Reddito di cittadinanza: come al solito vince la demagogia

La polemica tra Stefano Fassina, viceministro dell’Economia, e il Movimento Cinque Stelle riguardo la proposta di legge per l’introduzione di una legge sul Reddito di Cittadinanza (RdC, che noi preferiamo chiamare “Reddito di Base”) è esemplificativa di come in Italia si affrontino in modo demagogico e strumentale questioni della massima importanza. Due sono i punti oggetto del contendere: l’ammontare delle risorse necessarie per portare alla soglia di povertà relativa individuale chi si trova al di sotto di tale livello di reddito (594 euro mensili quindi circa 7200 euro l’anno) e le fonti del finanziamento necessario per raggiuntare tale obiettivo.

La condizione di povertà relativa ha interessato nel 2012 più di 9,5 milioni di individui (+17 per cento rispetto al 2011 secondo l’Istat), un aumento che la dice lunga sulle condizioni di vita di questo Paese, soprattutto se si tiene conto che il 10 per cento della popolazione più ricca detiene oltre il 50 per cento della ricchezza complessiva. Il Movimento Cinque Stelle stima che le risorse necessarie perché tutti abbiano come minimo un reddito pari a 600 euro mensili ammonterebbero a poco più di 19 miliardi. Tale dato è stato ottenuto considerando due fattori:

1. La distribuzione dei vari livelli di povertà per chi non arriva a 600 euro al mese. Ciò significa che ai 9,5 milioni di poveri relativi non verrà dato il RdC intero, ma solo l’integrazione necessaria a partire dal reddito posseduto. Ad esempio, chi ha avuto (come pensionato al minimo, come disoccupato con sussidio basso, come precario con reddito intermittente, come dipendente con basso salario, come studente in formazione, ecc.) un reddito medio mensile di 400 euro, riceverà un’integrazione sino a 600 (quindi 200 euro).

2. Le risorse che già oggi lo Stato eroga sotto forma di reddito diretto, tramite trasferimenti o ammortizzatori sociali. Si tratta di una cifra che oscilla (per un livello sino a 600 euro) intorno ai 12-13 miliardi di euro. Una cifra che ogni anno viene già messa a bilancio dello Stato e che quindi non rientra nella legge di stabilità. Ne consegue che la stima dei 19 miliardi necessari per sostenere il costo dell’introduzione di un RdC è la cifra netta, non lorda. Ed è su questo punto che Fassina fa finta di non capire quando afferma che l’ammontare delle risorse sarebbe di oltre 30 miliardi di euro. Fassina fa infatti riferimento (così pare di capire, visto che ci si guarda bene dall’andare in profondità) alla cifra lorda, che infatti assommerebbe a poco di più di 30 miliardi. Sarebbe corretto, per trasparenza, che il vice-ministro, invece di sparare dati, ci dica come essi vengono calcolati. Noi l’abbiamo fatto e i calcoli sono tutti disponibili e verificabili con riferimento al 2010 e 2011.

Torniamo alla questione del finanziamento, anche perché qui le posizioni sono diverse. La proposta del Movimento Cinque Stelle intende reperire le risorse dalle pensioni d’oro, dalla rinuncia agli F35, dall’introduzione dell’Imu per gli immobili della Chiesa, dall’introduzione di aliquote più alte sulla rendita finanziaria e da altri interventi, in buona parte condivisibili, ma che solo marginalmente toccano la struttura altamente iniqua del sistema fiscale italiano. Un sistema fiscale che necessiterebbe il ripristino di due principi basilari: che tutti i cespiti di reddito (indipendentemente dalla loro provenienza e quindi anche le rendite finanziarie) siano sottoposti a uguale tassazione in presenza di aliquote altamente progressive (in modo che i redditi più elevati paghino molto di più dei redditi meno elevati a differenza di ciò che avviene oggi) e che venga introdotta una patrimoniale sulle proprietà mobiliari e immobiliari oltre ad una determinata soglia (ad esempio 1 milione di euro).Una volta riformato in modo più equo il sistema fiscale, possiamo poi discutere di come gestire la spesa pubblica.

Il livore di Fassina rispetto a questa proposta dipende anche dal fatto che in tale legge si vuole introdurre una riforma dei Centri dell’Impiego, istituire un osservatorio di monitoraggio e controllo nell’erogazione di reddito e nel calcolo del numero dei suoi potenziali beneficiari, istituire un salario minimo di 9 euro l’ora (con buona pace della Camusso), prefigurare una fase di transizione perché il RdC vada a sostituire a regime l’attuale sistema iniquo, distorto e clientelare degli ammortizzatori sociali (tanto comodo alla Confindustria come al sindacato) e consentire di rifiutare sino a tre proposte di offerta di lavoro congrue (ovvero in linea con la condizione professionale, reddituale e territoriale del beneficiario). Non è la soluzione per noi ottimale, soprattutto se tale possibilità si accompagna comunque a una dichiarazione di disponibilità lavorativa non meglio precisata e all’obbligo di prestare comunque un numero limitato di ore di lavori socialmente utili.

