I pilastri della terza rivoluzione industriale di Jeremy Rifkin

http://www.beppegrillo.it/2013/12/passaparola_-_i_pilastri_della_terza_rivoluzione_industriale_-jeremy_rifkin.html?s=n2013-12-02

Guarda il Video

Jeremy Rifkin

La terza rivoluzione industriale significa potere alle persone, in senso letterale e figurato: potere alle persone. Pensate alla potenza della rivoluzione di Internet: abbiamo reso la comunicazione democratica: ci sono ora due miliardi e mezzo di esseri umani che comunicano tra di loro peer to peer, con potere distribuito, collaborativo, laterale. Abbiamo un potere laterale infinitamente maggiore di quello della rete televisiva e di quella radiofonica del ventesimo secolo e con un costo marginale prossimo allo zero. Tanto impressionante quanto la democratizzazione della comunicazione, che ha ispirato le nuove generazioni di tutto il mondo a cominciare a reclamare un futuro diverso. Ma questa è solo metà della storia: adesso, nei prossimi venti anni, con la comunicazione via Internet che confluisce nell’Internet Energetica, ognuno di noi sarà in grado di produrre la propria elettricità, e parliamo di miliardi di esseri umani con il potere di creare la propria elettricità verde e condividerla su Internet con persone di altre regioni e di altri continenti.

