Beppe Grillo: “Torneremo alla lira. La Germania ci sta fregando”

Che cosa vuol dire essere in Europa? Se lo è chiesto ieri a Roma Beppe Grillo, che s’è concesso ai taccuini dei cronisti. Ecco cosa ha detto:
http://www.cadoinpiedi.it

“Non possiamo avere la stessa moneta e un’economia da poveri. Perché così la Germania ci frega. Più noi ci impoveriamo più la Germania cresce. Impoverire gli altri, per crescere lei. Credo che al 90% ci riprendiamo la lira. Sarà un bene, sarà un male, non lo so. Sarà un bagno di sangue, svalutazione su svalutazione, ma non vedo altre vie d’uscita. Dobbiamo toglierci dalla testa queste storie delle triple A, dello spread. Ci prendono ogni giorno per il culo. Ci stanno mettendo in mano al Fondo monetario, ovvero agli americani. Basta con l’influenza degli americani nel nostro Paese. Diventiamo dei cittadini seri. Monti è una brava persona, ma alla fine fa quello che gli chiedono di fare. Questi politici? Fra sei mesi nessuno si ricorderà neanche il loro nome. L’Italia va ri-progettata, signori. Partiamo dall’energia, abbandoniamo il petrolio e puntiamo sulle rinnovabili. Altrimenti non ne usciremo. E poi mi devono dire cosa pago con le mie tasse: la pensione ai politici? La Tav? Gli editori? Perché se è così non ci sto più”.

Gemellaggio Val di Susa-L’Aquila: “Usiamo soldi della Tav per ricostruire la città”

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/11/10/gemellaggio-val-di-susa-laquila-usiamo-soldi-della-tav-per-ricostruire-la-citta/252949/

 
 http://davi-luciano.myblog.it/media/00/01/1264186856.mp4

Una ventina di amministratori locali della Val di Susa è partita venerdì notte per L’Aquila. La delegazione, guidata dal presidente della Comunità montana Sandro Plano, ha visitato il sindaco della città abruzzese, Massimo Cialente. “Bisogna dirottare i soldi per il Tav – spiega Lucia Bonanni, portavoce del Comitato 3e32 – per la ricostruzione de L’Aquila”. Plano attacca frontalmente la “politica romana”, colpevole di non rispondere alle necessità dei cittadini: “Bisogna investire sulla sicurezza degli edifici pubblici e sull’assetto idro-geologico del Paese e in seconda battuta sui collegamenti ferroviari ad alta velocità”. Della stessa idea il sindaco Cialente, dopo Laura Puppato e Michele Emiliano abbandona la linea del Pd nazionale per schierarsi con i NoTav   di Cosimo Caridi

10 novembre 2013

Pendolari KO: meno linee, più soldi

Da: Il Fatto

di Vincenzo Iurillo, Roberto Morini, Tommaso Rodano, Francesco Tamburini, Giulia Zaccariello

