La Grecia in ginocchio tra austerità e privatizzazioni

Dopo il riacquisto dei propri titoli di Stato, sono ancora molte le incognite che mettono a rischio il futuro di Atene

Andrea Perrone

La “cura da cavallo” adottata ai danni della Grecia da parte della troika dell’usura sta avendo i suoi effetti: assolutamente deleteri. Le stanno tentando tutte, i bankster e i loro lacché, per mettere in ginocchio il popolo ellenico obbligandolo a pagare errori commessi dai politicanti corrotti, dai banchieri e dai Soloni Ue che hanno fatto di tutto per far entrare la Grecia nell’Unione europea pur sapendo che erano stati taroccati i conti per accedere nel club Ue. E così continua il taglio dei posti di lavoro, la disoccupazione cresce a ritmo incessante, mentre stipendi e pensioni sono state decurtate fino all’osso. Nelle principali città aumenta il numero dei senza casa, la gente non ha più un euro in tasca. Stessa situazione negli ospedali che lamentano la carenza di medicinali utili per le operazioni o per la cura dei degenti, Nel frattempo però eurocrati e banchieri sono alla ricerca della formula per far pagare i debiti contratti con prestiti a tassi d’usura a tutti gli strati sociali, tranne a chi beneficia di un conto all’estero dove ha trasferito, in quelli che si definiscono paradisi fiscali le sue ricchezze: professionisti, politici, industriali, imprenditori e quant’altro hanno “nascosto” bellamente il loro danaro e non solo lontano dalla Grecia per evitare tassazioni o prelievi forzati da parte del governo oramai nelle mani degli organismi mondialisti e dell’usura internazionale come il Fondo monetario, che lucra sulle disgrazie altrui.
Ieri, intanto si è conclusa positivamente una fase riguardante il debito pubblico greco. Le adesioni al riacquisto (buyback) del debito da parte della stessa Atene avrebbero superato quota 30 miliardi, il livello minimo necessario per consentire alla Ue e al Fondo monetario internazionale di concedere alla Grecia la nuova tranche di prestiti pari a 34 miliardi di euro. Fonti vicine alla vicenda dicono che le adesioni sono state in totale pari a 31,5 miliardi di euro. La Grecia ha finanziato il “buyback” con 10 miliardi di euro forniti dal Fondo salva Stati europeo messo a disposizione dall’Ue. Con il riacquisto il Paese ellenico avrebbe ridotto di oltre 30 miliardi di euro la propria esposizione debitoria. Si tratta di titoli di stato in parte in mano a fondi esteri, in parte a banche ed assicurazioni elleniche. L’acquisto, il cosiddetto “buyback”, come abbiamo accennato in precedenza è stato finanziato dall’Unione. In realtà i titoli greci ricomprati a circa 1/3 del valore nominale, ma qualche mese fa gli stessi titoli valevano mediamente un decimo del loro valore di rimborso. Un passo chiesto con insistenza dal Fondo monetario internazionale, che non riusciva a raggiungere l’intesa definitiva con gli altri membri della troika dell’usura, per riportare il rapporto debito/Pil al 124% nel 2020 dall’attuale 180% e, soprattutto, per sbloccare la tranche di prestiti da 40 miliardi stanziata da Ue e Fmi in cambio del pacchetto di austerità e riforme strutturali approvate dal governo di coalizione guidato da Antonis Samaras. Insomma Atene, ma in particolare il popolo ellenico continua ad essere spremuto come un limone senza pausa, per soddisfare il desiderio di rimpinguare le casse dei grandi organismi internazionali dell’usura e le tasche dei bankster. Il programma di aggiustamento dei conti pubblici prevede che Atene possa conseguire un avanzo primario di bilancio pari all’1,5% del Pil nel 2014, per raggiungere nel 2016, il 4,5%, in modo da stabilizzare la traiettoria del deficit e del debito. Tuttavia la miscela adottata dal governo costituita da misure di austerità e riforme strutturali (privatizzazioni, allungamento dell’età pensionabile e altre disgrazie simili), il tutto per ricevere in cambio dei prestiti per giunta particolarmente onerosi perché ad interesse, che finora non hanno portato benefici sensibili all’economia ellenica, anzi i danni sono perfettamente visibili e il Pil del 2012, quinto anno consecutivo di recessione, potrebbe chiudere a -6%. Uno sbocco prevedibile in una economia che, alla vigilia della crisi, costruiva sui consumi privati e pubblici circa il 93% del Pil. Nei fatti queste due componenti della domanda aggregata sono quelle su cui è calata la scure dell’austerità: da una parte con i tagli alla spesa pubblica, dall’altra con la riduzione del reddito disponibile delle famiglie, per aver decurtato stipendi e pensioni. Infine, ciliegina sulla torta, la disoccupazione viaggia attorno al 25%, ma il governo greco si illude di rivedere, verso la fine del 2013, i primi segni positivi sul Pil.
Dopo aver tagliato i servizi e i redditi alla popolazione, l’esecutivo dovrebbe adottare misure per rafforzare la lotta all’evasione fiscale, laddove nel Paese ellenico risulta che solo 1/3 delle proprietà immobiliari è registrato al catasto. In più dovrebbero essere avviate le privatizzazioni che dovrebbero interessare alcuni settori in particolare energia, trasporti, lotterie e immobili. Considerati uno dei piatti forti del programma di risanamento concordato da Atene con Ue e Fmi. Sulla carta questi settori dovrebbero valere all’incirca 50 miliardi. Ma vendere in una fase recessiva così forte è molto meno conveniente che farlo in fasi di sviluppo economico. Gli incassi realizzati potrebbero infatti risentire della situazione negativa, ma l’avvio del processo, che dovrebbe iniziare con la vendita delle lotterie è in dirittura d’arrivo. Alta nota dolente è quella degli investimenti. Infatti rispetto agli anni in cui nessuno conosceva la parola crisi, ora la spesa per investimenti si è ridotta, su base annuale, di circa 16 miliardi di euro. Uno scenario preoccupante, il cui esito potrebbe essere poco allettante per il futuro dell’Eurozona.


