico è stato comprato dal capitale finanziario». Attenzione: «Non è detto che questo sia sempre stato fatto con il vecchio metodo delle valigette piene di denaro. Fra questo estremo e la perfetta buona fede ci sono infinite gradazioni, e i dirigenti del Pd, a partire dal presidente delle Repubblica, hanno ampiamente dimostrato di sapere venire a patti molto bene con la loro coscienza. Se un dirigente del Pd vuole pagare fior di quattrini per degli inutili F-35 potrà essere perché è stato pagato, o Napolitano perché è riuscito a convincersi che servono davvero. Sono affari suoi. La sostanza non cambia».

Purtroppo, aggiunge Ortona, gli “indizi contrari” non sono attendibili. «Il primo è risibile, ma viene spesso citato: e cioè che la base del Pd è composta perlopiù da persone per bene». L’ovvia obiezione è che «la base del Pd ha ben poco a che fare coi suoi vertici». La seconda obiezione: la crisi sta travolgendo anche gli stessi vertici. In effetti, «sembra difficile che un partito così pasticcione e pasticciato possa essere un buon strumento nelle mani di chi l’ha comprato». Eppure, la contraddizione è solo apparente: «La lotta fra satrapi di partito diventa violenta (nel caso del Pd la si potrebbe definire, con Karl Kraus, una lotta disperata ma non seria) quando la ricollocazione del partito stesso apre da una parte prospettive ricchissime per chi sa posizionarsi bene, e dall’altra una tragica fine per chi sbaglia scelta». Lo slogan del festival nazionale del Pd a Genova era “perché l’Italia vale”. «Non deve essere stato facile trovare una frase così stupida e soprattutto così priva di significato: ma questa mancanza indica appunto quanto sia grande la paura di spaventare qualcuno che domani potrebbe essere vincente».

Il terzo controindizio è anche quello a prima vista più convincente: molti esponenti intermedi del Pd sono seri professionisti che fanno il loro mestiere, non sono corrotti e non hanno tempo da perdere con tutte quelle beghe politiche. Ci sono Comuni da gestire, appalti da assegnare, concorsi da indire. Se il partito ha deciso di comprare gli F-35, al sindaco spetta il compito di amministrare i fondi che ne derivano alla sua istituzione. La decisione ormai è presa. Chi riceveva soldi dal Monte dei Paschi non aveva né tempo né interesse a chiedersi da dove venivano. «Ma supponiamo che invece se lo fosse chiesto. Cosa cambiava? Se avesse dato l’allarme avrebbe ottenuto solo di perdere il posto, senza in realtà produrre nessun cambiamento nel sistema. Meglio tacere. Ora, in realtà c’era, e c’è, una soluzione ancora migliore del tacere: non sapere. È molto più rapido e sicuro non porsi le domande piuttosto che dovere gestire delle risposte scomode. Essere ignoranti e apparentemente sciocchi non è quindi necessariamente una caratteristica antropologica (anche se naturalmente in molti casi uno sciocco è più utile di un non sciocco): può benissimo essere una scelta».

Così, «l’ignoranza diventa buon senso, la limitatezza delle vedute diventa realismo». Anche il sistema di potere Craxi-Andreotti-Forlani era un sistema di potere “normale” per chi vi operava, «come ha coerentemente e nostalgicamente ricordato Fassino non molto tempo fa».  Risultato finale: «La tragica scomparsa del livello reale dei problemi dal dibattito politico», ignorando sempre «il livello in cui la gente normale vive e soffre». Conclusioni: «Parafrasando Sherlock Holmes, “quando tutte le ipotesi assurde devono essere rifiutate, allora rimangono solo quelle plausibili”». Esatto: il Pd è stato “comprato” – secondo la ricetta di Lewis Powell – perché evitasse di disturbare i grandi manovratori del noeliberismo, che in Europa hanno trasformato Bruxelles in una capitale coloniale, mettendo al guinzaglio tutti i governi dell’Eurozona. Altrimenti non si spiega la condotta del Pd: che continua a non voler risolvere nulla e si rassegna persino a perdere voti, dal momento che rinuncia “misteriosamente” a difendere gli italiani. «Voglio sperare che si tratti solo di ignoranza e inadeguatezza», conclude Ortona, «ma non ne sono sicuro».
http://www.libreidee.org/2014/02/chiedetevi-perche-il-pd-non-vuole-aiutare-gli-italiani/

