‘RT’ NEWS OF THE WEEK

Main topics of the week:

Al-Qaida / Political crisis in EU / Sochi games /

PCN-TV with RT – PCN-SPO / 2014 01 12/

PCN-TV - RT weekly news 2014 003 (2014 01 19) ENGL

The Russian TV channel ‘RT’ news – former ‘Russia Today’ – for an alternative information to the dual language, double standards, lies and propaganda of the NATO’s medias …

 Video on:

https://vimeo.com/84441802

Main topics of the week:

RT News – January 12, 2014/

AL-QAEDA openly waves its black flags over two Iraqi cities, with thousands of refugees fleeing the impending bloodbath, as the U.S.-backed army prepares for a counter-attack on the insurgent forces. While in Syria, Al-Qaeda-linked rebels and other opposition groups engage in bloody infighting – the growing divisions among those aiming to topple Assad are threatening the upcoming peace talks. Syrian rebels turn on each other in a merciless turf war, with over 500 fighters killed in Islamist clashes over just one week sparking a change of heart among some of their foreign backers.

EU/ The backing of EU leaders dips to an all time low, with undermined trust in politicians affecting the way people see the common currency, as they look for a replacement. Confidence in the EU’s leaders has never been lower, according to a new poll – at least in the hard-hit areas of Europe, where governments are scrabbling for solutions to an entrenched economic crisis.

SOCHI/ with security being a major concern at the upcoming Winter Olympics in Sochi – we take a look at how the host city is making sure athletes and spectators are protected. With a month before the Winter Olympics starts , the host city is putting a priority on security to make sure the Games remain safe and undisturbed.

RT / PCN-TV

________________________

https://vimeo.com/pcntv

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MORTI GLOBALI DI UCCELLLI E PESCI – ECCO 10 MOTIVAZIONI POSSIBILI

Posted on gennaio 23, 2014 by 

 moria pesci e uccelli

MENTRE I MEDIA MAINSTREAM tentano di minimizzare le recenti morti, che ora sono diventate globali, vale la pena di tenere traccia delle notizie su questa storia. Sentitevi liberi di aggiungere la vostra alla sezione commenti, e ci aggiorneremo di conseguenza. Spiegazioni mainstream: Fulmini, grandine, collisioni a mezz’aria, linee elettriche e fuochi d’artificio di Capodanno per gli uccelli… invece malattia per i pesci. Questo risulta dando uno sguardo ai media mainstream. Gli uccelli sono incredibilmente sensibili al loro ambiente (si pensi ai canarini nelle miniere di carbone) e il pensiero che essi siano stati colti di sorpresa, o che abbiano sbagliato il loro modello di volo palesemente ridicolo. E dove sono gli uccelli arrostiti da questi colpi di fulmini? E i pesci che muoiono nella stessa regione? Solo una fortuita malattia. Uno dei principali titoli deve essere sancito come il tentativo più triste di sensazionalismo, mentre rivela un’ovvia conclusione naturale Gli uccelli caduti probabilmente morti per un massiccio Trauma. Davvero?

meteore

SCIAMI METEORICI.Siamo in un periodo di intensi sciami meteorici stagionali, e parecchi utenti di YouTube hanno segnalato di aver udito bang sonici nell’area, che potrebbero essere indicativi di una locale onda d’urto. Questa potrebbe essere una causa naturale non-cospirativa, che ha effettivamente senso, ma difficile collegare a questo sia gli uccelli che i pesci, a meno che essa non abbia prodotto una frequenza invalidante. C’erano in verità altre anomalie sonore, secondo il rapporto sopra evidenziato.

faglie-terrestri

NUOVA LINEA DI FAGLIA.Madrid: Un eccellente articolo di The American Dream ha raccolto dati sulle recenti attività sismiche lungo questa linea di faglia che corre lungo la sezione medio orientale degli Stati Uniti. Se consideriamo anche il metodo della fratturazione per ottenere gas, l’immensa attività geologica nella regione e il disastro dell’estrazione petrolifera della BP, che ha disperso il Corexit nell’atmosfera, noi potremmo attribuire a questo qualsiasi distruzione di massa nella regione. Tuttavia, siamo di fronte ad un evento globale, quindi potrebbe trattarsi dell’effetto collaterale di qualcosa di più grande, o di un fattore che ha contribuito direttamente.

morte uccelli

ESPERIMENTI DEL GOVERNO.La lunga storia degli esperimenti del governo stata esposta da molti ricercatori. La componente strana di queste morti che solo alcune specie sono state colpite, solo all’interno dell’intera regione. E alcune relazioni hanno indicato che gli organi di questi uccelli si sono liquefatti, e questo potrebbe indicare un possibile virus. Potrebbe questo indicare l’uso di armi biologiche specie-specifiche? È agli atti che si sono svolte discussioni su armi biologiche razza-specifiche; si forse trattato di un test sulla possibilità di trasferimento?

ogm

MUTAZIONI OGM.Mike Adams di Natural News avanza un’ interessante teoria: quest’ultimo evento locale, ma le morti stanno investendo più specie visto che anche le popolazioni di api e pipistrelli sono in calo. Adams sottolinea che la Monsanto ha una sede nell’Arkansas. È legittimo porsi domande.

geoingegneria

GEOINGEGNERIA.Potrebbe l’irrorazione nella zona aver causato questo tipo di fallout? Forse qualcosa di nuovo stato aggiunto alla miscela? Le scie chimiche si sono rapidamente trasformate da teoria cospirativa a fatto documentato. Tanto, che i poteri hanno dovuto ammettere l’esistenza del programma, ma secondo loro a scopo benefico. Tra il cloud seeding e possibili connessioni a HAARP, la ricaduta da scie chimiche deve essere considerata, specialmente perché il programma si svolge quasi in tutto il mondo. Rosalind Peterson stata all’avanguardia nell’aver stabilto una connessione della Geoingegneria agli OGM come fonte combinata per l’esplosione di alghe che riducendo l’ossigeno potrebbero interessare un ampio spettro di sistemi naturali. Inoltre, alcuni ritengono che il sistema di spargimento delle scie chimiche permette anche la dispersione di agenti patogeni. Se ci sarà un focolaio di influenza aviaria o malattie nei prossimi giorni o settimane tra la popolazione umana, nelle zone dove sono caduti gli uccelli, potrebbe essere avanzata una connessione con le scie chimiche. Se questo accadrà, il contagio potrebbe essere attribuito ad una nuova, mortale influenza aviaria. Un’altra possibilità collegata alle scie chimiche quella delle nanoparticelle.

H.A.A.R.P

H.A.A.R.P.Uccelli e pesci possono essere sensibili ad impercettibili variazioni di di frequenza. Un post interessante di YouTube da parte di un pescatore di lunga data, menziona la presenza di una lamina di “perla” dietro l’occhio del tipo di pesce tamburo interessato da questo evento. Ha fatto un appello a chiunque nella zona, per cercare segni di danni riguardo a questa lamina. Sia gli uccelli che i pesci si spostano in modo altamente coordinato, e questo indica che si muovono e comunicano attraverso frequenze. Potrebbe il dispositivo HAARP in Alaska aver mandato in cortocircuito i loro sistemi di navigazione? O, forse, questo l’inizio di un effetto a cascata dovuto a decenni di inquinamento elettromagnetico da campi elettromagnetici e onde ELF, intorno al pianeta, provenienti da una vasta gamma di moderni mezzi di comunicazione?

ARMI SCALARI

ARMI SCALARI.Queste armi ad energia diretta possono essere distribuite via satellite e creare una vasta gamma di “disastri naturali” che possono essere sintonizzati su determinate frequenze. È stato segnalato che il loro raggio d’azione di diverse miglia. Ancora più pazzesco che ci stato detto che negli uccelli morti sono stati rilevati massicci traumi. Una delle abilità segnalate delle armi scalari quella di creare uno scudo di Tesla di plasma, come una bolla, che potrebbe far esplodere tutto ciò che entra nel suo spazio aereo. Alcuni hanno ipotizzato che questa tecnologia in piena operatività. Ma che cosa succederebbe se invece fosse ancora in fase sperimentale? Ricordate, questo sta accadendo anche in Sud America.