San Precario è a favore di un Reddito di Base Incondizionato :

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/05/come-si-finanzia-reddito-di-base-incondizionato/520608/

come remunerazione della vita produttiva al fine di sostenere il diritto alla scelta del lavoro.

Ma, in ogni caso, pur con questi limiti, la proposta del Movimento Cinque Stelle è distante anni luce da quella del Pd (sponsorizzata proprio da Fassina) in termini di reddito di inclusione al lavoro, novello strumento di ricatto, subalternità ed elemosina, finalizzato a scaricare sulla collettività il costo sociale dello sfruttamento del lavoro precario e del lavoro tout court in nome del profitto e della compatibilità col sistema attuale.

San Precario

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11/11/reddito-di-cittadinanza-come-al-solito-vince-la-demagogia/773087/

Stati Uniti: droni oscureranno i cieli entro il 2015

cioè spieranno di più per garantire la privacy?!?!!!???!!!?

Da FAA progetto per garantire più privacy ai cittadini: 7.500 aerei telecomandati da qui a cinque anni. Creeranno 100 mila posti di lavoro.
NEW YORK (WSI) – I cieli degli Stati Uniti potrebbero essere ricoperti da droni da qui ai prossimi cinque anni. Si parla di 7.500 velivoli telecomandati stimati.
È il Washington Times a riportare le parole del capo della Federal Aviation Administration (FAA), Michael Huerta.
Presentando il progetto di 74 pagine, Herta ha inoltre aggiunto che con ben 7.500 mini droni nei cieli l’intenzione è aumentare la protezione della privacy dei cittadini americani.
Al momento sarebbero già stati istituiti sei siti in tutti gli Stati Uniti per effettuare dei test.

“Dobbiamo adempiere a tali obblighi, è un dovere e un modo per garantire la sicurezza e favorire la crescita economica”, ha dichiarato Huerta, in un discorso ai dirigenti del settore aerospaziale.

L’annuncio del FAA è solo l’ultimo passo nella marcia che sta portando i droni da un uso militare contro il terrorismo, utile per raccogliere vari dati, a quello per sorvegliare e assistere la popolazione.
L’Association for Unmanned Vehicle Systems, gruppo leader per quanto riguarda l’utilizzo dei droni per fini non militari, ha stimato che quest’anno l’industria creerà più di 100.000 nuovi posti di lavoro e, nel corso dei prossimi 10 anni, potrebbe genererà più di 82 miliardi di dollari.

Le preoccupazioni maggiori riguardano comunque il tema della privacy e di come i dati ottenuti potrebbero essere utilizzati: “il tema della privacy è una questione estremamente importante ed è qualcosa di cui la popolazione ha notevole interesse e preoccupazione” ha detto Huerta.

Sono moltissimi gli esperti che hanno criticato il progetto. All’interno del documento presentato dall’agenzia federale si può leggere che gli operatori dovranno “rispettare le leggi federali, statali e le altre norme sulla riservatezza”, ma non si toccano altri punti.

Così in molti pensano che prenderà sempre più piede la richiesta di utilizzare tali veicoli per fini privati e commerciali
Ma per il ministro dei trasporti, Anthony Foxx invece, si tratta di “un importante passo in avanti” che aiuterà a capire le enormi potenzialità di questi mezzi.

http://www.wallstreetitalia.com/article/1641688/societa/stati-uniti-droni-oscureranno-i-cieli-entro-il-2015.aspx

In Italia è un lavoro trovare lavoro

Marco Fontana, Redazione Online

Se guardiamo ai dati sull’efficacia dei nostri servizi per l’impiego, non rimane che mettersi le mani nei capelli. Oggi, in Italia, trova lavoro solamente il 3,4% dei disoccupati che si rivolgono ai centri nazionali per l’impiego – si sale ad un traballante 8-9% se si aggiungono le agenzie interinali, cioè il mondo del privato.
Sono numeri fallimentari, se si pensa che la media Ue si aggira intorno al 30%. In definitiva, trovare lavoro è diventato un lavoro.

È una Waterloo vera e propria, che non può in alcun modo essere giustificata da una spesa in termini di Pil minore rispetto ai partner comunitari: l’Italia spende l’1,80%, la Germania il 2,28%, la Danimarca il 3,71%. Una giustificazione che però piace molto sia al ministro del Lavoro Enrico Giovanni sia all’Unione Province italiane, che hanno più volte sottolineato il problema: L’Italia spende 500 milioni l’anno in servizi all’impiego contro i cinque miliardi del governo tedesco. Il nostro sistema di formazione è totalmente inadeguato rispetto altri Paesi europei. Il numero degli addetti ai cosiddetti servizi pubblici all’Italia sono 7.500, in Germania 115.000.