12 Dicembre 2012 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=18325

 

Acqua all’arsenico, dal 1 gennaio 128mila persone nel Lazio senza potabilità

L’acqua del referendum dello scorso anno era un “bene comune“: un fiume di persone che si sono entusiasticamente recate a votare per le quattro consultazioni e che, quasi plebiscitariamente, hanno confermato fermamente che l’acqua deve essere pubblica oggi devono fare i conti con la rete idrica italiana, tra le più scadenti d’Europa. (Evidenziamo il fatto, evidentemente sfuggito ad EcoBlog, che la gestione delle acque della tuscia è tutt’ora in mano ad enti privati, NDR)

Acqua-Tuscia

 

Un caso emblematico è quello della Tuscia, la zona dell’Alto Lazio che vede capoluogo Viterbo e che conta oltre 400mila persone: dal 1 gennaio infatti 128mila abitazioni resteranno senza acqua potabile, una cosa che trascina di fatto l’evoluzione della civiltà italiana in un baratro profondo chilometri: come può essere possibile questo?

Letteratura a parte, il problema che si pone per questa zona del Paese è enorme: i limiti di arsenico e fluoruri nelle acque ad uso umano stabiliti dal D.L. 31/2001 sono infatti decisamente più bassi rispetto ai valori registrati nelle acque viterbesi; negli ultimi 11 anni non si è trovato niente di meglio da fare che innalzare i limiti di arsenico nelle acque, in deroga alla normativa, invece che risolvere un problema macroscopico (visto e considerato che la cittadinanza ha continuato a bere la stessa acqua di prima).