PROGETTO BLUE BEAM

PROGETTO BLUE BEAM.Era il test di un generatore di suono per inscenare a livello globale un’invasione aliena? Questa certamente “una realtà”, e la stessa NASA ha annunciato la sua preparazione per un tale scenario. Il Progetto Blue Beam, come la sua controparte HAARP, utilizza l’energia naturale presente nella ionosfera come dispositivo sia visivo che acustico. Ancora una volta, forse non sono nella fase definitiva, ma, come Tesla, hanno fatto un passo falso involontario.Modifica Geomagnetica e altre modifiche della terra: Come chiunque può vedere dalla gamma di possibilità elencate sopra, siamo di fronte ad una serie di manomissioni dell’uomo. Tuttavia, a questo fanno da sfondo le anomalie che cominciano a prendere forma con l’apparente vagare del nostro polo magnetico, visto che anche il National Geographic ha segnalato che il Polo Nord magnetico sta migrando verso la Russia. Se aggiungiamo a questo un’indebolimento della magnetosfera e la caduta dei livelli di ossigeno, allora le morti tra le specie più delicate fanno presagire un problema più ampio. Infine, un aumento di attività del sole e le tempeste magnetiche potrebbero indebolire il nostro habitat naturale globale.La diffusa distruzione della natura dovrebbe indurci a guardare più intensamente al mondo intorno a noi e a mettere in discussione il nostro rapporto con essa e il nostro effetto su di essa. Forse questo è ciò che avremmo dovuto fare tutti insieme.

Redatto da Pjmanc http:/ ilfattaccio

http://www.ilfattaccio.org/2014/01/23/morti-globali-di-uccellli-e-pesci-ecco-10-motivazioni-possibili/

Disobbedire al fisco senza paura. Ecco spiegato come si fa

2007-6
di ROSSELLA FIDANZA*
 
Ormai in molte famiglie si è a un bivio: pagare, con fatica e neppure tutte, le bollette che ci permettono di sopravvivere, o pagare Imu, tarsu, cippirimerlo e tutti i nomi delle tasse che ci hanno appioppato? Cosa succede se si sceglie uno al posto dell’altro?
 
Nel primo caso, si riesce a sopravvivere. Nel secondo caso, si perde luce, riscaldamento, gas, acqua, e non si sopravvive più, se non grazie alla Caritas. Allora io non capisco perché noi italiani temiamo così tanto lo sciopero fiscale. Che è uno strumento pacifico che si concretizza in una vera e propria RIVOLUZIONE, per le nostre famiglie. Seguitemi nel ragionamento.
 
Se non si pagano le tasse, lo Stato non avrà più soldi da sperperare, e dovrà finalmente capire che o le abbassa o le entrate diminuiranno ancora. Si, perchè mentre se non si paga una bolletta ci mettono un mese a tagliarti i fili, la macchina dello Stato prima che si muova per trovare che tu non hai pagato, ci mette minimo due anni, a parte l’Inps che è un po’ più veloce ma di poco. Poi ti manda un cosiddetto avviso bonario, dove ti invita gentilmente a pagare, dandoti la possibilità di farlo a rate pagando solo il 2% di interessi senza sanzioni. E lo possiamo calcolare noi, basta andare sul sito dell’Agenzia delle Entrate, poiché io non ho nulla da nascondere, ed ho sempre dimostrato quanto dichiarato, lo farò anche in questo caso.
 
avviso_bonario
Proprio ieri ho ricevuto una raccomandata Inps dove mi venivano chiesti i contributi della Gestione Commercianti per il 2012. In quell’anno, poichè le banche avevano tolto tutto alla mia azienda, ho dovuto scegliere se pagare con i miei soldi gli stipendi dei dipendenti o la mia Inps. Ho scelto la prima soluzione e ne vado fiera, anche se ora non ho più un centesimo. Pazienza, Dio provvederà. Per la richiesta di rateizzazione Inps bisogna recarsi agli sportelli oppure direttamente sul loro sito, ma non esiste un programma che consenta di calcolarle direttamente, e comunque l’Inps è molto propensa alle rateizzazioni, anche lunghe, per potersi garantire il recupero di quanto dovuto.
 
Per gli avvisi bonari dell’Agenzia delle Entrate invece, è diverso. Vi faccio un esempio (lo metto qui a lato, cancellando per privacy l’intestatario della cartella che non sono io).
 
Ok. Adesso seguitemi bene. Come vedete NON è una cartella esattoriale, lo diventerà se non si paga nel giro di un anno e mezzo. E siamo già a 3 anni e mezzo. Ogni cartella esattoriale si può rateizzare per 120 rate, e non solo, dopo lo scandalo dei finti funzionari Equitalia, se non è firmata da un vero funzionario è nullo, e quindi si annulla anche il debito.
 
Andiamo sul sito dell’Agenzia delle Entrate: la stessa ha previsto un’applicazione che consente addirittura di stampare non solo il piano di ammortamento ma anche gli f24 per poter pagare, la trovate qui.
 
rateazionetasse
Accedo. Vi si aprirà una schermata che dovrete compilare con i Vostri dati, tenete a portata di mano il Vostro avviso bonario. Dove vi chiedono “tipo di comunicazione” è scritto nell’ultimissima riga in fondo alla pagina, in questo caso trattasi di protocollo telematico. Il codice atto invece è scritto all’inizio della pagina, ricopiate tutti i numeri. L’anno di imposta è scritto nella lettera, nel nostro caso 2012. Anche l’importo da rateizzare è scritto nella lettera: € 4.096,65. La data di elaborazione della comunicazione è scritta in fondo alla lettera, in questo caso il 12/07/2013, la data di ricevimento da inserire è quella in cui avete ritirato la raccomandata e firmato la ricevuta di ritorno.
 
Ora cliccate calcola, vi si apre una pagina come questa, in cui potete scegliere il nr. di rate che sono TRIMESTRALI con interessi minimi e stampare l’f24 relativo ed il piano di ammortamento (vedi qui a lato l’immagine).
 
Ma c’è di più. Una volta bastava non pagare una rata per decadere dal beneficio della rateizzazione e quindi passare tutto ad Equitalia. Ora invece, con le nuove normative fiscali, si possono saltare due rate, e regolarizzarne almeno una prima della scadenza della terza. Non vediamo il fisco come un nemico, perchè abbiamo tutti gli strumenti ormai per farcelo “amico”.
 
Pertanto, di cosa avete paura? Che vi portino via la casa? Non possono più. Ma pensate tre anni e mezzo senza pagare nulla, cosa può significare per lo Stato?
 
Basterebbe un mese, niente iva, niente irpef, niente mini-rata imu, niente di niente, professionisti che non versano più nulla. Cadrebbe immediatamente il sistema centrale, e i nostri politici dovrebbero correre immediatamente ai ripari. Certo, occorre anche la collaborazione dei dipendenti pubblici che non agiranno più per riscuotere alcuna tassa o tributo dai cittadini: gli atti pubblici saranno fatti gratuitamente, gli agenti di polizia non dovranno più fare contravvenzioni, gli ospedali non dovranno richiedere ticket, i controllori dei mezzi pubblici richiedere biglietti, i casellanti i pedaggi ecc. Ma non è fondamentale, se si comincia possiamo farcela anche senza loro, ma che sappiano che è anche nel loro interesse. Perchè la pacchia sta per finire per tutti.
 
Certo, inizierebbero le minacce di chissà che ripercussione, ma ricordatevi, questa è la legge italiana e nessuno vi può toccare, salvo che siate evasori, cioè NON DICHIARANTI, e non è questo il caso.
 
Vi ricordo l’articolo 53 della Costituzione, che io rispetto come la Bibbia: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.”
 
Ditemi, chi ha più capacità contributiva, il cassaintegrato o le banche? Il disoccupato o i concessionari delle slot? E ditemi, chi paga di più, il pensionato o i poteri forti?
 
L’unico FONDAMENTALE aspetto è l’unione. DOBBIAMO FARLO TUTTI. Senza paura, continuo a ripeterlo, siamo in 60 milioni contro poche migliaia di soggetti. Non diventiamo l’elefante che teme il topolino.
 
Facciamo la nostra rivoluzione, pacifica, otterremo enormi risultati. Ricordate cosa fece Gandhi in India? La parte sostanziale è il principio di “Non Collaborazione” di “Disobbedienza Civile” e di “Sciopero Fiscale”. Si, lo so che questi tre fattori sono poco pubblicizzati. Per un semplice motivo: perchè funzionano perfettamente per abbattere qualunque governo.
 
Vi voglio citare le parole dello stesso Gandhi: «Rifiutarsi di pagare le tasse è uno dei metodi più rapidi per sconfiggere un governo.» Ed infatti Gandhi riuscì nel suo intento. Possiamo farlo anche noi, una vera Rivoluzione Pacifica che ci liberi finalmente di tutto il marciume che ci ha portati sul baratro della povertà. E lo racconteremo con orgoglio ai nostri nipoti, ai quali avremo donato un futuro LIBERO.
 

