Hollande non darà un euro per il Tav

  • Da: NUOVASOCIETA’ – Venerdì, 30 Novembre 2012 12:07 
Hollande non darà un euro per il Tav
 

di Giulia Zanotti

Più soldi per i treni pendolari e le infrastrutture già esistenti e meno per la linea Tav. Sembra parlare chiaro la nuova legge finanziaria del governo francese per l’anno 2013 nella quale viene messo un notevole freno alle spese per le grandi opere.

Francois Hollande e i suoi uomini, infatti, sembrano aver preso le distanze dai progetti entusiastici e grandiosi del predecessore Nikolas Sarkozy. E anzi ad essere messo in discussione è proprio lo “Schema nazionale delle Infrastrutture di Trasporto” steso dall’allora presidente. Tanto che il ministro del Trasporto Frederic Cuvillier ha ora sei mesi di tempo e una commissione creata ad hoc per decidere a cosa dire si e cosa invece bocciare.

Sono infatti quattordici i progetti approvati dal precedente governo e che ora vanno riesaminati. Sicuri al momento solo quattro, le linee ad alta velocità che collegherebbero zone interne dalla Francia, come la Tours-Bordeaux, Metz-Nancy, Le Mans-Rennes e Nîmes-Montpellier. Per due di queste i lavori sono già a buon punto e per la altre ci sono contratti vincolanti che non possono più essere rescissi.

Ma ad essere evidenziate di rosso sulla cartina e quindi in forte dubbio in particolare due progetti: la Nizza-Marsiglia e la Torino-Lione. I motivi? Proprio i costi troppo elevati. Già, perchè Hollande avrebbe detto chiaro al suo esecutivo che in un momento di crisi come quello attuale quindici miliardi per la linea che dovrebbe collegare le due città del sud e altri dodici per il Tav sono un costo troppo alto.

Dunque, lunedì è il giorno del tanto atteso vertice Italia-Francia in cui i due Paesi dovranno ribadire il loro impegno alla realizzazione dell’opera. E se Monti arriverà con tanto di foto di macchinari e operai pronti per l’inizio degli scavi chissà che il collega d’Oltralpe non gli riservi qualche brutta sorpresa!

http://www.nuovasocieta.it/attualita/item/34526-hollande-non-dara-un-euro-per-il-tav.html

Svegliatevi! 11 fatti che mostrano che l’Europa si sta dirigendo verso una depressione economica

di Michael Snyder 
The Economic Collapse Blog

Europe-Is-Heading-Into-An-Economic-Depression

L’Europa non si sta dirigendo solo verso un’altra recessione. La verità è che l’Europa si sta dirigendo verso una devastante depressione. L’economia dell’UE è in realtà più grande dell’economia degli Stati Uniti, e sta crollando davanti ai nostri occhi. Le cose continuano a peggiorare in Europa, eppure in qualche modo le autorità europee continuano ad insistere sul fatto che tutto andrà “bene”. Beh, niente va “bene” in Europa in questo momento. La disoccupazione nella zona euro ha appena raggiunto un altro nuovo livello record. In alcune nazioni d’Europa, il tasso di disoccupazione è già nettamente superiore a qualsiasi cosa gli Stati Uniti abbiano sperimentato durante la Grande Depressione del 1930. I funzionari in tutta Europa stanno cercando di tenere insieme il sistema finanziario europeo con del nastro adesivo e la preghiera, ma potrebbe cadere a pezzi da un momento all’altro. L’Europa ha un sistema bancario molto più grande di quello degli Stati Uniti, per cui quando si verificherà un crollo finanziario in Europa, interesserà l’intero globo. Purtroppo, la maggior parte degli americani non prestano molta attenzione a gran parte di tutto quello che sta accadendo in Europa. Tendono a pensare che gli Stati Uniti sono il centro dell’universo e che fino a quando staremo bene  noi tutto andrà bene. Beh, tutte quelle persone che non stanno prestando attenzione devono svegliarsi. Tanto per cominciare, l’economia degli Stati Uniti è sicuramente in declino. In secondo luogo, l’economia europea sta implodendo proprio davanti ai nostri occhi e l’Europa finirà per trascinare con sé il mondo intero.

I seguenti sono 11 fatti che dimostrano che l’Europa si sta dirigendo verso una depressione economica …

1. Le economie di 17 dei 27 paesi dell’UE hanno subìto una contrazione per almeno due trimestri consecutivi .

2. La disoccupazione nella zona euro ha toccato un nuovo record storico dell’ 11,7 per cento .

3. Il tasso di disoccupazione in Portogallo è ora al 16,3 per cento. Un anno fa era solo al 13,7 per cento.

4. Il tasso di disoccupazione in Grecia è ora al 25,4 per cento. Un anno fa era solo al 18,4 per cento.

5. Il tasso di disoccupazione in Spagna ha raggiunto un nuovo record storico del 26,2 per cento. Di quanto può crescere ancora? E’ già superiore al tasso di disoccupazione raggiunto negli Stati Uniti durante la Grande Depressione del 1930.

6. I livelli di disoccupazione giovanile  in Grecia e in Spagna si stanno rapidamente avvicinando al 60 per cento .

7. All’inizio di questo mese, Moody’s ha abbassato il rating AAA della Francia, e i ricchi stanno lasciando la Francia in massa mentre i socialisti attuano piani di aumento delle tasse sui ricchi a livelli molto alti.

8. La produzione industriale sta crollando in tutta Europa. Basta controllare questi numeri …

Non c’è bisogno di essere un genio economico per capire che la perenne incertezza sul futuro della zona euro ha portato ad un congelamento diffuso degli investimenti e dello sviluppo industriale. La produzione industriale sta crollando ad un ritmo accelerato, calando del 7% annuo in Spagna e in Grecia, del 4,8% in Italia, e del 2,1% in Francia.

9. Ci sono segnali di problemi anche nelle economie “stabili” in Europa. In Germania, gli ordini delle fabbriche a settembre sono diminuite del 3,3 per cento rispetto al mese precedente, e le vendite al dettaglio nel mese di ottobre sono diminuite del 2,8 per cento rispetto al mese precedente.

10. Si stima che il debito greco raggiungerà il 189 per cento del PIL entro la fine di quest’anno.

11. L‘economia greca si è ridotta di oltre il 7 per cento quest’anno, e si prevede che l’economia greca si contrarrà di un altro 4,5 per cento nel 2013.

Ma a volte non si riesce ad avere un’idea reale  di quanto  le cose stiano andando male considerando solo i numeri economici grezzi.

Molte persone che vivono queste condizioni di depressione, stanno cedendo completamente alla disperazione. Basta leggere il seguente esempio tratto da un articolo di RT dell’inizio dell’anno …

A 61 anni, un pensionato greco si è impiccato ad un albero in un parco pubblico dopo aver ceduto alla pressione del debito. Un biglietto nella sua tasca indica che egli è solo l’ultimo in un’esplosione di suicidi indotti dalla crisi economica.

Il corpo senza vita del pensionato è stato trovato penzoloni da un inserviente in un parco pubblico non lontano dalla sua abitazione, nel quartiere di Nikaia, Atene. L’addetto ha trovato anche un biglietto d’addio nella tasca dell’uomo, hanno riferito i giornali di Atene.

