Fukushima, silenzio dei media. Ma le fuoriuscite radioattive proseguono!

25 novembre 2013 –
L’emergenza non è archiviata. Una petizione chiede al Giappone di trattare con maggiore trasparenza la situazione. Intanto, nessuno sa dove siano finiti i “noccioli” di tre reattori e a Fukushima Daiichi, centrale in funzione da oltre 40 anni, ci sono circa undicimila barre di combustibile “spento”, un micidiale mix di uranio e plutonio
 
tepco-giappone
Ormai nessuno ne parla più. E non solo sui media italiani, notoriamente poco propensi a seguire con continuità eventi stranieri, aldilà dell’emergenza. Eppure aFukushima l’emergenza è tutt’altro che archiviata. E se mantra, scongiuri e menzogne del governo sono riusciti a convincere il Cio ad affidare le Olimpiadi del 2020 a Tokyo, la realtà è quella che è e va, di tanto in tanto, ricordata. La situazione di Fukushima – dove proprio in questi giorni è iniziata una delle operazioni più delicate e pericolose (il trasferimento di migliaia di barre di uranio altamente radioattive dalla cosiddetta “piscina” del reattore n.4, l’unico a non avere subito ilmeltdown perché all’epoca era spento) non ha precedenti per quanto è successo, quanto sta succedendo e quanto potrebbe ancora succedere.
Un incubo che coinvolge non solo i poveracci che ci lavorano dentro e la popolazione locale, ma l’intero Giappone e l’intera comunità internazionale, come giustamente continuano a denunciare Greenpeace e altre organizzazioni internazionali composte non solo solo da attivisti antinucleari, ma da fior fiore di scienziati come Arnie Gundersen e Harvey Wasserman. Date un’occhiata aFairewinds.org e all’appassionata denuncia della situazione, con annessa petizione da firmare on line. La petizione è già sul tavolo di Ban Ki Mon, segretario generale dell’Onu e davvero non si capisce perchè l’Onu, a questo punto, non imponga alGiappone di trattare e gestire la questione con maggiore senso di responsabilità e trasparenza. In sintesi, possiamo dire che a Fukushima, a quasi tre anni dalla catastrofe, sussistono tre grandi problemi.
1 – Non si sa dove siano finiti i “noccioli” di tre reattori. Davvero. Non si sa.
2 – Continuano, senza sosta, le fuoriuscite, anche ingenti, di acqua contaminata. L’intera centrale, è un vero e proprio colabrodo. Non fanno a tempo a tappare (spesso in modo assolutamente precario) una perdita che se ne scoprono di nuove.
3 – A Fukushima Daiichi, centrale in funzione da oltre 40 anni, ci sono circa undicimila barre di combustibile “spento”, un micidiale mix di uranio e plutonio che qualcuno ha definito, giustamente, la cosa più pericolosa mai prodotta dall’uomo. Essendo Fukushima in piena emergenza, sono tutte a rischio. Circa 1500 (quelle che la Tepco ha cominciato a trasferire) sono ad altissimo rischio. Ciascuna di esse, se “maltrattata”, potrebbe provocare una nuova, tragica emergenza nucleare. Eppure, nonostante i ripetuti appelli della comunità internazionale e persino del governo giapponese, la Tepco ha deciso di procedere da sola, senza l’assistenza di “tecnici” stranieri. Questo non è eroismo, né orgoglio nazionale: è arroganza e profondo senso di irresponsabilità (qui potete vedere foto e video ufficiali).