  Sono almeno 2 milioni e 903 mila (secondo il rapporto Pendolaria di Legambiente). Sono i pendolari italiani. Quanti gli abitanti di una metropoli. Ma loro passano buona parte delle loro giornate sui treni, pullman, bus. Non per sfizio, ma per andare a lavorare. Intanto a causa della crisi e della cattiva politica si registrano tagli del 10-15 per cento ai servizi. E corrispondenti aumenti a botte del 10-20 per cento l’anno (l’ultimo è stato annunciato da Trenitalia proprio nei giorni scorsi). Ma dimenticare i pendolari non significa soltanto spreco di denaro e ricadute enormi sull’inquinamento e il traffico delle città. Significa “rubare” a donne, uomini e molti giovani fino a mille ore l’anno. Cinquanta giorni trascorsi su treni e pullman, talvolta indecenti. Tempo sottratto alla vita. Ecco come vivono i pendolari italiani sulle linee più famigerate.   1. Milano-Novara, impresa salire   Milano, stazione di Piazza Repubblica. Chi sceglie di pagare il biglietto con la carta di credito si mette in coda, perché solo una delle quattro macchinette presenti accetta le carte magnetiche. “Sono rotte da una vita”, dice uno dei ragazzi in fila. Ecco il biglietto da visita. Sono passate da poco le 18 e sta per arrivare, con cinque minuti di consueto ritardo, il treno della linea suburbana S6, l’incubo di tutti i pendolari che vivono sul tragitto che va da Milano a Novara e lavorano nel capoluogo lombardo. Ancora prima che il convoglio si fermi, la folla si è già divisa in gruppetti in corrispondenza delle porte, con la speranza di ottenere un posto a sedere oppure, più realisticamente, almeno di riuscire a salire. “Cinque minuti di ritardo non è niente, siamo abituati a ben peggio, come le cancellazioni”, spiega Patrizia, impiegata di Magenta. Saliti a bordo, i pendolari tirano un sospiro di sollievo. Ma è ancora presto per rilassarsi. Tutti i posti a sedere sono occupati dai primi fortunati e la gente si ammucchia vicino alle porte e sugli scalini bloccando il passaggio. Basta il minimo imprevisto per fare scatenare litigi. A ogni fermata, intanto, i passeggeri sono sempre più numerosi. E ai pendolari che lavorano a Milano si aggiunge, alla fermata Villapizzone, un fiume di studenti universitari del Politecnico. A un tratto buio: si spengono le luci del vagone. Qualcuno è stupito, ma la maggior parte dei passeggeri non batte ciglio. L’importante è arrivare. Vivi.   2. Milano linea 91, il lusso di respirare   Lunedì mattina, ore 8.00. Ventidue persone alla banchina tra Viale Romagna e Piazzale Susa aspettano la 91, l’autobus che attraversa Milano passando attorno al centro, lungo la circonvallazione esterna. Il bus arriva puntuale, ma prima di partire è già pieno. Al punto che buona parte dei presenti non riesce a salire. Peggio della metro di Tokyo. C’è anche una ragazza con un figlio neonato. Rinuncia. Piazza Piola, scende un gruppo di studenti universitari del Politecnico e si torna a respirare. Ma la tregua non dura molto. L’autobus inizia a percorrere la circonvallazione e comincia a riempirsi di nuovo: salgono uomini in giacca e cravatta, ma anche studenti e molti stranieri. Tra questi c’è una donna indiana che aiuta il figlio a ripassare l’ultima lezione di inglese. Fino a quando il mezzo è talmente affollato da non riuscire a tenere aperto il quaderno. E scatta il battibecco. “Può spostare il braccio?”, dice rivolgendosi a un signore, che risponde visibilmente infastidito: “Non è colpa mia, mi spingono per provare a salire”. Ordinaria amministrazione sulla linea 90-91.   Da qui in poi è sempre peggio. Piazzale Lugano: una ragazza prova comunque a salire con un passeggino. Inizia così un vero lavoro di squadra per aiutarla, con due giovani che prendono le ruote davanti e un altro che fa spazio. Altre fermate, ma decine di persone guardano sconsolate il bus passare, restano sul marciapiedi. Arriveranno tardi.   