Jeremy Rifkin

Il Passaparola di Jeremy Rifkin, saggista, economista e attivista

Saluti a tutti i miei amici in Italia presenti a questo importante evento, ‘Oltre’.
Ebbene sì, è il momento di guardare oltre, ad un domani migliore, e io sono felice di essere con voi oggi, qui in Italia.
Siamo di fronte ad una grave crisi economica, non solo in Italia, ma ovunque nel mondo; la seconda rivoluzione industriale, quella del ventesimo secolo, è in fin di vita. L’energia da combustibili fossili, su cui era basata l’identità della seconda rivoluzione industriale, diventa sempre più costosa, invecchia, e il suo prezzo sul mercato mondiale è diventato estremamente volatile. Inoltre, le tecnologie che utilizziamo per spostare questo tipo di energia, come il motore a combustione interna, l’elettrificazione centralizzata, ecc., sono tecnologie che hanno esaurito il proprio potenziale produttivo. Si tratta di tecnologie del ventesimo secolo ormai fuori moda, non più valide e troppo costose per la società odierna. Dobbiamo renderci conto però che questa nostra società è composta e funziona con i combustibili fossili: coltiviamo il nostro cibo con fertilizzanti e pesticidi petrolchimici, il materiale da costruzione è composto di combustibili fossili così come la gran parte dei prodotti farmaceutici, le nostre fibre sintetiche, la nostra energia, i trasporti, il riscaldamento e l’illuminazione. Abbiamo costruito una civiltà di breve durata e molto pericolosa, basata sull’estrazione dal sottosuolo degli strati del carbonifero. Adesso questa seconda rivoluzione industriale basata sui combustibili fossili è vicina alla fine. Viviamo cicli di cinque o sei anni in cui si alternano crescita e rallentamento, ma in questo momento stiamo precipitando in una crisi economica globale: nel mondo intero le economie sono stagnanti, i tassi di disoccupazione crescono mentre diminuisce la produttività e le ultime generazioni ci chiedono: “Che ne è del mio futuro? Dov’è il lavoro? Come posso costruirmi una famiglia? Come faccio a crearmi uno stile di vita soddisfacente in un’epoca che sta morendo?
Dopo due secoli trascorsi a vomitare quantità massicce di anidride carbonica nell’atmosfera per alimentare la prima e la seconda rivoluzione industriale, stiamo assistendo ad un riscaldamento del clima del pianeta: quanto è negativo il cambiamento climatico? Ormai siamo arrivati al punto di interrogarci sulla futura sopravvivenza della razza umana e delle specie nostre simili sulla terra. Quello che è veramente spaventoso del cambiamento climatico è che modifica il ciclo dell’acqua sulla terra: il nostro pianeta vive di acqua, essa costituisce la fonte della vita; per ogni singolo grado di aumento della temperatura sul pianeta per via del cambiamento climatico, l’atmosfera assorbe il 7% in più di precipitazioni dal suolo: il calore assorbe queste precipitazioni e ciò significa una maggiore concentrazione di acqua nell’atmosfera, cosa che sta sconvolgendo l’intero ciclo dell’acqua sulla terra. Assistiamo ad eventi legati all’acqua di natura più violenta che in passato: nevicate troppo abbondanti in inverno, alluvioni drammatiche in primavera, siccità estive più prolungate, cicloni disastrosi, di categoria 3, 4 e anche 5, tsunami e tifoni, innalzamento del livello del mare più consistente e lo scioglimento dei grandi ghiacciai sulle catene montuose.
Il nostro ecosistema non può sostenere il cambiamento del ciclo dell’acqua e ci sono segnali di stress e di decadimento ovunque nel mondo, e quello che voglio che voi, presenti qui oggi, sappiate, è che i nostri modelli scientifici dicono che siamo entrati nel sesto evento di estinzione della vita sulla terra; abbiamo avuto cinque eventi di estinzione della vita negli ultimi quattrocentocinquanta milioni di anni sul pianeta, ed ogni volta che si assiste ad un’estinzione di massa, in cui la vita viene completamente cancellata, c’è voluta una media di circa dieci milioni di anni per recuperare il livello di biodiversità andato perduto. Ora siamo nel sesto evento di estinzione e i nostri scienziati ci dicono che potremmo assistere a picchi di estinzione pari al 70% di tutte le forme di vita entro la fine di questo secolo, il secolo dei vostri figli, e dei vostri nipoti. Non esistono garanzie per la specie umana. Il 99,5% delle specie che hanno vissuto su questo pianeta sono comparse e poi sparite. Credo che siamo giunti ad un punto critico, in cui dobbiamo domandarci: “Vogliamo rimanere come specie? Possiamo rendere certa la nostra sopravvivenza e quella delle generazioni future? E qual è la nostra responsabilità verso le altre creature che hanno il diritto di vivere su questa terra?
Quindi, abbiamo una crisi economica globale, una crisi che sta colpendo drammaticamente la vita di tanti esseri umani, in Italia come nel resto del mondo; abbiamo inoltre una crisi climatica prodotta da due secoli di industrializzazione basata sui carburanti fossili. Allora, cosa facciamo?
Abbiamo urgente bisogno di una nuova prospettiva economica mondiale; abbiamo bisogno che questa prospettiva sia pianificata e praticabile in ogni Paese, non solo in Italia. Dobbiamo abbandonare i combustibili fossili entro i prossimi trent’anni se vogliamo sperare di risolvere questa crisi enorme che coinvolge la razza umana e le altre creature del pianeta.
Noi qui, oggi, dobbiamo porci la domanda: “Come avvengono le grandi rivoluzioni economiche della storia?” Questo servirà a darci un un’idea dei passi che dobbiamo fare in Italia, in Europa, nel mondo, per seguire un altro, possibile, percorso per la razza umana.
Le grandi rivoluzioni economiche della storia avvengono quando emergono nuovi regimi energetici. Nuovi regimi energetici rendono possibili società più complesse, consentono il raggruppamento di un maggior numero di persone in unità sociali più ampie; ma la complessità di nuovi regimi energetici richiede a sua volta nuove rivoluzioni a livello di comunicazione, sufficientemente agili da gestire i nuovi regimi energetici. Sempre, nella storia, quando le rivoluzioni nella comunicazione convergono e gestiscono le rivoluzioni energetiche, il paradigma economico muta e muta la consapevolezza, e la storia.
Nel diciannovesimo secolo si è andati dalla stampa con la pressa manuale a quella a vapore: ciò ha rappresentato un grande balzo in avanti, poiché siamo stati in grado di produrre tanto materiale stampato in modo economico. Poi abbiamo introdotto la scuola pubblica, che ha formato una forza lavoro alfabetizzata, con abilità di comunicazione tali da consentirgli di gestire una prima rivoluzione industriale molto complicata, con l’energia a carbone, a vapore e il primato della ferrovia.
Nel ventesimo secolo abbiamo assistito ad un’altra conversione nell’energia della comunicazione, una seconda rivoluzione industriale: l’elettricità centralizzata, e il telefono in particolare; in seguito la radio e la televisione sono diventati i mezzi di comunicazione in grado di gestire una società meno compatta, un’epoca di automobili e benzina, una società suburbana, una cultura del consumismo di massa. Questa seconda rivoluzione industriale è ora prossima alla fine. Tuttavia noi stiamo vivendo una nuova conversione nell’energia della comunicazione, sia in Italia che in parte dell’Europa e in alcune aree del resto del mondo: una terza rivoluzione industriale si affaccia all’orizzonte. Negli ultimi 25 anni abbiamo assistito ad una potente rivoluzione nei mezzi di comunicazione: prima i personal computer, poi Internet. Quello che rende Internet estremamente interessante è il modo in cui è organizzato come mezzo di comunicazione. Io sono cresciuto con la comunicazione centralizzata: l’elenco dei media include radio, televisione, riviste, quotidiani e editoria; quello che rende Internet interessante è che si tratta di un mezzo di comunicazione che non è centralizzato, ma distribuito; non è gerarchizzato, ma di natura collaborativa. Non è integrato verticalmente, per creare economie di scala, ma è peer to peer, è un potere laterale. La cosa interessante è che il worldwideweb nasce nel 1990, e oggi siamo qui, ventitré anni dopo e mentre vi sto parlando, un terzo della razza umana sta usando cellulari molto economici e piccoli desktop, sta inviando messaggi audio-video in maniera distribuita, collaborativa, peer to peer, su scala laterale, e con costi marginali prossimi allo zero.
Stiamo connettendo la razza umana, ma questa è solo metà della storia: quello che sta iniziando ad emergere in Italia, in Germania, in Francia e in altri Paesi, è che questa rivoluzione di Internet, che è distribuita, collaborativa, peer to peer, a potere laterale, sta iniziando a coincidere con un nuovo regime energetico, nuove energie distribuite, che devono essere organizzate collaborando e sulla scala di un potere laterale, peer to peer. E’ una rivoluzione.Che cosa sono le energie distribuite? Beh, sapete, ci sono le energie d’élite: carbone, petrolio, uranio, shale gas: sono d’élite perché non si trovano ovunque, ma solo in pochi posti nel mondo; richiedono un enorme controllo militare, un ampio management geopolitico e capitali massicci per trasportarli dalla fonte all’utente finale. Cosa sono invece le energie distribuite? Quando tornerete a casa, oggi, dopo aver partecipato a questo incontro, guardatevi intorno: avete già tutta l’energia di cui avete bisogno, fino alla fine della storia umana: il sole splende ogni giorno su tutto il pianeta; 45 minuti di sole sono in grado di fornire energia al mondo per un anno intero per 7 volte. Il vento soffia ogni giorno, in Italia, in Europa e nel mondo; il 20% di quel vento, se imprigionato, ci darebbe 7 volte più energia di quella di cui necessita l’economia del pianeta. Nel sottosuolo, in Italia come ovunque, c’è un nucleo bollente di energia geotermica, costituito dai residui del sole; siamo in grado, in qualsiasi momento, di estrarre quel calore geotermico e portarlo in superficie per la produzione di energia. Nelle aree rurali abbiamo un’agricoltura con scarti di vegetazione che è possibile convertire in energia da biomasse. Lungo le coste italiane arrivano ogni giorno maree e onde oceaniche che costituiscono una fonte di energia. In Italia ci sono tante fonti di energia distribuita, in grado di soddisfare per sempre il fabbisogno energetico. L’Unione europea si è impegnata formalmente per una terza rivoluzione industriale basata su 5 pilastri; io ho avuto il privilegio di sviluppare il piano con l’Unione Europea; si tratta di un piano formale della EU, è stato approvato dal Parlamento europeo nel 2007 e si sta ora facendo strada tra i programmi della Commissione Europea ed è incluso nei nostri Programmi per il 2020, 2030 e 2050.