Ciascuno dei problemi elencati è di per sé un’emergenza che dovrebbe essere gestita sotto i riflettori del mondo e non, come avviene a Fukushima, con visite guidate, comunicati stampa e dati inverificabili. Già il fatto che ci sia stato (e negato per oltre tre mesi) un triplo meltdown è un evento senza precedenti. Ma che nessuno sia ancora in grado di capire dove siano finiti i “noccioli” ha dell’inverosimile. La Tepco, che continua ogni tanto ad innaffiare i reattori, sostiene che sono ancora all’interno, che non hanno “bucato” la cosiddetta camicia esterna, in acciaio ecemento armato. Ma nessuno lo sa con certezza. Nessun essere umano ha potuto sinora avvicinarsi ai tre reattori per verificarlo: nemmeno i supersofisticati “robot”. Appena entrano nel reattore, “friggono”, a causa delle radiazioni. C’è la concreta possibilità che almeno una parte dei “noccioli”, sotto forma di lava incandescente, abbia perforato il cemento e sia penetrata nelle falde acquifere. E’ una plausibile giustificazione dei numerosi “hot spots” che pullulano attorno alla centrale, anche oltre la cosiddetta “zona di sicurezza” di 20 km. Senza precedenti è anche la quantità di acqua contaminata che Tepco e governo giapponese – dopo averlo per lungo tempo negato – hanno ammesso di riversare quotidianamente in mare. E’ vero che l’Oms, l’Organizzazione Mondiale per la Sanità, ha affermato che non si tratta di quantitativi “pericolosi per l’uomo”. Ma c’è da fidarsi? Molti esperti dicono di no, che non c’è da fidarsi, che solo tra qualche anno ci renderemo conto delle reali dimensioni di questa catastrofe e dell’impatto ambientale che ha provocato.
Le stesse Nazioni Unite stanno preparando un dettagliato rapporto che – secondo alcune indiscrezioni – è destinato a contraddire quanto sostenuto dall’Oms. Il rilascio in mare non è certo l’unico problema delle acque contaminate. C’è, ed è forse più grave, quello dei serbatoi (in superfice ed interrati) che la Tepco continua a costruire per conservare l’acqua contaminata di “risulta”, dopo cioè che è stata usata per raffreddare i reattori. I serbatoi in superficie sono oramai più di un migliaio, più un imprecisato numero di interrati. Molti denunciano perdite, che vengono tamponate in modo francamente artigianale: abbiamo visto con I nostri occhi degli operai siliconare e posizionare sacchetti di sabbia intorno ai serbatoi. Ogni giorno, i dati sono della Tepco, 400 tonnellate di acqua vengono usate per raffreddare i reattori: nonostante gli enormi costi sostenuti sinora, il sofisticato sistema di decontaminazione gestito assieme alla società francese Areva non ha mai funzionato perfettamente.
Il risultato è che circa la metà dell’acqua deve essere immagazzinata nei serbatoi. Attualmente pare ce ne siano circa 400 mila, nel giro di due anni, a questi ritmi, saranno il doppio, 800 mila. I serbatoi sono stati costruiti in fretta e furia e come già detto hanno perdite dappertutto. Ma cosa succederebbe in caso di un terremotoserio? Se tutto va bene, e francamente ce lo auguriamo, per decommissionare definitivamente i reattori di Fukushima ci vorranno 30, forse 40 anni. Nel frattempo, fra sette anni, ci saranno le Olimpiadi. Forse la comunità internazionale dovrebbe puntare i piedi e far capire al Giappone che non può continuare a nascondere una realtà che può – letteralmente – esplodere in qualsiasi momento. Nel frattempo, sarebbe dovere dei media di tutto il mondo, visto che quelli nazionali sono ricattati dall’ancora potente lobby nucleare, mantenere gli occhi, anzi, i riflettori, aperti.
 