Medioriente – Israele spezza l’identità palestinese. E l’amore

Impossibile vivere una vita normale anche tra coniugi
Permessi anche per visitare il proprio coniuge: famiglie distrutte
 
di Cristian Vardaro, Nena News – Facebook – Twitter
 
Iniziativa di Libero Confronto, “Pensa e Scrivi” di Qui Europa
 
 Vietato vivere sotto lo stesso tetto – Famiglie distrutte
 
Gaza, Cisgiordania, Israele – “Cristian Vardaro” – La legge impedisce ai palestinesi di Gaza,Cisgiordania e Israele di vivere sotto lo stesso tetto con il proprio coniuge. Vicini, ma drammaticamente lontani. Il destino di un intero popolo, frammentato e diviso da carte d’identità e confini imposti da altri, sta anche nella separazione fisica tra enclavi che impedisce di vivere una vita normale e che viene usata per distruggere il senso d’identità nazionale. Come spesso accade l’ostacolo è posto dalla burocrazia e dalle leggi israeliane. È il caso delle famiglie palestinesi divise tra Cisgiordania, territori del ’48 (l’attuale Stato di Israele) e Gaza: a sviscerare la loro situazione sono state le due associazioni israeliani HaMoked e B’Tselem nel rapporto “So Near Yet So Far”, pubblicato pochi giorni fa, dove si analizza la dichiarata politica di isolamento imposta dalle autorità israeliane ai residenti dei Territori Occupati.
 
 Impossibile vivere una vita normale…
 
Le restrizioni poste in entrata e in uscita da Gaza e Cisgiordania impediscono a moltissime coppie palestinesi di condurre una vita normalesotto lo stesso tetto. Permessi difficili da ottenere e ricongiungimenti familiari negati sono gli strumenti per separare famiglie e distruggere legami sociali e affettivi. Nel 2003 Israele ha emendato la Legge di Ingresso nel Paese: i palestinesi di Gaza e Cisgiordania possono chiedere il ricongiungimento familiare in Israele nel caso abbiano superato i 35 anni di età (gli uomini) e i 25 (le donne). Metà delle domande viene però rispedita al mittente: secondo i dati forniti dalla Society of St. Yves, centro cattolico per i diritti umani, dal 2000 al 2013 il Ministero degli Interni israeliano ha rifiutato il 43% delle richieste di ricongiungimento familiare e il 24% delle richieste di registrazione di bambini figli di un palestinese israeliano e di uno residente nei Territori Occupati. “Tra il 2000 e il luglio 2013 – spiegano al centro – il Ministero ha ricevuto 12.284 richieste di ricongiungimento familiare: ne ha rifiutate 4.249, ne restano pendenti 2.406. Se si tiene conto che ogni famiglia è formata in media da 4 persone, ciò significa che quasi 10mila palestinesi vivono nell’incertezza”.
 
 Permessi per visitare il coniuge
 
Impossibile la riunificazione tra palestinesi cittadini israeliani e palestinesi gazawi all’interno dello Stato di Israele: secondo dati ufficiali, sono 425 palestinesi israeliani (per lo più donne) sposati con gazawi. Di questi, circa 340 ottengono permessi per visitare il coniuge, permessi che vengono ottenuti dopo settimane di procedure burocratiche. Ciò si traduce nella distruzione della vita familiare: la maggior parte di loro visita la famiglia per pochi giorni l’anno, non sapendo mai quando potrà vedere i figli o il marito di nuovo. Chi invece decide di trasferirsi a Gaza, si allontana per sempre dal resto della propria famiglia rimasta in Cisgiordania. Nonostante le due enclavi palestinesi siano considerate “territorio unico”, se i palestinesi della Cisgiordania possono entrare a Gaza – con non poche difficoltà – i residenti della Striscia non sono autorizzati ad uscire se non per “casi umanitari”, categorizzazione in cui non rientra il matrimonio. Nessuna alternativa: un palestinese israeliano, un residente di Gerusalemme Est o un cittadino della Cisgiordania che sposa un palestinese di Gaza è costretto a trasferirsi nella Striscia. La legge israeliana impedisce, infatti, ai palestinesi dei Territori di modificare la propria residenza da un’enclave all’altra. Nel caso fortunato in cui il permesso venga accordato, ci vogliono anni di procedure burocratiche per ottenerlo.
 
 Violazione perenne dei diritti umani
 
Stessa situazione per chi ha familiari residenti a Gaza. B’Tselem ha raccolto alcune testimonianze, tra cui quella di Fatmah Abu ‘Issa di Jenin. La figlia Nibal vive a Gaza da 20 anni: “Prego di non morire prima di aver rivisto Nibal, i suoi figli e mio marito sotto lo stesso tetto. Non voglio che Nibal torni solo per il mio funerale. Non voglio che visiti Jenin solo per le mie esequie”. (Guarda il video con la loro storia in fondo all’articolo). Israele viola i diritti umani, impedendo a migliaia di famiglie palestinesi di condurre una vita normale, impedendo loro di scegliere dove vivere. È lo Stato a scegliere per loro, uno Stato occupante che nasconde dietro la necessità di garantire la sicurezza il tentativo palese di rompere i legami sociali e affettivi di un intero popolo. Gli effetti a lungo termine di una simile divisione in enclavi separate e difficilmente raggiungibili sono già visibili: sempre maggiori sono le distanze sociali e culturali tra le varie comunità palestinesi in Israele, Cisgiordania e Gaza.
 
di Cristian Vardaro, Nena News – Facebook – Twitter
 
Iniziativa di Libero Confronto, “Pensa e Scrivi” di Qui Europa

Assemblea popolare: l’unità della Valle di Susa

 http://www.notav.info/post/assemblea-popolare-lunita-della-valle-di-susa/

Schermata 2014-01-25 a 18.32.12Da tempo non ci si riuniva tutti insieme e stasera l’assemblea popolare indetta da sindaci e comitati ha dimostrato quale sia lo spirito della lotta notav nella nostra valle: l’unità del popolo notav.

In questo giorni anche la condanna ai notav al risarcimento a Ltf ha dimostrato come sindaci e movimento  marcino insieme nella resistenza contro questo progetto scellerato e la solidarietà concreta e la partecipazione di stasera lo conferma ulteriormente.

Applausi per i quattro arrestati  con l’accusa di terrorismo, solidarietà ai tre notav condannati al maxiRisarcimento e molti interventi che rilanciano la nostra lotta. I sindaci lanciamo l’associazione dei comuni della valle e  preparano le prossime elezioni comunali per avere sempre più comuni notav. Il movimento lancia la giornata del 22 febbraio in tutta Italia.

Tutti insieme ad affermare e praticare il nostro diritto alla Resistenza, in ogni campo, senza paura come sempre è avvenuto nella nostra Valle.

Gallery fotografica della serata a cura di Luca Perino

Plano: è inutile che cerchino di trasferire in una questione di ordine pubblico

 http://www.notav.info/post/plano-e-inutile-che-cerchino-di-trasferire-in-una-questione-di-ordine-pubblico/

DSC_5034“È inutile che cerchino di trasferire questa protesta in una questione di ordine pubblico. Ci sono miriadi di proteste in Italia e questo è un sintomo di malessere profondo e non credo che questo malessere profondo lo si possa risolvere a manganellate e chi applaude a questi sistemi repressivi credo non si possa definire di sinistra.

Il movimento No Tav non combatte per il proprio portafoglio ma combatte per un’idea di società diversa e noi vediamo che dei politici (e la cosa ci indigna profondamente) e delle persone che chiaramente rubano, pescati con le mani nel sacco, sono lì che pontificano sui nostri comportamenti, sono quelli che chiedono il nostro commissariamento, che chiedono la nostra espulsione dai partiti. Questo deve essere stigmatizzato: signori voi siete i ladri! Noi siamo quelli che combattono per una società migliore.”

– Sandro Plano – Assemblea Popolare del Comitato Istituzionale No Tav, 24 gennaio 2014

No Tav. La Val Susa più determinata che mai

 http://www.tgvallesusa.it/?p=5031

SCRITTO DA: DAVIDE AMERIO – GEN• 25•14

freedom

Bussoleno 24 gennaio 2014: la sala del polivalente è gremitissima. Politici e amministratori si stringono al movimento. E il movimento rilancia.

Sul palco sono presenti sindaci e amministratori dei comuni No Tav della Valle:Villarfocchiardo, Venaus, Avigliana, Chiusa S. Michele, S. Ambrogio, Rivalta, San Didero, Vaie, Bruzolo, Rivalta.

Accanto a loro partecipano rappresentanti delComitato di Lotta Popolare di Bussoleno, di Spinta dal Bass e dei Giovani No Tav; hanno aderito alla serata Ivan della Valle (M5S) e Paolo Ferrero (Rifondazione Comunista). Sono giunti i saluti di Marco Scibona (M5S) e Giorgio Airaudo (SEL) impossibilitati a partecipare a causa di precedenti impegni in altre assemblee.

Sandro Plano ha introdotto il dibattito.