L’uomo, identificandosi come Alexandros, ha detto di essere un uomo di pochi vizi che “lavorava tutto il giorno”, tuttavia, si rimproverava per aver commesso un “crimine orrendo”: diventando un professionista all’età di 40 anni e cadendo nel debito. Ha fatto riferimento a se stesso come ad un idiota di 61 anni che doveva pagare, sperando che i suoi nipoti non nascessero in Grecia, essendo le prospettive del paese così desolanti.

Prendete nota di ciò che sta accadendo in paesi come la Grecia e la Spagna in questo momento, perché condizioni simili arriveranno presto negli Stati Uniti.

Questo è uno dei motivi per cui cerco così duramente di incoraggiare le persone a prepararsi a quello che sta arrivando. C’è speranza se si capisce ciò che sta arrivando e c’è speranza se siamo preparati.

Voi non volete certamente essere presi alla sprovvista dalla crisi che è alle porte e finire seduti su una panchina del parco a cercare di capire se la vita è ancora degna di essere vissuta o meno.

La vita è sicuramente degna di essere vissuta. Sì, una tempesta è in arrivo e il mondo sta diventando incredibilmente instabile da molti punti di vista. Ma se riuscite a capire che cosa sta arrivando e se lavorerete sodo per prepararvi, poi voi e la vostra famiglia, avrete la possibilità di prosperare anche in mezzo alla tempesta.

Imparate da ciò che sta accadendo in tutta Europa. Lo spettacolo dell’orrore economico che si sta svolgendo laggiù arriverà anche in America, e il tempo sta per scadere.

Fonte: The Economic Collapse Blog 30 Novembre 2012 
Traduzione: Anna Moffa per ilupidieinstein.blogspot.it

 

In Italia gli stagisti al Ministero del Tesoro sono retribuiti 1 euro l’ora

By Edoardo Capuano – Posted on 03 dicembre 2012

Ministero del TesoroIl ministero dell’Economia ha bandito 34 posti per uno stage rivolto a giovani neolaureati o laureandi. Uno stage “miseria” che prevede 7 euro al giorno di rimborso spese, circa un euro l’ora. Uno stage “low cost”, come lo definisce il Corriere della Sera, che non è però tra i peggio retribuiti.

Il 50% degli stage è completamente gratuito, mentre solo il 30% prevedere rimborsi spese che non superano i 500 euro. Pochissimi i fortunati che per un tirocinio vedranno un rimborso di 700 euro e oltre, solo il 5,3% dei “miserabili” stagisti.

I dati sugli stage, nel paese dove la disoccupazione giovanile ha raggiunto il 36,5% ed è in costante crescita, non sono incoraggianti. Le persone che hanno partecipato ad uno stage nel 2011 sono state 571mila, di cui 200mila in enti pubblici, 311mila nelle imprese e 60mila in enti no profit. Di questi solo il 39% è stato assunto al termine dello stage dall’impresa in cui erano stati formati. E nel 56% dei casi si trattava di stage senza benefit.

Intanto oltre mezzo milioni di giovani spera nella “congrua indennità” stabilita dalla riforma del Lavoro firmata dal ministro del Welfare Elsa Fornero, che riconosce una “congrua indennità, anche in forma forfettaria, in relazione alla prestazione svolta”.

Una norma non applicata, perché le regole sulla congrua indennità “non trovano applicazione nei confronti dei tirocini attivati prima dell’adozione delle richiamate linee guida”.

Fonte: blitzquotidiano.it

http://www.ecplanet.com/node/3658

Se Siete

Se siete giovani, perché andare a votare? Il governo, e i partiti che lo sostengono, hanno l’invidiabile risultato di una disoccupazione giovanile ai massimi storici.

Se siete già anziani, dovrete invece lavorare quasi fino a settant’anni. Nella sciagurata Prima Repubblica le donne andavano in pensione a 55 anni, gli uomini a 60 (massimo).

Se siete donne, vedi sopra, oppure riflettete che mai come ultimamente siete “il filo di terra” di tutte le pulsioni malate e le disperazioni maschili. Vi ammazzano? Facciamo un bel convegno, una bella associazione, nominiamo un nuovo ministro.

A seguire, non indecisi, ma decisi a non votare:

Se siete magistrati, con il decreto “Ilva” il governo ha mostrato la considerazione che ha di voi: emettete una sentenza in linea con tutta la giurisprudenza italiana ed europea sull’ambiente, affidate ad una persona dell’azienda l’esecuzione. Questo se ne frega: lo arrestate. Quindi, arriva un bel decreto “della salute ce ne fottiamo” e voi tornate ad arrestare ladri di polli. Zitti e mosca.

Se siete operai, è presto detto: al governo non frega niente di voi, più presto vi estinguerete meglio è. C’è un intero pianeta per produrre: dalla Serbia alla Cina.

Se siete artigiani, al governo non frega niente se c’è lavoro, se i committenti pagano: ci sono gli studi di settore, no?

Se siete insegnanti, mancano i soldi anche per il sapone e la carta igienica: poi, fanno bei convegni e si sciacquano la bocca con le parole “educazione, scuola, università, ricerca”. Quindi sputano e si spartiscono i finanziamenti per la ricerca: il ministro chiude gli archivi perché le indagini non possano procedere.

Se siete agricoltori…oh, ma ancora esistete? Quando la smetterete d’arare i campi, cosicché potremo coprire l’Italia di monnezza e poi cementare tutto?

Se siete medici e infermieri preparatevi a sloggiare: il governo ha bisogno dei soldi della Sanità per i suoi affari. La quota delle tangenti è ancora troppo bassa, e le Regioni non campano.

Se siete economisti, vi sarete chiesti perché il tanto osannato “governo di salvezza nazionale” ha incrementato il debito pubblico di 3 punti, oltre l’invidiabile record raggiunto da Tremonti. Con la mannaia di tasse che hanno fatto scattare: domandatevelo un po’.

Se avete una casa, la proprietà è – in definitiva – dello Stato che vi chiede un affitto che si chiama IMU. Se avete una seconda casa, non preoccupatevi: presto non l’avrete più.

Se, invece, siete politici, grandi imprenditori, puttane di Stato, grandi truffatori, banchieri, mafiosi, camorristi e n’dranghetisti non c’è mai stato periodo più florido: una manna.