Aumentano i furti per fame: in tre mesi il 35 per cento in più

PORDENONE – «Ma cosa vuole che denunci. Non posso rovinare una persona che per fame ha preso dagli scaffali due scatole di tonno. Non me la sento. Recuperiamo la merce, a volte la paghiamo noi del supermercato o qualche cliente che ha visto la scena». A parlare è il responsabile di un negozio di alimentari in città, ma la sua fotografia riguarda tutti gli altri negozi. Già, perchè rubare per fame è diventata una questione all’ordine del giorno. Anche a Pordenone. I dati parlano chiaro: l’aumento di furti nei supermercati cittadini e in quelli della provincia negli ultimi tre – quattro mesi è intorno al 35 per cento. Una volta dagli scaffali si rubavano rossetti, piccoli attrezzi per la cucina, lucidalabbra, bottiglie di alcolici; oggi si rubano pelati, scatolette di tonno, si aprono le confezioni della carne in scatola e se ne infila una nella borsa. Dagli scaffali spariscono anche pacchi di pasta, farina e uova.
Fonte: http://www.ilgazzettino.it/NORDEST/PORDENONE/furti_fame_supermercato_pordeno

Armenia, pronta base per elicotteri russi nonostante le minacce turche

RIA Novosti, 21 novembre 2013

L’Armenia assegnerà spazio aggiuntivo alla base aerea di Erebuni per ospitare una squadriglia di elicotteri per rafforzare il contingente aereo russo nell’ex Stato sovietico, ha detto il viceministro della difesa dell’Armenia. La Base Aerea 3624 della Russia, presso l’aeroporto di Erebuni a Erevan, ospita attualmente almeno 16 jet da combattimento MiG-29 Fulcrum che operano nel quadro degli accordi sulla difesa aerea conclusi tra i membri della Comunità degli Stati Indipendenti. “La base russa avrà spazio aggiuntivo per ospitare elicotteri, edifici amministrativi e depositi per il carburante“, ha detto Ara Nazarjan in una riunione di governo. Nazarjan ha detto che la squadriglia russa della base di Erebuni comprenderà 18 elicotteri, ma non ha specificato di che tipo. Ha anche detto che la squadriglia dovrebbe arrivare entro la fine del mese.
La base aerea di Erebuni fa parte della 102.ma base militare della Russia di Gjumri, presso il confine tra Armenia e Turchia. La 102.ma base fu posta a Gjumri nel 1995 nell’ambito del trattato bilaterale esteso, nel 2010, a 49 anni garantendo la presenza militare russa in Armenia fino al 2044. Artur Bagdasarjan, capo del Consiglio di sicurezza nazionale dell’Armenia, ha detto a giugno che le basi militari russe in Armenia saranno ammodernate e migliorate nel corso dei prossimi anni.

Traduzione di Alessandro Lattanzio
http://www.statopotenza.eu/9388/armenia-pronta-base-per-elicotteri-russi-nonostante-le-minacce-turche

Israele ha deciso di fermare il rilascio di certificati di nascita per i bambini nati da stranieri.

24-11-2013
Lo Stato ebraico ritiene di non essere obbligato ad emettere tale documentazione.
Una mossa che mira ad evitare che gli stranieri utilizzino i certificati di nascita come mezzo utile a rimanere nel paese.
Il piano è stato comunicato nei documenti depositati all’Alta Corte lunedi in risposta ad un ricorso contro la politica esistente: già oggi, Israele non rilascia certificati di nascita per i figli dei clandestini – o “infiltrati illegali”, come li chiamano in ebraico – e si rifiuta di includere il nome del padre nei certificati di nascita stranieri. Nell’ambito di questa politica, Israele insiste che il nome di famiglia della madre può essere documentato come il cognome del bambino. A meno non vi sia la prova del DNA di paternità (a spese della donna).
Così, le immigrate non possono usare la gravidanza per poi rimanere in Israele come madri di un mezzo israeliano (ma non ebreo, in quanto la madre non è ebraica).
Il governo israeliano dice di non avere alcun obbligo legale di rilasciare certificati di nascita ufficiali agli stranieri, e intende smettere di farlo, per evitare che gli stranieri con tale documentazione possano rivendicare il diritto a rimanere nel paese. Invece, agli stranieri, saranno rilasciati certificati in ospedale, che sono attualmente scritti a mano in ebraico. E non hanno nessun valore.

Quando Maroni cercò di imporre il permesso di soggiorno a chiunque volesse una pratica ufficiale, compresi i genitori che dovevano registrare figli all’anagrafe, venne accusato di ‘nazismo’. Andate a dire agli ebrei che sono nazisti, ora. Sarebbe divertente.
http://voxnews.info/2013/11/24/israele-non-vuole-diventare-multietnico-stop-a-certificati-di-nascita-per-figli-immigrati/

Le frontiere esistono ancora: l’Austria ci rimanda i ‘profughi’

25-11-2013

Anche l’Austria, dopo la Francia, ha dato il via ai primi respingimenti dei figliocci di Alfano. I ‘profughi’ nordafricani sbarcati a Lampedusa e muniti di permesso di soggiorno temporaneo, titolo di viaggio e soldi dal governo Letta.
In otto sono stati respinti dalle autorità austriache al confine del Brennero. I provvedimenti sono stati motivati – secondo quanto riporta il Corriere dell’Alto Adige- con l’assenza dei requisiti economici adeguati per restare in Austria.
Rimarranno qui a stuprare. Ospiti di qualche comunità
http://voxnews.info/2013/11/25/le-frontiere-esistono-ancora-laustria-ci-rimanda-i-profughi/

La Francia neocolonialista e le relazioni pericolose di Enrico Letta

22 novembre 2013
Parigi, Letta incontra Hollande
Abbiamo tutti amato la Francia della grande Rivoluzione Repubblicana del 1789, della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo nella notte del 26 agosto dello stesso anno, della rivoluzione del 1848, della Comune di Parigi, primo tentativo di stato democratico avanzato; ma quella Francia non esiste più. Oggi la Francia (non importa che al potere vi sia la “destra” di Sarkozy o la presunta “sinistra” del socialista Hollande) è uno stato guerrafondaio e neocolonialista.