Primo pilastro. L’EU ha impegnato ogni regione europea nella produzione del 20% dell’energia da fonti rinnovabili entro il 2020, questo significa che entro il 2020 ogni comunità in Italia dovrà produrre la propria energia, questa dovrà essere verde per il 20%, e il 30% dell’elettricità.
Secondo pilastro. Come possiamo raccogliere energia che è distribuita, che è rintracciabile ovunque? La raccogliamo ovunque, usando i nostri edifici come infrastrutture di raccolta. Nell’Unione Europea abbiamo centonovantuno milioni di edifici: case, uffici, fabbriche, fienili, rimesse. L’obiettivo è convertire ogni singolo edificio in Italia e in Europa in una micro centrale ad energia verde, in modo da raccogliere energia solare dal tetto, eolica dai lati, geotermica dalle fondazioni, trasformare i rifiuti in biomassa, ecc. Ognuno di noi avrà una centrale energetica personale.
Terzo pilastro. Dobbiamo immagazzinare questa energia: il sole non splende ininterrottamente, a volte il vento soffia di notte mentre abbiamo bisogno di elettricità durante il giorno. Queste sono fonti di energia intermittenti che dobbiamo immagazzinare. Siamo a favore di tutte le tecnologie che permettono lo stoccaggio dell’energia: volani, batterie, condensatori, pompe ad acqua, collettori ad aria compressa. Devo dire però che in Europa a livello di tecnologie per lo stoccaggio energetico sono stati investiti miliardi di euro, otto miliardi di euro finora, nell’idrogeno come mezzo fondamentale per la conservazione di queste energie intermittenti, in modo che possano essere usate quando ne abbiamo bisogno.
Il quarto pilastro di questa rivoluzione industriale è quello in cui Internet, la rivoluzione delle comunicazioni, converge con le energie distribuite sul territorio, nel creare un sistema nervoso per una nuova infrastruttura italiana. Prenderemo le linee elettriche ed energetiche italiane e le convertiremo in una ‘Internet Energetica’, in modo che quando milioni di edifici esistenti sul territorio verranno trasformati in micro centrali ad energia verde, che raccoglieranno energia a livello locale e la immagazzineranno sotto forma di idrogeno allo stesso modo in cui conservavamo i documenti in digitale. E se non avrete bisogno di parte di quell’energia, nella vostra casa in Italia, potrete programmare la vostra app, il vostro cellulare, il vostro computer, perché il vostro surplus energetico sia ritrasferito alla rete energetica e venduto attraverso tutta l’Europa, dall’Atlantico fino ai confini dell’Europa orientale. Allo stesso modo in cui creiamo informazione, la digitalizziamo, e la condividiamo in rete.
Il quinto e ultimo pilastro riguarda i trasporti e la logistica. I veicoli elettrici esistono già. Automobili, camion e autobus a celle a combustibile saranno oggetto di produzione di massa in Italia, in Europa e nel mondo nel 2015-2016. Saremo in grado di connettere i nostri automezzi alla rete elettrica ovunque ci siano degli edifici e sfruttare energia verde; e viaggiando, in Italia, troveremo ovunque, in ogni parcheggio, una presa di corrente attraverso la quale collegare il nostro veicolo alla rete elettrica, l’Internet Energetica, e prendere energia verde, oppure vendere quella da noi prodotta alla rete di distribuzione, l’Internet Energetica.
Questi cinque pilastri della terza rivoluzione industriale costituiscono la piattaforma di scopo generale, l’infrastruttura in grado di aumentare massicciamente la nostra efficienza, la nostra produttività, creare nuove imprese e nuova occupazione per i giovani nell’Italia del ventunesimo secolo.
Immaginate trent’anni di costruzione di infrastrutture: il primo pilastro è rendere fruibili tutte le energie rinnovabili, il che si tradurrebbe nella creazione di tantissime aziende e di posti di lavoro in Italia; il pilastro numero due consiste nella conversione di tutti gli edifici all’utilizzo di proprie micro centrali energetiche, e dunque nel predisporli perché siano efficienti sotto il profilo energetico, ancora tantissime opportunità di lavoro per le imprese piccole e medie, e per i giovani lavoratori italiani. Il pilastro numero tre è la costruzione di centrali di immagazzinamento, dunque un’altra grande opportunità di lavoro. Il quarto pilastro vede la trasformazione dell’intera rete elettrica in un’Internet Energetica, cosa che creerebbe occupazione a livello professionale, tecnica e manuale. Il pilastro cinque consiste nella conversione dell’intera infrastruttura italiana dei trasporti e della logistica in veicoli elettrici e a pile a combustibile.
Dunque, questi quarant’anni di costruzione della terza rivoluzione industriale italiana crea opportunità per milioni di nuovi posti di lavoro, professionali, tecnici, qualificati e no, insieme all’opportunità della nascita di migliaia di nuove aziende. In concomitanza, ci fornisce una nuova piattaforma tecnologica, tale che le nuove industrie del ventunesimo secolo saranno pronte all’uso (plug and play), dalle stampanti in 3D fino ai nuovi servizi che il modello della terza rivoluzione industriale renderà disponibili.
La terza rivoluzione industriale significa potere alle persone, in senso letterale e figurato: potere alle persone. Pensate alla potenza della rivoluzione di Internet: abbiamo reso la comunicazione democratica: ci sono ora due miliardi e mezzo di esseri umani che comunicano tra di loro peer to peer, con potere distribuito, collaborativo, laterale. Abbiamo un potere laterale infinitamente maggiore di quello della rete televisiva e di quella radiofonica del ventesimo secolo e con un costo marginale prossimo allo zero. Tanto impressionante quanto la democratizzazione della comunicazione, che ha ispirato le nuove generazioni di tutto il mondo a cominciare a reclamare un futuro diverso. Ma questa è solo metà della storia: adesso, nei prossimi venti anni, con la comunicazione via Internet che confluisce nell’Internet Energetica, ognuno di noi sarà in grado di produrre la propria elettricità, e parliamo di miliardi di esseri umani con il potere di creare la propria elettricità verde e condividerla su Internet con persone di altre regioni e di altri continenti.
Questa è una rivoluzione che cambia il paradigma economico: sapete, le compagnie discografiche non hanno compreso la condivisione dei file musicali, e quando milioni di giovani hanno cominciato a creare nuovo software per condividere file musicali lateralmente, peer to peer, pensavano fosse un gioco, finché non sono stati costretti a chiudere l’attività. I quotidiani, molto centralizzati, non hanno compreso le possibilità peer to peer della blogosphere. E l’industria dell’informazione e dell’editoria non hanno compreso gli ebook, la diffusione dell’informazione libera e dell’open source via Internet. Dunque siamo alla cuspide di una incredibile rivoluzione, con la democratizzazione della comunicazione, dell’energia e della manifattura e la logistica con la stampa in 3D, in cui modifichiamo il nostro modo di pensare a livello planetario.
E’ un salto generazionale; tutti voi presenti oggi a questo evento, guardate al futuro, ad un mondo migliore per l’Italia, si tratta di un salto generazionale; sapete, la mia generazione pensava che il potere politico fosse centralizzato e gerarchizzato; pensavamo sempre in termini di destra contro la sinistra, capitalismo contro socialismo, eccetera. I giovani, quelli della generazione di Internet, hanno una sensibilità diversa; quando giudicano i poteri istituzionali, non pensano alla destra e alla sinistra, ma si domandano se il potere istituzionale che viene utilizzato, sia esso il governo, un partito politico, un’istituzione economica o una scuola, se quel comportamento istituzionale sia centralizzato, gerarchizzato, patriarcale, proprietario e chiuso; oppure se sia un comportamento istituzionale distribuito, collaborativo, trasparente, open source, e a potere laterale. Dunque, la generazione presente qui, oggi, crede che il potere laterale sia il vero potere; sapete, la mia generazione credeva che il potere fosse piramidale, mentre la vostra generazione comincia a vedere che il potere è peer to peer, che esso consiste nella possibilità di collaborare, tutti insieme, su reti allargate, e nel democratizzare la nostra vita di tutti i giorni.
L’Italia ha un’opportunità enorme, ma non ne sta traendo vantaggio; la penisola italiana è l’Arabia Saudita dell’energia rinnovabile; la quantità di energia solare, il potenziale di energia eolica, il calore geotermico, le biomasse e la forza idrica di questo Paese sono enormi. Inoltre possedete le abilità tecniche e l’esperienza professionale per rendere tutto questo possibile. La domanda quindi è: perché ciò non si realizza? Io penso che siano le nuove generazioni in Italia a dover reclamare il proprio futuro; conoscete Thomas Paine, il grande rivoluzionario americano; più di due secoli fa, egli disse che ogni generazione deve essere libera di ricostruire il mondo da capo e di andare oltre. Io credo che ora sia importante che le nuove generazioni in Italia si alzino in piedi e si facciano avanti per chiedere un nuovo regime economico che possa portare il Paese nel ventunesimo secolo. Non c’è una ragione per cui l’Italia non possa essere come la Germania e la Danimarca, Paesi che sono molto avanti nella terza rivoluzione industriale, muovendo verso una società sostenibile, buona e giusta, basata sul sogno della qualità della vita.
Così, sono abbastanza positivo, ma c’è un’altra cosa che devo dire ed è che la terza rivoluzione industriale non riguarda nessun partito politico in particolare; sapete, nella prima e nella seconda rivoluzione industriale tutti i partiti politici hanno dovuto impegnarsi: così anche la terza rivoluzione industriale non dovrebbe conoscere schieramenti, deve andare oltre i partiti; perché qualcuno dovrebbe opporsi ad una nuova rivoluzione industriale che può aumentare la produttività, la nostra efficienza, creare tante nuove tipologie e opportunità di lavoro, incidere sul cambiamento climatico, e creare un mondo più giusto?
Sono cose che vanno oltre la politica di piccolo cabotaggio e la mia speranza è che in Italia il centrodestra, il centro, il centrosinistra e tutti i movimenti si uniscano, e in ogni regione d’Italia cominci il processo di avviare la terza rivoluzione industriale nella nostra vita quotidiana, in modo che possiamo lasciare ai nostri figli una società più giusta, umana e sostenibile in questo ventunesimo secolo.
E’ stato un piacere essere con voi oggi a questo raduno. I miei migliori auguri.