Ma dal 1 gennaio 2013 ogni deroga sarà scaduta e il problema esploderà: una vera e propria bomba d’acqua che costringerà i sindaci ad emettere ordinanze di non potabilità dell’acqua, come sottolineato anche dal sindaco di Viterbo Giulio Marini

Va detto che questa situazione, comunque, non riguarda solo la Tuscia, è un problema almeno regionale, in parte anche nazionale. L’ultima giunta alla Pisana ha fatto il possibile, mettendo in atto due interventi molto importanti: a Viterbo ha stanziato prima 1,5 milioni di euro per portare i valori dell’arsenico sotto i 20 microgrammi/litro e successivamente ben 7,5 milioni di euro per scendere sotto i 10 microgrammi/litro. Ora io mi chiedo, dove era la precedente giunta dal 2006 in poi? Il problema è presente da anni, cosa hanno fatto loro per sistemare questa situazione? Perchè ci si lamenta solo adesso?

Il problema è effettivamente macroscopico e risolverlo entro un mese, dopo gli ultimi 11 anni, senza una giunta regionale e ad elezioni imminenti, è quantomeno impensabile.

 

Fonte: http://www.ecoblog.it/post/44439/acqua-allarsenico-dal-1-gennaio-128mila-persone-nel-lazio-senza-potabilita

http://www.coscienzeinrete.net/ecologia/item/983-acqua-all-arsenico-dal-1-gennaio-128mila-persone-nel-lazio-senza-potabilita

Arrivano i nuovi Lanzichenecchi per il grande sacco della sovranità italiana. E noi voteremo per loro!?

16 Dicembre 2012Scritto da  Fausto Carotenuto

Le truppe montiane stanno per scendere in campo. E vogliono trasformarsi – da governo tecnico emergenziale non eletto – in forza politica di vertice, eletta dagli italiani. A giorni vedremo passi importanti in tal senso. L’Unione Europea, i leaders europei e le grandi forze di manipolazione e controllo sono perfettamente d’accordo e spingono in questa direzione.

Occorre sistemare qualche piccola questione: le modalità della distruzione finale del precedente sistema partitico. Già reso totalmente screditato da anni di presenze ladre e ridicole e da decenni di scandali. Bisognerà vedere cosa fare con i leaderini e le correnti e i partiti presenti. Dovranno adattarsi.

Cosa dire a Bersani? A Berlusconi e a tutta le pletora di improbabili politici che vediamo sfilare nel teatrino dei media? Si troverà il modo… tutto si aggiusta. Perché la coalizione di potere che sostiene la discesa in campo dei nuovi lanzichenecchi europeisti è dotata di una forza enorme.

Importanti settori del Vaticano e della Massoneria, ordini cavallereschi, congreghe varie, nache. finanza, servizi sergeti stranieri… Sono tutti d’accordo a forzare la calata dei nuovi Vandali verso Roma.

Dove il “sacco” cominciò già tanti anni fa con Ciampi e Prodi, grandi svenditori di beni di stato e di sovranità. Ma ha subìto una accelerazione con l’arrivo delle avanguardie lanzichenecche del governo Monti, che in un anno hanno svenduto grandi porzioni di democrazia e di libertà. Approfittando della crisi economica e degli scempi del berlusconismo.

Ora gli invasori si preparano alla conquista dei Palazzi di Roma, dove i funzionari imperiali europei vorranno sedere e comandare con il consenso popolare. A sostegno di anni nei quali contano di portare a termine la demolizione finale delle libertà italiche. La grande stampa ed i grandi media canteranno gli inni del nuovo impero. Convincendo la gente che l’Europa ed i suoi mercenari sono il Bene da votare. Perchè sono bravi, e perchè altrimenti ci sarà il disastro e morremo di fame. E da tempo buona parte dei gruppetti,  feudi, signorie e piccoli potentati della penisola hanno fiutato la potenza degli invasori e si sono messi a disposizione. Pronti alle peggiori nefandezze nei confronti dei loro concittadini. Proprio come avveniva nel Medio Evo e nel Rinascimento.

E noi, di fronte a questo quadro deprimente cosa possiamo fare?