Nonostante le sconfitte subite ad opera del movimento di liberazione vietnamita, con la battaglia di Dien Bien Phu del 1954, e quella subita ad opera del Fronte di Liberazione Nazionale algerino nella guerra di indipendenza algerina (1954-1962), la Francia ha continuato negli ultimi 60 anni ad esercitare una forma di interferenza e dominio di stampo neocolonialista nei confronti delle sue ex-colonie africane, e di altri paesi africani come l’ex-Congo belga, l’Egitto ed il Ruanda, non rinunciando peraltro a tentare di interferire nella politica interna dei suoi ex-protettorati asiatici della Siria e del Libano.
Questa politica si è tradotta spesso in vere e proprie aggressioni armate, come quella perpetrata ai danni dell’Egitto nel 1956, insieme a Israele e Gran Bretagna. Sono seguite una serie di altri interventi armati via terra, bombardamenti, destituzioni “manu militari” di governi locali, cui si accenna solo brevemente:
 
-interventi in Gabon nel 1964 e 1990;
-in Ciad nel 1972 e 2008;
-nell’ex-Congo Belga nel 1978, 1991, 1994 e 2003;
-nella Repubblica Centroafricana nel 1979 e 1996;
-nella guerra del Niger nel 1983-1984;
-nelle Isole Comore nel 1989 e 1995;
-a Gibuti nel 1991;
-nel Ruanda nel 1994;
-nella Costa d’Avorio nel 2002 e 2004.
 
Venendo direttamente agli episodi più recenti:
 
-Libia 2011:
 
La Francia il 19 marzo 2011 iniziò unilateralmente l’ intervento militare contro la Libia di Gheddafi. Solo successivamente intervenne tutta la Nato, servendosi come pretesto di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che prevedeva l’istituzione di una “no fly zone” e genericamente azioni atte a “salvare i civili”.
 
In occasione dell’ assassinio di Gheddafi, ottobre 2011, “voci” ricorrenti, riprese anche dal Corriere della Sera, indicavano che l’ uccisione di Gheddafi, dopo che era stato catturato, era stata eseguita da un agente francese.
 
-Costa d’Avorio 2011:
 
Nel 2011, durante le guerra in civile in Costa d’Avorio, le forze militari francesi intervennero a favore di Alassane Ouattara, ex funzionario della Banca Mondiale. La guerra civile era scoppiata dopo il rifiuto da parte del presidente Laurent Gbagbo (indipendentista inviso a Parigi) di dimettersi e accettare il verdetto delle elezioni, da cui Alassane Ouattara (sostenuto dalla Francia e collegato ad importanti aziende francesi) sarebbe risultato Presidente (a meno di brogli).
 
-Mali 2013:
 
La Francia l’11 gennaio 2013 annunciò di avere iniziato operazioni militari in Mali contro i ribelli islamici in gran parte infiltratisi dalla “nuova” Libia post-Gheddafi. La presenza di truppe francesi è tuttora attiva.
 
Il 10 gennaio 2011 il Consiglio di Sicurezza ONU aveva deliberato che in Mali doveva intervenire una forza multinazionale a guida africana; i militari dell’ UE avrebbero dovuto fornire solo aiuti logistici.
 
Solo dopo “il fatto compiuto” francese, ONU e UE approvarono l’ intervento militare del paese occidentale. Questa eventualità, prima l’ intervento poi l’ approvazione ONU, non rientra in quello che è previsto dal Cap. VII della Carta ONU.
 
-Siria 2012-2013:
 
Sarkozy nel febbraio 2012 fonda il gruppo “Amici della Siria” che coordina gli interventi dei paesi occidentali e del Golfo in aiuto all’ opposizione siriana armata da loro sostenuta finanziariamente e militarmente.
 