Dovremmo perdere il nostro tempo per venire a votare il miglior aguzzino?

di Carlo Bertani e Massimo Fini
Tratto da Comedonchisciotte
Fonte

Lo squadrone di Bersani

di Beppe Grillo – 04/12/2012

Fonte: Il Blog di Beppe Grillo [scheda fonte] 
 

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Gargamella è felice, è diventato un leader. Uno su mille ce la fa e lui, modestamente, ce l’ha fatta a diventare l’allenatore di una squadra vincente, unteam da triplete, uno squadrone che tremare il mondo fa. Tutti i giornali, lo hanno proclamato nuovo Cesare insieme ai pappagalli a comando dei talk show. Bersani si è finalmente lasciato alle spalle anni duri vissuti in panchina dove si è spesso fatto fotografare, e un triste passato in condominio con Berlusconi. Nell’ultimo ventennio infatti Pdl e pdmenoelle si sono dati il cambio, una staffetta perfetta, 10 anni al centrosinistra, 10 anni al centrodestra. Parità sul campo e combine su combine: scudo fiscale, conflitto di interessi, distruzione del tessuto economico, debito pubblico. Ora però, Bersani non ha più bisogno del pdl, può vincere da solo e far fallire definitivamente il Paese con il suo squadrone.
Schema aggressivo: 3-4-3. Formazione in campo. Penati in porta, come para lui le accuse di corruzione, concussione e finanziamento illecito neppure il leggendario Yascin. Lusi terzino di fascia destra, instancabile, che distribuisce i contributi pubblici a tutta la squadra nell’ora d’aria. Ottaviano Del Turco stopper d’altri tempi, di quelli che tranciavano le gambe, forte di un’accusa per associazione a delinquere. Crisafulli terzino statico e rinviato in giudizio per concorso in abuso d’ufficio. Con questa difesa ci si può permettere uncentrocampo offensivo a rombo con il quartetto formato da La Ganga forgiato da 20 mesi di reclusione, patteggiati, per finanziamento illecito ai partiti, Delbono con il gioco di gambe affinato dal patteggiamento per truffa aggravata e peculato, Tedesco regista di grande esperienza indagato per associazione a delinquere corruzione, concussione, turbativa d’asta e falso e Bassolino “meglio e pelè“, sotto processo per truffa aggravata, dal lancio lungo, che smista palloni su palloni in avanti. Il trio d’attacco è da sogno. Zoia Veronesi, quota rosa, segretaria di Bersani e allenatrice in campo, centravanti di sfondamento, indagata per truffa. Nasconde il pallone ai difensori. Alle ali, con libertà di convergere al centro verso l’UDC, Pronzato ex consigliere di Bersani, arrestato per corruzione e Cimitile arrestato per falso.
In panchina Renzi come allenatore in seconda, una risorsa per il Paese. In tribuna il patron Rigor Montis, insieme al finanziatore Riva e ai rappresentanti delle agenzie di rating internazionali, ad ammirare la formazione politica che lo confermerà presidente del Consiglio. L’arbitro fischia quando il pdmenolle c’è.

Bersani fa il pieno di voti per portarli in dote a Monti

Il popolo post-comunista ha scelto il futuro cameriere della troika 

michele mendolicchio

“È stata una bellissima avventura: la prossima avventura è il governo, il governo del cambiamento”, questa una delle tante frasi di Bersani buttate in pasto ai suoi fan. Ma tutto condito con molta prudenza ovvero niente favole. L’ha detto e ripetuto a ripetizione proprio per evitare che l’euforia facesse dimenticare i gravi problemi da affrontare.
Il cosiddetto popolo di sinistra, fatto prevalentemente di gente anziana e che vive di passato ormai fuori dalla storia, ha scelto il proprio parroco. E Bersani in questo dà un senso di tranquillità con la sua aria da pacioccone stile Prodi. Non per niente accontenta sia l’ala post-comunista rappresentata da Vendola sia quella della sacrestia rappresentata dalla Bindi e da Fioroni. Ed apre pure ai chierichetti centristi, senza i quali difficilmente potrebbe tentare la scalata a Palazzo Chigi. Il conservatorismo post-comunista ha prevalso rispetto al cambiamento. Renzi viene visto da una larga fetta del popolo “democratico” ancora legato a vecchi schemi logori e superati come un figlioccio del Cavaliere. E per questo ha prevalso la bonarietà e la rassicurazione del parroco di Piacenza. Purtroppo è difficile far aprire gli occhi alla gente che gira ormai da anni con il paraocchi. Siamo di fronte ad un partito che ha appoggiato tutte le peggiori scelte politiche fatte dai vari governi Prodi e D’Alema. Non solo è rimasta al traino delle cosiddette guerre umanitarie che hanno portato morte e distruzione in varie zone del mondo ma è anche complice dell’appiattimento e sfruttamento delle classi lavoratrici medio-basse. Non per niente il primo pacchetto di flessibilità-precarietà è nato a cavallo tra il primo governo Prodi e quello di D’Alema, meglio ricordato come il  bombardiere di Belgrado. Non si capisce poi come si possa apprezzare Bersani e detestare D’Alema. L’uno è complementare all’altro. Sono figli dello stesso sogno irrealizzato. E c’è ancora purtroppo tanta gente che pensa che con Bersani a Palazzo Chigi tutto cambierà. La scuola verrà seppellita di risorse, i precari troveranno lavoro stabile e salari decenti, i laureati e i ricercatori non saranno più costretti a salire sui tetti per rivendicare una dignità di vita, gli imprenditori non dovranno più trasformarsi in torce umane. Non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere. La realtà è ben diversa da come l’immagina una certa parte del cosiddetto popolo post-comunista. Con Bersani non esiste nessun superamento dell’agenda Monti, come con chiunque altro esponente centrosinistro o centrodestro. Per prima cosa dovrà superare l’altolà dei mercati, della Bce e  dell’Ue, cosa praticamente impossibile. Sono i poteri forti a decidere chi va al governo e quali sono le misure da mettere in agenda. Forse sarebbe bene che tutti coloro che hanno scelto il ticket Bersani-Vendola scendessero dal pero. La vittoria delle primarie non conta un fico secco, come la probabile vittoria del voto politico. E questo vale anche nell’ipotesi quasi impossibile che vinca il centrodestra. Sarà Monti a dirigere per la seconda volta l’orchestra degli zombi. E Bersani da buon parroco dovrà servire la messa. Magari un posto come ministro lo potrà pure ottenere ma di andare a Palazzo Chigi se lo può solo sognare. Non basta richiamarsi a Papa Giovanni XXIII o al cardinal Martini per accedere ai salotti che comandano. Ma anche se dovesse verificarsi il miracolo poi dovranno misurarsi con la rabbia della gente, soprattutto quella che si sentirà tradita. Bersani e Vendola non potranno attuare nessuna politica vicina ai lavoratori, ai precari, ai giovani e ai pensionati. Perché il menù è già fissato dalla Bce, dall’Ue, dalla City e da Wall Street. E sarà l’ennesimo boccone amaro che dovrà mandar giù non solo l’area della sinistra post-comunista ma tutto il popolo italiano. “La vittoria di Bersani è il simbolo di una cultura politica che mette al centro il lavoro e l’uguaglianza. E sa affrontare le sfide di questa fase difficile che sta attraversando il Paese”, questo il messaggio espresso da Fassina. Anche l’esponente della cosiddetta area conservatrice vive di illusioni, soprattutto in tema di riforma del lavoro. E’ pura demagogia dire che la riforma Fornero andrà cambiata, perché non sarà così. Senza il permesso dei “grandi elettori” che stanno a Francoforte e a Bruxelles non sarà possibile modificare l’impianto della riforma. Non esiste nessun profumo di sinistra e nemmeno di centrodestra. Quello che si sente è solo una puzza di inciucio. D’altronde anche il travaso dei voti vendoliani in direzione del parroco piacentino era abbastanza scontato. Anche se francamente di fronte alle pressioni di Vendola nei confronti dell’Arpa per nascondere la drammaticità dei veleni dell’Ilva ci saremmo aspettati un’altra reazione. Invece sono rimasti fedeli come delle scimmiette che non vedono, non sentono, non parlano. Proprio per questo era preferibile la proposta di cambiamento che veniva da Renzi piuttosto che accettare questa ipocrisia strisciante.  
 