3. Milano-Mortara, la soppressione   L’incubo è una parola: soppresso. Stazione di Vigevano, ore 6.46. Al primo binario impiegati, commesse e studenti aspettano il regionale per Milano. Non arriverà mai, ma ancora non lo sanno. Perché le informazioni qui corrono, se possibile, più lentedei treni. Passa un quarto d’ora nel silenzio dell’altoparlante, nell’assenza del personale, e nel buio del tabellone. Solo alle 7.05, una voce metallica annuncia quello che nessuno avrebbe voluto sentire: treno cancellato. É così che inizia una giornata di ordinario disagio per i pendolari di una delle tratte più disastrate del nord Italia: la Milano-Mortara. Siamo nel cuore della Lombardia, in quella terra di mezzo tra Pavia e Milano, che ancora resiste alla crisi e alla disoccupazione galoppante. E dove ogni giorno un esercito di precari, dipendenti e universitari vive scene da terzo mondo. La maggioranza parte da Vigevano, 60 mila abitanti sulle rive del Ticino, diventata città dormitorio per chi non riesce a permettersi un appartamento a Milano. Sulla carta sono quaranta chilometri di strada, per 25 minuti di viaggio. “Ma i ritardi di 10 minuti sono talmente ordinari che non vengono nemmeno segnalati” spiega Alberto Pirotti, dipendente in un’agenzia di assicurazioni. “E almeno due volte al mese mi presento in ufficio un’ora dopo. In passato ho perso un lavoro per questo”. I problemi iniziano appena arrivati in stazione. Chi non ha già il biglietto   deve sperare nella buona sorte: gli   sportelli sono aperti poche ore al   giorno, mentre sulla macchinetta c’è   un cartello guasto appeso chissà   quando. Tre obliteratrici su quattro,   poi, sono rotte. Il sottopassaggio   non esiste. Anche salire e scendere   dal treno è un’impresa. Una volta   dentro, il posto a sedere è un miraggio, in piedi manca lo spazio per   respirare, e al momento di uscire due porte su dieci non si aprono. I racconti dei pendolari, poi, sono un campionario degli orrori. Tirano fuori il cellulare e mostrano foto di persone incastrate tra le porte e di vagoni che cadono a pezzi. “In inverno, sotto i sedili, si formano coni di ghiaccio. In estate si boccheggia, con l’aria condizionata inesistente e i finestrini sigillati”. Alcuni sono arrivati a far causa a Trenord. E il giudice di pace ha dato loro ragione.   4. Roma-Civitavecchia, treno per sardine   Nella scatola di sardine che Trenitalia chiama “Regionale 3255”, persino comunicare con il prossimo è un esercizio complicato. Sul treno che collega Roma con le città del litorale, verso nord, le persone sono in piedi ovunque: nell’area di fronte alle porte e lungo i due piani di corridoi, in ogni vagone. C’è lo spazio per respirare, per muovere le dita sullo smartphone. Basta. “Da Santa Marinella in poi si trova posto solo così”. Nel caos, Massimiliano è l’unico che parli. Vuole raccontare la sua battaglia quotidiana. La sua tratta, la Roma-Civitavecchia, è solo una delle decine di percorsi impossibili verso la Capitale, ma è un esempio illuminante della sofferenza dei pendolari romani. La giornata di Massimiliano non lascia spazio alla fantasia. “Lavoro all’Ibm. Mi alzo alle 6 per prendere il regionale delle 6 e 55 che arriva a Roma Ostiense alle 8. Se ritardo un po’, come stamattina, mi tocca uno dei treni successivi. Sono i più affollati. Da Ladispoli in poi è il delirio. Si rimane immobili, in piedi per settanta minuti”. Al ritorno, la stessa storia: “Dalle 15 fino alle 18 i treni si riempiono già a Termini. Nelle fermate successive diventano carri bestiame”. Non ci si annoia però: le sorprese sono dietro l’angolo. Ritardi, soppressioni, guasti, interruzionidi servizio. “Per chi prende il treno ogni mattina, in un anno il numero di disavventure è impressionante”. Racconta i più clamorosi: “Dopo una frenata brusca, ho cominciato a sentire puzza di bruciato. Ho guardato fuori dal finestrino e si è alzata una fiammata: il treno stava prendendo fuoco. Un’altra volta, il convoglio si è arrestato all’altezza di Maccarese, in aperta campagna. I pendolari hanno attraversato i campi per raggiungere l’Aurelia a piedi: una scena surreale. Il record? Una sera sono arrivato a Civitavecchia dopo mezzanotte: ero partito da Roma alle 18 e 15”. Sei ore per meno di cento