Questa appare esattamente come una scusa per chi punta esclusivamente a gestire ancora più risorse senza voler mettere mano, in modo serio, all’ottimizzazione di quelle che già possiede. L’aumento della spesa non può e non deve essere una soluzione, in particolare in un momento in cui il debito pubblico e i cogenti parametri europei stritolano i trasferimenti erariali. È necessario abbandonare l’idea di un sistema il quale, per non lasciare indietro nessuno, abbandona tutti o quasi al proprio destino, disperdendo in mille rivoli le risorse a disposizione, già depotenziate e ridotte. È necessario, invece, porre degli obiettivi chiari e soprattutto realistici da far raggiungere ai Cpi e al sistema dell’offerta privata, e premiare chi riesca ad ottenerli.

Migliorare le performance dei servizi per l’impiego non è, tra l’altro, una missione impossibile. Sarebbe sufficiente, infatti, guardare al Piemonte per scoprire che la soluzione esiste già: si chiama “Io Lavoro”, la più grande job fair nazionale che due volte all’anno, nell’arco di sei giorni, agevola l’incontro diretto tra domanda e offerta.

Alcuni numeri possono essere utili a capire meglio questa realtà. In Piemonte, il flusso annuale (relativo al 2012) delle persone che si presentano ai Cpi è stato di oltre 108.000 persone, una cifra che si riduce a 30.000 se si guarda a chi effettivamente ha beneficiato di una qualche azione di servizio concreta. Le segnalazioni alle aziende da parte dei Cpi – parliamo sempre di dati rilevabili a sistema – sono state 9.000 (è da notare comunque che una persona potrebbe essere stata segnalata più di una volta). Se fossimo in altri Paesi, le assunzioni effettive dovrebbero essere 2700: invece, dai dati a disposizione, si evince che nel suddetto anno sono state circa 700.

Nell’edizione primaverile di “Io Lavoro”, avvenuta a marzo in un’intensa tre-giorni, sono transitate 13.000 persone, mentre 6.000 hanno preso contatto con le oltre 90 aziende ospitate. A seguito dei colloqui, il 28% è risultato occupato nel periodo successivo alla manifestazione. Per intenderci, si tratta di circa 2.000 persone. È un dato incredibile per l’Italia, in particolare se si paragona alla performance precedentemente evidenziata dai Cpi piemontesi nel giro di un anno.

Si tratta di soggetti diversi? Assolutamente no: sono i medesimi soggetti ad animare i servizi di “Io Lavoro”. L’investimento è in proporzione maggiore rispetto a quello garantito per il sistema in generale? No, anzi è molto più contenuto. A cambiare sono solo la “regia”, affidata all’Agenzia Piemonte Lavoro (braccio armato dell’assessorato al Lavoro della Regione Piemonte) e l’obiettivo: ingaggiare imprese interessate a trovare forza lavoro e agevolarle nella ricerca di competenze e capitale umano vestito su misura sulle loro esigenze. Una formula resa vincente grazie soprattutto a una rete di servizi di qualità, che poggia su supporti informatici all’avanguardia.

La differenza sta quindi tutta nel fissare obiettivi seri da raggiungere, se si vuole continuare ad essere centro di spesa. Non si comprende perché nessuno guardi a questo esempio (e ai numerosi altri che vengono sperimentati nelle varie Regioni) e invece si preferisca continuare a parlare del modello tedesco: un sistema completamente diverso da quello italiano, pertanto non calabile nella realtà del Belpaese.

http://italian.ruvr.ru/2013_11_12/In-Italia-e-un-lavoro-trovare-lavoro/

Si prevede per noi il gas molto caro quest’inverno.

Martedì, 12 Novembre 2013 15:38
Eni: interrotto flusso di gas libico verso l’Italia

ROMA – Il flusso di gas naturale della Libia verso l’Italia attraverso il gasdotto Greenstream è stato interrotto lunedì a causa di alcune “manifestazioni” sul sito di Mellitah: lo ha riferito l’Eni, precisando che non ci sono problemi di approvvigionamento per l’Italia.
“Da alcuni giorni assistiamo a manifestazioni di alcune comunità e milizie al terminal per il gas di Mellitah. Oggi i manifestanti hanno imposto un’interruzione del flusso del gas della Libia verso l’Italia”, ha detto un portavoce del gruppo italiano. “Il terminal e Greenstream sono sicuri. Per il momento non abbiamo alcun problema di approvvigionamento per l’Italia”, ha aggiunto il portavoce.