30 agosto 2012: in Consiglio di Sicurezza la Francia cerca di fare passare la proposta di zone cuscinetto e “corridoi umanitari” presidiati militarmente, ma la cosa non viene approvata per l’opposizione di Russia e Cina.
 
31 agosto 2013: Hollande aveva già ordinato ai suoi cacciabombardieri di colpire in Siria, ma viene fermato all’ultimo momento dall’accordo USA-Russia.
 
– Nucleare, Iran ed Israele 2013
 
La Francia nel novembre 2013 blocca l’ accordo tra Iran e i paesi (5 + 1) che trattano sul nucleare iraniano.
 
La settimana successiva Hollande in Israele dichiara che terrà ferma la sua posizione contro l’accordo, aprendo inquietanti scenari di tensione internazionale e di guerra.
 
Il 20 novembre, mentre si stava discutendo in Parlamento, e poi in Senato, sul rifinanziamento delle missioni militari italiane all’estero spacciate per “missioni di pace”, si è svolto a Roma l’incontro tra Enrico Letta ed il Primo Ministro francese Hollande. L’incontro non ha riguardato solo la riconferma della decisione comune di portare avanti la costruzione della TAV, la faraonica ed inutile opera che dovrebbe sconvolgere la Val di Susa, assicurando ingenti profitti a grandi gruppi capitalistici italiani e francesi, nonostante le inascoltate e represse proteste popolari nella Valle e nella stessa Roma.
Certamente un altro argomento di discussione è stato quello degli interventi militari di stampo neo-coloniale, non solo in Libia, dove l’Italia si prepara a finanziare ed addestrare un esercito di mercenari per riportare “ordine” in quel paese sconvolto e nel caos, ma anche in Siria. Infatti Francia ed Italia continuano a far parte del gruppo di “amici della Siria”, ovvero un gruppo di paesi che sostiene finanziariamente e militarmente i cosiddetti “ribelli” che stanno tentando di distruggere anche quel paese.
Il completamento di questo disegno sarà il programmato incontro – il 2 dicembre prossimo a Roma – tra lo stesso Letta e Netanyahu, primo ministro di uno stato colonialista come Israele, che continua a praticare l’apartheid nei confronti dei Palestinesi. Si parlerà di accordi militari e della vendita di armi ad Israele. Si prenderanno gli ultimi accordi per una grande esercitazione militare congiunta tra Italia ed Israele, già programmata da tempo, in cui è simulata una minaccia esterna contro il territorio israeliano. Gli stati “canaglia” della regione, Iran e Siria, già sottoposti ad embargo e messi sotto accusa soprattutto da Francia, Israele e petromonarchie, sono nel mirino. Tutto torna: il quadro è completo.
 
Enzo Brandi,
 in collaborazione con Marco Palombo
http://www.sibialiria.org/wordpress/?p=2068

Cisgiordania, l’occupazione ha arrestato 80 palestinesi la scorsa settimana

News Rapporti e statistiche – 25/11/2013
Ramallah-InfoPal. Dati statistici pubblicati dal movimento di resistenza islamico, Hamas, rivelano che durante la scorsa settimana, le forze di occupazione israeliane hanno arrestato circa 80 palestinesi dalle città della Cisgiordania, dopo aver assaltato le loro case durante la notte.

Il rapporto ha registrato l’arresto di 80 palestinesi, 16 dei quali provenivano da Gerusalemme, 38 da Nablus, Jenin, Tulkarem e Qalqilia, in Cisgiordania settentrionale. L’occupazione ha inoltre arrestato sei cittadini di Ramallah e 20 di Hebron e Betlemme, a sud della Cisgiordania .

Il rapporto ha inoltre rivelato che tra gli arrestati, tre sono ex detenuti liberati dalle carceri dell’Autorità palestinese, Anp, e una ragazza di Ramallah.
http://www.infopal.it/cisgiordania-loccupazione-ha-arrestato-80-palestinesi-la-scorsa-settimana/

I futuri collegamenti sul web si faranno con una lampadina

By Edoardo Capuano – Posted on 05 novembre 2013

 Luce

La tecnologia si chiama Li-Wi (Light-fidelity).La sperimentazione è stata fatta dai ricercatori della Fudan University di Shanghai che hanno connesso al web quattro computer tramite un’unica lampada a Led da un Watt.

 Il wirless potrebbe diventare preistoria del collegamento Internet senza fili.