Prima di tutto studiarlo meglio ed accorgersi che non è affatto più negativo di prima. Anzi…

Nello scenario non c’è nulla di nuovo: ad un modo di gestire il potere da parte di gruppi oscuri se ne sostituisce un altro. Abbiamo a che fare con poteri di questo tipo da migliaia di anni. La bellissima novità è che ora ce ne accorgiamo. E che cominciamo ad avere le forze per avviare la costruzione di un mondo parallelo fatto di persone per bene. Che si organizzano per creare reti sociali, culturali, economiche, spirituali, culturali, che non dipendano più dal mondo del potere… La novità è che il movimento del risveglio continua a crescere, e rappresenta la vera, fondata speranza per la società. Basta continuare così e prenderne maggiore consapevolezza. Guardare al buono che sta nascendo ovunque senza farsi distrarre da forze oscure che già c’erano, e già erano al potere.

Concentriamoci su questo compito della coscienza. Là dove viviamo.. nell’orizzontale. Per il momento il verticale, il grande potere ancora non ci riguarda…

E soprattutto facciamo in modo che non ci imbrogli…. e non ci seduca.

Per chi votare?

Facile: se ne conoscete uno del quale potete veramente dire, sapendolo, che è bravo, amoroso, indipendente, disinteressato, onesto ed anche buono… votatelo di corsa!

Ma se non conosciamo nessuno così perchè dovremmo votare per qualcuno?

http://www.coscienzeinrete.net/politica/item/987-arrivano-i-nuovi-lanzichenecchi-per-il-grande-sacco-della-sovranita-italiana-e-noi-voteremo-per-loro

Libia. Tripoli blinda il sud del Paese

Confini sigillati e legge marziale nelle provincie meridionali contro trafficanti, tribù ed ex gheddafiani 

Ferdinando Calda

La Libia ha chiuso i suoi confini e ha imposto la legge marziale in gran parte del sud del Paese, dove da mesi si registrano rivolte di tribù ostili a Tripoli e di gruppi di ex sostenitori gheddafiani.
L’Assemblea nazionale libica ha votato con una maggioranza di 136 voti su 200 un provvedimento per sigillare “temporaneamente” le frontiere con Ciad, Niger, Sudan e Algeria, lasciando aperte solo quelle con Egitto e Tunisia. Inoltre è stato stabilito che le provincie meridionali di “Ghadames, Ghat, Obari, Al-Shati, Sebha, Murzuq e Kufra debbono considerarsi zone militari chiuse (al traffico civile) e in cui vige lo stato di emergenza”. In particolare il decreto stabilisce che il Ministro della Difesa debba nominare un governatore militare per il sud, con pieni poteri di arrestare coloro che sono ricercati per crimini nell’area. In particolare, i deputati si sono detti preoccupati per il traffico di droga, armi o immigrati, proveniente soprattutto dal nord del Mali, dove soffiano preoccupanti venti di guerra. Il decreto sulla legge marziale comprende vaste aree del sud, dalla provincia occidentale di Ghadames, attaccata ai confini algerino e tunisino, fino a quella di Kufra, non lontana da Egitto e Sudan.
L’instabilità e l’insicurezza nel sud della Libia sono andate aumentando fin dall’inizio della guerra civile contro il Muhammar Gheddafi. Nel corso di quest’anno, ad esempio, i violenti scontri tribali intorno alle città di Kufra e Sebha (centro sud) hanno causato oltre un centinaio di morti, molti tra i civili. Protagonisti principali dei combattimenti sono stati i membri della tribù africana di Tabu e i loro rivali arabi della tribù degli al Zwia. I Tabu, originari del sud della Libia, accusano Tripoli di proseguire contro di loro le stesse politiche discriminatorie del precedente governo Gheddafi. All’inizio di dicembre una ventina di deputati originari delle aree meridionali della Libia avevano inscenato una protesta per denunciare il deterioramento delle condizioni di sicurezza e il fallimento del governo nel fronteggiare il problema. Lo stesso giorno della protesta di questi parlamentari, quasi 200 carcerati erano evasi della prigione di Sebha, sembra grazie alla complicità delle guardie carcerarie.
Nel decreto l’Assemblea nazionale non ha specificato in che modo il governo dovrebbe garantire la chiusura dei vasti e porosi confini meridionali. Il nuovo esercito di Tripoli, infatti, ancora non ha il controllo completo del Paese – che rimane in mano alle milizie locali – e la sua presenza è particolarmente scarsa nelle turbolente regioni dell’interno. Un membro dell’Assemblea, dietro condizione di anonimato, ha spiegato che la chiusura delle frontiere resterà in vigore solo fino a quando saranno ripristinati controlli efficaci per bloccare il flusso di immigrati e di droga.
Ma secondo un ufficiale militare, anche lui sotto anonimato perché non autorizzato a parlare con i giornalisti, la vera preoccupazione del governo è il traffico di armi. Dopo lo scoppio delle rivoluzioni in Libia ed Egitto, una marea di armi leggere e pesanti con relative munizioni sono state contrabbandate attraverso i due Paesi nelle zone più calde del Vicino Oriente, finendo spesso nelle mani dei militanti islamici nel Sinai, a Gaza e persino in Siria. Un traffico che preoccupa molto gli Stati Uniti. Non a caso la scorsa settimana il Dipartimento di Stato Usa ha annunciato di aver concesso nuovi fondi al Customs and Border Protection per formare in Texas 13 funzionari del ministero della Difesa e l’Autorità doganale libici.