Nanobot medicali connetteranno il nostro cervello al Cloud Computing

ma certo la scusa è sempre la stessa. Per salvare il genere umano, come gli Ogm dovevano sfamare l’Africa. L’invasione degli ultracorpi si fa realtà? E chi li controlla una volta negli organismi?

articolo di Nicholas West per Activity Post

Il progetto Corpo Umano versione 2.0 vede nientemeno che il noto transumanista Ray Kurzweil come il suo principale fautore. Gli obiettivi sono stati da lui apertamente dichiarati da tempo:

Nei prossimi decenni, un miglioramento radicale dei sistemi fisici e mentali del nostro corpo, già in corso, userà nanobot per aumentare ed infine sostituire i nostri organi. Sappiamo già come prevenire le malattie degenerative attraverso la nutrizione e la supplementazione, questo sarà un ponte verso la rivoluzione biotecnologica emergente, che a sua volta sarà un ponte verso la rivoluzione delle nanotecnologie. Entro il 2030, il reverse-engineering del cervello umano sarà stato completato e l’intelligenza non-biologica si fonderà con il nostro cervello biologico.
In realtà, il reverse engineering del cervello umano è già stato annunciato di essere a buon punto con i nuovi microchip e i loro software di accompagnamento e, mentre il pieno ricablaggio del cervello ad opera di nanobot non è previsto prima del 2020, Phys.org ha riferito che “il nostro DNA è già stato preso di mira con successo da nanobot” per la terapia farmacologica o la sua distruzione.”

Prendendo questo evento come un ulteriore passo avanti, Ray Kurzweil ha detto in una nuova intervista con The Wall Street Journal, che la nostra estensione in regni non biologici includerà i computer nanobot che permetteranno al nostro cervello di connettersi al cloud computing.
Dalla fantascienza horror, direttamente al corpo umano, i nanobot non sono più mera speculazione. Inoltre, a differenza della fantascienza, non arriveranno in via immediata per l’acquisizione di tutto il mondo – sono già qui, e saranno introdotti gradualmente, come Kurzweil ha precedentemente affermato:

Saranno processi incrementali, uno dei quali è già a buon punto. Anche se la versione 2.0 è un grande progetto, che si traduce nel miglioramento radicale di tutti i nostri sistemi fisici e mentali, noi realizziamo un passo benigno alla volta. Sulla base delle nostre conoscenze attuali, possiamo già toccare con mano i mezzi per realizzare ogni aspetto di questa visione.

Ricercatori della Columbia University hanno sviluppato una flotta di nanorobot molecolari in grado di fornire farmaci a cellule specifiche e anche identificare alcuni marcatori genetici mediante marcatura fluorescente. Dopo tale identificazione, una reazione a catena può essere avviata:

Sulle cellule in cui sono attaccati i tre componenti, un robot è funzionale e una quarta componente ed avvia una reazione a catena tra i filamenti di DNA. Ogni componente scambia un filamento di DNA con un altro, fino alla fine dello swap, quando l’ultimo anticorpo ottiene un filamento di DNA che è fluorescente. Alla fine della catena di reazione, che richiede meno di 15 minuti in un campione di cellule umane di sangue, solo le tre proteine di superficie sono etichettate con il marcatore fluorescente.

Naturalmente, questo tipo di approccio di terapeutica mirata potrebbe rivelarsi utile, come i ricercatori evidenziano, in particolare per il trattamento del cancro che travolge le cellule sane insieme a quelle maligne, potrebbe però fare molto spesso più male che bene. Questo aspetto riguarderà il modo in cui queste tecnologie verranno vendute al pubblico e sarebbe ingenuo non considerare le applicazioni più inquietanti legati a tali tecnologie. La modifica diretta del cervello è già stata definita come “neuroingegneria”. Un articolo di Wired dall’inizio del 2009 ha evidenziato che la manipolazione del cervello diretta tramite fibra ottica è un po’ disordinata, ma una volta installata “potrebbe rendere felice qualcuno con la semplice pressione di un tasto.” I Nanobot potrebbero prendere il processo ad un livello automatico e ricablare il cervello molecola per molecola. Peggio ancora, questi mini droidi possono auto-replicarsi autonomamente, costringendo a chiedersi come questo genio (o demone? ndt) possa mai essere rimesso nella bottiglia, una volta scatenato .