 La prova è che a Shanghai è stato condotto con successo un esperimento per connettere un computer a Internet usando solo la luce. La tecnologia si chiama Li-Wi (Light-fidelity).

 A capo di questa sperimentazione ci sono i ricercatori della Fudan University di Shanghai che hanno connesso al web quattro computer tramite un’unica lampada a Led da un Watt. La scelta non è stata casuale visto che solo questo tipo di luce a differenza di quella a incandescenza è facilmente controllabile e capace di intermittenze di pochi microsecondi.

 C’È UN CHIP NELLA LAMPADINA In pratica, nella lampadina è stato posizionato un chip che invia i dati a una frequenza dello spettro elettromagnetico visibile a occhio nudo. I dati illuminati vengono catturati da un sensore sul pc (simile a una videocamera nel funzionamento) che li trasforma per darli in pasto al computer.

 La velocità raggiunta nell’esperimento cinese è stata di 150 Megabit al secondo (Mbps), quindici volte i più diffusi Wi-Fi.

 Fonte: cadoinpiedi.it

La manipolazione intenzionale su larga scala del contesto globale

Cambiamenti climatici e Geoingegneria                                     

FONTE

Tradotto e Riadattato daFractions Of Reality

Un elemento ecologico e sociale che manca nel movimento di discussione sul cambiamento climatico è la ‘geoingegneria’. ‘Geoingegneria’ è una delle parole usate per le tecniche che vengono proposte sempre più spesso da scienziati e giornalisti come rimedio ‘politicamente realistico’ per il cambiamento climatico.

Un articolo recentemente pubblicato sulla rivista Popular Science fornisce un esempio caratteristico di questo tipo di proposte.

Descrivendo un incontro alla Casa Bianca nel settembre 2001 organizzato da Climate Change Technology Program del Presidente degli Stati Uniti per discutere di ‘opzioni di risposta al rapido cambiamento climatico’, l’articolo ammette francamente che ‘mentre i funzionari dell’amministrazione insistevano pubblicamente che non vi era alcuna prova che il pianeta si stesse surriscaldando, ma nel mentre stavano tranquillamente esplorando possibili modi per raffreddare il calore della terra’.

 Nel marzo 2001 il presidente Bush aveva ritirato il sostegno degli Stati Uniti dal Protocollo di Kyoto. Questo incontro quindi ha rappresentato qualcosa di simile a una controproposta statunitense a Kyoto, un ‘approccio alternativo al cambiamento climatico’.

Alcuni anni fa, Edward Teller, nel suo ‘La protezione solare per il Pianeta Terra’, ha fatto una simile proposta ‘alternativa’.

 Il fisico ed economista David Keith, che era presente alla riunione Casa Bianca, è citato nell’articolo per aver detto ‘se avessero trasmesso quell’incontro in diretta tv alle persone in Europa, ci sarebbe stati certamente tumulti e rivolte.’

Chiunque può vedere che quali erano le proposte di tipo ‘geoingegneristico’ semplicemente leggendo l’ articolo di Popular Science.

 Per coloro i quali questo risulta difficile, le proposte comprendono: 

1) stoccaggio sotterraneo di anidride carbonica, 

2) impianti di lavaggio del vento per filtrare l’anidride carbonica dell’aria 

3) ‘fertilizzazione’ degli oceani con il ferro per favorire la crescita di plancton, 

4) pietrificazione di anidride carbonica, 

5) deflessione della luce solare da terra attraverso l’uso di uno specchio spaziale gigante che coprirebbe una superficie di 600,000 miglia quadrate.

 Un punto degno di nota, almeno di sfuggita, escludendo la parte della questione relativa all’efficacia di queste misure, è che  queste ‘soluzioni’ sono tutte altamente dipendenti dal petrolio che è la causa originale dei problemi in gran parte dovuti dalla combustione di  fossili, in un mondo che sta cominciando ad essere a corto di petrolio. (!)

Almeno in un caso della geoingegneria ci sono evidenze che suggeriscono che, nonostante le smentite ufficiali, un programma che serve alcuni di questi scopi non solo è una proposta, ma una realtà in atto ed è in fase di attuazione su vasta scala da almeno un decennio.