18 Dicembre 2012 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=18441

Rai sobria, ma non con Benigni: ecco quanto ci costa – (e gli italiani in fila a pagare l’IMU)

Al comico quasi 6 milioni di euro per una serata sulla Costituzione e dodici puntate su Dante. Con i tecnici i compensi (per qualcuno) non calano

 

di Francesco Borgonovo

Sarà anche la Rai dei tecnici e dei sobri, ma i compensi di Roberto Benigni sono quelli milionari di sempre. Ieri sul Fatto quotidiano il bravo Carlo Tecce ha scodellato le cifre riguardanti il ritorno in video del comico toscano, che il 17 dicembre prossimo condurrà una prima serata su RaiUno. Il programma si intitolerà La più bella del mondo e si occuperà, almeno nella seconda  metà, della Costituzione italiana. La prima parte, invece, dovrebbe comporsi di un classico monologo satirico a base di battute più o meno politiche. Bene, per questo show, rivela Tecce, la televisione pubblica sborserà 1,8 milioni di euro. Tutto compreso: regia, scenografia, registrazione a Cinecittà. Produzione a cura della Melampo di Benigni e della Arcobaleno 3 di Lucio Presta. 


La domanda più ovvia è: vale la pena spendere tutti questi soldi per Robertaccio? Risposta: per quanto le posizioni politiche del guitto possano non piacere a tutti, sì. Basta guardare gli ascolti ovvero l’unica legge che conti in televisione. L’ultima volta che il nostro si è palesato sul piccolo schermo, cioè a Sanremo 2011, ha fatto il botto: 50% di share, con 15 milioni di italiani incollati allo schermo per vederlo discettare dell’inno nazionale. Un’infornata di retorica piuttosto stucchevole, ma di innegabile successo, mediatico e commerciale. Identica storia nel novembre 2010, quanto Benigni partecipò al soporifero Vieni via con me della coppia Fazio-Saviano: 25,48% di share, miglior risultato di RaiTre in dieci anni.

Fonte: liberoquotidiano.it

http://www.nocensura.com/2012/12/rai-sobria-ma-non-con-benigni-ecco.html#more

 

PS un grazie al Benigni che, da bravo confratello che approva il rigore montiano NON RINUNCERA’ AL SUO COMPENSO PER LA PAGLIACCIATA

 

Il dramma italiano, spiegato

TUESDAY, 18 DECEMBER, 2012

Oggi sul Corriere c’è un articolo del bravo Federico Fubini che trae le mosse dalla trasferta americana del ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, ma amplia il proprio orizzonte ad un po’ di aritmetica vitale per il nostro paese ed a quello che ci attende. Ed è la lettura obbligatoria del giorno.

