LA GRANDE TRUFFA: FATELA CONOSCERE A TUTTI

L’euro non è una moneta sovrana. La moneta è estranea alla nazione, è una valuta estera. Gli Stati non hanno sovranità su questa moneta ma sono costretti a chiederla in prestito alla BCE che detta le sue condizioni.

Se la valuta che si usa nella nazione è presa a debito da altri non è moneta sovrana e la nazione potrebbe fallire proprio perché la moneta è di altri, che possono darla o non darla.

Se una moneta è presa a debito si debbono pagare gli interessi ed il denaro che viene usato a questo scopo viene a mancare per gli investimenti ed i servizi:

1) La BCE autorizza l’emissione di moneta, che rimane di sua proprietà, e la presta agli Stati

2) Gli Stati, a causa degli interessi composti, non riescono più a pagare

3) La BCE chiede misure fiscali, di politica del lavoro e le privatizzazioni per essere sicura di incassare gli interessi

4) Lo Stato inasprisce la pressione fiscale, creando recessione, e vende i beni nazionali svuotando la Nazione degli stessi beni necessari alla produzione o alla qualità della vita

5) Per mantenere questo sistema usuraio la BCE usa ogni arma a sua disposizione per bloccare l’emissione di moneta direttamente da parte degli Stati (trattati di Maastricht e Lisbona). In particolare il Trattato di Lisbona esautora gli Stati della propria sovranità in quanto è stato introdotto come Nuova Costituzione Europea che ha la precedenza rispetto a qualsiasi altra Costituzione Nazionale

La situazione greca è emblematica: le banche centrali si prendono tutto per il guadagno di pochi: i porti, la terra, il turismo. L’economia greca è controllata e animata da un ente di controllo, la famigerata troika, nominata dai tecnocrati. Per aver accettato questo stato di cose i politici greci dovrebbero essere incriminati per tradimento verso lo Stato ed il popolo greco.

La sola cosa che i tecnocrati hanno in mente è PRIVATIZZARE lo Stato. Lo Stato costretto a recuperare soldi prendendoli in prestito è completamente in balia dei mercati dei bond. Il sistema europeo esiste per distruggere per sempre la gente e creare un nuovo tipo di europa che sia disposta ad accettare povertà, sacrifici, basso tenore di vita, salari equiparati a quelli cinesi.

Non ci debbono essere più Stati sovrani. Nel nuovo ordine il potere deve essere trasferito ad una classe capitalista di tecnocrati. Un tecnocrate è qualcuno messo dai banchieri per sospendere la democrazia (vedi Irlanda o Monti). L’unione europea non è una democrazia ma una oligarchia di banchieri.

L’Argentina è crollata perché ha legato la propria moneta al dollaro (moneta soggetta a rivalutazione e pertanto facendo perdere competitività al Peso) praticamente era in una situazione simile alla nostra rispetto all’euro.

Truman, nel 1927, disse che bisognava creare l’Europa come Nuovo Ordine, e pertanto fu il precursore della moneta unica europea. I capitalisti non sono più interessati all’economia produttiva e reale. Si sono trasformati in percettori di rendite finanziarie. Il capitalismo produttivo è morto. L’euro può sopravvivere solo se l’Italia decide di rimanerci.

Gli interessi che questi criminali ci chiedono sono composti – D = C ( 1+r ) n – e questo sistema costringe gli Stati al fallimento. Facciamo un esempio: se si emettono Bond per 1.000.000 a 10 anni al 6% di interesse alla fine dei 10 anni lo Stato deve restituire 1.000.000 + 794.847 = 1.794.847 di cui 794.847 sono gli interessi maturati. La moneta presa a debito dalle banche porterà al fallimento perché i debiti non potranno mai essere pagati, debbono essere pagati solamente gli interessi verso i ricchi. Per fare soldi, la finanza, deve far contrarre dei debiti alla popolazione, attraverso gli Stati (il 99% finanzia l’ 1%).

Gli interessi tolgono denaro agli investimenti ed all’occupazione. Guardate in quale “florida“ situazione ci ha portato Monti ed i suoi complici parlamentari. Le sole che possono evitare il fallimento sono le banche che possono usufruire dei prestiti, a tasso agevolato, da parte della BCE:

1) La BCE presta soldi alle banche all’ 1%

2) Le banche li prestano alle aziende ed ai privati ad un tasso variabile dal 6 al 10%

3) Oltre a questo con la riserva frazionaria creano denaro dal nulla, virtuale, esistente solo nelle tabelle dei computer

4) Chi paga? Pagano i cittadini con le tasse e l’austerità

COME SI COPRE IL DEBITO PUBBLICO ORA

1) si aumenta la pressione fiscale

2) così facendo si crea recessione

3) con la recessione aumenta la disoccupazione e la sotto occupazione

4) con la disoccupazione viene a mancare il reddito e aumenta la richiesta di welfare

5) si crea disoccupazione pura: la gente rimane in attesa di lavoro e non fa nulla

6) in questa maniera, coprendo il deficit con repressione fiscale, il sistema è gestito male ed implode

Con l’euro:

1) ci tengono in pugno

2) non si può intervenire su politiche per creare posti di lavoro

3) non si possono fare investimenti perché il “Patto di Stabilità” non ce lo consente

Se questo è il mondo che sognate continuate pure a comportarvi come sempre: continuate a pagare ed a votare per i soliti partiti, se questo non è il vostro mondo astenetevi dalle votazioni ed organizzatevi territorialmente nei luoghi dove vivete.

