Ghennady Zyuganov: “Giù le mani dalla Siria”

purtroppo molta sinistra è completamente filo atlantista ed imperialista e lontana perfino dai comunisti russi che un tempo erano il loro faro

http://www.marx21.it/internazionale/pace-e-guerra/23130-ghennady-zyuganov-giu-le-mani-dalla-siria.html

 
da www.larepublica.es | Traduzione dallo spagnolo di Sandro Scardigli per Marx21.it
 
Intervista della “Pravda” al leader del Partito Comunista della Federazione Russa
 
Gennady Andreyevich, si sono recentemente riuniti a Londra i ministri degli Esteri del cosiddetto gruppo degli “Amici della Siria”, per discutere sulle questioni relative allo svolgimento della conferenza di pace “Ginevra 2” e alla partecipazione in questa dell’opposizione siriana. Quali sono le sue impressioni sull’incontro? Pensa che abbia raggiunto il suo obiettivo?
 
Si sapeva fin dall’inizio che dall’incontro non sarebbe in ogni caso uscita alcuna soluzione di rilievo. Il leader della Coalizione Nazionale Siriana, Ahmad Yarba, ha posto fin dall’inizio la condizione delle dimissioni di Bashar al Assad per partecipare alla conferenza. I gruppi dell’opposizione si erano già rifiutati in molteplici occasioni di partecipare a qualsiasi colloquio con i rappresentanti del governo siriano, mettendo come pre-condizione le dimissioni del presidente Assad, cosa che, come sappiamo già, Damasco non accetterà.
Gli “amici della Siria” si sono limitati a diffondere una formale dichiarazione d’intenti per cercare una soluzione al problema, invitando l’opposizione a sedersi al tavolo dei negoziati con la comunità internazionale. Nello stesso tempo i Paesi occidentali hanno chiarito una volta di più quali siano le loro reali intenzioni. Non accetteranno mai che in Siria rimanga in carica un governo che non rappresenta i loro interessi. L’obiettivo principale che perseguono resta un cambio di regime. Il ministro degli Esteri britannico, William Hague, ha detto che Assad non può restare al potere e che per lui non ci sarà posto nel sistema politico di una Siria democratica e pacifica. Hague ha anche sottolineato che si tratta di una posizione consolidata dei Paesi “Amici della Siria”. Questa intransigenza dell’opposizione e dei suoi protettori nel mondo arabo è usata dagli americani, che sembrano essere molto preoccupati che la conferenza di pace abbia successo, mentre in realtà stanno cercando di sabotare l’appuntamento di Ginevra.
 
Quindi lei ritiene che la risoluzione 2118 recentemente approvata all’unanimità dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che costringe Damasco a rinunciare al suo arsenale chimico, non rappresenti quel “passo avanti” spacciato dai media? Crede che l’accordo raggiunto, il primo dopo il conflitto armato scoppiato in Siria, rappresenti un successo della diplomazia russa?
 
La risoluzione sulla Siria ha tolto momentaneamente all’Occidente il pretesto per l’aggressione, che era stata organizzata dopo la provocazione con le armi chimiche, attuata da mercenari nel mese di agosto. Ha anche aperto la possibilità di convocare per novembre la conferenza di pace “Ginevra-2”. È stato anche ottenuto che il testo della risoluzione non preveda l’adozione del paragrafo 7 della Carta delle Nazioni Unite, vale a dire il ricorso automatico a misure coercitive, che era qualcosa su cui i paesi occidentali avevano insistito. Per il momento l’Occidente, nonostante le sue pressioni e le continue accuse alla Russia di mantenere in sella un “regime assassino”, non è riuscito a far sì che lo scenario libico si ripetesse. Quindi, se lo analizziamo da questo punto di vista, si tratta di un indubbio risultato, reso possibile dalla coerente posizione di principio che ha adottato il Ministero degli Esteri rispetto alla Siria.
Sarebbe però ingenuo pensare che l’accordo sulle armi chimiche elimini tutte le cause del conflitto e che USA e alleati rinuncino a destabilizzare ulteriormente la situazione dello Stato mediorientale, con l’obiettivo di rovesciarne il governo legittimo. Una serie di dichiarazioni dei leaders occidentali indica che non ci si può aspettare la rinuncia alla retorica di guerra e quindi la possibilità di un intervento militare in Siria è ancora all’ordine del giorno. Basta leggere quanto affermato dal ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, il quale sottolinea che la decisione di distruggere le armi chimiche è solo un primo passo e che non comporta di per sé l’improponibilità dell’uso della forza contro Damasco, in ottemperanza al paragrafo sette della Carta delle Nazioni Unite.
Il Segretario di Stato USA ha già avvertito che se “Damasco non rispetta gli obblighi previsti dalla risoluzione, dovrà subirne le conseguenze”.
È di fondamentale importanza tener presente che la risoluzione 2118 non risolve il problema principale: la cessazione dell’aggressione contro la Siria, che dura da più di due anni ad opera di mercenari che utilizzano proprio le armi chimiche. Inoltre, sia gli USA che gli altri paesi membri della NATO stanno incrementando sempre più l’invio di armi, l’addestramento e il finanziamento dell’opposizione.
È soprattutto la Turchia che mantiene questo spirito bellicoso, sostenendo attivamente le formazioni mercenarie e consentendo all’uso del suo territorio per l’addestramento dei combattenti, per la consegna di armi e l’arruolamento di “volontari”. Il parlamento di Ankara, pochi giorni fa, ha prorogato di un anno l’autorizzazione all’ingresso di truppe turche in Siria, in caso di necessità.
 
Questa condotta dell’Occidente, guidato dagli Stati Uniti, che da un lato fornisce ogni sorta di aiuto ai “ribelli” e dall’altro dichiara che è essenziale l’effettuazione di una conferenza internazionale per cercare una soluzione politica al conflitto siriano, sembra priva di senso …
 
L’Occidente ha ancora una volta evidenziato tutta l’ipocrisia e la doppia morale della sua politica. Gli occidentali, così “amanti della verità”, ignorano con perfido cinismo le prove rese note dalla Russia sull’implicazione di bande mercenarie negli attacchi con armi chimiche e continuano ad accusare il governo siriano di crimini di guerra.
Nello stesso tempo si chiede alla Siria di distruggere il suo arsenale chimico mentre da Israele, che è sotto la protezione degli Stati Uniti, non si pretende il ritiro dalle alture del Golan, occupato dal 1967, che rinunci al suo arsenale nucleare o distrugga le sue armi chimiche, che aderisca all’accordo di non proliferazione nucleare.
Gli USA e i loro alleati, al contrario, collaborano apertamente con organizzazioni terroristiche come Al-Qaeda e Al-Nusra, che posseggono componenti per fabbricare armi chimiche ed è quindi probabile una qualche provocazione da parte loro. Questa apparente mancanza di logica nella condotta degli Stati Uniti, si spiega con il fatto che la politica estera nordamericana è diretta dai “neocons”. I temporanei inquilini della Casa Bianca sono solo gli esecutori di questo gioco globale diretto dalle corporazioni transnazionali, nelle cui mani sono concentrate tutte le più importanti leve del potere e il cui fine è la dominazione del mondo. Esse sono le vere padrone degli USA.
 
Chi rappresenta l’opposizione siriana, qual è il suo stato attuale e la sua influenza sul Paese?
 
