La “Stalingrado” dell’Arabia Saudita

FEBBRAIO 5, 2014
 
Sergej Israpilov (Russia)  Nakanune 3 febbraio 2014 – Oriental Review
 
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– Se parli di democrazia, ignora il nostro terrorismo e vendici miliardi di armamenti avanzati, Non faccio promesse, devo pensare al prezzo del petrolio. – Lo so! Siamo sempre amici.
 
I problemi dei Paesi islamici sono stati a lungo una priorità della politica globale e dei media internazionali. La crisi continua ad allargarsi verso nuovi Paesi e regioni. Se raggiunge l’Arabia Saudita, il Paese più influente nel mondo arabo, che succederà? Gli Stati Uniti continueranno a sostenere il loro alleato regionale?
 
L’Arabia Saudita sfida il mondo intero
Informazioni recenti indicano che i terroristi del gruppo islamico Ansar al-Sunna rivendicano gli attentati dell’anno scorso a Volgograd. Il testo della dichiarazione è stato pubblicato su diversi siti islamici, e un video dai mujahidin del gruppo insorto Ansar al-Sunna, guidato dall’emiro Omar, è stato pubblicato su YouTubeIl video pubblicato il 19 gennaio mostra due giovani che si chiamano Sulayman e Abdurrahman, con fucili mitragliatori, sostenere di essere gli attentatori. In precedenza, il ministero degli Esteri russo aveva dichiarato, “Non ci ritireremo, ma continueremo inflessibili la nostra battaglia, passo dopo passo, contro un nemico infido che non conosce confini e può essere fermato solo collaborando. Queste incursioni criminali a Volgograd, così come gli attentati in Stati Uniti, Siria, Iraq, Libia, Afghanistan, Nigeria e altri Paesi, sono stati organizzati utilizzando lo stesso modello, hanno gli stessi mandanti. A sua volta, il ministro dell’Informazione siriano Umran al-Zubi aveva dichiarato all’inizio di gennaio, “Le stesse forze sono dietro gli attentati terroristici in Siria, Iraq e Russia. Se da un lato hanno miliardi di dollari a disposizione, ciò non significa che possono compiere attacchi terroristici impunemente e ovunque vogliano“, aggiungeva.
Rispetto alle stragi in Siria, Libia, Libano e Iraq, la situazione in Arabia Saudita sembra relativamente stabile. Ma il regno è sempre più intrappolato dall’ampliarsi dell’instabilità  generata dalla “primavera araba” che incancrenisce la regione, anche grazie al finanziamento della monarchia. Ciò in particolare, si può vederlo nella guerra che infuria tra sciiti e sunniti. Come l’Arabia Saudita continuerà ad espandersi tra la diminuzione delle opportunità e un numero crescente di nemici? Oggi l’Arabia Saudita è un Paese ricco che partecipa attivamente a manifestazioni internazionali e cerca di esercitarvi l’influenza. Tuttavia, i principali strumenti del Paese sono finanziari. Il regno cerca di posizionarsi contro nemici regionali e globali senza un forte esercito o una flotta, senza armi nucleari, senza industria della difesa o infrastrutture scientifiche, senza poter fornire al proprio popolo cibo e beni… Nonostante i prezzi internazionali elevati del petrolio, la posizione economica del regno di Arabia Saudita s’è recentemente complicata. Negli ultimi 30 anni la popolazione è quadruplicata, da 5 a 20000000 (secondo il censimento del 2010), e supererà i 28 milioni una volta contati i lavoratori stranieri. Naturalmente i loro bisogni e richieste sono cresciuti. Oggi il regno di Arabia Saudita non è più un piccolo Paese dal reddito enorme, ma un grande Paese che vive con lo stesso reddito di prima. Il petrolio impone ancora un prezzo elevato, ma ne viene improvvisamente prodotto di più in tutto il mondo. Il regno ha ora nuovi e potenti concorrenti, come Angola, Messico e Venezuela. L’esportazione della Russia è aumentata nettamente e gli Stati Uniti, ora il maggiore importatore mondiale di petrolio, sono destinati a diventarne esportatori. I maggiori consumatori di petrolio saudita sono attualmente Cina, India e Paesi del sud est asiatico, alimentando il desiderio dell’occidente di sovvertire la situazione politica  regionale. Il regno rimane dipendente al 90% dal petrolio, per il suo reddito. Nel 1990 fu mostrato il grande spettacolo di tentare di sviluppare il settore non petrolifero dell’economia, ma non s’é ancora dimostrato fruttuoso. Una quota crescente del petrolio viene consumata dal mercato interno.
In tali circostanze, la politica estera dell’Arabia Saudita non è più sicura come prima. Il lungo conflitto in Siria s’è già riversato oltre i confini del Paese e si materializza come guerra settaria nei Paesi vicini. L’Iraq è fondamentalmente destabilizzato dai terrorismo, ben 10000 civili sono stati uccisi solo lo scorso anno. La guerra in Libano divampa. Le tensioni crescono in Giordania… L’Arabia Saudita ha sostenuto i conflitti in questi Paesi, in passato, ma ora non può tenerli sotto controllo. La guerra tra sunniti e sciiti risucchia milioni di persone e quantità crescenti di risorse. Tale politica estera genera conflitti. Per via della situazione in Siria e in Egitto, il regno ha persino litigato con i suoi alleati regionali: Turchia e Qatar. Le relazioni con le altre monarchie della penisola arabica sono diminuite. All’ultimo vertice del GCC in Quwayt, le altre cinque monarchie hanno respinto la precedente decisione di fondersi in una confederazione. Oggi l’Arabia Saudita viene trascinata nella tempesta politica che coinvolge l’intero mondo islamico. Nessun segno del deterioramento della situazione politica nel regno appare ancora, ma ci sono fattori esterni che l’Arabia Saudita non può più abbandonare ai venti del destino, e che potrebbero facilmente turbarne la stabilità politica.
 