 

Tratto da Terra Real Time

Nuove tariffe acqua e l’avvelenamento dell’acqua autorizzato dalla Ue

LANCIAMO PER LUNEDI 10 e MARTEDI 11 DICEMBRE UN MAILBOMBING DI DENUNCIA E PROTESTA.
PER PARTECIPARE BASTANO POCHI MINUTI. INVITATE ANCHE I VOSTRI CONTATTI A FARE ALTRETTANTO!

C’è la necessità/urgenza di contrastare da subito il nuovo piano tariffario che l’AEGG (Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas) si appresta a deliberare, ignorando di fatto il risultato referendario, chiediamo a tutte e tutti di passare all’azione concreta.

Quanto finora prodotto dall’AEEG comporterebbe:
-mancata eliminazione dalla tariffa della remunerazione del capitale investito, abrogata dal referendum. Al contrario SI STANNO FACENDO RIENTRARE DALLA FINESTRA I PROFITTI GARANTITI PER I GESTORI sotto la denominazione di “oneri finanziari sul capitale immobilizzato”
-retroattività del nuovo sistema tariffario, in violazione del principio di irretroattività degli atti amministrativi
-riconoscimento dei costi sostenuti così come iscritti nel bilancio della società anche se più alti dei costi programmati

INDIRIZZI MAIL:

servizi-idrici@autorita.energia.it (ossia l’indirizzo mail per la consultazione)
ufficioSOC@autorita.energia.it (ossia l’indirizzo mail della segreteria dell’AEEG).
reclami.sportello@acquirenteunico.it (sportello per il consumatore e segnalazione reclami)

IL TESTO DEL MESSAGGIO:

“No alla truffa sul referendum, nessun profitto sull’acqua!”
La vostra proposta sulla riorganizzazione del sistema tariffario del servizio idrico va ritirata perchè viola il pronunciamento referendario.
Infatti si reinserisce sotto mentite spoglie il profitto garantito per i gestori nella tariffa del servizio idrico.
Inoltre, risulta essere illegittima poichè, intervenendo sulle tariffe del 2012, viola il principio di irretroattività degli atti amministrativi.
Siamo totalmente coscienti che la vostra indicazione tecnica ha una valenza politica e tale, anche, è la vostra responsabilità, come quella dell’attuale Governo.
Dunque ribadisco che la vostra proposta deve essere ritirata.
Il mio voto va rispettato!

Firma……..”

Ripartiamo con il mailbombing per chiarire a tutte e tutti che il voto referendario degli italiani non è stato uno scherzo e che ogni tentativo di annullarlo troverà la mobilitazione sociale diffusa e pronta a contrastarlo. Indietro non si torna!

http://www.controlacrisi.org/notizia/Ambiente/2012/12/9/29149-nuove-tariffe-acqua-mail-bombing-no-alla-truffa-sul/

ISDE contro UE: l’acqua potabile non può essere contaminata

ARTICOLO | 5 DICEMBRE, 2012 – 19:41 | DA MONIA BENINI

L’Associazione italiana medici per l’ambiente – Isde (International Society of Doctors for the Environment – Italia) ha presentato alla Commissione Europea un documento di Osservazioni in opposizione allo schema di decreto interministeriale che propone l’introduzione di alcune modifiche al Decreto Legislativo 31/2001 relativamente ai requisiti di potabilita’ (notification number 2012/0534/I – C50A, title “Schema di decreto interministeriale per l’introduzione, nell’allegato I, parte B, del decreto legislativo 2 febbraio 2001 n. 31, del parametro “Microcistina-LR” e relativo valore di parametro”).

L’Associazione italiana medici per l’ambiente – Isde chiede che questo schema di decreto sia rigettato e revocato per palese illegittimita’ in quanto in flagrante conflitto con la vigente normativa europea ed italiana, e per palese inammissibilita’ in quanto in flagrante contrasto con le evidenze scientifiche e in altrettanto flagrante violazione del principio di precauzione. Sotto parvenza e col pretesto di colmare un presunto (e non reale) vuoto normativo, di fatto lo schema di decreto interministeriale pretende di legittimare l’erogazione per consumo umano di acqua inquinata da agenti gravemente patogeni, cosi’ perpetrando un grave nocumento e violando le norme italiane ed europee attualmente vigenti a tutela della salute.

CONTINUA SU TESTE LIBERE

C’era una volta in Italia

“Stamane ore 11: la sorveglianza di un supermercato ferma un ragazzo di trent’anni che usciva con in tasca una scatola di formaggini e un salame cacciatorino. Il ragazzo in lacrime, supplica che non venga chiamata la polizia, mostrando una lettera di licenziamento e la fotografia dei tre figli. Intervengo e chiedo al responsabile di farmi carico del conto e di evitare l’intervento della polizia. Sono stato accontentato e consolando il ragazzo, gli ho fatto un carrello di spesa. Ho comprato anche dei pannolini per il bambino, che il ragazzo mi ha detto di non potersi permettere ormai da tempo. Il direttore del supermercato mi ha confidato che questi episodi sono frequentissimi e negli ultimi mesi si stanno moltiplicando. Mi ha confidato anche che un’anziana signora aveva sottratto una decina di scatolette di bocconcini per i gatti, ma la signora si è scoperto che non aveva gatti. E’ ormai allarme sociale e dopo l’IMU potrebbe scoppiare la bomba. Come vogliamo chiamare il governo? Come vogliamo chiamare i partiti?” Robespierre

http://www.beppegrillo.it/2012/12/cera_una_volta_in_italia/index.html?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+beppegrillo%2Fatom+%28Blog+di+Beppe+Grillo%29

 