I media internazionali, che disegnano così coloritamente per l’immaginario degli europei creduloni tutti gli orrori e le atrocità che sarebbero stati commessi dal governo di Assad, definiscono in vari modi coloro che combattono contro il governo legittimo: opposizione, ribelli, combattenti per la libertà. Ma se andiamo a vedere chi fa parte dei gruppi “ribelli”, balza agli occhi che queste definizioni non sono applicabili. Ci troviamo di fronte a un amalgama di bande armate e gruppi terroristici semplicemente mercenari, reclutati in tutto il Medio Oriente.
In Siria non esiste oggi un’opposizione consolidata. Inoltre, più il conflitto si incancrenisce e più l’opposizione appare divisa. Secondo alcune fonti operano nel Paese circa 400 gruppi armati, dediti al saccheggio e che si sparano addosso fra loro per contendersi il potere. Secondo i dati, ci sarebbero oggi circa 100.000 mercenari che combattono dalla parte dell’opposizione.
Sembra inoltre approfondirsi lo scontro ideologico tra le fila dell’opposizione. Stanno acquisendo un ruolo sempre più importante gli islamisti radicali, il cui obiettivo è quello di istituire uno Stato islamico fondato sull’applicazione della “sharia” nei territori strappati al Governo.
Questa tendenza si accentuerà sempre di più. I media hanno annunciato che tredici comandanti hanno dichiarato di non accettare l’autorità del “Esercito siriano libero”, né della Coalizione Nazionale. Quaranta gruppi hanno poi dichiarato che formeranno un fronte islamico.
E così, invece di un governo siriano laico, alla cui formazione dicono di essere interessate le potenze occidentali, quel che è legittimo aspettarsi nel prossimo futuro in tutto il Medio Oriente è un’ondata di fondamentalismo fuori controllo. Gli Stati Uniti e tutti i loro satelliti stanno creando con le proprie azioni un terreno fertile per il rafforzamento degli estremisti, che sempre più di frequente entrano in combattimento con le fazioni più moderate, per ottenere il controllo delle spedizioni di armi e di altre forme di sostegno provenienti dall’estero, per acquisire aree di influenza, il controllo dei centri urbani. Si tratta di una politica che in ultima analisi si ritorcerà contro l’Occidente …
 
Pensa che sia possibile una soluzione pacifica del conflitto armato in Siria? Cosa potrebbe essere fatto per raggiungere questo scopo?
 
Noi insistiamo sulla ricerca di una soluzione del conflitto siriano che venga perseguita esclusivamente con mezzi politici. Ma per raggiungere questo obiettivo, la condizione necessaria è che i Paesi occidentali e i loro alleati cessino immediatamente di fornire armi, di addestrare e finanziare i gruppi armati operanti in Siria. Solo la fine delle ingerenze straniere negli affari interni della Siria (Stato membro dell’ONU) è in grado di porre fine allo spargimento di sangue e di consentire a milioni di civili siriani il ritorno alle loro case.
 
Il testo originale dell’intervista

La “Monsanto”, figlia prediletta di Satana

una cosa è certa, pare che il progresso sia sempre più contro la VITA (umana e non)

di Gianni Tirelli

Da una parte c’é l’industria chimica in forte espansione – dall’altra la natura, in forte estinzione!! Questa equazione fa rabbrividire!! L’industria della chimica è la peggiore fra le moderne calamità, e i suoi effetti sull’ambiente tutto e sulla salute dell’uomo sono a tal punto devastanti, da essersi resa necessaria una chiusura forzata di tutte le fabbriche e il loro sistematico smantellamento.
La contaminazione del territorio, delle acque e dell’aria, hanno raggiunto livelli apocalittici che sono causa delle più svariate forme di patologie tumorali, neurologiche, e di una lunga serie di altrettante malattie, disfunzioni organiche, allergie, e disturbi di varia natura, che la moderna scienza non è in grado di codificare, di comprendere, ne tanto meno curare – Tutto questo “moderno dolore”, è di fatto il prodotto della ricerca e dell’innovazione scientifica, le cui controindicazioni, interazioni ed effetti collaterali, superano di gran lunga i benefici promessi, propagandati e garantiti come miracolosi, innovativi, ed esclusivi. Un imbroglio galattico, un’impostura infernale che ci perseguita da decenni, architettato e pianificato in nome della logica del profitto ad ogni costo e con ogni mezzo, e che non tiene in nessun conto il diritto alla salute dei cittadini, ma si accanisce con sadico piacere sulle loro speranze.
Il primo passo verso il cambiamento di una metamorfosi rivoluzionaria radicale della società dei consumi, sta nel riconvertire “l’industria agro alimentare”, nella semplice locuzione, “agricoltura biologica”. In realtà, “industria agroalimentare”, non significa nulla – una vera bestialità; quel subdolo esercizio di illusionismo, oggi molto in voga, che in veste di ossimoro, intende sdoganare il concetto di Male, affiancandolo al suo opposto.
Nel nostro caso, l’Industria rappresenta la morte e, “agro alimentare”, la vita. Parlo di due dimensioni distinte, opposte e contrapposte che, per logica e natura, si respingono e si combattono. Ogni sforzo finalizzato a fonderle fra loro (in virtù di perverse logiche volte all’interesse particolare e al potere), produce come risultato ultimo, l’azzeramento di ogni punto di riferimento e oggettivo parametro di giudizio e di comparazione, in mancanza dei quali, ogni confine etico e morale, viene superato, azzerando in noi la capacità di separare la libertà dalla licenza, il progresso dalla catastrofe ambientale e, in fine, la luce dalle tenebre.

La “Monsanto”, figlia prediletta di Satana, si pone a paradigma supremo di quel concetto di distruzione e di degenerazione, che lo stesso capital-liberismo condivide nel suo DNA, come eccellenze genetiche. E’ la rappresentazione plastica di come il “maligno”, da eccellente trasformista, pianifichi il suo progetto di sterminio, mascherandosi subdolamente sotto le vesti di un cognome dall’etimologia spagnola (Monsanto = Monte Santo), che all’apparenza interpreta un non che di sacro, di puro, incontaminato da ogni intrusione di natura malefica.
Diversamente, questa fucina del male, commercia quanto di più ingannevole si possa tramare, produrre, acquistare e consumare. Una fabbrica di morte e di dolore per definizione che, in pochi decenni, ha infettato in forma virale tutta la catena alimentare, dalla semina al raccolto. I breve, tutto il ciclo della nostra esistenza.
Monsanto è dunque un’impresa criminale, più volte condannata per la sua perversa attività industriale, in ragione di un composto tossico (PCB) miscela chimica ora proibita, ma che continua a contaminare il pianeta. Per 50 anni il PCB fu impiegato come liquido refrigerante dei trasformatori. Monsanto, che fu condannata per questo motivo, conosceva essere un prodotto altamente cancerogeno, però nascose le informazioni corrompendo e minacciando di morte. Così nasconde i dati a riguardo dei suoi prodotti, mente e falsifica i resoconti; ma non solo questo. Ogni volta che scienziati indipendenti tentano di fare il loro lavoro di ricerca sui transgenici, ricevono pressioni, minacce o perdono il posto di lavoro.
La stessa storia si è ripetuta con due erbicidi prodotti da Monsanto, che formarono il cocktail chiamato “agente orange” (agente arancio) utilizzato nella guerra del Vietnam. Sapevano della sua tossicità ma lo usarono ugualmente. Non solo, alterarono gli studi fatti per nascondere la relazione tra diossina e cancro. È il modus operandi ricorrente della Monsanto. Alcuni dicono che questo avveniva nel passato, però non è così! E’ un modo di ottenere profitti, ancora uso. L’azienda non accettò mai il suo passato e le sue responsabilità. Negò sempre tutto. Questa è la sua linea di condotta. Oggi la stessa cosa accade con i cibi transgenici e il Roundup.