http://italian.irib.ir/notizie/mondo/item/134452-eni-interrotto-flusso-di-gas-libico-verso-l-italia

Eni: titolo debole a Piazza Affari dopo chiusura gasdotto Greenstream

MILANO (Finanza.com)
Eni debole a Piazza Affari, dove lascia sul parterre circa lo 0,50% a 17,96 euro, in scia alla chiusura del gasdotto Greenstream che collegai giacimenti libici di Mellitah alla costa siciliana (Gela). La chiusura è avvenuta per motivi di sicurezza. Come riportano le principali agenzie di stampa, gruppi armati metterebbero a rischio la sicurezza dei lavoratori. Ieri sera l’Ad del colosso petrolifero, Paolo Scaroni, ha dichiarato che al momento non esistono problemi di approvvigionamento per l’Italia.

http://www.finanza.com/Finanza/Notizie_Italia/Italia/notizia/Eni_titolo_debole_a_Piazza_Affari_dopo_chiusura_gasdotto_Gr-407736

Alla camera sventolano bandiere NOTAV

Dopo la dichiarazione di voto (i video li potrete vedere qui) 

http://www.youtube.com/user/M5SParlamento/videos

sulla ratifica del trattato Francia-Italia alla camera sventolano bandiere NOTAV

I ragazzi al grido notav notav avvolgono lupi nella bandiera! 
la camera approva con 111 contrari praticamente tutto il M5s e sel ma non finisce qui!
 
 

 

Sole 24 ore : Parigi conferma la priorità dell’opera (!?)

ARTICOLO CONTRADDITTORIO… A DIR POCO!

12 novembre 2013
Sole 24 ore 

Parigi conferma la priorità dell’opera

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-11-12/parigi-conferma-priorita-opera-064525.shtml?uuid=ABO6Bcc

Oggi nel cantiere di Chiomonte (To), dove si sono concluse
le operazioni di montaggio della fresa TBM, inizierà la fase operativa, con la talpa che ha raggiunto la testa del tunnel finora realizzato e comincerà lo scavo per completare uno dei cunicoli geognostici – l’unico in territorio italiano – del futuro tunnel di base.

In cantiere ci saranno Louis Besson presidente della
delegazione francese alla Cig, Piero Fassino e Bernadette Laclais, sindaci di Torino e di Chambéry, Jean Louis Touraine vice-sindaco di Lione, Mario Virano, presidente dell’Osservatorio sulla Torino-Lione e della Cig.

Sui costi elevati – circa 24 miliardi per il completamento dell’intera linea – e sui tempi di realizzazione lunghi della Torino-Lione si cimentano i tecnici francesi e italiani, all’interno dell’Osservatorio sull’opera.

Molto ha fatto discutere il lavoro della Commissione
Mobilitè 21, istituita dal Governo francese per determinare le priorità della Francia in tema di infrastrutture. 

Nello studio, messo a punto dai 10 membri della commissione presieduta da Philippe Duron e costituita da 6 parlamentari e 4 esperti, si dicono due cose.

La prima: il progetto del tunnel di base – 8,2 miliardi, oggetto dell’Accordo Italia Francia sulla Torino-Lion e, per il quale si sono realizzate opere propedeutiche sul territorio francese e italiano, nel cantiere di Chiomonte – non entra a far parte del campo di analisi della commissione perché
al centro di accordi internazionali
.

La seconda: prima del 2030 non saranno disponibili risorse per realizzare le tratte della Torino-Lione su territorio francese.
Fin qui l’esito dei lavori, con argomentazioni “tiepide” sulla
Torino-Lione, seguito però dalla conclusione dei lavori della Commissione d’inchiesta francese che ha rilasciato il parere favorevole sulla “pubblica utilità” degli accessi alla
Torino-Lione, sottoscritto poi da un atto politico del governo Hollande.

Un argomento forte a sostegno dell’opera.

Il completamento della linea su territorio francese, con la

realizzazione degli accessi alla linea e al tunnel di base, revedono in totale 140 chilometriperlopiù in galleria, con 43 chilometri di tracciato all’aperto, per collegare la stazione internazionale di Saint Jean de Maurienne e quella di Lione.

È su questo punto la Commissione mette dei paletti: un possibile finanziamento di queste opere – un budget tra gli 8 e i 10 miliardi, in quattro fasi – potrebbe arrivare non prima del 2030. Se il Governo francese dovesse anticipare lo tanziamento al periodo precedente, gli accessi alla Torino-Lione assorbirebbero tutte le risorse a disposizione per le infrastrutture in territorio francese.