04 Dicembre 2012 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=18158

Europa l’eden della finanza alla faccia dei tanti eroi “contro”

Accordo Grecia: vincono gli hedge fund, Europa sconfitta

Gli europei dovranno pagare di piu’ per i bond greci. Mentre dall’accordo sul buyback escono vincitori fondi come Third Point, Moore Capital Management, Appaloosa Management LP e Fir Tree Partners, che hanno scommesso per tempo contro il default.

di WSI
Pubblicato il 
04 dicembre 2012| Ora 10:10

New York – Alle ultime negoziazioni sulla ristrutturazione del debito greco e’ uscito un vincitore chiaro: i fondi hedge. I prezzi del debito sovrano sono tornati a guadagnare terreno sul secondario dopo l’intesa raggiunta per ridurre la somma che Atene deve ai suoi creditori. All’incontro della scorsa settimana e’ stato stabilito che i ministri delle Finanze dell’Eurogruppo faranno marcia indietro sulla proposta di non pagare piu’ di circa il 28% del valore di facciata dei bond ellenici in possesso. I money manager hanno vinto la loro scommessa sul fatto che un numero insufficiente di obbligazionisti avrebbe partecipato all’operazione di buy back nel caso in cui la soglia fosse rimasta su quei livelli (intorno al 28%). Cio’ avrebbe, difatti, compromesso l’operazione di salvataggio, bloccando lo stanziamento di fondi esterni di cui la Grecia ha un disperato bisogno per risollevarsi dalla drammatica crisi economica in cui versa. Il piano di buy back si iscrive nell’ambito di un pacchetto di varie misure volte a diminuire il debito greco al 124% del Pil nel 2020 dal tasso del 190% stimato nel 2014. “L’intera saga si e’ giocata sul tentativo di sistemare questa questione”, ha detto a Bloomberg il manager (CIO) degli investimenti di Adelante Asset Management, Julian Adams, la cui societa’ detiene peraltro bond ellenici. “Il settore continua a dimostrare di non capire nulla del modo in cui operano i mercati”. I ministri delle Finanze sono fiduciosi del fatto che il governo greco accettera’ la proposta. Atene ha annunciato che impegnera’ 10 miliardi di euro per riacquistare i bond circolanti con un valore di facciata di 62 miliardi di di euro. Atene e i suoi sostenitori in Europa hanno accettato di pagare un prezzo che variera’ da una minimo del 32,1% in media al massimo del 34,1%. L’asta in cui verranno aggiudicati i titoli si terra’ il 7 dicembre, secondo quanto stabilito da un comunicato. Per il terzo giorno consecutivo ieri i bond greci hanno guadagnato valore, spingendo il rendimento sul benchmark decennale sotto il 15%. E’ la prima volta che viene bucata la soglia da quando il debito e’ stato svalutato in marzo. Il prezzo dei titoli pubblici e’ piu’ che raddoppiato dai minimi post-ristrutturazione del 13,3%, toccati il 31 maggio di quest’anno. In sintesi gli europei dovranno pagare di piu’ per i bond greci, mentre da quando l’accordo per il riacquisto del debito da parte del governo greco e’ stato stretto, i fondi come Third Point, Moore Capital Management, Appaloosa Management LP e Fir Tree Partners che hanno scommesso contro il default sono usciti chiaramente vincitori. Secondo quanto riferito da Zoeb Sachee, il numero uno delle attivita’ di trading sui bond sovrani governativi di Citigroup, ogni giorno le operazioni che vedono come oggetto i bond ellenici sono aumentate “giorno dopo giorno” da quando e’ diventato chiaro che l’intesa si sarebbe materializzata. E non stupisce che dietro alla maggior parte di queste transazioni ci siano i fondi hedge.

http://www.wallstreetitalia.com/article/1467503/debito/accordo-grecia-vincono-gli-hedge-fund-europa-sconfitta.aspx

Eurozona: in aumento indigenti e disoccupati

Rispetto agli anni scorsi si accresce il numero dei poveri e dei senza lavoro nell’area della moneta unica europea 

Andrea Perrone

La crisi economica dell’Eurozona sta falcidiando individui e famiglie riducendoli senza lavoro e nell’indigenza più assoluta. Il dato proviene direttamente dall’Ufficio statistico dell’Unione europea (Eurostat) che ha rilevato l’aumento a ritmo serrato di povertà, esclusione sociale e disoccupazione in tutta la zona euro. La situazione è diventata di anno in anno sempre più insostenibile, a causa della crisi economica e delle politiche di austerità decise dai governi degli Stati membri della moneta unica e imposte dai grandi organismi dell’usura internazionale che lucrano a piene mani sui debiti contratti dagli Stati membri dell’Eurozona. Quanto sta accadendo è talmente grave che tra i popoli europei che adottano l’euro, molte famiglie e individui – anche se lavoratori – non riescono a condurre una vita degna di questo nome, vanno avanti senza poter pagare l’affitto, senza usufruire dei riscaldamenti a causa dei costi troppo elevati e rinunciando all’acquisto dei generi di prima necessità (carne, ecc.). E’ quindi evidente il disagio vissuto dai cittadini dell’Eurozona che subiscono enormi privazioni per riuscire ad andare avanti di mese in mese e tutto a causa dei costi troppo elevati di merci e prodotti causata dall’adozione dell’euro, ma in particolare a causa dei salari troppo bassi e della crisi voluta dall’area del dollaro e della sterlina (Wall Street e la City) che ha provocato un’enorme perdita di posti di lavoro ..
Eurostat ha presentato i numeri sottolineando che soltanto nel 2011 erano 119,6 milioni le persone nell’Unione europea, pari al 24,2% della popolazione, che si trovavano a rischio povertà o di esclusione sociale. La stessa Eurostat ha messo a confronto i dati degli anni precedenti rilevando che erano inferiori: nel 2010 infatti erano il 23,4%, mentre nel 2008 erano il 23,5% dei cittadini Ue. Secondo l’Istituto europeo di statistica, queste persone si sono confrontate almeno con una delle tre seguenti forme di esclusione: a rischio povertà, in situazione di severa privazione materiale o che vivono in una famiglia con un reddito basso o con un lavoro sottopagato oppure addirittura senza un posto di lavoro sicuro a causa del processo di flessibilità messo in atto nel mondo lavorativo dalle politiche governative nel corso degli ultimi anni. Nel 2011, le proporzioni più importanti di persone a rischio povertà o di esclusione sociale sono state registrate in Bulgaria (49%), in Romania e in Lettonia (40% ciascuna), in Lituania (33%), e in Grecia e Ungheria (31%), mentre le più deboli sono attestate in Repubblica Ceca (15%), nei Paesi Bassi e in Svezia (16%) e in Lussemburgo e Austria (17%). Già nel 2010 la fascia di popolazione europea più colpita era quella dei bambini e in generale dei minorenni, dove erano a rischio ben il 26,9%..I Paesi in cui i cittadini si trovavano nelle condizioni peggiori erano già allora la Bulgaria (41,6%), la Romania (41,4%), la Lettonia (38,1%), la Lituania (33,4%) e l’Ungheria (29,9%). Al di sopra della media Ue, oltre all’Italia, anche la Polonia (27,8%), la Grecia (27,7%), la Spagna (25,5%) e il Portogallo (25,3%). Il numero minore di poveri si è invece registrato, come per l’anno successivo ovvero il 2011, nella Repubblica Ceca (14,4%), in Svezia (15,0%), Olanda (15,1%), Austria (16,6%), Finlandia (16,9%) e Lussemburgo (17,1%). A soffrire di gravi privazioni, invece, nel 2010 era in media l’8,1% dei cittadini europei, con grandi variazioni però da un Paese ad un altro. In Bulgaria e Romania, rispettivamente il 35% e il 31% della popolazione non era in grado di pagare neanche bollette e riscaldamento, mentre nella stessa situazione si è trovato solo lo 0,5% dei lussemburghesi e l’1,5% degli svedesi. In Italia a soffrire di gravi privazioni erano invece il 6,9% dei cittadini. A essere più esposti alla povertà e all’esclusione sociale dai dati forniti due anni fa erano gli anziani in Bulgaria, Slovenia, Finlandia e Svezia, e i cittadini in età da lavoro in Danimarca. Nei restanti 20 Paesi Ue, invece, i bambini e minorenni in generale. Ma al peggio come si dice non c’è mai fine. A rivelare l’amara realtà dell’aumento dei senza lavoro nell’Eurozona è stata ancora una volta Eurostat che ha raggiunto il nuovo massimo storico del tasso di disoccupazione nella zona euro, che ha raggiunto l’11,7% nel solo mese di ottobre, rispetto all’11,6% del mese precedente, mentre anche il dato relativo all’Europa dei Ventisette ha toccato il record del 10,7%, rispetto al 10,6% di settembre. I dati evidenziano infatti in notevole aumento dei senza lavoro rispetto ad ottobre 2011, quando la disoccupazione si attestava rispettivamente al 10,4% e al 9,9. ogni commento è inutile, i dati parlano da soli e dimostrano il fallimento dell’euro e dell’Unione europea così come è stato concepito da tecnocrati e banchieri. Un’Europa al servizio di banche e multinazionali senza alcun riguardo per i popoli che da millenni vivono lungo tutto il suo territorio.