Ps: Nessuna decisione è stata presa relativamente al gruppo parlamentare in cui siederà il M5S in Europa. Le notizie che affermano il contrario son false e prive di qualsiasi fondamento

Acerra. Addio a Vincenza, ragazza simbolo della Terra dei Fuochi

Ennesima morte per cancro di un’adolescente, Vincenza Maisto, 16 anni. La giovanissima si era fatta fotografare in ospedale con un cartello emblematico: “Acerra non deve morire, salviamola!”.

Nella sua città la ricordano immortalata in un letto d’ospedale mentre regge un foglio con la scritta “Acerra non deve morire: salviamola”: una delle tante immagini-choc della Terra dei Fuochi. Una foto con un messaggio generoso, altruista, per nulla autoreferenziale quello lanciato appena qualche settimana fa da Vincenza Maisto, 16 anni. Ma Vincenza ieri non ce l’ha fatta.

L’osteosarcoma, terribile tumore primitivo delle ossa, che quattro anni fa, a soli 12 anni, l’aveva aggredita, ha avuto il sopravvento. Intanto la notizia ha fatto il giro del web, da Acerra a Caivano, Giugliano, Casalnuovo, Casoria, Marigliano, Casal di Principe. Tutti sgomenti quelli che hanno appreso la storia, tutti in lacrime a ricordare i tanti, troppi bambini e ragazzi di questa terra sfortunata che come Vincenza non ce l’hanno fatta o che stanno lottando in un lettino d’ospedale. I funerali di Vincenza Maisto si terranno domattina, alle dieci, nella chiesa di Sant’Alfonso, ad Acerra.
da http://www.ilmediano.it
Fonte: http://www.contropiano.org/in-breve/italia/item/20582-acerra-addio-a-vincenza-ragazza-simbolo-della-terra-dei-fuochi

http://www.nocensura.com/2013/12/acerra-addio-vincenza-ragazza-simbolo.html#_

BOLIVIA: otto anni di nazionalizzazioni, economia in crescita

Lo Stato boliviano controlla oggi il 38% dell’economia nazionale grazie alla politica di nazionalizzazioni applicata dal 2006, con l’arrivo al potere del primo presidente indigeno, Evo Morales, quando l’indice era del 15%.

Esponendo il modello economico boliviano all’Universidad Gabriel René Moreno di Santa Cruz, motore economico del paese e roccaforte dell’opposizione conservatrice, il vice presidente Álvaro García Linera ha precisato che sono state nazionalizzate in modo progressivo le imprese-chiave dell’economia. In complesso sono state una ventina, fra cui quelle degli idrocarburi, delle telecomunicazioni, dell’elettricità, delle attività minerarie, della gestione degli aeroporti, della produzione del cemento.
Molte di queste aziende, tuttavia, non hanno ancora ricevuto le compensazioni dovute per le espropriazioni e hanno intrapreso azioni giudiziarie internazionali contro lo Stato o hanno minacciato di farlo.

García Linera ha motivato le nazionalizzazioni affermando che per la Bolivia era essenziale trattenere le eccedenze dei diversi settori e trasformarle in “motore dell’economia nazionale”, che quest’anno registrerà una crescita del 6,8%, la più alta in 28 anni. In vice presidente ha insistito sostenendo che la crescita non può essere spiegata solo dall’aumento degli introiti del gas esportato in Brasile e Argentina, ma bensì individuata nel cambio del regime di proprietà delle aziende strategiche.
Circa otto anni fa il Pil boliviano era stimato in 8 miliardi di dollari; oggi si aggira sui 32 miliardi di dollari.
http://www.vocidallastrada.com/2013/12/bolivia-otto-anni-di-nazionalizzazioni.html

DRAGHI AL POSTO DI LETTA?