Il manganello e lo scarpone

Qualcuno la racconta come fosse una storia di treni: da tanto tempo questa è una storia di gente. Gente che ha scoperto, con pazienza, fatica e un pizzico di azzardo che l’ordine della cose non è disegnato una volta per tutte. Governo, politici e poliziotti tracciano la geometria del potere, quella che disegna i muri e le recinzioni che separano, dividono, chiudono.
Chi si mette gli scarponi e cammina per i sentieri di montagna sa che la strada della gente è fatta di passi che si incrociano, di tracce nel bosco che vivono perché c’è chi le percorre e ne ha cura. Sa che frontiere e filo spinato possono essere buttati giù, che gli uomini in armi messi a guardia possono essere cacciati.
Lo abbiamo imparato sette anni fa, tra le neve della Repubblica di Venaus e i sentieri del giorno dell’immacolata ribellione.
In questi sette anni chi vuole imporci il Tav ha lavorato per dividerci e per fiaccare la nostra resistenza. Hanno usato le armi della politica ma hanno comperato solo una manciata di politici di professione. Poi la parola è passata al manganello e al gas, ai poliziotti e ai giudici. Hanno usato la violenza e la paura. Ma non ci hanno piegato.
Sono stati molto più abili e accorti di sette anni fa. Sono andati piano. Hanno giocato sulla crisi per buttare sul piatto il ricatto del lavoro. Un bluff, ma efficace per chi non ha argomenti ma solo qualche abile e ben pagato venditore di fumo e frottole.

Sanno che non cambieremo idea ma sperano che ci rassegniamo, che cediamo di fronte alla forza, alla difficoltà di bloccare i lavori alla Clarea.
Hanno scelto con cura il posto dove fare il tunnel geognostico. Un’area poco abitata, lontano dalle case e dagli occhi dei più, un posto perfetto per un’occupazione militare. Sperano che il movimento si estenui nell’assedio del cantiere militarizzato.
Non accontentiamoli!
Le lotte e i movimenti durano quando segnano punti all’avversario. Le sconfitte alla lunga logorano.
Non siamo più nel 2005. Allora si andò di slancio e il governo venne preso alla sprovvista: c’era in noi tutta la forza della prima volta, l’insurrezione si fece con la spontaneità di chi la impara facendola.

Oggi ci serve forza ed intelligenza. I nostri avversari sono cattivi ma non sono stupidi, sanno usare l’inganno e la violenza, i giudici e i poliziotti, i giornalisti e l’illusione partecipativa.
Oggi la partita non è (più) solo sul Tav. In ballo c’è il disciplinamento di un movimento che ha saputo riprendersi la facoltà di decidere e di pensare un altro futuro, perché sa vivere un altro presente.
Ridurre la nostra resistenza alla ripetizione rituale della pressione sul cantiere, sperando che il tempo sia dalla nostra, è il primo sintomo della rassegnazione. Si va perché si vuole agire, perché non si vuole fare la fine di altri movimenti, ridotti ad un ruolo meramente testimoniale, si va perché quelle reti, quelle ruspe, quegli uomini in armi sono intollerabili. Si va perché è giusto andarci.
Ma. Non basta e non può esaurire la nostra lotta. Sarebbe miope non vederlo.
Il fortino non è una via crucis da percorrere per celebrare il rito collettivo del taglio di qualche metro di filo spinato.
Il taglio delle reti è indubbiamente il segnale forte della volontà di rifiutare le regole di un gioco truccato. Ma se resta un esercizio, diviene inutile.

Quando le nostre barricate attraverseranno tutti i paesi, quando le truppe saranno obbligate a valicare dal Sestriere, perché questa valle gli si chiuderà ancora davanti allora – come nel dicembre del 2005 e nel febbraio del 2010 – li vedremo fare marcia indietro.
La Val Susa è un laboratorio vivo dove radicalità dell’agire e radicamento sociale si coniugano in una sintesi felice, mai data per sempre, ma costantemente rinnovantesi, nella sfida ai poteri forti.
Una sfida che può e deve coinvolgere tutti, che può e deve puntare al blocco della valle, allo sciopero generale, alla rivolta che li obblighi a mollare senza rimettere in moto i tavoli di mediazione, i giochi della politica come accadde nel dicembre del 2005, quando la vittoria ci sfuggì di mano per aver esitato a mantenere ferma la resistenza.
Non sarà facile.
Non c’è una strada ben tracciata, un itinerario sicuro, solo tracce che potrebbero perdersi nel bosco. Occorre agire pensando e pensare mentre si fa. Ad ogni passo, chi è più veloce, più sicuro, più forte deve fermarsi e guardare come vanno le cose.
Si va e si torna insieme lungo tutto il percorso. E, quando serve, ci si ferma e si ragiona.
In quest’ultimo anno e mezzo i nostri avversari e anche certi amici un po’ tiepidi hanno sostenuto che il discrimine tra i tanti e i pochi era la violenza. In un certo senso è persino vero: la violenza della polizia, i candelotti sparati in faccia, gli arresti, i genitori convocati dai servizi sociali possono far paura. Sarebbe miope non capirlo, sarebbe stolido avanguardismo non comprenderlo. Quello che invece i nostri avversari proprio non capiscono è che la loro violenza sta cementando il consenso verso chi resiste, verso chi comunque si espone, verso chi rischia le botte, i gas, la galera. In quell’ormai lontano dicembre del 2005 tanti che credevano nel gioco e nelle sue regole, hanno compreso che le carte sono truccate, che il banco bara. Sempre. Quanto l’ordine si rompe diventa chiaro che libertà e legalità sono scritte con inchiostri diversi, ed uno lava via l’altro. Tagliare le reti, violare un recinto, affrontare la polizia è illegale ma legittimo. Quando l’ordine del discorso muta, la narrazione sull’ordine pubblico è solo storia d’oppressione.
Cambiare l’ordine del discorso è la nostra scommessa. Non è un’impresa facile e, soprattutto, non bastano le parole, serve un agire che dia loro gambe per muoversi, fiato per correre, cuori per sedurre, cervello per farle proprie.
Quando l’ordine del discorso muta, ad affrontare la polizia, i media, i giudici, ci arrivano tutti. Chi in prima fila, chi in ultima, chi poco oltre l’uscio di casa.
È di questo che hanno paura. È su questo che dobbiamo puntare.
Quando nessuno resta a casa, quando almeno l’uscio lo passano tutti, lo Stato ha poche possibilità. Può sparare o può ritirarsi. Nel 2005 si sono ritirati.
Quella del 2005 fu un’alchimia unica e non ripetibile, perché l’aurora dei movimenti arriva repentina ed inaspettata: quando vorresti fermarti per afferrarla è già trascolorata nell’alba.
Non si tratta di rifare lo stesso sentiero, ma di sapere che un movimento per vincere non può essere diviso tra giocatori e tifosi. Solo quando tutti possono dare un contributo la marcia è veramente di tutti. Solo scegliendo il proprio campo di gioco si evita una corsa ad handicap.
Non per caso gli ultimi rinvii a giudizio hanno colpito chi ha agito fuori dal recinto: dalla resistenza alle trivelle del 2010, sino alle azioni contro le ditte collaborazioniste.