04 Dicembre 2012 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=18155

Gli anglofoni vogliono far cadere la Kirchner

Fitch declassa il giudizio sui titoli di Buenos Aire. Tre settimane fa la sentenza di un giudice Usa sui tango bonds 
Filippo Ghira
La finanza anglo-americana ha portato un nuovo attacco all’Argentina.
L’agenzia di rating Fitch ha retrocesso di ben cinque gradini, da B a CC, la sua valutazione dei titoli di Stato di Buenos Aires e ha giudicato probabile entro la fine dell’anno una bancarotta con l’impossibilità di pagare il debito. Una valutazione che segue di tre settimane la sentenza del giudice distrettuale di Manhattan, Thomas Griesa , che aveva intimato al governo argentino di rispettare la sentenza precedente di un altro tribunale di rimborsare entro il 15 dicembre, con 1,33 miliardi di dollari, i fondi di investimento speculativi Usa, detentori di titoli argentini, che non avevano partecipato alla ristrutturazione del debito pubblico tramite il meccanismo dello swap, con titoli nuovi in cambio dei vecchi.
L’Argentina nel 2005 e nel 2010 aveva infatti proposto di applicare una riduzione di circa il 65% del debito, accettata dal 92% per cento dei creditori.
Il giudice ha intimato al governo argentino di pagare anche i warrant (i diritti a sottoscrivere titoli) che sono indicizzati al Pil per circa 3 miliardi di dollari, in scadenza sempre il 15 dicembre. Se l’Argentina non rispetterà la sentenza, il giudice ha minacciato di inibire i pagamenti degli interessi ai detentori dei nuovi titoli ristrutturati. A quel punto potrebbe scattare appunto un bancarotta “tecnica” da 24 miliardi di dollari, che è pari al debito emesso dall’Argentina tra il 2005 e il 2010.
E Fitch velenosamente ha visto come negative anche le prospettive dell’economia argentina tanto da non escludere un altro declassamento nei prossimi mesi.
Il governo di Christina Kirchner ha presentato subito appello per ribaltare la sentenza ed evitare di dover scegliere per la seconda volta la bancarotta, la prima fu nel 2001, pur di non pagare un debito così oneroso. Il ministro argentino dell’Economia, Hernan Lorenzino, ha spiegato che il ricorso poggia sul fatto che Buenos Aires ha onorato i suoi impegni. E se la sentenza del giudice verrà confermata, questo  inciderà negativamente sulla possibilità di ristrutturazioni del debito pubblico di altri Paesi e avrebbe gravi conseguenze per New York, come piazza finanziaria globale.
A dare ragione all’Argentina sono stati diversi analisti finanziari che pure criticano in un’ottica liberista la politica economica del governo per questioni come il protezionismo e i vincoli sull’acquisto di dollari.  Mandare a monte un’intera ristrutturazione del debito genererebbe soltanto caos. Sarebbe assurdo soprattutto perché si penalizzerebbe un Paese che ha pagato. I detentori di tango bond, che a loro volta faranno ricorso contro la decisione del giudice Griesa, stanno riportando a casa una percentuale importante del loro capitale, tra il 60% e l’85%, a seconda delle diverse adesioni alle offerte. Se l’Argentina, per assurdo, decidesse di accontentare chi ha tenuto duro per 10 anni e non ha mai accettato le ristrutturazioni, scatenerebbe l’ira della maggioranza di chi ha accettato.
Anche  il Financial Times ha invitato a riflettere sulle possibili conseguenze internazionali di un nuova bancarotta che creerebbe altra instabilità. Secondo altri analisti la sensazione è che la situazione stia precipitando. Vi è stato infatti il forte aumento delle quotazioni dei Cds (Credit default swaps) a 5 anni sul debito argentino (proprio gli strumenti derivati che proteggono dal rischio di bancarotta) saliti a 4.200 punti base mentre a fine ottobre venivano scambiati a 1.000 punti. Una conferma che la speculazione anglo-americana è in piena attività.
Nei prossimi giorni ci dovrebbe essere un aumento della fuga di capitali che provocherà un aggravamento della crisi finanziaria, un ulteriore rialzo delle tensioni sociali e un taglio del rating sul debito argentino questa volta da parte di Moody’s e Standard&Poor’s. Se lo Stato decidesse di non pagare nessuno dei creditori, dichiarando nuovamente bancarotta, tale scenario non dispiacerebbe poi tanto agli gnomi di Wall Street e della City che da anni auspicano la caduta del governo peronista.
 