Sulla dinamica del debito, Fubini spiega:

«Se ne parla così di rado che solo gli addetti ai lavori sanno cos’è. La crescita del Pil n0minale è il risultato di quella reale – di cui si parla di solito – più l’inflazione. Oggi questo dato è attorno allo zero, perché nel 2012 il Pil reale è caduto del 2 per cento e l’inflazione è salita di circa altrettanto. Questa è la ragione principale che attualmente spinge verso l’alto il rapporto numerico tra debito e Pil, perché il Pil resta appunto fermo mentre il debito tende a salire in modo inerziale per il solo fatto che gli interessi da pagare sono attorno al 5 per cento»

L’Italia, prosegue Fubini citando Grilli, ha bisogno di portare la crescita del Pil nominale al 3 per cento, per contrastare la tendenza alla autoalimentazione “spontanea” del rapporto debito-Pil. Basterebbe (e scusate se è poco, visto da qui ed ora) una crescita reale dell’1 per cento ed un tasso di inflazione del 2 per cento. A quel punto, con un avanzo primario del 4-5 per cento di Pil (cioè la differenza tra entrate e spesa pubblica, senza considerare quella per interessi), l’Italia riuscirebbe a piegare il rapporto debito-Pil.

Serve quindi, tornare “competitivi”, visto che il nostro paese ha perso nei 13 anni dell’euro il 30 per cento di competitività contro la Germania, ed il 20 per cento contro le media dell’Eurozona. Per fare ciò, spiega Fubini, ci sono due vie teoricamente percorribili, ma è l’avverbio che ci frega:

«La prima sarebbe aumentare molto gli investimenti per la produttività, ma in questa fase di credito difficile sembra una strada preclusa; la seconda invece è quella di ridurre i costi, a partire da quelli del lavoro, ed è proprio ciò che sta succedendo. Il continuo aumento della disoccupazione spinge chi cerca un posto ad accettare compensi sempre minori pur di lavorare, ridando così un po’ di competitività di prezzo alle imprese. Ma comprimere compensi e costi tramite disoccupazione e intanto centrare il 3 per cento di crescita nominale non è facile: è come camminare con una gamba in un senso, e con l’altra in quello contrario»

Esatto. E questo è ciò che leggete su questi pixel da molto tempo, giusto? Ora lo capite perché il capitolo finale de “La cura letale” si intitola “Torneremo poveri“?

A parte queste minuzie, bravo a Fubini ma non altrettanti complimenti si possono fare al Corriere, che ha scelto una collocazione interna ed un titolo forse un po’ troppo anodino per un tema di cui si dovrebbe parlare ogni giorno, per spiegare agli italiani cosa li attende davvero, al netto del teatrino sulle liste elettorali. Ma confidiamo che la goccia scaverà la roccia.

http://phastidio.net/2012/12/18/il-dramma-italiano-spiegato/?utm_source=pulsenews&utm_medium=referral&utm_campaign=Feed%3A+phastidio%2Flhrg+%28Phastidio.net%29

Spagna. Perdite di 16 miliardi di euro per le banche nazionalizzate. Migliaia di licenziamenti

18 dicembre 2012Di Ticino Live

 

Le perdite registrate da tre delle quattro banche spagnole nazionalizzate per evitarne il fallimento hanno superato i 16 miliardi di euro.

Lo indica il fondo di ristrutturazione bancaria che ha realizzato la stima basandosi sui rapporti di tre esperti indipendenti.

Le banche in questione sono Catalunya Banco, Banco de Valencia e NovaCaixa Galicia Banco, le cui valutazioni risultano pari rispettivamente a -6,674, -6,340 e -3,091 miliardi di euro rispetto ai valori indicati al momento della concessione degli aiuti finanziari pubblici.
Dati che confermano le enormi difficoltà del sistema bancario spagnolo, una crisi lontana dall’essere superata.
La quarta banca nazionalizzata, Bankia, ha chiesto lo scorso mese di maggio un aiuto allo Stato di 37 miliardi di euro.