In questi lunghi mesi tanta gente di ogni dove è scesa in piazza al nostro fianco. Il governo ha fatto una macelleria sociale senza precedenti. Si sono presi quello che restava di libertà e tutele, si sono presi la nostra salute, l’accesso ai saperi, alle risorse indispensabili alla vita. Nonostante piovano pietre prevale la paura, l’io speriamo che me la cavo, la ricerca meschina di una salvezza individuale. Ma i sommersi sono ben più dei salvati.
La lotta dei No Tav è stata l’unica scintilla che ha spezzato la paura che ha rotto la rassegnazione, che ha dato fiducia nella possibilità di invertire la rotta.

Questa scintilla, se riesce a mantenere forte la propria fiamma, se riesce a farsi pratica viva può accendere ovunque nuovi focolai di lotta.
Oggi occorre un nuovo patto di mutuo soccorso. Un patto vero che si costruisca spontaneamente tra chi lotta in ogni dove, non certo l’ennesima assise politica dell’ennesimo super movimento, l’ultima delle creature che uccidono in breve chi le ha partorite.
Presto ci saranno le elezioni, presto i giochi della politica istituzionale in chiave partecipativa reclameranno le loro vittime. È tempo di costruire una prospettiva diversa. È tempo che la capacità di fare politica senza deleghe sperimentata in questi anni tra una barricata e un pranzo condiviso, esca fuori dalla gabbia istituzionale.
Costruire assemblee popolari che in ogni dove avochino a se la facoltà decisione, svuotando e delegittimando chi gioca il gioco del potere, è una prospettiva possibile un po’ ovunque. Tante Libere Repubbliche, tante Comuni contro il Comune, tanti spazi di libertà che allarghino il fronte, che mettano in gioco intelligenze e cuori, che ridisegnino la mappa del territorio in cui viviamo.
Solo se sapremo scandire con intelligenza e passione un tempo altro potremo mettere – ancora una volta – in difficoltà un avversario che non fa sconti a nessuno. Occorre estendere il conflitto, aprire sempre nuovi ambiti di autogestione, per spezzare l’accerchiamento e creare le condizioni per mandarli via.
E non solo dalle reti di Clarea.
Non c’è pace per chi viene a farci guerra.

 

Gli italiani puntano a sopravvivere per non morire

Dal rapporto Censis emerge un Paese impoverito. I cittadini ricorrono ai risparmi e vendono i gioielli di famiglia 