chilometri, faceva prima in bici. E le condizioni di viaggio? “Una mattina fortunata, ho trovato nel vagone un clochard che si era attrezzato per la notte”. E i bagni? “Inavvicinabili. Per le condizioni igieniche, e perché per arrivarci dovresti saltare in testa alle persone”. Il tutto, spiega mostrando il suo abbonamento annuale, per la modica cifra di 591 euro.   5. Circumvesuviana, da Indiana Jones   Perdete ogni speranza, o voi che entrate nei vagoni della Circumvesuviana. Eccoci nella ferrovia locale che collega Napoli con il circondario fino a toccare le province di Avellino e Salerno: 142 chilometri di binari, 96 stazioni. Si parte, si spera di arrivare. Ma rinunciate a programmare gli orari della vostra giornata di studio o di lavoro. Incrociate le dita. Forse arriverete in tempo a destinazione. Molto più probabilmente arriverete in ritardo. Non è escluso che non arriverete affatto. Treni cancellati, guasti a ripetizione, imprevisti. Per tre volte nell’ultimo mese un convoglio ha preso fuoco. É accaduto per lo più sull’asse Nola-Baiano. Problemi di freni. Problemi derivati dal-l’usura spaventosa dei 150 mezzi in deposito, di cui solo una quarantina in circolazione. Aveva trent’anni anche il mezzo che la mattina di lunedì 7 ottobre si è affacciato alla stazione di Piano di Sorrento poco dopo le 13. Il primo a passare dopo alcune ore di sciopero. Treni strapieni come carri bestiame, urla e panico. Un anziano che perde gli occhiali e se li ritrova calpestati dalla folla di passeggeri. Porte che non si chiudono. Per tre giorni consecutivi tra fine ottobre e inizio novembre il Napoli-Sorrento delle 6.44, pieno per lo più di studenti e insegnanti diretti nelle scuole superiori della provincia, accumula più di mezz’ora di ritardo. Pendolari sull’orlo di una crisi di nervi. Una signora che racconta di quella volta che un teppista sfasciò un vetro a Torre Annunziata con un sasso che le sfiorò una tempia. E per lo spavento perse il bambino. Poi a Castellammare di Stabia salgono tre ragazzi con chitarra e strumenti musicali e improvvisano un concerto: Modugno, Celentano, Gigi D’Alessio e le grandi romanze napoletane. Le offerte non sono particolarmente generose, ma loro sembrano contenti. Alla stazione centrale di Napoli il pannello segnala un’ecatombe di corse: “Treno per Baiano delle 11.48 – soppresso; treno per Acerra delle 11.04 – soppresso; treno per Sarno delle 11.32 – soppresso; treno per Poggiomarino delle 11.55 – soppresso”. La vera notizia è il treno che parte. Quello delle 11.20 per Baiano, e non brucia.   6. Sardegna, binari grandi assenti   Dire Ferrovie in Sardegna è come parlare del grande assente. I pendolari sono costretti a muoversi in pullman se vogliono arrivare, perché il treno è una lunghissima avventura. I motivi sono due: binario unico e l’assenza della linea elettrica. E’ stata ed è a oggi un’impresa collegare Sassari a Cagliari. Il treno più veloce per percorrere i 170 chilometri che ci sono tra le due città impiega quasi quattro ore. E parliamo di quelle promesse. Poi diventano cinque e mezzo. Ma soprattutto ce ne sono pochi. Il motivo è che più della metà dei chilometri di linea sono a scartamento ridotto. Oltre seicento su poco più di mille. Tutti rigorosamente a binario unico, quei seicento, come sono a binario unico 380 dei 430 chilometri a scartamento normale, quelli gestiti da Rfi, la società delle Ferrovie del Stato che gestisce la rete. Da Sassari a Alghero o a Sorso sono anche frequentati. Parliamo di pochissimi chilometri. Un esempio: da Sassari ad Alghero ci sono 27 chilometri che in treno diventano un viaggio di oltre un’ora. E poi c’è la “grande Y”. Da Cagliari verso il nord dell’isola. Con i due rami che si aprono a Chilivani, un paesino noto solo per il suo ippodromo e perché nella sua stazione ferroviaria “si cambia”: a nordovest verso Sassari e Porto Torres, a nordest verso Olbia e Golfo Aranci. Un’ora e 7 minuti da Cagliari a Oristano, cento chilometri. Ma due ore e mezzo da Oristano a Sassari, 110 chilometri. Aspettando un pendolino diesel.