Tutti i semi transgenici esistenti sono controllati da sei imprese: Monsanto, Syngenta, DuPont, Dow, Bayer e Basf. Sono multinazionali del settore chimico che si impadroniscono delle compagnie di grani per controllare il mercato agricolo, vendendo semi che si legano ai pesticidi che esse producono (erbicidi, insetticidi, ecc.).
Oltre a Monsanto, tutte hanno una storia criminale che include, tra gli altri reati, gravi disastri ambientali e contro la vita umana. Tutte, una volta scoperte, hanno cercato di rifuggire le proprie colpe, tentando di deformare la realtà con menzogne e/o con la corruzione. Il fatto che tutti gli OGM siano omologati e che la contaminazione è un delitto efferato premeditato, significa che qualunque paese autorizzi gli OGM, di fatto consegna la propria sovranità alle decisioni di alcune multinazionali che agiscono secondo loro esigenza di lucrare. Inoltre, trattandosi di queste imprese, autorizzare la semina di OGM vuol dire consegnare i semi, i contadini e la sovranità alimentare, a un pugno di criminali in grande scala.

L’obiettivo di Monsanto è controllare la catena alimentare globale. I cibi trasngenici sono il mezzo per raggiungere questo obiettivo. I brevetti la via per ottenerlo. La prima tappa della “rivoluzione verde” già si è conclusa – fu quella delle piante ad alto rendimento con l’utilizzo di pesticidi e relativo inquinamento ambientale. Ora siamo nella seconda fase di questa “rivoluzione” dove la chiave sta nel far valere i brevetti sugli alimenti. Questo non ha niente a che vedere con l’idea di alimentare il mondo. L’unico fine è aumentare gli introiti delle grandi coorporation. Monsanto guadagna in tutto e su tutto. Ti vende il pacchetto tecnologico completo, i semi brevettati e l’erbicida obbligatorio per quel seme.

La Monsanto è l’avamposto strategico di Satana, in marcia lungo la strada tracciata dal Capital/liberismo che ha fatto terra bruciata di quell’impianto etico connaturato all’origine, in modo di facilitare la sua escalation e sgombrare dal campo ogni ostacolo di natura morale che potesse rallentare la su avanzata verso il dominio sul mondo.

La Monsanto e sorelle, andrebbe immediatamente bombardata, ma nessuno al mondo si prenderà mai questa briga.
Al punto in cui siamo (di non ritorno) non ci resta che attendere il giorno della fine, comodamente seduti sul divano delle libertà irrise e perdute.
http://www.oltrelacoltre.com/?p=17468

Droni subacquei Usa negli oceani.

NEW YORK – La rotta più lunga parte dalla East Coast degli Stati Uniti, attraversa l’ Atlantico puntando dritto alle isole Azzorre e finisce al largo del Portogallo. Un’ altra costeggia l’ isola di Capoverde e le Canarie, poi risale fino all’ Islanda. Una terza circumnaviga Portoricoe Cuba. Sono i nuovi itinerari dei droni. A centinaia di metri sotto la superficie dell’acqua.
Ormai noti da tempo come i nuovi killer dei cieli, ampiamente usati dalla Cia e dal Pentagono per gli attacchi contro i taliban e Al Qaeda; sempre più diffusi anche in funzioni di spionaggio aereo al servizio del Grande Fratello; ora i robot senza pilota abbattono una nuova barriera e s’ impadroniscono degli oceani. Inizialmente a scopi scientifici, meteorologici, perfino umanitari. Naturalmente l’uso militare è già previsto: una delle più grosse flotte di droni subacquei è già in dotazione alla U.S. Navy, ben 65 apparecchi. Forse un giorno la caccia ai sottomarini nucleari russi o cinesi la faranno loro, se non la stanno già facendo. Per adesso a esaltare questo uso dei droni subacquei sono soprattutto gli scienziati, dai biologi marini agli studiosi del clima, tutti convinti delle loro enormi potenzialità. Una delle più importanti università che li usa è la Rutgers, i cui biologi marini operano da una base di Atlantic City. Il loro progetto coinvolge 16 agenzie federali di Stati Uniti e Canada, ed è battezzato “Gliderpalooza”.È la fusione di due parole, “glider” sta per aliante ma può indicare altri apparecchi che si muovono senza motore, “palooza” è un festino. La tecnologia di questi droni li rende versatili, poco costosi rispetto ad altri apparecchi per l’esplorazione sottomarina, e anche molto discreti (cosa che certamente attira i militari). Non hanno eliche, si spostano perché assorbono e poi espellono piccole quantità d’ acqua, così facendo azionano delle “pinne” meccaniche che li muovono. Prodotti dalla Teledyne Webb Research Corporation, gli Slocum Glider in dotazione alla Rutgers costano dai 125.000 ai 150.000 dollari, molto meno dei sommergibili scientifici alla Cousteau il cui funzionamento può costare fino a 100.000 dollari al giorno. Un’inchiesta del New York Times tra gli scienziati della Rutgers University rivela le applicazioni più affascinanti dei droni marini. Gli oceani sono oggetto di studio da molti decenni usando i satelliti, e ad altri sistemi di rilevazione disseminati su boe galleggianti dotate di sensori. Ma con l’eccezione delle spedizioni ad alte profondità, rare e costose, tutti questi strumenti di osservazione restano in superficie. I droni invece si spingono agevolmente fino a 200 metri di profondità, e possono essere configurati per andare molto più giù. La flotta in dotazione alla Rutgers University ha già ultimato missioni per 150.000 km. Le informazioni raccolte, ha spiegato l’oceanografo Scott Glenn al New York Times, possono rendere più precise e affidabili le previsioni su eventi naturali distruttivi, come gli uragani e i tifoni. L’intensità di queste turbolenze atmosferiche è determinata spesso dalla temperatura degli oceani a grandi profondità. «Prevedere meglio la loro intensità significa poter valutare meglio l’impatto sulle popolazioni umane, soprattutto in Asia dove vive la maggior parte delle popolazioni colpite quando tifoni e uragani arrivano sulla terraferma», secondo Glenn. Dall’ uragano Sandy che devastò la East Coast un anno fa, fino al tifone Haiyan che ha fatto strage nelle Filippine, questi eventi estremi potrebbero diventare un po’ meno mortali. Altre applicazioni riguardano lo studio dell’ inquinamento degli oceani; o le trasformazioni avvenute nella fauna marina, nei movimenti migratori dei banchi di pesce. Uno degli “oggetti” misteriosi che affascinano gli scienziati marini, è la gigantesca “bolla” di acqua fredda che staziona sui fondali nell’Atlantico quando il resto dell’oceano si riscalda in primavera e in estate. Il comportamento della “bolla fredda”, la velocità con cui si mescola ed influenza la temperatura del resto del mare, potrebbe svelare i suoi segreti ai droni e consentire un progresso nelle conoscenze oceanografiche, meteorologiche, ambientali. Infine anche un film come “Caccia a Ottobre Rosso” avrebbe un seguito molto diverso, se in futuro le grandi manovre delle flotte militari negli oceani avranno i droni come accompagnatori silenziosi e invisibili.