Filippo Ghira

Una crisi del genere gli italiani non l’avevano mai vista. Una crisi che sta facendo venire meno tante certezze consolidate e che fa temere che il futuro sarà ancora peggiore del presente che stiamo vivendo.
Il 46° rapporto del Censis non offre molte occasioni per essere ottimisti. Non c’è sicurezza del posto di lavoro, le retribuzioni sono risicate e non permettono di avere un decente tenore di vita, tanto da obbligare milioni di persone a ricorrere ai risparmi di una vita per sopravvivere. Se a questo poi si aggiungono le ultime misure del governo, in particolare l’introduzione di una tassa odiosa e odiata come l’Imu che è andata a pesare sulla casa, il bene per eccellenza delle famiglie, si capisce bene perché l’atteggiamento predominante tra gli italiani sia fatto di rabbia verso i politici e di sfiducia nel futuro.
Il problema della sopravvivenza si pone infatti per molte famiglie che di fronte alla nuova realtà stanno perdendo le certezze di un tempo. Ma anche per molte imprese che temono di non riuscire a resistere ad un mercato globale che opera una concorrenza feroce basata su un basso costo del lavoro che è difficile se non impossibile da contrastare. Se poi si pensa che la maggioranza delle imprese italiane sono medie e piccole e a conduzione familiare, si crea un tutt’uno con i problemi delle famiglie.
La diffusa inquietudine popolare finisce così per coinvolgere tutti con un effetto domino tanto temuto quanto non se ne conoscono gli sviluppi futuri. La crisi economica crea infatti un’ansia prima sconosciuta tra la maggioranza degli imprenditori che temono di dover chiudere i battenti, tra le famiglie che vivono in una costante insicurezza e che stanno vivendo un drastico impoverimento con un calo del tenore di vita e con una riduzione costante dei risparmi. Una situazione di sbandamento che coinvolge anche la classe politica che appare in tutta la sua inadeguatezza. Politici che non sanno cosa fare e cosa proporre di fronte ad una crisi dei conti pubblici che fa temere una bancarotta dello Stato e di fronte ad una speculazione che spinge al rialzo lo spread tra i nostri titoli pubblici decennali, i Btp, e i Bund tedeschi.
E queste incertezza e paura che investono tutti i politici di destra e di sinistra finisce per estendersi ai cittadini che temono la fine non soltanto della moneta unica comunitaria ma della stessa Unione Europea. E questo non può che accentuare i timori e il senso di incertezza. Insomma, nemmeno le vecchie zie ci salveranno. Non possiamo più sperare che sia l’Europa a salvarci se è la stessa Europa che minaccia di collassare su stessa, travolta dalla propria ambizione e dalla volontà di essere qualcosa di più di quello che poteva essere, in base alle proprie forze.
Quello che manca è una reazione di tipo collettivo di fronte alla crisi, come successe nell’immediato dopoguerra quando, tra le macerie di un Paese distrutto, gli italiani si rimboccarono le maniche e gettarono le basi per il successivo boom economico. Oggi una reazione di questo tipo non c’è, osserva il Censis, perché gli italiani si sentono soli ed avvertono lo Stato e il governo, quindi tutta la politica, come nemici che sanno soltanto venire a cercare soldi nei loro portafogli.
La necessità di sopravvivere ha spinto negli ultimi 2 anni almeno 2,5 milioni di famiglie a vendere oro ed altri preziosi. Circa 300 mila famiglie hanno venduto mobili ed opere d’arte e l’85% ha eliminato consumi che sono stati giudicati eccessivi o superflui. Si comprano sempre meno auto che stanno diventando quasi un lusso per pochi visto che poi la benzina incide in maniera pesante. Molti si sono adattati ad andare in motorino se non addirittura in bicicletta. Molte coppie giovani sono state costrette a ricorrere agli aiuti finanziari dei genitori e questo confermerebbe la centralità della famiglia come istituto centrale della società italiana. La crisi ha comunque innescato fenomeni diffusi di solidarietà tra famiglie più benestanti e le altre. A dimostrare che resiste un tessuto sociale che nemmeno la crisi è stata in grado di scalfire. Un fenomeno tanto più significativo se si pensa che la vita della maggioranza delle famiglie è caratterizzato oggi dalle tre R: risparmio, rinunce e rinvii che implicano sempre e comunque sacrifici.
La crisi ha finito per portare sul banco degli accusati quella Unione europea che si era presentata come la garanzia di un benessere diffuso per tutti i cittadini dei Paesi membri. La sensazione è che i vantaggi siano stati pochi e che ogni Paese tenda ormai ad andare per conto suo e pensare ai propri interessi mentre le istituzioni comunitarie appaiono troppo invasive e caratterizzate da meccanismi decisionali farraginosi ed incomprensibili.
La crisi economica unita in Italia al tracollo di immagine di una classe politica, fatta di corrotti ed incapaci, e arrogante nei propri privilegi, ha innescato un diffuso sentimento di indignazione e una predisposizione di molti cittadini a mobilitarsi per cambiare la situazione. L’87% dei cittadini considera la corruzione un problema grave e il 43% pensa che il crollo morale della politica e la corruzione siano le cause principali della crisi. Una miscela esplosiva fatta di rabbia per la povertà crescente e di rancore verso i politici che aspetta soltanto le prossime elezioni politiche per manifestarsi, ma che ancora non è pronta ad andare in piazza.
 
 
08 Dicembre 2012 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=18292

Gli italiani sono “disonesti”? No, sono schiavizzati!

di Enrico Galoppini – 06/12/2012


Fonte: Europeanphoenix 

 

Alcuni giorni fa, Domenico Scilipoti, parlamentare già dell’IdV e noto inizialmente per aver formato il Movimento di Responsabilità Nazionale a sostegno dell’ultima fase di un Governo Berlusconi colpito da “scandali” e “tradimenti”, è stato invitato ad una trasmissione de “La7” nella quale, in studio, sono ospiti fissi giornalisti della “autorevole” stampa estera.

Scilipoti, da un po’ di tempo, s’è fatto portavoce d’istanze sovraniste monetarie, culminate in un recente convegno presso la Camera dei Deputati, assieme al prof. Claudio Moffa, dedicato alla discussione dialcune proposte mirate alla restituzione della proprietà della moneta al popolo italiano.

Ma prima di procedere, invito a seguire con attenzione lo spezzone video della trasmissione in oggetto: http://www.youtube.com/watch?v=i3E2yxbW0Dg&feature=em-share_video_user

Ora, se uno non è completamente plagiato dai “media” e dalla mentalità che inducono, e se la sua capacità di discernimento non s’è ottenebrata del tutto, non faticherà a scorgere in quel che ha visto e ascoltato quanto segue.

Ma per prima cosa, una questione di “metodo”. Accettare l’invito in queste trasmissioni, sia “leggere”, sia “impegnate”, per parlare diquestioni molto serie è completamente tempo perso. Gli autori, i conduttori e gli ospiti fissi di questi programmi – ammesso che lavorino “in autonomia” – preparano una situazione perfetta per screditare, difronte ad un pubblico che conoscono bene come i proverbiali “polli”, l’invitato “scomodo” di turno. Ci sono mille sistemi: s’interrompe l’ospite mentre parla (meglio se sul più bello), si sminuisce, si travisa (“ma vuole tornare alla lira?”), si ridicolizza, si spaccia per assurda una cosa ragionevole (“ma come, un condono fiscale?”), si crea un clima non consono all’argomento trattato eccetera eccetera.