Scritto da: Gianni Petrosillo (01/12/2013)
Non fatevi incantare dal talent show per la scalata del Pd . Nessuno dei partecipanti ha il cosiddetto x factor. Ma questo è quel che ci vuole, o, meglio, quello che brama qualcuno in alto Colle e vi spieghiamo perché.
Uno dei tre moschettieri riuscirà, a breve, a conquistare il partito, quasi certamente Renzi, ma per andare al governo dovrà attendere il 2015, non perché Letta reggerà fino a quel momento, ma proprio perché Letta, come il latte, è già scaduto mentre alle sue spalle s’avanza un altro bidone di latta e di governo, con la convocazione del Quirinale in tasca. Sta per rientrare dall’estero il miglior bidone made in Italy che c’è in circolazione. Il Presidente Napolitano tirerà presto fuori questo coniglio, detto non metaforicamente, dal cilindro per saldare definitivamente i pezzi del suo piano che dopo la decadenza di B. ha subito un’accelerazione. Infatti, la maggioranza in Parlamento è cambiata, i numeri più risicati richiedono l’investitura di un condottiero di maggiore spessore e prestigio, un portatore di grandi interessi internazionali, tanto di cerchie finanziarie che di potenze globali, ai quali deputati e senatori non possono opporsi. Letta non è adatto alla nuova “impresa”.

Quindi, il fortunato vincitore del 8 dicembre per prendersi il Palazzo, oltre che passare dalle urne e vedersela con le inclinazioni dell’elettorato italiano, nonché con il prossimo burattino di Berlusconi (si tratti di un figlio o di un altro figlioccio, che chi non muore si trasforma e ritorna), si troverà davanti uno scenario prefabbricato, puntellato da soluzioni imprescindibili ed impegni ineludibili, già sottoscritti, rispetto ai quali non avrà nessun potere decisionale. Non potrà mettere becco in niente e dovrà limitarsi ad amministrare l’esistente, cioè la devastazione e la desolazione totale.

L’uomo del miracolo al contrario, il profeta che sta per approdare sulle nostre coste, ha il nome di un mostro mitologico che sputa fuoco e prescrizioni dell’Ue. A lui toccherà il compito di ingabbiare la nazione secondo i diktat di Bruxelles e di svendere il patrimonio pubblico secondo dettami che provengono da più lontano. Il suo curriculum è garanzia di servilismo e sottomissione ai nostri tradizionali padroni, continentali e, soprattutto, extracontinentali. Tra qualche giorno si aprirà ufficialmente la crisi e i draghi invaderanno le nostre case per toglierci tutto quello che abbiamo. Questa non è una profezia questa è la soluzione pro-zio-Sam trovata dal nostro sovrano Napolitano. Mi sbaglio? Può essere, ma è sempre meglio prepararsi a quello che potrebbe rappresentare l’assalto finale alla nostra sovranità nazionale.

http://www.conflittiestrategie.it/draghi-al-posto-di-letta

Rivista scientifica ritira studio OGM. Pressioni Monsanto?

ecco il risultato della cosiddetta scienza. A pagamento, la nostra salute al miglior offerente

Gilles-Eric Séralini, biologo dell’università di Caen, nel Nord della Francia, non demorde: continua a puntare il dito contro il colosso dei fertilizzanti Monsanto, che ritiene responsabile con le sue pressioni del ritiro, appena annunciato dalla rivista Food and Chemical Toxicology, del suo studio sugli Ogm, pubblicato nel novembre 2012.
Quello studio, che aveva scatenato un vero putiferio, in Francia e non solo, riguardava gli effetti su un lasso di tempo di due anni di un mais transgenico (NK603) e dell’erbicida associato, il Roundup, fabbricato dalla Monsanto. Lo studio di Séralini suggeriva che il consumo di NK603 e/o del diserbante al quale il mais è reso tollerante, provocasse l’emergere di tumori su animali sottoposti ai test, oltre a problemi epatici e renali. Il ritiro dello studio da parte della rivista, pubblicata da Elsevier, gruppo mondiale di pubblicazioni tecniche e di ricerca, corrisponde a sottrarlo alla letteratura scientifica: nella pratica, non potrà più essere preso in considerazione neanche dalla Commissione europea al momento di valutare nuovi prodotti a base di Ogm sia per l’alimentazione che per la coltura, per i quali si chiede l’autorizzazione all’interno dell’Unione europea.

E’ stato lo stesso Séralini, in una conferenza stampa, nei giorni scorsi, a Bruxelles, a dare l’annuncio. Lo scorso 19 novembre Wallace Hayes, caporedattore di Food and Chemical Toxicology, gli ha comunicato il prossimo ritiro del suo studio, “che non mostra elementi di frode – si legge nel documento – o deformazioni intenzionali delle cifre”, ma “esistono legittimi motivi di preoccupazione riguardo al numero di animali interessato da ogni test e al ceppo dei topi utilizzato”. Sono, in effetti, le critiche più ricorrenti avanzate nei confronti dello studio, in particolare il numero di topi compreso in ogni gruppo, appena dieci. Nella lettera Hayes specifica che “il ritiro è dovuto al carattere non conclusivo dello studio”. Va detto che, proprio per sopperire ai limiti dello studio di Séralini, un organismo pubblico francese, l’Agenzia nazionale di sicurezza sanitaria e dell’alimentazione, dell’ambiente e del lavoro (Anses), sta predisponendo ricerche simili, per le quali sono stati già stanziati anche finanziamenti europei.