Ben 26 linee sospese: 13 in Piemonte

Da: Il fatto

  PIEMONTE: Arona-Santhia (60 km, sospesa), Pinerolo-Torre Pelice (1 km, sospesa), Mortara-Casale M.to (29, sospesa), Casale-Asti (46, sospesa), Asti-Chivasso (52, sospesa), Asti-Castagnole Lanze (34, sospesa), Alessandria-Alba (52, sospesa), Alessandria-Ovada (34, resta solo per i merci), Cuneo-Mondovì (33, sospesa), Cuneo-Saluzzo (34, sospesa), Saluzzo-Savigliano(15,sospesa), Ceva-Ormea(36,sospesa), Vercelli-CasaleM.to(36, sospesa).

VENETO-FRIULI: Sacile-Gemona (75, interrotta).

LOMBARDIA-EMILIA: Cremona-Piacenza (31).

ABRUZZO-LAZIO: Avezzano-Roccasecca(80,interrotta),Sulmona-Carpinone(118,sospesa), Lanciano-Castel di Sangro (85, lavori interrotti), CAMPANIA-MOLISE-PUGLIA: Campobasso-Benevento (84, sospesa), Avellino-Rocchetta (119, sospesa), Rocchetta-GravinadiPuglia(93,sospesa)

CALABRIA:Rogliano-SoveriaMannelli (35, interrotta), Gioia Tauro- Cinque Fronti (32, interrotta), Gioia Tauro-Sinopoli (26, interrotta),

SICILIA: Caltagirone-Gela (54, interrotta)


DIETRO LE FRECCE I TRENI DIMENTICATI

Da: Il Fatto

 ANDAMENTO LENTO Mentre i Frecciarossa volano, sulla linea internazionale tra Ventimiglia e Genova, in una terra dove turismo e viaggi sono il pane, sono quasi scomparsi i treni internazionali e sono diventati rari perfino gli Intercity. Al loro posto arrancano treni locali che non proseguono per Milano e Roma. Tra Torino e Aosta 4 anni fa c’erano treni diretti che impiegavano meno di 120 minuti, ora bisogna fermarsi a Ivrea e spostarsi su un treno diesel; il tragitto è diventato più scomodo e più lungo di una decina di minuti. Tra Taranto e Catanzaro molte corse locali sono state sostituite da bus costretti a fare la spola sulla statale Jonica che è una delle più pericolose d’Italia. L’unico Intercity rimasto impiega 4 ore e 19 minuti ed è più lento di 5 minuti dell’Espresso del 2009 che oltretutto costava meno. Dal Piemonte alla Sicilia si potrebbe continuare con una lista lunga come un elenco del telefono. «L’Italia si è fermata», scrivono nell’ultimo osservatorio Audimob gli esperti dell’Isfort, l’istituto di ricerca sui trasporti. Per la prima volta dal 2000 gli spostamenti degli italiani sono scesi sotto la soglia dei 100 milioni al giorno, 97,5 milioni per l’esattezza, 30 milioni in meno rispetto a 5 anni fa. É il quarto anno consecutivo che quella cifra diminuisce. I confronti internazionali sono per noi italiani impietosi. In Francia stanno estendendo di 230 chilometri la rete tranviaria in molte città con un investimento programmato di 6 miliardi e 600 milioni di euro fino al 2020. Nel Regno Unito stanno investendo 5,4 miliardi per 141 chilometri di metropolitane leggere a Birmingham, Nottingham, Sheffield e Manchester. A Madrid la rete metropolitana è lunga 282 chilometri, metà dei quali costruiti negli ultimi 15 anni. In Italia i posti/chilometro sulle tranvie urbane sono scesi di 10 punti in un ventennio. Fatto 100 il 1995, furono 105,5 nel 1990 e ora sono calati a 95,9.   

Daniele Martini


DISSESTO IDROGEOLOGICO, NASCE L’ALLEANZA: L’AQUILA SI ALLEA CON NO-TAV, ”LOTTIAMO INSIEME”

http://www.abruzzoweb.it/contenuti/dissesto-idrogeologico-nasce-lalleanza–laquila-si-allea-con-no-tav-lottiamo-insieme/532251-4/

 

Massimo Cialente con i sindaci No-Tav

L’AQUILA – “Vogliamo che si cambi radicalmente l’agenda di governo, inserendo le priorità vere nell’interesse della gente e dei territori. Con gli ingenti fondi previsti per un progetto inutile e dannoso per la Val di Susa come la Tav, che serve per il solo trasporto merci, o per l’acquisto di caccia e armi, si può far partire una maxi operazione di messa in sicurezza dell’Italia esposta al dissesto idrogeologico e ai sismi e di tutto il patrimonio edilizio”.

È la proposta emersa all’Aquila dall’incontro tra una quindicina di sindaci e amministratori della Val di Susa, da tempo in lotta contro il progetto Tav, e il sindaco della città devastata dal sisma del 2009, Massimo Cialente.

Nel capoluogo abruzzese erano presenti anche rappresentanti dei comitati No Tav e 3e32, quest’ultimo da sempre in prima linea per un’azione condivisa dal basso della ricostruzione post-terremoto.

Il confronto ha sancito il gemellaggio tra due territori che, hanno sottolineato Cialente e il presidente della comunità montana Valsusa, Sandro Plano, “sono unite dalla comune azione di difesa del territorio”.

Cialente ha denunciato il fatto che “a Roma L’Aquila non è nell’agenda di governo, oltre a non essere oggetto di una strategia complessiva”; Plano ha aggiunto che “a Roma della protesta delle popolazioni contro il progetto Tav non hanno capito niente”.