Qui è uno scenario offerto da Kurzweil per come questi nanorobot potrebbero entrare nei nostri corpi:

Un vantaggio significativo della tecnologia nanobot è che a differenza di semplici farmaci e integratori alimentari, i nanobot hanno una misura di intelligenza. Essi possono tenere traccia delle proprie scorte, e scivolare intelligentemente dentro e fuori dei nostri corpi. Uno scenario è che ci sarebbe da indossare una speciale “veste con funzioni di sostanza nutritiva”, come una cintura o una specie di canottiera. Questo indumento potrebbe essere caricato con nanobot sopra cuscinetti nutrienti, il che renderebbe la loro strada agile dentro e fuori del nostro corpo attraverso la pelle od altre cavità del corpo.

Questo aspetto potrebbe sembrare di offrire un livello di scelta partecipativa -indossare o non indossare l’indumento- ma Kurzweil rivela che i nanobot sapranno eventualmente essere dappertutto: in definitiva non avremo bisogno di preoccuparsi di indossare indumenti speciali o risorse alimentari esplicite. Proprio come il calcolo sarà eventualmente onnipresente e disponibile ovunque, così anche le risorse di base metaboliche per i nanobot saranno incorporate ovunque nel nostro ambiente. In una recente intervista con il Wall Street Journal, Kurzweil mette in evidenza il motivo per cui Google ha assunto un interesse nel campo delle nanotecnologie per le possibilità che vede per l’uomo in quanto essi sono sempre più non-biologici e formano connessioni dirette con i computer, per aumentare e/o soppiantare i nostri processi naturali come ci dirigiamo nell’era di cyborg e oltre: e, naturalmente, una volta che la nostra neocorteccia verrà caricata, il Cloud si posiziona perfettamente su Google per la ricerca di ogni nostro pensiero e pre-pensiero. Anche se questo potrebbe far pensare ad una quantità impossibile di informazioni da caricare, per non parlare di interconnessione e di ricerca, è stato annunciato che i ricercatori hanno già progettato il primo nanocomputer che può spingere oltre il concetto di Legge di Moore, che impone un limite teorico sulla espansione del calcolatore potenza di elaborazione .

Il team ha progettato e assemblato, dal basso verso l’alto, un funzionamento ultrasottile del computer di controllo che è il più denso sistema di nanoelettronica mai costruito.

Un documento tecnico è stato pubblicato online negli Atti della National Academy of Sciences su questa ricerca. Il processore chiamato a controllo ultra-piccolo (ultra-low-power) è più piccolo di una cellula nervosa umana. [ … ] Nella loro recente collaborazione hanno piazzato diverse piastrelle su un singolo chip per produrre un primo complesso nel suo genere, un nanocomputer programmabile. Non dovrebbe essere visto come una coincidenza che questi sviluppi stiano accadendo contemporaneamente. Quello che appare in superficie come scoperte in campi completamente diversi sono coalescenza rapida mentre ci avviciniamo alla data teorica dell’avvento della Singularity: la piena fusione di uomo e macchina, stimata di verificarsi tra il 2029 ed il 2045. Nonostante il linguaggio benigno dei futuristi, sappiamo che uno sforzo concertato è già in atto per gestire e prevedere il comportamento umano per tutta una serie di applicazioni potenzialmente anti-umane. Come il nostro libero arbitrio è anche mirato come le cellule del nostro corpo -per la terapia farmacologica o l’eliminazione- preoccupazioni etiche devono essere espresse forte e chiare. Gli scienziati sembrano contenti di aprire il vaso di Pandora, quindi preoccuparsi di conseguenze negative solo in seguito … e questo è vero solo se si assume che le loro intenzioni siano benigne fin dall’inizio. Si dovrebbe prendere tempo per esaminare la storia della sperimentazione militare sulle popolazioni umane e vedere tutto questo attraverso una lente molto diversa. Per lo meno, invece della visione pienamente realizzata del corpo umano 2.0, questo potrebbe essere Big Pharma 2.0- una nuova fase in cui i farmaci convenzionali sono progressivamente sostituiti da nanodrugs e sistemi di consegna ad opera di una nano-flotta. Accoppiato con le applicazioni che entrano direttamente nel nostro cervello per collegarci alla matrice del computer, stiamo rapidamente entrando in un nuovo paradigma umano. Il finanziamento è già lì e una quantità enorme di denaro è in attesa di essere versata da aziende come Google. Anche in questo caso, per coloro che potrebbero vedere solo il lato positivo di questa tecnologia, dobbiamo mettere in discussione chi è veramente a controllare tutto ciò.