29 Novembre 2012 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=18067

C’era una volta l’Inps.

beh ma i tutori dei lavoratori, dei disoccupati e dei pensionati hanno firmato in loro nome tutte le belle porcate che hanno fatto della pensione un pallido ricordo. Alla faccia della lotta dura senza paura

Calpestati i diritti acquisiti, per cui si deve andare in pensione più tardi con prestazioni più basse 

Luciano Garofoli

Quando nel 1933 fu creato Istituto Nazionale della Previdenza Sociale il suo scopo era quello di fornire delle prestazioni previdenziali differite, al lavoratore che avesse versato contributi per un certo numero di anni fissato dalla legge ed avesse raggiunto un’età anch’essa stabilita dalla legge, raggiunti questi due traguardi il lavoratore veniva collocato a riposo e poteva affrontare gli anni di vita che gli restavano godendo di un vitalizio che lo Stato gli garantiva.
In sostanza chi lavorava versava dei contributi che erano suoi e che andavano a formare una somma, la quale gestita dall’ente, poteva permettere l’erogazione delle somme necessarie. Qui va chiarito subito un concetto importante: ogni lavoratore aveva, ed ancora ha, una sua specifica posizione personale, versava delle somme che sono sue e delegava l’ente a gestirgliele al meglio per garantirgli il suo vitalizio futuro. Nel 1933 era stato posto in essere un tacito patto generazionale per cui ognuno versava delle somme che servivano alla erogazione di prestazioni pensionistiche i vecchi come i nuovi lavoratori: i patti erano chiari, si lavorava un certo numero di anni, si arrivava ad un massimo di età ed al raggiungimento di quel traguardo, l’ente erogava la pensione. Questo senza intaccare il capitale, ma solo con gli interessi che esso produceva: in sostanza quello che ogni istituto di assicurazioni fa con chi sottoscrive qualsiasi tipo di polizza vita. Niente di trascendentale o di complicato: la mutualità creava la forza per fare tale tipo di cose.
Per sgombrare il campo da altre leggende metropolitane, è bene aggiungere che nel 1939, vennero create anche le gestioni assicurative separate contro la disoccupazione, la tubercolosi e creati gli assegni familiari.
Nel 1968 viene riconosciuto ai cittadini bisognosi che hanno compiuto 65 anni di età, una pensione che soddisfi i primi bisogni vitali. Nasce anche la Cassa Integrazione guadagni straordinaria.
Tutto ciò sempre e comunque con versamenti ritirati dalla busta paga dei lavoratori dipendenti.
In pratica si garantivano delle prestazioni ai lavoratori che prendevano corpo dai versamenti obbligatori dei medesimi, certo non venivano riconosciuti degli interessi montanti sulle somme versate, né si poteva scegliere, come nelle polizze assicurative, tra vitalizio o capitale: quest’ultimo restava sempre di pertinenza dell’ente previdenziale, anche per garantire, con una sana e prudente amministrazione, l’erogazione delle prestazioni. Insomma si rinunciava a qualcosa di proprio, per favorire anche coloro che in futuro dovevano andare in pensione: tutto sommato una cosa equa.
Con il passare degli anni tutta questa linearità è svanita: è vero che l’allungamento della vita ha creato un prolungamento delle prestazioni, ma dobbiamo anche dire che i salari sono aumentati e, cosa non trascurabile, il livello dei contributi alzato di molto, il sistema dovrebbe essere equilibrato.
Oggi sembra che tutto ciò si sia vanificato!
Pare che i contributi non siano più delle somme di proprietà di chi li versa, ma siano una tassa che lo Stato richiede ai suoi cittadini e che questi, quasi quasi, pretendano prestazioni superiori a quanto sia possibile erogare e che le generazioni future non si sa se potranno usufruire di tali prestazioni. In corso d’opera, intere generazioni che avevano firmato un contratto di lavoro si sono viste, attraverso degli interventi legislativi discutibili, cambiare questi diritti acquisiti, per cui dovranno lavorare quaranta anni o più, andare in pensione più tardi ed avere delle prestazioni più basse. E tutto ciò in base a quali principi?
I fondamenti che avevano creato la previdenza non esistono più: dalla certezza di un futuro sereno alla fine del periodo di lavoro si è passati ad una totale ed assoluta mancanza di una benché minima base di sicurezza.
Le somme versate non sono sempre di proprietà di chi le versa? Sembrerebbe di no e che lo Stato sia diventato il proprietario indebitamente di esse e che, a causa del perenne stato di crisi, sia in grado di negare per legge qualsiasi tipo di diritto acquisito: ma ciò per tutti? Assolutamente no! Certe categorie sono privilegiate ed intoccabili: i magistrati, ad esempio, stabiliscono che certe leggi per loro non valgono. E cosa poi dire dei parlamentari o dei ministri? Loro sono “la casta degli Intoccabili” i sacrifici li facciano i fessi: certe some che le portino i paria che lavorano. Loro no di certo!
Che dire poi del famoso TFR (trattamento fine rapporto) anche questo pagato con esborso oneroso detratto dalla busta paga: da una mensilità (di solito l’ultima percepita dal lavoratore) per ogni anno lavorativo corrispondente grosso modo all’ottanta per cento del versato, si è passati ad erogare all’avente diritto solo l’ottanta per cento di questo ottanta per cento: altra colossale truffa!
Ma andate a vedere se i manager di stato percepiscono tali somme o se addirittura il TFR non venga concordato e lo Stato eroghi somme milionarie a questi figuri che spesso portano al quasi fallimento delle società loro affidate. Ed i politici: meglio calarci sopra un pietoso velo!
A rendere tutto più incerto e fumoso ci si è messa anche l’Europa che spinge i governi a saccheggiare la previdenza ed a rendere le prestazioni pensionistiche sempre più scarne e magre.
Ma non basta ed il sacco continua.
In questo ultimo periodo si parla sempre di più di un intervento operato sul settore pensionistico che riguarda tutta una serie di lavoratori, sia del settore pubblico che di quello privato, che hanno versato i loro contributi previdenziali ad enti differenti.1
La logica ed il buon senso vorrebbe che i vari contributi pagati e trattenuti dalle buste paga di questi lavoratori venissero cumulati in quanto il soggetto contributivo ha comunque svolto una mansione lavorativa ed ha accumulato un monte anni di contributi previdenziali.