Entrambi hanno detto di voler “aggregare” i sindaci di altri territori “di tutta Italia perché non siamo leghisti”, ha chiarito Plano.

Il 16 Cialente potrebbe partecipare a una manifestazione no Tav a Susa. Quanto alla possibilità di trasferire all’Aquila parte dei fondi destinati alla Tav, Plano ha commentato: “Non ci sono soldi che possono essere dirottati, non ci sono 2 miliardi per cancellare la prima rata dell’Imu, figuriamoci se sono disponibili 24 miliardi. Per ora ci sono partite di bilancio, quindi l’opera non è coperta e alla fine potrebbe costare anche 50 milioni”.

SUL DISSESTO IDROGEOLOGICO UNITÀ DI INTENTI VAL DI SUSA-L’AQUILA

“C’è unità di intenti tra L’Aquila e Val di Susa, la Tav è un’opera inutile e dannosa e i fondi potrebbero essere utilizzati per altre priorità: per migliorare i collegamenti e anche per la ricostruzione dell’Aquila. Ma i soldi non ci sono e bisogna stabilire le priorità”.

Così il rappresentante del comitato no-Tav, Guido Fissore, nel corso dell’incontro tra il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, e sindaci e amministratori della Val di Susa, ha spiegato i motivi della partecipazione al gemellaggio tra i due territori.

Fissore, ricordando che è sotto processo per violazione della zona rossa, ha aggiunto: “Stiamo subendo la repressione attraverso la militarizzazione del territorio, chiediamo lo stop a tutto questo, la nostra vicenda non deve essere trattata come una questione di ordine pubblico, ma politico”.

“I due comitati hanno da tempo un rapporto profondo – ha detto Anna Lucia Bonanni, rappresentante del comitato 3e32, che ha preso il nome dall’ora del terremoto che devastò L’Aquila nel 2009 – Sappiamo cosa significa difendere il proprio territorio, anche noi sappiamo cosa vuol dire essere militarizzati, siamo andati sotto processo per aver promosso la protesta della carriole”.

All’assemblea pubblica di questa sera hanno partecipato anche i senatori del movimento Cinque Stelle Enza Blundo, eletta nella circoscrizione Abruzzo, e Marco Scibona, eletto in quella del Piemonte, i quali, nel sottolineare che la battaglia delle popolazioni fa parte dell’azione di M5s, hanno assicurato “sostegno in Parlamento per arrivare a una nuova agenda di governo”.

NO-TAV, “BASTA TERRITORI MILITARIZZATI”

“Non possiamo sopportare un territorio militarizzato nel quale un contadino per andare nella sua vigna deve dare il documento alle forze dell’ordine che costano 90 mila euro al giorno”.

È la denuncia di Carla Mattioli del Comune di Avigliana (Torino), in un intervento nel corso della presentazione del gemellaggio tra il Comune dell’Aquila e la Val di Susa.

“I cittadini sono arrabbiatissimi – aggiunge l’assessore comunale di Rivalta Torinese Gianna De Masi – Ci stanno tagliando gli ospedali, tagliano le corse ferroviarie mentre un sondaggio per il buco Tav è costato 123 milioni di euro e mentre le ruspe stanno distruggendo le tombe neolitiche”.

Secondo le due amministratrici, “L’Aquila e la Val di Susa sono unite dalla lotta strenua per la difesa dei propri territori”.

CIALENTE, “DISSESTO E’ LA PRIORITÀ, NON LE PRIMARIE”

“I partiti tradizionali si contendono l’1% dei consensi del 48% degli italiani. Nella battaglia per poter inserire tra le priorità la messa in sicurezza del Paese è arrivato il momento di partire dal basso, aggregando sindaci. Se avessimo cominciato a parlarne prima ora si discuterebbe di questo, e non delle primarie”.

Così il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente (Pd), nel corso del gemellaggio tra il capoluogo abruzzese e amministratori della Val di Susa e comitati No-Tav.

“Ho intenzione di cominciare a testimoniare e inviterò all’Aquila tutti i comuni a rischio sismico, per indurre il governo a cambiare le priorità della sua agenda”.

“Tutti sappiamo che il rischio sismico e il dissesto idrogeologico ci sono, non sappiamo l’ora e il giorno, ma ogni anno succede qualcosa – dice ancora Cialente – Mettere in sicurezza vuol dire dare lavoro, mettere in moto l’economia, recuperare il patrimonio edilizio, insomma, rilanciare l’Italia. Non capisco come il Governo nazionale non faccia questo ragionamento”.