NovaCaixa Galicia Banco taglierà 2’500 posti di lavoro nell’ambito del suo piano di ristrutturazione interna.
Banco de Valencia lascerà a casa 800 persone, mentre Bankia prevede di licenziare 6’000 dipendenti.

(Fonte : Valori.it)

http://www.rischiocalcolato.it/2012/12/spagna-perdite-di-16-miliardi-di-euro-per-le-banche-nazionalizzate-migliaia-di-licenziamenti.html?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+blogspot%2FHAzvd+%28Rischio+Calcolato%29

Spagna: in primi nove mesi crolla utile banche (-63,7%), volano sofferenze

ultimo aggiornamento: 18 dicembre, ore 14:43

 Madrid, 18 dic. – (Adnkronos) – Nei primi nove mesi dell’anno l’utile netto delle banche spagnole e’ sceso del 63,7 per cento . I dati della Asociacio’n Espanola de Banca (Aeb) mostrano fra gennaio e settembre utili per 3,38 miliardi di euro. Il forte calo e’ dovuto principalmente agli accantonamenti e agli interventi sui bilanci legati alla crisi del settore immobiliare.

 

LA LEGGENDA METROPOLITANA DELLA PROGRESSIVITA’ DELL’IMU

Scritto il 18 dicembre 2012 alle 09:49 da icebergfinanza

Non passa giorno in cui in giro per la rete qua e la si trova sempre qualche illuminato che in “buona fede” sull’onda del giustificato sdegno popolare, si prodiga nel raccontarci che l’IMU è una patrimoniale progressiva, sai una di quelle che addirittura redistribuisce.

Chissà perchè il 3 di ottobre di quest’anno appare la seguente notizia…

Fisco: Delega, commissione Finanze lavora a progressività Imu Sul tavolo della commissione Finanze della Camera c’è anche il tema della possibilità di prevedere nella delega fiscale forme di progressività per quanto riguarda l’Imu. A riferirlo il parlamentare del Pdl, Luigi Casero, il quale ha affermato che il suo gruppo ritiene debbano essere previsti “alcuni meccanismi che tengano conto del reddito e dello stato di bisogno delle famiglie o dei pensionati maggiormente in difficoltà”. “C’è stato un confronto con il governo e credo che su questo – ha detto Casero – si troverà un accordo”. (MilanoFinanza)

Ma non era progressiva l’IMU…

Ora spesso e volentieri il concetto di equità nelle manovre di questo governo può essere tranquillamente equiparato ad una vera e propria cura da cavallo, di equità nell’imposta sul patrimonio, denominata IMU non c’è nulla, ripeto nulla.

Ci mancherebbe che sulla prima casa l’aliquota non sia ridotta rispetto agli altri immobili e che non vi siano delle detrazioni che rendano meno iniqua questa tassa rispetto a chi detiene più abitazioni o case o a chi sino a poco tempo fa giocava con il comodato gratuito o con i beni immobili dati in godimento ai soci.

Ma andiamo avanti e vediamo come in realtà la progressività di questa imposta è un’illusione quando si guarda all’altra faccia della medaglia ovvero la sua sostanziale regressività in presenza di valori catastali lontani anni luce dalla realtà ma non solo…

I concetti di equità orizzontale e verticale sono due criteri chiave della costruzione dei sistemi fiscali. Il prelievo sul patrimonio immobiliare, così come previsto dall’Imu, contraddice sia il primo che il secondo.

LA VIOLAZIONE DELL’EQUITÀ ORIZZONTALE E VERTICALE

In base al principio dell’equità orizzontale, i contribuenti con la stessa capacità contributiva, rappresentata nel caso specifico dal valore di mercato dell’immobile di proprietà, devono essere assoggettati alla stessa aliquota media. Se la distanza fra valutazioni catastali e prezzi di mercato fosse uniforme, il vantaggio fiscale dei contribuenti, derivante dal fatto di essere tassati su una base imponibile sottostimata, sarebbe parimenti uniforme.