Fonte: http://ricerca.repubblica.it
http://ogigia.altervista.org/index.php?mod=read&id=1384770559

FRANCO CADDEO. NON L’HA VISTO NEMMENO “CHI L’HA VISTO?” IN TV

Italia (anno 2013): scie chimiche!
di Gianni Lannes

Franco Caddeo è scomparso in Sardegna il 28 agosto 2009. Non aveva alcun motivo per suicidarsi. Piuttosto il regime dittatoriale aveva tante ragioni per eliminarlo. Franco aveva denunciato tra i primi in Italia il fenomeno delle scie chimiche. E così l’inquinamento bellico provocato dai poligoni militari nella sua meravigliosa terra, ormai  devastata da un’occupazione militare atta a sperimentare armamenti d’ogni genere,  in spregio alla vita, e alla salute del popolo sardo.
Recentemente un soggetto a me ignoto, ha dichiarato di essersi rivolto alla trasmissione della Rai TV “CHI L’HA VISTO?”. Ho scritto alla redazione, per sapere se erano stati effettivamente contattati da qualcuno, ma non mi hanno risposto!

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=CADDEO

Parola di Franco Caddeo (30 giugno 2006) : «Con una celebrazione ufficiale del cinquantesimo anniversario dell’occupazione militare del Salto di Quirra, “hanno avuto il coraggio” di festeggiare 50 anni di distruzione ambientale, 50 anni di sperimentazioni missilistiche di ogni tipo, 50 anni di morte e malattie tra le popolazioni vicine, 50 di aborti spontanei e terapeutici dovuti a malformazioni gravissime dei feti, …50 anni di espropri e ordinanze di sfollamento per permettere lanci missilistici e bombardamenti a terra e a mare, 50 anni in cui il territorio sardo viene utilizzato per sperimentare guerre e per allenare eserciti di tutto il mondo. Ho visto bambini con la testa triangolare, segregati nella casa dei propri cari. Ho parlato con Madri che hanno perso i propri figli, soprattutto per leucemie o patologie similari».
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2013/11/franco-caddeo-non-lha-visto-nemmeno-chi.html

Venezuela è sotto attacco

 chevzlat
Documento rivela il piano eversivo dell’exnarcopresidente colombiano Uribe, opposizione venezuelana e ambasciata USA
 
Eva Golinger Negli ultimi mesi il governo del Venezuela, sotto la presidenza di Nicolas Maduro, successore di Chavez, ha denunciato molti incidenti ed atti di sabotaggio contro il sistema elettrico accompagnati da una costante campagna per sabotare l’economia del paese. Una gran parte dei grandi media internazionali, oltre a quelli privati del Venezuela, si sono burlati delle gravi denunce fatte dal presidente venezolano e in sua vece hanno cercato di dare la responsabilità al governo per i danni causati al paese. Nonostante questo un documento interno di tre organizzazioni di Colombia e Stati Uniti mettono in evidenza l’esistenza di un macabro piano diretto contro lo stato venezuelano per provocare violenza -incluso vittime-con l’intenzione di giustificare un intervento internazionale prima delle elezioni municipale del prossimo 8 dicembre.
Il documento denominato “Piano strategico Venezolano” era stato preparato dalla fondazione “Internazionalismo Democratico” dell’ex presidente Alvaro Uribe, insieme con la fondazione di Centro di pensiero “Primero Colombia” e l’impresa nord americana di consulenza “FTI Consulting”.
 
La data di redazione risulta 13 Giugno 2013, durante una riunione dei rappresentanti di queste organizzazioni, dirigenti dell’opposizione venezuelana come Maria Corina Machado, Julio Borges e Ramon Guillelmo Avelado, l’esperto nella guerra psicologica, J.J.Rendon, l’incaricato d’affari dell’agenzia Internazionale di Sviluppo, USA (USAID) per l’America Latina, Mark Feierstein.
 
Il piano strategico di destabilizzazione del Venezuela ha la finalità strategica di debilitare il governo nell’imminenza delle elezioni municipale del prossimo 8 Dicembre, così come viene spiegato nel testo, così come quello di logorare la gestione del governo fino a facilitare il trionfo delle opposizioni (Capriles)e,  se questo avvenisse prima, anche meglio.
Nel documento si descrive poi in particolare la strategia per sabotare il sistema elettrico del Venezuela per addossare  al governo la responsabilità della debolezza delle infrastrutture del paese e quindi proiettare un’immagine di crisi internazionale del Venezuela.
 
Come parte del piano, gli autori propongono di “mantenere e aumentare  il sabotaggio dei servizi che interessano alla popolazione, in particolare per il sistema elettrico, consentendo di incolpare il governo per la presunta inefficienza e negligenza”. Da allora, blackout e altre interruzioni di corrente hanno colpito diverse regioni in tutto il Venezuela, causando grande malcontento, e causando una percezione negativa del governo. Recentemente, le autorità venezuelane hanno arrestato diverse persone coinvolte nel sabotaggio dell’impianto elettrico e alla fine di settembre, il presidente Maduro ha espulso tre funzionari dell’ambasciata degli Stati Uniti a Caracas per il loro presunto ruolo nei piani di destabilizzazione.
 
Nella sezione intitolata “Azioni”,  gli autori del documento dettagliano i loro prossimi passi per destabilizzare il governo venezuelano. Oltre a “perfezionare il discorso conflittuale  e di denuncia  di Henrique Capriles”, candidato presidenziale sconfitto da Maduro, fare riferimento al “generare entusiasmo con messaggi brevi ma per raggiungere più persone, che riprendano i problemi sociali, provocando disordini sociali. Acutizzare i  problemi con la carenza sul mercato degli alimenti di base.
 
Negli ultimi mesi, il Venezuela ha sperimentato problemi di carenza sul mercato di beni di prima necessità come carta igienica, zucchero, latte, olio, burro e farina, tra gli altri. Le autorità venezuelane hanno sequestrato tonnellate di questi prodotti nei negozi appartenenti a imprenditori associati con l’opposizione. Esse  hanno anche sequestrato grandi quantità di questi prodotti al confine con la Colombia, dove vengono venduti di contrabbando.
Secondo il documento, “Il ‘Piano strategico venezuelano’, d’accordo con i degni rappresentanti dell’opposizione al governo di Nicolas Maduro, è orientato verso questi obiettivi con il continuo forte sostegno di numerose personalità internazionali con la funzione di restituire al Venezuela  la “vera democrazia” e l’indipendenza che le sono stati sottratti da oltre 14 anni. ”
 
Durante i 14 anni di gestione democratica del presidente Hugo Chavez, le minacce contro  il suo governo abbondavano e i piani di destabilizzazione, non finivano mai. Dopo il fallimento del colpo di stato contro di lui, nel 2002, che era stato organizzato e sostenuto dal governo degli Stati Uniti, ci furono numerosi tentativi di rovesciarlo per mezzo del sabotaggio economico, l’intervento elettorale, tentativi di assassinio, guerra psicologica, il finanziamento miliardario delle forze di opposizione ed il  piano di isolamento dall’esterno ed internazionale che alla fine non è riuscito.
 
Uno degli aspetti  visibili dei tentativi di destabilizzare il governo di Chavezè stato l’ex presidente della Colombia Alvaro Uribe VelezL’ex presidente colombiano ha concluso la sua presidenza nel 2010,  chiedendo esplicitamente un intervento internazionale in Venezuela con l’intenzione di destituire il presidente Chavez e la sua Rivoluzione Bolivariana. Uribe ha trascorso gli anni successivi a diffamare il Presidente Chavez ed il suo governo e di rafforzare i legami con i settori anti-Chavisti dentro e fuori il Venezuela.
 
La morte del presidente Chavez, nel marzo 2013, non ha impedito a Uribe di continuare le sue azioni contro il Venezuela. Con l’elezione di Nicolas Maduro alla la presidenza del paese e la continuità del processo socialista , iniziato dal Hugo Chavez,  Uribe ha continuato con i suoi piani per destabilizzare il Venezuela.
 