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La serata ha voluto rappresentare un momento di riflessione del movimento No Tav alla luce degli avvenimenti degli ultimi mesi (arresti, tribunali, condanne) e sui continui attacchi che subisce quotidianamente su diversi fronti (Procura, politici, media, Ff.Oo.).

L’applicazione degli articoli 280, 280 bis, 270 e 270 sexies consentono alla Procura di Torino di configurare ogni azione di sabotaggio condotta dai No Tav come terrorismo. In particolare il 270 sexies, nato sull’onda emotiva degli attentati di Al Quaeda a Madrid recita: “Sono considerate con finalità di terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un’organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto”.

È evidente ormai che l’applicazione di questo articolo ai No Tav è strumentale e politico e tende a creare un precedente pericoloso: chiunque contesti le scelte governative è classificabile come sovversivo e terrorista.

Un giudice ha scritto nella sentenza, racconta Alberto Perino, che se non si fa la Torino-Lione si blocca tutto il trasporto ferroviario europeo. Una affermazione senza senso logico né realistico che denota come chi “giudica” le vicende della lotta No Tav sia completamente impreparato sulla materia trattata.

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La lotta No Tav non ha nulla di sovversivo. Sono 24 anni che ci battiamo – incalza Perino – abbiamo percorso tutte le strade legali, superato tutte le barricate di carta che ci hanno opposto e nessuno si è preso il disturbo di discutere con noi della questione Tav. In modo non violento resistiamo e ci opponiamo mettendoci di traverso con le nostre persone. Ci sono 525 persone indagate dalla procura per i motivi più disparati; tra questi ci sono circa 37 minori che saranno interrogati dal tribunale (minorile) perché hanno partecipato a una distribuzione di volantini. Perino ricorda i 9 procedimenti a suo carico tra i quali figura l’accusa di aggressione a 3 (dicasi 3!) carabinieri che avrebbe picchiato e mandato all’ospedale. Vale la pena qui ricordare che Alberto fu animatore del G.V.A.N. (Gruppo Valsusino di Azione Nonviolenta) insieme a don Giuseppe Viglongo e Achille Croce; tutta la sua attività No Tav è stata ispirata ai principi della non violenza.

La lotta No Tav è opposizione non solo al treno ma è il rifiuto di una politica che vuole devastare il territorio (220 mila mq per i cantieri) e sperpera denaro pubblico. RicordaSandro Plano come il buco di qualche decina di metri del cantiere della Maddalena viene celebrato come lo “sviluppo” dei trasporti in Italia, mentre Ltf continua a fare ciò che vuole nella presentazione dei progetti che vengono resi pubblici a pochi giorni dai termini delle scadenze per poter porre in atto le osservazioni sulle conseguenze ambientali.

Nel mezzo di una crisi complessiva del paese questo Stato vuole spendere 104 milioni di euro per spostare l’autoporto di Susa e il centro di Guida Sicura nelle zone di San Didero e Avigliana; Comuni che si oppongono allo spostamento nei loro territori.

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La Regione Piemonte si è adoperata in questi anni per distruggere la Comunità Montana e, ammettePlano, ci sono riusciti. Hanno tentato in tutti i modi di dividere i Comuni per evitare pericolose adesioni alla lotta No Tav. Ma gli amministratori, nella maggioranza, non hanno ceduto. Non vogliamo il treno e non vogliamo compensazioni. C’è chi si accontenta di quattro soldi per fare qualche rotonda, qualche fontana o per rifare qualche ponte. Quello che i sindaci No Tav vogliono è fermare lo spreco di territorio e di denaro pubblico e costruire una comunità fondata su altri principi e valori.

Tutti i sindaci sono concordi su questo punto. Molte cose si possono e si devono fare per realizzare le attese dei cittadini che si sono anche espressi chiaramente con dei referendum: gestione pubblica dell’acqua, risanamento delle scuole, gestione differenziata dei rifiuti. Basta con la confusione tra le grandi opere e i servizi per i cittadini.

Siamo di fronte ad un vero caos nella gestione dei Comuni, stigmatizza Emilio Chioberto, sindaco di Villarfocchiardo. Subiamo pressione di ogni tipo da parte dello Stato: sui bilanci, sui costi della politica e sugli sprechi quando un sindaco prende qualche centinaio di euro al mese e molti lavorano gratuitamente.

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Il Comune di Avigliana, afferma il sindaco Angelo Patrizio, potrebbe far partire lavori per un milione di euro (con conseguente creazione di posti di lavoro), ma siamo bloccati dal patto di stabilità che è una vera “incaprettatura”; basterebbe dire che il patto lo si controlla ogni tre anni anziché uno. In quella legge si ribadisce l’importanza di agire per realizzare piccole opere ma, contemporaneamente, proprio i media ci attaccano perché ci opponiamo agli sprechi delle grandi opere. Stiamo lottando contro un sistema che ci vuole schiacciare; se la gente non trova lavoro sarà facile preda delle false promesse come le compensazioni. Dobbiamo far conoscere a tutti gli italiani cosa sta realmente succedendo qui in valle.

Stiamo lavorando per costruire un’associazione tra i Comuni della valle, annuncia Plano, che raccolga l’eredità del ricco patrimonio di conoscenze per la difesa del territorio. Se fallirà il progetto della “Società dei Comuni” prevista dalle nuove leggi, agiremo con l’associazione che ha già un nome evocativo: Arfai, lo spirito del ghiaccio nella tradizione degli Elfi.

La volontà di non piegarsi agli attacchi ingiuriosi della politica romana è forte e quanto mai viva nel movimento. Ne sono consapevoli tutti in sala e numerosi sono gli applausi che interrompono gli interventi. La manifestazione di questa forza si è chiaramente espressa nei gesti di solidarietà che espressi in pochi giorni per sostenere la raccolta fondi a favore dei condannati dal Tribunale di Torino a pagare un risarcimento di 200mila euro a Ltf (Alberto Perino, Loredana Bellone, Giorgio Vair). In soli tre giorni sono stati raccolti oltre 60mila euro. La raccolta fondi verrà estesa in tutta Italia grazie al sostegno dei movimenti di lotta.Paolo Ferrero ha assicurato che Rifondazione comunista sarà partecipe di questa iniziativa. In questo modo il movimento si prepara a contrastare gli attacchi “finanziari” ai No Tav da parte dello Stato e della Procura che “si illudono di piegare il movimento agendo con multe e copiosi risarcimenti per danni per lo più inesistenti”. Solidarietà ai condannati è stata espressa da tutti gli amministratori presenti a nome delle rispettive comunità.

“Siamo tutti responsabili” ribadisce Plano, ciascuno nel proprio ruolo, amministratori, cittadini e militanti e la solidarietà tra di noi non deve mai a mancare. Principio questo sottolineato anche da Perino: non dobbiamo smettere di stimarci l’un l’altro, soprattutto quando tentano di dividerci. Siamo persone che hanno lottato insieme guardandosi sempre negli occhi.

Le azioni giudiziarie, le accuse di terrorismo sono l’atto estremo di un sistema che ha tentato di convincere, senza avere argomentazioni, i cittadini della Val Susa, afferma Francesco Richetto in rappresentanza dei Comitati di Lotta Popolare. Non esistono giustificazioni logiche alla costruzione del Tav, “è solamente una volontà di speculatori che vogliono occupare e distruggere il nostro territorio. Ci opponiamo con forza anche se paghiamo un costo molto alto: le nostre stesse vite lavorative subiscono dei contraccolpi”.

Mentre in politica si ruba, anche a colpi di mutande, ribadisce Maurizio Piccione (Spinta dal Bass), “qui in valle siamo sotto un attacco giudiziario senza senso e facciamo i conti con gli spiccioli per pagare le multe. La nostra forza è l’unità della valle. Hanno paura di questa compattezza e il banco di prova per tutti noi saranno le prossime elezioni amministrative dove dovremo dimostrare l’unità del territorio”.

Nel dibattito non poteva mancare il riferimento alla politica nazionale. La questione della legge elettorale con l’accordo tra Renzi e Berlusconi è parte integrante di questo sistema che tenta di escludere sempre di più i cittadini dalla possibilità di scegliere i propri amministratori. Questa legge è peggio del Porcellum, conferma senza esitazioni Ivan Della Valle, tutte le osservazioni fatte dalla Corte Costituzionale sono state ignorate. In questi giorni ci siamo opposti (come M5S) in Parlamento, anche fisicamente ma pacificamente, per impedire la votazione del decreto che svende la Banca d’Italia. Continua incessante il gioco di inserire articoli su qualsiasi argomento (per esempio Tav, Expo) in decreti che si riferiscono ad altro; in questo modo distribuiscono soldi a pioggia senza controllo. Le proposte per aprire cantieri utili e con spese decisamente inferiori, per esempio a favore dell’edilizia scolastica, vengono sistematicamente ignorati.