Molto meglio, quindi, se si ha qualcosa d’importante da dire, andare in mezzo alla gente, parlare faccia a faccia, ovunque si renda possibile, uscendo da quella parvenza di realtà che è la televisione: Grillo, questo, l’ha capito bene, proibendo ai suoi di partecipare a questi “salotti televisivi” e prediligendo le piazze. Molto più efficace il passa parola e il contatto reale che farsi infilare nel “panino” confezionato dagli ideatoridi una trasmissione televisiva, destinata ad un pubblico per sua naturadistratto e condizionabile al massimo grado.

Che cosa sono, altrimenti, situazioni come quella che avete potuto osservare e giudicare in quel breve filmato?

Si consideri l’atteggiamento di tutti i presenti in studio. Si studino bene le espressioni, le smorfie, le mosse, le battute, i toni… Dall’inizio allafine è come se l’ospite fosse lì per esser messo alla berlina, esposto al pubblico ludibrio, per il semplice fatto di essere “strano” perché afferma cose “strane”. Sì, perché è proprio così grazie all’indottrinamento dimassa: come per magia, agli occhi della massa inebetita e più o meno “acculturata”, tutti quelli che sollevano una questione che esuladall’ordinario tergiversare mediatico appaiono come degli individui “strani”, come dei “pazzi” che vengono a sovvertire il magnifico ordine costituito.

Cosa c’è di strano, mi chiedo, nel parlare della sovranità monetaria? Nel tentare d’introdurre presso un pubblico che non sia quello degli specialisti e di coloro che sono già informati una questione di così cruciale importanza per tutti? Anche se la massa non se ne rende conto (ma di cosa mai s’è resa conto?), dalla sovranità monetaria discende, né più né meno come afferma ad un certo punto Scilipoti, la soluzione dialmeno l’80% dei problemi degli italiani (e di ogni altra nazione che affrontasse una volta per tutte tale questione).

Naturalmente stiamo parlando di “problemi materiali”, ma chi l’ha detto – e qui mi rivolgo a chi pensa che o si mette mano ai massimi sistemi o niente da fare – che quelli non contano? Pensano di campare d’aria? Anzi, siccome alla fin fine non esistono nella vita compartimenti stagni, sarà bene cominciare ad entrare nell’ordine d’idee che anche le faccende cosiddette “materiali” hanno delle ripercussioni sui piani “morale” e “spirituale”, sempre che tali “piani” esistano come realtà separate edistinte. La differenza, infatti, non è data dalle cose in sé, ma dall’atteggiamento, dall’attitudine con cui le si affronta. I soldi, perciò, non sono necessariamente “lo sterco del demonio”, ma possono trasformarsi, se solo ci sforzassimo di essere uomini e non le dantesche “pecore matte”, in uno strumento di “liberazione” di tutta una serie dipotenzialità, affrancandoci, grazie ad una loro sana e naturale gestione (moneta popolare non gravata da debito), da una perenne rincorsa per procurarceli per poi ridarli indietro ai loro veri proprietari (di qualcuno pur saranno, no?) sotto forma di balzelli d’ogni tipo (come l’assurda ed inconcepibile IMU), mentre i più – poveri fessi – s’illudono che i “loro soldi” siano effettivamente di “loro proprietà”!

Invece no, non può essere così in un regime in cui la moneta, anziché essere dei cittadini, è delle banche private (che la massa ritiene “pubbliche”), le quali per di più non vengono sottoposte, grazie a “leggi”ad hoc, alla medesima tassazione asfissiante che tocca a tutte le altre imprese e ai privati cittadini, col pretesto del “debito pubblico” e del rischio che “i servizi” non possano più essere erogati (cosa del tutto falsa, perché se la moneta è di proprietà del popolo lo Stato può erogare tutti i servizi che vuole, ma adesso non può farlo perché deve indebitarsi, come fanno d’altra parte tutti gli enti pubblici, che infatti per non “fallire” s’indebitano sempre più, “tagliano” e svendono beni concreti ai privatissimi prestatori di danaro).

Intendiamoci, per affrontare con la famosa “gente” un tema così importante come quello della moneta e della relativa sovranità bisogna: 1) essere estremamente preparati, specialmente se ci si trova incalzati, in pubblico, da personaggi incaricati di ridicolizzare, spargere illazioni, intorbidire le acque, sviare il discorso ecc.; 2) parlare il più chiaro possibile e puntare dritti al cuore del problema, evitando di atteggiarsi a “professore”, ovviamente senza banalizzare fino al punto di stravolgere le cose. La famosa “gente” non aspetta altro che qualcuno parli un linguaggio comprensibile, ma i cosiddetti “esperti” ufficiali complicano appositamente ogni cosa per rivestire d’una nebbia ciò che è molto più semplice di quanto lo fanno sembrare.

Quindi, le fonti primarie per comprendere come funziona la “truffa monetaria” sono: quelle di autori che 1) sono fuori dalla “accademia”, poiché essa è incaricata di riprodurre il consenso verso l’attuale sistema finanziario, sia presso gli addetti ai lavori, sia presso chi crede di sapere tutto perché ascolta gli “esperti” delle “pagine economiche”; 2) non ricercano una visibilità, una celebrità a tutti i costi, e nemmeno una “cattedra”, ma sono mossi da un’insopprimibile tensione morale, che non può che derivare da un afflato religioso, più o meno cosciente.