Ora questo documento interno, che è il prodotto di un accordo  dei settori della ultra destra della Colombia e del Venezuela, insieme con i rappresentanti del governo degli Stati Uniti, dimostra i piani di destabilizzazione in corso contro il governo del presidente  Maduro.
Come parte di questo  pericoloso complotto contro il Venezuela, gli autori propongono di “creare crisi nelle strade “per facilitare l’intervento degli Stati Uniti e le forze della NATO, con il sostegno del governo della Colombia. Quando possibile, dovrebbe provocare violenza con vittime o feriti “.
Rappresentanti dell’opposizione venezuelana, stanno collaborando con le forze esterne a causare la morte di cittadini innocenti nel proprio paese con l’intenzione di promuovere una invasione militare contro la loro nazione. Ciò rappresenta una seria minaccia-e-un  crimine vile contro la sovranità del Venezuela.
 
Infine, oltre a promuovere la spinta per una campagna internazionale per  emarginare, delegittimare e screditare il governo di Nicolas Maduro attraverso i media ed i portavoce della destra,  il documento raccomanda “una insurrezione militare” contro lo “Stato venezuelano”. Propongono  di contattare  gruppi di militari attivi ed altri ritirati per ampliare la campagna per togliere il prestigio al governo all’interno delle Forze Armate. (…) E ‘fondamentale preparare i militari perché in una fase di crisi e di disordini sociali, siano la  punta di diamante per l’insurrezione contro il governo, o almeno per sostenere l’intervento straniero o rivolta civile.
 
Questo documento rende evidente e conferma la veridicità e la gravità-delle accuse fatte dal presidente Nicolas Maduro. Il Venezuela è sotto attacco, come lo è stato negli ultimi 14 anni dall’inizio della Rivoluzione Bolivariana  da quando ha operato per  il salvataggio della sovranità, l’indipendenza e la dignità del Paese. Non bisogna dimenticare che il Venezuela dispone delle  maggiori riserve di petrolio del mondo. I forti interessi che vogliono controllare queste grandi risorse non si fermeranno fino a raggiungimento del  proprio obiettivo.

Tav: prove tecniche per la talpa

http://www.tgvallesusa.it/?p=3450

SCRITTO DA: GABRIELLA TITTONEL – NOV• 23•13

Gabriella_30_no-tav-Clarea-inizio-talpa-22-11-2013-015

Addio letargo per le talpe meccaniche, non legate alle ragionevoli stagioni della Terra ma soggette al volere prepotente di qualche umano. Per loro il giusto riposo invernale non esiste e proprio nei giorni della prima neve in  Clarea anche “Gea”, un tempo “Robbins” (brutto tentativo questo per umanizzare ingranaggi di metallo) ha iniziato a mettersi in moto.

Sono stati riempiti i primi carrelli del trenino trasportatore e la prima roccia, accuratamente spezzettata e resa irriconoscibile nella sua morfologia, proprio come accadde a suo tempo ai vecchi castagni di età napoleonica che rendevano splendida questa piana, è stata  messa nel deposito sotto la baita.

Pietra dal singolare colore, quasi si stesse scavando nel mondo dei puffi e certo questo qualche curiosità la sta suscitando.

Ma soprattutto molte considerazioni.

Gabriella_30_no tav Clarea inizio talpa 22 11 2013 019Dopo la moria di pesci nel Clarea e i liquidi accuratamente sotterrati a fianco delle trivelle ora le domande vanno a che cosa realmente viene estratto dal ventre tiepido della montagna. Chi controlla? Qui è noto come sia accertata la presenza di amianto e uranio, e questo nonostante le ricorrenti smentite da parte dei promotori dell’opera. A chi le notizie (vere) saranno date? I precedenti fatti non possono rassicurare nessuno.

E allora per gli abitanti di valle, e non solo, non resta che appuntare sul calendario questa data di inizio: quanto verrà in seguito in problemi all’ambiente e alla salute degli stessi non sarà certamente dato dal caso o da uno spirito malevolo nei loro confronti ma sarà chiaramente un tributo, una sorta di agnello sacrificale offerto all’idolo della grande opera…

Gabriella_30_no-tav-Clarea-inizio-talpa-22-11-2013-042

Gabriella_30_no-tav-Clarea-inizio-talpa-22-11-2013-046

Gabriella_30_no-tav-Clarea-inizio-talpa-22-11-2013-005

Legge di stabilità: i fondi destinati alla Tav sono stati stornati verso l’l’Anas. La vittoria della lobby della gomma

http://www.huffingtonpost.it/2013/11/23/fondi-per-tav_n_4329246.html?utm_hp_ref=italy

 L?Huffington Post  |  Di di Fabio Lepore Pubblicato: 23/11/2013 16:32 CET  |  Aggiornato: 23/11/2013 16:43 CET

FERROVIE: MORETTI, FRECCIAROSSA 1000 REALTA' DOPO SOGNO

 c’è chi non vuole il Tav? Qualcuno se lo chiede, e non solo tra le fila del movimento che si oppone alla Torino-Lione. A insinuare il dubbio è l’ultimo giro di danza sullo stanziamento dei fondi destinati all’opera. Ieri sera, infatti, è passato l’emendamento alla legge di stabilità che sposta 150 milioni di euro previsti per il Tav in favore dell’Anas, “per le emergenze del 2015”. A comunicarlo, attraverso il suo profilo Facebook, è stato il senatore del Pd Stefano Esposito, vicepresidente della 8ª Commissione permanente sui lavori pubblici: “Ultimissime sulla legge di stabilità. Con un blitz, avvenuto in queste ultime ore, contrariamente a quanto da me annunciato, ieri sera, nel mio post l’emendamento ha ottenuto il via libera dalla ragioneria”.

Minervino Murge: il cane gli calpesta l’orto, lui lo lega a un palo e lo uccide a picconate

PENA DI MORTE AD ESECUZIONE IMMEDIATA MA A LUNGA AGONIA PER STA MERDA DI GENTE

Minervino Murge: il cane gli calpesta l’orto, lui lo lega a un palo e lo uccide a picconateDenunciato pensionato di 76 anni, autore del gesto. Prima di massacrarlo, l’uomo aveva provato ad allontanarlo tirando pietre addosso alla bestia. Alla scena hanno assistito alcuni passanti che, sconcertati, hanno chiamato i carabinieri
di FRANCESCA RUSSI

I carabinieri sequestrano il piccone usato dal pensionato
BARLETTA – Non sopportava quel cagnolino randagio che scorazzava nel suo orto. Più volte lo aveva cacciato ma il meticcio ritornava: faceva una passeggiata, abbaiava un po’ e spariva. Ma ieri il padrone di casa, quando lo ha visto entrare di nuovo sul terreno della sua villetta, si è armato di piccone. L’uomo, un 76enne di Minervino Murge in provincia Bat, ha prima preso a sassate l’animale e poi lo ha legato a un palo. A quel punto, come hanno raccontato ancora sotto shock i vicini di casa, è cominciata una scena straziante. L’anziano ha preso il piccone e ha iniziato a colpire ripetutamente il cagnolino inerme. Lo ha fatto a pezzi.