Ancora più grave, sottolinea Paolo Ferrero, è che l’obiettivo della legge elettorale è quello di esautorare le minoranze che attraverso gli sbarramenti verranno cancellate. Rimane il premio di maggioranza e non ci sono le preferenze. Questa legge permetterà a chi prende il 20% dei voti di presentarsi al ballottaggio e guadagnare un premio di maggioranza che gli consentirà di sovrastare tutte le altre forze politiche. È una legge peggiore di quella del listone unico ai tempi del fascismo: con la legge Renzi-Berlusconi, Giacomo Matteotti non avrebbe potuto essere ucciso, il suo partito socialista non sarebbe nemmeno entrato in Parlamento.

L’analisi del sistema elettorale conduce inevitabilmente a sottolineare ancora l’importanza della prossima tornata di elezioni amministrative. E’ fondamentale che si crei una condizione di unità tra movimenti, gruppi politici e cittadini. Le differenze di visione vanno accantonate, ribadisce Ferrero, occorre presentarsi e vincere in tutti i comuni della valle perché sappiamo che la maggioranza dei cittadini è No Tav. Dobbiamo essere consapevoli che i risultati elettorali verranno letti, all’esterno, come un referendum sul Tav. Lo Stato e gli speculatori con i politici loro amici faranno di tutto per intralciare queste elezioni e la presentazione di liste unitarie, sopratutto in quei comuni che risultano strategici come Susa.

In chiusura di serata Plano ribadisce l’importanza delle osservazioni poste durante la partecipata assemblea. Chiosando sul discorso dei finanziamenti ricorda che lo Stato ha messo a disposizione di ottomila comuni 100milioni di euro, meno della spesa prevista per lo spostamento dell’autoporto di Susa e questi finanziamenti sono stati distribuiti con una “gara” via internet: chi cliccava più velocemente, da una determinata ora, otteneva il finanziamento. Così solo 100 comuni lo hanno ottenuto. Un vero paradosso. La lotta No Tav è rivolta anche a modificare queste assurdità.

Plano conclude in modo perentorio:

È inutile che cerchino di trasferire questa protesta in una questione di ordine pubblico. Ci sono miriadi di proteste in Italia e questo è un sintomo di malessere profondo e non credo che questo malessere profondo lo si possa risolvere a manganellate e chi applaude a questi sistemi repressivi credo non si possa definire di sinistra. Il movimento No Tav non combatte per il proprio portafoglio ma combatte per un’idea di società diversa e noi vediamo che dei politici (e la cosa ci indigna profondamente) e delle persone che chiaramente rubano, pescati con le mani nel sacco, sono lì che pontificano sui nostri comportamenti, sono quelli che chiedono il nostro commissariamento, che chiedono la nostra espulsione dai partiti. Questo deve essere stigmatizzato: signori voi siete i ladri! Noi siamo quelli che combattono per una società migliore”.

Applausi fragorosi mentre echeggia in sala un richiamo per tutti: A sarà dura!!!

Appuntamento nelle prossime settimane per preparare la grande manifestazione del 22 febbraio.

Davide Amerio 25.01.14

No Muos. Installazione della terza parabola

http://www.tgvallesusa.it/?p=5052

SCRITTO DA: VALSUSA REPORT – GEN• 26•14

No Muosdi Daniela Giuffrida

Dopo settimane di calma solo apparente, visto che i lavori non si sono mai fermati, due giorni fa all’interno della base NRTF di Niscemi è stata posizionatala la prima delle tre parabole del MUOS, su una delle tre torrette già pronte da mesi.

Questa mattina è stato il turno della seconda. Tutto lascia presagire che anche la terza parabola verrà posizionata nelle prossime ore e dopo il collaudo il “Muos…tro” verrà “acceso; il circuito sarà chiuso e l’intero sistema di controllo e di guerra  sarà pronto per l’utilizzo su tutto il pianeta.

Parliamo del M.U.O.S., il “Mobile User Objective System” il sistema di trasmissioni satellitari che gli Stati Uniti stanno ultimando, in queste ore, all’interno della base NRTF di c.da Ulmo a Niscemi, nel cuore della più antica sughereta d’Europa – sito protetto dalla stessa CE- in violazione delle più banali regole civili e nella totale mancanza di rispetto verso la “sovranità popolare” di un’ intera regione.

Le radiazioni delle tre parabole si aggiungeranno a quelle delle 44 antenne del sistema U.F.O. , site all’interno della stessa base americana che da 22 anni massacrano la salute della popolazione di Niscemi e dei centri limitrofi, il tutto all’ombra delle ciminiere e degli impianti del petrolchimico di Gela. Un territorio “minato” già in partenza su cui due delle tre parabole del Muos già da oggi stanno facendo bella mostra di sé. Visivamente poco impattanti per via dei colori utilizzati nel “rispetto” (per usare un eufemismo) dell’ambiente circostante: sfumature dell’ argilla rivestono le torrette e un azzurro cielo è stato usato per gli elementi basculanti e le parabole.

Il M.U.O.S., lo ricordiamo, è anche un arma da guerra, serve al controllo di tutta l’area che si spinge dal Mediterraneo fino all’Oceano Indiano e da Niscemi gli Stati Uniti potranno controllare i movimenti di tutte le forze armate di quei paesi che occupano quella fascia. Una volta operativo  il M.U.O.S. di Niscemi, attraverso tutte e quattro le installazioni (Virginia, Hawaii e Australia), consentirà il controllo statunitense su tutto il pianeta. Le lotte, le manifestazioni e tutto ciò che in questi due anni ha caratterizzato la “guerra” al MUOS di Niscemi non sono però finite e mentre oggi pomeriggio due attivisti del Coordinamento Regionale si sono incatenati , in segno di protesta, al cancello d’ingresso della base, si attendono per il 27 Marzo p.v. le sentenze del Tar Sicilia riguardo ai due ricorsi presentati dai Comitati No Muos.

Di seguito il Comunicato ufficiale lanciato questa mattina dal Movimento No Muos Sicilia:

L’innalzamento della prima parabola della stazione MUOS di Niscemi avviene nel più assoluto silenzio e disinteresse da parte delle istituzioni locali e di quegli amministratori che hanno speso sulla vicenda solo  parole e mai compiuto atti incisivi, . Nonostante in più occasioni sia stato denunciato il palese e colpevole travisamento del contenuto e delle conclusioni della relazione dell’Istituto Superiore di Sanità, nonostante eminenti studiosi – tra cui lo stesso verificatore del TAR Sicilia – abbiano contestato sia il metodo scientifico usato, che la validità del monitoraggio eseguito da ISPRA, nonostante ancora il monitoraggio di ARPA Sicilia legittimi più di un sospetto di irregolarità commesse dai tecnici dell’ISPRA stessa, ebbene il Presidente della Regione, ignorato il parere dei tecnici nominati dalla sua stessa Giunta, ha dato il via libera ai lavori, tradendo la sua promessa elettorale con una vergognosa marcia indietro e sfuggendo al confronto con gli attivisti e la gente di Niscemi. Crocetta ci ha lasciato soli, gli amministratori locali ci hanno lasciato soli. Dov’è il Coordinamento dei Sindaci, che a più riprese ha promesso impegno e sostegno alle nostre iniziative, a cominciare da quelle legali, e che sono stati invitati a mezzo fax in più occasioni? Dopo un primo incontro ad Acate, ha avuto nuovamente la meglio il vecchio vizio del disimpegno. Che fine ha fatto il Consiglio Comunale di Mirabella Imbaccari, la cui presidente, vantando un lungo passato di lotta contro il MUOS (!), aveva promesso un nuovo incontro per la metà di ottobre 2013? I Sindaci avevano promesso di mettere in contatto i propri uffici legali con i nostri avvocati ma, ad oggi, nulla è successo. In questo quadro avvilente, chiediamo all’Amministrazione niscemese un sussulto di dignità e coraggio: smetta di accodarsi e si faccia, finalmente, promotrice di nuove e più incisive azioni di contrasto alla messa in funzione del sistema militare. Il sindaco organizzi subito un dibattito pubblico, nel quale la Giunta Regionale chiarisca “pubblicamente”, ai siciliani tutti, i motivi tecnici e politici delle proprie decisioni in merito al MUOS. 

€URO ORDO-LIBERISMO E LA MODIFICA DELLE COSTITUZIONI DEMOCRATICHE

ce la faranno gli amici 5S a prendere spunto da queste parole per concretizzare ancora più efficacemente la strategia anti euro?
Sarebbe decisamente importante che questo passo fosse compiuto dalla Magistratura, dato che anch’essa è preposta al rispetto delle istituzioni definite sovrane dalla costituzione ma a quanto pare obbedisce ad altri ordini…..