http://freeskies.over-blog.com/

NAPOLI IN BANCAROTTA – BLOOMBERG: “IL BUCO NEI CONTI DEL COMUNE AMMONTA A UN MILIARDO DI EURO, DUECENTO MILIONI IN MENO RISPETTO AL 2012. FINIRÀ COME DETROIT: FALLIMENTO’

08 FEB 2014 18:41

Un “rischio Detroit” per Napoli. Come la città americana, fallita l’estate scorsa, il capoluogo campano potrebbe ritrovarsi presto in bancarotta: niente stipendi per 20 mila impiegati, sospensione dei servizi pubblici essenziali, commissariamento…

Il Fattoquotidiano.it

Un “rischio Detroit” per Napoli. Come la città americana, fallita l’estate scorsa, il capoluogo campano potrebbe ritrovarsi presto in bancarotta: niente stipendi per 20 mila impiegati, sospensione dei servizi pubblici essenziali, commissariamento.

Così un report pubblicato ieri sul sito dell’agenzia Bloomberg ha spiegato agli americani la situazione della capitale del Mezzogiorno. Il buco nei conti del Comune di Napoli ammonta a un miliardo di euro, duecento milioni in meno rispetto al 2012. Ma lo sforzo di risanamento è insufficiente: la Corte dei conti ritiene poco efficace il piano anti-dissesto messo a punto dalla giunta De Magistris.
“Napoli è tecnicamente in bancarotta, se la Corte non cambia idea non potrà più ricevere prestiti dallo Stato”, spiega Riccardo Realfonzo, economista ed ex assessore al Bilancio. Da Roma, infatti, finora sono arrivati solo 58 milioni sui 220 promessi.

L’attuale assessore al Bilancio, Salvatore Palma, sostiene però che anche senza l’aiuto del governo il Comune può garantire servizi e stipendi almeno per il 2014. Il sindaco Luigi De Magistris ha annunciato che si rivolgerà alle sezioni riunite della Corte dei conti e chiamerà Enrico Letta per “chiedere consigli”.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/napoli-in-bancarotta-bloomberg-il-buco-nei-conti-del-comune-ammonta-a-un-miliardo-71571.htm

Le grida contro Di Battista, Cristicchi e Fusaro. E ‘la morte del pensiero libero, bellezza!

La negazione diritto di opinione, affibbia un’etichetta e premi start su censura.

“Qui lo dico e non ci ritorno sopra. da Socrate ho appreso a DIALOGARE CON TUTTI, anche con chi la pensa in maniera diametralmente opposta rispetto a me”.
-Diego Fusaro, saggista e filosofo marxista-

ANTONELLO CRESTI: Le grida contro Di Battista, Cristicchi e Fusaro. E ‘la morte del pensiero libero, bellezza!

C’è un filo rosso che unisce le provocazioni di Daria Bignardi sul “padre fascista” del parlamentare 5Stelle Alessandro Di Battista, la “cacciata” del cantautore Simone Cristicchi, reo di aver ricordato gli esuli istriani, le scomposte reazioni al fatto che un giovane filosofo marxista (Diego Fusaro) vada ad esporre le proprie idee presso Casa Pound… No, non è tanto l’antifascismo in assenza di fascismo inteso come fenomeno storico (sul quale torneremo) il minimo comune denominatore che lega tutti questi fatti recentissimi, ma qualcosa di ben più profondo, ossia il dispregio della posizione di assoluta rilevanza che le idee dovrebbero avere all’interno della società degli uomini. Una disistima che si accompagna, è evidente, con la sistematica mancanza di autostima nei confronti dell’individuo e del suo libero arbitrio, e che non può non comportare catastrofi a catena…