Séralini, comunque, resta battagliero. Ha criticato la decisione della rivista, sottolineando che la contestazione del protocollo sperimentale non rientra tra le ragioni previste da Food and Chemical Toxicology per il ritiro di uno studio (queste, invece, comprendono, ad esempio, il plagio o problemi di etica). Il ricercatore francese è andato oltre: secondo lui il ritiro è dovuto alle pressioni delle multinazionali della biotecnolgia. E ha ricordato che agli inizi del 2013 nel comitato editoriale della rivista è arrivato l’esperto di tossicologia Richard Goodman, professore all’università del Nebraska ed ex dipendente della Monsanto. Nonostante le critiche ricevute da tanti rappresentanti del mondo scientifico, Séralini è ancora oggi sostenuto da numerose associazioni ambientalistiche francesi, come Générations futures, e da Ong europee, come Corporate Europe Observatory, oltre che dal movimento dei Verdi (Eelv), i cui rappresentanti fanno parte ora del Governo, alleati dei socialisti. Anche Corinne Lepage, eurodeputato francese ed ex ministro dell’Ambiente (in un Esecutivo di centro-destra), continua a sostenere il ricercatore. “Le pressioni esercitate per il ritiro dello studio – ha dichiarato la Lepage – mostrano a che punto l’industria delle biotecnologie può controllare la produzione scientifica. E’ incredibile il potere delle lobbies. E questo è preoccupante per la nostra società”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/12/01/mais-transgenico-rivista-scientifica-ritira-la-pubblicazione-a-seralini/797114/

Sit in delle partite IVA all’Inps

Mentre i nuovi dati Istat ci consegnano l’ennesimo aumento della disoccupazione giovanile ormai al massimo storico, precari e intermittenti organizzatisi nelle Camere del Lavoro Autonomo e Precario, hanno dato vita ad un sit-in sotto la sede centrale dell’Inps a Roma alla vigilia del versamento dell’acconto d’imposta per le partite Iva.

1 / 12 / 2013

Mentre i nuovi dati Istat ci consegnano l’ennesimo aumento della disoccupazione giovanile ormai al massimo storico, precari e intermittenti organizzatisi nelle Camere del Lavoro Autonomo e Precario, hanno dato vita ad un sit-in sotto la sede centrale dell’Inps a Roma alla vigilia del versamento dell’acconto d’imposta per le partite Iva.

Di seguito il volantino distribuito e I video della mattinata:

Il 30 novembre è l’«innominabile data-boia». Coincide, infatti, con il versamento dell’acconto d’imposta, non rateizzabile, di tasse e contributi. Si tratta di un anticipo dei contributi per l’anno 2013 per il quale non è ancora stata fatta la dichiarazione dei redditi. Come dire: “intanto paga, indipendentemente da quanto hai effettivamente lavorato e fatturato, poi si vedrà”.
Per chi è partita Iva, l’aliquota relativa alla gestione separata dell’INPS equivale al 27,72% del fatturato. Altrettanto viene sottratto ai compensi dei collaboratori o dei lavoratori a progetto. Con la nefasta riforma Fornero (legge 92 del 2012), l’aliquota raggiungerà progressivamente (entro il 2018) il 33%. Un furto nelle tasche di chi è intermittente, precario nelle forme di vita e di lavoro.
La stangata, per l’anno 2014, dovrebbe essere congelata. Così dicono il ministro del Lavoro Giovannini e il pacchetto di emendamenti alla Legge di stabilità da lui presentato. Damiano, che da ministro (Prodi bis) è stato tra i maggiori responsabili dell’aumento spropositato dell’aliquota, propone ora un anno di confronto «per affrontare in modo organico il tema della contribuzione e delle tutele delle partite Iva». Troppo poco e troppo tardi.
Oltre al congelamento della stangata, ci vuole una riduzione IMMEDIATA dell’aliquota, soprattutto per chi fattura poco e ha redditi bassi, una parte consistente, ormai, del mondo degli autonomi.
La gestione separata dell’INPS è stata introdotta dal ministro Tiziano Treu nel 1996, al seguito della riforma delle pensioni del governo tecnico Dini, creando una nuova formula previdenziale per chi è un vero e proprio outsider dei diritti e del welfare: indipendenti, partite Iva, collaboratori. Dal 1996 a oggi l’aliquota della gestione separata è aumentata del 260% (era del 10%, appena introdotta). E di certo, essendo il sistema previdenziale interamente contributivo, le proiezioni relative alle pensioni di autonomi eco.co.pro. non possono far altro che spaventare.
Non è casuale che il presidente dell’INPS, Antonio Mastrapasqua, il 5 ottobre del 2010 disse: «Se io riuscissi a dare, ed è impossibile, a un lavoratore a progetto al terzo anno la simulazione della pensione, ci sarebbe forse un sommovimento sociale in Italia».
Oltre il danno, la beffa!
Non è casuale, inoltre, che Equitalia sia per il 49% dell’INPS. Chi ruba, con l’acconto d’imposta, e chi ti dissangua, con le cartelle esattoriali. Mastrapasqua, d’altronde, questi problemi non li ha, guadagna 1,2 milioni di euro l’anno e “occupa” 25 poltrone, tra cui la vice-presidenza di Equitalia stessa.
Voluto da Berlusconi e amicone di Gianni Letta, con una mano toglie, con l’altra punisce e toglie ancora di più.

È venuto il momento di dire basta! È venuto il momento di metterci la faccia!
È venuto il momento di unirci e organizzarci!
Siamo autonomi, intermittenti, precari, migranti e non possiamo saldare, perché altrimenti non mangiamo. Abbiamo firmato e sosteniamo la petizione online #DicaNo33 lanciata da ACTA contro l’aumento dell’aliquota.
Venerdì 29 Novembre vogliamo manifestare, come facemmo lo scorso anno, sotto la sede centrale dell’INPS a Roma, per continuare a denunciare lo scempio del sistema previdenziale italiano e per dire che, oltre a fermare gli aumenti, bisogna ridurre da subito l’aliquota, soprattutto per chi fattura poco e ha redditi bassi.
In Italia sono almeno 4 milioni gli outsider del welfare e con la crisi i numeri sono destinati a crescere. E mentre la nave affonda, super-compensi e super-pensioni dei super-manager rimangono intatti, anzi, aumentano.
Se non ci ribelliamo, se non impariamo a difenderci, per noi non c’è futuro e già da un pezzo il presente è fatto di stenti.
Vieni anche tu a gridare: Io Non Posso Saldare!
Non c’è tempo da perdere, dobbiamo riconquistare la nostra dignità!

Precar*, intermittenti, autonom*, coworkers uniti nelle Camere del Lavoro Autonomo e Precario (CLAP)

Articolo e video al link :

http://www.dinamopress.it/news/iononpossosaldare-precari-e-partite-iva-sotto-linps

A Bangkok i dimostranti occupano le sedi delle società pubbliche – Thailandia, sequestrati diversi ufficiali di polizia dai dimostranti

se il mondo dei giusti, cioè quello dei tirapiedi dei gendarmi yankees come mai non si dice indignato e non propone una risoluzione ONU per la Thailandia?
E’ un “regime” che piace al Washington Consensus? Amnesti e i dirittoumanisti non starnazzano?