I vicini hanno dato l’allarme alla centrale operativa del 112 ma, all’arrivo dei carabinieri, il cane era già morto. I carabinieri della stazione di Minervino Murge hanno bloccato e identificato l’anziano e lo hanno denunciato per uccisione di animali. L’articolo 544 bis del codice penale prevede che “chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni”. Il piccone utilizzato per fare a pezzi il meticcio è stato sequestrato.
http://bari.repubblica.it/cronaca/2013/11/23/news/barletta_il_cane_gli_calpesta_l_orto_lui_lo_lega_a_un_palo_e_lo_uccide_a_picconate-71702812/?ref=HREC1-19

Vittime negate

ogni giorno così. La stampa censura, così poi certo che certa gente può NEGARE L’ECONOMICIDIO in corso

FIRENZE: 86ENNE VEDOVO E SOLO RICEVE LO SFRATTO ED È COLTO DA MALORE
Home  > Problema casa >  Firenze: 86enne vedovo e solo riceve lo sfratto ed è colto da malore
22 novembre 2013
Momenti di apprensione ed angoscia vissuti oggi presso la sede del sindacato inquilini SUNIA di Firenze per le sorti di un anziano signore.
Si tratta di Ugo 86 anni, fiorentino, vedovo, abitante in zona San Jacopino, colpito da sfratto per morosità dal febbraio scorso, perche’ impossibilitato, a causa della bassa pensione e del peggiorare delle condizioni di salute a corrispondere l’affitto mensile di 500 euro.
Qualche giorno fa si è visto recapitare il preavviso di rilascio dell’immobile , l’anticamera dello sgombero con la forza pubblica.
Il SUNIA lo segue da tempo e con il sindacato ha fatto la domanda per il bando case popolari del 2012 ottenendo solo 5 punti perché ancora non aveva lo sfratto.
“Questa mattina mentre il signor Ugo si apprestava piangente a mostrare l’avviso di sgombero”, riferisce l’avvocato del SUNIA Emanuele Rindori, “ha accusato subito stramazzando al suolo, un mancamento con convulsioni e conati di vomito fino a perdere conoscenza” (…)

Leggi tutto su met.provincia.fi.it
http://www.crisitaly.org/notizie/firenze-86enne-vedovo-e-solo-riceve-lo-sfratto-ed-e-colto-da-malore/

POTENZA: CINEMA 2 TORRI IN CRISI, IL DIRETTORE 55ENNE SI SUICIDA
Home  > Vittime della crisi >  Potenza: Cinema 2 Torri in crisi, il direttore 55enne si suicida
23 novembre 2013
La crisi economica e imprenditoriale diffusa continua a mietere vittime. Questa volta è toccato a Vito Di Canio, 55enne potentino, direttore del cinema 2 Torri, che ieri pomeriggio si è tolto la vita all’interno della sala macchine, dopo aver aperto, come sempre, la struttura.(…)

Leggi tutto su trmtv
http://www.crisitaly.org/notizie/potenza-cinema-2-torri-crisi-il-direttore-55enne-si-suicida/

TIVOLI: FABBRO 63ENNE SI SUICIDA CON UNO SPARO AL PETTO. ERA STROZZATO DAI DEBITI
Home  > Vittime della crisi >  Tivoli: Fabbro 63enne si suicida con uno sparo al petto. Era strozzato dai debiti
22 novembre 2013
Dramma della crisi a Tivoli. Un fabbro di 63 anni si è tolto la vita questa mattina nella piccola azienda. A scoprire il corpo il suo socio in via di Villa Cocuzza, nella cittadina sulla via Tiburtina. Secondo una prima ricostruzione il fabbro avrebbe attaccato una corda a una carrucola sul soffitto e tentato di impiccarsi, rimanendo però in bilico senza soffocare. A quel punto, per essere sicuro di morire, si sarebbe sparato al petto con un fucile che teneva tra le braccia.(…)

Leggi tutto su romatoday
http://www.crisitaly.org/notizie/tivoli-fabbro-63enne-soffocato-dai-debiti-si-appende-ad-una-carrucola-e-si-spara-al-petto/

IL “LAVORO ITALIANO” DEL PENTAGONO

basiusaitralia
Il Pentagono ha trascorso gli ultimi due decenni pagando centinaia di milioni di dollari di tasse per basi militari in Italia, rendendo il paese un centro sempre più importante per il potere militare statunitense. Soprattutto dall’inizio della Guerra Globale al Terrorismo, nel 2001, l’esercito ha spostato il suo centro di gravità, dalla Germania, dov’erano la maggior parte delle forze americane nella regione dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, al sud Europa. Nel processo, il Pentagono ha trasformato la penisola italiana in un trampolino di lancio per le future guerre in Africa, Medio Oriente ed oltre. Nelle basi a Napoli, Aviano, Sicilia, Pisa e Vicenza, tra gli altri, i militari hanno speso più di 2.000 milioni di dollari solo dopo la fine della guerra fredda e la cifra non comprende gli altri miliardi in progetti di costruzione, esercizio e le spese del personale. Mentre il numero delle truppe in Germania è stato ridotto da 250.000 a circa 50.000, ci sono 13.000 soldati americani (e 16.000 famiglie) nelle basi in Italia, numeri che corrispondono a quelli del suo picco durante la Guerra Fredda. Ciò significa che, a sua volta, la percentuale delle forze Usa in Europa, con sede in Italia, è triplicato dal 1991, dal 5% al ​​15% [tra tutte quelle di stanza in Europa].
 
Il mese scorso, ho avuto l’opportunità di visitare la nuova base Usa in Italia, che si trova a Vicenza, vicino Venezia. Ha tre mesi di funzionamento ed è sede di una forza di reazione rapida, la Squadra di Combattimento 173° Brigata di Fanteria (Airborne), e la componente militare del Comando Africa degli Stati Uniti (AFRICOM). La base si estende per un chilometro da nord a sud, e supera tutto il resto nella piccola città. In effetti, nei più di 145 ettari, la base è quasi esattamente la dimensione del National Mall di Washington, o l’equivalente di circa 110 campi di calcio. Il costo della base è di oltre 600 milioni dollari a partire dall’anno fiscale 2007.
Ci sono ancora altre basi, e quindi più spesa militare degli Stati Uniti in Germania che in qualsiasi altro paese straniero (tranne, fino a poco tempo fa, in Afghanistan). Tuttavia, l’Italia è diventata sempre più importante per il Pentagono per modificare la composizione globale delle sue 800 basi o più, all’estero. Il nuovo approccio è già verso sud invece che verso l’est dell’Europa. L’esperto Alexander Cooley spiega:
 
“I funzionari della Difesa degli Stati Uniti riconoscono che il posizionamento strategico dell’Italia nel Mediterraneo e vicino al Nord Africa, la dottrina antiterrorismo dell’esercito italiano, così come la politica favorevole del paese verso le forze degli Stati Uniti sono fattori importanti per la decisione del Pentagono di mantenere un’ampia base e la presenza di truppe lì. Gli unici che hanno prestato attenzione a questa accumulazione sono i movimenti italiani di opposizione locale a Vicenza, che sono preoccupati perché la loro città potrebbe diventare una piattaforma per future guerre degli Stati Uniti”.
 