Intervista a L. Barra Caracciolo, autore di Euro e (o)
 
democrazia costituzionale
 
Seconda parte (sotto). Come liberarsi tecnicamente dal vincolo €uro
Luciano Barra Caracciolo, è Presidente di sezione del Consiglio di Stato, Rappresentante italiano presso la rete UE degli organi di autogoverno del potere giudiziario. Curatore del blog Orizzonte 48 ed Autore di Euro e (o?) democrazia costituzionale. La convivenza impossibile tra costituzione e trattati europei.
 
 
– Gli Stati sono oggi circa 200 e le Organizzazioni internazionali più del doppio. L’azione di quest’ultime è per lo più esente da alcuna forma di controllo e responsabilità attraverso i consueti meccanismi democratici nazionali. Nel suo libro, inoltre, spiega molto bene la differenza che non viene colta dall’opinione pubblica tra quelle organizzazioni nate per lo sviluppo della pace e della cooperazione internazionale con quelle che, al contrario, hanno fini prettamente economici e che stanno portando ad una riformulazione del vecchio sistema di Westfalia.  Come evolverà il rapporto tra Stati ed organizzazioni internazionali e quali sono i meccanismi di difesa rimasti ad i primi?
In un mondo che sostanzialmente vede la diffusione del modello capitalista (liberoscambista) a livello praticamente planetario, i rapporti di forza della comunità internazionale, che una volta erano legati alle cannoniere, sono oggi sul piano esclusivamente economico e legati sempre più alla capacità di penetrazione dei grandi gruppi finanziari internazionali. Non si tratta più di indagare la prevalenza degli stati in sé, ma il modo in cui gli stati collimino, nelle loro scelte, con la classe dirigente mondiale, la famosa oligarchia mondiale e non più con l’interesse nazionale in senso democratico. E su questo il professore coreano di Cambridge Chang nel suo libro “Bad samarhitans” credo offra il punto di vista più lucido.
 
Molte organizzazioni internazionali sono di fatto oggi dominate dai gruppi economici che utilizzano gli stati per la loro legittimazione formale. In sede UE, WTO, Banca mondiale, FMI, gli stati non vanno a rappresentare gli interessi delle componenti sociali che danno luogo all’investitura elettorale, ma sono presenti in quelle sedi con elites definite tecniche, che in realtà sono emanazione diretta di quei gruppi economico-finanziari che sempre più controllano le istituzioni. Lo stato che entra nell’alveo di tale tipo di organizzazione internazionale riflette quindi una scelta quasi irreversibile compiuta da chi ha acquisito una rappresentatività di diritto internazionale fuori dal controllo democratico. Lo stesso Stato nazionale fa sfumare la sua soggettività nell’ambigua, e spesso nascosta,  investitura della multinazionale, del grande gruppo finanziario.
 
E’ un meccanismo davvero infernale questo delle organizzazioni internazionali. Pensiamo ad esempio all’Unctad, dove vi è un economista italiano straordinario come Panizza che fa analisi meravigliose. Il problema è che un’organizzazione cooperativa per la pace è fuori da quel meccanismo di imposizione di soft law moralistico, al cui interno rientra invece l’Ocse, che riesce a plasmare, al contrario, l’azione degli stati.
 
In altre parole, l’internazionalismo buono, quello nato alla fine della seconda guerra mondiale per tutelare la pace e la cooperazione internazionale, è relegato ad un fenomeno culturale recessivo rispetto al resto che stradomina. Si tratta di una situazione resa ancora più grave dal fatto che non esiste oggi alcun tipo di reazione culturale democratica da parte degli Stati ed i media non consentono all’opinione pubblica di fare questa distinzione.
L’unica possibilità è ripartire a ritroso per riscoprire lo spirito e lo zoccolo duro delle Costituzioni. Non bisogna dimenticare, del resto, che l’art. 11 della nostra Costituzione sancisce che la pace e la cooperazione tra i popoli dovrebbero essere il vincolo da rispettare per la partecipazione dell’Italia alle varie organizzazioni internazionali. Agli stati oggi resta una sola speranza: che sia ancora abbastanza vitale la cultura di difendere le costituzioni democratiche.
 
– Nel suo libro cita uno studio di Bardo e Jones sui tre trilemmi – vale a dire, date tre ipotesi di partenza, l’impossibilità di vederle realizzate tutte conemporaneamente – prodotti dalla partecipazione all’euro. Il più inquietante è tra regime di cambi fissi, libera circolazione dei capitali finanziari e democrazia. E’ davvero così?
 
E’ certamente così. Gli effetti sono gli stessi dell’applicazione del Washington Consensus da parte del FMI, ma con una variante: la struttura del Fondo Monetario Internazionale vedeva i principali paesi dell’Europa come una parte importante della sua governance, dato che il loro peso economico influiva in maniera significativa sul sistema di votazione dell’organizzazione. Allora come si poteva imporre ai paesi progrediti uno standard così drasticamente riduttivo di benessere e democrazia? Si doveva trovare un’etichetta forte che consentisse di ristabilire ancora più che un Gold standard di fatto, la vera e propria denazionalizzazione della moneta: la moneta adespota che non fa capo a nessuna sovranità nazionale e che quindi tutela i “mercati”. Se si ricerca la genesi della moneta unica, nonostante tante contestazioni, si risale al Rapporto Werner del 1971, che prefigurava la creazione della moneta come preludio alla successiva e meramente “auspicabile”,  creazione eventuale di un governo federale dei trasferimenti sotto la necessità imposta dai mercati, non dalla esigenza logico-economica di assicurare equilibrio commerciale e sociale nell’area.
Questa grande trovata non ha nulla a che fare con l’internazionalismo della pace e della cooperazione: la programmazione nel 1971 esclude di fatto che la sua creazione possa risalire ad i fatti post 1989 e 1991, vale a dire la dissoluzione dell’Unione Sovietica e l’unificazione della Germania.
– Quali sono state le principali fasi che hanno permesso il consolidarsi di questa strategia?
Fin dai primi anni ’70, sotto la suggestione del pensiero di von Hayek, si consolida il programma del cosiddetto ordo-liberismo, un fenomeno su cui tedeschi e americani hanno ben focalizzato con studi molto interessanti, mentre in Italia non si sa nulla. In Europa, attraverso un’etichetta sovranazionale legittimata strategicamente con l’internazionalismo della pace, il liberismo ordinamentale  programma di impadronirsi delle istituzioni democratiche consolidatesi attraverso le Costituzioni sociali.
Attraverso questa etichetta che brandisce l’internazionalismo della pace e punisce con un moralismo colpevalizzatore, l’ordo-liberismo è riuscito a creare le premesse per l’instaurazione di un capitalismo ante ’29 ed invertire progressivamente la direzione delle azioni delle istituzioni democratiche: dal programma costituzionale della redistribuzione, dei patti sociali e del welfare si è arrivati a quel capitalismo del lavoro come merce di cui parla Popper. Sta tutta qui la sottigliezza della strategia insita nella costruzione dell’Unione europea, che culmina nella moneta unica.
 
Come liberarsi tecnicamente dal vincolo €uro
 
– Nel suo libro arriva ad affermare come la convivenza tra i Trattati europei e la Costituzione italiana sia impossibile. Come e chi potrebbe sanare questa frattura?
Basterebbe riproporre il significato vero della Costituzione come originariamente concepita. Non a caso io nel mio libro riporto brani tratti dalle sedute della “Costituente”, i relativi dibattiti, cioè la fonte diretta e l’interpretazione autentica di quelle che erano le intenzioni dei Costituenti. Il problema, se ragioniamo sul dover essere, cioè sulla restaurazione di un minimo di legalità costituzionale, è un altro: ma i partiti lo vogliono fare? Si pongono questi problemi?
Se inizieranno a farlo, il corretto intendimento della Costituzione è di per sé uno strumento potentissimo. Nel libro propongo due cose: in primo luogo dimostro come la Corte costituzionale attraverso la lezione della Costituente potrebbe dichiarare costituzionalmente illegittimo il vincolo dei trattati, cioè la stessa ratifica. In secondo luogo, propongo una road map che non ha nulla di eversivo, ma è una ricalibratura dei pubblici poteri, cioè delle istituzioni democratiche sulle prescrizioni della Costituzione. Sia la liberazione dal vincolo esterno che la ricorrezione dei suoi effetti sulle istituzioni democratiche passa per lo strumento della legalità suprema, la Costituzione, e nulla è più illegale di quello che genera uno stato di sospensione sine die di questa, vale a dire i trattati europei. Basterebbe ripristinare la legalità costituzionale ed automaticamente avremo la via d’uscita progressiva da questo stato di cose.
– Si discute molto sulla questione giuridica del recesso dall’Unione Monetaria. Come potrebbe farlo tecnicamente l’Italia?
In una prima fase avevo ipotizzato che si potesse ritornare ad un’idea sobria dei trattati, qualificandoli come fonti pattizie e quindi applicando la Convenzione di Vienna. Questa, nei suoi principi generali, è considerata una raccolta ricognitiva di diritto consuetudinario ed in alcune sue parti espressione di ius cogens – vale a dire superiore per rango a qualunque altra norma pattizia o generale – e tra quest’ultimi principi internazionali inderogabili (da un qualsiasi trattato) rientra sicuramente il principio dell’impossibilità del vincolo predatorio negoziale,  vale a dire del vincolo irreversibile e senza limiti di tempo alla partecipazione ad un trattato, a prescindere dal manifestarsi di suoi effetti manifestamente contrari alla convenienza di una parte e favorevoli soltanto all’altra (rebus sic stantibus). Su questo sfondo avevo inizialmente ipotizzato una prima via d’uscita possibile.
 