A Bangkok i dimostranti occupano le sedi delle società pubbliche A Bangkok, la capitale della Thailandia, oggi sono stati occupati il Dipartimento per le comunicazioni ed il Dipartimento per le indagini speciali. In precedenza avevano bloccato l’accesso ad una serie di edifici del nuovo complesso governativo nel nord della città. I manifestanti protestano contro i legami del governo con l’ex premier Thaksin Shinawatra che, a loro parere, da “dietro le quinte” continua a guidare il Paese, nonostante la deposizione a seguito del colpo di stato militare avvenuto nel 2006 e la condanna in contumacia a due anni di reclusione per abuso di potere. Ora il governo è guidato da Yingluck Shinawatra, sorella minore dell’ex premier.
http://italian.ruvr.ru/2013_12_01/A-Bangkok-i-dimostranti-occupano-le-sedi-delle-societa-pubbliche/

c’è la sorella del dittatore, i sospetti dei manifestanti sono più che leciti, ” a loro dire”……
c’è anche questa a riguardo

Thailandia, sequestrati diversi ufficiali di polizia dai dimostranti

Oggi in Thailandia gli attivisti dell’opposizione hanno sequestrato diversi ufficiali di polizia. Lo ha riferito uno dei leader dei dimostranti, intervenendo davanti ai suoi sostenitori presso la sede del governo a Bangkok. I manifestanti stanno cercando di prendere d’assalto il palazzo del governo, difeso da circa 8.500 agenti di polizia. Uno dei tentativi di prendere d’assalto l’edificio è stato respinto dalla polizia grazie all’uso di gas lacrimogeni e cannoni ad acqua. In Thailandia negli scontri tra sostenitori ed oppositori del governo, avvenuti durante il weekend, sono morte 5 persone, mentre più di 50 sono i feriti.

http://italian.ruvr.ru/2013_12_01/Thailandia-sequestrati-diversi-ufficiali-di-polizia-dai-dimostranti/

Talpe USA, la Svizzera cerca i complici

Il Ministero pubblico della Confederazione ha sporto denuncia contro ignoti per le attività di intelligence statunitense che avrebbero avuto luogo a Ginevra
Red. MM/Da.Pa. – 01 dicembre 2013
Il Ministero pubblico della Confederazione ha sporto denuncia contro ignoti per far luce sulle attività dello spionaggio statunitense in Svizzera. L’istanza è stata inoltrata sulla base di numerosi documenti e su “sospetti fondati”, hanno confermato gli inquirenti ai domenicali d’Oltralpe.

L’intelligence USA avrebbe raccolto informazioni tra il 2006 il 2011, contravvenendo alle leggi. La violazione sarebbe quella di aver operato per conto di un paese straniero su suolo elvetico. I giornali parlano di collaboratori di una ditta con sede in Svizzera che, dal 2005 e su mandato di Washington, avrebbero sorvegliato i consolati, le organizzazioni internazionali e gli uffici delle Nazioni Unite, che si trovavano nel raggio di un chilometro dalla missione statunitense a Ginevra.
Da: http://info.rsi.ch/home/channels/informazione/svizzera/info_on_line/2013/12/01–Spionaggio-la-Svizzera-cerca-i

9 Dicembre: rivolta reazionaria ?

La mobilitazione del 9 dicembre ( http://sollevazione.blogspot.it/2013/11/9-dicembre-segnali-di-rivolta-di.html ) , partita in sordina, si va facendo largo, raccogliendo l’adesione spontanea di migliaia e migliaia di cittadini. Praticamente in ogni provincia del Paese si sono formati o si vanno formando comitati e coordinamenti decisi a portare in strada la rabbia popolare e la sete di giustizia.  

Chi come noi partecipa attivamente alla preparazione di questa mobilitazione ha potuto verificare che non si tratta solo di indignazione morale o di cieca rabbia. C’è dietro una consapevolezza tutta politica. Che vogliono coloro che scenderanno in strada? (1) cacciare il governo e farla finita coi partiti, di destra e sinistra che ci hanno accompagnato al baratro; (2) uscire dall’Unione europea, farla finita con l’euro-dittatura e tornare alla sovranità monetaria, ovvero a quella popolare e nazionale; (3) infine, e questo non è meno importante, li unisce tutti la consapevolezza che per cambiare il corso delle cose occorre una generale sollevazione popolare dal basso, che rispettando le compatibilità sistemiche resteremo sempre prigionieri.

Alle porte delle elezioni del febbraio scorso, spiegando le ragioni della nostra decisione di votare M5S scrivevamo che una forte affermazione elettorale di M5S:  
«… darà forza e coraggio al popolo lavoratore, lo farà uscire dall’apatia e dallo stato d’impotenza. La spallata che verrà dalle urne sarà il segnale di un risveglio popolare, risveglio che è la condizione per invertire la rotta, per cacciare una volta per tutte una casta di politicanti corrotti e venduti, per creare le condizioni di un’alternativa di governo e di sistema. (…)
Ognuno deve sapere che entriamo in un periodo ancor più turbolento, e che chi comanda è pronto a tutto pur di impedire una svolta. Il popolo lavoratore questo lo sa, deve quindi essere consapevole che una vittoria elettorale non sarà sufficiente, che dopo la spallata sarà necessario mobilitarsi, agire, lottare in milioni, che solo una sollevazione popolare potrà finalmente evitare la catastrofe del paese». [Una spallata per invertire la rotta,
( http://sollevazione.blogspot.it/2013/02/mpl-58-perche-votiamo-m5s.html ) 19 febbraio 2013 ]

Dopo la spallata elettorale, dicemmo, verrà quella sociale.
La mobiltazione del 9 dicembre potrebbe essere, dopo alcuni segnali visti ad ottobre, un importante passo verso questa “spallata sociale”.
“Si tratta di bottegai, di piccoli imprenditori, di ex-leghisti e ed ex-berlusconiani… come potete mischiarvi con certa gente?”. Questo ci sussurra certa sinistra mentalmente incartapecorita, prigioniera di consunti miti ideologici operaisti.