Per questo motivo i commissari, pur riconoscendo l’interesse alla realizzazione degli accessi e al completamento dell’opera, spostano la simulazione finanziaria per la realizzazione degli accessi alla Torino-Lione avanti nel tempo e la pongono tra le priorità secondarie per il trasporto in Francia. Per l’Italia il compito di completare la tratta fino a Torino appare, sulla carta, meno arduo, perché di fatto i 2/3 dell’intero percorso si trovano su territorio francese: la tratta tutta italiana della Torino-Lione
avrà infatti una lunghezza di 46 chilometri per collegare la stazione internazionale di Susa (parte del progetto
italo-francese in fase esecutiva) e Settimo Torinese
, con l’innesto sulla 
linea dell’Alta velocità Torino-Milano, avrà un costo stimato in 4,4 miliardi.

Processo Coldimosso: chiesti 38 anni di carcere per i 24 imputati

http://www.tgvallesusa.it/?p=3119

WRITTEN BY: MASSIMO BONATO – NOV• 12•13

bruno caccciaIl Pubblico ministero ha stamane chiesto che venga ascritta la responsabilità individuale per ciascuno dei 24 imputati, per un totale di 38 anni di carcere e oltre 7000 euro in ammende che vanno dagli 800 ai 1800 euro. Le pene richieste vanno dagli 8 mesi ai 5 anni con molte richieste di attenuanti generiche per incensuratezza, ma altrettante richieste di revoca della sospensione condizionale.

I reati contestati vanno dal travisamento a resistenza a pubblico ufficiale, interruzione di pubblico esercizio, ma anche violenza privata e rapina.

Dopo aver riassunto i fatti avvenuti il 17 febbraio 2010 a Coldimosso e nella notte a Torino presso le Molinette prima (dove era stato ricoverato in gravi condizioni S.P.) e alla tipografia della «Stampa» poi, il PM si è soffermato in particolare a illustrare le giustificazioni che motivano i reati di violenza privata e rapina.

Violenza privata è per l’accusa dovuta al blocco avvenuto al passo carraio della testata torinese, che non ha impedito alle copie di giungere a destino, ma ha comunque condizionato l’organizzazione imprenditoriale e dei padroncini che dovevano provvedere al carico e alla distribuzione del quotidiano: la violenza è rappresentata quindi dall’impedimento a rispettare i tempi di consegna predisposti dall’azienda.

La rapina è per l’accusa avvenuta alle Molinette. In un momento di tensione, l’agente della Digos Lo Dico viene allontanto dal portale d’ingresso al Pronto soccorso con il collega e la sua agenda finisce a terra; i presenti se ne impossessano senza restituirla. L’accusa rinviene il reato di rapina perché, pur non trattandosi di oggetto di valore economico, l’agenda è un oggetto di lavoro che contiene dati sensibili di cui gli attivisti coinvolti possono giovarsi.

Alla lunga sequela di pene e ammende richieste per ogni singolo imputato han fatto seguito le difese di Haji Tawfik, Marco Commisso e Fabrizio Berardinelli.

Per Haji Tawfik, la difesa è tornata a mettere in dubbio l’identificazione datane dall’ispettore Fusco. Secondo la difesa, Fusco identifica H.T. a Coldimosso durante un momento di concitazione, dopo le cariche appena effettuate, tra il fumo dei lacrimogeni; Fusco chiama Haji e lui si gira, vero, ma lo chiama per cognome e non per nome. Il che ripropone, come alla precedente udienza, il riesame degli episodi in cui Haji Tawfik e il fratello Idris sono stati confusi. I due vengono descritti come molto simili, difficilmente distinguibili dallo stesso Fusco; e viene rivista dalla difesa anche la deposizione dell’agente Favero che riconosce Tawfik perché rasato. Vengono descritti come l’uno più robusto dell’altro, come l’uno più anziano dell’altro, ma la difesa ribadisce che quando il giovane viene identificato ha un cappuccio sulla testa, la corporatura dei due fratelli è in realtà molto simile, e in quanto a maggiore o minore età i due sono pressoché coetanei (l’uno del 1985, l’altro del 1987). Chi sia stato identificato, e come, secondo la difesa resta ancora da chiarire.

Anche per la difesa di Commisso l’aspetto ambientale è centrale: il 17 febbraio fa freddo, è nevicato la mattina e durante gli scontri in prossimità della trivella a Coldimosso piove. Sono passate le 18.00. Sono stati lanciati lacrimogeni in un luogo boschivo (per l’ispettore Fusco al massimo 2, per l’agente Favero più o meno una decina), effettuate due cariche e il clima non è certo disteso. Commisso viene descritto dall’un agente “agitato”, dall’altro “travisato”. Ma appunto la situazione è tesa, il clima freddo e viene imputata per travisamento una persona che più volte, ben sapendo di essere ripresa, compare e non ha tema di comparire a volto scoperto, il che vuol dire che l’essersi coperto il viso, le vie respiratorie dopo le cariche, dopo i lacrimogeni e in una fredda sera di febbraio non può significare altro che l’essersi coperto per protezione e non per travisamento, con una sciarpa e non con tutto un armamentario atto a uno scopo precipuo ben più cospicuo di una comune vestizione invernale. Diversamente bisognerebbe tacciare di reato metà popolazione che in pieno inverno se ne va per la città infagottata.