A questo va aggiunto che in passato la normativa prevedeva la ricongiunzione dei medesimi contributi presso l’ultimo ente assicurativo con cui il lavoratore stava versando le sue spettanze contributive. Tale operazione in linea di massima non era onerosa: quindi un lavoratore dipendente che fosse stato soggetto a contributi INPS regolarmente versati sia da lui che dal datore di lavoro, si vedeva riconosciuti per intero gli anni e mesi di contribuzione versata, presso l’ultimo ente.
Se si fosse verificata una carenza o mancanza di contribuzione, solo in questo caso per non avere periodi scoperti e quindi non validi ai fini del calcolo di anni validi ai fini pensionistici, il dipendente poteva chiedere il riscatto dei periodi privi di effettiva contribuzione.
Nel 2010 il ministro Sacconi, nel quadro di una serie di misure urgenti richieste dall’Europa per la stabilizzazione finanziaria e la competitività economica, presentava al Parlamento, che l’approvava in data 30 luglio 2010, la legge numero 122 che convertiva in legge il decreto numero 78 del 31 maggio 2010.
L’articolo 12 septies della suddetta legge prevede che la ricongiunzione dei contributi assicurativi sia onerosa, cioè a dire, che pur in presenza di contributi regolarmente versati, il dipendente per ottenerne il ricongiungimento deve sottostare ad un calcolo effettuato con le stesse tecniche del riscatto: quindi, per esempio, un lavoratore che volesse ricongiungere quattro anni di contributi versati presso l’INPS, con domanda presentata all’INPDAP, vedrà presentarsi, da parte di quest’ultimo ente, un salato conteggio, perché dovrà versare di nuovo tutti i contributi, come se nulla fosse stato effettuato, nel periodo in questione. Ciò è giusto in presenza di richiesta di riscatto ( per esempio gli anni universitari) dove nessun contributo è stato versato e quindi è necessario effettuare i versamenti tenendo conto dell’età in cui viene presentata la domanda, degli anni mancanti al pensionamento, dello stipendio percepito al momento della presentazione della domanda e quant’altro.
Il tutto richiede la definizione di parametri di riferimento ottenuti con complicati calcoli attuariali. Ma nel caso specifico di ricongiunzione i contributi già versati che fine hanno fatto?
Né è giustificabile la preoccupazione che i soggetti potessero scegliere di ricongiungere all’INPS i contributi e quindi poter usufruire di una età più bassa per il collocamento a riposo, in quanto di fatto la regola del riscatto oneroso vale per il ricongiungimento verso qualsiasi ente. Tutto ciò a partire dal primo luglio 2010, quando, invece, la legge è stata approvata in data 30 luglio quindi con effetti retroattivi, previsti soltanto per questo argomento specifico.
Come vedete, ci troviamo di fronte ad un’aberrazione giuridica: la legge in generale produce sempre i suoi effetti ex nunc mai ex tunc questo per il concetto della certezza del diritto, un soggetto non può essere dotato di capacità divinatorie e nel momento in cui pone in essere dei comportamenti legalmente concludenti2, non può assolutamente essere considerato in mala fede se non esiste nessun tipo di normativa che vieti un tale tipo di comportamento. Quindi qui siamo in presenza di un approccio al problema del tutto truffaldino da parte del legislatore: né è possibile addurre come giustificazione che ci troviamo in presenza di un tipo di normativa di carattere finanziario o fiscale. In pratica il buon ministro Sacconi ha imposto ai soggetti di ripagare per intero di nuovo la propria quota e quella del datore di lavoro per poter usufruire della validità di anni di lavoro ai fini pensionistici.
Un altro dubbio sorge in merito: ma i precedenti contributi che fine hanno fatto? Forse che sono spariti oppure sono stati utilizzati da lor signori per altri scopi?
Secondo un articolo apparso su Libero di domenica 25 novembre a firma di Sandro Giacometti apprendiamo che secondo la Ragioneria dello Stato per risolvere questo problema dei ricongiungimenti onerosi occorrerebbero 2,4 miliardi di euro, mentre secondo l’INPS sarebbero sufficienti solo 1,4 miliardi di euro, per la Commissione Lavoro alla Camera la cifra sarebbe di 900 milioni di euro spalmati su dieci anni.
Strana cosa: ma i contributi non erano stati regolarmente versati? Quindi queste somme erano già in possesso dei vari enti previdenziali: in base a quale alchimia. ora diventano dei debiti da colmare con degli esborsi da parte dei soggetti interessati, oppure con un intervento da parte del governo, quindi con nuove tasse? Non occorrono ulteriori versamenti per coprire un minor introito.
Tali somme da esborsare da chi sono state inventate?
Il governo deve solo riportare la situazione quo ante alla promulgazione di questa insensata legge: qui i soggetti non devono riscattare nulla, la loro posizione contributiva deve soltanto essere spostata da un ente ad un altro con una semplicissima operazione contabile: fine dei discorsi. Tutto ciò se ci si trova in presenza di posizioni contributive identiche: quindi con contributi sufficienti a coprire il dovuto come se il dipendente avesse sempre lavorato con l’ultimo ente previdenziale.
Se il lavoratore non volesse ricongiungere presso un solo ente tutti i suoi contributi, può tranquillamente, rebus sic stanti bus, ricorrere alla “totalizzazione dei periodi assicurativi” come da decreto legislativo numero 42 del 2 febbraio 2006, in questo caso la domanda di pensionamento va presentata all’ente presso il quale presta servizio e la pensione viene calcolata con il sistema “pro rata”, ovvero ognuna delle casse previdenziali corrisponde la sua quota di pensione. La pensione viene erogata dall’ultimo ente assicurativo, il quale poi si fa rimborsare la quota spettate dall’altro, in base al sistema contributivo vigente.
I diritti acquisiti sfumano, i patti sociali vengono vanificati o calpestati. Sempre di più si fa strada, nella mente della gente, una domanda: ma tutte queste enormi masse di denaro che fine fanno? Come vengono investite quanto rendono?3 Chi strategicamente decide come impiegarle?
Segreti latomici, misteri. alchimie finanziarie che nessuno ha il diritto di conoscere. Nessuno ha il diritto di sapere o di chiedere un rendiconto agli amministratori sulla gestione di questi miliardi di euro: e ci mancherebbe che per caso sono soldi nostri?
Azzardatevi a sospendere il pagamento dei contributi e vedete che “ragionevoli interessi”, quali more, previste dalla legge, vi verranno applicate da questi sciacalli. Se poi loro indebitamente escutono delle somme non dovute. si apre “una voragine nei conti dell’INPS” ed i pennivendoli di regime ci somministreranno, ancora nuove e massicce dosi di ansia e di inesatte notizie.
 