Che in questo movimento che sfocerà nella mobilitazione che inizia il 9 dicembre ci siano, e per adesso in prima linea, strati della piccola borghesia, non c’è dubbio. Che in questa polvere d’umanità massacrata dalla crisi allignino tanti pregiudizi se non proprio posizioni politiche destrorse, per noi, è chiaro. Non è vero, tuttavia, che esse siano dominanti. Alla base c’è invece un sincero comune sentire sovranista democratico —attestato dall’appello che indice la mobilitazione medesima. Ciò è confermato tra l’altro dal fatto che, se i “bottegai” sono stati in molti casi i primi a farsi avanti, molti giovani precari, disoccupati (quasi tutti senza precedenti esperienze politiche), stanno ora partecipando alle riunione preparatorie della mobilitazione e possono diventare la forza motrice della battaglia che si prepara.
Il compito dei rivoluzionari è di stare accanto a questi settori sociali che si ribellano, di innervare questo movimento di idee a proposte adeguate. Solo da dentro, eventualmente sulle barricate, dando l’esempio di determinazione e intelligenza tattica, portando la nostra esperienza, si conquista la fiducia di chi lotta, si possono far viaggiare le idee giuste, così contrastando gli avventurieri e i demagoghi reazionari che fanno capolino.
Chi sceglie di mettersi alla finestra, chi fa finta di niente, chi addirittura sputa addosso alla mobilitazione del 9 dicembre, lo voglia o meno, fa un favore non solo al regime (che si regge sulla pace sociale e l’apatia delle masse) ma proprio ai settori politicamente reazionari che agiscono nel movimento, lasciando loro aperta la strada per prendere la testa della rivolta sociale.

Chi condanna la mobilitazione del 9 dicembre non venga a dirci che è un “rivoluzionario”. Può forse essere utile ricordare quanto disse Lenin:
«Ogni crisi rigetta tutto ciò che è convenzionale, strappa gli involucri esterni, spazza via ciò che è sorpassato, scopre le molle e le forze più profonde. (…) Credere che la rivoluzione sociale sia immaginabile senza le insurrezioni e le esplosioni rivoluzionarie della piccola borghesia, con tutti i suoi pregiudizi, senza il movimento delle masse proletarie e semiproletarie arretrate … non la vedrà mai. Egli è un rivoluzionario a parole che non capisce la vera rivoluzione.  
La rivoluzione russa del 1905 è stata una rivoluzione democratica borghese.
Essa è consistita in una serie di lotte di tutte le classi, i gruppi e gli elementi scontenti della popolazione. V’erano tra di essi masse con i pregiudizi più strani, con i più oscuri e fantastici scopi di lotta, v’erano gruppi che prendevano denaro dai giapponesi, speculatori e avventurieri, ecc.
Obiettivamente, il movimento delle masse colpiva lo zarismo e apriva la strada alla democrazia, e per questo gli operai coscienti lo hanno diretto.
La rivoluzione socialista in Europa non può essere nient’altro che l’esplosione della lotta di massa di tutti gli oppressi e di tutti gli scontenti. Una parte della piccola borghesia e degli operai arretrati vi parteciperanno inevitabilmente —senza una tale partecipazione non è possibile una lotta di massa, non è possibile nessuna rivoluzione— e porteranno nel movimento, non meno inevitabilmente, i loro pregiudizi, le loro fantasie reazionarie, le loro debolezze e i loro errori. Ma oggettivamente essi attaccheranno il capitale». [V. I. Lenin, Luglio 1916]

A chi si considera davvero rivoluzionario vogliamo ripetere quando andiamo da tempo dicendo. La rivoluzione che sta crescendo nelle viscere di questa società in decomposizione non sarà, per stare all’analogia, come quella del 1917, ma come quella del 1905, ovvero sarà oggettivamente una rivoluzione popolare e democratica contro il regime dell’euro-dittatura, per rovesciare il sistema oligarchico e plutocratico.
Dentro quindi la mobilitazione del 9 dicembre, affinché si allarghi, per sostenere che una volta cacciati i Quisling dal potere avremo un governo popolare d’emergenza che dovrà applicare solo poche ma incisive misure:
(1) uscita unilaterale dall’eurozona,
(2) rinazionalizzazione della Banca d’Italia,
(3) emissione della nuova lira,
(4) misure restrittive dei movimenti di capitali;
(5) moratoria sul debito pubblico. Il tutto entro il quadro di una decisa difesa dei redditi e dei diritti delle classi lavoratrici.

Il socialismo —un sistema che utilizzi razionalmente le fonti da cui solo sgorga la ricchezza, la natura e il lavoro, non per il profitto di una esigua minoranza ma per il bene comune e la collettività tutta— è la sola alternativa al marasma capitalistico, ma esso non è dietro l’angolo, giungerà al culmine di una serie di difficili battaglie preliminari. Vinciamole!

La Segreteria nazionale del Mpl
30 novembre 2013

Fonte: http://sollevazione.blogspot.it/
Link: http://sollevazione.blogspot.it/2013/11/9-dicembre-rivolta-reazionaria-di.html
30.11.2013

Siria, «I Jihadisti hanno preso in ostaggio un gruppo di suore a Maalula»

fossero state rapite dai soldati sarebbe prima notizia e non sarebbero solo 4 righe ma i protetti tagliagole di alqaida non si contestano. Per giunta, onde sminuire i rapimenti che solo i ribelli fanno, riportano le parole dell’Onu che sono disgiunte dal contesto, La solita squallida operazione mainstream

Siria, «I Jihadisti hanno preso in ostaggio un gruppo di suore a Maalula»
A dirlo è l’agenzia di Stato siriana. L’Onu: «Assad ha commesso crimini di guerra»

La notizia per il momento è confermata solo dall’agenzia di Stato siriana. Miliziani jihadisti anti regime sarebbero entrati nel convento di Santa Tecla, nel villaggio cristiano di Maalula, a 60 chilometri a nord di Damasco. Secondo l’agenzia di Stato: «fonti locali hanno detto che i terroristi hanno fatto irruzione nel convento e hanno preso in ostaggio la madre superiora, Pelagia Sayyaf, e altre suore».

IL PRECEDENTE – Resta confermato invece dall’ Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus)che il fronte qaedista di Al-Nusra ha ripreso il controllo di Maalula. I jihadisti si erano impadroniti una prima volta del villaggio in settembre e ne avevano danneggiato le chiese. Successivamente erano stati respinti dalle forze lealiste e da milizie cristiane armate, ma erano rimasti sulle alture circostanti e i loro cecchini avevano continuato a colpire il centro.

CRIMINI DI GUERRA – Nel frattempo l’inchiesta dell’Onu sulle violazioni dei diritti umani in Siria ha prodotto le prove che il presidente Bashar al Assad ha autorizzato «crimini di guerra e contro l’umanità nel suo Paese». Lo riferisce l’alto Commissario per i diritti umani Navi Pillay, citata dalla Bbc.

02 dicembre 2013
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/esteri/13_dicembre_02/siria-jihadisti-hanno-preso-ostaggio-gruppo-suore-maalula-4c859ed4-5b61-11e3-bbdb-322ff669989a.shtml