Non a caso, Giacinto Auriti, che in Italia è stato il pioniere della lottacontro l’usurocrazia e il potere assoluto dei “signori del denaro”, era un cattolico, non di quelli “modernisti” tutto fumo e poco arrosto o “riformati” che, nella migliore tradizione americana, elevano preghiere affinché il loro conto in banca si rimpinzi sempre più. E, soprattutto, lui che era un “professore”, non disdegnava di parlare con nessuno, fino al più umile lavoratore; non come fanno gli “intellettuali” e la quasi totalità dei suoi colleghi, ben rinserrati nei loro fortilizi e schifati alla sola idea d’incontrare un “plebeo”. Inoltre Auriti aveva capito che l’unico modo per comparire in televisione e non farsi infinocchiare era quello ditenere dei veri e propri monologhi, come quelli andati in onda su un canale locale abruzzese, alla faccia dei benpensanti che ritengono indispensabile sempre un “confronto”: ma tra chi, tra un uomo preparato, cristallino e disinteressato, e un prezzolato, disonesto preoccupato solo di farsi una “posizione” e di compiacere il suo padrone? Ma di quale “confronto” parlano questi ipocriti? Un uomo può confrontarsi solo con un suo pari e non con una marionetta o un servo del potere. Se poi si seguono queste pionieristiche trasmissioni del compianto Auriti, si noterà che da casa giungevano telefonate in studio: quale trasmissione di qualsiasi canale nazionale in cui si trattano argomenti politici ed economici ammette l’intervento, senza filtri, del pubblico a casa? Un’altra dimostrazione che quest’uomo non temeva “l’imprevisto”, l’eventuale reazione ostile, perché alla fine il “nemico”, se davvero non è mosso da perfidia inguaribile o perché ha un qualche tornaconto nel tenere in piedi un sistema iniquo, è solo uno che non sa, e la cui avversità è dettata perciò da una pura e semplice ignoranza.

Ad un certo punto, però, uno potrebbe obiettare che se Scilipoti – così come l’avv. Marra, ospite di un’altra trasmissione in cui gli viene riservato analogo ‘trattamento di riguardo’ – viene chiamato in tv a parlare di faccende così “scomode”, ciò è la dimostrazione che in “democrazia” esiste un vero “pluralismo” delle opinioni ammesse e portate a conoscenza del pubblico. Ragioniamo un attimo, però. Quante volte, in proporzione a quelle in cui si discute di “casta”, cronaca nera, politica politicante (tipo le “primarie”) ed altre mille stupidaggini dinessun interesse collettivo (anche quando sembrano “importanti”), i telespettatori possono venire anche solo lambiti da temi d’importanza così cruciale per le loro vite come quello della proprietà della moneta? Si contano sulla punta delle dita. Quindi, il sospetto è che siccome Lorsignori (le tv sono di proprietà degli stessi “signori del denaro”) sanno benissimo che sempre più persone stanno accorgendosi della loro truffa, giochino d’anticipo (come stanno facendo con le “scie chimiche”), imbastendo queste finte occasioni di “confronto” e di“informazione” per cercare di tamponare la falla che s’è aperta nella loro barca.

Ma non ce la possono fare, anche se cantano vittoria. Ormai la loro barca fa acqua da tutte le parti. Per un semplice motivo: disconoscono lanatura umana, che intendono piegare tramite i loro giochi di prestigio, ma che alla fine riemerge e pretende i suoi diritti. L’uomo, infatti, può raccontarsi tutte le favole che vuole, ma queste possono inebriarlo fintanto che le cose gli vanno bene, fornendogli una “giustificazione ideologica” e una “descrizione razionale” della realtà concreta che si trova a vivere. Detto in altri termini, gli uomini finché hanno la pancia piena e stanno al caldo non si lamentano, e sono pertanto disposti ad adottare qualsiasi “favola” per dire a se stessi di aver “compreso” il mondo in cui vivono. L’uomo è fatto così: ha anche bisogno di una “narrazione coerente” della realtà in cui vive. Da cui, il “bisogno” delle “ideologie”. Ma quando si rende conto che non c’è più trippa per gatti, che l’inverno lo passerà all’addiaccio e che, insomma, anziché lachimerica “luce alla fine del tunnel della crisi” vista per certa dai soliti camerieri dell’usura, là in fondo c’è solo un enorme buco nero che inghiottirà i suoi beni e anche la sua vita, ebbene, a quel punto non è più disposto ad ascoltare le “favole”. Vuole la trippa e tanti saluti ai beidiscorsi e alle “teorie”.

Lorsignori e i loro lustrascarpe hanno ben poco da ridere. Si stanno incartocciando in una logica inesorabile che li condurrà alla disfatta, anche se si presentano sicuri di sé, imbattibili e con la verità in tasca. Èla tipica sbruffoneria di chi si considera superiore per ‘diritto divino’, dichi, a forza di disprezzare lo schiavo non si rende conto che quello non ha più l’anello al naso.

Quando si sentono troppo sicuri, commettono poi degli errori imperdonabili. Cosa può pensare in effetti un italiano che si sente dare del “disonesto” da uno straniero che per giunta viene qua a fare la bellavita impartendoci la “moralina”? Lo sappiamo bene come funziona tra italiani: è tutto un lamentarsi, ci diamo continuamente le martellate sui… ma se qualcun altro ci viene ad insultare, allora facciamo quadrato e mostriamo i pugni. È così, punto e basta, ed è un istinto sano, checché ne dicano pedagoghi, sociologi ed antropologi da strapazzo imbevuti d’una ideologia fallimentare destinata al pattume assieme alla teoria e alla pratica monetaria vigente.