Quanto sono significative le smentite ufficiali? Si noti che l’articolo di Popular Science stesso ammette che le parole dell’amministrazione statunitense della ‘prova che il pianeta si sta riscaldando’ non corrispondono ai fatti. Se persone non sincere smentiscono ufficialmente il riscaldamento globale, perché persone false dovrebbero smentire ufficialmente le misure effettivamente in corso, presumibilmente per combattere il riscaldamento globale ?

 La Geoingegneria è definita come una ‘manipolazione su larga scala intenzionale dell’ambiente globale’, per esempio alterando il clima con il principale intento di ridurre indesiderati cambiamenti climatici causati da influenze umane. ‘Schemi di geoingegneria cercano di mitigare l’effetto della combustione di combustibili fossili sul clima senza diminuire l’uso di combustibili fossili, ad esempio mettendo scudi nello spazio per ridurre la luce solare incidente sulla Terra.’ (Keith DW 1999. Geoingegneria, Encyclopedia of Global Change, New York).

 In relazione alla ‘geoingegneria’, il ‘Climate Change 2001’ la relazione del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici conferma che ‘include la possibilità di ingegneria climatico sul sistema della terra con la manipolazione su larga scala del bilancio energetico globale. È stato stimato, per esempio, che l’effetto medio sulla superficie terrestre dal bilancio energetico del raddoppio della CO2 potrebbe essere compensata da un aumento dal 1,5% al 2% nel terrestre albedo, ossia riflettendo la radiazione solare incidenti supplementari nello spazio …. Teller et al. (1997) hanno trovato che ~ 107 t di aerosol dielettriche di ~ 100 nm di diametro sarebbero sufficienti per aumentare l’albedo della terra di ~ 1%. Essi mostrarono che la massa richiesta di un sistema basato su particelle di allumina sarebbe simile a quello di un sistema basato su aerosol di acido solforico … (Si) dimostrano che l’uso di dispersori metallici o otticamente risonanti possono, in linea di principio, ridurre notevolmente la massa totale richiesta di particelle necessarie. “

 Se, come molti indizi suggeriscono, tali programmi e queste idee sono già in fase di attuazione su scala molto grande e al di fuori del quadro del diritto internazionale, allora devono essere fermati o legalizzati. Non vi è alcuna organizzazione ecologica in disaccordo con loro ‘a porte chiuse’ mentre in pubblico si limitano ad obiezioni a livello ‘filosofico’.

 Ai primi di settembre 2005, il meteorologo Scott Stevens ha provocato uno scandalo a livello nazionale negli Stati Uniti, con accuse che l’uragano Katrina era stato causato da mafiosi giapponesi che utilizzano un generatore elettromagnetico venduto loro dai russi. (Più o meno allo stesso modo l’anno scorso, poco prima del 26 dicembre dello tsunami che ha ucciso 300.000 persone nel Sud-Est asiatico, l’autore Michael Crichton ha pubblicato un romanzo best-seller ‘Stato di paura’, che parlava di “terroristi ecologisti” che, allo scopo di garantire il finanziamento dei loro programmi, si erano impegnati nella produzione artificiale di terremoti e tsunami.)

La verità è che non siamo in grado di dimostrare ai teorici della cospirazione che si sbagliano quando escono con scenari di questo tipo. Non è un compito facile in situazioni di segretezza e di non-trasparenza per i cittadini (e forse non solo il cittadino comune) distinguere tra la mitigazione non militare del clima e le tecniche di ‘clima come arma’.

 Se i partiti politici, i parlamenti e i mass media tradizionali non sono disposti a sopportare il costo politico dell’onestà nei confronti di un tema delicato come la  ‘geoingegneria’ allora i Forum sociali devono assumersi questa responsabilità per loro conto.

 Wayne Hall è un membro fondatore di ATTAC-Hellas http://www.attac-hellas.org

 Postato 6 hours ago da Frammenti di Realtà

http://fractionsofreality.blogspot.com/2013/11/la-manipolazione-intenzionale-su-larga.html