La maggior parte dei turisti pensano all’Italia come al paese dell’arte rinascimentale, antichità romane, ottima pizza, pasta e vino. Pochi pensano ad essa come ad una terra di basi americane. Ma ci sono in Italia 59 “siti di base” identificati dal Pentagono, ciò fa si che questo paese è superato solo dalla Germania (179), Giappone (103), Afghanistan (100 e in calo) e Corea del Sud (89).
Pubblicamente, i funzionari americani dicono che non ci sono basi militari americane in Italia. Essi insistono sul fatto che i nostri presidi, con tutte le infrastrutture, le attrezzature e le armi, sono semplicemente ospiti di quelle che sono ufficialmente basi italiane destinate all’uso della NATO. Naturalmente, tutti sanno che questo è in gran parte una sottigliezza giuridica.
Nessuno che visiti la nuova base di Vicenza potrebbe dubitare del fatto che è un’installazione degli Stati Uniti dall’inizio alla fine. La guarnigione è in una ex base della forza aerea italiana chiamata Dal Molin. (Alla fine del 2011, le autorità italiane la ribattezzarono “Caserma Del Din“, ovviamente, per cercare di scacciare i ricordi della massiccia opposizione alla base). Dall’esterno, potrebbe sembrare un gigantesco complesso ospedaliero o campus universitario. 31 edifici color pesca e crema con tetti rossi, dominano l’orizzonte con solo la pedemontana ai piedi delle Alpi del Sud come sfondo. Una rete metallica sormontata da filo spinato lungo il perimetro, con schermate verdi che nascondono alcuni punti della base.
 777
Se si riesce ad entrare, tuttavia, si trovano due caserme con 600 soldati ciascuna. (Al di fuori della base, l’Esercito sta affittando circa 240 nuovi alloggi nelle comunità circostanti). Si vedranno anche due garage a sei piani, che possono ospitare 850 veicoli, e una serie di grandi complessi di uffici e alcune piccole aree di addestramento, tra cui un poligono di tiro al coperto ancora in costruzione, oltre ad un centro fitness con una piscina riscaldata, un’ “area di intrattenimento per il guerriero” una caffetteria in stile italiano e una sala da pranzo. Questi servizi sono in realtà molto modesti per una grande base statunitense. La maggior parte degli alloggi nuovi o ristrutturati, scuole, strutture sanitarie, negozi e altri servizi per i soldati e le loro famiglie si trovano nella città di Viale della Pace nella base Caserma Ederle e nelle vicinanze del Villaggio della Pace.
Oltre a Vicenza, l’esercito ha speso moltissimo per aggiornare le sue basi italiane. Fin dall’inizio del 1990, la base aerea americana di Aviano, a nord est di Vicenza, era un piccolo luogo conosciuto come “Sleepy Hollow“. Dal trasferimento degli F-16 in Spagna nel 1992, l’Air Force è diventata un’importante area di stazionamento per tutte le operazioni in tempo di guerra dalla prima guerra del Golfo. Nel processo, sono stati spesi almeno 610 milioni dollari in più di 300 progetti di costruzioni (Washington ha convinto la NATO a fornire più della metà di questi fondi, e l’Italia ha dato 210 ettari di terreni a titolo gratuito).
Per non essere da meno, la Marina ha investito più di 300 milioni dal 1996 per la costruzione di una nuova base presso l’aeroporto di Napoli. Nelle vicinanze, ha un contratto di locazione per 30 anni su un “sito di supporto” stimato in 400 milioni di dollari, ovvero, un grande centro commerciale, circondato da ampi giardini, ben tenuto. (La base si trova nel cuore della Mafia napoletana ed è stata costruita da una società che era legata alla Camorra). Nel 2005, la Marina ha trasferito la propria sede europea da Londra a Napoli, spostando la sua attenzione dal Nord Atlantico verso l’Africa, il Medio Oriente e il Mar Nero. Con la creazione di AFRICOM, il cui quartier generale rimarrà in Germania, Napoli è ora sede di un misto tra la US Naval Forces Europe e US Naval Forces Africa. E’ significativo che il suo sito web evidenzia l’ora a Napoli, Gibuti, Liberia e Bulgaria.
Nel frattempo, la Sicilia è diventata sempre più importante per l’Era della Guerra Globale al Terrorismo, dato che il Pentagono ha trasformato l’isola in un importante nodo per le operazioni militari degli Stati Uniti in Africa, dal momento che si trova a meno di 100 km di distanza in tutto il Mediterraneo. Dall’anno fiscale 2001, il Pentagono ha speso più nella costruzione della Stazione Navale Aerea di Sigonella – 300 milioni di dollari – che in qualsiasi altra base italiana oltre a Vicenza. Ora è la seconda stazione navale degli Stati Uniti in Europa, la prima volta è stata utilizzata nel 2002 per l’utilizzo di aerei di sorveglianza, senza pilota Global Hawk. Nel 2008 gli Stati Uniti e l’Italia hanno firmato un accordo segreto che permette ufficialmente la creazione di una base di droni lì. Da allora, il Pentagono ha tirato fuori almeno 31 milioni dollari per costruire un complesso di operazioni e manutenzione dei Global Hawk. La base di droni, formalmente della NATO, ha una capacità di sorveglianza fino a 10.000 miglia.
 
Da questa base, e dal 2003, vengono utilizzati velivoli P-3 sorveglianza per monitorare i gruppi ribelli nell’Africa del nord-occidentale. E dal 2011, l’AFRICOM ha schierato un team di circa 180 marines e due aerei per fornire addestramento antiterrorismo ai militari africani in Botswana, Liberia, Gibuti, Burundi, Uganda, Tanzania, Kenya, Tunisia e Senegal. Sigonella ospita anche uno dei tre servizi globali di trasmissione delle comunicazioni via satellite e presto ospiterà una base di intervento congiunto e analisi dei dati, nonché un centro di formazione della NATO. Nel mese di giugno, la sottocommissione del Senato degli Stati Uniti ha raccomandato di spostare le forze e le operazioni speciali CV-22 Ospreys dalla Gran Bretagna alla Sicilia, come dichiarato “Sigonella è diventato un trampolino di lancio fondamentale per le missioni relative alla Libia, data l’attuale turbolenza in quella nazione, così come la nascita di attività di addestramento per terroristi in Nord Africa”. Nella vicina Niscemi, la Marina spera di costruire un impianto per un satellite di comunicazione ad altissima frequenza, nonostante la crescente opposizione dei siciliani ed altri italiani preoccupati per gli effetti della stazione e le sue radiazioni elettromagnetiche sugli esseri umani e sulla riserva naturale circostante. E’ vero che nel bel mezzo di questo accumulo, il Pentagono ha chiuso alcune basi in Italia, come Comiso, Brindisi e La Maddalena. Anche se l’esercito ha tagliato il personale a Camp Darby, un deposito sotterraneo di armi e attrezzature lungo la costa toscana, la base rimane un’importante logistica e un pre-posizionamento centrale che permette il dispiegamento globale di truppe, armi e rifornimenti dall’Italia via mare. Dall’anno fiscale 2005, sono stati investiti quasi 60 milioni di dollari in nuove costruzioni.
E che cosa fanno tutte queste basi in Italia?  Ecco il modo in cui un funzionario militare degli Stati Uniti in Italia (che ha chiesto di restare anonimo) ha spiegato la questione: “Mi dispiace, Italia, ma questa non è la guerra fredda. Non siamo qui per difendere da un attacco [sovietico] a Vicenza. Siamo qui perché abbiamo deciso che dobbiamo essere qui a fare altre cose, sia in Medio Oriente che nei dei Balcani o in Africa”. Le basi in Italia hanno svolto un ruolo sempre più importante nella strategia globale del Pentagono, in gran parte dovuto alla posizione del paese sulla mappa. Durante la Guerra Fredda, la Germania dell’Ovest era il cuore dell’America e della NATO in Europa, grazie alla sua posizione sulle vie più probabili di un attacco sovietico all’Europa occidentale. Una volta terminata la guerra fredda, l’importanza geografica della Germania è stata notevolmente ridotta. Infatti, le basi e le truppe statunitensi nel cuore dell’Europa erano sempre più immerse nella geografia, dal momento che l’Air Force ogni volta ha bisogno di ottenere il permesso di sorvolo dai vicini. Le truppe con sede in Italia hanno accesso diretto alle acque internazionali e allo spazio aereo del Mediterraneo. Questo permette loro di dispiegarsi rapidamente via mare o per via aerea. Keith Eastin, Assistente Segretario dell’esercito al Congresso nel 2006, posizionando la 173° Brigata Aviotrasportata a Dal Molin, ha detto:
 
“è strategicamente posizionata a sud delle Alpi, con facile accesso allo spazio aereo internazionale per il rapido dispiegamento e per le operazioni di allerta precoce”.
 