Note
1 Devo tutte queste informazioni e dati alla consulenza di mia moglie Maria che presso un Liceo Classico lavora proprio in questo settore ed alle sue fonti preziose di informazioni presso l’Inpdap. Il livello di professionalità esiste anche negli apparati dello stato, ancora, per fortuna non composti solo da parassiti e fancazzisti: forse per questo mia moglie è così super arrabbiata e tesa per cercare di dare una mano a chi è turlupinato e svilito da questo stato rapace ed ottuso.
 
2 Viene a mancare l’elemento materiale del reato: il dolo. Mentre è la buona fede e la certezza del diritto che spingono il soggetto a porre in essere atteggiamenti conformi ai principi del diritto. In campo fiscale in Italia sempre di più si sta affermando la legge del sopruso e dell’anti Jus.
 
3 Immaginate che una somma crescente depositata, a rate, in un fondo fruttifero che permetta la ricomposizione di interesse, (per esempio un fondo assicurativo), al saggio del 5% in un periodo di quaranta anni, farebbe almeno quadruplicare la somma versata e darebbe la possibilità al soggetto versante di rientrare a scadenza in possesso di quel capitale dal quale potrebbe trarre una rendita consistente, cosa che è inibita nell’attuale sistema italiano.

04 Dicembre 2012 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=18157

 

Le iniquità di Befera: “evasione tutta eguale”

Le iniquità di Befera: “evasione tutta eguale”

Non quando il fisco preleva oltre un quinto del salario 

“Io mi chiedo: chi è che stabilisce se l’evasione è fraudolenta o di necessità? – ha detto il direttore dell’Agenzia delle entrate nonché responsabile di Iniquitalia – Lo decidiamo noi? Lo decide il contribuente? L’evasione è una e tutta uguale – ha continuato Befera – poi perché le tasse non vengono pagate è una cosa secondaria”.
Se 3 milioni sono i disoccupati in Italia, se ogni mese mille piccole imprese falliscono o chiudono perché strozzate dalla Pubblica Amministrazione, creando altri disoccupati, se il reddito delle famiglie crolla di un ulteriore 2,5%, se sale il numero della cassa integrazione, quindi di cittadini che vivono al di sotto dei mille euro al mese, se oltre 7 milioni di pensionati vive con meno di mille euro al mese, la dichiarazione di Attilio Befera, che connotazione assume?
Gli risponde direttamente la vicepresidente di Federcontribuenti Roberta Lemma: ‘’si stabilisce se l’evasione è di necessità e non fraudolenta, analizzando i redditi delle famiglie o degli imprenditori. Quando il fisco chiede oltre un quinto del reddito, l’evasione, diventa di necessità. Se lo stipendio è di mille euro, per rigor di logica, il contribuente dovrebbe pagare 200 euro al massimo di tasse, per poter poi vivere, fare la spesa e pagare le bollette di casa.
Circa 2400 euro all’anno che invece si superano abbondantemente.
Il fisco, ricordiamo a Befera, non riguarda solo l’Imu, i contributi previdenziali, l’Irpef ect, ma contempla le accise inserite sul prezzo del carburante e sulle bollette dell’energia elettrica, l’Iva su ogni bene di consumo, il costo della rcauto, il canone Rai, il bollo auto e altro ancora. Il carico fiscale, quindi, dovrebbe essere diverso per redditi.
Se diamo la possibilità a tutti di pagare e di non sentirsi derubati, il cittadino pagherà senza problemi o angosce. Per quanto riguarda la deducibilità degli scontrini, non sarebbe nemmeno praticabile da noi visto che i grandi ipermercati rilasciano scontrini non fiscali’’.


01 Dicembre 2012 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=18123

Il problema Equitalia (meglio: Iniquitalia)

A proposito dell’attacco di Renzi all’ente “inventato” da Visco-Bersani e implementato da Tremonti 

Andrea Mantellini*

Nella puntata televisiva del 27.11.2012 di “Porta a Porta” era ospite Matteo Renzi, sindaco di Firenze. Il candidato alle Primarie del P.D. ha detto “ Equitalia l’ha fatta il governo Tremonti, ma i poteri straordinari di cui dispone Befera, gli sono stati attribuiti attraverso un decreto Visco-Bersani… Equitalia è forte coi deboli e debole coi forti”.
Equitalia è una s.p.a. posseduta per il 51% dall’Ufficio delle Entrate e per il 49% dall’Inps. Già questo mi sembra un grande caso di conflitto d’interesse, perché il creditore (ossia l’Agenzia delle Entrate o l’Inps) non può essere al tempo stesso creditore, esattore e addetto alla riscossione forzata dei debiti insoluti. Insomma non si può essere allo stesso tempo giudici, giuria e boia come invece è Equitalia! Se poi scopriamo che l’Agenzia delle Entrate ed Equitalia sono dirette dallo stesso personaggio, cioè Attilio Befera (che, occupando due poltrone, percepisce così la bella somma di oltre 500.000 euro/anno) allora il conflitto d’interessi diventa ancora più palese ed è una tragica certezza.
Tralascio di parlare di Antonio Mastropasqua, che ricopre ben 25 incarichi (!) fra cui quello di vicepresidente di Equitalia e di presidente dell’Inps, percependo così ben 1.300.000 euro/anno! La volontà inquisitoria, la bramosia di voler perseguire ad ogni costo chi è debitore o presunto tale verso lo Stato, senza tener conto delle motivazioni che hanno causato lo stato d’insolvenza, è talmente forte che si è disposti a passare sopra ad ogni considerazione di buon senso, affidando un enorme potere ad un uomo solo (Befera) che così detiene nelle sue mani il destino di diversi milioni di Italiani. Per fare un esempio dei poteri enormi di Equitalia, si sappia che chiunque vanti un credito, necessita prima di riscuotere, di un decreto ingiuntivo del magistrato e poi dell’azione di un giudice che sentenzi il pignoramento dei beni del debitore.
Tutti, ma NON Equitalia, perché se la scrive, se la canta e se la suona da sola. E’ al di sopra delle leggi, perché è un soggetto libero da ogni vincolo giurisprudenziale e per il pignoramento non necessita di un decreto del magistrato! Inoltre il sig. Befera, conscio del potere di cui dispone, non manca occasione per lanciare messaggi inquietanti e minacciosi proclami del tipo: “gli Italiani sono evasori, adesso li raddrizziamo!”. Mia madre lavorava all’Agenzia delle Entrate prima di andare in pensione,MA lei stessa lo ha definito un novello “Torquemada”, visto che sembra garantire persecuzioni a tappeto contro tutti coloro che lui ritiene evasori fiscali.
Recentemente quando fu richiesto al “neo-Torquemada” di esprimere un parere sull’impressionante numero di suicidi che sta sconvolgendo l’Italia, ha risposto con arroganza, dicendo che chi non è in difetto, non viene perseguito e che se chi viene perseguito, prende decisioni drastiche, forse ha molto da temere e che in ogni caso lo Stato non si fermerà. E così mentre il popolo deve essere tassato, anzi tartassato, Befera sembra abbia favorito un suo parente stretto. Infatti da Il Giornale.it ho appreso una notizia interessante. Cosa hanno in comune il Coni ed Equitalia? Sembra che non abbiano nulla, se non la medesima origine pubblica. In realtà i top manager del Comitato Olimpico Nazionale e di Equitalia, Raffaele Pagnozzi ed Attilio Befera, hanno provveduto a sistemare i rispettivi figli con assunzioni incrociate. Questo intreccio, più simile ad uno scambio azionario che ad un favore fra amici, viene riportato anche dal quotidiano economico Italia Oggi. I protagonisti sono Marco Befera, figlio dell’amm.re delegato di Equitalia, assunto al Coni ed inserito nei servizi legali e Flavio Pagnozzi, figlio del segretario generale del Comitato Olimpico, assunto nell’organico della s.p.a. del fisco.
Il dato interessante è che Raffaele Pagnozzi è anche amm.re delegato della Coni servizi s.p.a., società controllata dal Ministero dell’Economia che, guarda caso, controlla anche Equitalia attraverso l’Ufficio delle Entrate. L’operazione a vantaggio dei due figli dei manager di Stato non ha nulla di irregolare e sarebbe passata inosservata, se i soggetti coinvolti operassero in ambito privato.
Ma la cosa fa notizia, se sotto i riflettori finiscono due top manager del cosiddetto “pubblico” con tutte le polemiche che ne conseguono. Il vecchio modello della provvidenziale “raccomandazione” insomma non tramonta mai! Se è vero che in Italia, al contrario di altri Paesi europei, c’è sempre stata un’evasione fiscale molto elevata, il che è indegno di una nazione civile, lo è altrettanto dire che il nostro Stato non eroga servizi sociali di livello alto come è nei paesi scandinavi. Eppure in Italia c’è una pressione fiscale superiore anche a quella del Nord Europa. Ma soprattutto non è accettabile che Befera si faccia passare come l’archetipo del fustigatore della morale pubblica dopo aver sistemato il figlio col più vecchio dei metodi usati nel nostro Paese!
 
Andrea Mantellini
cons. Circoscrizione 1 – Forlì


30 Novembre 2012 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=18106