Suicidi da Stato e la difesa a oltranza della Costituzione

Marco Fontana, Redazione Online
7.11.2013, 12:28

Madre e figlia finiscono sul marciapiede a prostituirsi, piegate nella loro dignità dalla mancanza di lavoro e di prospettive, insomma dalla crisi economica. Non è la sintesi di un feuilleton ottocentesco, ma è cronaca di oggi, e non accade in una bidonville indiana o in una favela brasiliana, ma a Rimini, in Emilia-Romagna, un luogo che ogni anno è cartolina dell’Italia all’estero.
Un ex muratore di 62 anni – un “esodato” che ha assistito senza poter reagire alla rapidissima cancellazione della sua pensione da parte del governo Monti – e sua moglie hanno lasciato un biglietto sull’auto dei vicini e si sono uccisi nello scantinato di casa. Raggiunto dalla notizia, il fratello della donna si è suicidato gettandosi in mare. Anche in questo caso non è la trama di un film neorealista, ma si tratta di un “suicidio da Stato”, l’ennesimo di questi tempi, in cui è assordante il silenzio di chi dovrebbe parlare e dove le cure scelte sono peggiori dei mali che dovrebbero sanare.

Dall’inizio della crisi sono praticamente raddoppiati (+99%) gli italiani che si trovano in una condizione di povertà assoluta, mentre oggi sono 4,81 milioni quelli che non hanno una disponibilità economica sufficiente ad acquistare i beni essenziali per vivere. Un terzo delle famiglie non riesce a far fronte a spese impreviste di 750 euro. Tra il 2010 e il 2011, il numero di italiani che non hanno potuto accedere alle cure mediche, perché troppo costose, è salito al 42%. È inoltre raddoppiato il numero di persone che non mangiano. Lo attesta la spesa alimentare delle famiglie, che è tornata indietro di venti anni. Ma non potrebbe essere diversamente, con i disarmanti e drammatici dati sulla disoccupazione e sulla moria industriale, che colpiscono come una fucilata nel petto chiunque guardi un telegiornale: un è bollettino di guerra che stordisce, in particolare se si pensa che dietro quei numeri vi sono facce vere e storie comuni.

Sono cifre impressionanti, che riportano il nostro Paese indietro di decenni. Ma soprattutto sono la certificazione che intere generazione sono andate perdute. Quelle dei nostri figli, che vivono nell’angoscia di entrare in quel tragico e grottesco 40,4% di senza lavoro e senza speranze; e quelle di molti padri over 40 che nel perdere il lavoro si vedono privati anche della dignità di poter sostenere la propria famiglia, magari quegli stessi figli che il lavoro lo cercano senza trovarlo. È un cortocircuito sociale senza precedenti, di cui tutta la classe politica e dirigente è responsabile.

E questo alla faccia della Carta Costituzionale, che a più riprese cita il termine lavoro definendolo un “diritto”. Oggi c’è chi manifesta per non modificare la Costituzione; e c’è anche chi ha inaugurato dei movimenti anti-riforma. Eppure sono molti gli interrogativi che nascono spontanei quando si analizza la massima legge italiana. Pensiamo all’articolo 4: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”; inoltre leggiamo che “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni”, e che “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.

Tra i molti quesiti che vengono in mente, uno più di tutti merita una risposta: è giusto mantenere in vita dei simulacri utopici, che sono da tempo, se non da sempre, lettera morta? Persone come Rodotà, Travaglio, Grillo e una limitata accolita di intellettuali e radical chic, sono preoccupati più a salvare delle parole che non ad adoperarsi perché queste diventino azioni politiche concrete. È triste constatare come questa organizzata minoranza si aggrappi alle parole come un ubriaco ad un lampione. I principi costituzionali sono fatti per vivere e non per sopravvivere alla comunità. Non sono fatti per essere memoria delle generazioni ma per assicurare un futuro ad esse.

In una situazione del genere è sconcertante guardare ai partiti e alle loro divisioni interne. Il Partito Democratico e il Popolo della Libertà sono dilaniati da lotte intestine, mentre fuori dal Palazzo monta la rabbia dei cittadini macerati dall’impotenza. Intanto, l’Europa guarda al disfacimento di uno dei suoi Paesi fondatori col sereno distacco del giudice di gara che annota il punteggio sul tabellone. Anzi, essa sta contribuendo molto spesso al disgregamento della nostra Italia: basti pensare ai 64 miliardi di euro che abbiamo dovuto elargire per aiutare gli altri Stati dell’Ue, quando avremmo dovuto noi essere i primi a ricevere gli aiuti. Ma d’altra parte, tutto ha un prezzo, anche la carità federalista comunitari, che – è risaputo – ha tassi d’interesse altissimi per il bene di pochi.
http://italian.ruvr.ru/2013_11_07/Suicidi-da-Stato-e-la-difesa-a-oltranza-della-Costituzione/