Per Berardinelli pure viene chiesta l’assoluzione, come per i casi precedenti. La sua identificazione avviene a “Susa, località Chianocco” e l’avvocato Carena critica la possibilità di rinvenire il luogo stesso dell’identificazione, del luogo stesso in cui un reato possa essere stato commesso (a Susa o a Chianocco?). Ma tanto peggio risulta poi la qualità stessa dell’identificazione. L’ispettore Fusco, ricorda la difesa, ha ripetutamente affermato di non aver mai incontrato Berardinelli: la sua identificazione avviene grazie al collega Siracusa che indica Berardinelli nei filmati. Ma questa, sostiene l’avvocato Carena, è al più “una suggestione utile a un’indagine, all’approfondimento di un’indagine, ma non può essere considerata una prova”. L’unico ad aver individuato Berardinelli è Fusco, ma a Fusco stesso, Berardinelli è stato indicato su un filmato dal collega Siracusa: perché allora non aver sentito Siracusa, se è colui che può identificare l’imputato? Perché non credere per converso alle testimonianze della difesa che al contrario testimoniano come Beradinelli fosse presente alla manifestazione, come da lui stesso ammesso, ma vi fosse per tenere la cronaca radiofonica con Radio Blackout; un teste prodotto dalla difesa varrebbe meno di uno prodotto dall’accusa? Del resto, anche Berardinelli viene ripreso dalle telecamere e viene ripreso sempre a volto scoperto. In che modo l’imputato avrebbe quindi concorso nel commettere un reato? In quale momento, ammesso che sia stato commesso un reato, l’imputato avrebbe potuto evitare che venisse realizzato da altri? Fermo restando che parlare di concorso significa addurre un aiuto, un supporto, un sostegno vero e proprio a che il reato potesse essere commesso o a seguito di esso. Parlare di concorso materiale o morale significa in definitiva portare in tribunale chinque abbia parteciapto alla manifestazione.

Revenants-soldats futuropolis

EODE-BOOKS / BD POLITIQUE / ‘REVENANTS’. UN REGARD SUR LES SOLDATS PERDUS DES GUERRES AMERICAINE …

 EODE-BOOKS – lire – s’informer – se former

Un service du Département EDUCATION & RESEARCH  de l’Ong EODE

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 http://www.eode.org/eode-books-bd-politique-revenants-un-regard-sur-les-soldats-perdus-des-guerres-americaine/

 Revenants

une BD de Olivier Morel et Maël

chez Futuropolis

 « au cœur des interrogations d’une société malade de sa guerre »

 Nous ne sommes pas de ceux qui jettent un regard hautain ou méprisant sur le BD. Vecteur de communication grand public, la BD avec les ‘romans graphiques’ atteint la maturité d’un genre littéraire à part entière.

  « La bande dessinée est un fil tendu entre une certaine recherche utopique de la justice et peut-être de la réconciliation ; et de l’autre côté, des personnages romanesques : la bande dessinée est dans cette force romanesque des personnages que j’ai rencontré quand j’ai développé le fil… », explique l’auteur.

 Après avoir réalisé un documentaire sur les vétérans américains traumatisés par les guerres en Irak et en Afghanistan, Olivier Morel leur consacre donc le dessinateur Maël, une bande dessinée, ‘Revenants’ publiée aux éditions Futuropolis. Français naturalisé américain, Olivier Morel livre un témoignage coup-de-poing sur ses rencontres avec des jeunes Marines américains, victimes de stress post-traumatique.

 

AVANT LA BD : LE FILM ‘L’AME EN SANG’

 « Il y a d’abord eu le film documentaire télévisé (« L’Âme en sang ») dans lequel le réalisateur franco-américain Olivier Morel allait à la rencontre de  jeunes vétérans américains revenus d’Irak pour les écouter et les filmer, témoignant  du traumatisme vécu après leur participation à la guerre en Irak. Pour aller plus loin, le dessinateur Maël vient apporter sa patte au projet en racontant l’histoire de ce documentaire pas comme les autres  en mettant des « images » sur les cauchemars de ces jeunes soldats atteints du trouble de stress post-traumatique  « 

– Benzine mag

Olivier Morel a réalisé un documentaire, ‘L’Âme en sang’, qui donne la parole à six vétérans — des fantômes hantés par des fantômes —, qui portent l’insupportable de ce qu’ils ont vécu : vu et fait en Irak.