Poiché la distanza è variabile sia tra le tipologie abitative che tra i territori, è come se i contribuenti venissero tassati ad aliquote più variabili di quanto consentito dalla stessa normativa di introduzione dell’Imu. (1)

Ma l’iniquità si rivela anche più grave. Poiché, come hanno rilevato analisi di livello nazionale, la distanza tra valori catastali e valori di mercato cresce al crescere di questi ultimi, l’attuale disegno dell’imposta finisce per violare anche il criterio dell’equità verticale, in quanto il peso dell’imposta sull’imponibile diminuisce all’aumentare del valore reale del patrimonio immobiliare, rendendo di fatto l’Imu un prelievo regressivo. (2)

Il deciso aumento del moltiplicatore da applicare alle rendite catastali stabilito con l’introduzione dell’Imu, infine, rende ancora più evidenti le iniquità descritte. Se a ciò si aggiunge il fatto che sempre più spesso l’accesso alle prestazioni di welfare è regolato da strumenti di prova dei mezzi che includono la valutazione del patrimonio immobiliare (finora stimato su base catastale, come nell’Isee), è evidente che il problema dell’equità di trattamento diviene molto importante. ( tratto dal sito Lavoce )

Quindi andiamoci piano con la leggenda metropolitana della progressività e magari equità, dell’IMU e cerchiamo di informare adeguatamente i lettori, lasciando perdere inutili ideologie o derivazioni politiche.

http://icebergfinanza.finanza.com/2012/12/18/la-leggenda-metropolitana-della-progressivita-dellimu/

I soldi dell’Imu: Monti li ha regalati all’Europa

I soldi dell’Imu: Monti li ha regalati all’Europa

 “Il buon Monti ha deciso di anticipare la seconda rata del Fondo Salva Stati, che l’Italia avrebbe dovuto pagare l’anno prossimo, a quest’anno – ha spiegato il senatore leghista Massimo Garavaglia – in questo modo si è trovata a dover sborsare 2,7 miliardi in più, cifra che ha potuto coprire grazie ai 3 miliardi incassati grazie all’Imu sulla prima casa”.

  Ecco perchè la merkel tifa tanto Monti, ecco perchè la cancelliera spera tanto in lui. 

L’Imu ha gravato pesantemente sulle tasche dei contribuenti: ciascuna famiglia italiana proprietaria di almeno un immobile ha versato in media 1.216 euro di tasse di proprietà nelle casse del fisco, a fronte dei 437 del 2011, con un aggravio di costi pari a 780 euro 

“Durante gli anni del pentapartito il rapporto tra debito e pil era aumentato di quattro punti percentuali – ha spiegato Garavaglia – Monti è riuscito a fare ben peggio”. A pesare sui conti pubblici ha contribuito, sicuramente, gli impegni che il governo ha deciso di assumersi nei confronti dell’Unione europea. Oltre ad aver sottoscritto il “Meccanismo europeo di stabilità” (Esm), meglio conosciuto come “Fondo Salva Stati”, il governo italiano è corso in aiuto quei Paesi (come la Grecia, la Spagna e il Portogallo) che si trovavano sull’orlo del default. Un esborso che è venuto a costarci la bellezza di 46 miliardi di euro, la metà dei quali a fondo perduto. “È possibile che il governo può versare 46 miliardi di euro agli altri Stati dell’Ue – si è chiesto Garavaglia – e non riesce a prestarli alle nostre imprese?”. A differenza di tutti gli altri Paesi membri, il Professore ha infatti pensato bene di anticipare la seconda rata dell’Esm alleggerendo le casse dello Stato di altri 2,7 miliardi di euro. “Ecco dove sono andati a finire i 3 miliardi di euro raccolti con la tassa sulla prima casa”, ha concluso l’esponente del Carroccio.