Qual è stato il costo dell’”amicizia” degli USA con l’Arabia Saudita?
In molti modi, il futuro del regno dipenderà dalla posizione degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti hanno la reputazione di Paese che non perdona mai la violazione dei propri interessi, tanto meno un qualsiasi attacco da uno Stato più debole. Così è sorprendente che gli Stati Uniti abbiano speso decenni a sminuire le azioni ostili dei sauditi. Mai prima un qualsiasi Paese aveva causato tali danni, impunemente, agli Stati Uniti come l’Arabia Saudita. Migliaia di statunitensi furono uccisi, e senza reazioni. In particolare, 15 dei 19 dirottatori coinvolti negli attacchi a New York e Washington nel 2001 erano di nazionalità saudita. Ma ciò non comportò conseguenze per l’Arabia Saudita. Dopo l’attacco al World Trade Center, la “guerra al terrore” proclamata a gran voce fu stranamente usata come pretesto per l’invasione dell’Iraq e dell’Afghanistan, e per degli attacchi in Filippine, Yemen, Somalia e Sahara occidentale. Oltre alle 2977 vite perse negli attacchi terroristici, altre 6794 vittime (senza contare quelle tra le forze di sicurezza private) furono rivendicate da tali guerre che non portarono alcuna vittoria agli Stati Uniti. Non è un segreto che gli Stati Uniti persero almeno 2000 miliardi di dollari e migliaia di vite nel corso di questo decennio combattendo i terroristi in Iraq, Afghanistan e in tutto il mondo.
Nel frattempo, i terroristi uccisero degli statunitensi anche in Arabia Saudita. Oltre all’esplosione di Dhahran nel maggio 2003, attentatori suicidi uccisero 35 persone a Riyadh, alla vigilia della visita del segretario di Stato Colin Powell. Nel luglio 2004, tre soldati statunitensi furono uccisi. Quella stessa settimana un ingegnere statunitense fu rapito e decapitato. Nel dicembre 2004, si ebbe un attentato contro il consolato USA a Jeddah e cinque membri del personale morirono. Nel dicembre 2009 il sito Wikileaks rivelò al mondo che i diplomatici statunitensi erano ben consapevoli del fatto che l’Arabia Saudita sia la fonte “più significativa” dei finanziamenti ai gruppi terroristici sunniti di tutto il mondo. Global Research ha recentemente scritto: “Mentre gli Stati Uniti sono stretti alleati di Arabia Saudita e Qatar, è chiaro che i primi finanziatori dei gruppi estremisti negli ultimi 3 decenni, tra cui al-Qaida, siano infatti Arabia Saudita e Qatar… L’Arabia Saudita è la maggiore  fonte mondiale di fondi per gruppi islamisti come taliban e Lashkar-e-Taiba, ma il governo saudita è riluttante a limitare il flusso di denaro“. Anche se i leader di Arabia Saudita non sono direttamente responsabili del sostegno diretto alle attività anti-americane, i terroristi ne sarebbero ostacolati senza il flusso di denaro dal regno. Il Rapporto della Commissione 9/11 conclude che gli attacchi terroristici negli Stati Uniti sarebbero stati impossibili senza finanziamenti esterni assai generosi: “Gli ideatori del 9/11 infine spesero tra i 400000 e i 500000 dollari per pianificare e condurre l’attacco… I dirottatori spesero più di 270 mila dollari negli Stati Uniti… Le spese aggiuntive inclusero viaggi per avere passaporti e visti per recarsi negli Stati Uniti, le spese sostenute dai capi del complotto, nonché le spese delle persone scelte come dirottatori che infine non parteciparono.”
Se venisse accertato che i sauditi hanno lo zampino negli attentati di Volgograd, ciò vorrebbe dire una cosa. L’Arabia Saudita non avrebbe alcuna possibilità di sopravvivere nei suoi confini attuali e sotto il regno della dinastia attuale. A differenza di certi vecchi amici di Damasco, la protezione diplomatica del regime dei Saud difficilmente rientra nell’agenda di Mosca. Riyadh potrebbe pagare cara aver ignorato le lezioni di Stalingrado nella Seconda Guerra Mondiale.
 
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
La “Stalingrado” dell’Arabia Sauditaultima modifica: 2014-02-07T12:54:14+01:00da davi-luciano
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