 Ce film poignant, utile, diffusé sur Arte en 2011, et dans de nombreux festivals aux États-Unis et en Europe, rappelle que le nombre de suicides de vétérans est aujourd’hui supérieur à celui des soldats tués sur le sol irakien. Ils sont 70 000 vétérans aux USA, dont 22 mettent fin à leur vie chaque jour.

 Mai 2010, le tournage est fini et Morel est frustré car il n’a pas pu tout mettre : le passé, l’inconscient, l’imagination, le rêve, les projections psychotiques…, ne peuvent pas faire partie de la dramaturgie documentaire. Un ami commun le met en relation avec Maël. Après avec vu son film et ses carnets de repérages, Maël, tout à la fois enthousiaste et plein d’incertitudes et d’interrogations quant à la responsabilité qu’il endosse, décide de faire une bande dessinée.

 Cet album n’est pas le livre du film. Il raconte l’histoire du film. C’est-à-dire pourquoi Olivier Morel a décidé de le faire et comment il a travaillé. Il montre ce lien particulier, délicat et intime, qui unit le réalisateur aux vétérans qu’il filme. La méthode narrative choisie par Maël, tout en délicatesse allusive, refusant toute intrusion voyeuriste, est à la mesure de son engagement. Son dessin très représentatif du réel, ne laisse de place ni à l’improvisation, ni aux « accidents » du trait, il est un outil pour faire passer le vécu.

 Bande dessinée documentaire de haut vol, ‘Revenants’ raconte l’histoire de quelques vétérans d’Irak, atteints du trouble de stress post-traumatique, et celle d’Olivier Morel qui leur consacra un film.

 

CE QU’ILS EN DISENT :

 * La critique de Marie Rameau :

« J’en lis des albums de BD. J’en commence beaucoup. J’en lis pas mal en diagonale. Les sentiments sont divers lors de ces lectures. Le plaisir, l’ennui, la fascination, la colère, l’indifférence. Parfois je tombe sur un album qui me retourne et me met une trempe. Et c’est une bonne chose que de se retrouver, à travers une BD, en face de l’humain et donc en face de soi. Maël et Olivier Morel viennent de m’offrir ce cadeau avec « Revenants », édité par Futuropolis. Attention. Ca secoue (…) « Revenants » est une sorte de making off d’un documentaire sur les vétérans de la guerre en Irak réalisé par Olivier Morel il y a quelques années. Ici scénariste, il plonge le lecteur dans les coulisses de cette aventure traumatique, pour les vétérans interviewés comme pour lui-même. Ces soldats partis pour des raisons diverses allaient revenir détruits. Certains sont partis par patriotisme, d’autres pour se prouver quelque chose ou pour sortir de leur misère. Ces hommes et ces femmes ont certes retrouvé les leurs et leur pays, mais ils ont laissé une part d’eux sur le terrain et ça les ronge. Définitivement.

C’est comme la douleur intense qu’inflige un membre fantôme. Le mal est là, invisible, vicieux. Se soigner à coup de rendez-vous chez le psy, participer à des meetings d’anciens de la guerre, boire jusqu’au coma , essayer de parler pour déposer ce si lourd sac de pierres… En vain. Les données officielles parlent de 3 vétérans se suicidant toutes les semaines et de 100,000 vét’ sans domicile aux Etats-Unis. La réalité dépasserait de beaucoup ces chiffres, évidemment. L’aventure documentaire relatée ici et surtout les liens tissés entre les protagonistes dans l’horreur de la confession sont un boulet de canon d’humanité et de souffrance. Ce qui pourrait vous faire fuir, lecteurs. Ce qui ne DEVRAIT PAS vous faire détourner les yeux. « Revenants » est un témoin important. »

 * La critique de Benzine Mag :

« La bande dessinée de Maël nous conduit sur les pas d’Olivier Morel dans ses différentes rencontres, nous faisant entendre le récit de tous ces jeunes témoignant leur expérience en tant que soldats américains envoyés en Irak mais aussi et  surtout des conséquences et donc des troubles et cauchemars qui les pourrissent la vie depuis leur retour. Visions d’horreur, violences psychologiques, actes de tortures, tout revient en mémoire ; et de ces chocs reçu là-bas, personne ne semble pouvoir s’en défaire et chacun semble même avoir laissé une part de lui-même dans ce conflit. »

http://www.benzinemag.net/2013/11/02/revenants-mael-olivier-morel/

 L’AUTEUR

 Olivier Morel, né en France, est aujourd’hui citoyen américain. Il est réalisateur de films documentaires et auteur de séries radiophoniques. Il vit aux Etats-Unis depuis 2005, y enseigne le français et la littérature comparée à l’Université de Notre Dame à South Bend, Indiana.