Ma, sempre con una visione attenta allo jus gentium, si può tranquillamente interpretare le stesse clausole dei trattati: in particolare mi concentro sugli articoli 139 e 140 del TFUE, formulando la teoria del contrarius actus. Dato che la procedura di ammissione all’euro configura l’ammissione medesima come atto ampliativo,  la disciplina  contenuta in tali norme richiede la  manifestazione di consenso dello Stato considerato in ogni fase procedurale. Questo consenso, quindi, è un elemento costitutivo indispensabile dell’ammissione e  potrà essere ritirato in qualsiasi momento in applicazione del principio della insopprimibile libertà del consenso nel diritto internazionale. Per comprendere meglio, basta fare l’esempio degli atti ampliativi del diritto pubblico interno come una licenza a vendere alcolici, che non prefigura un obbligo alla vendita e può essere sempre restituita.
Questo è un principio generale pacifico, risalente al diritto internazionale generale,  nonché ai principi di buona fede e correttezza nell’esecuzione dei trattati, interpretati secondo i principi giuridici generali delle nazioni civili. Non esiste quindi un vincolo irreversibile e non è configurato come tale dalle norme se lette in buona fede, intesa come vincolo normativo di jus cogens. E, di conseguenza, la strategia che suggerisco è quella di un recesso secco, senza alcun tipo di giustificazione. Le norme che implicano un beneficio, nello stesso modo prevedono la possibilità di restituzione del “titolo” di quel beneficio.
– Questo recesso influenzerebbe in qualche modo la partecipazione dell’Italia all’Unione Europea?
Basandosi sugli art. 139 e 140,  è perfettamente logico e naturale che lo stato che decida di rinunciare al beneficio della partecipazione nell’euro rimanga nella stessa condizione degli altri paesi “con deroga”, come ad esempio il Regno Unito o la Svezia. Permangono cioè all’interno dell’Unione europea per tutte le norme specifiche che non riguardano la partecipazione ed adesione all’unione monetaria. Lo Stato “uscente”  recupererebbe una condizione prevista dai Trattati, già tipizzata dai Trattati e che soprattutto non è transitoria: questo perchè non c’è un obbligo correlato ad un termine legale per l’adesione all’Unione monetaria, né l’Unione europea vede come suo elemento costitutivo della sua soggettività politica la partecipazione generalizzata all’unione monetaria. E questo è dimostrato dalla lettura degli art. 3 par. 3 del Tue in cui si descrive lo schema programmatico socio-economico dell’Ue, insieme al par.4,  da cui emerge con chiarezza che l’Ue è un soggetto già nella sua pienezza nel momento in cui programma di istituire l’unione monetaria. Dalla loro corretta interpretazione si comprende come il programma economico-monetario non sia costitutivo della sua soggettività di diritto internazionale.
– Che cosa accadrebbe però a tutti quei trattati intergovernativi come il Mes ed il Fiscal Compact? Resterebbero comunque in vigore?
Per tutti quei trattati si tratta di un problema di diritto positivo abbastanza agevole da risolvere: l’operatività di queste fonti europee (alquanto atipiche e controverse) riguarda solo gli Stati in atto partecipanti all’Unione monetaria.
Dunque, l’adesione a questi vari trattati resterebbe, ma produrrebbe effetti realmente vincolanti solo in quanto persistesse lo status di aderente all’Unione Monetaria. Se non c’è più questo status, il paese resta parte di questo trattato, ma esso non rileverà in termini di obblighi “perfetti” e di sanzioni attualmente applicabili. Un paese “con deroga” non è obbligato in modo effettivo. Ci sono, del resto, delle clausole specifiche a dimostrarlo: l’art.14 del Fiscal Compact, ad esempio, prescrive come l’insieme delle norme essenziali si applicano ai paesi membri “con deroga”  dal momento in cui iniziano effettivamente a far parte dell’Unione Monetaria.
Sul piano politico, però, queste alchimie finanziarie costruite per salvare l’euro si dissolverebberonel momento in cui un paese importante come l’Italia dovesse decidere di uscire dall’euro, innescandone la dissoluzione.
– Ragionando sull’ipotesi di Eurexit dell’Italia. Quali sono le priorità che il paese dovrebbe tenere in considerazione?
 
Secondo me vanno distinte quelle che sono misure emergenziali che servono nell’immediato e quelle misure strutturali di lungo periodo.
Le prime sono state ben illustrate da un concorso di studi sulle conseguenze dell’Eurexit citato anche da Alberto Bagnai nel Tramonto dell’euro. Riguardano in particolare la segretezza della decisione dell’uscita – che non deve essere anticipata ai mercati, soprattutto in un contesto di Banca centrale indipendente pura, recepita dal diritto interno in applicazione del trattato,  che ha il divieto assoluto di intervenire a sostegno dello Stato –  poi la chiusura delle banche per un certo periodo di tempo, e altre misure di “primo impatto”.
Quindi si arriva alla sostanza del problema: la sostenibilità del sistema nel lungo periodo. E qui non si può che ritornare al modello costituzionale, riaffermando come la sua compressione “lo vuole l’Europa” deve cessare con la fine dell’euro. Facciamo solo un esempio: l’uscita ci lascia assoggettati all’art. 126 del TFUE sull’indebitamento eccessivo, ma, per il paese fuoriuscito, avente lo status “con deroga”, non è prevista la fase sanzionatoria. Il Regno Unito convive allegramente con super deficit da quando è fallita la crisi dal fallimento Lehman Brothers dal 2008.
E poi ci sono le misure strutturali, ma quelle dipendono dal tipo di società che si vuole plasmare.
Fare deficit per politiche di “Banking Welfare” (come in UK e Irlanda) è un conto. Altra cosa è fare deficit per rilanciare un settore industriale e, come suo complemento logico, bancario pubblico, che consentano di affrontare una politica industriale indispensabile, colmando il gap di know how e di tecnologia perso a seguito dell’output gap, e della deindustralizzazione, derivati dai vincoli fiscali e monetari europei e dal mercantilismo asimmetrico della Germania.
Tutto questo lo indico nella road map del libro ed osservo che sempre più persone condividano quest’approccio. Il problema è un altro: l’Italia ha le risorse culturali diffuse, cioè dal senso comune del cittadino fino alla classe dirigente attuale, per uscire dalla crisi? La risposta temo sia, al momento, no. E questo a causa di una classe politica che, nella sua ostentata ignoranza, pare compattamente convinta che l’Italia, senza il vincolo esterno, sarebbe cresciuta di meno. E ciò con i media schierati tutt’ora a ribadire  la favola che il paese viveva una situazione di inflazione e disoccupazione drammatica prima di entrare nell’euro. Il tutto contraddetto platealmente dai dati, soprattutto se risaliamo alla fase anteriore al divorzio tra la Bankitalia e Tesoro ed all’ingresso nello Sme, che sono stati la prova generale del sistema.
– E’ fiducioso che dalle elezioni europee del prossimo maggio possa arrivare un cambiamento?
Sicuramente ci sarà un cambiamento della composizione del Parlamento con l’entrata di alcune forze di paesi in sofferenza a causa delle politiche europee e che chiederanno un cambiamento rispetto a questo vincolo e queste politiche. Che riescano poi a dare una piega pratica a questa loro presenza ne dubito, perché il Parlamento non fa molto. E’ un co-decidente subordinato a chi ha la forza decisionale ed ogni potere d’iniziativa. Può dire si e no a qualcosa ormai essenzialmente deciso da qualcun’altro. Se queste forze arrivassero alla maggioranza assoluta potrebbero imprimere una certa composizione alla Commissione, questo si. Ma anche qui il problema è lo stesso che ha l’Italia allargato a tutto il continente: esiste una classe dirigente  di europei cosciente di questi problemi, abbastanza numerosa da trasformare queste soluzioni di buon senso in consenso?
La desertificazione dei diritti, l’inversione del conflitto sociale, hanno portato  ad una corrispondente desertificazione culturale e democratica. Non voglio passare per catastrofista, ma quanto tempo occorre per ridisegnare una corretta percezione delle dinamiche socio-economiche e per un ribilanciamento verso la democrazia, che è poi prosperità di tutti?
 