Speghiamoci meglio: in molti si sono scandalizzati per l’insistenza con cui Daria Bignardi ha sollecitato Di Battista sulle idee politiche del padre, dimostrando  così di aver talmente poco chiaro il senso di quelle domande e il peso della vera offesa, da reagire utilizzando la stessa moneta (la Bignardi è sposata col figlio di un condannato, si è detto…). Ciò che però dovrebbe interessare è interrogarsi sul senso profondo di questa operazione: esiste una giustificazione razionale per cui una persona debba discolparsi delle idee di un parente, di un amico, di un conoscente? E’ ovvio che no, che questo è un assoluto paradosso che deve esser rispedito al mittente. La vita di una persona individuata, difatti, dovrebbe procedere verso l’emancipazione dal proprio contesto di riferimento, abbracciando o rifiutando serenamente ciò che proviene dalla propria famiglia. Da questo punto di vista le idee politiche, gli interessi culturali di una madre o di un padre non sono più importanti di quelli di un anziano che ti chiede il posto sull’autobus! Ecco allora che ogni volta che ci vengono rivolte certe domande che non ci riguardano personalmente bisognerebbe semplicemente sorridere e invitare a rivolgersi al diretto interessato, se la questione interessa davvero…

Spostiamoci quindi sulla questione Fusaro e sulle urla da stadio che la sua futura partecipazione ad un incontro presso Casa Pound hanno sollevato (e solleveranno). Anche dietro a questi fatti si cela un simile deprezzamento del concetto di indipendenza culturale, riassumibile in due grandi cortocircuiti di pensiero: il primo è quello secondo il quale si debba interloquire solo con chi la pensa come noi. Partendo dal fatto che è auspicabile che non esistano due persone al mondo che siano perfettamente sovrapponibili nelle idee, mi si dovrebbe spiegare che senso avrebbe il confronto, il dibattito  se concepito esclusivamente tra simili… L’intellettuale dovrebbe sempre avere una vocazione maggioritaria nei confronti del suo pensiero, non rinchiudersi in un ghetto e tentare di convincere chiunque della bontà di ciò che dice, mai abdicando alla sua integrità. Purtroppo al giorno d’oggi abbondano casi opposti, ovvero ideologi purissimi dal punto di vista degli interlocutori che privilegiano e lerci dal punto di vista dell’asservimento alle dinamiche di convenienza e di potere. Tornando però sul punto, immaginate di essere un cantautore e di scrivere una canzone su dei fatti accaduti in Mozambico, che solo i lettori di “Internazionale” conoscono. Ebbene, da artisti, vorreste che la vostra canzone fosse ascoltata solo da costoro o vorreste che la ascoltassero anche e soprattutto coloro che sono distanti dal vostro mondo di provenienza? Credo sia inutile aggiungere altro…
Ma l’isteria di fronte ad un “marxista” che va parlare ai “fascisti del terzo millennio” cela ancora un’altra tara terribile ovverosia quella secondo cui  un intellettuale debba esser giudicato (vedi sopra) per le sue frequentazioni o, ancor peggio, per retropensieri mai esposti. Ebbene, poiché la produzione di un intellettuale consiste in scritti e discorsi, si tratta, molto più semplicemente di giudicare quelli. Niente altro. Ecco perché, ad esempio, il mio giudizio molto critico su Adriano Sofri, giudizio basato sul suo pensiero e sulla sua evoluzione culturale, non ha alcun bisogno di nutrirsi sul richiamo ai fatti del suo passato (che pure è suo e solo suo…). Giudico le sue idee, e ciò basta.