Se siamo dei “ladri” lo stabiliamo noi, e soprattutto saremo noi italiani a chiarire chi è il vero ladro e chi, invece, schiacciato dai camerieri dell’usura, che “italiani” non sono più perché per loro l’idea di“patria” è solo un “patetico residuo del passato”, tenta solo distare a galla e di dare da mangiare alla propria famiglia, mentre voi vi rimpinzate alla faccia nostra.

Da che pulpito proviene poi quest’ironia da quattro soldi, quest’abitudine a trattare da “pazzo” ogni italiano che dimostra un minimo di coraggio edi amor proprio! Sarà bene ricordare che le “oneste” Inghilterra, Francia, Olanda e Spagna, mettendo assieme le loro rapine ai danni del mondo intero, orchestrate dai grandi finanzieri che oggi rapinano anche noi, non sono nemmeno lontanamente paragonabili all’Italia e ai suoi “crimini”, che al confronto fanno la figura delle marachelle d’un mariuolo rispetto alla sistematica attività delinquenziale d’una banda ditagliagole. L’Italia, però, stante la sua sudditanza politica, militare, economica e, in specie, culturale, è costretta a fare continua ammenda e solenne promessa di non provare mai più ad essere “grande”. Figuriamoci riprendersi la sovranità monetaria per il bene di tutti!

Ma a loro, alle “grandi democrazie” di lungo corso, tutto è permesso: continuare a sfruttare intere popolazioni africane, asiatiche e latino-americane, ed anche i loro stessi “sudditi” (si pensi a che carne da macello è un “americano medio”), e poi venire qua a ridacchiare sul nostro conto, a sbeffeggiarci in casa nostra, come se non sapessero ditrovarsi in una terra sotto occupazione e servaggio dal 1945. Condizione che, piuttosto che alimentare comportamenti virtuosi, “civili” ed educare ad un “carattere”, incoraggia tutte le viltà e gli istinti più bassi. Lo possiamo affermare con cognizione di causa, perché finché l’Italia è stata una nazione libera e sovrana i lavori pubblici, tanto per fare solo un esempio d’attualità, finivano in tempo (talvolta in anticipo), e alla fine è pure capitato che risultasse un avanzo di cassa rispetto allaprevisione di spesa!

Perciò, se gli italiani sono “disonesti” (il che, allo stato attuale, non è solo un’illazione), lo sono a causa del malcostume e del menefreghismo indotti dalla mancanza di libertà, perché solo la condizione di uomini liberi a casa propria è di sprone ad impegnarsi per traguardi che travalicano il mero tornaconto personale. Come fa un italiano, in questa situazione di “morte della Patria”, ad agire disinteressatamente? Non è possibile, anzi, è una corsa al magna magna più esasperato, perché da un lato il “Badrone” manda avanti i più scaltri e servili (e, diciamocelo, i più scemi), dall’altro la “liberal-democrazia” – la forma politico-istituzionale impostaci – esprime solo individualità interessate al proprio orticello, che raccontano a pappagallo la favoletta dell’interesse generale risultante dalla sommatoria dei singoli interessi individuali soddisfatti.

In uno stato di servitù, qual è quello che a tutta vista non dev’esser chiaro a questi “autorevoli” commentatori della stampa estera, ci si riduce esattamente come quelle popolazioni delle “Repubbliche delle banane” del Centro America, o come quelle del cosiddetto “Terzo mondo” in cui la corruzione e il malaffare sembrano una malattia congenita, quando è risaputo che tutto dipende dall’esempio e dallaguida che ricevono dall’alto (infatti appena va al potere un personaggio imprevisto con le idee a posto, come Thomas Sankara in Burkina Faso, lo fanno subito fuori).

Che ridano, che sbeffeggino, che scatenino a ruota libera la loro funambolica parlantina e diano libero sfogo alle loro arti incantatorie (c’è chi, ad un certo punto del filmato, dice che l’aver cambiato gruppo parlamentare “non è democratico”: ma che significa???). Vogliono farci credere di essere dei “ladri” per convincerci che siamo dei falliti, ieri, oggi e domani, congenitamente incapaci di combinare qualcosa di buono, ma in realtà hanno paura di noi e di quello che può rappresentare un’Italia libera, sovrana e indipendente. Altrimenti non si prodigherebbero a tal punto  nell’inondarci di propaganda e spazzatura mentale, trattenendoci nella morsa di oltre cento basi militari e nellacamicia di forza della moneta-debito.

Sanno bene che la “crisi” non è una situazione passeggera, ma una condizione permanente preparataci appositamente, per ridurci in schiavitù. Cosa ci sia da ridere, lo sanno solo loro, quando si accorgeranno di aver passato la vita a tenere bordone ad un sistema iniquo e, più che altro, realizzeranno che pure loro sono delle pedine diun gioco che nemmeno immaginano, tanto sono felici, adesso, di sedere alla mensa del “Badrone”.

Credono di poter giochicchiare e cincischiare all’infinito confidando nelle loro capacità di “illusionisti”, ma non si accorgono che stanno facendo dei passi falsi. In giro, con la pancia vuota, monta rabbia ed insofferenza verso le “chiacchiere”, e, soprattutto, aumenta la voglia di capire e disapere davvero chi, come e perché ci sta strangolando.

Ridete ancora per un po’… Ci sarà ben poco da ridere quando gli italiani esploderanno e si libereranno dalle vostre catene.

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