Abbiamo visto che il Pentagono ha approfittato della posizione dell’Italia dal 1990, quando la base aerea di Aviano ha svolto un ruolo importante nella prima guerra del Golfo e negli interventi degli Stati Uniti e della NATO nei Balcani (un breve salto attraverso il mare Adriatico dall’Italia). L’amministrazione Bush, a sua volta, fece delle basi in Italia alcuni dei suoi avamposti “durevoli” in Europa. Negli anni di Obama, il crescente coinvolgimento militare in Africa ha reso l’Italia ancora più attraente.
Al di là della posizione, i funzionari americani amano l’Italia, perché, come lo stesso funzionario militare mi ha detto, “è un paese che offre sufficiente flessibilità operativa”. In altre parole, fornisce la libertà di fare quello che vuoi con restrizioni minime e senza intoppi.
Oltre ad offrire i costi operativi più bassi, è paese il più sensibile alle pressioni politiche ed economiche di Washington. E’ più permissiva rispetto alle norme ambientali e di lavoro e dà al Pentagono più libertà di avviare un’azione militare unilaterale dopo una consultazione minima con i paesi ospitanti.
Mentre difficilmente è una delle nazioni più deboli del mondo, l’Italia è il secondo paese più indebitato d’Europa, il suo potere economico e politico impallidisce in confronto a quello della Germania. Non c’è da stupirsi, quindi, come il funzionario del Pentagono in Italia mi ha fatto notare, che la situazione delle forze secondo l’accordo con la Germania è lungo e dettagliato, mentre l’accordo con l’Italia rimane quello del 1954 (e ancora classificato). I tedeschi tendono ad essere più esigenti per quanto riguarda le regole, mentre gli italiani sono “più interpretativi”.
 
La libertà con cui l’esercito americano ha utilizzato le sue basi italiane nella guerra in Iraq è un esempio calzante. Per cominciare, il governo italiano ha permesso alle forze statunitensi il loro uso per una guerra che era al di fuori del contesto della NATO e che violava i termini delll’accordo del 1954. Un cavo rilasciato da Wikileaks, nel 2003, inviato dall’ambasciatore in Italia Melvin Sembler, ha rivelato che il governo del primo ministro Silvio Berlusconi diede al Pentagono “praticamente tutto” ciò che voleva.“Abbiamo ottenuto quello che abbiamo chiesto”, scrisse Sembler, “accesso, basi, di transito e sorvolo, assicurando che le forze possano fluire facilmente attraverso l’Italia per arrivare a combattere”.
 
Da parte sua, l’Italia sembra aver beneficiato direttamente di questa cooperazione. (Alcuni dicono che il cambio di basi dalla Germania verso l’Italia è stato concepito anche come un modo per punire la Germania per la sua mancanza di supporto nella guerra in Iraq). Secondo un rapporto del 2010 del settimanale sicurezza Jane, il ruolo dell’Italia nella guerra in Iraq, fornendo 3.000 soldati allo sforzo alleato, ha aperto contratti per la ricostruzione dell’Iraq alle imprese italiane, così come il consolidamento dei rapporti tra i due alleati. Il suo ruolo nella guerra in Afghanistan certamente offre vantaggi simili. Queste opportunità sono arrivate nel mezzo dell’approfondimento dei problemi economici, e in un momento in cui il governo italiano stava trasformando la produzione di armi in un aspetto importante per rilanciare la sua economia. Secondo Jane, i produttori di armi italiane come Finmeccanica hanno cercato di entrare aggressivamente negli Stati Uniti e in altri mercati. Nel 2009, le esportazioni di armi italiane sono aumentate di oltre il 60%.
Nell’ottobre del 2008 i due paesi hanno rinnovato un Memorandum di Appalti della Difesa Reciproca (un accordo di “nazione più favorita” per le vendite militari). E’ stato ipotizzato che il governo italiano possa aver ceduto la base Dal Molin agli Stati Uniti gratuitamente, in parte per garantirsi un ruolo nella produzione dell’ “arma più costosa mai costruita”, l’aereo da combattimento F-35, tra gli altri accordi militari. Un altro cavo incandescente del 2009 di Elizabeth Dibble, incaricata d’affari presso l’ambasciata a Roma, chiama la cooperazione militare dei paesi “una partnership duratura”. Menzionava come Finmeccanica (che è per il 30% di proprietà dello Stato) “ha venduto 2,3 miliardi di dollari in equipaggiamenti per la difesa negli Stati Uniti nel 2008 [ed] ha una forte partecipazione nella solidità del rapporto USA-Italia”.
Naturalmente, vi è un altro fattore importante in tutto questo incremento del Pentagono in Italia. Per le stesse ragioni che i turisti americani affollano il paese, le truppe americane hanno goduto della dolce vita lì. Oltre alla vita comoda nelle basi, circa 40.000 visitatori all’anno provenienti da tutta Europa oltre a quelli che arrivano al complesso militare di Camp Darby, la “spiaggia americana” della Riviera italiana.
L’Italia non è in procinto di prendere il posto della Germania come base della potenza militare degli Stati Uniti in Europa. La Germania è da tempo integrata nel sistema militare statunitense e gli  strateghi militari hanno progettato tutto affinché restasse così. Infatti, ricorda come il Pentagono ha convinto il Congresso a consegnare più di 600 milioni di dollari per la costruzione di una nuova base a Vicenza? Il Pentagono ha giustificato il trasferimento di truppe a Vicenza come un modo per rafforzare la 173° Brigata in un unico luogo.
E poi, nel marzo scorso, una settimana dopo aver ottenuto l’accesso al primo edificio completato al Dal Molin e con la costruzione quasi finita, l’esercito ha annunciato che dopo tutto, non sarebbe stata consolidata la 173° Brigata. Una terza parte della Brigata sarebbe rimasta in Germania. In un momento di tagli di bilancio, disoccupazione, e stagnazione economica per tutti, con enormi necessità insoddisfatte nelle comunità in tutti gli Stati Uniti, per il nostro investimento di $ 600 milioni, solo 1.000 soldati si sposteranno a Vicenza.
Tuttavia l’Italia sta rapidamente diventando uno dei principali punti di articolazione degli Stati Uniti per la guerra a livello globale. Mentre molta attenzione è focalizzata sul “perno dell’Asia” di cui parla Obama, il Pentagono sta concentrando le forze in una serie di basi come Gibuti nel Corno d’Africa, Diego Garcia nell’Oceano Indiano, Bahrain e Qatar nel Golfo Persico, Bulgaria e della Romania nell’Europa dell’Est, in Australia, Guam e Hawaii nel Pacifico, e l’Honduras in America Centrale. Le nostre basi in Italia rendono più facile intervenire militarmente in conflitti di cui si sa poco, dall’Africa al Medio Oriente. Invece di chiedersi perché abbiamo ancora basi in Italia e in decine di paesi in tutto il mondo, un numero crescente di politici, giornalisti ed altri stanno dicendo che queste basi ci aiuteranno, nel nome della “sicurezza” degli Stati Uniti, a preservare un percorso di violenza perpetua nel quadro di un’insicurezza perpetua.
 
Fonte: Tom Dispatch
 
Traduzione per TLAXCALA a cura di Alba Canelli