 L’essentiel de son travail porte sur la relation entre trauma et création. Il a travaillé sur la mémoire et les récits de survivants, en particulier de la Shoah et de la Grande Guerre. Maël vit dans le Dauphiné. Par ailleurs compositeur, guitariste, chanteur du groupe HitchcockGoHome, Maël s’impose de livre en livre dans le cercle restreint des auteurs de bande dessinée qui comptent. Témoin le quadriptique Notre Mère la guerre, encensé par la critique comme par le public.

 ALLER PLUS LOIN :

 Sophie Torlotin s’entretient avec les deux auteurs Olivier Morel et Maël sur RFI :

 http://www.rfi.fr/emission/20130917-olivier-morel-mael-auteurs-bande-dessinee-revenants-editions-futuropolis

 Dessinateur     Mael

Scénario          Olivier Morel

Editeur            Futuropolis

Date de parution        21/09/2013

ISBN  2754808744

EAN   978-2754808743

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Corse: la bio de Paoli

TRANS-EUROPA MEDIAS / BD / L’INTÉGRALE COLLECTOR ‘PAOLI, LA LÉGENDE’ !

 Eric Rückstühl , Frédéric Bertocchini

Editeur            DCL Cet album réunit l’histoire complète de Pasquale Paoli en bande dessinée.

Les lecteurs pourront ainsi retrouver La Jeunesse de Paoli, Le Père de la Patrie, et Ponte Novu, ainsi que 8 pages de BD inédites, et 24 pages bonus de making-of révélant tous les dessous de la série.

 Petit-fils de meunier, enfant de Morosaglia en Corse, Pasquale Paoli était sans doute prédestiné à occuper une place importante dans l’histoire européenne du siècle des Lumières. Son influence fut même mondiale, lorsque l’on sait que les révolutionnaires américains, contemporains de Paoli, s’inspirèrent de ses travaux pour la constitution d’un monde neuf, basé sur une nouvelle approche de notions telles que la liberté, le droit des peuples à disposer d’eux-mêmes, ou l’égalité entre les hommes.

 En son temps, Pasquale Paoli était un homme illustre, admiré dans toute l’Europe, un chef d’Etat novateur pour les uns, mais aussi un simple brigand pour d’autres. Mais Paoli était avant tout un homme, un Corse, avec ses valeurs, ses rêves et ses espoirs. “Patria et Libertà” criait-il ! Tout est là…

 Sur un fond historique rigoureux, Frédéric Bertocchini (scénario et dialogues) et Eric Rückstühl (dessins), se sont surtout attelés à peindre l’Homme. De Morosaglia, à Ponte Novu, du régiment napolitain Corsica, aux salons aristocrates britanniques, en passant par la table de Robespierre, Paoli était avant tout un homme des Lumières.

 

CE QU’ILS EN DISENT …

Le scénariste interviewé par JDC, le Journal de la Corse :

 « Présentation de « Paoli, la légende », avec le scénariste Frédéric Bertocchini.

Frédéric, pourquoi cette réédition ?

FB : Parce que les éditions successives ont très bien fonctionné. Que ce soit en langue française ou en langue corse, les albums ont trouvé un accueil formidable auprès du public, de sorte que plusieurs rééditions ont été nécessaires. Nous nous sommes rendus compte, finalement, que donner un petit coup de jeune à la série, tout en réalisant des planches totalement inédites, était une bonne idée. La série sera « corrigée » et « augmentée », c’est-à-dire ? Nous avons refait un certain nombre de cadrages, tous les lettrages,quelques textes également, dans les bulles, ont été changés. Cela a été un très gros travail, car cela concerne 142 planches (trois albums). La partie « augmentée » concerne un cahier bonus de 8 pages BD inédites. A la fin de notre série en 2009, nous avons laissé notre Paoli en 1790, lorsqu’il retrouve la Corse, à Macinaggio. Là, nous le verrons dans les années 1790, avec le royaume anglo-corse, Sir Elliot, sa tête mise à prix par la Révolution, jusqu’à sa mort… Ajouter à cela, un autre cahier bonus de 24 pages sera consacré au making-of. Il s’agit des dessous de la série. Les lecteurs pourront y trouver tout un tas de documents qui nous ont permis de faire cette série : des photos, des textes, des croquis divers, anciens ou modernes, mais aussi des crayonnés, les projets de couv’ que nous n’avons pas retenu, des maquettes et une petite partie de notre recherche iconographique. »

 http://www.jdcorse.fr/JDC2/Paoli-la-legende

 Dessinateur : Eric Rückstühl

Scénario : Frédéric Bertocchini

Editeur            : DCL

Date de parution : 20/09/2013

ISBN :  2354160666

EAN : 978-2354160661

Album quadri

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TEM / 10 nov. 2013 /