Raccolta di TG e Filmati – NO TAV

  Per visualizzare il filmato fare “click” sulla scritta relativa

La protesta dei sindaci

http://ilcapoluogo.globalist.it/Detail_News_Display?ID=90497&typeb=0

Una delegazione di sindaci della Val di Susa ha visitato L’Aquila per dire ‘No alla Tav, sì a L’Aquila’. Cialente parteciperà alla protesta del 16 novembre.

 
 

di Antonella Calcagni

L’obiettivo è unire le fasce tricolori di tutta Italia nel nome della sicurezza.
Che siano destinati ad un piano di sicurezza nazionale da 100 miliardi di euro, che ricomprenda anche la ricostruzione dell’Aquila, i soldi della Tav e delle grandi opere inutili progettate in tutta Italia.

Questa la richiesta dei sindaci della Val di Susa (giunti in città) e del sindaco Massimo Cialente. Ecco le tappe: presenza della città dell’Aquila attraverso il primo cittadino e il gonfalone allamanifestazione no Tav prevista per il 16 novembre. Poi avvio del dibattito nazionale da parte del sindaco Massimo Cialente a San Sepolcro in occasione di un convegno. L’investimento sul piano nazionale si tradurrebbe nell’apertura di tanti cantieri in tutto il Paese capaci di risollevare l’economia.

Queste le “affinità elettive” che hanno unito i sindaci della Val di Susa e il sindaco Massimo Cialente che ha accolto una ventina di primi cittadini e assessori del Nord, nella sede municipale per poi ampliare il dibattito all’interno dell’auditorium di Renzo Piano.

Una iniziativa capace di unire con una sola parola le migliaia di campanili italiani e che sembra destinata ad allargarsi macchia d’olio. Un movimento che potrebbe rappresentare, con una visione a lungo termine, l’inizio di una vera rivolta civile proveniente dal basso, un puzzle composto dalle fasce tricolori di tutta Italia. La ventina di amministratori giunti in città grazie alla sensibilizzazione del consigliere comunale Ettore di Cesare e del 3.32, prima di giungere in municipio ha avuto un pranzo veloce al Boss. Il sindaco Massimo Cialente ha sottolineato la necessità di cambiare l’agenda delle priorità del Paese: meno F35 e no Tav, ma più sicurezza per tutti in termini di territorio, edifici pubblici e case.

«Non c’è un’altra scelta possibile – per il sindaco e i colleghi della val di Susa -. Se necessario continueremo a contattare altri sindaci in tutta Italia e magari organizzeremo un incontro all’Anci. Del resto andiamo nella direzione auspicata dall’Europa realizzando città davvero amiche dei cittadini».
Sandro Plano portavoce dei sindaci della Val di Susa, ha ripercorso le tappe della Tav «inutile per il trasporto merci, i soldi peraltro non sono neanche stanziati; sarebbero invece reperiti attraverso una partita di giro». Si parla di oltre 20 miliardi di euro.

Non poteva mancare la voce del comitato No Tav che in più occasioni ha fatto sentire la propria solidarietà al popolo aquilano partecipando alla fiaccolata del 2010, in perfetta sintonia con il comitato 3.32. «Lottiamo da anni – ha spiegato Guido Fissore – subendo repressioni e processi. La manifestazione no tav del 16 sarà anche una vetrina importante per L’Aquila».

«Non si tratta di spostare soldi da una parte all’altra – ha aggiunto Anna Lucia Bonanni per il comitato 3.32 – Bisogna invece dire basta alle opere faraoniche, spesso foriere di infiltrazioni criminose». L’obiettivo dei sindaci è far rimbalzare il dibattito sicurezza nelle aule del parlamento. Ieri c’erano fra gli altri la senatrice Enza Blundo e il senatore Marco Scibona.