Inutile infine girarci attorno, in tutti questi casi aleggia anche lo spirito dell’antifascismo militante. Personalmente credo che la parabola attuale di questa categoria sia ben descritta dai parlamentari PD che gioiscono per i 7,5 miliardi di euro regalati alle banche cantando “Bella Ciao” (azione che personalmente, pur non amando la retorica resistenziale, mi ha offeso profondamente), ma per essere più argomentativi è evidente che – sempre in assenza di una propria autonomia di giudizio e di pensiero – questa forma di antifascismo è solo il refugium peccatorum di chi, nei fatti, appoggia ogni forma di totalitarismo, economico, sociale e culturale, presente nella società di oggi. Occorrerebbe, anche qui, emanciparsi, da queste ipocrisie e se proprio si vuole ancora parlare di antifascismo nel 2014, bisognerebbe rivolgere questa istanza di liberazione (che sotto la dittatura, bene ricordarlo, fu sacrosanta e alla quale occorre dimostrare riconoscenza sempiterna) ai veri pericoli per la democrazia di oggi… Insomma, verso quelli che cantavano “Bella Ciao”, per intendersi. Miracoli della postmodernità, ma per capirlo bisogna essere indipendenti e l’indipendenza, dai genitori, dagli amici, dail contesto sociale, fa ancora tanta, troppa, paura!
http://ideeinoltre.blogspot.it/2014/02/antonello-cresti-le-grida-contro-di.html

IL GRANDE FRATELLO E’ ANCHE DENTRO LE FOTOCOPIATRICI CHE SPIANO I TUOI DOCUMENTI (video)

L’occhio del Grande Fratello si nasconde negli spazi più impensati.
Ad esempio nella cara fotocopiatrice sistemata negli angoli di ogni ufficio.
 
Una recente ricerca condotta da CBS, in America, ha evidenziato i numerosi rischi per la privacy, derivanti dall’uso delle fotocopiatrici con hard disk integrato presenti sul mercato da circa dieci anni.Questo tipo di macchine infatti, non si limita ad effettuare delle fotocopie, ma trasferisce nell’apposito Hard Disk il file di riferimento di ogni singolo foglio fotocopiato, inviato con fax o scannerizzato.
 
Le fotocopiatrici memorizzano per sempre le immagini e i documenti che v’inseriamo. La questione è abbastanza grave da richiamare le attenzioni della FTC (Federal Trade Commission), l’organismo statunitense che vigila sul mercato.
 
“Queste macchine non fanno semplici copie, ma archiviano i documenti per sempre“, ha detto E. J. Markey, che se n’è lamentato con la FTC.
“Sono contento che la FTC abbia deciso d’investigare su una questione della quale la maggior parte dei consumatori è inconsapevole”, ha commentato.
La notizia è stata portata alla luce dalla CBS, che ha analizzato gli hard disk di diverse fotocopiatrici dismesse.  Sono stati recuperati dati personali di ogni tipo, dalle dichiarazioni delle tasse alle cartelle mediche, compresi i documenti riservati di una stazione di polizia. Non sono mancati libri paga, e nomi di sospetti criminali e ricercati. Materiale più che sufficiente per rovinare la vita di molti.
Gli hard disk sono presenti quasi in ogni fotocopiatrice dal 2002 circa
 
In Italia, la disciplina della cancellazione sicura dei dati, già affrontata nel D.Lgs 196/2003 per i dati sensibili e giudiziari, è stata di recente di nuovo trattata dal Garante della Privacy con il Provvedimento datato 13 ottobre 2008.Con esso si invitano le aziende private e le Pubbliche Amministrazioni ad adottare i necessari accorgimenti, al fine di prevenire accessi non consentiti ai dati personali memorizzati nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche destinate a essere smaltite, reimpiegate o riciclate. Non solo computer, quindi, ma nel caso specifico il riferimento è chiaro anche alle fotocopiatrici.
 
Ora dite la verità: quanti di voi, utenti finali, nel fare una fotocopia hanno mai pensato al fatto che una copia digitale del vostro originale viene conservata sull’hard disk della fotocopiatrice?
E che sulla permanenza di tale copia nella fotocopiatrice voi non avete alcun controllo?
 
Da tener presente anche che gli hard disk di queste fotocopiatrici sono comunissimi dischi PATA o SATA, di quelli utilizzati nei pc, formattati con i tipici file system con cui si formattano i dischi dei computer (FAT o Ext2), e le immagini sono memorizzate in formati standard (JPG, PNG, TIFF, PDF) senza alcun utilizzo di crittografia o altro tipo di protezioni contro gli accessi indesiderati ai dati. In pratica, i dati contenuti su questi dischi possono essere letti con estrema facilità da chiunque acceda fisicamente ad essi.
Le conseguenze?
You Decide!