Non è paradossale, ma forse la migliore speranza potrebbe arrivare dall’America, dove non sono solo Krugman e Stiglitz a denunciare queste dinamiche, ma la società inizia ad avere un rigurgito che va oltre la militanza di strada di Occupy Wall Street e pare poter divenire un attore politico elettorale. Il problema è se a questa vivace proposizione del dibattito politico-culturale corrisponderà una riorganizzazione della società frutto di questa rivendicazione. Gli Stati Uniti, ispirandosi ai loro stessi Padri Costituenti, dovrebbero ora tornare ad Alexander Hamilton, colui che dopo l’indipendenza aveva compreso che l’imposizione del libero-scambismo da parte dell’impero inglese avrebbe riportato il giovane Stato nella medesima condizione di sottomissione a quelle stesse oligarchie bancarie, legate all’impero britannico, che avevano combattuto. E per questo si fece promotore per lo sviluppo di un “infant capitalism” che prevedeva un livello di intervento statale che allora veniva variamente definito protezionismo. E che invece, adeguandosi ai tempi dello sviluppo economico attuale, esprime un principio di autoconservazione sociale delle comunità statali democratiche, che promuovono il benessere generale.
Se l’America desse un segnale del genere ci sarebbe un riequilibrio molto più rapido in Europa.
 

TONI NEGRI PERDE IL PELO, NON IL VIZIO di L.U.P.O.

negri-tsipras
  
25 gennaio. E’ stato proprio il PRC, in vista delle elezioni europee, a proporre una lista transnazionale unitaria della sinistra con il greco Alexis Tsipras (leader di Syriza) come candidato presidente. Sarebbe una lista degli europeisti di sinistraquelli a cui non vanno giù le politiche austeritarie e liberiste imposte dalle oligarchie europee, ma che rifiutano di andare alla radice, la moneta unica, e che quindi rifiutano ogni discorso sulla necessità rompere l’Unione e tornare alla sovranità nazionale.
A fine dicembre segnalavamo che pezzi da novanta della “borghesia progressista” come Barbara Spinelli e Flores D’Arcais sono saltati sul carro Syriza. Ora è la volta di Toni Negri.
 
«Toni Negri, con l’articolo scritto con Sandro Mezzadra Rompere l’incanto neoliberale: Europa, terreno di lotta,  ha deciso di sostenere un’eventuale lista Tsipras anche italiana. Negri giudica irreversibile il processo di integrazione europea e concepibili solo su tale terreno le lotte per rompere l’incanto liberista e fondare una nuova ipotesi (una volta diceva potere) costituente.
 
Il suo schema rimane sempre lo stesso: dove il comando capitalista ed i suoi nuovi processi di accumulazione si ritengono più avanzati lì devono necessariamente darsi le fasi più avanzate dello scontro di classe e la formazione del soggetto più avanzato del conflitto.
Lo sosteneva anche dopo le ristrutturazioni che portarono allo smantellamento della concentrazione fordista ed al modello della fabbrica diffusa (operaio sociale); lo diceva rispetto ai processi di globalizzazione (moltitudini biopolitiche); lo diceva nel passaggio tra prima e seconda repubblica, immaginando chissà quali spazi costituenti si potessero aprire al protagonismo dei movimenti (disobbedienti od obbedientemente allineati col centrosinistra); e lo ripete oggi riguardo all’Unione Europea —almeno nell’art. si parla di nuova composizione sociale dei lavoratori e dei poveri, rimanendo nella definizione di classe più sul concreto.
 
In tutti i casi precedenti hanno vinto lo scontro di classe i capitalisti e tutto lascia credere che anche questa volta, se lo spazio sarà quello europeo che si pontifica, saranno i poteri eurocratici ad affermarsi definitivamente e non il portato costituente dei movimenti di lotta per diritti, reddito e welfareE questo non tanto perché diffidiamo delle previsioni di Negri ma perché abbiamo sempre ritenuto che non nelle sue forme più avanzate ma in quelle più arretrate si danno le contraddizioni più acute, quelle che possono aprire processi rivoluzionari. O meglio le une e le altre sono modelli diversi di un organico sistema di accumulazione, che però assicura sfruttamento con un minimo di redistribuzione nei modelli avanzati e supersfruttamento nei modelli arretrati.
 
Ora la cristi strutturale ha colpito anche i modelli di accumulazione occidentali che stanno perdendo terreno rispetto agli emergenti fino a ieri arretrati ma le contraddizioni più grandi si danno , limitandoci allo spazio europeo, all’interno degli stati nazionali esautorati di molte prerogative e ridotti alla mezzogiornificazione; destinati a diventare aree di sottosviluppo del sistema integrato dell’euro, se riusciranno a mantenerlo così com’é.
 
Per rompere l’incanto neoliberale e per attaccare gli attuali anelli deboli che possano far saltare la catena dell’euro non è quindi reazionario porre insieme alla difesa dei diritti sociali, dei diritti del lavoro, anche la difesa della sovranità nazionale, purché la si declini come sovranità popolare e come base di una nuova solidarietà tra quei popoli e paesi più duramente colpiti dalle politiche di austerity, che impongono processi di spoliazione e concentrazioni di capitali a scapito del Sud Europa ed a vantaggio di Germania e paesi nordeuropei.
 
Per pensare ad una lotta che investa uniformemente lo spazio dell’Unione bisognerebbe immaginare che i conflitti esplodano con la medesima intensità e per le stesse cause in Germania come in Grecia e diano corso a simultanei ed auspicabili processi rivoluzionari. Ci sembra uno schema di scarsa attendibilità storica.
 
Piuttosto che arrampicarsi su presunte aperture socialdemocratiche della Merkel, o auspicare una prossima maggioranza socialista europea, magari con una costola di sinistra che sarebbe questa famosa lista pro Tsipras-Siryza, ripulita degli elementi antieuro (ci ricorda qualcosa di già visto in Italia con i governi Prodi ed il suicidio della sua sinistra) occorrerebbe, questo si, una lista sovrastatale, ma di forze che si pongano come fronte sovranista, antiliberista e pure comunista, intento a perseguire una nuovo campo di alleanze e di scambi privilegiati, non a partire dalla moneta ma da politiche sociali ed istituzionali ispirate a reale democrazia, uguaglianza solidale e sovranità popolare.
 
Dal momento che questo non si darà per le prossime elezioni teniamoci almeno quelle posizioni antieuro democratiche-sovraniste-solidali che possono darsi sul terreno nazionale e possano contendere qualcosa a formazioni come quella di Le Pen le quali, se pure le sinistre radicali continueranno a scambiare la globalizzazione per l’Internazionale, rischiano di rimanere le sole a convogliare la crescente rabbia popolare verso l’Eurocrazia e le sue istituzioni.
 
Che nell’articolo di Negri e Mezzadra si finisca per attribuire al salario minimo introdotto in Germania un fattore di relativa stabilità capitalistica se esteso al resto dell’Unione dovrebbe far riflettere gli estensori sulle contraddizioni in cui si incappa quando si assume il “dentro e contro” anziché il “fuori e contro”; su quali risorse pensano che si potrebbe dedurre, se non proprio sul prelievo diretto di natura finanziaria e sulla messa a valore dei beni comuni?
 
Certamente il ripiego delle lotte sul terreno nazionale non ci garantirebbe da derive nazionaliste reazionarie ed ancor più liberiste ma è comunque il terreno concreto su cui si daranno le lotte dei popoli più colpiti dalla crisi, dei loro settori sociali ridotti alla povertà, anche quando useranno simboli e modalità che non ci piacciono. Non tutti saranno assorbiti dalla mobilità del vagheggiato nuovo proletariato europeo; i più dovranno starsene a casa, rinchiusi nei loro espropriati confini.
 
L’interesse delle elezioni europee per noi sarà tale solo se andranno forze con l’intento dichiarato di far saltare l’Unione “irreversibile”; che sabotino da dentro il processo di integrazione e diano risalto e sostegno alle lotte nazionali. Se dovessero assumere tale profilo, strumentalmente, solo forze come il Front National, meglio il boicottaggio che dar credito all’ennesima lista di imbonitori di sinistra, utili solo a dar legittimità all’Europa delle banche, magari dell’unione bancaria ma certamente non dell’unione dei popoli di cui non si vede traccia da oltre un ventennio, se non nei loro sproloqui».