COMUNICATO COMITATO NOTAV VAIE

http://www.tgvallesusa.it/?p=3087

Abbiamo seguito la vicenda dell’incendio del Presidio di Vaie, siamo in attesa delle indagini e dell’evolversi, ci sembra doveroso pubblicare quanto segue. Lo riceviamo e lo inoltriamo:
 
 
DSCN2489In questi giorni a Vaie i carabinieri hanno convocato in caserma a Susa alcuni ragazzi del paese.
L’interrogatorio verteva sull’incendio al presidio con le solite domande di rito del “dov’eri ” al “casa facevi” “cosa hai visto”. Tra l’altro alcuni di loro quella sera erano fuori dal Piemonte per vacanze, ma sono stati interrogati lo stesso
La convocazione ad alcuni veniva fatta alle 21.30 della sera con i carabinieri che suonavano al citofono allarmando non poco le famiglie in questione.
Curioso il fatto che tutti quelli convocati siano no tav dichiarati e che utilizzavano anche il presidio per feste di compleanno o per suonare…
Questa storia non ci piace per niente e ancora meno sta piacendo a Vaie e ai suoi abitanti.
Se l’intenzione è quella di cercare di accusare prima della manifestazione un ragazzino no tav di aver causato l’incendio per screditare il movimento, be’ sappiano che non ci stiamo. Se vogliono fare della indagini serie sappiamo tutti dove dovrebbero indrizzarle, interrogare ragazzini cresciuti a pane e no tav ci sembra veramente una brutta provocazione
 

comitato no tav di Vaie

Arquata si riprende la sua terra

http://www.notavterzovalico.info/2013/11/10/arquata-si-riprende-la-sua-terra/

 

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Una giornata da segnare sul calendario quella di oggi per la comunità arquatese in lotta contro il Terzo Valico e per il movimento tutto. A neppure ventiquattrore dalla grande manifestazione a Pontedecimo in Valpolcevera, oggi quasi cinquecento fra arquatesi e attivisti dei comitati sono tornati in piazza percorrendo le strade dell’ultimo Comune piemontese al confine con la liguria, fino al Presidio No Tav – Terzo Valico di Radimero.

Nel luogo dove martedì mattina Cociv ha preso possesso di un’area che in futuro, secondo i loro piani, dovrebbe diventare il cantiere in cui portare la “talpa” per incominciare lo scavo del tunnel di valico. Terreno al confine col presidio No Tav – Terzo Valico di Arquata (anch’esso interno alla futura area di cantiere), luogo simbolo del movimento inaugurato nell’estate scorsa e diventato luogo di socialità, elaborazione e discussione. Come era stato annunciato pubblicamente a partire da giovedì mattina, giornata di lancio della marcia odierna, oggi centinaia di persone, giovani e anziani, donne e uomini sono andate a Borgo Radimero per riprendersi i terreni che Cociv ha recintato e dove ha iniziato la distruzione tagliando diversi alberi. Morale alto, tanta determinazione e la convinzione di essere dalla parte giusta hanno fatto sì che arrivati alle reti arancioni venisse fatto ciò che fosse giusto fare: abbattere quelle reti e ripiantare una decina di alberi laddove erano stati tagliati. Al di fuori di ogni retorica tanta è stata la commozione dei presenti per un gesto liberatorio che ha affermato con forza che la disobbedienza in difesa della propria terra, non solo sia giusta, ma necessaria per sconfiggere chi vuole distruggere Arquata e gli altri territori interessati dal progetto del Terzo Valico.

Ancora una volta il movimento ha saputo fare le mosse giuste, buttare il cuore oltre l’ostacolo e convocare questa giornata di lotta con soli tre giorni di preavviso e il giorno seguente alla manifestazione di Pontedecimo, in calendario da più di un mese. Adesso si tratterà di vedere cosa succederà a incominciare da domattina: per questa ragione proseguirà giorno e notte la presenza degli attivisti del comitato No Tav – Terzo Valico al presidio di Radimero. Poi venerdì sera alle ore 21 presso la Soms sarà la volta dell’assemblea popolare in cui discutere insieme alla cittadinanza i prossimi passi della mobilitazione. Qualche ora di sonno e poi si partirà per la grande manifestazione indetta dal Movimento No Tav per Sabato 16 Novembre a Susa. Un susseguirsi continuo di impegni a cui è possibile far fronte solo ed esclusivamente grazie alla generosità di centinaia di donne e uomini che in questa lotta stanno mettendo il cuore.

Oggi il movimento è più forte, oltre quelle reti ha trovato dignità, generosità, condivisione e una nuova conferma che questa lotta bisognerà vincerla. Per difendere la propria terra, il proprio presente e il futuro dei propri figli.

Video di Marta e Inge

Foto di Simona Zunysha

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Foto di Inge

Foto di Luz